Molti i nomi alternativi…
Via dei pentosi fosfati
Via del Fosfogluconato
Shunt dei pentosi
Shunt dell’esosomonofosfato
Ciclo di Horecker
Via dei pentoso fosfati
• Scopi: produzione di NADPH, ribosio-5P,
degradazione dei pentoso-P
• 2 fasi: Ossidativa (deidrogenazione,
decarbossilazione), Non-ossidativa
(transchetolasi, transaldolasi)
• Il prodotto prevalente è determinato dalle
richieste della cellula
• Il NADPH si utilizza x: sintesi ac.grassi,
sintesi steroidi, riduzione G-S-S-G, attività
del CytP450
Via del catabolismo di G6-P alternativa alla glicolisi, dove si
ha ossidazione del glucosio senza produzione di ATP; quindi
il ciclo dei pentosi non ha funzione energetica. La sua
funzione è quella di rappresentare la principale via di
formazione dei pentosi fosfati necessari alla sintesi di DNA
e RNA. Altra importante funzione è quella di fornire
NADPH, potere riducente usato per le biosintesi riduttive.
Avviene nel citosol di tutte le cellule.
Questa via si dirama dalla glicolisi a livello del G6-P ed è
perciò anche nota come shunt dell’esoso monofosfato; il
termine shunt, letteralmente “deviazione”, è usato perché
nel caso la cellula non necessiti di pentosi per le biosintesi, i
suoi intermedi sono trasformati in fruttosio-6-P e
gliceraldeide-3-P e ricondotti nel flusso principale della
glicolisi.
Funzioni della via del pentoso fosfato
1. Principale produzione di NADPH, potere riducente per
le biosintesi riduttive di acidi grassi, steroidi e sali
biliari. Inoltre il NADPH è il substrato di glutatione
reduttasi, enzima che è in grado di rigenerare
glutatione ridotto che funge da antiossidante,
specialmente
negli
eritrociti
dove
scherma
l’ossidazione del Fe2+ a Fe3+.
2. Produzione di pentosi tra cui riboso-5-P utilizzato per
la sintesi di nucleotidi e acidi nucleici
3. Degradazione ossidativa dei pentosi (di origine
alimentare) in esosi che entrano nella glicolisi o nella
gluconeogenesi
Nei globuli rossi la via del pentoso fosfato è l’unica fonte di
NADPH che serve per mantenere Fe2+ ed impedire
l’ossidazione dei doppi legami dei lipidi di membrana.
Chi usa la via del pentoso fosfato…
Circa la metà del glucosio mobilizzato nel fegato entra
nella via del pentoso fosfato. E’ una via metabolica
importante nei tessuti in grado di effettuare biosintesi
riduttive, utilizzando NADPH, ovvero:
Tessuto adiposo (molto attivo ciclo dei pentosi per
avere NADPH usato nella biosintesi riduttiva degli
acidi grassi)
Invece nel Muscolo è
Fegato
pressochè
assente
Rene
mentre
dominante
Eritrociti
glicolisi
perché
Ghiandola mammaria
prevalgono
processi
Corteccia surrenale
energetici
Tiroide
(contrazione).
Testicoli
Tessuto nervoso (oligodendrociti)
NADP+
Glucosio-6-P
NADPH
Gluconolattone
G-6-P
Deidrogenasi
Lattonasi
Transaldolasi, Transchetolasi e
zuccheri a 3, 5 e 7 C
6-Fosfogluconato
NADP+
6-fosfogluconato
Deidrogenasi
Biosintesi
acidi nucleici
NADPH
Ribosio-5-P
Isomerasi
Ribulosio-5-P
Questa via metabolica può essere
suddivisa in 2 fasi:
La prima, detta OSSIDATIVA, è costituita
da reazioni irreversibili e in essa il glucosio6-P viene ossidato in pentoso fosfato.
Fornisce NADPH e FOSFOPENTOSI
La
seconda,
detta
“DELLE
INTERCONVERSIONI”,
è
costituita
da
reazioni irreversibili e trasforma un certo
numero di carboidrati tra loro, attraverso
reazioni di isomerizzazione. In essa i
fosfopentosi in eccesso sono trasformati in
intermedi della glicolisi e si ha la risintesi del
glucosio-6-P in pentoso fosfato.
La via dei
Fosfopentosi
(fase redox)
La via dei
Fosfopentosi
(fase delle
interconversioni)
Prima fase : Ossidativa
Ossidazione del glucosio-6-P.
Per azione della glucosio-6-Pdeidrogenasi il glucosio-6-P viene
ossidato in 6-fosfogluconolattone
(estere intramolecolare fra il
gruppo carbossilico in C-1 e il
gruppo ossidrilico in C-5) con la
concomitante riduzione di una
equivalente quantità di NADP+ a
NADPH + H+.
In
questa
deidrogenazione
vengono eliminati 2 H+ dal C1 del
G-6-P e trasferiti al NADP +, con
formazione di doppio legame C=O
sul C1 del 6-fosfogluconolattone e
di NADPH + H+.
L'attività della glucosio-6-P
deidrogenasi è regolata dal
rapporto NADPH+(H+)/NADP+
(più questo è elevato, cioè più
NADPH c’è, e più l'enzima è
inibito) e dagli acidi grassi
liberi (un eccesso dei quali ha
azione
inibitrice).
In
particolare, la glucosio-6-P
deidrogenasi è soggetta a
inibizione allosterica da parte
del NADPH, e quindi in virtù di
questo semplice meccanismo, la
produzione di NADPH nel ciclo
è
autolimitante.
Questa
reazione limita la velocità del
ciclo.
Formazione del 6-fosfogluconato.
La idrolisi del 6-fosfogluconolattone
in 6-fosfogluconato è catalizzata
dalla 6-fosfogluconato lattonasi: la
stessa idrolisi può avvenire anche
spontaneamente ma con molta
maggiore
lentezza.
In
questa
reazione
di
idrolisi,
grazie
all’entrata di una molecola di H2O,
l’OH dell’ H2O si va a legare sul C1 (
e poi l’H+ se ne va), mentre l’altro H
dell’ H2O va a legarsi sull’Ossigeno
del
C5. Questa
reazione
è
irreversibile, quindi nonostante la
reversibilità
della
reazione
precedente,
nel
complesso,
l’ossidazione del glucosio-6-P in 6fosfogluconolattone
risulta
un
processo irreversibile.
Decarbossilazione ossidativa del 6fosfogluconato. La trasformazione
del 6-fosfogluconato in ribulosio-5-P
è un processo di decarbossilazione
ossidativa, catalizzato dalla 6fosfogluconato deidrogenasi e una
seconda molecola di NADP+ viene
ridotta a NADPH + H+.
Il C1, che fa parte della molecola di
CO2 se ne va, mentre a livello del C3
se ne vanno 2 H (che ritroviamo nel
NADPH + H+) con la contemporanea
formazione del doppio legame C=O.
Al termine della FASE
OSSIDATIVA che
comprende queste prime
tre reazioni, il glucosio6-P viene ossidato a
ribulosio-5-P mentre si
generano 2 equivalenti di
NADPH(H+).
Seconda fase : “Delle Interconversioni”
Isomerizzazione
del
ribulosio-5-P.
Il
ribulosio-5-P viene in parte
isomerizzato in ribosio-5-P
per
azione
della
fosfopentoso isomerasi, in
parte il ribulosio-5-P viene
epimerizzato in xilulosio-5-P
ad opera della fosfopentoso
epimerasi.
Il ribosio-5-P è usato per la sintesi di
nucleotidi, ma in realtà solo una piccola
parte di esso viene sottratta al ciclo per
questo scopo.
In ogni caso, per la
formazione di questi due
composti, la rimozione di un
protone
porta
alla
formazione di un intermedio,
l’ENEDIOLO.
La
riprotonazione
forma
il
chetoso
xilulosio-5-P
o
l’aldoso ribosio 5-P.
E’ implicito che se in un determinato momento, o in un particolare
tessuto, il ribulosio-5-P venisse impiegato solo per la sintesi dei
nucleotidi, verrebbe trasformato completamente in ribosio-5-P e
l'ulteriore processo di interconversione, mediante Transchetolasi e
Transaldoasi, non avrebbe luogo. Viceversa se il tessuto non
richiedesse sintesi di nucleotidi, ma solo di equivalenti riducenti
[NADPH(H+)], allora i pentosi fostati verrebbero riciclati
completamente nel processo seguente.
Le seguenti reazioni di Transchetolasi e Transaldoasi implicano un
"rimescolamento" degli atomi di C dei pentosi fosfati, che vengono
così trasformati in fruttosio-6-P e gliceraldeide-3-P.
Questi due enzimi creano un collegamento reversibile
tra la via dei pentosi fosfati e la glicolisi, catalizzando
queste tre reazioni:
C5 + C5
C7 + C3
C5 + C4
Transchetolasi
Transaldolasi
Transchetolasi
C3 + C7
C4 + C6
C3 + C6
La TRANSCHETOLASI trasferisce
una unità a due atomi di carbonio
La TRANSALDOLASI trasferisce
una unità a tre atomi di carbonio
Lo zucchero che dona le unità bi- o tricarboniose è sempre un CHETOSO, mentre
l’accettore è sempre un ALDOSO.
H2C—OH Unità trasferita
C=O
dalla transchetolasi
H2C—OH
C=O
Unità trasferita HO—C—H
dalla transaldolasi
CHETOSO
ALDOSO
Ia
Transchetolazione.
Questa
reazione,
è
catalizzata
dalla
transchetolasi, enzima difosfotiamina
(TPP) dipendente. In generale, la
reazione consiste nel trasporto di un
frammento a 2 atomi di carbonio
(chetolo) da un chetoso, fosforilato
sull'ultimo atomo di C ad un aldoso,
pure fosforilato, con formazione di una
nuova coppia di chetoso ed aldoso
fosforilati,
suscettibili
di
transchetolazione. In particolare, in
questa di transchetolazione, si ha il
trasferimento di due atomi di carbonio
dallo xilulosio-5-P (C5) al ribosio-5-P
(C5),
formando sedoeptulosio-7-P
(C7)ed gliceraldeide-3-fosfato (C3).
L’enzima richiede che il chetoso abbia
configurazione sterica sull’OH del C3
come quella del fruttosio.
C5 + C5
Transchetolasi
C3 + C7
Meccanismo
d’azione della
transchetola
si, dove si
evidenzia il
ruolo
essenziale
della Tiamina
Pirofosfato
(TPP).
E’ mostrato
solo l’anello
tiazolico
della TPP.
Transaldolazione. Questa reazione è
catalizzata dalla Transaldolasi ed è
caratterizzata dal trasferimento di un
frammento a 3 C (diossiacetone) da un
chetoso fosforilato sull'ultimo atomo
di
carbonio
e
con
la
stessa
configurazione sterica vista per le
transchetolazione, ad un aldoso pure
fosforilato. In particolare, in questa di
transaldolazione, si ha il trasferimento
di tre atomi di carbonio dal
sedoeptulosio-7-P
(C7)
alla
gliceraldeide-3-fosfato (C3), formando
eritrosio-4-P (C4) e fruttosio-6-P (C6).
L’enzima richiede che il chetoso abbia
configurazione sterica sull’OH del C3
come quella del fruttosio.
C7 + C3
Transaldolasi
C4 + C6
Meccanismo d’azione della transaldolasi
IIa Transchetolazione. Ancora per
azione della transchetolasi un chetolo,
cioè un frammento a due atomi di
carbonio viene trasferito da una
seconda molecola di xilulosio-5-P (C5)
sull'eritrosio-4-P
(C4),
formando
gliceraldeide-3-P (C3) e fruttosio-6-P
(C6).
C5 + C4
Transchetolasi
C3 + C6
Riepilogo
della IIa fase
Questa
fase
“delle
interconversioni”
è
controllata
dalla
disponibilità
dei
substrati.
In totale: 2 xilulosio-5P + 1 ribosio-5-P↔2
fruttosio-6-P
+
1
gliceraldeide-3-P
Considerando quindi i
prodotti di partenza e di
arrivo del ciclo dei
pentosi fosfati, il G-6-P
viene per gran parte
trasformato in F-6-P (da
qui il nome di shunt
dell’esoso-fosfato, perché
alternativo alla glicolisi).
Relazione tra la glicolisi e la via dei pentosi fosfati
L’eccesso di
Ribosio-5-P viene
convertito in
intermedi glicolitici
Bilancio e regolazione
Reazione totale:
G6-P + 12NADP+ → 6CO2 + 12NADPH + 12H+ + Pi
Potere riducente funzione primaria
In adipociti 60% del glucosio viene utilizzato
Flusso metabolico varia secondo necessità del momento
Disponibilità di NAD e NADP che regola
Glucosio-6PDH aumenta da aumentata ingestione di glucidi,
inibita da aumento rapporto NADPH/NADP, stimolata da
Glutatione ossidato- Anossia aumenta via dei pentosi
Il metabolismo del glucosio-6-P fra glicolisi e ciclo dei pentosi
Il glucosio-6-fosfato viene metabolizzato sia attraverso la glicolisi che il
ciclo dei pentosi fosfato; dipende dalla concentrazione citoplasmatica di
NADP+, Ribosio-5-P e ATP
Metabolismo del G-6-P in quattro diverse situazioni:
(1)Richiesta maggiore di ribosio-5-P rispetto al NADPH:
es. cellule in rapida divisione che necessitano di R-5-P per sintesi nucleici
5 glucosio-6-P + ATP → 6 ribosio-5-P + ADP + H+
(2) Le necessità di NADPH e ribosio-5-P sono bilanciate:
glucosio-6-P + 2 NADP+ + H2O → ribosio-5-P + 2 NADPH + 2H+ + CO2
(3) Richiesto più NADPH che ribosio-5-P:
es. il tessuto adiposo per produrre acidi grassi
glucosio-6-P + 12 NADP+ + 7 H2O → 6 CO2 + 12 NADPH + 12 H+ + Pi
(4) Sono richiesti NADPH e ATP:
3 glucosio-6-P + 6 NADP+ + 5 NAD+ + 5Pi + 8 ADP → 5 piruvato + 3 CO2 + 6
NADPH + 5 NADH + 8 ATP + 2 H2O + 8 H+
3 G6-P + 6NADP+ +3H2O
2 F6-P + GA 3-P + 3 CO2 + 6 (NADPH +H+)
6 G6-P + 12 NADP+ +6 H2O
6 Ribuloso5-P + 6 CO2 + 12 (NADPH + H+)
transaldolasi, transchetolasi,
gluconeogenesi
5 G6-P + Pi
5 G6-P + 6 CO2 + 12 (NADPH + H+) + Pi
G6-P + 12NADP+ +6H2O
6CO2+(NADPH + H+) + Pi
Bilancio e regolazione del ciclo dei pentosi fostati
La trasformazione di 6 molecole di glucosio-6-P nel ciclo
dei pentosi fosfati implica il seguente bilancio:
1) 6 glucosio-6-P + 12 NADP+ + 6 H2O → 4 fruttosio-6-P +
2 aldeide 3-P-glicerica + 6 CO2 + 12 NADPH(H+)
Considerando che il fruttosio-6-P è in equilibrio con il
glucosio-6-P e che 2 molecole di aldeide 3-P-glicerica
possono formare 1 molecola di fruttosio-6-P e quindi di
glucosio-6-P (gluconeogenesi), la precedente reazione è
omologabile alla seguente:
2) 6 glucosio-6-P + 12 NADP+ + 7 H20 → 5 glucosio-6-P + 6
CO2 + 12 NADPH(H+) + Pi
Sopprimendo i termini comuni si ottiene:
3) glucosio-6-P + 12 NADP+ + 7 H2O → 6 CO2 + 12
NADPH(H+) + Pi
Trascurando i metaboliti intermedi, suscettibili di
utilizzazione metabolica particolare, nei ciclo dei
pentosi fosfati 1 mole di glucosio-6-P viene dunque
ossidata in 6 moli di CO2 con concomitante riduzione di
12 moli di NADP+ in NADPH(H+). E’ proprio la
produzione del “potere riducente” in forma di
NADPH(H+) la funzione primaria del ciclo. Il
NADPH(H+) è necessario per sostenere gran parte dei
processi di biosintesi riduttiva (es. sintesi degli acidi
grassi, sintesi del colesterolo, sintesi dell'acido
tetraidrofolico, etc.).
Infatti, come si è detto, il ciclo dei pentosi fosfati è
particolarmente attivo nei tessuti lipogenici (ghiandola
mammaria funzionante, ghiandola cortico-surrenale,
tessuto adiposo), caratterizzati da un rimarchevole
ritmo dì sintesi degli acidi grassi o degli steroidi.
Nel tessuto adiposo, ad esempio, il 60% del glucosio viene
metabolizzato nel ciclo dei pentosi fosfati, mentre nel
muscolo scheletrico, nel quale predomina la glicolisi, il
flusso metabolico nel ciclo dei pentosi fosfati è pressoché
irrilevante.
Il flusso metabolico del glucosio nella glicolisi o nel ciclo
dei pentosi fosfati varia in funzione delle necessità
metaboliche del momento.
Quando c'è maggior bisogno di energia si accentua il
metabolismo del glucosio nella glicolisi e nel ciclo di Krebs,
quando c'è maggior necessità di biosintetizzare nuove
molecole si accentua l'immissione del glucosio nel ciclo dei
pentosi fosfati. E’ la disponibilità nel citoplasma di NAD+
e rispettivamente di NADP+ che stimola il flusso del
glucosio-6-P nella glicolisi e, rispettivamente, nel ciclo
dei pentosi fosfati.
E’ infatti l'attività della glucosio-6-P deidrogenasi
che impone il ritmo all'intera via dei pentosi fosfati.
L'attività
di
questo
enzima,
che
aumenta
considerevolmente in seguito ad aumentata ingestione di
glucidi con la dieta, viene inibita da un aumentato
rapporto NADPH(H+)/NADP+ e specificamente disinibita
dal glutatione ossidato.
Nell'ambito dello stesso tessuto l'utilizzazione del
glucosio nel ciclo dei pentosi fosfati viene accentuata da
uno stato di anossia. La mancanza di ossigeno impedisce
l'utilizzazione ossidativa del piruvato e secondariamente
induce un accumulo degli intermedi glicolitici. Il glucosio6-P viene così forzato nella via dei pentoso-fosfati e
l'accumulo conseguente di NADPH(H+) accentua la
biosintesi degli acidi grassi. Si spiegherebbe così, almeno
in parte, la steatosi che si verifica nei tessuti anossici.
Altra funzione del ciclo dei pentosi fosfati è la
produzione dei pentosi fosfati necessari per la sintesi
dei nucleotidi, degli acidi nucleici e di numerosi
coenzimi. A questo riguardo va osservato che la
formazione di ribosio-5-P, precursore di tutti i
nucteotidi, può attuarsi, utilizzando intermedi della
glicolisi,
attraverso
semplici
reazioni
di
transchetolazione e isomerizzazione (xilulosio-5-P →
ribulosio-5-P → ribosio-5-P). In questo modo il flusso
biosintetico dei nucleotidi può decorrere anche
indipendentemente dalla riossidazione del NADPH(H+).
Deficienza eritrocitaria della glucoso-6-P deìdrogenasi
Negli eritrociti umani si sono finora individuate più di 50
varianti genetiche della glucosio-6-P deidrogenasi
(l’enzima che catalizza la prima reazione della fase
ossidativa), ciascuna risultante da una mutazione genica
che causa la sintesi di un enzima con struttura primaria non
ortodossa. Nei casi più noti tale anomalia risulta dalla
sostituzione di un amminoacido con un altro. La variante più
diffusa, specie in alcune regioni dei Mediterraneo, è quella
nota come FAVISMO, in quanto i globuli rossi degli
individui che ne sono affetti vanno incontro ad estesa
emolisi dopo ingestione di fave o di farmaci antimalarici (es.
promachina, aceitilfenilidirazone). Si tratta di un difetto
dell'attività della glucosio-6-P deidrogenasi eritrocitaria
derivante da un aumentato ritmo di degradazione
dell'enzima. Si è constatato infatti che la vita media
dell'enzima geneticamente alterato è di 14 giorni contro i
60 dell'enzima normale.
Inoltre nel favismo la G-6-P deidrogenasi presenta una
minore affinità per il NADP+ rispetto alla deidrogenasi dei
normali.
Nella deficienza di glucosio-6-P deidrogenasi la diminuita
produzione di NADPH(H+) facilita la trasformazione
dell'emoglobina (Fe2+) in metaemoglobina (Fe3+) e si
traduce in una deficienza di glutatione ridotto (G-SH). Il
G-SH si forma infatti a spese del NADPH(H+) nella
seguente reazione catalizzata dalla glutatione riduttasi:
NADPH(H+) + GS-SG → NADP+ + 2 G-SH
Una deficienza di G-SH consente ai processi
perossidativi una più intensa azione deleteria, per cui i
costituenti dei globulo rosso e la stessa membrana
eritrocitaria si alterano, provocando lisi della cellula.
Gli agenti antimalarici e le fave scatenano la crisi emolitica
in quanto concorrono ad ossidare il già scarso G-SH,
aggravandone drammaticamente la deficienza.
La deficienza ereditaria della G-6-P deidrogenasi si
riscontra frequentemente nelle popolazioni esposte da
secoli alla malaria. Poiché l'agente della malaria richiede
per la sua crescita ottimale glutatione ridotto e prodotti
del ciclo dei pentosi, la deficienza della G-6-P deidrogenasi
e quindi di G-SH parrebbe costituire un adattamento di
difesa contro il parassita, e quindi contro l’insorgenza della
malaria.
Nella deficienza di G-6-P deidrogenasi gli eritrociti
sono le uniche cellule colpite; mancano infatti del ciclo
di Krebs e dei mitocondri e l'unico processo ossidativo è
in essi la prima fase del ciclo dei pentosi fosfati.
Il Glutatione
Il glutatione è un tripeptide (γ-glutamil-cisteinil-glicina),
presente nella cellula in forma ridotta tiolica, ed è un
coenzima essenziale per la protezione della cellula contro il
danno ossidativo.
La forma ridotta del glutatione (GSH), un tripeptide con un
gruppo sulfidrilico libero, ha la funzione di tampone sulfidrilico
per mantenere i residui di cisteina dell’emoglobina (Hb) e
delle altre proteine allo stato ridotto. In condizioni normali,
quando le proteine sono esposte all’ossigeno, i loro gruppi SH
liberi vengono gradualmente ossidati a formare ponti disolfuro
intramolecolari o con altre proteine; in particolare nei globuli
rossi, il glutatione ridotto mantiene i gruppi SH dell’Hb allo
stato ridotto, inibendo la formazione di legami crociati nella
proteina stessa.
La forma ridotta del glutatione partecipa anche ad alcune
reazioni di detossificazione dell’acqua ossigenata (perossido
d’idrogeno) e di altri perossidi organici nel citosol e nelle
membrane cellulari.
Il Glutatione
Attività antiossidanti del Glutatione
Meccanismo d’azione del glutatione negli eritrociti
Il glutatione è mantenuto allo stato ridotto GSH, dall’enzima glutatione
reduttasi che nei globuli rossi utilizza il NADPH formato dal ciclo dei
pentosi.
Durante la sua funzione come coenzima antiossidante, il GSH è ossidato
alla forma disolfuro GSSG, ed è poi rigenerato dall’azione della
glutatione reduttasi.
Meta Hb
NADPH
FAD
2 GSH
Fe 2+
NADP+
FADH2
GSSG
Fe 3+
Glutatione
Metaemoglobina
reduttasi
Hb
reduttasi
Via dei
pentosi
Durante la rigenerazione del GSH, gli
elettroni non sono trasferiti dal NADPH
direttamente al ponte disolfuro del GSSG,
ma sono invece trasferiti prima dal NADPH
al FAD, poi al ponte disolfuro e infine al
glutatione ossidato.
Meta Hb
NADPH
FAD
2 GSH
Fe 2+
NADP+
FADH2
GSSG
Fe 3+
Glutatione
Metaemoglobina
reduttasi
Hb
reduttasi
Le monoossigenasi catalizzano reazioni ove solamente uno dei due
atomi della molecola di ossigeno viene incorporato nel substrato;
l’altro e’ ridotto ad acqua. Questi enzimi vengono spesso chiamati
idrossilasi (per evidenziare il fatto che il substrato principale viene
in genere ossidrilato) oppure ossigenasi a funzione mista, per
indicare che ossidano contemporaneamente due substrati diversi.
Il termine ossidasi a funzione mista che spesso viene usato e’
improprio: nelle ossidasi propriamente dette l’ossigeno molecolare
e’ l’accettore di elettroni, ma gli atomi di ossigeno non compaiono
nei prodotti ossidati.
Una tipica reazione catalizzata dal citocromo P450 può essere così schematizzata:
RH + O2 + 2H+ + 2e-
ROH + H2O
Come donatore di elettroni il citocromo P450 può utilizzare indifferentemente
NADH o NADPH; i due elettroni devono essere trasferiti al citocromo
attraverso una proteina trasportatrice (nel caso dei citocromi microsomiali di
una flavoproteina).
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