1a Messa don Giuliano - In memroria di don Damiano Moreschi

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Prima messa di don Giuliano
Don Giuliano celebra la sua prima messa tra di noi proprio il giorno della festa della
santissima Trinità.
Giorno in cui tutti siamo chiamati all'operazione più alta e più impossibile mai tentata
dall'uomo: contemplare Dio per poterlo annunciare al mondo
L'amore esige "un altro volto" da amare e da cui essere amato.
Sentirsi fratelli perché figli dello stesso Padre (II lettura): quale ragione migliore per le
persone e per i popoli di amarsi, di perdonarsi, di costruire un mondo dove non prevalga
il forte, ma il giusto e il buono, di edificare una terra dove le relazioni siano felici, come
lo sono in Dio stesso?
Credere nella Trinità significa credere in un processo d’amore; credere che la
verità sta con la comunione e non con l’esclusione, il consenso è più verità che la
imposizione, la partecipazione di molti è meglio che la decisione di uno solo.
La nostra storia di sacerdoti nasce da uno sguardo intenso di amore che ha sollecitato la
nostra libertà.
Ci siamo sentiti amati e chiamati; abbiamo risposto liberamente.
È stata una scelta d’amore in cui tutta la nostra umanità è stata coinvolta.
Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: “... vieni e seguimi”.
“Vieni e seguimi”: ecco che cosa ci è chiesto.
Gesù nel Cenacolo durante l’ultima Cena dice: "Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro
Consolatore perché rimanga con voi sempre" e così ha ripetuto ieri nella cattedrale di Brescia
durante l’ordinazione di Giuliano.
Oggi caro don Giuliano è con te è tutta la comunità di Virle e in particolare i tuoi
genitori, i parenti, gli amici, i conoscenti, che in questo momento ti sono vicini con il
loro affetto e ancor più con la loro fede.
L’Ordine sacro che hai ricevuto è sì la meta del tuo cammino spirituale di questi anni
intessuti di impegno, di desiderio e di attesa, ma è essenzialmente un dono, una grazia,
qualcosa di totalmente libero e gratuito, qualcosa che proclama l’assoluto primato
dell’amore di Dio sulla nostra vita.
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Il primo atteggiamento dunque è quello della gratitudine, poi dello stupore, della
fiducia e della responsabilità.
Saranno proprio questi sentimenti ad aprirti ad una conoscenza, anzi ad un’esperienza
sempre più profonda della grandezza e della bellezza del dono di Dio.
"Il Padre vi darà un altro Consolatore e sarete "pieni di Spirito Santo".
Ti auguro con tutto il cuore di accogliere umile e fiducioso il dono dello Spirito Santo e
di sentire nel tuo cuore il vento impetuoso e il fuoco ardente dello Spirito Creatore:
"Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?"
Siamo chiamati a parlare di Cristo
“questi è il mio figlio diletto” Ascoltatelo
PASSIONE
Noi sacerdoti possediamo questo tesoro, ma, come dice Paolo in “vasi d’argilla”. Il
Signore non ha avuto timori a chiamarci perché lo seguissimo da vicino, non ha esitato
nonostante le nostre debolezze.
Nella Bibbia i chiamati da Dio sono frutto del suo amore di predilezione, non solo, ma ci
è accanto per incoraggiarci a superare le inevitabili difficoltà.
Non possiamo però accontentarci di conoscere Cristo e di amarlo!
Se noi conosciamo Cristo, lo dobbiamo far conoscere anche agli altri; Sì, dobbiamo
parlare di Cristo: senza alcuna paura, perché ogni uomo ha bisogno di lui.
E’ questo il vostro specifico ministero: se non è il prete a parlare di Cristo, chi ne parlerà
mai?
L’apostolo Paolo nella sua lettera ai cristiani di Roma così svela tutta la sua ansia
evangelizzatrice e missionaria: "Come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui?
E come potranno credere, senza averne sentito parlare?
E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere
prima inviati?
Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene!".
Sì, questi piedi sono i nostri, siamo noi questi inviati, nostri devono essere i piedi di
coloro che portano il messaggio evangelico della gioia e della speranza.
Da noi, dunque, gli uomini aspettano di ricevere la parola di Cristo, per poter credere in
lui, invocare il suo nome, ed essere salvi.
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Allora dobbiamo parlare di Cristo, ma non solo
C’è ancora qualcosa d’altro, di più importante e urgente: fare vedere Cristo!
Ma come far vedere Cristo? Con una vita nuova, una vita coerente al dono di grazia
ricevuto, una vita docile all’azione santificante dello Spirito.
Sia dunque grande il nostro cuore, grande come il mondo!
Non solo universale è la carità pastorale, ma anche preferenziale, nel senso che sa
prediligere i piccoli, i poveri, gli ultimi, i peccatori, i dimenticati da tutti.
Non possiamo dimenticare la parola di Gesù: "I poveri li avete sempre con voi"
E non dimentichiamo, infine, il tratto più delicato e confortante della carità pastorale:
quello della misericordia
La vita del sacerdote rischia di essere polarizzata sul "fare"; risulta impoverita la sua vita
di fede e sono mortificate le relazioni
Per la gente il prete è uno che parla, che celebra la Messa, che battezza, confessa e porta i
morti al cimitero, se prete giovane di oratorio la gente pretende che sappia organizzare,
fare iniziative che richiamino gente, ecc.
E' per così dire, identificato con la parola che dice, con la liturgia che presiede, o con la
sua funzione di pastore.
Come se non fosse altro che bocca e labbra, gesti e muscoli, ma si parla poco del cuore
del prete.
Ci dimentichiamo che ha un cuore, e ci concentriamo sulle labbra, la bocca, i muscoli e i
gesti.
Si dimentica il cuore.
Quando si attende l’arrivo di un nuovo prete ci informiamo e facciamo delle domande:
Predica bene? Celebra bene?
E' bravo, intelligente, di bella presenza, simpatico e generoso? Sa attirare i giovani ? Fa
iniziative ?
Ma ci si interessa troppo raramente del suo cuore, delle sue sofferenze, della sua
interiorità.
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Perché l'essenziale dell'uomo non è il corpo, ma il cuore. Vivere questo essenziale, è
concentrarsi con tutte le forze sul cuore del mistero del sacerdozio.
L'essenziale è il cuore sacerdotale; non è la bocca, non sono i gesti; non è la lingua, non
sono i muscoli; non sono le mani e non sono i piedi.
"Non dobbiamo mai dimenticate il cuore!".
Il sacerdozio nella Chiesa attuale ha un grande bisogno di guardiani vicino al cuore, di
cardiologi spirituali.
Perché se il cuore cede, cosa diventa il predicatore?
Un semplice altoparlante in uno stadio.
Un altoparlante è incapace di restituire i suoni e le frequenze più alte e più basse.
Non sa far ascoltare agli ascoltatori le risonanze e i particolari
Parliamo e parliamo, diciamo molte cose, ma non comunicano praticamente nulla.
Il parroco di Torcy, nel romanzo di Bernanos "Diario di un curato di campagna",
diceva al suo giovane confratello prete: "Non mi piacciono quei predicatori di NotreDame che fanno tanti bei discorsi dal pulpito senza soffrire.
lo quando scendo dal pulpito, soffro, perché mi sono tagliato nel vivo. Io quando
predico soffro".
E che cos'è un prete che celebra con le mani, ma che non ha il cuore ?
E' un attore di teatro che non sa nemmeno cosa dice, quando dice: questo è il mio
corpo spezzato per voi; questo è il mio Sangue versato per voi.
Dove sono le sue sofferenze?
Sono lacrime da attore di teatro.
E che cos'è un prete che dirige la sua comunità secondo le semplici leggi e tecniche
della comunicazione sociale ?
Dirige o ama?
Il sacerdozio è molto più amore che competenza; molto più interiorità che eloquenza;
molto più amore che abilità.
Perché il sacerdote dovrebbe amare come il Cristo Sommo Sacerdote ha amato.
Tutta la sua bellezza e tutta la sua competenza è interiore.
dovremmo sentirci inseriti nella circolazione sanguigna di Cristo.
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Per essere veri preti
Il Cuore di Cristo praticamente non ha autonomia: è inserito nel Cuore di Dio suo
Padre. "Noi, io e il Padre, siamo una cosa sola".
Non esiste vero amore senza sofferenza
Parlare di sofferenza non è facile.
Di cosa si tratta?
Prima di tutto è la sofferenza di coloro che assistono nel mondo alla grande lotta tra il
bene e il male, nel mondo e nella storia con un senso di impotenza, di marginalità.
(Cristo)
Ma c'è ancora un'altra sofferenza del prete: quella della sua fragilità, della sua debolezza.
Ci verrebbe da chiedere a Dio: rendici forti !
Sarai tu stesso il primo a guadagnarci. Sarò un prete migliore se non sono debole.
Ma Dio risponde: No.
E’ attraverso la tua debolezza che sarai forte.
Ciò non toglie che la sua fragilità fa soffrire il prete. Questo capita perché crediamo di
dover essere qualcuno "accanto" al Cristo, ma di Cristo ce n'è uno solo.
Il cuore del sacerdozio è quindi questo lungo apprendistato a far posto a Cristo
(Giovanni il Battista)
E’ bello pensare che siamo inviati ad annunciare che Dio è coinvolto in modo incredibile
con l’uomo: è questa la buona notizia
Gesù è il missionario del Padre, il prete è chiamato, è scelto per fare lo stesso
Gesù condivide perché sa che Dio vuole condividere
E’ pieno di misericordia perché sa che questo l’atteggiamento di Dio con noi
Ci sono alcune cose che sembrano scontate e logiche, ma che spesso la gente dimentica
Il prete è prima di tutto un UOMO: come gli altri, non è né un angelo, né un
superuomo, con virtù e difetti.
Il prete è poi un servitore, come tutti i cristiani
Sacerdote quindi non come rappresentante di una istituzione o funzionario di un
sistema, ma come libero figlio di Dio che fa l'avvocato dei fratelli più poveri( ti auguro di
non stancarti di fare l’avvocato delle cause che per il mondo sono cause perse)
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Se i cristiani, come ha fatto Gesù, vogliono fare delle preferenze in questo servizio
devono farle con i peccatori, gli ammalati, i deboli, gli emarginati... cioè tutti quelli che
corrono il rischio di essere dimenticati
Sei chiamato a vivere il Vangelo dell’incontro personale, perché diventi “notizia buona”
rivolta a ognuno come proposta unica e coinvolgente.
Buona notizia devi cercare di esserlo tu stesso.
Sarai continuamente chiamato ad essere contemporaneamente discepolo e maestro.
Discepolo, perché chiamato a porti alla sequela del Signore, facendogli spazio nella
preghiera, nell’ascolto della Parola, nella celebrazione dei Sacramenti, nella carità verso il
prossimo.
Nello stesso tempo chiamato ad essere maestro, per additare il Signore a chi si avvicina
a te, per guidare nel cammino di fede.
Esiste tanto dolore, tanta gente che soffre che ricorre a noi, credo che per poter
tentare di aiutare la gente a lenire le ferite con l’olio del buon samaritano è
indispensabile riuscire a camminare sempre alla presenza di Dio
Camminare alla presenza del Signore significa procedere nella vita in un modo
tale che tutti i nostri desideri, pensieri e azioni siano costantemente da lui
guidati. Quando camminiamo alla presenza dei Signore, tutto quello che
vediamo, sentiamo, tocchiamo o gustiamo ci ricorda lui.
Credo che la vita di preghiera non consista tanto nel recitare molte preghiere, ma
sia una vita in cui non facciamo, non diciamo e non comprendiamo nulla
indipendentemente da colui che è l'origine e lo scopo della nostra esistenza.
Purtroppo noi preti rischiamo molto: molte delle nostre affaccendate azioni e
delle nostre irrequiete preoccupazioni si accavallano e sembrano essere
scollegate, ci sentiamo chiamati di qua e di là, corriamo, andiamo, organizziamo
e tanta gente pensa che dovremmo fare di più.
Tutta la nostra comunità cristiana di Virle ti dice: Abbi coraggio, non puoi tacere quello
che hai visto e ascoltato. La fede si rafforza donandola.
Noi facciamo tutti il tifo per te caro don Giuliano, ti assicuriamo che sarai sempre uno di
noi
Concludo con 4 auguri
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Ti auguro di essere con Lui con il cuore: la preghiera
Sii con lui innanzitutto con il cuore, stabilmente fisso in lui. Dove è il tuo tesoro, sia
anche il tuo cuore
La nostra comunione con lui è la nostra vita. Staccati da lui, siamo morti, come tralci
recisi dalla vite
Ti auguro di essere con Lui con gli orecchi e gli occhi
Sii con lui, oltre che col cuore, con gli orecchi e gli occhi, che vanno dove porta il
cuore.
L'amore desidera conoscere e vedere. Noi non abbiamo
ascoltato e visto il Signore Gesù, ma sappiamo che la sua carne è tornata Parola che
ascoltiamo e contempliamo.
Ti auguro di essere con Lui con i piedi:
Sii con lui con i piedi, che percorrono la sua stessa via.
Ti auguro di preferire ciò che lui ha preferito e scelto, per stargli più vicino e somigliargli
Ti auguro di essere con Lui con le mani:
per toccarlo, ed avere comunione piena con lui
Ciò si compie nella carità
Maria, madre tenera e forte sia la tua compagna sulle strade dove sarai chiamato
a camminare, ti prenda per mano quando il tuo cammino sarà stanco e ti doni la
gioia di intuire pur tra le foschie del presente che verranno tempi migliori.
Che tu possa ogni sera intonare con Maria il Magnificat.
Così sia.
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