La coscienza del divenire o il divenire della coscienza come rimedio

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La coscienza del divenire o il
divenire della coscienza come
rimedio alla paura del futuro?
(Hegel e Marx a confronto)
«Alles, was ich weiß ist, dass ich nein Marxist bin»
Karl Marx
Il rapporto storico tra verità e certezza
• Dapprima il pensiero filosofico è affermazione
immediata dell’identità di “verità” e “certezza”
• Poi è affermazione dell’opposizione di “verità”
e “certezza”
• E infine è il superamento di questa opposizione,
ossia è l’affermazione mediata dell’identità di
“verità” e “certezza”
L’identità mediata di “certezza” e “verità”
• Mediante la negazione della cosa in sé, l’idealismo giunge ad
affermare daccapo che la “certezza” è identica alla “verità”
• Col toglimento della cosa in sé, il fenomeno non è più
qualcosa di semplicemente soggettivo (non è più “certezza”
opposta a “verità”), ma è la stessa realtà in se stessa, che
appare.
• Daccapo, nell’idealismo, il contenuto del pensiero è l’essere –
e non l’immagine soggettiva e quindi alterante dell’essere.
• Se quindi per il criticismo kantiano l’essenza dell’essere è di
rimanere nascosta all’uomo (la cosa in sé è inconoscibile), per
l’idealismo, all’opposto, l’essenza dell’essere è di rivelarsi
nella coscienza umana.
Il ritorno della metafisica
• Con l’idealismo, la metafisica si ripropone come epistéme
(scienza) che non si limita alla considerazione di questa o
quella parte della realtà, ma si solleva - come la filosofia
greca – alla comprensione del Tutto, ossia l’unità totale del
Pensiero e dell’Essere.
• Per questo la metafisica idealistica è stata chiamata
“metafisica della mente”, per distinguerla dalla “metafisica
dell’essere” – dove l’ “essere” è inteso appunto come quella
realtà esterna al pensiero (la cosa in sé )
il pensiero come il Tutto
• Mostrando l’assurdità dell’affermazione di una realtà esterna
ed indifferente al pensiero, l’idealismo non si chiude al
pensiero, ma nel ribadire che ogni “al di là del pensiero” è un
concetto impossibile, allora il pensiero non è una parte ma è
il Tutto; e stare nel pensiero non è “chiudersi” in qualcosa,
ma aprirsi al Tutto che non ha nulla al di fuori di sé.
• Il pensiero, dunque, non è una cosa tra le cose: appunto
perché tutte le cose tra le quali lo si vorrebbe porre sono
pensate, e quindi non è il pensiero a essere una tra le cose,
bensì sono le cose tutte a costituirsi e a svolgersi all’interno
del pensiero, dell’apertura al tutto.
• E dire che il pensiero è il Tutto, significa dire che il tutto è
l’Essere che viene pensato dal pensiero
il Senso razionale del Tutto
“Tutto ciò che è reale e razionale;
tutto ciò che è razionale è reale”
Non può esistere
un pensiero
indipendente
dall’essere
Tut
Il
il
è
to
so
lo
vero
Il pensiero come Assoluto
• Il “pensiero” di cui parla l’idealismo è pensiero “umano”; nel
senso che non si tratta di un pensiero trascendentale,
posseduto da un Dio separato dall’uomo.
• Poiché il pensiero è il Tutto, esso è insieme la stessa Realtà
assoluta e divina.
• Nel loro significato più profondo, Dio e uomo coincidono.
• Infatti, nel dogma cristiano dell’Incarnazione del Verbo, Hegel
ravvede l’immagine religiosa nella quale resta adombrata la
più profonda verità filosofica: l’identità di Dio e Uomo.
• Dio è identico all’Uomo, proprio perché Dio è l’assoluto, è
proprio perché l’Assoluto è pensiero
Dio è Storia
• Il pensiero produce l’essere nel senso che solo all’interno del
pensiero è possibile la Storia dell’essere.
• Proprio perché Dio è pensiero, Dio è Storia, processo,
sviluppo, crescita, infinita e interrotta produzione dell’essere.
• E proprio perché l’essere, nella sua essenza, è il contenuto
stesso del pensiero, il pensiero pensando l’essere, produce se
stesso.
• L’Assoluto è autoproduzione e l’autoproduzione assoluta è il
processo stesso in cui l’Assoluto va rilevando se stesso
attraverso un “andamento irresistibile” proprio del sistema
categoriale dell’Idea che culmina nella categoria
omnicomprensiva della Totalità.
Dalla contemplazione
alla produzione del mondo
• Nella filosofia antica, l’epistème, dopo aver evocato il mondo, concepisce
il pensiero dell’uomo come contemplazione: il pensiero contempla la
produzione dell’universo.
• Nella filosofia moderna, l’epistéme, giunge a vedere nel pensiero stesso il
principio produttivo dell’universo, dapprima dell’universo soggettivo e
fenomenico, e poi, con l’idealismo, dell’universo in ogni suo aspetto.
• La forza produttiva dell’azione e della volontà è così collocata nel cuore
stesso del pensiero: nella sua essenza più profonda il pensiero, la
razionalità, non è contemplazione, ma produzione.
• Invitando a cambiare il mondo, Marx ha sostanzialmente tratto le
conseguenze che il mondo non è tanto autoproduzione del pensiero, bensì
produzione reificata del pensiero.
Il Rimedio al divenire
• Nell’idealismo il divenire (cioè la realtà effettiva
originariamente evidente e inevitabile) è immanente al
mondo, essendo connesso al processo di autoproduzione del
pensiero.
• Il successivo pensiero filosofico concepisce il divenire come
divenire umano e pertanto nega ogni Principio (Legge, e
dunque Rimedio) eterno del divenire, che, esterno o interno
al divenire, lo rende apparente, impensabile come divenire
autentico e quindi finisce per soffocarlo.
• Ciò conduce gli hegeliani di sinistra a ritenere l’alienazione
religiosa – il cedere a Dio (e l’”Uomo” è una variazione di Dio)
ciò che è proprio dell’uomo – l’autentica alienazione.
Da Feuerbach a Marx
• Feuerbach ( e gli hegeliani di sinistra) hanno voluto distruggere l’ideologia,
cioè l’alienazione religiosa, dissolvendo il mondo religioso nel mondo
terreno, convinti che l’alienazione dell’uomo (cioè la realtà umana
costruita in conformità all’alienazione) andrà in pezzi mediante
un’operazione mentale, cioè mediante la correzione all’interno della
nostra coscienza, dell’errore in cui consiste l’alienazione.
• Hanno creduto che le “vere catene degli uomini” (le catene che legano il
divenire degli uomini) siano dei pensieri, dei concetti, delle
rappresentazioni false: quelli religiosi.
• Costoro – sostiene Marx – si limitano a “interpretare diversamente” il
mondo, lasciandolo sussistere nella sua realtà effettiva, poiché credono,
con Hegel, che pensieri, concetti, rappresentazioni, (in altri termini l’Idea
come prodotto della coscienza) costituiscano i rapporti realmente esistenti
nella società. Sennonché bisogna capovolgere la vera relazione tra il
mondo realmente esistente e la coscienza che gli uomini ne hanno.
Rovesciare il rapporto dialettico
• Per Hegel il movimento dialettico è innanzitutto un processo
del puro pensiero, ossia è lo sviluppo logico dell’Idea, che si
costituisce come qualcosa di autonomo e indipendente
rispetto alla realtà empirica.
• L’Idea hegeliana è la produttrice della realtà empirica, la
quale è concepita come fenomeno esterno, “allegoria”,
esemplificazione dell’Idea.
• Ma ciò fa del movimento dell’idea un Assoluto immutabile che
trasforma in fenomeno, apparenza e accidentalità la realtà
effettiva del divenire, cioè finisce col renderlo impossibile.
• Occorre perciò rovesciare il rapporto tra soggetto (l’Idea) e
predicato (la realtà empirica)
L’esperienza dei “dati di fatto”
• «Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al
contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza.»
• «Non si può giudicare un uomo dall’idea che egli ha di se stesso.»
• Ciò che gli individui sono, dipende dal loro produrre, da ciò che essi
producono e dal modo in cui essi lo producono.
• Per Marx la “scienza reale e positiva” capovolge la “speculazione”
idealistica e attraverso l’ “osservazione empirica” coglie e gli individui
umani nella loro attività pratica e nel loro sviluppo, e la dipendenza delle
idee dell’uomo dal quell’attività e dal modo specifico in cui essa si
realizza.
• Morale, religione, metafisica, filosofia, politica, diritto e in generale ogni
“sovrastruttura ideologica”, non hanno una loro vita e un loro sviluppo
autonomo, ma l’uomo produce e trasforma i propri pensieri sul mondo e
sulla storia reale relativamente al modo in cui egli, nella sua attività
pratica, trasforma il mondo.
Critica dell’ideologia e critica della prassi
• Per capire che cos’è un uomo non si deve partire da ciò che l’uomo ha via
via pensato di se stesso, ma dall’attività pratica dell’uomo empiricamente
osservabile.
• E un fatto empirico osservabile è che tutti gli uomini sono sempre
sottoposti a un Potere loro estraneo, ma la loro liberazione da questo
Potere non può essere ottenuta limitandosi a smantellare la sovrastruttura
ideologica, bensì distruggendo la base, la struttura economica che nella
società ha determinato quella sovrastruttura.
• Questa distruzione è l’attività “rivoluzionaria” l’ “attività pratico-critica”.
• Il compito primario è di scoprire la contraddizione della struttura
economica che ha reso possibile l’alienazione religiosa; dopodiché si dovrà
rimuovere questa contraddizione.
• Ma la “rimozione della contraddizione” non è una semplice operazione
teorica, ma dovrà avere un carattere pratico, dovrà cioè trasformare la
base economica della società dominata da quella contraddizione.
La contraddizione della società borghese
• «A un certo punto del loro sviluppo le forze produttive materiali della
società entrano in contraddizione con l’organizzazione sociale del lavoro,
cioè con i rapporti di produzione esistenti e quindi con i rapporti di
proprietà.»
• I rapporti di produzione, che fino a un certo punto erano stati le “forme” –
l’organizzazione – che avevano reso possibile lo sviluppo delle forze
produttive, si convertono in ostacolo a tali forze, si trasformano in
“catene”.
• La vita dell’uomo, cioè il divenire delle forze produttive, è sottoposto ad
una Legge (l’organizzazione sociale del lavoro) che se da un lato rende
possibile lo sviluppo delle forze produttive, dall’altro si considera non
trasformabile, immutabile, perché esprime la volontà di dominio delle
classi sociali egemoni
Il proletariato: forza rivoluzionaria
• I rapporti di produzione borghesi sono l’ultimo modo in cui
l’organizzazione della società, dopo aver reso possibile e favorito lo
sviluppo delle forze produttive, le incatena, considerando se stessa
immutabile ed eterna: l’ultimo modo in cui si costituisce l’antagonismo,
cioè la contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione.
• Il proletariato è la forza rivoluzionaria che determina la distruzione dei
rapporti di produzione borghesi, fondati sulla proprietà privata.
• «Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato,
un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il
movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti.»
• In ciò consiste la dialettica: in ogni stato di cose esistente vi è la sua
negazione, in quanto ogni configurazione della realtà è qualcosa di
divenuto e di transeunte, un risultato che si forma necessariamente “nel
fluire del movimento” e che necessariamente si trasforma nel suo opposto.
La constatabilità del divenire
• Il rilevamento della “necessità” che conduce nella storia ad
una certa forma sociale e al suo tramonto è dunque il risultato
di un’indagine empirica, effettuabile con «la precisione delle
scienze naturali .»
• Il movimento sociale presenta così il carattere di una storia
naturale, retta da leggi che non solo non dipendono dalla
coscienza, dalla volontà, dalle intenzioni degli uomini, ma
anzi determinano la loro coscienza, la loro volontà e le loro
intenzioni.
• Marx ritiene cioè che se la legge del divenire è constatata nel
divenire stesso (e non è costruita a priori, come l’Idea
hegeliana), essa non è più un impedimento al divenire.
Pensiero filosofico e sapere scientifico
• Ricapitolando:
c’è la dialettica, ma è una dialettica rilevabile “con la precisione delle
scienze naturali”;
c’è la filosofia non come “speculazione”, bensì come “scienza reale e
positiva”.
• La FILOSOFIA non deve più essere epimeteica, passato-centrica, bensì
prometeica, futuro-centrica, superando la realtà presente e anticipando
quella futura, orientandola e cogliendo le possibilità in essa racchiuse.
Pertanto, come non è possibile sopprimere la filosofia senza realizzarla,
allo stesso tempo non si può realizzare la filosofia senza eliminarla.
• «La filosofia non può realizzarsi senza l’eliminazione del proletariato, il
proletariato non può eliminarsi senza la realizzazione della filosofia.»
Karl MARX, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel
Capitalismo e separazione astratta
• Il capitalismo è un gigantesco e complesso atto di separazione e
isolamento. Il senso di questa “separazione” è costituito
fondamentalmente dalla separazione che, nel metodo dialettico hegeliano,
è operata dall’intelletto astratto.
• Per produrre le condizioni della propria esistenza l’uomo produce ciò di cui
ha bisogno, produce cioè cose utili, il cui valore sta nell’uso.
• Ma alla radice della società capitalistica le cose utili vengono separate
dalla loro utilità e diventano semplici mezzi per effettuare uno scambio.
• Il valore d’uso diventa merce, cosicché il produttore dei valori d’uso vende
al capitalista il proprio lavoro separandosi dal proprio lavoro, che acquista
un’esistenza e una potenza a lui indipendente, così come nella religione
l’attività della fantasia umana diventa un’attività divina, indipendente ed
estranea all’uomo.
• La separazione che costituisce l’essenza del capitalismo è insieme
alienazione dell’uomo.
Il toglimento della contraddizione
• La separazione determina il prodursi della contraddizione dialettica,
conformemente al metodo dialettico hegeliano, perché la merce è insieme
valore d’uso e valore di scambio, ossia negazione del valore d’uso.
• Allo stesso modo il lavoro concreto e particolare dell’individuo, per essere
venduto deve essere considerato come lavoro astratto e quantificabile,
vale nello stesso tempo come lavoro sociale e astratto.
• Per cui, la persona umana, alienantesi nella merce, viene oggettivata, e
l’oggetto, acquistando autonomia rispetto alla persona, viene
personificato.
• Se la separazione – l’essenza del capitalismo – produce la contraddizione, il
toglimento della contraddizione richiede il toglimento della separazione
che ha provocato la contraddizione.
• Richiede il superamento del capitalismo nella società comunista, ossia
nella società che non isola, ma accomuna gli individui fra loro e rispetto al
prodotto del loro lavoro.
La società comunista
• La società comunista è l’unità, la sintesi che unisce ciò che la separazione,
prodotta dalla società capitalista, ha diviso.
• E poiché la separazione capitalista produce la contraddizione del
capitalismo, il passaggio dal capitalismo al comunismo non dipende dai
progetti e dagli ideali esistenti nella mente degli uomini, ma da una
necessità oggettiva e ineluttabile. Come ineluttabile è stato il passaggio
che ha condotto alla formazione del capitalismo moderno.
• Anche il comunismo, come lo Spirito assoluto hegeliano, è il culmine dello
sviluppo storico, la sintesi suprema in cui resta tolta l’intera massa delle
contraddizioni.
• Ma per Marx la sintesi costituita dal comunismo è il risultato del
“movimento reale” empiricamente constatabile, mentre la sintesi
hegeliana si costituisce al di fuori ed indipendentemente dal movimento
reale e quindi lo vanifica e lo rende apparente.
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