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Dalla Guerra Italo - Turca (28.9.1911 ÷ 18.10.1912)
all’Indipendenza (24.12.1951)
(vista da un bengasino italiano: J.A.Musmarra,)
INTRODUZIONE
Durante gli ultimi secoli, le imprese coloniali dei popoli europei furono
numerose in tutto il mondo: una nazione, approfittando della propria forza,
invadeva le terre di un altro popolo più debole e s’impossessava dei loro averi,
che saccheggiava. Nessuno metteva in dubbio tale stato di cose perché si
trattava di qualcosa che tutti praticavano dalla notte dei tempi e tutti,
colonizzatori e colonizzati accettavano o si rassegnavano a questa cruda realtà,
come se fosse una fatalità inevitabile, contestuale alla storia.
La scoperta e la conquista dell’America da parte degli europei
introducono, però, un’importante variante.
Per la prima volta e per ragioni religiose, il colonizzatore interroga se
stesso sulla correttezza dell’Impresa colonizzatrice e a seguito di forti dibattiti
di Giuristi e Teologi si arma di ragioni umane e divine per giustificare le sue
conquiste. Da allora in poi e senza tralasciare, quello che sempre fu, vale a dire
un atto di forza e di rapina, la colonizzazione si attribuisce un merito a se
stessa, per una “Missione Evangelizzatrice e Civilizzatrice” verso i popoli:
togliere dallo stato che loro ritenevano animale, quelle genti che vivevano come
selvaggi e umanizzarli, grazie al cristianesimo e alla cultura occidentale che li
ispirava.
Eppure nel XIX secolo, le varie imprese coloniali europee, sia in Africa
sia in Asia, quasi trascurano questo desiderio di giustificazione religiosa e
morale, e invadono e occupano numerosi territori che cominciano a sfruttare
immediatamente, senza altra spiegazione che la necessità di provvedersi di
materie prime.
“Quando Hitler, nel suo libro Mein Kampf, spiega che nel programma
del Partito Nazional Socialista, figura in un posto preminente, l’acquisizione
con le buone o con le cattive maniere, delle colonie per istallare gli eccendenti
demografici del popolo tedesco, non fa altro che scrivere su una carta ció che
quasi tutte le grandi potenze europee stavano facendo, naturalmente senza
dirlo con tanta chiarezza, dal secolo XV ”, così scrisse Mario Vargas LLosa:
Famoso scrittore di fama internazionale, analista e politico del Perù.
(“La Nación.” 09/ENERO /2009. Buenos Aires)

Con questa premessa molto eloquente, e tenendo in conto che nella
storia del colonialismo europeo erano in prima linea fondamentalmente:
Francia ed Inghilterra, fino al XX secolo, quello che scrisse Hitler era del tutto
conseguente con le politiche ormai più che utilizzate dai “Signori della
Democrazia e della Libertà” in Europa.
Questo è il contesto, su come si deve analizzare oggi, l’occupazione da
parte dell’ Italia della Cirenaica e della Tripolitania, nel 1911. Occupazione, è
bene dirlo, che è stata compiuta con il tacito consenso delle maggiori potenze
europee, dell’epoca poiché queste terre erano già colonie del vasto Impero
Ottomano.
E’ quindi allo scopo di essere il più imparziale possibile, è opportuno
regredire nel tempo e analizzare i fatti e i metodi usati, secondo le mentalità
imperanti allora, non oggi.
Se non si analizzasse in questo modo e criticassimo i fatti di altre
epoche con la mentalità moderna, si cadrebbe in un gravissimo errore e tutto
sarebbe considerato assurdo.
Così, come fu nel passato, i turchi occuparono immensi territori.
E poi dopo gli arabi, i francesi, gli inglesi, i portoghesi, gli olandesi, i
belgi, ecc, tutti fecero esattamente, la stessa cosa!
I “casus belli” giustificativi per queste occupazioni, in sostanza furono
sempre create dagli invasori. Sia nel passato e sia nel recente presente:
Nessuno invita gli invasori!!!
Però, come non giustificare l’Italia ad avere pure lei le Colonie, se
averle in quell’epoca era un’aspirazione di qualsiasi nazione e sopratutto
quando nel proprio territorio nazionale c’era troppa gente e mancava la terra su
cui lavorare, ragion per cui, entrava in funzione automaticamente, la valvola di
sfogo chiamata: Emigrazione all’Estero.
Naturalmente era più facile “occupare” un territorio straniero e farlo
diventare nazionale. Si risolvevano così i problemi interni dei paesi super
popolati.
Questo era in fondo il “colonialismo”. Un braccio allungato del
territorio nazionale!!!
Dopotutto la Cirenaica e la Tripolitania, cioè l’attuale Libia, erano
state quasi abbandonate dall’Amministrazione turca, tanto che i loro territori
nell’enorme estensione avevano pochissimi abitanti che vivevano in uno stato
prevalentemente tribale, e inoltre, poiché erano tanto vicini all’Italia,
rappresentavano una vera occasione per fare pure noi ciò, che avevano già fatto
le altre potenze europee: stendere un braccio e colonizzarle!!
Se l’Italia non avesse occupato la Libia, questa, sarebbe stata
sicuramente occupata dalla Francia per ingrandire le sue colonie in Africa:
Tunisia e Algeria, oppure dall’Inghilterra: Egitto e Sudan.
Per i turchi inoltre quella “Cassa di sabbia” (come volgarmente era
chiamata), non era una Colonia importante, a dedurre da quanto poco là fecero
nel lungo tempo in cui ci rimasero.
Non dimentichiamoci inoltre che gli arabi, lasciarono parte delle loro
terre d’origine (Oriente occidentale) e occuparono fra l’altro tutto ciò che si
trovava sulla costa mediterranea dell’Africa: Egitto, Cirenaica, Tripolitania,
Tunisi,a Algeria, Marocco, ed inoltre attraversarono lo stretto di Gibilterra e
occuparono anche la Spagna, la Sicilia ecc. ecc.
Chi li aveva invitati? Nessuno!!!!
Cosicché “chi è senza peccato, getti la prima pietra” si suol dire.
Quindi fare i puritani oggi quando si ha un passato sporco, come minimo fa
sorridere.
Per questo motivo condannare oggi l’Italia come nazione imperialista
in senso dispregiativo non corrisponde, sarebbe solo un assurdo storico, infatti,
non esiste in Europa o nel mondo, un paese che non lo sia stato prima
dell’Italia.
Gli arabi che oggi nascono e crescono in Libia, sono pure loro figli o
discendenti di altri popoli invasori ed, in questo caso dei loro progenitori, di
etnia araba.
Apparentemente tutte le differenti origini degli abitanti della Libia
sembrano essersi ridotti in due grandi gruppi: quelli delle Zone interne e quelli
delle Zone costiere, cosa questa che lo stesso Omar Al Muktar affermò e per
cui disse che a quest’ultimi (quelli delle “città e zone costiere”) “li odiava”,
stante che lui era un Beduino dell’interno. (Leggere a tal proposito il “Giudizio a
Omar al Muktar”). (Google/Omar al Muktar/Wikipedia: The Free
Encyclopedia,/ External links,/ Secrete proceedings in the Benghazi Trial.)
RESISTENZA DEI BEDUINI
La gran resistenza dei beduini (GENTE DELL’INTERNO) contro gli
occupanti italiani, fu secondo me, un’ostilità sbagliata, completamente errata,
perché fondamentalmente di carattere “religioso” cosí come lo stesso massimo
oppositore: Omar al Muktar ripetette varie volte di fronte al Tribunale che lo
giudicò.
Fu una battaglia cruenta e una lunga guerra fatta d’imboscate, torture
ecc. perché i beduini, e non gli arabi, consideravano gli italiani come se fossero
nemici dell’Islamismo, percependoli come nuovi crociati, ragion per cui ci
dichiararono perfino “ la Guerra Santa.”
Di indipendenza non si parlò mai, né v’erano aspirazioni nazionaliste
in quell’epoca a parte di un possibile Emirato a Giarabub.
I grandi movimenti nazionalisti e di indipendenza sopra tutto in Africa
e nell’Oriente occidentale, sorsero dopo la Seconda Guerra Mondiale e nel caso
della Libia, l’Indipendenza fu data dalla ONU, di fronte alla possibilità di
restituire la Tripolitania all’Italia (proposta americana) e rendere indipendente
la Cirenaica (proposta inglese).
E tutto ciò fu per non dividere in due la Libia.
Non fu per eventuali lotte indipendentiste contro la dominazione
militare inglese.
Perfino quando il Magreb, influenzato da Nasser, cominciò con i
movimenti rivoluzionari per ottenere l’Indipendenza incitando il suo popolo a
lottare contro i Francesi (Tunisia Algeria.) contro gli Spagnoli (Marrocco) ecc.
ecc, in Libia e con sorpresa, esisteva una tranquillità incomprensibile, neanche
allora si parlava di Indipendenza. Né gli inglesi in Cirenaica, né i francesi nella
Tripolitania ebbero problemi con i nativi.
Fu l’ONU che si oppose, a che la Libia fosse divisa in due parti, cosa
che mi sembrò ben fatta.
Però torniamo indietro, agli anni appena posteriori al 1911-12.
Evidentemente i beduini, mali informati “ad hoc” dai turchi, credettero che gli
italiani andavano in Cirenaica e Tripolitania come nuovi “Crociati”.
Fu l’Italia che attribuì il nome: LIBIA alle due regioni congiunte di
Cirenaica e Tripolitania, (che era, infatti, l’antica denominazione romana) e
pure fu l’Italia che inoltre definì esattamente le sue frontiere, che ancora oggi
sono vigenti e che prima non esistevano!
L’opposizione beduina contro l’Italia fu, ripeto, sbagliata nel suo
fondamento. La Chiesa non aveva nulla a che vedere con quell’occupazione,
sebbene le brillassero gli occhi facendo speculazioni sul futuro.
Le truppe italiane sbarcate a Tripoli non erano truppe VATICANE, ma
ITALIANE.

PERCHE L’ITALIA TOLSE AI TURCHI LA “LIBIA” ?
Quest’innocente domandina è mal formulata, infatti dovrebbe
dirsi: Perché l’Italia occupò le “COLONIE”
turche:
Cirenaica e
Tripolitania dato che, ripeto, fu l’Italia ad unificarle e a chiamarle
“LIBIA”.
In questo caso vi saranno varie risposte, apparentemente tutte
“logiche”.
Parlando di Libia ci stiamo riferendo a queste regioni senza
frontiere definite fra Tunisia ed Egitto che facevano parte dell’ex Impero
Ottomano (Turchia).
Quella chiamata guerra Italo-Turca, fu per problemi fra Turchia
e Italia. Non vi fu una guerra contro i “libici”, ma contro i “turchi”.
Inoltre i turchi in Libia, erano tanto invasori quanto, dopo, lo saranno
gli italiani che li cacciarono via da questa “Cassa di sabbia”.
Per questo, finita la guerra (1912), il Trattato di Pace si firmó fra
Turchia e Italia; giacchè la LIBIA, come Paese o Colonia, non esisteva! I
nativi della Cirenaica e della Tripolitania generalmente di origine
“araba” avevano pure contrastato, prima, e continuamente, contro i
turchi, i quali mediante la pena di morte per decapitazione o la forca
risolvevano questi problemi coi nativi, cosa questa che d’altra parte era
abbastanza comune persino in tutti i paesi auto-denominati “civilizzati”
e fondamentalmente nei domini turchi.
In Cirenaica e Tripolitania succedeva lo stesso, la severità dei
turchi aveva originato un clima di repulsione agli stessi molto marcato e
il beduino Omar Al Muktar aveva lottato pure contro di loro.
Però, non per ottenere un’Indipendenza, dal punto di vista
nazionalista, ma per il modo di trattare dei turchi verso gli indigeni.
Intorno al “Castello Turco” di Tripoli era comune vedere sovente,
al mattino, sopra dei pali teste di libici decapitati dalla superficiale
giustizia ottomana.
Per tal motivo vi era in Italia una credenza generalizzata che i
libici avrebbero ricevuto gli italiani come liberatori di questo
insopportabile giogo.
Si diceva persino che i libici li avrebbero ricevuti con rossi
tappeti stesi ai loro piedi. Era evidente che queste informazioni
provenivano dagli arabi delle città costiere, già familiarizzati con gli
italiani, per i loro continui contatti commerciali e pescherecci.
Eppure è opportuno riconoscere che fra i libici vi era una parte
che appoggiava i turchi, (i beduini) infatti, fra essere una colonia di un
paese musulmano o di un paese “infedele”, sceglievano di rimanere
coloni d’un paese musulmano, soprattutto, coloro che erano
fondamentalisti fanatici o appartenevano a qualche setta religiosa: in
particolare i “Senussiti” dell’interno!
Questi si trovavano nella posizione che diceva che: era meglio
un cattivo conosciuto che un buono da conoscere.
Fu così che i senussiti, (Setta religiosa ultraconservatrice)
logicamente appoggiati fortemente dai turchi, che già avevano quasi
promesso al Gran Senusso Mohamed Idriss ( il cui nonno aveva fondato
la “Confraternitá religiosa senussita” a Giarabub) la possibile
creazione di un Emirato o uno stato senussita, nella stessa Oasi di
Giarabub, si trasformaron in grandi nemici degli italiani
Il Capo operativo di questa setta fu Omar Al Muktar, maestro
nell’insegnamento del Corano, oriundo di Janzour (paesello all’Est della
Cirenaica da non confondere con l’altro Janzour, vicino a Tripoli, citta’
molto famosa e con molta storia) e pertanto beduino cirenaico e
rappresentante di Idriss.
I turchi con i nativi solo avevano in comune una cosa: la
Religione.
In questo caso e contrariamente a quanto si supponeva, l’unità
religiosa fra turchi e beduini di Giarabub pesò molto di più che le
differenti origini di etnie, razze, abitudini ecc. ecc, pur non avendo
neanche un minimo passato remoto comune comparabile agli infiniti
vincoli di questa Terra con Roma, alla quale, nella sua epoca, le apportò
un Imperatore: Septimius Severus, nato a Leptis Magna, oltre a varie
legioni “libiche” in Europa.
Inoltre, i pochi chilometri di mare che la separavano dall’Italia
(meno di 500), sono molto eloquenti ed incontrastabili, così come lo
erano i ripetuti contatti e le relazioni fra le due sponde durante secoli e
secoli.
E per completare, sapendo che da sempre, poco ha influito nelle
relazioni fra i paesi una comune religione, l’Italia, era completamente
sicura che la Libia non avrebbe avuto una possibile reazione locale di
carattere religioso
L’esempio più chiaro l’ha dato sempre la stessa Europa che,
avendo in sostanza una stessa religione: la Cristiana, è stata
continuamente campo d’interminabili guerre e battaglie fra i suoi paesi.
Cosa che d’altra parte é successo e succede pure nel mondo
islamico fra Sciiti e Sunniti ecc ecc.
Però nel caso della Libia questa differenza di religione,
intelligentemente manipolata dai turchi, pesò e molto, a dedurlo da
come furono accolti gli italiani, dai nativi “arabi” o “arabo-parlanti”.
E’ chiaro che dicendo “arabo-parlanti” s’includono i berberi delle
oasi, i beduini, e le popolazioni delle tribù dell’interno sempre più
primitive e più scontrose od intrattabili, molto differenti da quelli delle
zone costiere o marittime, come logica consequenza diretta del contatto
umano continuo con gente dell’estero, con la quale
familiarizzati e per questo motivo più trattabili
sono più
Analizzare i motivi della Guerra Italo Turca dopo quasi 100 anni
non sarà necessario, dato che il lettore interessato al caso ha a sua
disposizione una bibliografia copiosa, eccellente ed amplia, sul tema.
Quello che è sicuro è che il Regno d’Italia, si trovò indotto in
quest’avventura coloniale e quasi spinto ad essa, contando
anticipatamente sull’appoggio di Francia, Inghilterra, Germania, Russia
e persino della Chiesa romana ecc, dato che la presenza di una colonia
turca in questa posizione strategica sul Mediterraneo, era per lo meno
poco comoda.
L’apertura del Canale di Suez aveva valorizzato enormemente la
posizione strategica mediterranea della Libia.
Peró, agli inglesi non piaceva l’idea di avere una frontiera in
comune con la Francia e lo stesso, dicasi, per i francesi nei riguardi
degli inglesi.
Per questo motivo la soluzione che la Libia fosse italiana era
gradita a queste due potenti nazioni. Un sandwich perfetto com’è stato
per l’Uruguay fra il Brasile e l’Argentina.
Inoltre era conosciuto il malessere dei libici delle città, per gli
abusi dei turchi e, la guerriglia contro loro, era di dominio pubblico.
Tutto ciò convinse l’Italia ad attraversare il Mediterraneo
aprendo così una fonte di lavoro per gli italiani per frenare, in questo
modo, l’emigrazione degli stessi, verso le due Americhe.
All’inizio dell’ostilità fra Turchia e Italia, i berberi, beduini ecc.
dell’interno dimenticarono la loro opposizione verso i turchi, anzi al
contrario, si unirono a questi creando così una lotta armata di
guerriglia, fatta di attentati, assassinii, torture e mutilazioni, verso
qualsiasi italiano, sia civile o militare, che fosse capitato nelle loro mani.
Non vi furono “prigionieri italiani” nella guerra del 1911, perché
dopo averli presi, venivano torturavano e poi li ammazzavano tutti!!!
Poco dopo sbarcati, gli italiani come ho già detto, si trovarono in
un ambiente inaspettatamente ostile e molto ben manipolato dai turchi,
adesso amici dei nativi.
Gli arabi delle città furono minacciati e sottomessi dai beduini e
persino dovettero pagare loro “tributi”.
E la guerra, che avrebbe dovuto esser breve e relativamente
facile, costò, prima che si trasformasse in una vera “Pace”: venti anni di
lotte e migliaia di morti fra i due contendenti.
La guerra con la Turchia finì presto: il 18 Ottobre 1912. Però la
guerriglia armata comandata dal beduino Omar Al Muktar della tribù
Mnifa, nato a Janzour nel 1862 (un Villaggio nel Gebel cirenaico), capo
dei senussiti e molto vicino al pretendente ad un possibile trono: Sidi
Mohamed Idriss Al Mahdi Al Senussi (residente permanente in
Turchia ), durò circa 20 anni, e terminò solo con la sua morte, nel
1931).
Per conoscere meglio ció che successe dopo i quindici giorni
dello sbarco degli italiani a Tripoli, in Sciara Sciat, nel 1911 è meglio
leggere testualmente ció che v’è nella documentata “STORIA d’ITALIA”,
www.cronologia.leonardo.it e soffermarsi all’anno 1911.
“Il 26 novembre 1911, sotto la direzione del generale CANEVA e
al comando del generale De Chaurand la IIIa divisione l'11° bersaglieri,
due squadroni di cavalleria e parecchia artiglieria si spinsero avanti per
rioccupare le posizioni che in seguito alla battaglia di un mese prima
erano state abbandonate. Tutti gli obiettivi furono raggiunti nonostante
la tenace resistenza del nemico che lasciò nelle mani italiane dieci
cannoni e 400 feriti prigionieri e sul campo numerosi morti. Si calcola
che i turchi e gli arabi abbiano avuto circa 3000 uomini fuori
combattimento; gli Italiani 16 morti e 109 feriti.
Nella moschea e nel villaggio di Henni e nel cimitero di Chui gli
italiani poterono costatare l'inaudita ferocia del nemico e i
corrispondenti esteri guardando i soldati barbaramente mutilati nelle
giornate del 23 e 26 ottobre denunziarono al mondo civile le barbarie
degli arabi e dei turchi della cui sorte esso si era fino allora preoccupato
e lagnato.
Uno di questi corrispondenti, quello del “Journal”, così scriveva:
"Ho visto in una sola moschea diciassette italiani crocefissi con i corpi
ridotti allo stato di cenci sanguinolenti e informi; ma i cui volti serbano
ancora le tracce di un'infernale agonia. Si è passata per il collo di questi
disgraziati una lunga canna e le braccia riposano su questa canna.
Sono stati poi inchiodati al muro e morirono a fuoco lento fra sofferenze
inenarrabili. Dipingervi il quadro orrendo di queste carni decomposte
che pendono pietosamente sulla muraglia insanguinata, è impossibile.
In un angolo un altro corpo è crocefisso ma siccome era quello di un
ufficiale si sono raffinate le sue sofferenze. Gli si cucirono gli occhi.
Tutti i cadaveri ben inteso erano mutilati evirati in modo indescrivibile e
i corpi apparivano gonfie come informe carogne. Ma non è tutto! Nel
cimitero di Chui che serviva di rifugio ai turchi e donde tiravano da
lontano potemmo vedere un altro spettacolo. Sotto la porta stessa di
fronte alle trincee italiane cinque soldati erano stati sepolti fino alle
spalle; le teste emergevano dalla sabbia nera del loro sangue: teste
orribili a vedersi; vi si leggevano tutte le torture della fame e della sete.
Devo ancora parlarvi di tutti gli altri orrori, devo descrivere tutti quegli
altri corpi che sono stati trovati sparsi nei palmeti fra i cadaveri degli
indigeni? Lo spettacolo è indescrivibile. È un calvario spaventoso del
quale ho seguito le fasi con le lacrime agli occhi, pieno d'immensa pietà
pensando alle madri di quei disgraziati figliuoli".
E GASTONE LEROUG, corrispondente del Matin scrisse: I piccoli
bersaglieri caduti il 23 ottobre non morirono solamente da eroi ma
anche da martiri. Non trovo parole adatte per esprimere l'orrore provato
oggi quando in un cimitero abbandonato abbiamo scoperto questi
miseri avanzi. Nel villaggio di Henni e nel cimitero arabo era stato
operato un vero macello: degli ottanta infelici fatti prigionieri i cui
cadaveri si trovavano lì è certo che almeno la metà erano caduti vivi
nelle mani degli arabi e che tutti sono stati portati in questo luogo
cintato da mura dove gli arabi erano al riparo dal piombo italiano.
Allora è avvenuta la più terribile e ignobile carneficina che si possa
immaginare. Si sono loro tagliati i piedi, strappate le mani, evirati e poi
sono stati crocefissi. Un bersagliere ha la bocca squarciata fino alle
orecchie, un altro ha il naso segato in piccoli tratti, un terzo ha infine le
palpebre cucite con lo spago da sacco. Quando si pensi che due ore
prima di cadere questi eroi avevano diviso amichevolmente il rancio con
gli arabi che dovevano torturarli, non si può non provare un indicibile
senso di stupore e di orrore.”
Fonti citazioni e testi
Prof. PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - (i 5 vol.) Nerbini 1930
ALBERTO CONSIGLIO - V.E. III il Re silenzioso. (8 puntate su Oggi 1950)
COMANDINI - L'Italia nei cento anni - Milano
MACK SMITH Storia del Mondo Moderno - Storia Cambridge X vol.
MONDADORI . Le grandi famiglie d'Europa - I Savoia. 1972
O' CLERY - The making of Italy - Kegan&Trubner Londra 1892
STORIA MONDIALE CAMBRIDGE - (i 33 vol.) Garzanti
CRONOLOGIA UNIVERSALE - Utet
STORIA UNIVERSALE (i 20 vol.) Vallardi
STORIA D'ITALIA (i 14 vol.) Einaudi
STORIA D'ITALIA Cronologica 1815-1990 -De Agostini
+ ALTRI TESTI VARI, DELLA BIBLIOTECA DELL'AUTORE
Nella battaglia di Sciara Sciat participó pure il
Regg. XXI° d’Artiglieria italiano.
Questo Reggimento fu negli anni ‘30 trasferito a Bengasi, alla
Berca (Fuheiat) e participerá nel 1941 alla conquista di Sidi El Barrani e
Marsa Matruk (Egitto), agli ordini del Gen Maletti.
In questo Regg.to Il Primo “Gruppo” di fuoco era comandato dal
Serg. Carmelo.A.Musmarra, (mio fratello)
L’inizio di tale guerriglia e la marcata repressione italiana si
possono far coincidere con il molto deplorabile genocidio di Sciara Sciat,
realizzato dai turchi e dai beduini, con i quasi ottanta prigionieri italiani
catturati nella battaglia omonima, che, nella sua prima fase, fu
favorevole ai turchi beduini e dopo immediatamente agli italiani.
Come risposta a quanto successo a Sciara Sciat, dopo pochi giorni
arrivò in Libia una squadriglia di aerei seguita poi da dirigibili.
Il giorno 1 Novembre del 1911 fu eseguito il primo
bombardamento aereo nella storia dell’umanità con un aereo BLERIOT
guidato del Tenente GIULIO GAVOTTI che gettava con la mano, dalla
cabina di volo, bombe di 2 Kg. sulla cavalleria turca e beduina e fu cosí
grande il caos ed il panico nel quale caddero i turco-beduini di fronte a
questa “nuova arma” sconosciuta, che gli arabi si dispersero per trovare
rifugio nelle oasi dove proteggersi.
La prima conseguenza di Sciara Sciat non si fece aspettare.
1911
Dalle costatazioni sul genocidio di Sciara Sciat ed al vedersi di
fronte a orde selvagge primitive, gli italiani dovettero necessariamente
adottare misure di sicurezza e di controllo, estremamente severe per
mantenere l’ordine interno.
1912
Qualsiasi beduino che fosse stato trovato armato nelle sue Oasi,
case o qualsiasi altro posto, sarebbe stato giudicato dalla Giustizia
militare con la pena di morte, mediante la forca.
Le misure furono esemplari e includevano anche i collaboratori
dei beduini, fossero familiari o amici.
I ribelli che avessero commesso reati minori, furono inviati nelle
Isole Tremiti o all’isola di Ustica, in Italia, posti questi dove furono
sempre confinati gli oppositori politici romani, italiani, ecc
Nel 1911 furono confinati alle Tremiti, circa milletrecento libici,
che si opponevano all'occupazione coloniale italiana.
A distanza di un anno, circa un terzo di questi erano già morti.
L'arcipelago però continuò a svolgere la sua funzione di confino
anche per gli italiani, ospitando tra l'altro anche il futuro Presidente
della Repubblica Sandro Pertini e Amerigo Dumini. Nel 1932
l'arcipelago divenne comune autonomo, con la denominazione di
Comune di Isole Tremiti. Oggi è un posto per il Turismo Internazionale.
Solamente così si riuscì parzialmente a mantenere un poco di
sicurezza, non solo per i militari, ma anche per i civili italiani, stranieri
ed arabi delle città, tanto più perché, nel Maggio del 1914, l’Italia entrò
in guerra contro l’Austria ed i problemi libici passarono in secondo
piano, mantenendosi colà, solo piccole guarnigioni militari, nelle
postazioni costiere strategiche.
TERMINA LA 1° GUERRA MONDIALE
Solo una volta finita la Guerra con l’Austria (4.Nov.1919), l’Italia
cominciò a preoccuparsi ed occuparsi della Libia. Durante tutti questi
anni i beduini, in sostanza, spadroneggiavano nei territori all’interno e
sotto il comando di Omar Al Muktar, commettevano continuamente
assalti criminosi, strazianti torture, incendi e sabotaggi frenando
moltissimo le costruzioni di strade, istallazioni elettriche, costruzioni
civili e potuarie, case ecc.
Mi preme raccontavi adesso, un episodio familiare, capitatoci in
quel tempo: Il marito di una mia cugina che, dopo aver aperto un
negozio di moda femminile in Via Torino a Bengasi chiamato “Città di
Firenze”, mentre con la sua impresa costruiva la strada da Bengasi a
Benina, fu sorpreso assieme ad altri lavoratori, dai ribelli beduini e fu
torturato ed ucciso. Lo distesero al suolo e dopo avergli buttato sopra la
pancia della brace di carbone, gli fecero bollire addosso, il loro te,
usandolo come un fornello umano.
Terminata la Prima Guerra Mondiale, l’Italia per qualche tempo
si dedicò a risolvere i suoi problemi interni, economici, sociali, politici
ecc. per poi occuparsi della Libia e della sua tranquillità interna.
Vi furono vari cambi di Governatori, i quali cercarono di arrivare
ad un accordo coi senussiti cirenaici e finalmente si firmò un atto
molto importante:
“Il Trattato di Regima”, che in pratica non servì a nulla poiché
i beduini non lo rispettarono mai. Ebbero concesso un’amministrazione
autonoma, sempre sotto sovranità italiana, delle quattro più importanti
oasi dell’interno: Giarabub, Cufra, Augila, Gialo ed una bandiera
propria regionale, (tutta verde, il colore che simbolizza la Religione
Islamica), che loro potevano usare sempre accompagnata da quella
italiana, (cosa che non fecero mai).
TRATTATO DI REGIMA
Il testo dell'accordo con Mohammed Idris era stato predisposto il
21 ottobre 1920. Il giorno successivo, Sforza inviava il seguente
telegramma a Imperiali (Ambasciatore italiano a Londra)
«Regio Governo è venuto a un'intesa col Saied Idris el-Senussi
per perfezionare in rapporto con la situazione presente della Cirenaica il
noto modus vivendi con Saied Idris stesso, rimanendo ben inteso nei
limiti dell'accordo segreto del 31 luglio 1916 concluso fra Italia ed
Inghilterra. Restando appunto nei detti limiti il Governo per propria
delegazione, affida al Saied Idris l'amministrazione autonoma di alcune
oasi dell'interno, in modo e forma che resti chiaramente integra ora e
sempre la sovranità dell'Italia su tutta la Cirenaica così come è
internazionalmente stabilita».
(Sforza a Imperiali Roma 23 ottobre
1920 h. 24.00 ibidem)
Il 25 ottobre 1920 l'Accordo era firmato a Regima, località da
cui prendeva il nome. L'Ambasciatore italiano a Parigi, Bonin Longare,
inviava il 26 ottobre al Ministro degli Esteri francese, Pichon, un AideMémoire informandolo che: «Le Gouvernement Italien [...] a confié à
Said Idris l'Administration autonome de quelques oasis de l'intérieur
dans des conditions dont il résulte clairement au présent et à l'avenir
que la souveraineté de l'Italie sur toute la Cyrenaïque demeure telle
qu'elle est établie par les actes internationaux en vigueur». (AideMémoire di Bonin Longare a Pichon Parigi 26 ottobre 1920 ibidem)
I senussiti firmarono l’accordo di Regima, peró dopo non lo
rispettarono in assoluto ed allora, la situazione mutava negli anni
successivi in seguito al sorgere di difficoltà con il Senusso, circa
l'attuazione dell'Accordo di Regima. Il 29 aprile 1923, infine il Ministro
d'Italia al Cairo Aldrovandi Marescotti, inviava al nuovo Ministro delle
Colonie, Federzoni il seguente telegramma:
“Ho inviato al Senusso seguente comunicazione: "All'Emiro
Saied Mohamed Idris el Senussi. Heliopolis. Ho l'onore di comunicarvi
che il Governo italiano ha dovuto prendere in considerazione la
sistematica violazione da parte vostra degli accordi già intervenuti tra il
Governo italiano e voi. Tale violazione è giunta al punto che voi avete
stretto segreta intesa con i ribelli della Tripolitania ed avete usurpato la
sovranità italiana in entrambe le Colonie libiche accettando emirato su
di esse. Debbo pertanto dichiararvi d'ordine del mio Governo che il
Governo del Re denunzia gli accordi intervenuti tra il Governo italiano e
voi. Firmato: Aldrovandi, Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario di Sua Maestà il Re d'Italia."». (Aldrovandi Marescotti a
Federzoni Il Cairo 29 aprile 1923 h. 11.00 ASE P 1919-30 1397)”
Tutta questa corrispondenza ha solo lo scopo di dimostrare che
l’Italia offrí ai sennussiti, varie opportunità, accordi, e concessioni, mai
rispettati poi da loro.
In vista dell’inutilità di fare accordi con loro, l’Italia finalmente
mandò come Governatore della Libia il Generale Rodolfo Graziani il
quale riuscì ad isolare i senussiti tagliando loro ogni possibilità di
ricevere continuamente rifornimenti ed armi dalla frontiera, prima
inesistente, con l’Egitto. Egli evidenziò la frontiera dal mare
mediterraneo, fino a Giarabub con del filo spinato e fece pattugliare con
gli aerei tale frontiera per evitare il passaggio di carovane con merci di
contrabbando, cammelli, armi, e munizioni oltre a uomini per i
senussiti.
Santa medicina!! I senussiti rimasero isolati e i loro assalti si
ridussero drasticamente.
La lotta frontale contro i ribelli senussiti non poteva più evitarsi.
FINISCE FINALMENTE LA GUERRIGLIA SENUSSITA
Con Graziani e la sua strategia, i ribelli dovettero ridurre le loro
attività ad assalti sporadici e meno frequenti però non per questo meno
mortali, finché il giorno 11 settembre 1931 in una battaglia vicino
all’oasi di ZONTA, i ribelli con Omar Al Muktar in testa ( 73 anni d’etá)
furono sconfitti e questi fu catturato, ferito ad una spalla.
Uno Zaptie, (carabiniere indigeno, aggregato alle truppe italiane)
lo riconobbe Omart Al Muktar fra i prigionieri beduini catturati, e lo
indicó all’ufficiale italiano.
IL PROCESSO DI OMAR AL MUKTAR
Durante il processo, Omar Al Muktar disse al Giudice che lo
interrogava:
“GLI ABITANTI DELLE CITTA’, MI ODIANO, PERCHE’ IO PORTO LORO MALA
SORTE ED IO POI, LI ODIO, PERCHE’ LORO NON AIUTANO LA CAUSA DELLA LORO
RELIGIONE, PER LA QUALE SOLAMENTE IO, LOTTO.”
“IO ED I MIEI UOMINI, SIAMO DECISI A MORIRE PER LA NOSTRA
RELIGIONE.”
“IO NON MI PENTO DI CIO’ CHE ABBIA FATTO, PERCHE’ QUESTA È STATA
LA VOLONTA’ DI DIO.”
Il Giudice, rispose a Omar Al Muktar: Lei ha detto: “ DIO MI HA
ABBANDONATO“. E se LUI non lo salvò, adesso è la Giustizia umana che
lo giudica.”
E’ evidente che per Omar Al Muktar, gli italiani erano gli
“infedeli” per eccellenza. Lui lottò per una “Causa religiosa”, non per
altri motivi politici o sociali.
Lui era un fervente fondamentalista religioso islamico e maestro
nella diffusione del Corano e vedeva in ogni soldato italiano un Crociato,
un avversario della religione islamica e questo, secondo me, fu un fatale
errore.
Egli non lottò per l’Indipendenza della Cirenaica o della
Tripolitania ma affinché l’Islamismo non scomparisse da queste regioni,
cosa questa che l’Italia né pensò né avrebbe potuto pensarlo, in nessun
momento.
Tutto era lontano da quello che avvenne il 18.03.1937 quando
gli ULAMA, riuniti a Gerusalemme assieme ad altri islamici, decisero di
donare a Benito Mussolini, a Tripoli, una “Spada dell’Islam”,
proclamandolo inoltre “Difensore dell’Islam” e dicendogli le seguenti
parole:
“Vibrano accanto ai nostri, in questo momento, gli animi dei
musulmani di tutte le sponde del Mediterraneo, che pieni di
ammirazione e speranza vedono in te, il grande uomo di Stato che guida
con le mani ferme il nostro destino.”
Questo cambio radicale di opinione posteriore, dimostra quanto
si erano sbagliati i beduini e come l’Italia non era antiisalmica .
Errare humanum est!
Quando Omar fu processato, molto coraggiosamente, confermò i
suoi crimini e la sua responsabilità nei massacri, tutti fatti per
difendere la religione islamica.
E le sue ultime parole, con il Corano in mano, furono:
“Da Dio veniamo e a Dio torniamo”
Omar Al Muktar fu impiccato il 16 di Settembre 1931 all’alba.
Ad essa assistette, tra gli altri, una mia zia che aveva una
panetteria nella Piazza principale di Soluck: Pasqualina Valastro, nata
ad Alessandria d’Egitto.
Un’immediata e molto anelata Pace seguirono dopo.
Un’epoca di fraternità si sparse per tutta la Libia fra italiani ed
arabi e nei seguenti nove anni di Pace gli italiani fecero notevoli
costruzioni civili e monumentali: la Litoranea, una strada asfaltata che
univa la Tunisia con l’Egitto (1300 km), il Monumento marmoreo ai
Fratelli PHYLENI (Cartaginesi), aeroporti, scuole, costruzione di dozzine
di moderni villaggi colonici adiacenti alla Litoranea, centrali elettriche,
porti ed aeroporti, ferrovie locali e fu altresì promulgata una importante
legge per gli arabi residenti: quella detta in lingua locale del SUA’ SUA’
che significava: Uguaglianza fra libici ed italiani.
Inoltre, in quell’epoca, fu l’Italia che scoprì, il Petrolio in Libia.
Non posso omettere di ricordare, forse perché è una notizia a me
più cara, dato che riguarda la mia professione di “Ingegnere Petrolifero”,
(specializzato in prospezione geofisica del Petrolio), che poco prima della
seconda guerra mondiale, l’allora Governatore della Libia, Maresciallo
Italo Balbo, aveva mandato a chiamare il brillante Conte, Professore,
Geologo italiano: Ardito Desio, per fare una prospezione geologicageofisica ad Agedabia, in cerca di acqua (come spesso succede, così
come è successo in Argentina il 13.12.1907) e lui in forma molto
segreta, riuscì a perforare a più di 2.000 metri, (quando, le massime
profonditá di perforazioni, ottenute nell’ epoca, nei paesi petroliferi, non
arrivavano a 1.000 metri), estraendo campioni di sabbie impregnate di
insperato Petrolio: (Corriere della Sera, 16/Gennaio/2000, pag21, terza
pagina); e mio fratello, sottufficiale di Artiglieria del 21 Regg. a Bengasi,
custodí un tempo, il Giacimento acquifero-petrolifero.
Questo notevole sviluppo, fu sospeso solo nel 1940 all’inizio
della Seconda Guerra Mondiale.
Come conseguenza della perdita della Libia da parte dell’Italia,
essa rimase fino al 1951 come Protettorato inglese e francese sotto
l’autorità dell’ONU.
In seguito i libici, giá emancipati, potettero riorganizzarsi e avere
l’Indipendenza che fu concessa loro dall’ONU come “Regno Unito di
Libia” sotto l’egida di Mohamed Idriss Al Senussi, unica autorità con
precedenti storici condivisi con i nativi che avevano obbedito ad Omar
Al Muktar: l’ex braccio armato della Senussia, dando così origine alla
nascita del:
REGNO UNITO DI LIBIA
24-dicembre-1951
Questo potrebbe, esser stato o non, il primo passo strategico per
arrivare poi, eventualmente, a una moderna Repubblica.
Quanto segue posteriormente é quasi storia recente e sorpassa i
limiti da me proposti per questa breve rievocazione storicosentimentale, fatta da un italiano nato a Bengasi, che nutre per questa
città un amore analogo a quello del “Primo Amore” nella vita di qualsiasi
essere umano.
BANDIERE SUCCESSIVE LIBICHE
Bandiera
Dal 1951 al 1969
Bandiera
Dal 1969 al 1972
Bandiera
Dal 1972 al 1977
Bandiera dal 19.Nov.1977
P.S.
I miei ringraziamenti, all’amico ed ex compagno di scuola
nell’Istituto La Salle di Bengasi: dr. arch. Angelo Nicosia
([email protected]), per aver corretto pazientemente il mio sbiadito
italiano.
Ing.J.A.Musmarra
[email protected]
Buenos Aires
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