Dipartimento di Discipline Chirurgiche, Oncologiche e Stomatologiche Dottorato di Ricerca in Biotecnologie Chirurgiche e Medicina Rigenerativa Coordinatore Prof. Attilio Ignazio Lo Monte XXIV Ciclo LE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI IN MEDICINA RIGENERATIVA: Stato dell’arte e prospettive di applicazione sperimentale nelle malattie croniche intestinali Tesi di dottorato della: D.ssa Tiziana Fiorentini Tutor: Ch.mo Prof Giuseppe Buscemi Co-Tutor: Ch.mo Prof. Giovanni Tomasello Coordinatore: Ch.mo Prof. Attilio Ignazio Lo Monte Anno Accademico 2012-2013 Settore Scientifico Disciplinare: MED-18 INDICE Introduzione 3 Generalità sulle malattie croniche intestinali 4 Attuali trattamenti terapeutici nelle IBD 1. farmaci convenzionali utilizzati nelle IBD 2. trattamenti biologici 7 8 Le cellule staminali 11 Caratteristiche delle cellule staminali 14 Le cellule staminali mesenchimali (MSCs) 15 Coltura ed espansione delle MSCs in vitro 18 Applicazione delle MSCs 19 Esperienza presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia "A. Mirri” 20 Prima fase: induzione della colite nei topi 21 Seconda fase: isolamento delle cellule staminali mesenchimali 24 Terza fase e quarta fase 26 Bibliografia 27 2 INTRODUZIONE Numerose patologie e/o difetti fisici sono accompagnati dalla perdita di cellule specializzate all'interno di organi e tessuti con un conseguente scompenso funzionale. Il danno tessutale determina alti costi in termini di assistenza medica, perdita di produttività, abbassamento della qualità di vita e morte prematura. Per tale motivo assume grande rilevanza la progettazione e la realizzazione di nuovi trattamenti in grado non solo di prevenire e curare la patologia responsabile del danno tessutale, ma anche di ripristinare la struttura e la funzione dei tessuti ed organi lesi. 3 GENERALITA’ SULLE MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI Le malattie infiammatorie croniche intestinali sono condizioni morbose caratterizzate da un processo infiammatorio cronico ricorrente che colpisce una o più sezioni dell’intestino. L’eziologia è tuttora sconosciuta, tuttavia le attuali conoscenze riconoscono la patogenesi del danno tissutale ad una disregolazione, geneticamente determinata, della risposta immunitaria mucosale nei confronti di antigeni presenti nel lume intestinale ed in particolare dei comuni ed ubiquitari componenti dell’ecosistema locale (flora batterica residente). Si riconoscono diverse entità anatomo-cliniche di malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD: Intestinal Bowel diseases) distinte tra loro in relazione a definite peculiarità di ordine morfologico, anatomopatologico e di interessamento topografico del tratto digerente. Fra queste riportiamo: la malattia di Crohn, la Rettocolite Ulcerosa e le Coliti Indeterminate. La malattia di Crohn può colpire qualsiasi tratto del canale alimentare dalla bocca all’ano. Le lesioni si caratterizzano per la presenza di una flogosi cronica granulomatosa 4 transmurale con carattere di segmentarietà ed hanno più frequentemente sede nell’ileoterminale e nel colon. La malattia mostra una marcata eterogeneità clinica e anatomica i cui fattori principali sono la sede, l’estensione e il tipo prevalente della lesione anatomopatologica. Il decorso cronico, intermittente e caratterizzato da periodi di remissione e di riaccensione, è segnato dalla tendenza a recidivare dopo la rimozione chirurgica del tratto leso. Le riacutizzazioni cliniche possono o meno accompagnarsi ad un’ulteriore estensione delle lesioni. L’andamento intermittente del decorso clinico è determinato dal modificarsi qualitativo e quantitativo delle lesioni a maggiore espressività clinica, non dalla regressione o scomparsa delle lesioni. La persistenza della flogosi indipendente dalla presenza di sintomi è alla base delle anche lunghe fasi subcliniche che possono precedere e seguire fasi di attività clinica conclamata. La Rettocolite Ulcerosa si estende per contiguità a partire dal margine anale fino a coinvolgere una parte o l’intero colon. Le lesioni sono confinate alla mucosa, hanno una caratteristica tendenza emorragipara, interessano primariamente il retto e tendono ad estendersi prossimalmente in senso caudocraniale in modo continuo e uniforme. Il sanguinamento rettale è il sintomo più costante e il decorso è cronico intermittente. I quadri clinici della rettocolite sono condizionati dalla variabile progressione rettocolica delle lesioni, dalla loro entità e severità. La presentazione clinica delle malattie infiammatorie croniche intestinali è altamente variabile in relazione alla sede della malattia e al tipo di lesioni, al grado di compromissione sistemica, nonché alla presenza di manifestazioni extraintestinali. Quadri endoscopici rilevabili in corso di IBD: solitamente sia il Crohn che la Rettocolite Ulcerosa si localizzano al grosso intestino, sebbene con caratteristiche topografiche differenti. Il Crohn più specificatamente può coinvolgere il tratto terminale dell’ileo, condizione questa che gli ha attribuito il termine di ileite terminale. In base alla compromissione mucosale, connessa all’intensità del quadro flogistico le IBD vengono classificate in forme lievi, moderate e severe. Nella pratica endoscopica questa classificazione viene ampliata con quadri intermedi di forme a caratteristiche lieve-moderata o moderata-severa. Inoltre, varie forme infiammatorie di entità differenti possono coesistere nello stesso colon. Uno dei segni distintivi macroscopici di flogosi mucosale è la attenuazione o scomparsa del network vascolare apprezzabile sulla mucosa. 5 Ciò rappresenta la conseguenza dell’iperemia e dell’edema mucosale. Frequentemente troviamo anche del muco adeso alle pareti viscerali. La mucosa può apparire di aspetto granuloso, assottigliata e ricoperta da essudato fibrinoso, specie nelle zone ove maggiormente sono presenti erosioni e/o ulcerazioni. (1) Il quadro più severo di malattia mostra, all’esame endoscopico, una mucosa colica fortemente iperemica, congesta, con presenza di erosioni e/o ulcerazioni, anche profonde, normalmente ricoperte da fibrina. La mucosa è altamente friabile e si mostra spontaneamente sanguinante al transito dello strumento. (2) Il sanguinamento spontaneo, o indotto dalla procedura endoscopica, alle volte è di intensità tale da obbligare l’operatore a sospendere l’esame. La distruzione del tessuto epiteliale, che alle volte può estendersi ai tessuti sottostanti, è espressione della attivazione del sistema infiammatorio mucosale intestinale (GALT: Gut associated Lymphoid Tissue). Ciò innesca una cascata di eventi di ordine bio-immunitario con produzione di molecola con spiccata azione cistodistruttive, tra queste spiccano le citochine tra le quali una delle più rappresentative è il TNFα). 6 ATTUALI TRATTAMENTI TERAPEUTICI NELLE IBD Gli attuali regimi terapeutici si prefiggono lo scopo di indurre la remissione della malattia e di prolungare la fase di remissione, evitanto la comparsa di tossicita’ sistemica da farmaci. 1. FARMACI CONVENZIONALI UTILIZZATI NELLE IBD La terapia convenzionale delle IBD si avvale di farmaci dotati di attività antiinfiammatoria (corticosteroidi, sulfasalazina, mesalazina), di farmaci immunosoppressivi (azatioprina, 6-mercaptopurina, metotrexate, ciclosporina) e di antibiotici (metronidazolo, ciprofloxacina). Questi presidi farmacologici risultano essere efficaci sia nella malattia di Crohn che nella RCU. Altri tipi di trattamento si rivelano invece utili solo per una determinata patologia, come il metronidazolo per la malattia di Crohn, o i cerotti a base di nicotina nel caso della colite ulcerosa. I corticosteroidi hanno a lungo rappresentato il caposaldo della terapia sia nella malattia di Crohn, sia nella RCU, soprattutto nelle forme di malattia da moderata a severa. Nonostante l’evidenza del ruolo dei corticosteroidi nell’indurre la remissione nella colite ulcerosa, esistono pochissimi dati che supportino l’utilizzo di questi farmaci nella terapia di mantenimento di tale fase. L’azatioprina e la 6-mercaptopurina, meno efficaci dei corticosteroidi nell’induzione della remissione clinica, si sono dimostrati preziosi per la riduzione o la sospensione dei corticosteroidi nei pazienti steroido-dipendenti(76%), per la chiusura delle fistole nei pazienti con malattia di Crohn cronicamente attiva e nel mantenimento a lungo termine della remissione. Il 15% dei soggetti trattati presenta generalmente intolleranza alla terapia; gli effetti collaterali possono essere di tipo idiosincratico o dose-dipendenti. Tra i primi vi sono la comparsa di rash cutanei, ipertermia, pancreatiti, artralgie, mialgie, nausea ed epatiti, mentre i secondi comprendono leucopenia, anemia e piastrinopenia; alcuni pazienti che sviluppano nausea in corso di trattamento con azatioprina possono tollerare la 6mercaptopurina, e viceversa. L’azatioprina si è dimostrata efficace nell’induzione della remissione in alcuni studi di piccole dimensioni su pazienti affetti da colite ulcerosa in fase attiva, così come nel mantenimento di tale fase. 7 2. TRATTAMENTI BIOLOGICI La sperimentazione ha evidenziato che un eccesso di pro-citochine infiammatorie ed una concomitante deficienza di molecole regolatorie (comparato con gli individui sani) sono necessarie per mantenere, amplificare e perpetuare l'infiammazione cronica caratteristica delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD). Tale presupposto e il ruolo svolto dalla risposta immunitaria dell’ospite ha reso necessario lo sviluppo di nuovi farmaci, le anticitochine, in grado di modulare selettivamente il rilascio o l’attività dei mediatori solubili immunoregolatori. Sono quindi nate le terapie biologiche. Queste comprendono: 1- composti biologici estratti o modificati, come i vaccini (microrganismi vivi, attenuati o uccisi), gli emoderivati e gli estratti ormonali; 2- peptidi o proteine ricombinanti, come il GM-CSF e l’ormone della crescita; 3- anticorpi monoclonali e proteine di fusione; 4- oligonucleotidi antisense o acidi nucleici; 5- terapia genica. In particolare, attualmente, le molecole che hanno trovato una larga applicazione clinica sono quelle che antagonizzano l’azione del TNF-α Tra questi quelli attualmente utilizzati comprendono: l’Infliximab, il Certolizumab e l’Adalimumab. La prima terapia biologica usata in pazienti con IBD è stata l’Infliximab un anticorpo monoclonale chimerico, rappresentato da un’immunoglobulina composta da una regione costante IgG1 di origine umana, che rappresenta il 75% dell’anticorpo, e da una parte legante l’antigene di origine murina (25%) . Esiste ancora una preoccupazione sulla sua sicurezza a lungo termine che include il rischio di sviluppare cancro. Il primo studio di Infliximab come trattamento per la malattia di Crohn è relativo a dati che si riferiscono a pazienti trattati in un tempo di 11 anni (1995-2006), perciò insufficiente per una stima reale dell’eventuale pericolosità del farmaco. La maggior parte di pazienti con la malattia di Crohn che riceve la terapia biologica presenta una malattia di vecchia data di grado severo, cronicamente attiva e refrattaria alle terapie convenzionali. Generalmente i farmaci immunomodulatori vengono somministrati contemporaneamente agli agenti biologici per migliorare la loro 8 efficacia e decrescere la probabilità di effetti avversi. L'associazione della terapia biologica con il cancro nei pazienti IBD deve essere certamente studiata per offrire in prospettiva la garanzia di un approccio terapeutico sicuro ed efficace. Infatti non è stato ancora accertato se l’aumentato sviluppo di cancro in pazienti IBD sia associabile alle terapie biologiche, alla malattia stessa, all’uso concomitante di farmaci immunosoppressori o all’insieme di queste variabili. E’ stato invece ampiamente dimostrato che questi farmaci sono efficaci nell’indurre la remissione nella maggior parte dei pazienti con malattia attiva non responsivi ad altre terapie. L’esistenza di sottogruppi di pazienti con malattia refrattaria alle terapie attualmente disponibili, o che hanno sviluppato tossicita’ o effetti avversi induce alla continua ricerca di strategie terapeutiche alternative. 9 Dalla disamina della letteratura e delle linee guida riferite alle IBD emerge come il trattamento medico sia alquanto eterogeneo anche in relazione allo stadio di attività della malattia. Molti pazienti risultano peraltro non responders, o poco tolleranti verso trattamenti medici prolungati. Questi peraltro non sono scevri da tossicita’ sistemica e da effetti indesiderati, tanto che alle volte si rende necessaria la sospensione del trattamento. Ciò induce alle volte alla ripresa di malattia. A seguito di questi motivi, molti clinici e ricercatori, sono impeganti a ricercare nuove alternative terapeutiche che si prefiggono come obiettivo prioritario la remissione della malattia ed il suo mantenimento, unitamente ad una riduzione della tossicita’. In definitiva mettere a punto piani terapeutici più tollerabili per il paziente. In questa linea, buone potenzialita’ di cura vengono offerte dalle cellule staminali. Queste, grazie alla loro plasticità differenziativa possono essere utilizzate per riparare i tessuti danneggiati dal processo infiammatorio cito-distruttivo connesso alle IBD. 10 LE CELLULE STAMINALI La scoperta dell'esistenza delle cellule staminali adulte risale alla fine del 1800. In particolare essa è riconducibile all'osservazione che le cellule del sangue si rinnovano ciclicamente durante l'intera vita dell'organismo. Queste osservazioni hanno portato a formulare per la prima volta l'ipotesi (provata poi solo negli anni 60') dell'esistenza di una popolazione di cellule indifferenziate, residenti nel midollo osseo e aventi la funzione di "serbatoio" dalle quali derivano gli elementi corpuscolati del sangue. Questa scoperta ha indirizzato l'interesse dei ricercatori all'identificazione di altri elementi con caratteristiche di staminalità nel midollo osseo portando all'identificazione delle cellule staminali mesenchimali (MSC). Successivamente, sono state identificate ed isolate cellule staminali da quasi tutti i tessuti adulti, animali ed umani, anche in quelli tradizionalmente annoverati come "postmitotici" quindi incapaci di autorigenerarsi, nonché in tessuti fetali (placenta e liquido amniotico) (3). Le cellule staminali sono precursori cellulari immaturi dotati di capacità di autorinnovamento (self-renewal) e di grande potenzialità differenziativa multilineare. 11 A seconda dello stadio di sviluppo e delle potenzialità differenziativa si distinguono in Cellule staminali embrionali e adulte: 1. Cellule staminali embrionali fisiologicamente sono rappresentate dall'ovocellula fecondata e dalle cellule derivanti da questa per successive duplicazioni, nei primi giorni della vita embrionale. Si tratta di cellule pluripotenti, capaci di autorigenerarsi e di differenziarsi in tutti i tipi cellulari, mostrando una spiccata capacità di mantenere il loro stato indifferenziato per lungo tempo, anche in vitro. Col susseguirsi delle duplicazioni le cellule staminali vanno incontro ad una progressiva riduzione delle potenzialità differenziative. Queste si distinguono in: - totipotenti, in grado cioè di produrre qualsiasi tipo di cellula matura; - pluripotenti, capaci di produrre diversi tipi di cellule mature. Danno origine alle cellule staminali adulte. In italia, l’utilizzo delle cellule staminali embrionali è limitato per ragioni etiche, dal momento che il loro isolamento implica la distruzione di un embrione umano nonché per il loro spiccato potenziale teratogeno evidenziato a seguito di trapianto. Nonostante le staminali embrionali siano un’ottima fonte per lo sviluppo di terapie cellulari contro svariate malattie, esse possono non essere compatibili con un ricevente eterologo (4) 2. Cellule staminali adulte Possono essere ottenute da un organismo a partire da tessuti endodermici, mesodermici o ectodermici. Le staminali adulte hanno un potenziale replicativo e differenziativo nettamente inferiore a quello delle staminali embrionali, sono presenti in piccolo numero all’interno dell’organismo ma sufficiente a garantire la rigenerazione del tessuto da cui hanno origine. (5) Le staminali adulte sono inoltre indicate per trattamenti autologhi di malattie degenerative, traumatiche o congenite in quanto possono essere isolate dallo stesso paziente, superando quindi il problema della incompatibilità. (6) La tendenza attuale è diretta allo studio a scopo terapeutico delle cellule staminali adulte e di quelle derivate dagli annessi embrionali. In particolare le cellule staminali umane adulte non presentano i problemi etici e di sicurezza derivati dall'utilizzo di quelle 12 embrio-fetali, in quanto non richiedono il sacrificio di un intero organismo e non sono tumorigeniche. Infatti le staminali adulte sono isolate da tessuti dell'organismo e possono essere usate in autologous setting eludendo il problema della risposta immunologica e del rigetto (7-8). Le cellule staminali adulte più conosciute, che da anni trovano impiego nella pratica clinica, sono le cellule staminali ematopoietiche (HSCs), di origine mesodermica, capaci di rigenerare tutti i tipi cellulari, mieloidi e linfoidi, della linea ematopoietica. Linea differenziativa delle cellule staminali 13 CARATTERISTICHE DELLE CELLULE STAMINALI: In base alle capacità differenziative, le cellule staminali si classificano in: a) cellule totipotenti: sono cellule in grado di dare origine a tutti i tipi cellulari dell’organismo. Queste cellule sono presenti dalla stato di zigote allo stato di morula ad otto cellule. Sono cellule non specializzate, caratterizzate da un cariotipo normale (diploidia), capaci di autorigenerarsi e di compiere divisioni con un alto potenziale proliferativo; b) cellule pluripotenti: sono cellule capaci di differenziarsi nei tipi cellulari derivanti dai tre foglietti embrionali (endoderme, mesoderma, ectoderma); d) cellule multipotenti: sono cellule capaci di generare un numero limitato di tipi cellulari, ristretti ad un solo foglietto embrionale. Sono identificabili nel feto e nell’individuo adulto; e) cellule uni potenti: sono cellule in grado di generare un singolo tipo cellulare. Si trovano iun diversi tessuti adulti come pelle, sangue ed epitelio intestinale. 14 LE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI (MSCs) Le cellule staminali mesenchimali (MSCs) sono cellule stromali con morfologia fibroblastoide, in grado di crescere adese alla plastica Le cellule staminali mesenchimali sono state isolate dalla componente stromale del midollo osseo (dove rappresentano circa lo 0,01% di tutte le cellule nucleate ) per la prima volta negli anni '70 da Friedenstein e collaboratori. Il midollo osseo rappresenta la "nicchia" biologica delle cellule staminali mesenchimali, qui, infatti, svolgono una funzione di richiamo delle cellule staminali ematopoietiche circolanti nel midollo (homing) e di supporto all'ematopoiesi: in altri termini interagiscono con le cellule staminali ematopoietiche, anch'esse residenti nel midollo (attraverso interazione cellula-cellula e secrezione di fattori di crescita) e favoriscono il loro differenziamento in cellule del circolo sanguigno (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) (9-10-11). Presentano inoltre la peculiare capacità di differenziare spontaneamente, sia in vitro che in vivo, in tutti i tessuti specializzati di derivazione embrionale mesodermale (tessuto osseo, tessuto cartilagineo e tessuto adiposo). 15 Oltre che dal midollo osseo, successivamente, le MSC sono stata isolate in maniera quasi ubiquitaria, tanto da fare ipotizzare la loro presenza in tutti gli organi ed i tessuti post natali. Infatti, nonostante ancora oggi la principale fonte di MSC rimanga il midollo osseo, queste possono essere anche estratte da sangue del cordone ombelicale, dalla placenta, da sangue periferico e dal tessuto adiposo (tessuto grasso), questa ultima fonte di MSC è considerata molto promettente dato che è possibile ottenere una grande quantità di cellule attraverso lipoaspirazione mantenendo lo stesso potenziale differenziativo delle MSC da midollo (13). Le MSC sono le cellule staminali adulte ad oggi più studiate in quanto presentano caratteristiche proprie, in aggiunta a quelle di staminali derivanti da altri tessuti/organi. In particolar modo è stato osservato che le MSC sono: - facilmente isolabili grazie alla loro capacità adesiva; - facilmente separabili da altre tipologie cellulari grazie all'espressione di un set di marcatori di membrana specifici (CD44+, CD90+, CD105+166+73+, CD34-, CD45-3114-); - facilmente espandibili in vitro in quanto presentano un elevato potenziale replicativo (14-15-16); 16 - in grado di espletare funzioni immunosuppressive e immunomodulatorie; - in grado di migrare spontaneamente nei tessuti di origine ed anche selettivamente in tessuti danneggiati (multiorgan homing capacity/ trofismo). In sede di danno promuovono la rigenerazione del tessuto compromesso sia mediante differenziamento che secrezione paracrina di fattori anti infiammatori . Inoltre presentano una spiccata plasticità funzionale ed un potenziale differenziativo multilieneage (17-18). Recentemente è stato dimostrato che, in particolari condizioni sperimentali in vitro (ma anche inseguito ad impianto ectopico in vivo) le cellule mesenchimali (probabilmente una sottopopolazione di cellule dotate di pluripotenza e definite per questo multipotent adult progenitor cells) possono differenziare in tipologie cellulari di tessuti con diversa origine embrionale, come ad esempio il tessuto nervoso ed il tessuto epatico. Queste osservazioni hanno portato a confutare il paradigma classico della multipotenza delle cellule staminali adulte intesa come capacità differenziativa limitata al proprio lineage. Questa definizione è stata sostituita dalla nuova teoria della "developmental plasticity", ossia la capacità di oltrepassare i confini differenziativi segnati dal tessuto di appartenenza (19/23). 17 COLTURA ED ESPANSIONE DELLE MSCs IN VITRO Il comportamento in vitro delle cellule staminali mesenchimali è molto variabile e dipende essenzialmente dai parametri di coltura quali i nutrienti, i livelli di ossigenazione, etc. Una differenziazione cruciale tra l’ambiente colturale e il sistema in vivo, è la quantità di ossigeno a cui le cellule staminali sono esposte, dal momento che i livelli di ossigeno nei tessuti sono nettamente inferiori ai livelli atmosferici. Le MSCs coltivate in condizioni ipossiche dimostrano pertanto un potenziale di espansione e differenziamento maggiore, probabilmente in correlazione con l’up-regulazione dell’attività della telomerasi in ipossia (24) 18 APPLICAZIONE DELLE MSCs Grazie alle loro propietà, l’utilizzo delle MSCs rappresenta una svolta nella medicina rigenerativa. Le cellule staminali mesenchimali sono facilmente isolabili dal donatore, possono essere espanse in coltura mantenendo la stabilità genetica, sono poco immunogene e quindi flessibili per i trapianti allogenici. La potenzialità delle cellule staminali mesenchimali va oltre il convenzionale differenziamento nelle linee cellulari mesodermiche e include il differenziamento in cellule epatiche, renali, muscolari, epiteliali, neuronali, cardiache ed endoteliali. (25) Non sono ancora ben chiari i meccanismi alla base delle proprietà immunomodulatorie delle MSCs, ma è interessante notare che queste cellule hanno sia capacità immunosuppressive sia di innescare la risposta immune. In vivo, le MSCs sembrano capaci di migrare nei tessuti danneggiati (homing) e di ripararli, differenziandosi in fenotipi tessuto-specifici oppure favorendo il riparo da parte delle cellule endogene. Questa caratteristica consente di somministrarle per via intravascolare e quindi non invasiva. (26) Le cellule staminali sono in grado di migrare nei tessuti danneggiati da ischemia, guidati dai fattori CXCR4 e SDF-1, dove proliferano e si differenziano nei tipi cellulari richiesti. Queste caratteristiche le rendono adatte per il trattamento di danni causati da ischemia come l’infarto del miocardio o l’ischemia cerebrale. (27) Inoltre le cellule staminali possono orientarsi verso molteplici linee cellulari incluse le cellue epiteliali. Nella pratica clinica la fonte principale di MSCs è il midollo osseo adulto. Tuttavia, la coltura di cellule mesenchimali midollari causa diversi problemi: è una fonte poco accessibile e implica l’utilizzo di metodiche invasive. La percentuale di MCSs nel midollo risulta anche essere particolarmente bassa (0,001-0,01%) e tende a diminuire con l’età. Una valida fonte alternativa di cellule staminali è rappresentata dal tessuto adiposo, il quale offre un numero maggiore di cellule ed è facilmente accessibile. (28) Queste cellule sono applicabili per il riparo dei tessuti molli e sono utilizzate nella clinica per il rivestimento di scaffolds, nella mastoplastica additiva o nel riparo di fistole. 19 ESPERIENZA PRESSO L’ISTITUTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE DELLA SICILIA “A. MIRRI” La presente tesi di dottorando palesa le metodiche e gli obiettivi perseguiti con l’utilizzo di cellule staminali provenienti da tessuto adiposo di origine murina. Da queste si sono estrapolate cellule mesenchimali orientate dal punto di vista differenziativo verso la formazione di cellule epiteliali. Queste, una volta estrapolate dovranno essere somministrate per via intravascolare, intracelomatica ed endoluminale su ratti cui precedentemente è stata indotta una colite. Nello specifico, lo studio si articola in quattro fasi. - prima fase: induzione della colite nei topi - seconda fase: isolamento delle cellule staminali mesenchimali - terza fase: somministrazione delle cellule staminali orientate in senso epiteliale nei ratti seguendo le vie transcelomatica, endoluminale ed endovascolare - quarta fase: valutazione della riparazione mucosale indotta dopo somministrazione con cellule staminali e confronto comparativo con i ratti in cui si è indotta la colite e non si è provveduto a somministrare cellule staminali. 20 PRIMA FASE INDUZIONE DELLA COLITE NEI TOPI Al giorno d’oggi non esiste una tecnica standard per l’induzione della colite da 2,4,6 – acido trinitrobenzene solfonico ( TNBS ). Il TNBS può indurre tre modelli diversi di colite: colite acuta, subacuta e cronica. Solitamente, si preferisce la somministrazione ripetuta del TNBS, in quanto causa una risposta Th1 locale che ha le caratteristiche della malattia di Crohn. La somministrazione cronica di TNBS dovrebbe provocare una colite cronica simile alla malattia di Crohn, ma, ad oggi , non vi è ancora molta esperienza con questo modello. La colite cronica indotta dal TNBS (indotta da sette somministrazioni settimanali intrarettali di TNBS in etanolo) probabilmente riflette la fase cronica della malattia di Crohn ed è accompagnata dalla produzione di IL- 23 e IL- 17 da isolate cellule mononucleate della lamina propria, 49 giorni dopo la somministrazione iniziale. Recentemente, questo è stato chiaramente dimostrato da Fichtner - Feigh et al. (29) In questo modello, il TNBS doveva essere dosato con molta attenzione per evitare una perdita massiccia di ratti. Nella prima fase del nostro studio abbiamo valutato gli effetti della somministrazione ripetuta di TNBS in un campione di ratti Winstar. Per questo studio sono stati utilizzati ratti Winstar maschi di peso 235g ± 25 g. Gli animali sono stati alloggiati in gabbie montate su rack con un massimo di due ratti, e sono stati tenuti a digiuno per 12 ore con accesso ad acqua ad libitum prima dell'esperimento. In questo periodo, oltre al digiuno, sono stati sottoposti a pulizia intestinale attraverso la somministrazione di Polietilene Glicole 1 g / kg, e, un'ora prima dell'esperimento, attraverso un clistere evacuativo con soluzione fisiologica allo 0,9 %. Un totale di 30 ratti sono stati randomizzati in due gruppi, costituito da un gruppo di controllo salino di 10 ratti e un gruppo di TNBS di 20 ratti . Gli animali sono stati anestetizzati con 20 % carbammato di etile (6 ml/kg), e 0,5 ml di soluzione salina allo 0,9 % (controlli) o TNBS 50 mg / kg disciolto in etanolo al 50% sono stati instillati nel colon attraverso un catetere di gomma (lungo 12 centimetri, diametro esterno di 2 mm). Dopo l'instillazione, i ratti sono stati tenuti a testa in giù per la coda per 60 secondi e poi tornarono alle loro gabbie . L'esperimento è stato ripetuto una volta la settimana per 21 quattro settimane, poi i ratti sono stati sacrificati al giorno 40, e il colon distale (8 cm) rimosso, aperto longitudinalmente e lavato per rimuovere il contenuto luminale (Fig.1). Il Colon è stato pesato e sono state valutate le lesioni macroscopiche. Il colon sezionato è stato appuntato su un blocco di cera lavato con soluzione fisiologica allo 0,9% e assegnato a un codice numerico. Il colon è stato immediatamente esaminato allo stereomicroscopio ed agli eventuali danni visibili è stato segnato su valore su una scala da 0 a 5 (Tabella 1), precedentemente valutata in un altro modello. Piccole sezioni di colon sono state prelevate da due aree distinte da ogni colon e posti in formalina al 10% per l'esame istologico. Il colon è stato fissato, tagliato longitudinalmente in cinque sezioni micron, e colorato con ematossilina eosina. L'attività della mieloperossidasi non è stata valutata. Inoltre, per esaminare la gravità della colite, e’ stato misurato il peso corporeo dei ratti ogni giorno, e sono stati valutati i risultati clinici come area di ulcere (misurata mediante software di imaging NIH sulle immagini colon), lunghezza (svincolo colocaecal a margine anale) , ed è sato valutato anche il peso del colon 10 giorni dopo l'ultima iniezione TNBS . Quaranta giorni dopo la somministrazione TNBS / etanolo, la parete intestinale è sostanzialmente normale nel gruppo di controllo. Nel gruppo TNBS, il lume intestinale è diventato stretto con la parete ispessita (2-3 mm), mentre sulla superficie della mucosa intestinale c'era una membrana aderente nero marrone, ulcere lineari (1-6 mm), tessuto linfocitario, granulomi infiammatori e infiltrazione neutrofila della sottomucosa. Sono stati osservati anche macrofagi, linfociti, fibroblasti e ascessi criptoghiandolari. Questo gruppo ha anche presentato ulcere evidenti e granulomi infiammatori nel colon; l’infiltrato neutrofilo è stato osservato chiaramente nella mucosa e nella sottomucosa, ed è stata trovata estesa necrosi della mucosa del colon con esfoliazione delle cellule epiteli in altri ratti con tonaca muscolare intatta. Nel caso di ulcere gravi il colon era spesso aderente ai tessuti intestinali circostanti e alla parete addominale (Figg.1-4) . Alla fine dell'esperimento, il punteggio mediano della gravità del danno colico era 0 nel gruppo di controllo , e 4,75 (range 4-5 ) nel gruppo TNBS , il peso medio dei ratti era 180 +35 g nella gruppo TNBS , mentre era 215 +25 nel gruppo di controllo . Il modello sperimentale utilizzato è un modello animale ben validato, semplice, 22 riproducibile e adattabile ai piccoli animali. Negli anni, lo sviluppo del modello di colite da TNBS (nonché lo sviluppo di altri modelli sperimentali di infiammazione intestinale ) ha permesso un attento studio di eventi precoci, l'analisi delle interazioni tra i vari componenti e l'identificazione dei processi immunologici e genetici che determinano la suscettibilità, prevenire eventuali effetti collaterali che si sviluppano durante la fase sperimentale (30-31). Questo modello ha fornito importanti informazioni sui meccanismi di infiammazione sottostante, sulla patogenesi e il trattamento delle malattie infiammatorie intestinali. L'obiettivo principale del nostro studio era di sviluppare un modello di colite cronica da TNBS nel ratto, per riprodurre il decorso clinico delle malattie intestinali infiammatorie croniche umane, di solito caratterizzato da periodi di infiammazione attiva intervallati da remissioni più o meno lunghe, e successivamente, in una seconda fase, per valutare l'effetto terapeutico di cellule staminali mesenchimali derivate dal tessuto adiposo (FD MSC) sulla riattivazione della colite. Per sviluppare questo modello di colite cronica indotta da TNBS, abbiamo studiato l'effetto di ripetute instillazioni dell’aptene sulla riattivazione del processo infiammatorio e lo stato dell’infiammazione nel corso della durata dell’esperimento, di quattro settimane. I risultati hanno dimostrato che la dose ripetuta di TNBS induce una recidiva del fenomeno infiammatorio, con la comparsa di ulcere nel colon, infiltrazione di granulociti nella mucosa e sottomucosa e diarrea. La somministrazione di TNBS nel modello determina un aumento dei livelli tissutali di TNF-α e l'attività mieloperossidasi, e, di conseguenza, è caratterizzato dalla presenza di un infiltrato infiammatorio significativo, (32) come dimostrato dall’analisi istologica. Nel presente studio, la dose di TNBS che produce un’infiammazione del colon moderata ed ulcere era di circa 50 mg / kg. Il vantaggio di questo modello è che il danno colico Crohn -like è stato ottenuto utilizzando una dose minore di TNBS, evitando così il rischio di una perdita massiccia di ratti. Studi ulteriori sono necessari per valutare il profilo di citochine in questo modello . 23 SECONDA FASE ISOLAMENTO DELLE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI Le cellule staminali hanno un ruolo chiave nella medicina rigenerativa e nell’ingegneria tissutale. Anche se non immortali, sono in grado di espandersi molte volte in cultura mantenendo allo stesso tempo il potenziale di crescita e la multilinearita’. Essi mostrano anche una capacità migratoria, quando trapiantate per via sistemica in modelli animali con lesioni tissutali. Grazie alle loro proprietà e alla loro plasticita’, le loro cellule staminali sono di grande importanza in quanto possono essere utilizzate come strumento per riparare i tessuti danneggiati e gli organi. Le cellule staminali mesenchimali, in particolare, hanno la capacità di differenziarsi in linee di tessuti mesodermici, come il muscolo scheletrico, ossa, tendini, cartilagine e grasso, sotto appropriate condizioni di coltura. Recenti evidenze suggeriscono che il tessuto adiposo è una promettente fonte di cellule staminali mesenchimali che attirano l'interesse dei ricercatori e clinici. Il tessuto adiposo è ricco di cellule stromali pluripotenti, disponibili in grandi quantità, ed è più facilmente accessibile rispetto midollo osseo. Inoltre, l'analisi comparativa delle cellule staminali mesenchimali del midollo osseo e del tessuto adiposo mostra che le cellule non sono differenti per quanto riguarda la morfologia, il fenotipo immunitario, percentuale di isolamento e capacità di differenziazione. La nostra esperienza presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia "A. Mirri ci permette di definire un protocollo per l'isolamento di cellule staminali di origine murina. Abbiamo usato 6 ratti maschi razza Winstar il cui peso medio era 350g . Tutti gli animali sono stati sedati con una iniezione intramuscolare di midazolam e l'anestesia è stata mantenuta con una miscela di gas isofluorano e ossigeno somministrata con una maschera. Il tessuto adiposo è stato prelevato dalla radice della coscia dell'animale con una piccola 24 incisione. Una volta reperito il tessuto adiposo, questo deve essere elaborato e digerito attraverso diversi passaggi. Prima viene lavato più volte in una soluzione arricchita di antibiotici e poi è frammentato meccanicamente. L'omogeneizzato viene quindi digerito enzimaticamente sotto agitazione permanente . Si ottiene una popolazione eterogenea di cellule che sono state successivamente selezionate tramite l'adesione plastica. Queste cellule sono in grado di crescere e proliferare e mostrano tutte le caratteristiche tipiche delle cellule staminali . In conclusione, riportiamo una tecnica multistep e facilmente riproducibile per fornire un consistente numero di cellule staminali mesenchimali e per il loro mantenimento in coltura. 25 TERZA FASE SOMMINISTRAZIONE ATTRAVERSO LE NEL VIE RATTO DELLE TRANSCELOMATICA, CELLULE STAMINALI ENDOLUMINALE ED INTRAVASCOLARE. Questa fase sarà attuata nei prossimi mesi. Si procederà alla somministrazione delle cellule staminali nel topo in cui si è indotta la colite. Le vie di somministrazione prescelte saranno quella intravascolare, intra-addominale ed endoluminale QUARTA FASE Questa fase sarà attuata successivamente alla terza e nei prossimi mesi. Si procederà ad asportazione del tessuto colico dei topi ed alla valutazione macroscopica e microscopica della riparazione tissutale. I dati morfo-istologici verranno confrontati con quelli ricavati dai topi in cui la riparazione mucosale indotta da TNBS non è sarà stata aiutata dall’impiego di cellule staminali. 26 Bibliografia 1) La Rettocolite Ulcerosa. G. Tomasello, P. Damiani. Ed. Medical Books 2003. 2) Lichtenstein GR, Rutgeerts P. Importance of mucosal healing in ulcerative colitis. Inflamm. Bowel Dis. 2010 Feb;16(2):338-346). 3) Silva Meirelles L, Chagastelles PC, Nardi NB Mesenchymal stem cells reside in virtually all post-natal organs and tissues. J Cell Sci. 2006 Jun 1;119(Pt 11):2204-13. Epub 2006 May 9. 4) Rao M.S. Stem sense: a proposal for the classification of stem cells. 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Relationship between arachidonic acid metabolism, myeloperoxidase activity and leukocyte infiltration in a rat model of inflammatory bowel disease. Agents Actions 1988;25:115-23. 30 Table 1 Criteria for scoring the gross morphologic damage Score Gross morphology 0 No damage 1 Localized hyperemia with no ulcers. 2 Liner ulcers with no significant inflammation. 3 Liner ulcers with inflammation at one site. 4 More sites of ulcers and inflammation, the size of ulcers <1cm. 5 Multiple inflammations and ulcers, the size of ulcers 1cm. Figure 1 31 Figure 2 Figure 3 32 Figure 4 Figure legend Figure 1: Sample of a portion of about 15 cm comprising the rectum and colon. Macroscopically areas of the inflammation site are observed, with increased volume of the lymph nodes (circles indicate the lymph nodes, and arrows the areas involved by inflammation) Figure 2 and 3: Histologically, in the tract of the rectum examined an inflammatory infiltrate is observed, consisting of monocyte cells (lymphocytes, macrophages, plasma cells) and some neutrophils, involving the mucosa and submucosa up to the tunica muscularis. Furthermore, there are observed areas of loss of the epithelial lining that reaches the muscularis (ulcers), in which the inflammatory infiltrate is more pronounced. Figure 4: In the lymph node there is a hyperplastic lymphadenitis, with evidence of lymph corpuscles, the outcome of the insult to the rectum 33 34 35 36