Dipartimento di Discipline Chirurgiche, Oncologiche e Stomatologiche
Dottorato di Ricerca in Biotecnologie Chirurgiche e Medicina Rigenerativa
Coordinatore Prof. Attilio Ignazio Lo Monte
XXIV Ciclo
LE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI IN
MEDICINA RIGENERATIVA: Stato dell’arte e prospettive di
applicazione sperimentale nelle malattie croniche intestinali
Tesi di dottorato della:
D.ssa Tiziana Fiorentini
Tutor:
Ch.mo Prof Giuseppe Buscemi
Co-Tutor:
Ch.mo Prof. Giovanni Tomasello
Coordinatore:
Ch.mo Prof. Attilio Ignazio Lo Monte
Anno Accademico 2012-2013
Settore Scientifico Disciplinare: MED-18
INDICE
Introduzione
3
Generalità sulle malattie croniche intestinali
4
Attuali trattamenti terapeutici nelle IBD
1. farmaci convenzionali utilizzati nelle IBD
2. trattamenti biologici
7
8
Le cellule staminali
11
Caratteristiche delle cellule staminali
14
Le cellule staminali mesenchimali (MSCs)
15
Coltura ed espansione delle MSCs in vitro
18
Applicazione delle MSCs
19
Esperienza presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale
della Sicilia "A. Mirri”
20
Prima fase: induzione della colite nei topi
21
Seconda fase: isolamento delle cellule staminali mesenchimali
24
Terza fase e quarta fase
26
Bibliografia
27
2
INTRODUZIONE
Numerose patologie e/o difetti fisici sono accompagnati dalla perdita di cellule
specializzate all'interno di organi e tessuti con un conseguente scompenso funzionale. Il
danno tessutale determina alti costi in termini di assistenza medica, perdita di
produttività, abbassamento della qualità di vita e morte prematura. Per tale motivo
assume grande rilevanza la progettazione e la realizzazione di nuovi trattamenti in grado
non solo di prevenire e curare la patologia responsabile del danno tessutale, ma anche di
ripristinare la struttura e la funzione dei tessuti ed organi lesi.
3
GENERALITA’ SULLE MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE
INTESTINALI
Le malattie infiammatorie croniche intestinali sono condizioni morbose caratterizzate da
un processo infiammatorio cronico ricorrente che colpisce una o più sezioni
dell’intestino.
L’eziologia è tuttora sconosciuta, tuttavia le attuali conoscenze riconoscono la patogenesi
del danno tissutale ad una disregolazione, geneticamente determinata, della risposta
immunitaria mucosale nei confronti di antigeni presenti nel lume intestinale ed in
particolare dei comuni ed ubiquitari componenti dell’ecosistema locale (flora batterica
residente).
Si riconoscono diverse entità anatomo-cliniche di malattie infiammatorie croniche
intestinali (IBD: Intestinal Bowel diseases) distinte tra loro in relazione a definite
peculiarità di ordine morfologico, anatomopatologico e di interessamento topografico del
tratto digerente. Fra queste riportiamo: la malattia di Crohn, la Rettocolite Ulcerosa e le
Coliti Indeterminate.
La malattia di Crohn può colpire qualsiasi tratto del canale alimentare dalla bocca all’ano.
Le lesioni si caratterizzano per la presenza di una flogosi cronica granulomatosa
4
transmurale con carattere di segmentarietà ed hanno più frequentemente sede nell’ileoterminale e nel colon. La malattia mostra una marcata eterogeneità clinica e anatomica i
cui fattori principali sono la sede, l’estensione e il tipo prevalente della lesione
anatomopatologica. Il decorso cronico, intermittente e caratterizzato da periodi di
remissione e di riaccensione, è segnato dalla tendenza a recidivare dopo la rimozione
chirurgica del tratto leso. Le riacutizzazioni cliniche possono o meno accompagnarsi ad
un’ulteriore estensione delle lesioni. L’andamento intermittente del decorso clinico è
determinato dal modificarsi qualitativo e quantitativo delle lesioni a maggiore
espressività clinica, non dalla regressione o scomparsa delle lesioni. La persistenza della
flogosi indipendente dalla presenza di sintomi è alla base delle anche lunghe fasi
subcliniche che possono precedere e seguire fasi di attività clinica conclamata.
La Rettocolite Ulcerosa si estende per contiguità a partire dal margine anale fino a
coinvolgere una parte o l’intero colon. Le lesioni sono confinate alla mucosa, hanno una
caratteristica tendenza emorragipara, interessano primariamente il retto e tendono ad
estendersi prossimalmente in senso caudocraniale in modo continuo e uniforme.
Il sanguinamento rettale è il sintomo più costante e il decorso è cronico intermittente. I
quadri clinici della rettocolite sono condizionati dalla variabile progressione rettocolica
delle lesioni, dalla loro entità e severità. La presentazione clinica delle malattie
infiammatorie croniche intestinali è altamente variabile in relazione alla sede della
malattia e al tipo di lesioni, al grado di compromissione sistemica, nonché alla presenza
di manifestazioni extraintestinali.
Quadri endoscopici rilevabili in corso di IBD: solitamente sia il Crohn che la Rettocolite
Ulcerosa si localizzano al grosso intestino, sebbene con caratteristiche topografiche
differenti. Il Crohn più specificatamente può coinvolgere il tratto terminale dell’ileo,
condizione questa che gli ha attribuito il termine di ileite terminale.
In base alla compromissione mucosale, connessa all’intensità del quadro flogistico le
IBD vengono classificate in forme lievi, moderate e severe. Nella pratica endoscopica
questa classificazione viene ampliata con quadri intermedi di forme a caratteristiche
lieve-moderata o moderata-severa. Inoltre, varie forme infiammatorie di entità differenti
possono coesistere nello stesso colon. Uno dei segni distintivi macroscopici di flogosi
mucosale è la attenuazione o scomparsa del network vascolare apprezzabile sulla mucosa.
5
Ciò rappresenta la conseguenza dell’iperemia e dell’edema mucosale. Frequentemente
troviamo anche del muco adeso alle pareti viscerali. La mucosa può apparire di aspetto
granuloso, assottigliata e ricoperta da essudato fibrinoso, specie nelle zone ove
maggiormente sono presenti erosioni e/o ulcerazioni. (1)
Il quadro più severo di malattia mostra, all’esame endoscopico, una mucosa colica
fortemente iperemica, congesta, con presenza di erosioni e/o ulcerazioni, anche profonde,
normalmente ricoperte da fibrina. La mucosa è altamente friabile e si mostra
spontaneamente sanguinante al transito dello strumento. (2)
Il sanguinamento spontaneo, o indotto dalla procedura endoscopica, alle volte è di
intensità tale da obbligare l’operatore a sospendere l’esame. La distruzione del tessuto
epiteliale, che alle volte può estendersi ai tessuti sottostanti, è espressione della
attivazione del sistema infiammatorio mucosale intestinale (GALT: Gut associated
Lymphoid Tissue). Ciò innesca una cascata di eventi di ordine bio-immunitario con
produzione di molecola con spiccata azione cistodistruttive, tra queste spiccano le
citochine tra le quali una delle più rappresentative è il TNFα).
6
ATTUALI TRATTAMENTI TERAPEUTICI NELLE IBD
Gli attuali regimi terapeutici si prefiggono lo scopo di indurre la remissione della malattia
e di prolungare la fase di remissione, evitanto la comparsa di tossicita’ sistemica da
farmaci.
1. FARMACI CONVENZIONALI UTILIZZATI NELLE IBD
La terapia convenzionale delle IBD si avvale di farmaci dotati di attività antiinfiammatoria (corticosteroidi, sulfasalazina, mesalazina), di farmaci immunosoppressivi
(azatioprina, 6-mercaptopurina, metotrexate, ciclosporina) e di antibiotici (metronidazolo,
ciprofloxacina). Questi presidi farmacologici risultano essere efficaci sia nella malattia di
Crohn che nella RCU. Altri tipi di trattamento si rivelano invece utili solo per una
determinata patologia, come il metronidazolo per la malattia di Crohn, o i cerotti a base
di nicotina nel caso della colite ulcerosa.
I corticosteroidi hanno a lungo rappresentato il caposaldo della terapia sia nella malattia
di Crohn, sia nella RCU, soprattutto nelle forme di malattia da moderata a severa.
Nonostante l’evidenza del ruolo dei corticosteroidi nell’indurre la remissione nella colite
ulcerosa, esistono pochissimi dati che supportino l’utilizzo di questi farmaci nella terapia
di mantenimento di tale fase.
L’azatioprina e la 6-mercaptopurina, meno efficaci dei corticosteroidi nell’induzione
della remissione clinica, si sono dimostrati preziosi per la riduzione o la sospensione dei
corticosteroidi nei pazienti steroido-dipendenti(76%), per la chiusura delle fistole nei
pazienti con malattia di Crohn cronicamente attiva e nel mantenimento a lungo termine
della remissione.
Il 15% dei soggetti trattati presenta generalmente intolleranza alla terapia; gli effetti
collaterali possono essere di tipo idiosincratico o dose-dipendenti. Tra i primi vi sono la
comparsa di rash cutanei, ipertermia, pancreatiti, artralgie, mialgie, nausea ed epatiti,
mentre i secondi comprendono leucopenia, anemia e piastrinopenia; alcuni pazienti che
sviluppano nausea in corso di trattamento con azatioprina possono tollerare la 6mercaptopurina, e viceversa. L’azatioprina si è dimostrata efficace nell’induzione della
remissione in alcuni studi di piccole dimensioni su pazienti affetti da colite ulcerosa in
fase attiva, così come nel mantenimento di tale fase.
7
2. TRATTAMENTI BIOLOGICI
La sperimentazione ha evidenziato che un eccesso di pro-citochine infiammatorie ed una
concomitante deficienza di molecole regolatorie (comparato con gli individui sani) sono
necessarie per mantenere, amplificare e perpetuare l'infiammazione cronica caratteristica
delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD).
Tale presupposto e il ruolo svolto dalla risposta immunitaria dell’ospite ha reso
necessario lo sviluppo di nuovi farmaci, le anticitochine, in grado di modulare
selettivamente il rilascio o l’attività dei mediatori solubili immunoregolatori. Sono quindi
nate le terapie biologiche.
Queste comprendono:
1- composti biologici estratti o modificati, come i vaccini (microrganismi vivi, attenuati o
uccisi), gli emoderivati e gli estratti ormonali;
2- peptidi o proteine ricombinanti, come il GM-CSF e l’ormone della crescita;
3- anticorpi monoclonali e proteine di fusione;
4- oligonucleotidi antisense o acidi nucleici;
5- terapia genica.
In particolare, attualmente, le molecole che hanno trovato una larga applicazione clinica
sono quelle che antagonizzano l’azione del TNF-α
Tra questi quelli attualmente utilizzati comprendono: l’Infliximab, il Certolizumab e
l’Adalimumab.
La prima terapia biologica usata in pazienti con IBD è stata l’Infliximab un anticorpo
monoclonale chimerico, rappresentato da un’immunoglobulina composta da una regione
costante IgG1 di origine umana, che rappresenta il 75% dell’anticorpo, e da una parte
legante l’antigene di origine murina (25%) .
Esiste ancora una preoccupazione sulla sua sicurezza a lungo termine che include il
rischio di sviluppare cancro. Il primo studio di Infliximab come trattamento per la
malattia di Crohn è relativo a dati che si riferiscono a pazienti trattati in un tempo di 11
anni (1995-2006), perciò insufficiente per una stima reale dell’eventuale pericolosità del
farmaco. La maggior parte di pazienti con la malattia di Crohn che riceve la terapia
biologica presenta una malattia di vecchia data di grado severo, cronicamente attiva e
refrattaria alle terapie convenzionali. Generalmente i farmaci immunomodulatori
vengono somministrati contemporaneamente agli agenti biologici per migliorare la loro
8
efficacia e decrescere la probabilità di effetti avversi. L'associazione della terapia
biologica con il cancro nei pazienti IBD deve essere certamente studiata per offrire in
prospettiva la garanzia di un approccio terapeutico sicuro ed efficace. Infatti non è stato
ancora accertato se l’aumentato sviluppo di cancro in pazienti IBD sia associabile alle
terapie
biologiche,
alla
malattia
stessa,
all’uso
concomitante
di
farmaci
immunosoppressori o all’insieme di queste variabili. E’ stato invece ampiamente
dimostrato che questi farmaci sono efficaci nell’indurre la remissione nella maggior parte
dei pazienti con malattia attiva non responsivi ad altre terapie.
L’esistenza di sottogruppi di pazienti con malattia refrattaria alle terapie attualmente
disponibili, o che hanno sviluppato tossicita’ o effetti avversi induce alla continua ricerca
di strategie terapeutiche alternative.
9
Dalla disamina della letteratura e delle linee guida riferite alle IBD emerge come il
trattamento medico sia alquanto eterogeneo anche in relazione allo stadio di attività della
malattia. Molti pazienti risultano peraltro non responders, o poco tolleranti verso
trattamenti medici prolungati. Questi peraltro non sono scevri da tossicita’ sistemica e da
effetti indesiderati, tanto che alle volte si rende necessaria la sospensione del trattamento.
Ciò induce alle volte alla ripresa di malattia.
A seguito di questi motivi, molti clinici e ricercatori, sono impeganti a ricercare nuove
alternative terapeutiche che si prefiggono come obiettivo prioritario la remissione della
malattia ed il suo mantenimento, unitamente ad una riduzione della tossicita’. In
definitiva mettere a punto piani terapeutici più tollerabili per il paziente.
In questa linea, buone potenzialita’ di cura vengono offerte dalle cellule staminali.
Queste, grazie alla loro plasticità differenziativa possono essere utilizzate per riparare i
tessuti danneggiati dal processo infiammatorio cito-distruttivo connesso alle IBD.
10
LE CELLULE STAMINALI
La scoperta dell'esistenza delle cellule staminali adulte risale alla fine del 1800. In
particolare essa è riconducibile all'osservazione che le cellule del sangue si rinnovano
ciclicamente durante l'intera vita dell'organismo. Queste osservazioni hanno portato a
formulare per la prima volta l'ipotesi (provata poi solo negli anni 60') dell'esistenza di una
popolazione di cellule indifferenziate, residenti nel midollo osseo e aventi la funzione di
"serbatoio" dalle quali derivano gli elementi corpuscolati del sangue.
Questa scoperta ha indirizzato l'interesse dei ricercatori all'identificazione di altri
elementi con caratteristiche di staminalità nel midollo osseo portando all'identificazione
delle cellule staminali mesenchimali (MSC).
Successivamente, sono state identificate ed isolate cellule staminali da quasi tutti i tessuti
adulti, animali ed umani, anche in quelli tradizionalmente annoverati come "postmitotici" quindi incapaci di autorigenerarsi, nonché in tessuti fetali (placenta e liquido
amniotico) (3).
Le cellule staminali sono precursori cellulari immaturi dotati di capacità di autorinnovamento (self-renewal) e di grande potenzialità differenziativa multilineare.
11
A seconda dello stadio di sviluppo e delle potenzialità differenziativa si distinguono in
Cellule staminali embrionali e adulte:
1. Cellule staminali embrionali
fisiologicamente sono rappresentate dall'ovocellula fecondata e dalle cellule derivanti da
questa per successive duplicazioni, nei primi giorni della vita embrionale. Si tratta di
cellule pluripotenti, capaci di autorigenerarsi e di differenziarsi in tutti i tipi cellulari,
mostrando una spiccata capacità di mantenere il loro stato indifferenziato per lungo
tempo, anche in vitro. Col susseguirsi delle duplicazioni le cellule staminali vanno
incontro ad una progressiva riduzione delle potenzialità differenziative.
Queste si distinguono in:
- totipotenti, in grado cioè di produrre qualsiasi tipo di cellula matura;
- pluripotenti, capaci di produrre diversi tipi di cellule mature. Danno origine alle cellule
staminali adulte.
In italia, l’utilizzo delle cellule staminali embrionali è limitato per ragioni etiche, dal
momento che il loro isolamento implica la distruzione di un embrione umano nonché per
il loro spiccato potenziale teratogeno evidenziato a seguito di trapianto. Nonostante le
staminali embrionali siano un’ottima fonte per lo sviluppo di terapie cellulari contro
svariate malattie, esse possono non essere compatibili con un ricevente eterologo (4)
2. Cellule staminali adulte
Possono essere ottenute da un organismo a partire da tessuti endodermici, mesodermici o
ectodermici. Le staminali adulte hanno un potenziale replicativo e differenziativo
nettamente inferiore a quello delle staminali embrionali, sono presenti in piccolo numero
all’interno dell’organismo ma sufficiente a garantire la rigenerazione del tessuto da cui
hanno origine. (5)
Le staminali adulte sono inoltre indicate per trattamenti autologhi di malattie
degenerative, traumatiche o congenite in quanto possono essere isolate dallo stesso
paziente, superando quindi il problema della incompatibilità. (6)
La tendenza attuale è diretta allo studio a scopo terapeutico delle cellule staminali adulte
e di quelle derivate dagli annessi embrionali. In particolare le cellule staminali umane
adulte non presentano i problemi etici e di sicurezza derivati dall'utilizzo di quelle
12
embrio-fetali, in quanto non richiedono il sacrificio di un intero organismo e non sono
tumorigeniche. Infatti le staminali adulte sono isolate da tessuti dell'organismo e possono
essere usate in autologous setting eludendo il problema della risposta immunologica e del
rigetto (7-8).
Le cellule staminali adulte più conosciute, che da anni trovano impiego nella pratica
clinica, sono le cellule staminali ematopoietiche (HSCs), di origine mesodermica, capaci
di rigenerare tutti i tipi cellulari, mieloidi e linfoidi, della linea ematopoietica.
Linea differenziativa delle cellule staminali
13
CARATTERISTICHE DELLE CELLULE STAMINALI:
In base alle capacità differenziative, le cellule staminali si classificano in:
a) cellule totipotenti:
sono cellule in grado di dare origine a tutti i tipi cellulari dell’organismo. Queste cellule
sono presenti dalla stato di zigote allo stato di morula ad otto cellule. Sono cellule non
specializzate, caratterizzate da un cariotipo normale (diploidia), capaci di autorigenerarsi
e di compiere divisioni con un alto potenziale proliferativo;
b) cellule pluripotenti:
sono cellule capaci di differenziarsi nei tipi cellulari derivanti dai tre foglietti embrionali
(endoderme, mesoderma, ectoderma);
d) cellule multipotenti:
sono cellule capaci di generare un numero limitato di tipi cellulari, ristretti ad un solo
foglietto embrionale. Sono identificabili nel feto e nell’individuo adulto;
e) cellule uni potenti:
sono cellule in grado di generare un singolo tipo cellulare. Si trovano iun diversi tessuti
adulti come pelle, sangue ed epitelio intestinale.
14
LE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI (MSCs)
Le cellule staminali mesenchimali (MSCs) sono cellule stromali con morfologia
fibroblastoide, in grado di crescere adese alla plastica
Le cellule staminali mesenchimali sono state isolate dalla componente stromale del
midollo osseo (dove rappresentano circa lo 0,01% di tutte le cellule nucleate ) per la
prima volta negli anni '70 da Friedenstein e collaboratori.
Il midollo osseo rappresenta la "nicchia" biologica delle cellule staminali mesenchimali,
qui, infatti, svolgono una funzione di richiamo delle cellule staminali ematopoietiche
circolanti nel midollo (homing) e di supporto all'ematopoiesi: in altri termini
interagiscono con le cellule staminali ematopoietiche, anch'esse residenti nel midollo
(attraverso interazione cellula-cellula e secrezione di fattori di crescita) e favoriscono il
loro differenziamento in cellule del circolo sanguigno (globuli rossi, globuli bianchi e
piastrine) (9-10-11).
Presentano inoltre la peculiare capacità di differenziare spontaneamente, sia in vitro che
in vivo, in tutti i tessuti specializzati di derivazione embrionale mesodermale (tessuto
osseo, tessuto cartilagineo e tessuto adiposo).
15
Oltre che dal midollo osseo, successivamente, le MSC sono stata isolate in maniera quasi
ubiquitaria, tanto da fare ipotizzare la loro presenza in tutti gli organi ed i tessuti post
natali. Infatti, nonostante ancora oggi la principale fonte di MSC rimanga il midollo
osseo, queste possono essere anche estratte da sangue del cordone ombelicale, dalla
placenta, da sangue periferico e dal tessuto adiposo (tessuto grasso), questa ultima fonte
di MSC è considerata molto promettente dato che è possibile ottenere una grande quantità
di cellule attraverso lipoaspirazione mantenendo lo stesso potenziale differenziativo delle
MSC da midollo (13).
Le MSC sono le cellule staminali adulte ad oggi più studiate in quanto presentano
caratteristiche proprie, in aggiunta a quelle di staminali derivanti da altri tessuti/organi.
In particolar modo è stato osservato che le MSC sono:
- facilmente isolabili grazie alla loro capacità adesiva;
- facilmente separabili da altre tipologie cellulari grazie all'espressione di un set di
marcatori di membrana specifici (CD44+, CD90+, CD105+166+73+, CD34-, CD45-3114-);
- facilmente espandibili in vitro in quanto presentano un elevato potenziale replicativo
(14-15-16);
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- in grado di espletare funzioni immunosuppressive e immunomodulatorie;
- in grado di migrare spontaneamente nei tessuti di origine ed anche selettivamente in
tessuti danneggiati (multiorgan homing capacity/ trofismo). In sede di danno
promuovono la rigenerazione del tessuto compromesso sia mediante differenziamento
che secrezione paracrina di fattori anti infiammatori .
Inoltre presentano una spiccata plasticità funzionale ed un potenziale differenziativo
multilieneage (17-18).
Recentemente è stato dimostrato che, in particolari condizioni sperimentali in vitro (ma
anche inseguito ad impianto ectopico in vivo) le cellule mesenchimali (probabilmente
una sottopopolazione di cellule dotate di pluripotenza e definite per questo multipotent
adult progenitor cells) possono differenziare in tipologie cellulari di tessuti con diversa
origine embrionale, come ad esempio il tessuto nervoso ed il tessuto epatico.
Queste osservazioni hanno portato a confutare il paradigma classico della multipotenza
delle cellule staminali adulte intesa come capacità differenziativa limitata al proprio
lineage. Questa definizione è stata sostituita dalla nuova teoria della "developmental
plasticity", ossia la capacità di oltrepassare i confini differenziativi segnati dal tessuto di
appartenenza (19/23).
17
COLTURA ED ESPANSIONE DELLE MSCs IN VITRO
Il comportamento in vitro delle cellule staminali mesenchimali è molto variabile e
dipende essenzialmente dai parametri di coltura quali i nutrienti, i livelli di ossigenazione,
etc.
Una differenziazione cruciale tra l’ambiente colturale e il sistema in vivo, è la quantità di
ossigeno a cui le cellule staminali sono esposte, dal momento che i livelli di ossigeno nei
tessuti sono nettamente inferiori ai livelli atmosferici. Le MSCs coltivate in condizioni
ipossiche dimostrano pertanto un potenziale di espansione e differenziamento maggiore,
probabilmente in correlazione con l’up-regulazione dell’attività della telomerasi in
ipossia (24)
18
APPLICAZIONE DELLE MSCs
Grazie alle loro propietà, l’utilizzo delle MSCs rappresenta una svolta nella medicina
rigenerativa. Le cellule staminali mesenchimali sono facilmente isolabili dal donatore,
possono essere espanse in coltura mantenendo la stabilità genetica, sono poco
immunogene e quindi flessibili per i trapianti allogenici.
La potenzialità delle cellule staminali mesenchimali va oltre il convenzionale
differenziamento nelle linee cellulari mesodermiche e include il differenziamento in
cellule epatiche, renali, muscolari, epiteliali, neuronali, cardiache ed endoteliali. (25)
Non sono ancora ben chiari i meccanismi alla base delle proprietà immunomodulatorie
delle MSCs, ma è interessante notare che queste cellule hanno sia capacità
immunosuppressive sia di innescare la risposta immune.
In vivo, le MSCs sembrano capaci di migrare nei tessuti danneggiati (homing) e di
ripararli, differenziandosi in fenotipi tessuto-specifici oppure favorendo il riparo da parte
delle cellule endogene. Questa caratteristica consente di somministrarle per via
intravascolare e quindi non invasiva. (26)
Le cellule staminali sono in grado di migrare nei tessuti danneggiati da ischemia, guidati
dai fattori CXCR4 e SDF-1, dove proliferano e si differenziano nei tipi cellulari richiesti.
Queste caratteristiche le rendono adatte per il trattamento di danni causati da ischemia
come l’infarto del miocardio o l’ischemia cerebrale. (27)
Inoltre le cellule staminali possono orientarsi verso molteplici linee cellulari incluse le
cellue epiteliali.
Nella pratica clinica la fonte principale di MSCs è il midollo osseo adulto. Tuttavia, la
coltura di cellule mesenchimali midollari causa diversi problemi: è una fonte poco
accessibile e implica l’utilizzo di metodiche invasive. La percentuale di MCSs nel
midollo risulta anche essere particolarmente bassa (0,001-0,01%) e tende a diminuire con
l’età.
Una valida fonte alternativa di cellule staminali è rappresentata dal tessuto adiposo, il
quale offre un numero maggiore di cellule ed è facilmente accessibile. (28)
Queste cellule sono applicabili per il riparo dei tessuti molli e sono utilizzate nella clinica
per il rivestimento di scaffolds, nella mastoplastica additiva o nel riparo di fistole.
19
ESPERIENZA PRESSO L’ISTITUTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE
DELLA SICILIA “A. MIRRI”
La presente tesi di dottorando palesa le metodiche e gli obiettivi perseguiti con l’utilizzo
di cellule staminali provenienti da tessuto adiposo di origine murina. Da queste si sono
estrapolate cellule mesenchimali orientate dal punto di vista differenziativo verso la
formazione di cellule epiteliali. Queste, una volta estrapolate dovranno essere
somministrate per via intravascolare, intracelomatica ed endoluminale su ratti cui
precedentemente è stata indotta una colite.
Nello specifico, lo studio si articola in quattro fasi.
- prima fase: induzione della colite nei topi
- seconda fase: isolamento delle cellule staminali mesenchimali
- terza fase: somministrazione delle cellule staminali orientate in senso epiteliale nei ratti
seguendo le vie transcelomatica, endoluminale ed endovascolare
- quarta fase: valutazione della riparazione mucosale indotta dopo somministrazione con
cellule staminali e confronto comparativo con i ratti in cui si è indotta la colite e non si è
provveduto a somministrare cellule staminali.
20
PRIMA FASE
INDUZIONE DELLA COLITE NEI TOPI
Al giorno d’oggi non esiste una tecnica standard per l’induzione della colite da 2,4,6 –
acido trinitrobenzene solfonico ( TNBS ). Il TNBS può indurre tre modelli diversi di
colite: colite acuta, subacuta e cronica. Solitamente, si preferisce la somministrazione
ripetuta del TNBS, in quanto causa una risposta Th1 locale che ha le caratteristiche della
malattia di Crohn. La somministrazione cronica di TNBS dovrebbe provocare una colite
cronica simile alla malattia di Crohn, ma, ad oggi , non vi è ancora molta esperienza con
questo modello. La colite cronica indotta dal TNBS (indotta da sette somministrazioni
settimanali intrarettali di TNBS in etanolo) probabilmente riflette la fase cronica della
malattia di Crohn ed è accompagnata dalla produzione di IL- 23 e IL- 17 da isolate
cellule mononucleate della lamina propria, 49 giorni dopo la somministrazione iniziale.
Recentemente, questo è stato chiaramente dimostrato da Fichtner - Feigh et al. (29) In
questo modello, il TNBS doveva essere dosato con molta attenzione per evitare una
perdita massiccia di ratti.
Nella prima fase del nostro studio abbiamo valutato gli effetti della somministrazione
ripetuta di TNBS in un campione di ratti Winstar.
Per questo studio sono stati utilizzati ratti Winstar maschi di peso 235g ± 25 g. Gli
animali sono stati alloggiati in gabbie montate su rack con un massimo di due ratti, e
sono stati tenuti a digiuno per 12 ore con accesso ad acqua ad libitum prima
dell'esperimento. In questo periodo, oltre al digiuno, sono stati sottoposti a pulizia
intestinale attraverso la somministrazione di Polietilene Glicole 1 g / kg, e, un'ora prima
dell'esperimento, attraverso un clistere evacuativo con soluzione fisiologica allo 0,9 %.
Un totale di 30 ratti sono stati randomizzati in due gruppi, costituito da un gruppo di
controllo salino di 10 ratti e un gruppo di TNBS di 20 ratti .
Gli animali sono stati anestetizzati con 20 % carbammato di etile (6 ml/kg), e 0,5 ml di
soluzione salina allo 0,9 % (controlli) o TNBS 50 mg / kg disciolto in etanolo al 50%
sono stati instillati nel colon attraverso un catetere di gomma (lungo 12 centimetri,
diametro esterno di 2 mm).
Dopo l'instillazione, i ratti sono stati tenuti a testa in giù per la coda per 60 secondi e poi
tornarono alle loro gabbie . L'esperimento è stato ripetuto una volta la settimana per
21
quattro settimane, poi i ratti sono stati sacrificati al giorno 40, e il colon distale (8 cm)
rimosso, aperto longitudinalmente e lavato per rimuovere il contenuto luminale (Fig.1). Il
Colon è stato pesato e sono state valutate le lesioni macroscopiche. Il colon sezionato è
stato appuntato su un blocco di cera lavato con soluzione fisiologica allo 0,9% e
assegnato a un codice numerico. Il colon è stato immediatamente esaminato allo
stereomicroscopio ed agli eventuali danni visibili è stato segnato su valore su una scala da
0 a 5 (Tabella 1), precedentemente valutata in un altro modello.
Piccole sezioni di colon sono state prelevate da due aree distinte da ogni colon e posti in
formalina al 10% per l'esame istologico. Il colon è stato fissato, tagliato
longitudinalmente in cinque sezioni micron, e colorato con ematossilina eosina. L'attività
della mieloperossidasi non è stata valutata. Inoltre, per esaminare la gravità della colite,
e’ stato misurato il peso corporeo dei ratti ogni giorno, e sono stati valutati i risultati
clinici come area di ulcere (misurata mediante software di imaging NIH sulle immagini
colon), lunghezza (svincolo colocaecal a margine anale) , ed è sato valutato anche il peso
del colon 10 giorni dopo l'ultima iniezione TNBS .
Quaranta giorni dopo la somministrazione TNBS / etanolo, la parete intestinale è
sostanzialmente normale nel gruppo di controllo. Nel gruppo TNBS, il lume intestinale è
diventato stretto con la parete ispessita (2-3 mm), mentre sulla superficie della mucosa
intestinale c'era una membrana aderente nero marrone, ulcere lineari (1-6 mm), tessuto
linfocitario, granulomi infiammatori e infiltrazione neutrofila della sottomucosa. Sono
stati osservati anche macrofagi, linfociti, fibroblasti e ascessi criptoghiandolari. Questo
gruppo ha anche presentato ulcere evidenti e granulomi infiammatori nel colon;
l’infiltrato neutrofilo è stato osservato chiaramente nella mucosa e nella sottomucosa, ed
è stata trovata estesa necrosi della mucosa del colon con esfoliazione delle cellule epiteli
in altri ratti con tonaca muscolare intatta. Nel caso di ulcere gravi il colon era spesso
aderente ai tessuti intestinali circostanti e alla parete addominale (Figg.1-4) .
Alla fine dell'esperimento, il punteggio mediano della gravità del danno colico era 0 nel
gruppo di controllo , e 4,75 (range 4-5 ) nel gruppo TNBS , il peso medio dei ratti era 180
+35 g nella gruppo TNBS , mentre era 215 +25 nel gruppo di controllo .
Il modello sperimentale utilizzato è un modello animale ben validato, semplice,
22
riproducibile e adattabile ai piccoli animali. Negli anni, lo sviluppo del modello di colite
da TNBS (nonché lo sviluppo di altri modelli sperimentali di infiammazione intestinale )
ha permesso un attento studio di eventi precoci, l'analisi delle interazioni tra i vari
componenti e l'identificazione dei processi immunologici e genetici che determinano la
suscettibilità, prevenire eventuali effetti collaterali che si sviluppano durante la fase
sperimentale (30-31). Questo modello ha fornito importanti informazioni sui meccanismi
di infiammazione sottostante, sulla patogenesi e il trattamento delle malattie
infiammatorie intestinali.
L'obiettivo principale del nostro studio era di sviluppare un modello di colite cronica da
TNBS nel ratto, per riprodurre il decorso clinico delle malattie intestinali infiammatorie
croniche umane, di solito caratterizzato da periodi di infiammazione attiva intervallati da
remissioni più o meno lunghe, e successivamente, in una seconda fase, per valutare
l'effetto terapeutico di cellule staminali mesenchimali derivate dal tessuto adiposo (FD MSC) sulla riattivazione della colite. Per sviluppare questo modello di colite cronica
indotta da TNBS, abbiamo studiato l'effetto di ripetute instillazioni dell’aptene sulla
riattivazione del processo infiammatorio e lo stato dell’infiammazione nel corso della
durata dell’esperimento, di quattro settimane. I risultati hanno dimostrato che la dose
ripetuta di TNBS induce una recidiva del fenomeno infiammatorio, con la comparsa di
ulcere nel colon, infiltrazione di granulociti nella mucosa e sottomucosa e diarrea. La
somministrazione di TNBS nel modello determina un aumento dei livelli tissutali di
TNF-α e l'attività mieloperossidasi, e, di conseguenza, è caratterizzato dalla presenza di
un infiltrato infiammatorio significativo, (32) come dimostrato dall’analisi istologica.
Nel presente studio, la dose di TNBS che produce un’infiammazione del colon moderata
ed ulcere era di circa 50 mg / kg. Il vantaggio di questo modello è che il danno colico
Crohn -like è stato ottenuto utilizzando una dose minore di TNBS, evitando così il rischio
di una perdita massiccia di ratti. Studi ulteriori sono necessari per valutare il profilo di
citochine in questo modello .
23
SECONDA FASE
ISOLAMENTO DELLE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI
Le cellule staminali hanno un ruolo chiave nella medicina rigenerativa e nell’ingegneria
tissutale. Anche se non immortali, sono in grado di espandersi molte volte in cultura
mantenendo allo stesso tempo il potenziale di crescita e la multilinearita’. Essi mostrano
anche una capacità migratoria, quando trapiantate per via sistemica in modelli animali
con lesioni tissutali.
Grazie alle loro proprietà e alla loro plasticita’, le loro cellule staminali sono di grande
importanza in quanto possono essere utilizzate come strumento per riparare i tessuti
danneggiati e gli organi.
Le cellule staminali mesenchimali, in particolare, hanno la capacità di differenziarsi in
linee di tessuti mesodermici, come il muscolo scheletrico, ossa, tendini, cartilagine e
grasso, sotto appropriate condizioni di coltura.
Recenti evidenze suggeriscono che il tessuto adiposo è una promettente fonte di cellule
staminali mesenchimali che attirano l'interesse dei ricercatori e clinici. Il tessuto adiposo
è ricco di cellule stromali pluripotenti, disponibili in grandi quantità, ed è più facilmente
accessibile rispetto midollo osseo. Inoltre, l'analisi comparativa delle cellule staminali
mesenchimali del midollo osseo e del tessuto adiposo mostra che le cellule non sono
differenti per quanto riguarda la morfologia, il fenotipo immunitario, percentuale di
isolamento e capacità di differenziazione.
La nostra esperienza presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia "A. Mirri
ci permette di definire un protocollo per l'isolamento di cellule staminali di origine
murina.
Abbiamo usato 6 ratti maschi razza Winstar il cui peso medio era 350g .
Tutti gli animali sono stati sedati con una iniezione intramuscolare di midazolam e
l'anestesia è stata mantenuta con una miscela di gas isofluorano e ossigeno somministrata
con una maschera.
Il tessuto adiposo è stato prelevato dalla radice della coscia dell'animale con una piccola
24
incisione.
Una volta reperito il tessuto adiposo, questo deve essere elaborato e digerito attraverso
diversi passaggi.
Prima viene lavato più volte in una soluzione arricchita di antibiotici e poi è frammentato
meccanicamente. L'omogeneizzato viene quindi digerito enzimaticamente sotto
agitazione permanente .
Si ottiene una popolazione eterogenea di cellule che sono state successivamente
selezionate tramite l'adesione plastica. Queste cellule sono in grado di crescere e
proliferare e mostrano tutte le caratteristiche tipiche delle cellule staminali .
In conclusione, riportiamo una tecnica multistep e facilmente riproducibile per fornire un
consistente numero di cellule staminali mesenchimali e per il loro mantenimento in
coltura.
25
TERZA FASE
SOMMINISTRAZIONE
ATTRAVERSO
LE
NEL
VIE
RATTO
DELLE
TRANSCELOMATICA,
CELLULE
STAMINALI
ENDOLUMINALE
ED
INTRAVASCOLARE.
Questa fase sarà attuata nei prossimi mesi. Si procederà alla somministrazione delle
cellule staminali nel topo in cui si è indotta la colite. Le vie di somministrazione prescelte
saranno quella intravascolare, intra-addominale ed endoluminale
QUARTA FASE
Questa fase sarà attuata successivamente alla terza e nei prossimi mesi. Si procederà ad
asportazione del tessuto colico dei topi ed alla valutazione macroscopica e microscopica
della riparazione tissutale.
I dati morfo-istologici verranno confrontati con quelli ricavati dai topi in cui la
riparazione mucosale indotta da TNBS non è sarà stata aiutata dall’impiego di cellule
staminali.
26
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30
Table 1 Criteria for scoring the gross morphologic damage
Score Gross morphology
0 No damage
1 Localized hyperemia with no ulcers.
2 Liner ulcers with no significant inflammation.
3 Liner ulcers with inflammation at one site.
4 More sites of ulcers and inflammation, the size of ulcers <1cm.
5 Multiple inflammations and ulcers, the size of ulcers 1cm.
Figure 1
31
Figure 2
Figure 3
32
Figure 4
Figure legend
Figure 1: Sample of a portion of about 15 cm comprising the rectum and colon.
Macroscopically areas of the inflammation site are observed, with increased volume of the lymph
nodes (circles indicate the lymph nodes, and arrows the areas involved by inflammation)
Figure 2 and 3: Histologically, in the tract of the rectum examined an inflammatory infiltrate is
observed, consisting of monocyte cells (lymphocytes, macrophages, plasma cells) and some
neutrophils, involving the mucosa and submucosa up to the tunica muscularis. Furthermore,
there are observed areas of loss of the epithelial lining that reaches the muscularis (ulcers),
in which the inflammatory infiltrate is more pronounced.
Figure 4: In the lymph node there is a hyperplastic lymphadenitis, with evidence of lymph
corpuscles, the outcome of the insult to the rectum
33
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