levoluzione-dei-viventi

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Prof.ssa Carolina Sementa
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L’evoluzione
Per evoluzione si intende il processo attraverso cui le diverse specie di
viventi derivano da forme di vita preesistenti, in seguito a graduali
modificazioni, o variazioni geniche, trasmesse ereditariamente nel
corso del tempo in base a un meccanismo determinato dalla selezione
naturale: sopravvivono e si assicurano una discendenza quegli individui
che presentano variazioni favorevoli, tali cioè da renderli meglio adatti a
fronteggiare le condizioni ambientali.
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Un'idea di evoluzione dei viventi era presente già nelle opere di
filosofi greci e di poeti latini. Per quasi duemila anni, tuttavia,
dominò incontrastato il pensiero del filosofo e naturalista greco
Aristotele (384-322 a.C.), che ordinava tutti gli organismi lungo
una "scala della natura": ai gradini più bassi si collocava la
materia inanimata, mentre l'ultimo gradino era occupato
dall'uomo, secondo uno schema definito già dalla creazione.
Secondo questa teoria, oggi chiamata fissismo, gli organismi
non hanno mai subito variazioni nel corso del tempo; Aristotele
pensava che gli organismi viventi fossero sempre esistiti, senza
fare però alcun riferimento alla loro origine.
Le idee di Aristotele confluirono in seguito nel pensiero cristiano,
ovvero che la comparsa delle specie era opera di un Creatore:
teoria del creazionismo.
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Tra coloro che credevano in una creazione divina c’era Carlo Linneo, grande naturalista
svedese, ideatore sia della nomenclatura binomia sia del sistema di classificazione degli animali
e delle piante che oggi conosciamo e adoperiamo. Egli sosteneva che le specie viventi fossero
state create da Dio e che da allora sono tante quante ne furono create all’inizio e si sono
conservate fisse e immutate.
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Una figura dominante nel mondo scientifico europeo all’inizio dell’Ottocento è stata quella
del francese Georges Cuvier (1769-1832). Cuvier riteneva che la scoperta dei fossili
appartenenti a specie scomparse era spiegabile come conseguenza di grandi catastrofi
naturali.
Secondo tale teoria, chiamata catastrofismo, sulla Terra erano avvenute, nel corso del
tempo, molte catastrofi naturali (alluvioni, terremoti, eruzioni vulcaniche) che avevano
causato l’estinzione di un gran numero di specie; dopo ogni catastrofe, la più recente delle
quali fu il diluvio universale, altre specie colmavano gli spazi lasciati liberi, grazie a nuovi
atti creativi.
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Il Fissismo entrò in crisi con la scoperta dei fossili. La scoperta dei fossili
convinse molti scienziati a sostenere la possibilità dell’evoluzione degli animali e
delle piante, cioè per spiegare come da organismi primitivi sia derivata l’enorme
varietà di piante e animali attualmente esistenti.
Lo studio dei fossili fu particolarmente intenso tra la fine del XVII e
l’inizio del XIX secolo ed indicava chiaramente che nel passato
erano vissuti organismi diversi da quelli attuali (mammut,
dinosauri…)
I geologi, scavando nelle rocce sedimentarie, avevano potuto
constatare che i diversi strati presentavano fossili diversi e
che i fossili più antichi erano situati più in profondità.
Lo studio dei fossili testimoniava che sulla Terra erano
vissute moltissime specie ora estinte e che le attuali prima
non c’erano!
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Gli interrogativi che suscitò lo studio dei fossili portò gli scienziati ad una nuova idea:
Non poteva darsi che con il passare del tempo specie prima esistenti si fossero
“trasformate” in nuove specie?
Solo nell'800, con lo sviluppo di scienze come la geologia e la paleontologia, si
riaccese la discussione sull'evoluzione dei viventi. Molte erano, infatti, le prove che
andavano accumulandosi in favore dell'evoluzione:
•l'esplorazione di nuove terre mostrava una grande varietà di forme viventi;
•i fossili di specie estinte mostravano molte somiglianze con organismi viventi;
•l'età della Terra, stimata fino allora in poche migliaia di anni, si rivelò molto più
antica, tale da consentire un intervallo di tempo sufficiente per il realizzarsi di
graduali modificazioni nelle specie.
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L’evoluzione della specie
Il primo scienziato europeo che tentò di spiegare come le specie cambiassero da una generazione
all’altra evolvendo fu il biologo e naturalista francese Jean-Baptiste de Lamarck (1744-1829)
Lamarck era particolarmente interessato agli organismi unicellulari e agli
invertebrati; i suoi studi su queste forme di vita lo portarono a considerare tutti gli
organismi viventi in termini di complessità via via crescente e a pensare che
ciascuna specie derivasse da un’altra precedente e meno complessa.
Come Cuvier e altri, Lamarck aveva osservato che generalmente le rocce più antiche
contenevano fossili di forme più semplici. A differenza di Cuvier, tuttavia, egli ipotizzò che le
forme più complesse si fossero originate da forme più semplici mediante una specie di
progressione.
Secondo la sua ipotesi questa progressione, o per usare un termine moderno
«evoluzione», è regolata da due importanti principi:
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 Principio dell’uso e non uso di un organo
Una parte del corpo sottoposta a uso frequente si sviluppa e s’ingrandisce, mentre se non
viene adoperata diviene più piccola e regredisce. Quindi gli animali sviluppano
maggiormente gli organi che usano di più.
 Principio dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti
Le modificazioni dei caratteri acquisiti durante la vita
dell'individuo possono essere trasmesse ai figli.
L'esempio più famoso addotto da Lamarck per spiegare
la sua teoria è quello della giraffa. Essa avrebbe
sviluppato, nel corso di generazioni, un collo lungo nel
tentativo di raggiungere le foglie alte degli alberi (meno
soggette a esaurirsi di quelle dei rami più bassi).
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”LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE DELLA SPECIE PER SELEZIONE
NATURALE”
La teoria dell’evoluzione delle specie è legata al nome di
Charles Darwin (1809-1882) il naturalista inglese che,
durante un viaggio di cinque anni intorno al mondo, ebbe
modo di fare osservazioni di fondamentale importanza e di
raccogliere molto materiale. Imbarcatosi a 22 anni Darwin
per la sua meravigliosa avventura, tornò a casa a 27 anni
con molti taccuini pieni di appunti, casse colme di pietre,
piante e scheletri animali.
Mettendo assieme le sue rigorose osservazioni Darwin arrivò
alla conclusione che tutti gli esseri viventi, uomo compreso,
sono sottoposti, nel succedersi delle generazioni, a lenti ma
continui cambiamenti, chiamati evoluzione.
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Darwin viaggiò intorno al mondo a bordo del brigantino Beagle
Nel mese di dicembre del 1831, Charles Darwin salpò dal
porto inglese di Plymouth, nel ruolo di naturalista , a bordo
dell’imbarcazione “Beagle”. Durante il suo viaggio lungo le
coste del Sud America collezionò esemplari di molti nuovi
tipi di animali e di piante.
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Charles Darwin raccolse anche una quantità considerevole di campioni, tra piante, rocce e
piccoli animali, che avrebbero in seguito arricchito le collezioni del British Museum. E
furono proprio le sue osservazioni e i materiali riportati dal viaggio del Beagle a farlo
conoscere prima che elaborasse le sue principali teorie legate all’evoluzione.
Quando Darwin tornò nel Regno Unito si mise al lavoro
per catalogare tutto il materiale che aveva raccolto
durante il viaggio del Beagle.
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In particolare, Darwin osservò con notevole interesse gli animali e le piante che popolavano un
piccolo arcipelago di isole quasi aride, le Galápagos, che si trova a 950 kilometri dalla costa
pacifica del Sud America. Queste isole, su cui Darwin rimase poco più di un mese, prendono il
nome dai loro abitanti più spettacolari, le testuggini (galápagos, in spagnolo), alcune delle quali
arrivano a pesare anche più di un quintale. Nonostante queste isole siano relativamente vicine,
ciascuna di esse ha il suo tipo di testuggine; i marinai caricavano a bordo queste testuggini per
tenerle come riserva di carne fresca durante i loro lunghi viaggi, e alcuni di loro erano capaci di
distinguere da quale isola le varie specie provenissero.
Un’importante caratteristica delle
tartarughe delle Galàpagos è la
forma del carapace, o corazza, che
varia secondo l’isola d’origine. Una
tartaruga è originaria dell’isola
Isabela A, mentre l’altra è stata
fotografata sull’isola Española B.
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Oltre alle testuggini, le Galápagos erano abitate
da un gran numero di fringuelli, distinti in 14 specie
differenti (figura 20); nonostante vivessero nello
stesso arcipelago, questi uccelli differivano tra loro
sia per la grandezza e per la forma dei corpi e dei
becchi sia, in particolare, per il tipo di cibo di cui si
nutrivano. Un fringuello, per esempio, si nutriva di
insetti estratti col becco dalla corteccia degli
alberi, come il comune picchio; non avendo però la
lunga lingua che i picchi usano per estrarre gli
insetti, questo fringuello si serviva di un piccolo
bastoncino o di una spina di cactus.
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Grazie alle sue conoscenze di geologia, Darwin sapeva che le isole Galápagos, di origine vulcanica,
erano molto più giovani della terraferma; inoltre, aveva osservato che le piante e gli animali delle
Galápagos erano differenti da quelli della terraferma, e gli organismi presenti su ogni isola differivano da
quelli di ogni altra isola dello stesso arcipelago. Darwin cominciò così a pensare che le differenti specie
di testuggini e di fringuelli presenti sulle varie isole si fossero originate a partire da un’esigua varietà
iniziale di organismi, provenienti probabilmente dal continente.
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Darwin fu il primo a fornire una spiegazione scientifica dell’evoluzione.
Nel 1859 pubblica «L'origine delle specie» che descrive la teoria dell'evoluzione della
specie.
Egli sostenne che tutte le forme di vite condividono un’origine comune, che
le specie moderne sono discese, attraverso successive modificazioni, da
forme antenate, e che il meccanismo che causa le modificazioni, cioè
l’evoluzione della specie nel tempo, è la selezione naturale.
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In quel tempo Darwin ebbe l’occasione di leggere un libro
di Malthus il quale sosteneva che la popolazione umana
stesse aumentando troppo rispetto alle risorse di cibo
disponibili.
Ciò avrebbe comportato, da lì a poco, un aumento della
fame e gli uomini si sarebbero contesi il cibo soprattutto
con le guerre!
Le risorse naturali disponibili sono insufficienti a
soddisfare le esigenze di tutti gli organismi che nascono,
perciò solo alcuni di essi (una netta minoranza) riescono a
sopravvivere.
Darwin chiamò lotta per la sopravvivenza la continua e
accanita lotta tra gli organismi per mantenersi in vita.
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Ma quali sono gli organismi che sopravvivono e quali
quelli che muoiono prima che possano riprodursi? Per
Darwin sopravvive il “più adatto” all’ambiente in cui vive,
che non è necessariamente il più forte. Vediamo un
esempio.
Una coppia di conigli, che vive ai margini di un bosco, ha
da poco dato alla luce dei coniglietti: alcuni di questi
hanno il pelo bianco e altri marrone.
Tutti i conigli cercano di sopravvivere utilizzando le risorse
naturali presenti (acqua, aria, cibo, luce…).
In questo ambiente il falco riesce più facilmente a
catturare i conigli con il pelo bianco o quelli con il pelo
marrone?
In quell’ambiente vivono anche tanti altri animali che
cercano, anch’essi, di sopravvivere utilizzandone le
risorse:
Tra questi vi sono anche i predatori dei conigli e per i
quali, quindi, essi rappresentano una risorsa naturale da
utilizzare per sopravvivere.
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I conigli dal pelo marrone sono meglio mimetizzati
nell’ambiente! Sono cioè meglio adattati
Possiamo dire che un carattere è vantaggioso se rende
l’organismo che lo possiede meglio adatto all’ambiente, è
svantaggioso se lo rende meno adatto a quell’ambiente.
La selezione operata dall’ambiente fu chiamata da Darwin
selezione naturale.
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La teoria di Darwin
1. La superproliferazione
Tutti le specie hanno una capacità riproduttiva ben
superiore a quella che in effetti può sopravvivere.
2. La lotta per l’esistenza
A causa delle limitate risorse naturali, avviene una dura
lotta tra gli organismi per accaparrarsi le risorse
dell’ambiente in cui vivono.
3. La selezione naturale
Di conseguenza l’ambiente opera una selezione naturale,
lasciando in vita gli organismi che meglio si adattano.
4. La variabilità degli organismi
In natura ogni organismo è diverso, pertanto esiste una
grande variabilità all’interno della specie. Proprio su
questa variabilità agisce la selezione naturale. Favorendo
la sopravvivenza degli individui più adatti all’ambiente.
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Vediamo come la teoria darwiniana spiega la presenza di ben 13 specie di fringuelli sulle isole
Galapagos.
L’arcipelago delle Galapagos si trova a circa 1000 Km dalle coste sudamericane.
Inizialmente su un’isola dell’arcipelago arriva la specie di fringuello che abita il
continente.
Per cause diverse, alcuni individui vanno sulle altre isole dell’arcipelago.
Ogni isola quindi viene popolata da fringuelli della stessa specie.
A causa dell’isolamento geografico i fringuelli di un’isola non si riproducono con quelli di
un’altra isola.
Poiché la comparsa di nuovi caratteri avviene
casualmente, questi si accumulano restando però
confinati alla popolazione di una sola isola.
Di conseguenza, dopo molte generazioni, le varie
popolazioni di fringuelli erano diventate molto diverse tra
di loro tanto da formare nuove specie.
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La selezione naturale agisce continuamente ma per poter apprezzare i cambiamenti occorre
molto tempo.
Tuttavia, alcuni organismi, la cui vita è molto breve, si prestano meglio all’osservazione del
succedersi di molte generazioni in poco tempo.
L’esempio classico è quello della Biston betularia (farfalla
punteggiata delle betulle) una farfalla molto comune nelle
campagne inglesi.
Questa farfalla notturna, o falena, era ben nota ai
naturalisti inglesi del diciannovesimo secolo, i quali
avevano notato che si posava di solito sui tronchi ricoperti
da licheni; su tale sfondo, la colorazione chiara di queste
falene le rende quasi invisibili.
Fino al 1845 tutti gli esemplari osservati di Biston
betularia erano di colore chiaro, ma in quell’anno, nel
nuovo centro industriale di Manchester, venne catturata
una falena di questa specie di colore scuro.
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Con la crescente industrializzazione dell’Inghilterra, le particelle di fuliggine cominciarono a
coprire le piante nelle vicinanze delle cittadine industriali, uccidendo i licheni e lasciando nudi
i tronchi degli alberi. Nelle regioni fortemente inquinate, i tronchi un po’ alla volta diventarono
neri e, di conseguenza, diventarono sempre più rare le falene chiare. La sostituzione delle
falene chiare con quelle nere procedette a grande velocità: a partire dal 1850 si trovavano
solo poche falene chiare lontane dai centri industriali.
Ma come erano comparse le falene nere? Alla fine venne
dimostrato che il colore nero era presente nella
popolazione come una variazione naturale. Le falene nere
erano sempre state presenti, ma in proporzioni minori. Ma
perché allora il loro numero era aumentato così
drasticamente? Alla fine degli anni cinquanta un medico e
collezionista dilettante di falene e di farfalle, ipotizzò che
le falene che si potevano mimetizzare meglio grazie al
colore delle loro ali sfuggivano più facilmente agli uccelli
insettivori.
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In seguito, quando in Inghilterra vennero introdotti rigidi
controlli sulle emissioni di particelle di fumo, il forte
inquinamento da fuliggine cominciò a diminuire e la
percentuale di farfalle chiare rispetto a quelle scure
riprese ad aumentare.
L’esempio di Biston betularia è un’ulteriore prova
dell’opera selezionatrice dell’ambiente, che tende sempre
a favorire la sopravvivenza e la riproduzione degli
organismi più forti o meglio integrati nel
loro habitat rispetto ad altri la cui linea evolutiva può,
pertanto, andare talvolta incontro a estinzione.
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• Gli insetticidi tendono a selezionare i ceppi di insetti più resistenti
Un altro esempio di cambiamenti evolutivi osservabili direttamente è lo sviluppo
della resistenza agli insetticidi.
Sostanze chimiche velenose per gli insetti (come il DDT, oggi proibito perché dannoso per
l’ambiente) furono inizialmente accolte come importanti conquiste dell’umanità; successivamente,
esse persero il loro prestigio non solo per la tendenza ad accumularsi nell’ambiente, e diventare
così un grosso problema per la salute di tutti gli organismi, ma anche a causa dell’aumento
straordinario di ceppi di insetti resistenti.
• L’uso prolungato di antibiotici può rendere più difficile combattere alcuni tipi di batteri
Un esempio più recente di selezione naturale riguarda lo sviluppo della resistenza ai
farmaci da parte di certi batteri. Dopo un periodo di rapida affermazione degli
antibiotici alla fine della Seconda guerra mondiale, molti batteri hanno cominciato a
diventare resistenti a questi farmaci. Cosa ha causato questa resistenza?
Mediante una serie di esperimenti si è visto, per esempio, che alcuni ceppi batterici
sono diventati resistenti alla penicillina. Come era avvenuto per le farfalle Biston
betularia e per gli insetti resistenti al DDT, questi batteri hanno accumulato variazioni
genetiche, dovute a mutazioni avvenute per caso nella popolazione iniziale, che si
sono rivelate vantaggiose e quindi sono state selezionate dall’ambiente. Per questo
un antibiotico deve essere usato sempre sotto controllo medico e per il tempo
strettamente necessario.
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Le prove dell’evoluzione
Dopo la morte di Darwin la teoria evolutiva fu sostenuta
con fermezza o fortemente contestata.
Diverse scienze hanno contribuito a fornire le prove alla
teoria dell'evoluzione: la paleontologia, l'anatomia
comparata, l'embriologia, la biochimica.
La biochimica: costituzione chimica degli organismi
Tutti gli organismi viventi sono costituiti fondamentalmente
da proteine che, a loro volta, sono formate da circa 20
aminoacidi.
Gli elementi essenziali per la vita: carbonio, ossigeno,
azoto, fosforo e zolfo, sono comuni a tutti gli esseri viventi.
Tutti gli organismi hanno nel DNA (alcuni nell’RNA) il
codice della vita.
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La paleontologia
L’esame dei fossili dimostra in modo
inequivocabile che gli organismi sono cambiati con
il passare del tempo. Il loro studio rivela una
graduale successione di forme che variano nel
tempo, dalle più semplici alle più complesse: gli
strati rocciosi più superficiali e quindi più recenti
contengono organismi più simili a quelli attuali;
quelli più profondi, e più antichi, forme con
maggiori differenze.
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Anatomia comparata
Secondo alcuni scienziati, gli organismi oggi viventi
derivano da antenati comuni.
Le somiglianze anatomiche o strutture omologhe che
accomunano specie differenti indicano infatti una
discendenza comune, un antenato comune.
Ne sono un esempio gli arti anteriori di molti vertebrati
(come i coccodrilli, gli uccelli, le balene, i cavalli, i
pipistrelli e gli esseri umani) che, sebbene abbiano un
aspetto così diverso, sono tutti costituiti da ossa ordinate
secondo uno stesso modello.
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Inoltre, ogni vertebrato ha quattro arti, e non sei, otto o
cento. Le balene, e perfino alcuni serpenti, conservano
ancora nella loro struttura anatomica elementi primitivi
delle ossa del bacino e degli arti posteriori, che per loro
non hanno più alcuna utilità; inoltre, tranne rare eccezioni,
tutti i mammiferi, dal topo alla giraffa, hanno sette vertebre
cervicali, alla base del cranio. Il fatto che la giraffa e il topo
abbiano la stessa struttura anatomica di base diventa
comprensibile solo ipotizzando l’esistenza di un antenato
comune a entrambi questi animali.
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La comparsa, con il passare delle generazioni, di nuovi caratteri vantaggiosi e il loro accumulo fanno sì
che, dopo molti anni, gli individui possano essere ben diversi dai loro antenati (nuova specie).
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