Presentazione di PowerPoint - Ufficio Scolastico Regionale per il

annuncio pubblicitario
Parte 4: alcuni strumenti di misura ed i
vari aspetti di una missione spaziale
(R. Bruno)
PARTE 1
1)
2)
3)
4)
5)
PARTE 2
6)
7)
PARTE 3
8)
9)
10)
Parte 4
11)
12)
accenni al concetto di eliosfera e di eliopausa
struttura interna del Sole e meccanismo di produzione dell'energia solare, plasma.
l’atmosfera solare: fotosfera e cromosfera
la corona e la sua evoluzione durante il ciclo solare.
campo magnetico superficiale del sole e sua espansione nell‘ eliosfera per mezzo del vento solare.
vento solare: cenni storici, origine e caratterizzazione mediante misure interplanetarie.
dipendenze radiali e latitudinali del vento solare.
descrizione della magnetosfera terrestre ed effetti della sua interazione con il vento solare.
tempeste geomagnetiche ed effetti prodotti nella ionosfera terrestre (aurore)
si introduce il concetto di Meteorologia Spaziale (Space Weather).
strumenti di misura: analizzatori elettrostatici e magnetometri
Le varie fasi di una missione spaziale
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Misura della distribuzione della velocità del plasma
Per il plasma interplanetario e magnetosferico l’energia è compresa fra
alcuni eV ed alcune decine di keV.
[1eV=11600 °K]
Un strumento per la misurazione del plasma consiste di un
filtro nello spazio delle velocità, di un ‘detector’ e di un
contatore.
•Il filtro in velocità seleziona l’energia e la direzione di
provenienza della particella [elemento di volume nello
spazio delle velocità]
•Il ‘detector’ risponde all’arrivo di una particella generando
un segnale elettrico
•Il contatore registra i segnali elettrici e l’istante d’arrivo
La legge di Gauss per il campo elettrico
prodotto da una carica puntiforme (1)
E
E
S2
E
E
r
q
S1
E
Q
S3
E : perpendicolare e costante su
ogni superficie
Il campo E , su una superficie di
raggio r, è dato da:
E (r ) 
Q
4r 2 0
La legge di Gauss per il campo elettrico
prodotto da una carica puntiforme (2)
E
La variazione di energia potenziale Epot è pari al lavoro
che compie il campo E per portare la carica unitaria q da
r1 ad r2 , e sarà pari alla forza elettrica f =qE moltiplicata
per lo spostamento Dr=r2-r1:
E pot
r
qQ+ +




 F (r )  r  qE (r )  r
DE pot  E pot2  E pot1
r
Qq
Qq  1  2
Qq r2  r1


r



4 0 r 2
4 0  r  r1 4 0 r2 r1
r1
r2
r
Il potenziale elettrico V è definito come l’energia
potenziale per unità di carica, quindi:
V1 
E pot1
V2 
E pot2
q
q


Q
4 0 r1
Q
4 0 r2
r2  r1  V1  V2
q+
La legge di Gauss per il campo elettrico
prodotto da una carica puntiforme (3)
più in generale, il potenziale elettrico V si
può esprimere come:
V (r ) 
Q
4 0 r
dato che il campo è pari al gradiente del
potenziale, possiamo esprimere il campo
elettrico E (r) come derivata spaziale di V(r) :
dV (r )
Q
E (r ) 

2
dr
4 0 r
r
Principio generale di funzionamento di un deflettore elettrostatico
se si applica una certa differenza
di potenziale DV alle due calotte
sferiche concentriche di raggio R1
ed R2 , si genera un campo
elettrico E(r) che risulta essere
(Gauss):
DV   
R2
R1
R
Q
1 2 Q
dr 

2
4r  0
r R1 4 0
R1  R2 Q r 2 R1  R2
2


E
(
r
)
r
R1 R2 4 0 r 2
R1 R2
 E (r )  DV
[Internal Report IFSI, 1980]
R1 R2 1
R1  R2 r 2
Affinché una particella di carica q percorra l'intero tragitto fra le due
armature e termini sul rivelatore (dectector) occorre che in ogni istante
lungo la sua orbita
 2r 
E ( r )q
1
1
E 1
 mV 2  E ( r )qr   E ( r )r
m
2
2
q 2
Sostituendo al campo elettrico la sua espressione si ottiene la risoluzione in
energia dello strumento:
E DV R1 R2

q 2r R1  R2
Eq
 ( Log (E))
 ( Log (r ))
dE 
dr
E
r
DV R1 R2 1
2 R1  R2 r
Log (E)  Log (r )  C
DE Dr

 costante
E
r
il filtro in energia dipende direttamente unicamente dalla geometria del sistema.
il filtro deve essere in grado di individuare particelle provenienti da un ristretto
elemento di angolo solido ed aventi una certa energia.
la funzione di distribuzione 3-D la si costruisce campionando l’intero angolo solido
4 alla risoluzione angolare desiderata e per un appropriato set di intervalli di
energia con i quali si intende coprire tutto l’intervallo di energia da studiare.
L’analizzatore elettrostatico Top-Hat
E(r) =V·R1R2/[(R1-R2)·r-2
Cambiando il potenziale dei due piatti si
selezionano particelle con diversa
energia
Il campionamento di E/q
Supponiamo che R1= 3.5 cm, R2=3.75 cm e che l’emisfero interno sia a
–200 V mentre l’esterno sia posto a massa. Il campo elettrico E(r)
diretto dalla sfera esterna a quella interna sarà dato dalla:
R1 R2
1
E ( r )  DV
2
R1  R2 r
E(R1) = 857 V/cm
E(R2) = 747 V/cm
Questo settaggio e` sufficiente a rivelare una particella con energia tipica
del vento solare
infatti, una particella animata da un’energia E giunge al piano di
focalizzazione se in ogni punto della sua orbita si ha:
E(r) 1
 E (r )  r
q
2
DE Dr

 7%
E
r
Emax(R1) = 1500 eV
Emin(R2) = 1400 eV
un protone che si
muove a 530km/sec
possiede un’energia
E=1460 keV
Nel caso del vento solare Vth/Vsw~35/450~8%
Il rivelatore ad MCP
q+
V
I rivelatori più comunemente usati sono
costituiti da una coppia di Microchannel
plates alle quali si applica una differenza
di potenziale ed al disotto delle quali
viene montato un anodo diviso in settori
angolari tali da soddisfare la richiesta di
risoluzione spaziale
eI0
Una MCP è composta da una miriade di tubicini vuoti internamente disposti gli uni accanto
agli altri e le cui estremità costituiscono le due facce della MCP.
Una particella che entra uno di questi pori genera una valanga di elettroni che a sua volta
stimola altre valanghe nell’ MCP sottostante. Il risultato è un’amplificazione > 106 volte la
carica incidente.
L’ ANODO è sezionato in modo tale controllare la risoluzione polare, l’ampiezza dei suoi
settori determina la risoluzione in D .
Focalizzazione sul piano degli anodi
Particelle cariche che viaggiano su traiettorie
parallele, una volta entrate nel piano
d’accetazione dello strumento e se possiedono
l’energia giusta vengono focalizzate in un
punto sul piano del rivelatore
D
Le particelle che arrivano da differenti
direzioni vengono focalizzate in differenti
settori angolari sul piano di focalizzazione.
Se D è la suddivisione minima è chiaro
che non sarà possibile distinguere
particelle in arrivo le cui traiettorie siano
separate per meno di D.
[Fazakerly et al., ISSI-1998]
il campo di vista è 360°D
[Fazakerly et al., ISSI-1998]
la piena copertura dell’angolo solido 4 è ottenuta ruotando
l’analizzatore di 180° lungo l’angolo azimutale 
Uno strumento così fatto non è in grado di coprire contemporaneamente l’intero angolo
solido 4 ma può solo rilevare particelle che si muovono nella porzione di spazio illustrata
in Figura 3. A questa limitazione si ovvia sfruttando il movimento di rotazione dei satelliti
attorno al proprio asse. Infatti montando sul satellite il deflettore elettrostatico con l’asse di
simmetria  all’asse di rotazione (asse di ‘spin’) del satellite, il Top-Hat è in grado di coprire
l’intero angolo solido durante mezzo ‘periodo di spin’.
Il deflettore deve essere in grado di individuare particelle provenienti
da un ristretto elemento di angolo solido ed aventi una certa energia.
La funzione di distribuzione 3-D la si costruisce campionando l’intero
angolo solido 4 alla risoluzione desiderata e per un appropriato set di
intervalli di energia con i quali si intende coprire tutto l’intervallo di
energia da studiare.
 density
 velocity
 temperature
L’analizzatore è montato con
il suo asse  all’asse di spin
del satellite per ottenere un
copertura completa di 4
Le reali dimensioni di una sonda
Esperimento di plasma CIS
a bordo delle sonde ESACluster
nel caso di un satellite stabilizzato sui tre assi
q
filtro direzionale
energy filter
si aggiunge una sezione polare per elevare
l’angolo di vista
cambiare il voltaggio fra i due tori esterni equivale a
selezionare differenti direzioni spaziali
Analisi di massa
Nel caso di misure di plasma con diverse componenti ioniche, è importante
riuscire a distinguere non solo l’energia della particella ma anche la sua massa.
Un analizzatore elettrostatico del tipo E/q non è in grado di discriminare la
massa delle particelle rivelate. Tuttavia, in alcuni casi ciò è possibile anche con
uno strumento siffatto.
Nel caso del vento solare i principali costituenti sono H+ (~94%) ed He2+
(~5%).
L’energia cinetica del moto
d’insieme delle due popolazioni
differisce per il rapporto delle loro
masse (4:1) come è stato
evidenziato fin dalle prime
missioni spaziali.
Analisi di massa
Il sistema più comune per misure di M/q è basato sul principio
del Tempo di Volo (TOF=Time Of Flight). Questo sistema è usato
in analizzatori in grado di effettuare misure di E/q.
start detector
foglio di carbonio
distanza nota d
stop detector
Lo ione arriva sullo stop
detector con un’energia
Etot/q=E/q +U
U è una differenza di
potenziale aggiuntiva
data allo ione prima del
foglio di carbonio
dalla conoscenza di Etot, d ed il tempo Dt
impiegato, si risale a M/q
[Fazakerly et al., ISSI-1998]
Simulazioni numeriche ci aiutano a disegnare nuovi
tipi di deflettori elettrostatici
-150V
protoni (2 KeV)
+30V
-200V
-200V
+150V
elettroni (150 eV)
Sezione longitudinale di un deflettore
per ioni ed elettroni
Il metodo consiste nel risolvere l’eq.
di Poisson con le differenze finite


  E    (V )  
 2V  2V


x 2
y 2
 ( x, y )

Simulazione numerica di un deflettore elettrostatico.
Calcolo del potenziale mediante la risoluzione dell’equazione di Poisson
Gli elementi necessari alla soluzione del problema sono:
•posizione e forma dei conduttori
•potenziale elettrico dei conduttori
•conoscenza della funzione densità di carica spaziale  esistente fra i
conduttori stessi.
Il teorema di Gauss, valido per una qualunque superficie chiusa,
deve soddisfare:


  E    (V )  
(1)
La (1) si riduce all’equazione di Laplace
 2V  0
se la carica spaziale fra i conduttori è nulla.
La tecnica della soluzione numerica consiste nel trasformare la (1) da equazione differenziale ad
un sistema di equazioni algebriche che collegano tra di loro tutti i punti della regione spaziale in
esame.
problema in 2-D
Consideriamo una superficie chiusa (Fig.1) entro la quale si vuole che sia
verificata la (1)
V
(x,y)
essendo V il valore del potenziale sul bordo e (x,y) la distribuzione di carica
spaziale all’interno della regione.


  E    (V ) 

L’equazione di Poisson

esprime il legame che esiste fra il potenziale di un punto e quello dei suoi vicini; con una certa
approssimazione, essa può anche essere espressa sotto forma di differenze finite e la tecnica di
soluzione numerica si basa proprio su questa caratteristica.
La tecnica di soluzione numerica consiste
allora:
a) nel sovrapporre al nostro sistema un
reticolo
b) nello scrivere l’equazione di Poisson
sotto forma di differenze finite in
modo da legare il potenziale di un
nodo a quello dei nodi vicini
c) nell’applicare questa relazione a tutti i
punti del reticolo un certo numero di
volte in modo che le condizioni al
contorno (potenziale sul bordo)
diffondano sempre più verso
l’interno
L’estensione della geometria del sistema da 2D a 3D nel caso di una
simmetria cilindrica
basta far conservare il momento angolare della particella rispetto all’asse di simmetria durante
tutto il percorso all’interno del sistema.
Il calcolo del campo elettrico si
effettua sempre su di un piano
che viene fatto ruotare fino ad
intersecare la successiva
posizione della particella.
D
Esempi di configurazioni
simulate con SIMION
Strumenti:
Il magnetometro
Misura del campo magnetico a bordo di sonde spaziali
Esistono due classi di strumenti per la misura di B :
magnetometri scalari che misurano solo l’intensità di B
magnetometri vettoriali che forniscono indicazioni non solo sull’intensità del
campo ma anche sul suo orientamento.
I magnetometri scalari più comuni sono quelli a precessione nucleare e
quelli a pompaggio ottico
Il magnetometro vettoriale più comune è quello denominato Flux-gate
Magnetometri vettoriali: Flux-gate
Il flux-gate ed è basato sulla non linearità delle curve di magnetizzazione dei materiali
ferromagnetici.
Consiste di due elementi sensibili ad alta permeabilità magnetica attorno ai
quali sono avvolte due bobine in modo tale che il campo magnetizzante H,
prodotto dalla corrente generata dall’ oscillatore, sia diretta in verso opposto .
L’ampiezza del campo prodotto su ciascun elemento è tale che il materiale
periodicamente raggiunga la saturazione durante il suo ciclo d’isteresi.
Una seconda bobina, avvolta sullo stesso
elemento sensibile, rivela una f.e.m. indotta le cui
caratteristiche sono influenzate dalla eventuale
presenza di un campo magnetico ambiente.
Metodo del picco di tensione
L’intensità del campo H è tale da raggiungere ripetutamente la zona di saturazione
la curva d’isteresi magnetica
B
80
60
il segnale H che periodicamente raggiunge la
zona d’isteresi
40
20
0
-60
-40
-20
0
-20
20
40
60
H
-40
-60
-80
il segnale B prodotto in uno dei due nuclei
In assenza di un campo esterno, ed ammettendo che i 2 nuclei e le 2 bobine siano
esattamente identiche, i due campi magnetici generati all’interno dei nuclei saranno
esattamente uguali, opposti e simmetrici rispetto all’asse B=0
B1
intensità del campo magnetico B
80
60
40
20
B1+B2
0
-20
-40
-60
B2
-80
-60
0
-40
20
-20
40
0
60
20
80
40
100
60
120
tempo
ed il campo risultante B1+B2=0. Di conseguenza, nessuna tensione sarà indotta sul secondario.
Se però lo strumento viene immerso in un campo ambiente H, la sua componente HA, parallela all’asse
dell’elemento sensibile, fa sì che il campo indotto non sia più simmetrico rispetto alla linea di zero
B
80
60
40
20
0
-60
-40
-20
0
20
-20
-40
40
60
H
intensità del campo magnetico B
80
*
B1
60
40
20
*
0
-20
-40
-60
*
B2
-80
0
-60
-60
-80
HA
*
B1 +B2
-40
20
-20
40
0
60
20
80
40
100
60
120
tempo
La componente HA si somma in modo opposto ai due campi
B1 e B2, ed il risultato netto è quello mostrato in figura
Le curve B1*(H) e B2*(H) non sono più simmetriche rispetto all’asse B = 0 e B1*(H)+B2*(H)) 0. Al
secondario appare quindi una tensione pulsante di ampiezza proporzionale alla componente HA.
12
ddp indotta sul secondario
9
6
3
0
-3
-6
-9
-12
-60
0
-40
20
-20
40
0
60
20
80
40
100
60
120
tempo
La tecnica del doppio magnetometro per le misure magnetiche a bordo di satelliti
Questa tecnica (Ness, 1971) rende meno ardua la realizzazione di misure sensibili di campo magnetico
ambiente in presenza di un forte campo magnetico generato dal satellite.
A partire da una certa distanza dalla sonda, il campo decresce come 1/r3 , come
aspettato per un semplice dipolo posto al centro del satellite.
Usando due magnetometri posti su di un asse a distanza R1
ed R2 dal centro del satellite è possibile separare il campo
generato dal satellite dal campo ambiente che si desidera
misurare.
Quindi, nelle posizioni R1 ed R2 il campo registrato dai due
magnetometri sarà rispettivamente:
B1=Ba + Bs/c1 e B2=Ba + Bs/c2
(1)
con Bs/c1 e Bs/c2 i valori incogniti del campo magnetico
generato dal satellite a distanza R1 ed R2
Dato che il campo del satellite va come 1/r3 possiamo scrivere:
Da cui segue
Bs/c11/R13
Bs/c21/R23
Bs/c2 =(R1/R2)3Bs/c1=Bs/c1
Sostituendo opportunamente nelle (1) e risolvendo per Ba si isola il valore del campo ambiente che risulta:
Ba=(B2-B1)/(1-)
Le missioni spaziali
(R.D’AMICIS)
Nel 1957, lancio
dello Sputnik,
inizia l'era
spaziale…
… fino alla
modernissima
Stazione Spaziale
Internazionale!
1.
La realizzazione di un progetto spaziale è caratterizzato da estrema
complessità, sia di tipo tecnico sia di tipo organizzativo. Di conseguenza
necessita della stesura di un programma articolato nelle diverse fasi e della
pianificazione delle attività. Risulta infatti costituito da un insieme di
esperimenti con obiettivi scientifici e tecnologici diversi, che a loro volta,
sono il risultato di integrazioni fra sistemi, sottosistemi e unità delle più
svariate tipologie.
2.
Per la multidisciplinarietà delle competenze si rende indispensabile la
presenza di diverse realtà produttive e di ricerca che concorrono, ognuna per
la propria competenza e con la propria tecnologia, a sviluppare tecniche e
processi tra i più affidabili e sicuri possibili.
3.
Sempre più frequentemente infatti i progetti spaziali vedono la collaborazione
di diverse nazioni in modo da ripartire i costi che spesso sarebbero
insostenibili da parte di un solo paese. La collaborazione dei diversi enti ed
istituti coinvolti necessita, pertanto, di un’ organizzazione interna e di
interfaccia tale da consentire, con la massima efficienza, il flusso
dell'informazione e la programmazione in forma di rapporti mensili sullo stato
di avanzamento del progetto.
Fasi di una missione spaziale
Fase preliminare:
vengono stabiliti gli scopi della missione e vengono eseguiti gli studi
preliminari per il sistema spaziale
Fase A: viene eseguito uno studio di fattibilità sulla base degli obiettivi scientifici e tecnologici
della missione e viene definito il sistema in forma preliminare
Fase B: vengono presentati in forma più dettagliata gli scopi della missione e viene eseguita
una progettazione del sistema spaziale
Fase C:
si procede allo sviluppo ed alla costruzione del sistema spaziale; vengono realizzate
prove di qualifica e test di accettazione
Fase D:
si procede alle operazioni di integrazione delle diverse unità del satellite
Fase operativa:
si effettua il lancio del satellite e si utilizzano gli strumenti di bordo per
acquisire i dati
Fase post-operativa:
vengono analizzati ed elaborati i dati acquisiti durante la missione e
vengono interpretati i risultati ottenuti
Missione spaziale
Una missione spaziale è completamente delineata dai
seguenti elementi:
• obiettivi scientifici
• segmento spaziale
• segmento di lancio
• segmento di terra
• controllo della missione
Principali figure coinvolte
Operatori della missione: ingegneri
Utilizzatori finali: fisici, meteorologi, geologi…
Developer: NASA, impresa commerciale …
Segmento spaziale
Ci sono moltissimi satelliti che orbitano intorno alla Terra e nello spazio
interplanetario. Ognuno di questi satelliti è costituito da molte parti ma
può essere schematizzato come segue.
satellite
PAYLOAD
(carico utile)
BUS (struttura)
•Controllo d'assetto
•Propulsione
•Potenza elettrica
•Controllo termico
•Struttura meccanica
•Telemetria e controllo
I sottosistemi
1.
2.
3.
4.
5.
6.
il controllo d’assetto: garantisce, nelle diverse fasi della missione, il
raggiungimento ed il mantenimento delle caratteristiche d’assetto
necessarie per la funzionalità del carico utile e per l’operatività degli altri
sottosistemi;
la propulsione: serve per realizzare gli incrementi di velocità necessari a
mantenere i parametri orbitali nei limiti predefiniti; talvolta è usato nel
controllo d’assetto;
la potenza elettrica: fornisce la potenza elettrica al satellite durante tutte
le fasi della missione e provvede all’immagazzinamento dell’energia
elettrica per alimentare gli apparati durante le eclissi;
il controllo termico: mantiene le temperature delle componenti del
satellite in intervalli ben definiti, utilizzando la miscela corretta di
coating, isolamento termico e controllo termico attivo; è strettamente
integrato, funzionalmente e tecnologicamente, con la struttura del
satellite;
la struttura: fornisce una base meccanica, solida e indeformabile, per
supportare e collegare le unità del carico utile e degli altri sottosistemi;
garantisce la sopravvivenza delle unità alle sollecitazioni meccaniche del
lancio;
la telemetria e il comando: serve per gestire le comunicazione fra il
satellite e la Terra.
Anatomia di un satellite
Il più importante
sottosistema è il centro
di comando (C&DH:
computer and data
handling) delle funzioni
del satellite, cioè il
computer di bordo, nel
quale è presente anche
un processore di
input/output che dirige
tutti i comandi di
controllo che si
muovono da e verso il
computer di bordo.
Un satellite è una macchina complessa. Tutti i satelliti sono costituiti da molti sottosistemi che lavorano
insieme come un solo grande sistema. Questa illustrazione semplificata mostra le parti principali di un
satellite per il telerilevamento. I principali sottosistemi sono raggruppati per colore.
1. Il sottosistema controllo d’assetto (ADCS)
Il sottosistema controllo d'assetto misura e controlla l'orientamento del satellite. Questo
sottosistema è fortemente legato al sottosistema propulsione in quanto quest'ultimo
permette le manovre per ristabilire la giusta posizione. Il tipo di controllo del
puntamento dipende dalla missione. Un satellite dedicato ad osservazioni scientifiche ha
bisogno di un meccanismo di controllo più preciso di un satellite per le comunicazioni.
Esistono satelliti non ruotanti stabilizzati su tre assi e satelliti ruotanti stabilizzati per spin
(spin=moto rotatorio di un corpo intorno al proprio asse di simmetria).
Gli strumenti utilizzati per il controllo d'assetto
sono i seguenti:
• i sensori sfruttano dei punti di riferimento per
determinare con sicurezza l'orientamento (sensori
solari, stellari, d'orizzonte).
• gli strumenti passivi sfruttano il gradiente di
gravità.
• gli attuatori forniscono i momenti di reazione
uguali ed opposti rispetto alle coppie di disturbo
(attrito atmosferico, pressione solare, gradiente
di gravità, e così via).
2. Il sottosistema propulsione
Un sistema di propulsione consiste è costituito da un motore di apogeo, dal propellente
e dal sistema di controllo a reazione. Quest’ultimo fornisce la spinta per la correzione
delle orbite e delle velocità al fine di controbilanciare le forze per il controllo d’assetto.
Il sistema di propulsione deve,
innanzitutto, effettuare l’eventuale
trasferimento dall’orbita di
parcheggio, nella quale il satellite
viene lasciato dal lanciatore nel caso
di lancio indiretto, all’orbita di
destinazione. Anche nel caso di
lancio diretto, tuttavia, occorre
apportare delle correzioni a causa di
errori introdotti dal vettore di lancio
(vedere manovra di Hohmann).
Propulsione di un razzo
I due parametri principali per il design di un motore a razzo sono la spinta, F, e l'impulso
specifico, Isp.
La spinta, F, è la forza, derivante dall'espulsione di una certa quantità di gas, fornita al
razzo:
F
dm
Ve  (Pe  Pa )A e
dt
dove dm/dt è il quantità di massa espulsa per unità di tempo, Pa è la pressione ambiente,
Pe è la pressione del gas espulso, Ve la sua velocità e Ae l'area di uscita.
L'efficienza di un razzo è misurata dall'impulso specifico, cioè la quantità di tempo che con
una dato rate di carburante si può fornire una forza pari a F. Essa è dato dal rapporto tra
la forza F e il tasso di flusso pesato (dm/dt g) del propellente:
 dm 
I sp  F / 
g
 dt 
Un'altra misura dell'efficienza di un sistema di propulsione è il gradiente di velocità, Dv,
che può produrre, in funzione della massa di propellente e dell'impulso specifico:
m0=massa iniziale
mp=massa finale
 m0 

DV  gIsp ln

m

m
0
p


Un'importante relazione è fornita dalla conoscenza della massa del propellente una volta
noto l'incremento di velocità:

mp  m0 1  e
 Dv / Ispg 

Scelta di potenza e massa
1.
Il primo passo durante lo studio di fattibilità per una missione è identificare
il veicolo di lancio.
1.
In seguito si selezionano il sistema di stabilizzazione, la massa e la potenza
richiesti dai vari sottosistemi, escludendo il sottosistema potenza elettrica.
2.
La massa necessaria per il payload e per il sottosistema potenza elettrica è
calcolata sottraendo le masse stimate in precedenza dalla massa totale del
satellite (la cui stima è basata sulla capacità di massa del lanciatore).
3.
Si analizzano allora gli elementi che possono essere modificati in termini del
rapporto massa disponibile/potenza disponibile. Questo processo è iterativo.
4.
Se il rapporto massa/potenza disponibile non è adeguato, si tende a
rivalutare il veicolo di lancio, la configurazione del satellite e le masse dei
sottosistemi.
Stima della massa
Sistema di propulsione MA ~ 0.1 MP
MRC=(0.01+0.0115 Y1/2) MSC
Potenza (valori tabulati)
Struttura MST= CST MSP
(CST =0.087 3-axis)
Controllo termico MT= CT WD
MT= CMT MSC
(CT =0.04 3-axis)
(CMT =0.032 3-axis)
Controllo d'assetto MAC=65+0.022 (MSC-700)
Importanza del collaudo di un sistema
1. Mentre a terra le condizioni ambientali sono abbastanza stabili (pressione,
temperatura, umidità,…), in ambiente spaziale possono variare verso valori
estremi durante le diverse fasi della missione.
2. Mentre la sostituzione a terra di un componente o di un intero strumento
non comporta danni economici o scientifici molto rilevanti, nel caso dei sistemi
spaziali l'intera missione può risultare compromessa.
Ad eccezione dei lanciatori o dei sottosistemi, quali ad esempio strutture, pannelli solari,
scatole dell'elettronica che vengono ormai realizzate sulla base dell'esperienza di
precedenti missioni e di cui si tende sempre più a standardizzare le dimensioni e le
caratteristiche, la maggior parte dei componenti vengono di volta in volta studiati e
progettati. Infatti, essi presentano generalmente caratteristiche nuove in funzione delle
esigenze della particolare missione e dei suoi obiettivi scientifici.
I test eseguiti sulle singole unità si suddividono generalmente in tre categorie: prove di
sviluppo (fase A e B), prove di qualifica e prove di accettazione.
3. Il sottosistema potenza elettrica
Il sottosistema potenza elettrica genera (celle solari), immagazzina (batterie),
distribuisce e controlla la potenza elettrica del satellite.
• Le celle solari sono sorgenti primarie perché
convertono l'energia solare direttamente in potenza
elettrica (effetto fotovoltaico). Si può determinare la
capacità reale di produrre energia conoscendo la
"degradazione inerente" che quantifica la
percentuale di capacità di produrre potenza all’inizio
missione rispetto a fine missione.
• Le batterie sono sorgenti secondarie perché
immagazzinano energia e forniscono al sistema
energia quando non è disponibile quella primaria.
Batterie primarie: non possono essere ricaricate
Batterie secondarie: possono essere ricaricate
Come varia la richiesta di potenza
4. Il sottosistema controllo termico
Il problema generale del sottosistema controllo termico consiste nell'assicurare che la
temperatura ed i gradienti del satellite, durante tutta la missione, si mantengano entro i
limiti prefissati. Ognuno dei sottosistemi dei quali è composto un veicolo spaziale ha delle
specifiche di temperatura.
componenti
Elettronica
batterie
Pannelli solari
• Controllo passivo: radiatori per lo
smaltimento del calore in eccesso, isolanti
multistrato e superfici ad appropriato
rapporto assorbimento/emissione.
• Controllo attivo: pompe di calore per il
controllo della temperatura e radiatori per
smaltire il calore in eccesso
Propellente
(idrazina)
Struttura
Rivelatori infrarossi
Range di
temperatura in °C
0 a 40
5 a 20
-100 a +100
7 a 35
-45 a +65
-200 a –80
5. Il sottosistema struttura
Svolge la funzione di garantire l'integrità dei vincoli meccanici e la stabilità tra le varie
unità che compongono il satellite. Deve sopportare lo shock dovuto al lancio. Svolge la
funzione di schermatura contro le radiazioni ionizzanti che caratterizzano l'ambiente
spaziale.
materiale
vantaggi
svantaggi
Alluminio
• grande forza vs. peso
• duttile
• facile da lavorare
• relat. bassa forza vs.
volume
• bassa durezza
• alto coeff. di esp.
termica
• grande forza
• largo intervallo di e
duttilità
• non efficiente per la
stabilità
• più duro da lavorare
• magnetico
• grande forza vs.
peso
• basso coeff. di esp.
termica
• duro da lavorare
• poca resistenza alla
frattura se trattato o
vecchio
Acciaio
Titanio
Effetti del charging elettrico (caricamento
elettrico)
Effetti a lungo termine:
• Dose totale di ionizzazione (TID)
• Dose dovuta a danno da dislocamento (DDD)
SATELLITE
Effetti transienti o Single Event Effect
(SEE):
• Single Event Upset (SEU)
• Single Event Latchup (SEL)
• Single Event Burnout (SEB)
• Degradazione e mal funzionamento dei
dispositivi
• Interferenza con la strumentazione
scientifica
• Danneggiamento dei pannelli solari
• Profondi carichi dielettrici; caricamento
delle superfici e scariche ad arco
•
Charging: Accumulazione di carica sulle superfici esposte
prodotta dalle interazioni con il plasma, i campi geomagnetici e
la radiazione solare.
Charging superficiale (plasma)
Charging dielettrico (elettroni energetici). controllo di potenziale e
neutralizzazione attiva della carica.
•
Single Event Effect: evento causato da una singola particella carica.
– Sorgenti: raggi cosmici galattici, particelle solari energetiche
Dose totale di ionizzazione: effetto a lungo termine che può essere
ridotto soltanto per protoni a bassa energia e per elettroni.
– Sorgenti: protoni ed elettroni, protoni solari.
Displacement Damage Dose: effetto non ionizzante a lungo termine
dovuto allo spostamento dei nuclei dei materiali rispetto alle
posizioni reticolari.
– Sorgenti: protoni solari, elettroni e neutroni.
•
•
Dose di radiazione come funzione dello spessore di un
guscio sferico di alluminio per le varie fasi della missione
La scelta del materiale costituente la struttura è
determinante!
6. Il sottosistema telemetria e comando
Questo sottosistema serve per garantire le comunicazioni tra il satellite e la Terra. E'
costituito da un:
• ricevitore
• trasmettitore
• varie antenne per trasmettere mesaggi tra il satellite e la Terra.
Il controllo a Terra usa questo
sottosistema per inviare istruzioni
operative al computer del satellite
(uplink). A sua volta, tramite
questo sottosistema, il satellite può
inviare immagini e dati che
provengono dai vari strumenti
(downlink).
Segmento di lancio
L’inclinazione dell’orbita del satellite raggiungibile in seguito al lancio
è ricavabile dalla seguente relazione:
cos i = cos(L
sito)
sin(Az)
dove i è l’inclinazione, L è la latitudine del sito di lancio e Az è
l’azimuth.
Questa formula stabilisce che da un sito generico si possano lanciare satelliti in
orbite aventi inclinazioni comprese tra 90° e quella pari alla latitudine del sito di
lancio, se non ci sono vincoli sul sito di lancio.
•Da un sito all’equatore si possono anciare satelliti in orbita sia equatoriale che
polare, variando l’azimuth di lancio tra 90° e 0°.
• Da un sito posto ad alte latitudini (dove cos L ~ 0), si possono lanciare i satelliti
solo in orbite polari indipendentemente dall’azimuth di lancio.
In presenza di vincoli sull’azimuth di lancio può non essere possibile raggiungere
l’inclinazione orbitale desiderata. In tal caso o si cambia sito di lancio oppure si
lancia il satellite in un’orbita avente inclinazione diversa da quella desiderata,
correggendo successivamente l’inclinazione orbitale per mezzo dei sistemi propulsivi
di bordo.
Lo Space Shuttle (NASA)
Lo Space Shuttle è costituito da quattro componenti principali: la navetta (o Orbiter), i
motori principali (o SSME - Space Shuttle Main Engines), i razzi a propellente solido (o SRB Solid Rocket Boosters) ed il serbatoio principale (o ET - External Tank).
La navicella
La navetta è un veicolo spaziale simile ad un aereo
con ali a delta ed è la parte dello Space Shuttle che
trasporta l’equipaggio ed il carico utile. Le sue
dimensioni sono equivalenti a quelle di un aereo di
linea.
I motori principali
I motori principali forniscono alla navetta la spinta
necessaria per raggiungere l’orbita. Sono collocati nella
parte posteriore della navetta ed utilizzano come carburante
una miscela di idrogeno liquido ed ossigeno liquido. Ciascun
motore fornisce una spinta di circa 170.000 chilogrammi,
che può essere regolata in un intervallo che va dal 65% al
109%.
Il carburante, costituito da ossigeno e idrogeno separati, consumato
dai motori principali è contenuto in un serbatoio esterno che viene
attaccato al ventre della navetta. Il serbatoio esterno è l’ unica parte
che viene persa quando, esauritosi il carburante, si stacca dalla
navetta e rientra nell’atmosfera incendiandosi.
Serbatoio esterno
Fase di rientro
Nel cono anteriore di ogni razzo
(booster) sono alloggiati i tre
paracadute che ne consentono il
recupero dopo ogni lancio.
Booster
La navetta rientra nell’atmosfera con il ventre rivolto verso la
superficie terrestre ed il muso in avanti. Negli ultimi minuti di
volo, la navetta effettua quattro manovre ad S per ridurre la
velocità di discesa, durante le quali viene dissipata energia
cinetica a similitudine di quanto avviene per uno sciatore di
slalom. Al momento dell’atterraggio viene estratto un piccolo
paracadute che rallenta la corsa di atterraggio diminuendo lo
sforzo sui freni del carrello. Tutta la manovra di atterraggio è
effettuata senza l’uso dei motori e la navetta si comporta di fatto
come un gigantesco aliante.
Tipica missione dello Space Shuttle
Lanciatore russo
Lanciatore ESA
Ariane 5
Soyuz
Baikonur (Russia)
45°54'N
63° 18' E
Kourou (Guyana Francese)
5°32'N
52° 46' W
Quando lanciare un satellite?
Rotazione intorno al Sole
La terra ruota intorno al Sole a 107.000 km/h.
Rotazione attorno al proprio asse
Inoltre, la Terra ruota verso est, compiendo una
rotazione completa sul suo asse, ogni giorno.
All'equatore, la superficie della Terra ruota a 1675
km/h!
Quando il satellite è diretto nello stessa
direzione del moto orbitale della Terra
attorno al Sole, il razzo gli dà l'impulso
finale per uscire dall'orbita terrestre.
http://spaceplace.jpl.nasa.gov/ds1_mgr.htm
Il trasferimento di Hohmann
B
A
C
Un trasferimento di Hohmann è un modo molto
efficiente per trasferire un satellite da un'orbita
circolare ad un'altra orbita circolare che è nello
stesso piano (perciò stessa inclinazione), ma ad
una differente altitudine. Per passare da un'orbita
A più bassa ad una C più alta, si passa dapprima in
un’orbita ellittica tangente all’apogeo dell’orbita di
destinazione mediante un impulso di velocità
impartito al perigeo; successivamente l’orbita viene
circolarizzata impartendo un secondo impulso di
velocità all’apogeo.
Piani con differenti inclinazioni
Se le orbite si trovano su piani di differenti inclinazioni, si avrà anche una spinta
con componenti non contenute nel piano orbitale di partenza. Il cambio di piano
viene usualmente fatto in più tempi. Al perigeo verrà applicata una spinta che
porterà in un piano intermedio tra quello iniziale e quello finale. All’apogeo verrà
applicata un’altra spinta, che determinerà un ulteriore cambiamento d’angolo e la
completa acquisizione della nuova orbita nel piano orbitale richiesto.
La velocità di fuga
La velocità di fuga è la velocità che un corpo deve avere per sfuggire alla forza
gravitazionale di un corpo più grande come la Terra, la Luna o il Sole. Un corpo con
una velocità minore della velocità di fuga ricadrà sulla superficie del corpo più grande;
un corpo con una velocità uguale o maggiore alla velocità di fuga sarà ancora attratto
dal corpo più grande, ma questa forza non sarà sufficiente per farlo tornare indietro.
La condizione per sfuggire alla forza gravitazione di un corpo grande sarà allora:
2GM
v  vf 
R
Vfuga(Terra)= 11.3 km/s
Vfuga(Luna)= 2.4 km/s
Vfuga(Sole-1AU)= 41 km/s
Le leggi di Keplero (1571-1630)
http://digilander.libero.it/gibovo/kepler.html
1. I pianeti percorrono, nel loro
moto intorno al Sole, orbite piane di
forma ellittica, di cui il Sole occupa
uno dei due fuochi.
2. I pianeti si muovono su curve piane
ed i raggi vettori spazzano aree uguali
in tempi uguali.
http://www.scuolamediacavalcanti.it/stelle/leggikep.htm
3. Per i pianeti è costante il rapporto
tra il quadrato del periodo T di
rivoluzione e il cubo del semiasse
maggiore dell'orbita.
T2
 cos tan te
3
a
Il problema dei due corpi
z
r2
m2
d 2r1
mm
m1 2  G 1 2 2 rˆ12
dt
r12
r1
m1
d 2r2
mm
m 2 2  G 22 1 rˆ21
dt
r21
y
x
mR 

mM
ma  G 2 r̂
r
d 2r1
d 2r2
m1 2  m 2 2  0
dt
dt
d 2r2 d 2r1
rˆ12
 2  G(m1  m 2 ) 2
2
dt
dt
r12
m1m2
m1  m2
Massa ridotta
d 2r
rˆ
m R 2  Gm1m 2 2  0
dt
r
Classificazione delle orbite
Eq. di una conica
p
r
1  e(cos )
ellisse
0≤e<1
a>0
Es<0
p=a(1-e2)
parabola
e=1
a=∞
Es=0
p=2q
iperbole
e>1
a<0
Es>0
p=a(1-e2)
e=0: cerchio
a
Gm1m2
2Es
La velocità orbitale
La velocità di fuga della Terra è molto più grande di quello richiesto per posizionare un satellite in
orbita intorno alla Terra. Nel caso dei satelliti in orbita intorno alla Terra, non è necessario sfuggire
alla gravità terrestre, basta bilanciarla. La velocità orbitale è la velocità richiesta per bilanciare
l'effetto della gravità. Se il satellite viaggia troppo lentamente, la gravità lo tirerà di nuovo sulla
Terra. Alla corretta velocità orbitale, la gravità bilancia esattamente l'inerzia del satellite, tirandolo
verso il centro della Terra abbastanza affinché il suo cammino segue un andamento curvo (cioè la
superficie curva della Terra) e non una linea retta.
S/c
La velocità orbitale del satellite dipende
dalla sua altitudine sulla Terra: più la Terra
è vicina, più elevata sarà la velocità orbitale
richiesta.
Terra
La velocità orbitale si ottiene dalla 2a legge di Newton:
GMm
v2
m
2
r
r
v
GM
r
Essa è approssimativamente 28.000 km/h ad una altitudine di 200 km.
L’effetto fionda
I passaggi ravvicinati con i pianeti del sistema solare permettono di variare
notevolmente l’energia cinetica della sonda.
La conservazione del momento esige che
m
vi
mvi+MVi=mvf+MVf
dove i ed f indicano le
velocità prima e dopo l’incontro
m/M~10-2110-24
chiaramente, dato che
di Venere, Giove)  Vi=Vf =V
(nel caso
La conservazione dell’ energia nel sistema di riferimento del
pianeta fa sì che la velocita` di avvicinameto |ui| (allorché il
pianeta cattura la sonda) sia uguale a quella di allontanamento
(allorché la sonda abbandona il pianeta) |uf| ma ruotata in direzione
di un certo angolo 
M
V
vf
Per un osservatore che si muove col pianeta:
ui=vi-V
uf=vf-V
[Johnson, 2001]
m
L’azione gravitazionale di M fa sì che |vf|>|vi|
vi
vf
|ui|=|uf|
uf
ui

m
`

vf
vi
M
V
M
vi
V
vi
V
vf
vf
V
|ui|=|uf|
L’azione gravitazionale di M fa sì che |vf|<|vi|
[Johnson, 2001]
da relazioni trigonometriche si giunge alla seguete espressione
che lega i moduli di vf ,vi e V :
vf2=vi2+2V{V(1-cos )+vi[cos(-)-cos ]}
’, 
vfcos ’=V(1-cos )+ vicos(-)
vfsin ’=Vsin+ visin(-)
2.0
vf/V
e gli angoli ,
il massimo della curva lo si ha per:
tan max=visin/(vicos-V)
ossia, quando vf si allinea con V
che si ottiene quando ’=0
1.5
vi/V=0.75
o
=80
1.0
0.5
0.0
-90
-60
-30
0
30
60
90
120
150
180
angolo 
da considerazioni sulla dinamica del sistema si trova
che la distanza minima b di avvicinamento è
b=R sqrt(1+2gR/ui2)
ed il massimo del gravity assist è < 2|V|
[Johnson, 2001]
Quanto è lunga la vita di un satellite in orbita?
Quando un satellite orbita non troppo
lontano da Terra è soggetto alla forza di
drag (attrito), dovuta all'interazione con le
particelle del gas atmosferico che può
essere scritta, in termini di accelerazione,
come:
1 v 2
ad ~
~ 1.4  106 m / s 2
2 CB
In generale, più alta è l'orbita, più tempo
un satellite può stare in orbita. A più basse
altitudini (fino a 200-300 km), un satellite
incontra l'atmosfera terrestre ed è soggetto
ad un drag non trascurabile. Il drag
determina il decadimento dell'orbita in una
traiettoria a spirale finché il satellite cade
nell'atmosfera e brucia.
L'orbita nello spazio
Elementi orbitali:
a,e,i (elementi dimensionali)
,W,M (elementi di orientazione)

Sono costanti se la forza sul satellite è
quella generata da una massa
puntiforme.
Linea dei nodi
a semiasse dell'orbita
e eccentricità
i inclinazione
 argomento di perigeo
W longitudine del nodo ascendente
M=n(t-) anomalia media
Perturbazioni secolari:
crescono linearmente nel tempo
(interessano gli elementi angolari)
Perturbazioni periodiche:
perturbazioni a media nulla su un
periodo caratteristico
(interessano gli elementi dimensionali)
Equazioni di Gauss
da 2 U

dt na M
de 1  e 2 U
1  e 2 U


dt na 2e M
na 2e 
d
 cos i
U
1  e 2 U


dt na 2 1  e 2 sin i i
na 2e e
di
cos i
U
1
U


dt na 2 1  e 2 sin i  na 2 1  e 2 sin i W
dW
1
U

dt na 2 1  e 2 sin i i
dM 1  e 2 U 2 U


dt
na 2e e na a
U= Ug+R-T
U = potenziale totale
Ug = potenziale gravitazionale
R = perturbazione dovuta al campo gravitazionale
T = energia cinetica
Perturbazioni
• Pot. Gravitazionale (J1+J2)
(J1 tiene conto del rigonfiamento equatoriale
della Terra; J2 tiene conto della
configurazione della forma a pera della
Terra)
a ~ 2.5  102 m / s 2
•Drag atmosferico
1 v 2
ad ~
~ 1.4  106 m / s 2
2 CB
• Terzo corpo (Sole+Luna)
aS ~ 2.7  107 m / s 2
aM ~ 5.8  107 m / s 2
• Pressione di radiazione
solare
a P  1.2  107 m / s 2
Orbite dei satelliti intorno alla terra
L’orbita di un satellite dipende dalla missione, dalla velocità e dalla distanza dalla Terra.
1. Orbita LEO
Quando un satellite orbita vicino a Terra, cioè tra i 300 e gli
800 km, si parla di orbita LEO (Low Earth Orbit). Poiché
orbita molto vicino alla Terra, esso deve viaggiare a
velocità molto elevata pari a circa 27.400 km/h. Può così
compiere un giro completo della Terra in 90 minuti.
L'ambiente "LEO" sta diventando sempre più
affollato! Lo United States Space Command
controlla costantemente il numero dei satelliti in
orbita LEO. Secondo USSC, ci sono più di 8.000
oggetti più grandi di una palla da softball che
orbitano intorno al globo.
2. Orbita polare
Un’orbita polare è un particolare tipo di orbita
LEO. La sola differenza è che un satellite in
orbita polare viaggia in una direzione nord-sud,
piuttosto che la più comune est-ovest.
Le orbite polari sono molto utili per il
monitoraggio della superifcie terrestre. Mentre il
satellite orbita nella direzione nord-sud, la Terra
ruota in una direzione est-ovest attorno al suo
asse. Di conseguenza, un satellite in un'orbita
polare può osservare, dopo un certo numero di
orbite, l'intera superficie del pianeta. Per questa
ragione, i satelliti che monitorizzano l'ambiente
(remote-sensing) e alcuni satelliti meteorologici
sono caratterizzati da questo tipo di orbita.
3. Orbita geosincrona
(da geo =Terra + sincrona = che si muove allo stesso tempo)
Un satellite in orbita equatoriale
geosincrona (GEO) è localizzato
direttamente al di sopra dell'equatore,
esattamente a 35.786 km nello spazio.
A tale distanza, il satellite ha bisogno di
24 ore per orbitare intorno alla Terra.
Poiché la Terra orbita intorno al suo
asse in 24 ore, allora il satellite e la
Terra si muovono insieme. Di
conseguenza, un satellite in orbita GEO
è sempre direttamente sopra lo stesso
punto della Terra. Un'orbita
geosincrona è chiamata anche
geostazionaria.
3
r
3a legge di Keplero: T  2
GM
4. Orbita ellittica
Un'orbita ellittica è caratterizzata da un perigeo (il punto più
vicino alla Terra) e da un apogeo (il punto più lontano). Un
satellite in questa orbita impiega 12 ore per eseguire una
rotazione completa intorno al pianeta. Inoltre, come le orbite
polari, si muovono in una direzione nord-sud.
Copertura polare
Anche se la maggior parte dei satelliti per comunicazioni sono in
orbite GEO, queste non coprono le regioni polari della Terra. Di
conseguenza, i satelliti per comunicazioni in orbita ellittica sono
in un certo senso complementari perché riesco a coprire le aree
ad alta latitudine.
fine parte 4
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