Ministero per i beni culturali e ambientali

• Quando nasce l’espressione “beni culturali”?
• In ambito internazionale: 14 maggio 1954 Convenzione dell’Aja in
cui si decreta la protezione dei beni culturali in caso di conflitto
armato.
• nel 1954 Convenzione Culturale Europea fa riferimento al
patrimonio culturale ed alle attività culturali.
• Nel 1956 la X conferenza generale dell’UNESCO tenutasi a Nuova
Delhi, si utilizza l’espressione “bene culturale” in occasione
dell’istituzione del centro internazionale di studi per la
conservazione dei beni culturali.
• Nel 1970 a Parigi l’espressione “bene culturale” viene utilizzata nella
Convenzione da adottare per impedire l’importazione illecita, il
trasferimento di proprietà o l’esportazione dei beni culturali
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Quando nasce in Italia l’espressione “bene culturale”?
In Italia l’espressione “bene culturale” cominciò a diffondersi a partire dagli
anni Sessanta
la legge n.1089 del 1939 infatti all’art. 1 recita: sono soggette alla presente
legge le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico,
archeologico o etnografico.
Commissione Franceschini introdusse in ambito italiano l’espressione bene
culturale. Questa fu incaricata di condurre una indagine sulle condizioni
attuali e sulle esigenze in ordine alla tutela e alla valorizzazione delle cose
di interesse storico, archeologico, artistico e del paesaggio e di formulare
proposte concrete al fine di perseguire la revisione delle leggi di tutela,
due dichiarazioni
1) appartengono al patrimonio culturale della Nazione tutti i beni aventi
riferimento alla storia della civiltà;
2) sono assoggettati alla legge i beni di interesse archeologico, storico,
artistico, ambientale e paesistico, archivistico e librario, ed ogni altro bene
che costituisca testimonianza materiale avente valore di civiltà.
• Con la Commissione Papaldo nel 1970 l’espressione bene culturale
è ormai acquisita anzi, viene segnato il passaggio formale dalla
cosa al bene.
• Infatti l’articolo 1 recita: le cose che, giuste le norme di questa legge,
presentano interesse archeologico, artistico, storico, etnografico,
ambientale, archivistico, bibliotecario, audiovisivo nonché ogni altra
che comunque costituisca materiale testimonianza di civiltà, sono
beni culturali ed appartengono al patrimonio culturale del popolo
italiano.
• Sono altresì soggette alle disposizioni di questa legge le cose
d’interesse paleontologico, paletnologico, le singolarità geologiche,
botaniche e faunistiche.
• La qualità di bene culturale inerisce alla cosa per le caratteristiche
che le sono proprie”.
• Quando l’espressione “bene culturale” venne utilizzata in
sede legislativa?
• quando fu istituito il Ministero per i beni culturali e
ambientali, con il D.L. 14 dicembre 1974, n. 657,
convertito in legge n. 5 del 29 gennaio 1975.
• Con il D.P.R. n. 805 del 1975 sull’organizzazione del
Ministero per i beni culturali e ambientali, nell’articolo 2 si
afferma che i beni culturali sono patrimonio nazionale.
• Dunque pur essendo in uso nel lessico corrente e
trovando impiego anche in alcuni provvedimenti
legislativi l’accoglimento della definizione bene culturale
nella legge di tutela non è avvenuta fino al 1999 con
l’emanazione del Testo Unico.
• dalla cosa al bene
• L’operazione non è stata solo di tipo lessicale,
ma piuttosto si è trattato di spostare l’attenzione
dal dato materiale caratterizzato da un pregio
artistico individuale ed esteriore, alla
rappresentazione di un valore immateriale
intrinseco all’oggetto e significativo del contesto
storico e sociale in cui è stato prodotto.
• Ciò naturalmente ha portato anche ad un
ampliamento delle categorie e delle tipologie
che costituiscono i beni culturali.
• Massimo Severo Giannini ha osservato che nell’enunciato della
Commissione Franceschini (bene culturale è un bene che
costituisca testimonianza materiale avente valore di civiltà) si
rintraccia una nozione aperta, il cui contenuto viene dato da teorici
di altre discipline: si tratta di una nozione liminale, ossia nozione a
cui la normativa giuridica non dà un proprio contenuto, una propria
definizione per altri tratti giuridicamente conchiusi, bensì opera
mediante rinvio a discipline non giuridiche.
• Il pregio della definizione è quello di aver superato la visione
estetizzante attribuita dalla legge 1089 e di aver invece elevato a
beni alcune categorie di oggetti (ad esempio: stoffe medievali e
rinascimentali, armi, oggetti di arredamento, strumenti musicali,
cose d’uso, ecc.) fino ad allora non ritenuti sufficientemente validi
come espressione artistica.
• Il valore di civiltà che realizza l’interesse pubblico verso i beni
culturali, in base all’elaborazione di Giannini, porta a considerare la
natura del bene culturale non materiale, ma immateriale: l’oggetto,
nella sua materialità, è solo il supporto per trasmettere il valore
culturale che è inerente ad esso.
• Da ciò deriva che su una cosa materiale possono sussistere più
utilità, o valori, o diritti, cioè più beni giuridici: il diritto dominicale
(che può essere pubblico o privato) e la qualità di bene culturale
(che è sempre pubblica): l’uno è orientato a definire
un’appartenenza individuale, l’altro una fruizione pubblica.
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Essendo un bene di fruizione più che di appartenenza, il bene
culturale è pubblico non in quanto bene di appartenenza, ma in
quanto bene di fruizione, o meglio, di fruibilità.
• la disciplina dei beni ambientali la legge n.1497 del 1939 è nata in
modo separato rispetto a quella dei beni culturali, ma la
considerazione del valore che essi hanno come esito della
trasformazione della natura operata dalla creatività umana ha
sempre sollecitato un approccio unitario che da un punto di vista
giuridico si è realizzato soltanto con l’emanazione del Codice per i
beni culturali e del paesaggio.
• La convinzione che tra le due materie ci fosse una omogeneità di
fondo che comportava dunque un approccio unitario si ricava già
nell’art. 9 della Costituzione e viene ribadito anche nella XXXIX
dichiarazione della Commissione Franceschini in cui si enuncia che
le zone corografiche costituenti paesaggi, naturali o trasformati
dall’opera dell’uomo, e le zone delimitabili costituenti strutture
insediative, urbane o non urbane, che presentando particolare
pregio per i loro valore di civiltà devono essere conservate al
godimento della collettività.
• La nascita del Ministero per i beni culturali ed ambientali nel 1975
richiama una impostazione unitaria, limitata soltanto alla attività di
protezione dell’ambiente, in riferimento ad aree archeologiche e
naturali, ma non di tutela.
• Già dal 1973 era stata avvertita la necessità di avere un Ministero
autonomo per l’ambiente fino alla istituzione definitiva del Ministero
per l’ambiente del 1986.
• prima dell’istituzione del Ministero specifico, però, il D.P.R. n. 616
del 1977, sul trasferimento e sulle deleghe delle funzioni
amministrative dello Stato, aveva creato una netta divaricazione tra
il settore dei beni culturali e quello dei beni ambientali. La gestione
di questi ultimi, con l’articolo 82, veniva affidata alle regioni, sia pure
soltanto a titolo di delega e implicava il riconoscimento dell’utilità di
un accorpamento delle funzioni di tutela paesaggistica alle
competenze urbanistiche come materia spettante alla dimensione
regionale.
• la legge n. 431 del 1985 (cosiddetta legge Galasso), che
regolamenta i rapporti tra tutela del paesaggio e
urbanistica, ha messo in evidenza la natura esteticoculturale dei beni ambientali protetti dai vincoli
paesaggistici.
• Al carattere culturale degli elementi territoriali considerati
espressione del paesaggio da proteggere, inteso come
sintesi dei valori naturalistici strettamente connessi a
quelli antropici, rimanda anche la legge quadro sulle
aree protette n. 394 del 1991, che definisce i caratteri
qualificanti delle aree di importanza naturalistica
nazionale e internazionale, evidenziando la presenza di
fattori storico-tradizionali nell’ambiente naturale come
elemento caratterizzante dei territori.
• Sulla base di questa convinzione
l’ambiente risulta passibile di tutela e
valorizzazione nella stessa misura dei beni
culturali e concorre alla definizione del
paesaggio, richiamato con incisività nel
Codice “Urbani” che arriva a definire il
patrimonio culturale l’insieme dei beni
culturali e dei beni ambientali.
• interpretazione del paesaggio di tipo filosofico-idealista,
legata esclusivamente alla categoria estetica o quella
prettamente scientifica che ha caratterizzato la cultura
degli inizi dell’Ottocento, oggi si parla di paesaggio
culturale ossia di un sistema in cui la natura e
l’intervento umano interagiscono in modo sostenibile
• Il concetto di paesaggio culturale è un concetto
storicamente dinamico di cui le collettività devono essere
consapevoli e responsabili. Attraverso il paesaggio
culturale si può acquisire la chiave di comprensione dello
sviluppo storico e geografico dei popoli tramite una
corretta impostazione e lettura delle correlazioni tra
condizioni fisiche e modelli sociali e culturali.
• alla fine del Settecento Antoine Crisostome Quatremère de Quincy
poneva le basi concettuali per una analisi corretta del contesto
inteso come luogo in cui si devono leggere ed analizzare i segni
della storia:
• II vero museo di Roma, quello di cui parlo, si compone, è vero,di
statue, di colossi, di templi, di obelischi, di colonne trionfali,di terme,
di circhi, di anfiteatri, di archi di trionfo, di tombe, di stucchi, di
affreschi, di bassorilievi, d'iscrizioni, di frammenti di ornamenti, di
materiali da costruzione, di mobili, d'utensili, etc.,
• ma nondimeno è composto dai luoghi, dai siti, dalle montagne, dalle
strade, dalle vie antiche, dalle rispettive posizioni delle città in
rovina, dai rapporti geografici, dalle relazioni fra tutti gli oggetti,
• dai ricordi, dalle tradizioni locali, dagli usi ancora esistenti,
• dai paragoni e dai confronti che non si possono fare se non nel
paese stesso
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Paesaggio = sostantivo latino pagus (villaggio, paese) e dal verbo gerere (costruire,
amministrare), culturale = voce verbale colere che significa coltivare.
Entrambi i termini rimandano ad una azione specifica sul territorio preordinata,
progettata e pensata in modo consapevole.
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Una particolare attenzione al paesaggio è rivolta all’intero territorio europeo,
attraverso la recente “Convenzione Europea del Paesaggio” che, promossa in seno
al Consiglio d’Europa, si interessa in modo specifico alla tematica paesistica,
riconoscendo proprio nel paesaggio un importante vettore di promozione dell’identità
europea e il principale legame tra l’uomo e il suo ambiente vitale.
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riconoscibilità del paesaggio culturale è un valore che ci è stato consegnato dalla
natura e dalla storia; rappresenta una ricchezza culturale e ambientale da custodire
attraverso strategie capaci di salvaguardarne i valori specifici.
Esiste un forte legame tra le civiltà che si sono sviluppate su un territorio e il territorio
stesso in relazione alle specifiche opportunità (territorio-risorsa) e agli esiti della
stratificazione delle precedenti culture (territorio-trama di civiltà).
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• Il paesaggio culturale deve offrire la possibilità di
cogliere la stratificazione di civiltà che in un determinato
territorio si è realizzata e di poter richiamare le scelte e
le modalità insediative che hanno portato alla sua
occupazione e al suo sfruttamento attraverso il tempo.
Infatti alcune scelte di fondo ed alcune caratteristiche
geomorfologiche accompagnano l’occupazione del
territorio nei diversi periodi storici e diventano pertanto
un elemento distintivo di forme abitative specifiche. Ciò
diventa ancora più significativo ed importante da cogliere
soprattutto per quelle fasi storiche a cui non è legata né
la monumentalità dei siti, né uno stato di conservazione
accettabili nelle strutture superstiti.
• Il concetto di paesaggio culturale impone la ricerca di
una innovativa gestione dello stesso, capace di
coniugare sviluppo civile e tutela e valorizzazione dei
beni culturali ed ambientali.
• Bisogna cioè elaborare uno scenario d’area vasta,
coinvolgendo diversi comuni e diversi territori con la
finalità di creare un quadro di riferimento organico che
rappresenti modi d’uso del territorio compatibili e
coerenti sia con la sua identità culturale, sia con gli
obiettivi di crescita economica e sociale della comunità
insediata, non per musealizzare il territorio, ma piuttosto
per promuoverne uno sviluppo compatibile o sostenibile.