I grandi personaggi del Federalismo. Testimonianze storiche del suo vero significato: un CONTRATTO sociale e politico. I personaggi della storia che hanno contribuito allo sviluppo dell'idea di “contratto” sociale e politico, o di federazione. Marco Tullio Cicerone Arpino 106 – Formia 43 a.C. "Il popolo non è un qualsiasi agglomerato di uomini riuniti in un modo qualsiasi, ma una riunione di gente associata per accordo nell'osservare la giustizia e per comunanza di interessi." Questa concezione romana è all'origine del contrattualismo per il quale lo stato è il risultato di un patto, di un "contratto" tra gli individui. Quindi l’unità e i poteri dello Stato NON precedono, ma conseguono da questo accordo stipulato tra i cittadini. Lo Stato inteso come prodotto di un “contratto” è la giustificazione teorica dello stato moderno; essa è strettamente legata al concetto di sovranità e più precisamente di sovranità popolare, ossia l'emanazione umana del Potere, (Edward N. Luttwak) Papa Gregorio VII Soana (Grosseto) 1020 ? - 1085 La teoria del contratto sociale e successivamente politico trova le sue origini nella disputa storica fra sostenitori del più insigne dei maremmani del Medioevo, papa Gregorio VII (Gregoriani), e quelli dell’Imperatore (Antigregoriani), verso l’anno 1075. I Gregoriani sostengono che l'imperatore Enrico IV non governa i sudditi per diritto divino illimitato, ma per un contratto tacito esistente fra lui e gli individui che si impegna a governare, rispettando alcuni principi e regole morali e religiose, violando le quali rimane privo del suo diritto davanti al popolo. Gregorio VII, con un piccolo gruppo di uomini colti ed onesti a lui fedeli, si pone contro lo stato di cose consolidato nei secoli per chiarire alle autorità politiche i limiti delle loro attribuzioni. Gli effetti della sua “Riforma” furono di tale importanza che andarono oltre quello che gli stessi protagonisti potevano immaginare. Essi avviarono la formazione di una nuova società europea, lo sviluppo di forze sociali popolari (i Comuni) e la fioritura di una spiritualità diversa rispetto al passato. S. Tommaso d'Aquino Aquino (Frosinone) 1224- 1274 Per S. Tommaso il “diritto” è "la proporzione tra il profitto che il mio atto produce ad un altro e la prestazione che questi mi deve in cambio", (definizione di “contratto”). Per lui la legge umana ha come fondamento sia la legge divina sia quella naturale. ”…il re non è il tiranno, ma colui al quale il popolo ha delegato la propria libertà e sovranità in nome della pace, dell'unità e del buon governo (ovvero il bene comune)”. San Tommaso è considerato il primo ad enunciare il principio di sussidiarietà. Questi concetti sono propri del “contratto politico o di federazione”, e saranno introdotti nei secoli successivi nella teoria dello Stato contrattuale o federale dai grandi teorici del FEDERALISMO. Marsilio da Padova (Padova, 1275 – Monaco di Baviera, 1342) è stato un filosofo e scrittore italiano. Marsilio da Padova (per questo la chiesa lo perseguitò) nel Defensor Pacis, (“difensore della pace”. La sua opera più conosciuta), scritto nel 1324, dove tratta, fra l'altro, dell'origine della legge. Mersilio sostiene che è la volontà dei cittadini che attribuisce al Governo, Pars Principans, il potere di comandare su tutte le altre parti, potere che sempre, e comunque, è un potere delegato, esercitato in nome della volontà popolare. La conseguenza di questo principio era che l'autorità politica non discendeva da Dio o dal papa, ma dal popolo, inteso come sanior et melior pars. Johannes Althusius Giurista tedesco, (1557- 1638) Johannes Althusius Giurista tedesco, (1557- 1638) Calvinista, autore di numerosi scritti tra cui il Politica methodice digesta (1603), fu tra i primi a teorizzare il primato della sovranità popolare, fondata sui principi del diritto naturale dei popoli e degli individui (Giusnaturalismo). Sostenne che il potere di governo è “delegato” ai governanti dal popolo, il quale però conserva la facoltà di revocare il mandato se vengono lesi i suoi diritti naturali fondamentali. Ugo Grozio De Groot, Huig, Olandese, (1583-1645) L’uomo - afferma Grozio - è per natura portato a ricercare i rapporti con i propri simili, anche se l'egoismo e l'interesse sono cause di conflitti. Gli uomini devono quindi darsi delle leggi per poter vivere insieme. Essi istituiscono tra loro un contratto sociale rinunciando ad una parte dei poteri che ciascuno ha in quanto essere libero in natura. L’obbiettivo di questo contratto è l'utile individuale e collettivo (il bene comune). Dunque lo Stato è "un corpo perfetto di persone libere che si sono unite per fruire in pace dei loro diritti e per la propria comune utilità". In virtù di questo fine il popolo trasferisce ad un organismo non solo l’esercizio, ma parte della sua sovranità. Grozio si rende conto come al suo tempo sia importante la stabilità del potere politico; questo lo porta a sostenere che i cittadini possono al massimo attuare una resistenza passiva quando sono in disaccordo con il governo. Ma nel caso in cui l’istituzione che detiene il potere sovrano si manifesti veramente come un nemico dell’intero popolo e opera per rovinarlo, è legittimo ribellarsi. Thomas Hobbes Filosofo politico inglese (1588 -1679) Nel suo trattato più conosciuto, il Leviatano, Hobbes afferma che nello stato di natura gli uomini nascono nell'eguaglianza, ma non possono restarci, dunque è la ricerca dell'eguaglianza che provoca e mantiene lo stato di guerra fra gli uomini. Dall'ineguaglianza – scrive - procede la diffidenza e dalla diffidenza la guerra. Considera lo stato come il risultato di un “contratto” fra il sovrano ed i cittadini, inteso a salvaguardare la pace ed a conservare la vita degli individui John Locke Filosofo politico inglese (1632 -1704) Nei Trattati sul governo Locke attacca duramente la dottrina del diritto divino, per la quale il sovrano riceve da Dio il diritto di governare. Propone un modello di stato basato sul contratto sociale, che riconduce l'origine del potere politico dello stato ad un patto giuridico tra individui, cioè ad un “contratto”. A differenza di Hobbes, Locke sostiene che i cittadini devono limitarsi a delegare al sovrano l'esercizio della forza, per garantire loro i diritti naturali alla vita, alla libertà ed alla proprietà. Così facendo essi rinunciano ad un solo diritto naturale: l'autodifesa, ossia il diritto di difesa di tali diritti che hanno delegato allo stato. Tuttavia se lo stato viola i diritti naturali fondamentali, sostiene Locke. i cittadini hanno il diritto naturale di rimuovere, anche attraverso una rivoluzione, il potere costituito. Tocqueville Visconte Alexis Henri Charles de Clérel Politico e storico francese, 1805-1859 Se la democrazia - sostiene Tocqueville - è solo una vuota affermazione di uguaglianza e non funziona perché esclude la viva partecipazione, il suo contravveleno è il FEDERALISMO come l’ha conosciuto in America. Eliminando l'accentramento all'interno della struttura dello stato, il Federalismo moltiplica le occasioni di partecipazione, mentre il Centralismo tende a soffocarle: è infatti nelle istituzioni comunali come si sono affermate in America, primo stato ad avere istituzioni federali, che si impara la Democrazia. Jean- Jacques Rousseau Sociologo svizzero (1712-1778) La sua opera fondamentale sul “Federalismo” venne distrutta accidentalmente durante la rivoluzione francese. Purtroppo è considerato dagli studiosi il padre dello stato nazionale accentrato, uno ed indivisible, che ha potato al nazionalismo ed alle guerre. In realtà Rousseau precorse i tempi affermando che lo stato può essere utile al miglioramento della vita di ogni individuo solo nell'ottica “contrattuale”, cioè “federale”. La sua più grande contraddizione consiste nell'aver considerato l'uomo e la sua società superiori alla natura. Le società naturali, secondo la sociobiologia moderna, hanno sempre carattere “CONTRATTUALE”, come del resto egli stesso afferma quando sostiene: “l'ordine sociale è un sacro diritto che serve di base a tutti gli altri. Tuttavia non ha la sua fonte nella natura: dunque si basa su “convenzioni”. La “convenzione”, da un punto di vista sociale è un “contratto”, come Rousseau stesso titola il suo libro più famoso: “Il CONTRATTO SOCIALE”. Filippo Mazzei Poggio a Caiano (Prato) (1730-1816) Nonostante sia sconosciuto al grande pubblico italiano, è ritenuto dagli storici uno dei padri della dichiarazione di indipendenza americana John F. Kennedy scrisse di lui: «La grande dottrina “Tutti gli uomini sono creati eguali” attribuito nella dichiarazione di indipendenza a Thomas Jefferson, è ripresa dagli scritti di Philip Mazzei, un patriota scrittore nativo dell'Italia.» I suoi scritti indicano in modo inconfutabile che sebbene non sia stato indicato come federalista, Mazzei ne ha colto lo spirito autentico come pochi altri. Fra le molte cose che riflettono il suo pensiero dello stato federale in senso contrattuale scrisse: “Che le leggi fatte dai nostri rappresentanti non possono essere dette, né devono essere, leggi del paese fintanto che non saranno approvate dalla maggior parte del popolo.” Ed ancora: “E' una verità incontestabile che un paese non è libero se tutti i suoi abitanti non partecipano egualmente al diritto di governare”. Pierre Joseph Proudhon Grande pensatore e sociologo francese (Besançon 1809- 1865) È considerato il caposcuola del federalismo integrale inteso come teoria dello stato contrattuale. Per P. J. Proudon sia il ruolo, sia la legge dello stato devono essere l'effetto della volontà dei cittadini su fatti sociali limitati, cioè il contenuto di un CONTRATTO POLITICO (o di FEDERAZIONE), formale scritto, letto, discusso ed approvato a maggioranza dagli aventi diritto al voto, oppure dalla stessa legittimato. Nel contratto politico i cittadini conferiscono ai propri rappresentanti una quantità della loro “sovranità” sempre inferiore a quella che riservano per sé e dovendo sempre fare i loro interessi, devono ricevere dallo stato sotto forma di servizi almeno quanto allo stesso destinano sotto forma di imposte e tasse. Il contratto politico costituisce l'antitesi dello stato moderno basato sull'accentramento e sulla rappresentanza integrale che considera i due virus mortali della democrazia e della repubblica. Giuseppe Ferrari Giurista, filosofo e politico (Milano 1811- 1876) Giuseppe Ferrari, grande amico di Pierre Joseph Proudhon con cui condivideva l'idea del carattere contrattuale dello stato, aveva la visione politica di un'Italia costituita come Federazione dei suoi popoli. Per lui l'opinione pubblica doveva essere preparata alla RIVOLUZIONE FEDERALISTA (che doveva avvenire spontaneamente) per la nascita di un partito di stampo popolare, democratico e repubblicano. La questione sociale era infatti per Ferrari inscindibile da quella istituzionale. Il futuro stato federale italiano sarebbe stato gestito da una assemblea democraticamente eletta e da tante assemblee regionali. Carlo Cattaneo Pensatore federalista, professore di lettere e scienze umane (Milano 1801- Lugano1869) Discepolo di Domenico Romagnosi, dedicò la vita a studiare le problematiche sociali ed economiche affinché l'Italia potesse evolversi, attraverso il progresso scientifico ed il federalismo di cui aveva compreso l'enorme portata sociale. Si adoperò per assicurare l'autonomia del Lombardo-Veneto. Nelle sue opere auspica la nascita di una Federazione italiana indipendente. In seguito ai moti del 1848 ed alla Repubblica Romana del 1849 giudata da un triumvirato costituito da Mazzini, Saffi e Armellini. Cattaneo riparò in Svizzera a Lugano. Qui partecipò alla vita politica della città e del Cantone. Morí a Lugano pur essendo più volte eletto come deputato del Parlamento dell'Italia unificata; rifiutò sempre di entrare nel parlamento italiano per non dover giurare fedeltà alla monarchia dei Savoia. Adriano Olivetti Ingegnere, imprenditore e politico (1901-1960) Mentre in Europa imperversa la seconda guerra mondiale, Olivetti si rifugia in Svizzera dove completa la stesura del libro L'ordine politico delle comunità. Nella sua critica ai partiti ed al parlamentarismo integrale, partendo dagli studi di Ferdinand Tönnies derivava l'idea di comunità come spazio naturale dell'uomo. I termini comunità e società indicano per Olivetti due modi diversi di concepire le associazioni di individui e generano due differenti tipi di rapporti sociali: umani e virtuali. Così supera l'idea della contrapposizione fra comunità e società di Tönnies e pone la prima come la nuova misura dell’ordine politico fondata sul federalismo, punto di convergenza fra la persona e lo stato e fra la necessità della dimensione limitata della comunità in rapporto alla grande babele della società moderna e delle sue metropoli. Questo assunto gli serve a dimostrare che non ci può essere democrazia senza quella base di esperienza umana ed affettiva dei rapporti interpersonali che è possibile alimentare e conservare solo a livello di una comunità naturale, federale e di dimensioni limitate. Daniel J. Elazar Teorico del Federalismo (1934-1999) Elazar è stato professore di Scienze politiche alla Temple University di Philadelphia, dove fondò e diresse il Centro per lo Studio del Federalismo Si è occupato anche della cultura politica e della tradizione ebraica. Elazar era fermamente convinto che la tradizione federale dello stato si sarebbe alla lunga rivelata decisiva di fronte ai fallimenti dello stato moderno. In un suo libro tradotto da Marco Bassani (Idee e forme del Federalismo), scrive: «La sovranità nelle repubbliche federali viene invariabilmente attribuita al popolo, che delega i propri poteri ai diversi governi o che si accorda per esercitare direttamente quei poteri come se fosse esso stesso il governo. (...) Il popolo sovrano può delegare e dividere i poteri come meglio crede ma la sovranità rimane una sua proprietà inalienabile.» Questo è il senso profondo e la “causa prima” del Federalismo! Gianfranco Miglio Costituzionalista e scienziato della politica Como 1918 - 2001 Il suo pensiero di grande scienziato della politica e del federalismo è vastissimo ed articolato. Crediamo che si possa riassumere in queste poche, profetiche parole circa le radici del federalismo: «…la sua vittoria è la vittoria del “contratto” sul “patto politico”, nell’Europa statalista». «Con il consenso della gente si può fare di tutto: cambiare il governo, sostituire la bandiera, unirsi a un altro paese, formarne uno nuovo». Il “Principio di sussidiarietà”: cardine della concezione federale dello Stato Papa Leone XIII nell'enciclica Rerum Novarum (15 maggio 1891): Non v'è ragione di ricorrere alla provvidenza dello Stato perché l'uomo è anteriore allo Stato: quindi prima che si formasse il civile consorzio egli dovette aver da natura il diritto di provvedere a se stesso. È dunque un errore grande e dannoso volere che lo Stato possa intervenire a suo talento nel santuario della famiglia. Certo, se qualche famiglia si trova per avventura in sì gravi strettezze che da se stessa non le è affatto possibile uscirne, è giusto in tali frangenti l'intervento dei pubblici poteri, giacché ciascuna famiglia è parte del corpo sociale. …Qui però deve arrestarsi lo Stato; la natura non gli consente di andare oltre. Papa Pio XI nell'enciclica Quadragesimo anno (1931) dà la seguente definizione del principio di sussidiarietà: …siccome non è lecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le loro forze e l'industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ne deriverebbe un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società poiché l'oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva (subsidium afferre) le membra del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle. Il Federalismo Integrale o della Persona Affinché il Contratto politico o di Federazione sia vantaggioso ed utile per tutti, occorre che il cittadino, entrando nella associazione tra sé e lo Stato, 1) abbia tanto da ricevere dallo Stato, quanto ad esso sacrifica; 2) conservi tutta la propria libertà, sovranità e iniziativa, meno ciò che è la parte relativa all'oggetto speciale e limitato per il quale il contratto è stipulato e per la quale si chiede la garanzia allo stato; 3) che la quantità di “sovranità” che gli aventi diritto al voto cedono ai loro “rappresentanti” sia sempre inferiore a quella che riservano per sé. Così regolato ed inteso, il “contratto politico” è una federazione. Questo testo è indirizzato ai cittadini di buona volontà che vogliono impegnarsi e cooperare per far conoscere le possibili alternative alla forma di Stato e di governo accentrata che in Italia è stata, e sarà sempre più, la causa prima della perdita della libertà e della democrazia. La grande battaglia politica si svolgerà tra due diverse concezioni della forma di Stato e di governo: - Lo Stato moderno, unitario, indivisibile ed accentrato, in cui “sovrano” è lo Stato; - Lo Stato federale o contrattuale in cui “sovrano” è il Cittadino, la persona. L'esito di questa battaglia potrebbe decidere le sorti della nostra specie. A cura di Paolo Bonacchi per Accademia degli Uniti Informazione promossa da: Accademia degli Uniti «Vicissim nectuntur» - A. D. 1551 Piazza Erbe, 5 - Basilica Palladiana - 36100 Vicenza e.mail: [email protected] L‘Accademia ha come simbolo una catena d'oro, col motto latino Vicissim nectuntur (sono legati assieme). Nel suo statuto, sin dal 1551, ebbe come finalità la divulgazione della cultura e il bene della comunità, poiché si impegnava in difesa dei poveri, degli orfani, delle vedove, di ogni sorta di miserabili. Istituiva anche un comitato di avvocati per patrocinare gratuitamente i meno abbienti. Finalità dell’attuale sodalizio (già Accademia degli Uniti) è quella di divulgare la storia e la cultura, nella convinzione che conoscendo le nostre origini avremo idee più chiare su dove andremo. L’Accademia (dal lontano 1551) organizza giornate di studio sulla politica, l'economia, l'arte, la cultura. Se questa informazione è condivisa, fate circolare questo messaggio. Grazie!