Modena IV Circoscrizione FILOSOFIA IN QUARTIERE Quarto

Modena
IV Circoscrizione
FILOSOFIA IN QUARTIERE
Sesto incontro
15 marzo 2012
PENSARE LA SINGOLARITÀ
COME RELAZIONE
Jean-Luc Nancy, Essere singolare plurale
1
Concepire l’essere
come azione e
passione, dove si
determina il senso
dell’esistente, con
tutta la sua
discrezione e
fragilità, ma pure
con la sua
distinzione fra e
rispetto a tutte le
altre posizioni.
Co-esistenza
La necessità di salvare l’esigenza irriducibile: che
noi possiamo dire “noi”, che noi possiamo dirci
noi (dirlo di noi stessi e dirlo gli uni agli altri) a
partire dal momento in cui né un capo né un dio
lo dice più per noi (p. 59).
3
Da un dominio di potere a
una sovranità spartita
come prassi di senso
Il fatto di non poter dire “noi” fa precipitare ogni “io” –
individuale e collettivo – nella demenza, cioè in uno stato
in cui non può più dire “io”. Voler dire “noi” non ha nulla di
sentimentale, di familistico o di “comunitarista; è
l’esistenza stessa a reclamare quanto le è dovuto, o a
reclamare la propria condizione: la co-esistenza (p. 59).
4
La crisi della città e l’essere-gli-unicon-gli-altri nella sua piena sovranità
L’essere-in-comune, l’essere-in-tanti, l’essere-gli-uni-con-gli-altri: qui
è tutto quanto ci fa pensare, tutto quanto fa pensare “noi”.
È nel momento in cui non c’è più una “prospettiva socialista” da
presentare e da proporre al “posto di comando” di un soggetto della
storia e della politica, è nel momento in cui, in via più generale, non
c’è più, per così dire, una “città” o una “società” di cui si possa
proporre un modello regolativo, è in questo momento che l’essere-in
tanti, sottratto a ogni intuizione, a ogni rappresentazione e a ogni
immaginazione, s’impone come questione, in tutta la sua gravità, e
come esigenza, nella sua piena sovranità (pp. 60-61).
5
Dallo smarrimento radicale
della globalizzazione
all’essere-gli-uni-con-gli-altri
L’ontologia per Nancy è dell’ambito
dell’esistenza: Il suo nome significa:
pensiero dell’esistenza. E la sua situazione significa oggi: pensare
l’esistenza all’altezza di quella sfida di pensiero che è la mondialità
come tale (che la si definisca poi come “capitale”, “tecnica”,
“(dis)occidentalizzazione”, “frattura della storia”, ecc.) (p. 63).
Che cosa fa sì che l’essere come tale sia un essere uguale, che circola
da essente a essente, e implica dunque la disparità, la discontinuità
e la simultaneità che occorrono per misurare una
“rassomiglianza”? (p. 64).
6
DIALOGO SULLA FILOSOFIA A VENIRE
di R. Esposito e J.-L. Nancy
Una filosofia
dello spazio,
una politica
dei corpi
7
tra il territorio e la terra
La filosofia non ha un oggetto proprio, ma solo “comune”.
Deleuze: il lavoro del filosofo è un impegno di movimento
continuo di territorializzazione e deterritorializzazione.
«pensare non è un filo teso tra un soggetto e un oggetto, né una
rivoluzione dell’uno intorno all’altro. Il pensare si realizza piuttosto
nel rapporto tra il territorio e la terra» (p. VIII).
8
Una filosofia dello spazio,
una politica dei corpi
La superficie del pianeta non conosce più
terrae incognitae: le mappe non
contengono più spazi bianchi (p. IX).
Per certi versi, dunque, quella che
abbiamo vissuto è stata la storia di una
progressiva saturazione dello spazio
terrestre. E quella che alcuni hanno
chiamato la “fine della storia”
corrisponde, appunto, a questa
occupazione completa dello spazio (p. X).9
La “fine della storia” come
occupazione completa dello
spazio
L’estensione ha cessato d’essere espansiva, per diventare
semmai intensiva – forze condensate, compresse, potenze
concentrate in particelle o fibre infime, miliardi di byte
d’energia e d’informazione in uno spazio-tempo pressoché
nullo.
L’accartocciamento dello spazio su se stesso. Lo spazio non è
più un luogo di soggiorno, non è più propriamente
dimensionale: la terra si riduce a un punto che è senza
dimensioni.
10
L’ostensione intensiva
dello spazio
Fino ad oggi filosofare era aprire uno sguardo dinnanzi a uno
spazio. Oggi ci siamo dentro, inevasibilmente. Tutto ci tocca.
Non si tratta di uno spazio davanti a uno sguardo. Siamo di
fronte all’effetto di un’esperienza inedita del mondo, anche
inquietante, eccitante. Il nostro esserci, per quanto preceduto
da una storia, non sa proprio come avvalersene. Lo spazio
come estensione, senza dimensione. Ma sotto ogni profilo
tutto in-tensione.
11
La filosofia
e il nesso originario tra
spazio e libertà
Essere necessariamente locati e essere insieme liberi dalla
locatezza che si chiude su di sé
La comunità nella dimensione dell’abbandono di senso e
di “ritiro degli dèi”?
Nichilismo è la spinta ad annientare ogni condivisione.
12
Il lutto per la perdita
di una presenza originaria
«Politica e filosofia hanno in comune un tratto
originale: entrambe nascono dalla scomparsa
degli dèi» (p. XIII).
«Noi siamo dunque sempre in lutto per la perdita di
una presenza “vera” o “originaria”. Come uscire da
tale lutto, ossia come uscire dal nichilismo?» (p. XIV).
13
Il modello sacrificale
e l’ordine gerarchico
dell’essere-insieme
nella forma dell’Uno
L’ordine gerarchico dell’essere-insieme nella forma dell’Uno. I più
sacrificabili per l’Uno. Nel xmo permane la forma mentis della
convergentia in Unum, anche se, rivoluzionariamente, è l’Uno che si
sacrifica per i più.
Il pensiero da pensare è l’uguale dignità ontologica dei diversi come
base per fondare una politica libera dal modello sacrificale del
Totem.
14
“tutto non è politico”
“tutto non è economico”
“tutto non è tecnologico”
La chimera dell’onnipotere dell’uomo tecnologico sulla natura
«Ma è per l’appunto questa autosufficienza che il presente, giorno
dopo giorno, sembra dimostrare inconsistente. La mondializzazione –
l’oiko-logizzazione generale della polis – fa infatti emergere sempre
più, e con violenza sempre più acuta, la non-naturalità del suo
processo e della supposta “natura”: mai ci siamo trovati immersi a
tal punto nella sfera di una meta-physis. La politica si è ritratta […]
come totalità e come totalizzazione. In tal senso tutto non è politico»
15
Pensare la comunità
resta la nostra
questione…
La fuga del senso come senso del nostro mondo
L’esigenza di una
tenuta morale
16
Politica
e tecnica
Pensare la tecnicizzazione del mondo
fuori dalla sovranità
17
Corpo è una
parola leggera
– una parola di
danza
Corpo significa anzitutto: in presenza di altri corpi
Il corpo è l’apertura al mondo e l’apertura di un
mondo: il “ci” in quanto spaziatura.
18
È bene sorreggersi agli altri. Poiché
nessuno sostiene da solo la vita.
(Hölderlin)
Dato che la natura umana è la vera
comunità degli uomini, costoro
producono affermando la propria natura, la comunità
umana, l’essere sociale, che non è una potenza generale e
astratta contrapposta all’individuo isolato, ma l’essere di
ogni individuo, la sua stessa attività, la sua vita, il suo
godimento, la sua ricchezza. Dire che l’uomo è alienato a
se stesso equivale a dire che la società di quest’uomo
alienato è una caricatura della sua comunità reale. (Marx)
19
Il problema dell’indirizzo della filosofia
e la questione dei pronomi personali
Un discorso che deve
indirizzarsi a tutti
singolarmente, non
universalmente
20
L’indirizzo del pensiero, questo è il
problema
«L’indirizzo vuol dire, al tempo stesso, che il pensiero si
indirizza a “me”, a “noi”, a partire però dal mondo, dalla
gente, dalle cose, a partire da “noi”.»
C’è un’attesa: «quella di fare percepire l’indirizzo di un
pensiero che ci giunge da dovunque, simultaneamente,
moltiplicato, ripetuto, ribattuto, ribattente e variabile, di
un pensiero che fa cenno solo a “noi” e al nostro curioso
“essere-gli-uni-con-gli-altri”, gli-uni-indirizzati-agli-altri»
21
«Che noi siamo il senso»
Il discorso contemporaneo sul
senso fa di più. […] Mette in
evidenza il fatto che il «senso»,
inteso così assolutamente, si è
trasformato nel nudo nome del
nostro essere-gli-uni-con-gli-altri: noi non «abbiamo»
più senso perché siamo noi stessi il senso,
interamente, senza riserve, infinitamente, senza altro
senso al di fuori di «noi». (p.5)
22
«Che noi siamo il senso»
stato
Il senso non come misura dello
stato delle cose, ma come
elemento in cui fare circolare dei
significati
Il senso consiste nel suo prendere senso, nel
contatto di senso.
23
Pensare nella spaziatura del mondo
Tra creazione e sofisticata
rivoluzione tecnologica
delle comunicazioni
24
La gente è strana
Il tocco di senso e la grazia della bizzarria
25
La gente è strana
Lo statuto del singolare plurale come intersezione del “tra noi”
Tutto accade dunque tra di noi: questo tra non ha una
propria consistenza… […] è l’inter-sezione dei fili le cui
estremità restano separate anche se annodate. Il
«tra» è la dimensione e la distanza aperta dal
singolare in quanto tale, è come la spaziatura del suo
senso. Quel che non è nella distanza del «tra» è solo
l’immanenza che affonda in se stessa ed è priva di
senso.(p.11)
26
La gente è strana
Il tocco di senso mette in gioco la sua stessa
singolarità
Il tocco di senso mette in gioco la sua stessa singolarità, la
sua distinzione – e la pluralità dell’«ogni volta» di tutti i
«tocchi di senso» […] ciascuno dei quali è « mio» a sua
volta, a seconda della volta o della piega singolare della
sua affermazione. (p. 12)
Ogni origine è incomparabile, inassimilabile; ogni tocco di
senso è unico, eterogeneo e incommensurabile.
L’estraneità dell’altro è assolutamente originaria, perché
comincia lì l’origine.
27
Una filosofia della
mitezza e della
sobrietà
•
Siamo abbozzi di voce, siamo accenni d’affetto
(LETT.: p. 13)
Maieutica socratica: il miracolo dell’origine nella
contra/dictione e la verità nella coda dell’occhio
28
Che cos’è una
singolarità
Che cos’è una singolarità se non, ogni volta, la sua «propria»
apertura, la sua «propria» imminenza, un’imminenza sempre
rasentata, sfiorata: che si scopre à côté, sempre di fianco (come
si dice in argot [gergo] «à côté de ses pompes», «di fianco alle
proprie scarpe» per dire che qualcosa non calza, che non si è
capito bene […] si tratta sempre di una via di scampo, di
un’elusione e quasi di uno svuotamento o di una stranezza
percepita come la regola stessa). (p. 14)
29
Il miracolo di un’origine
Quanto alle differenze singolari, esse non
sono mai soltanto «individuali», ma infra-induviduali:
non sono mai Pietro o Maria che ho incontrato, ma l’uno
o l’altra in questa precisa «forma», in questo «stato», in
questo «umore», ecc.
Il differenziale irriducibile del quotidiano,
la sua frattura rinnovata di continuo, la sua intima
discordanza, la sua polimorfia e la sua polifonia, il suo
rilievo e la sua striatura.
30
La gente è strana
La verità non può essere altro che la verità dell’essente
nella sua totalità, cioè nella totalità della sua
«ordinarietà», così come il senso non può trovarsi altrove che
nell’esistenza stessa, direttamente in essa, e non da qualche altra
parte. Il mondo moderno esige di pensare questa verità: che il senso
è direttamente in (à même). È nella pluralità indefinita delle origini e
nella loro co-esistenza. In quest’ambito, l’«ordinario» è sempre
eccezionale, non appena si ammetta il suo carattere di origine.
Quanto noi risentiamo comunemente come «stranezza» non è altro
che questo carattere. Nella nudità dell’esistenza e secondo il senso
del mondo, l’eccezione è la regola (e non è poi questo che
testimoniano le arti e la letteratura? (pp. 16-17)
31
Dov’è la grisaglia ordinaria,
dove il bizzarro?
32
I temi dello «stupore» e della «meraviglia
dell’essere» sono sospetti qualora facciano
riferimento a una misticità estatica che pretende
di trovare un’uscita dal mondo.
33
Il tema della
«curiosità
scientifica» è
sospetto se inteso
come un
affaccendarsi alla
ricerca di rarità da
collezionare
34
Il desiderio dell’eccezione presuppone un
atteggiamento sdegnoso nei confronti
dell’ordinarietà
35
Il mondo moderno esige di pensare questa
verità: che il senso è direttamente in (à même)
36
L’«ordinario» è
sempre
eccezionale,
non appena si
ammetta il suo
carattere di
origine
Espressioni
mistiche
37
L’«ordinario» è
sempre
eccezionale, non
appena si
ammetta il suo
carattere di
origine
Cenno di
ammiccamento
38
Abbiamo di che ruminare per la
prossima settimana, e non solo!
GRAZIE
39
Accedere all’origine
La filosofia del toccare
L’originarietà dell’altro
Dio come aporia dell’origine
L’alterità dell’origine tra immanenza e irriducibilità
40
Il tocco plurale dell’origine singolare
L’indisponibilità dell’origine
L’essere come passione e azione
Il senso dell’essere come esistenza
La logica sacrificale del Grande Altro
41
La creazione del mondo
Nancy –Spinoza: Dio nell’ex-posizione delle infinite
disposizioni originarie degli essenti
La singola esistenza come luogo del divino che si ricrea
Ogni corpo: un tocco di senso, un atto sorgivo dentro la
dismisura impossibile da totalizzare
42
La singolarità esistente:
l’ex-posizione dell’essere come tale
L’ideologicità della pretesa differenza tra l’esistenza
autentica dell’uomo e la sub-esistenza del resto
dell’essente
Agamben, L'Aperto. L'uomo e l'animale e il banchetto degli
eletti
43
intrigati dall’alterità
sempre rinnovata dell’origine
Gli altri essenti sono per me curiosi («bizzarri») perché mi danno
accesso all’origine, me la fanno toccare, mi lasciano davanti ad essa
e davanti alla sua torsione ogni volta sfuggente. Un altro – che può
essere un altro uomo, un animale, una pianta, una stella – è
anzitutto la presenza flagrante di un punto e di un istante d’origine
assoluta, irrecusabile, offerta come tale e come tale svanente nel
suo passaggio. Ancora una volta, il volto di un neonato, quell’altro
volto sul marciapiede, un insetto, un pesce-vipera, una pietra… - a
patto di capire che non si tratta di rendere equivalenti queste
curiose presenze. (p. 30)
44
L’Origine fuori dal mondo e
il rischio sinistro dell’estensione narcisistica
suprema
tale desiderio è un desiderio di omicidio, e non soltanto, ma è un
desiderio di quel sovrappiù di crudeltà e di orrore che è come
l’intensificazione tendenziale dell’omicidio: la mutilazione, lo
smembramento, l’accanimento, l’esecuzione meticolosa, il godimento
dell’agonia, oppure, su un altro piano, il massacro, il carnaio,
l’esecuzione tecnica in massa, la contabilità dei campi di sterminio. Si
tratta sempre di sbarazzarsi dell’altro trasformandolo nell’Altro, o di
far sorgere l’Altro al posto dell’altro, identificando così l’Altro e
l’origine in lui. (p. 31)
45
Ogni volta una storia
e non la storia
La questione dell’origine della nostra storia
e la “stranezza” del «miracolo greco»
La decostruzione dei dispositivi metafisici di
potere di senso
46
Il rapporto filosofia/politica
L’ambiguità congenita che pregiudica i diritti dell’uomo
La volontà di coincidenza di città/filosofia e la logica del
sacrificio
Ripartire dal singolare plurale delle origini, ossia partire
dall’essere-con
47
Il senso e l’essere come essere-con
Il senso, infatti, non è mai per uno, ma sempre dall’uno all’altro,
sempre tra l’uno e l’altro. Il senso dell’essere non è mai in ciò che
viene detto – nei significati – ma risiede invece nel fatto che “è
parlato”, nel senso assoluto dell’espressione.
L’essere è da subito posto in gioco come «con».
La comprensione dell’essere non è altro che la comprensione degli
altri, il che significa, in tutti i sensi, la comprensione degli altri da
parte mia e la comprensione di me da parte degli altri, la
comprensione gli uni degli altri.
48
Essere singolare plurale
Esiste solo ciò che esiste
La stuporosa fascinazione dei comparimenti
La co-esistenza del singolare nel plurale
dell’esistenza come condizione del possibile
49
Il «con» al cuore dell’essere
Essere singolare plurale vuol dire: l’essenza dell’essere è,
ed è soltanto, una co-essenza… […] È come in un potere
collegiale: il potere non è esterno ai membri del collegio,né
interno a ciascuno di loro, ma consiste nella collegialità in
quanto tale.
Non si tratta dunque dell’essere in prima battuta, cui si
aggiunge il «con», ma del «con» al cuore dell’essere.
50
Ripensare da capo
la filosofia della città
La filosofia comincia con e nella co-esistenza
«concittadina» in quanto tale (facendo sorgere di colpo, e
differenziandosi in tal modo dalla forma «impero», il
potere come problema). Insomma, la «città» non è in
prima battuta una forma di istituzione politica, ma è
l’essere-con come tale. E la filosofia è dunque il pensiero
dell’essere-con, per cui essa è anche il pensare-con come
tale. (p. 46)
51
L’essere-con come il pensiero da pensare
Non prima l’essere dell’essente e poi l’essente stesso come
essente l’uno-con-l’altro, ma l’essente – e ogni essente –
determinato nel suo stesso essere come essente l’uno-con
l’altro. Singolare plurale.
Del resto, singuli in latino si dice solo al plurale, poiché
designa l’«uno» dell’«uno-a uno». Il singolare è sin da
subito ogni uno, e dunque anche ogni con e tra tutti gli
altri. Il singolare è un plurale.
52
Il significato dell’inquietudine moderna
Né a partire dall’Uno, né a partire dall’Altro
La questione dell’essere e del senso dell’essere è diventata
a questione dell’essere-con e dell’essere insieme (del senso
del mondo). Ecco qual è il significato dell’inquietudine
moderna […] dover essere solo ciò che essa è, ma dovere
infine essere essa stessa l’essere in quanto tale.
53
Eternità come verità del suo passaggio
L’ “io me” dell’individualismo miserabile
Il “noi tutti” dell’universalismo metafisico
Il “noi altri” di Nietzsche come pensiero del caso
singolare
54
15
Il tema della «curiosità scientifica» è sospetto se
inteso come un
affaccendarsi alla ricerca
di rarità da collezionare
55