Modena IV Circoscrizione FILOSOFIA IN QUARTIERE Quarto

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Modena
IV Circoscrizione
FILOSOFIA IN QUARTIERE
Settimo incontro
22 marzo 2012
PENSARE LA SINGOLARITÀ
COME RELAZIONE
Jean-Luc Nancy, Essere singolare plurale
1
La gente è strana
Il tocco di senso e la grazia della bizzarria
2
La gente è strana
Lo statuto del singolare plurale come intersezione del “tra noi”
Tutto accade dunque tra di noi: questo tra non ha una
propria consistenza… […] è l’inter-sezione dei fili le cui
estremità restano separate anche se annodate. Il
«tra» è la dimensione e la distanza aperta dal
singolare in quanto tale, è come la spaziatura del suo
senso. Quel che non è nella distanza del «tra» è solo
l’immanenza che affonda in se stessa ed è priva di
senso.(p.11)
3
La legge del tatto
Da un singolare all’altro c’è contiguità, non
continuità.
Ogni essente tocca ogni essente, ma la legge del
tatto è la separazione o, ancora meglio, è
l’eterogeneità delle superfici che si toccano. […]
Se «entrare in contatto» vuol dire cominciare a
fare senso gli uni per gli altri, questa «entrata»
non penetra in nulla […].
Non c’è nulla dall’uno all’altro che sia qualcosa di
diverso dall’uno o dall’altro. (p.11)
4
La gente è strana
Il tocco di senso mette in gioco la sua stessa
singolarità
Il tocco di senso mette in gioco la sua stessa singolarità, la
sua distinzione – e la pluralità dell’«ogni volta» di tutti i
«tocchi di senso» […] ciascuno dei quali è « mio» a sua
volta, a seconda della volta o della piega singolare della
sua affermazione. (p. 12)
Ogni origine è incomparabile, inassimilabile; ogni tocco di
senso è unico, eterogeneo e incommensurabile.
L’estraneità dell’altro è assolutamente originaria, perché
comincia lì l’origine.
5
Una filosofia della
mitezza e della
sobrietà
•
Siamo abbozzi di voce, siamo accenni d’affetto
(LETT.: p. 13)
Maieutica socratica: il miracolo dell’origine nella
contra/dictione e la verità nella coda dell’occhio
6
Che cos’è una
singolarità
Che cos’è una singolarità se non, ogni volta, la sua «propria»
apertura, la sua «propria» imminenza, un’imminenza sempre
rasentata, sfiorata: che si scopre à côté, sempre di fianco (come
si dice in argot [gergo] «à côté de ses pompes», «di fianco alle
proprie scarpe» per dire che qualcosa non calza, che non si è
capito bene […] si tratta sempre di una via di scampo, di
un’elusione e quasi di uno svuotamento o di una stranezza
percepita come la regola stessa). (p. 14)
7
Il miracolo di un’origine
Quanto alle differenze singolari, esse non
sono mai soltanto «individuali», ma infra
individuali: non sono mai Pietro o Maria
che ho incontrato, ma l’uno o l’altra in questa precisa
«forma», in questo «stato», in questo «umore», ecc.
Il differenziale irriducibile del quotidiano,
la sua frattura rinnovata di continuo, la sua intima
discordanza, la sua polimorfia e la sua polifonia, il suo
rilievo e la sua striatura.
8
È per tutto l’essente che noi diciamo
lo strano, il bizzarro, il curioso, lo
sconcertante
«Le genti», con l’irriducibile stranezza che le
costituisce in quanto tali, sono esse stesse, in
primo luogo, l’esposizione della singolarità nella quale l’esistenza
esiste, in modo irriducibile e primo… […] pure la «natura» è
strana e noi esistiamo in essa, […] in una singolarità sempre
rinnovata, una singolarità che può essere quella della disparità o
diversità dei nostri sensi, quella della profusione sconcertante
delle sue specie, o quella delle sue metamorfosi nella «tecnica».
Anche in questo caso è per tutto l’essente che noi diciamo lo
strano, il bizzarro, il curioso, lo sconcertante. (p. 16)
9
I temi dello «stupore» e della «meraviglia
dell’essere» sono sospetti qualora facciano
riferimento a una misticità estatica che pretende
di trovare un’uscita dal mondo.
10
Il tema della
«curiosità
scientifica» è
sospetto se inteso
come un
affaccendarsi alla
ricerca di rarità da
collezionare
11
Il desiderio dell’eccezione presuppone un
atteggiamento sdegnoso nei confronti
dell’ordinarietà
12
Dov’è la grisaglia ordinaria,
dove il bizzarro?
13
Il mondo moderno esige di pensare questa
verità: che il senso è direttamente in (à même)
14
L’«ordinario» è
sempre
eccezionale,
non appena si
ammetta il suo
carattere di
origine
Espressioni
mistiche
15
L’«ordinario» è
sempre
eccezionale, non
appena si
ammetta il suo
carattere di
origine
Cenno di
ammiccamento
16
La gente è strana
La verità non può essere altro che la verità
dell’essente nella sua totalità, cioè nella
totalità della sua «ordinarietà», così come il
senso non può trovarsi altrove che
nell’esistenza stessa, direttamente in essa, e non da qualche altra
parte. Il mondo moderno esige di pensare questa verità: che il senso
è direttamente in (à même). È nella pluralità indefinita delle origini e
nella loro co-esistenza. In quest’ambito, l’«ordinario» è sempre
eccezionale, non appena si ammetta il suo carattere di origine.
Quanto noi risentiamo comunemente come «stranezza» non è altro
che questo carattere. Nella nudità dell’esistenza e secondo il senso
del mondo, l’eccezione è la regola (e non è poi questo che
testimoniano le arti e la letteratura? (pp. 16-17)
17
GRAZIE!
18
Accedere all’origine
La filosofia del toccare
L’originarietà dell’altro
Dio come aporia dell’origine
19
Dio non è l’origine, ma l’aporia
dell’origine
L’originarietà dell’altro, ciò che crea l’alterità dell’altro, è il carattere
assolutamente sorgivo di ogni essente; un modo unico e singolare
dell’origine. L’origine non è al di fuori dell’originarietà degli
essenti.
L’originarietà dell’origine non è una proprietà che possa distinguere
un essente da tutti gli altri, poiché questo essente dovrebbe
comunque essere altro da se stesso per possedere a sua volta
un’origine. Questa è la classica aporia di Dio e la prova della sua
inesistenza.
La necessità dell’esistenza, è data dall’esistere di tutto l’esistente,
nella sua diversità e nella sua stessa contingenza, e non può
dunque costituire di per sé un essere supplementare.
20
Il tocco plurale dell’origine singolare
L’indisponibilità dell’origine
L’essere come passione e azione
Il senso dell’essere come esistenza
La logica sacrificale del Grande Altro
21
Nella legge del tatto
Il nostro toccare è ciò che ci rende noi e non c’è
nessun segreto da scoprire o da nascondere
dietro il toccare stesso, dietro il «con» della coesistenza.
Alla verità dell’origine noi accediamo tutte le
volte che siamo in presenza gli uni degli altri e
in presenza del resto dell’essente. L’accesso è il
«venire in presenza», ma la presenza stessa è
la dis-posizione, la spaziatura delle singolarità.
22
In questo consiste la «stranezza»:
ogni singolarità è un altro accesso al mondo
Ogni bambino che nasce ha già sottratto, nella
singolarità che subito esibisce, l’accesso che egli
è «per se stesso» e l’accesso nel quale egli si
ripiega «su se stesso» - così come un giorno si
sottrarrà nell’ultima torsione di un volto morto.
Il mistero semplice e inscioglibile dell’origine, nel
suo stesso scarto rispetto ad ogni logos, è il
tocco plurale dell’origine singolare.
23
«Un mondo è sempre tutti i mondi
che ci vogliono per fare un mondo»
L’accesso all’origine sta nell’accesso a noi e al
mondo, e questo è il senso della finitezza:
l’infinita singolarità del senso, dell’accesso alla
verità. La finitezza è l’origine, il che vuol dire
che essa è un’infinitezza di origini. «Origine»
significa non qualche cosa da cui proverrebbe
il mondo, ma la venuta, ogni volta una, di ogni
presenza del mondo. (p. 24)
24
intrigati dall’alterità
sempre rinnovata dell’origine
Gli altri essenti sono per me curiosi («bizzarri») perché mi danno
accesso all’origine, me la fanno toccare, mi lasciano davanti ad essa
e davanti alla sua torsione ogni volta sfuggente. Un altro – che può
essere un altro uomo, un animale, una pianta, una stella – è
anzitutto la presenza flagrante di un punto e di un istante d’origine
assoluta, irrecusabile, offerta come tale e come tale svanente nel
suo passaggio. Ancora una volta, il volto di un neonato, quell’altro
volto sul marciapiede, un insetto, un pesce-vipera, una pietra… - a
patto di capire che non si tratta di rendere equivalenti queste
curiose presenze. (p. 30)
25
L’Origine fuori dal mondo e
il rischio sinistro dell’estensione narcisistica
suprema
tale desiderio è un desiderio di omicidio, e non soltanto, ma è un
desiderio di quel sovrappiù di crudeltà e di orrore che è come
l’intensificazione tendenziale dell’omicidio: la mutilazione, lo
smembramento, l’accanimento, l’esecuzione meticolosa, il godimento
dell’agonia, oppure, su un altro piano, il massacro, il carnaio,
l’esecuzione tecnica in massa, la contabilità dei campi di sterminio. Si
tratta sempre di sbarazzarsi dell’altro trasformandolo nell’Altro, o di
far sorgere l’Altro al posto dell’altro, identificando così l’Altro e
l’origine in lui. (p. 31)
26
Il senso e l’essere come essere-con
Il senso, infatti, non è mai per uno, ma sempre dall’uno all’altro,
sempre tra l’uno e l’altro. Il senso dell’essere non è mai in ciò che
viene detto – nei significati – ma risiede invece nel fatto che “è
parlato”, nel senso assoluto dell’espressione.
L’essere è da subito posto in gioco come «con».
La comprensione dell’essere non è altro che la comprensione degli
altri, il che significa, in tutti i sensi, la comprensione degli altri da
parte mia e la comprensione di me da parte degli altri, la
comprensione gli uni degli altri.
27
Ripensare da capo
la filosofia della città
La filosofia comincia con e nella co-esistenza
«concittadina» in quanto tale (facendo sorgere di colpo, e
differenziandosi in tal modo dalla forma «impero», il
potere come problema). Insomma, la «città» non è in
prima battuta una forma di istituzione politica, ma è
l’essere-con come tale. E la filosofia è dunque il pensiero
dell’essere-con, per cui essa è anche il pensare-con come
tale. (p. 46)
28
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