test hpv e prevenzione del carcinoma della cervice uterina

TEST HPV E PREVENZIONE DEL
CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA
2010
DA L L E E VI D EN ZE A L L A CL I N I C A
A CURA DI
IHSG – Italian HPV
Study Group
SILVANO COSTA
PAOLO CRISTOFORONI
LUCIANO MARIANI
MASSIMO ORIGONI
PAOLO SCIRPA
MARIO SIDERI
Copyright © 2009 by Elsevier srl
Elsevier srl
Via Paleocapa 7
20121 Milano, Italia
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di riproduzione e di adattamento totale o parziale
con qualsiasi mezzo, compresi i microfilm
e le copie fotostatiche, sono riservati per tutti i Paesi.
Redazione: Alessandra Mazzone - Torino
Grafica e impaginazione: T&T studio - Milano
Stampa: Vela Web – Binasco (MI)
Contributo educazionale di
Fuori commercio
La medicina è una scienza in perenne divenire.
Nelle nozioni esposte in questo volume si riflette lo
“stato dell’arte”, come poteva essere delineato al momento
della stesura in base ai dati desumibili dalla letteratura
internazionale più autorevole. È soprattutto in materia di
terapia che si determinano i mutamenti più rapidi: sia per
l’avvento di farmaci e di procedimenti nuovi, sia per il
modificarsi, in rapporto alle esperienze maturate, degli
orientamenti sulle circostanze e sulle modalità d’impiego
di quelli già in uso da tempo. Gli Autori, l’Editore e quanti
altri hanno avuto una qualche parte nella stesura o nella
pubblicazione del volume non possono essere ritenuti
in ogni caso responsabili degli errori concettuali dipendenti
dall’evolversi del pensiero clinico; e neppure di quelli
materiali di stampa in cui possano essere incorsi, nonostante
tutto l’impegno dedicato a evitarli. Il lettore che si appresti
ad applicare qualcuna delle nozioni terapeutiche riportate
deve dunque verificarne sempre l’attualità e l’esattezza,
ricorrendo a fonti competenti e controllando direttamente
sul riassunto delle caratteristiche del prodotto allegato ai
singoli farmaci tutte le informazioni relative alle indicazioni
cliniche, alle controindicazioni, agli effetti collaterali e
specialmente alla posologia.
Finito di stampare nel mese di ottobre 2009
TEST HPV E PREVENZIONE DEL
CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA
DA L L E E VI D EN ZE A L L A CL I N I C A
GUIDA PRATICA 2010
SOMMARIO
Prefazione
.........................................................................
3
Livelli di evidenza e qualità dell’evidenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4
1 HPV DNA test nello screening del carcinoma cervicale. . . . . . . . . . . . . . . . .
5
2 Gestione del Pap test “borderline” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
3 Follow-up delle pazienti trattate per CIN2-3
e lesioni ghiandolari in situ (AIS) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
4 Genotipizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
5 Rapporto costo/beneficio dello screening con HPV DNA test . . . . . . . . . 20
6 Counseling . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
7 L’HPV DNA test nella pratica clinica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
AUTORI
Silvano Costa
Unità Operativa di Ginecologia e Ostetricia,
Policlinico S. Orsola- Malpighi, Bologna
Paolo Cristoforoni
Ginecologia Oncologica,
Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro (IST), Genova
Luciano Mariani
Ginecologia Oncologica,
Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, Roma
Massimo Origoni
Clinica Ostetrica e Ginecologica
Università Vita-Salute San Raffaele, Milano
Paolo Scirpa
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia,
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Mario Sideri
Ginecologia Preventiva,
Istituto Europeo di Oncologia (IEO), Milano
2
PREFAZIONE
I
l test HPV è un raggio di luce che illumina diagnostica e clinica di una frequente
patologia ginecologica, favorendo nitida lettura e comprensione di alcuni importanti
aspetti della profilassi primaria del carcinoma del tratto genitale inferiore. Il test HPV
consolida con oggettive evidenze l’eziopatogenesi degli stati precancerosi dell’epitelio
di rivestimento di genitali esterni, canale vaginale e cervice uterina.
Questa revisione sinottica dei “fondamentali” sull’applicazione clinica del test HPV,
elaborata dai Colleghi Costa, Cristoforoni, Mariani, Origoni, Scirpa e Sideri, è la
dimostrazione di quanto passione, dedizione, serietà e professionalità nella ricerca
clinica, perseguite nel tempo con tenacia, si traducano in aiuto indispensabile,
razionale e di semplice comprensione per l’attività quotidiana di ogni ginecologo.
Questa guida pratica e aggiornata informa esaurientemente il ginecologo perché a
sua volta possa – così come è suo dovere – trasmettere informazioni semplici, chiare e
comprensibili alla donna che lo interroga.
Il testo è un utile “vademecum” dei docenti per la didattica frontale e per l’attività
tutoriale nella Scuola di Specializzazione in Ostetricia e Ginecologia e nella Laurea di
Ostetricia, nonché un prezioso strumento di facile lettura e ripetuto ripasso per ogni
discente.
Costantino Mangioni
Professore Ordinario di Ginecologia e Ostetricia,
Facoltà di Medicina e Chirurgia,
Università degli Studi di Milano Bicocca
3
LIVELLI DI EVIDENZA
A Buona evidenza per efficacia e sostanziali benefici clinici
ne supportano l’utilizzo
B
Moderata evidenza per efficacia o solo limitati benefici
clinici ne supportano l’utilizzo
C
L’efficacia dell’evidenza è insufficiente a supportarne la
raccomandazione pro o contro il suo utilizzo, ma può
essere utilizzata per altri settori
D
Evidenza moderata per mancanza di efficacia o per
risultati avversi e contrari al suo utilizzo
E
Buona evidenza per mancanza di efficacia o per risultati
avversi e contrari al suo utilizzo
QUALITÀ DELL’EVIDENZA
I
Evidenza da almeno 1 trial controllato randomizzato
II
Evidenza da almeno 1 trial non randomizzato, da coorti
o studi analitici case-controlled (preferibilmente da più di
1 centro) o da studi multipli time-series o risultati
drammatici da esperimenti non controllati
III Evidenze basate su opinioni di Autorità accreditate
basate sull’esperienza clinica, studi descrittivi, o relazioni
di comitati di esperti
4
CAPITOLO
1
HPV DNA TEST NELLO SCREENING
DEL CARCINOMA CERVICALE
B
enché l’incidenza del cervicocarcinoma sia ancora elevata, con una stima di 68.000
nuovi casi nella sola Europa, nei Paesi dell’Occidente europeo si è assistito, negli ultimi
anni, a un decremento consistente di tale incidenza. Ciò si deve, in questi Paesi, all’introduzione dei programmi di screening organizzato e all’uso sistematico del Pap test da parte
della popolazione femminile.
Quando confrontato con la citologia convenzionale, l’HPV DNA test risulta dotato di
una sensibilità maggiore per le lesioni intraepiteliali di alto grado (CIN2+). Tale aumento
della sensibilità per CIN3 e tumori non si deve, tuttavia, a una sovradiagnosi, ma, come dimostrato da diversi studi, a un’anticipazione diagnostica, dal momento che nei round di
screening successivi si osserva una riduzione di incidenza della malattia. Due sono le implicazioni cliniche importanti di tale aumento della sensibilità: diminuzione della mortalità e
aumento degli intervalli di screening, con un conseguente aumento del tasso di adesione
allo screening e una riduzione dei costi. Due studi di recente pubblicazione hanno
confermato queste due importanti implicazioni: riduzione della mortalità e aumento dell’intervallo di screening.
È noto che lo screening per il cervicocarcinoma può essere effettuato attraverso l’impiego
di strategie diverse, tra cui: VIA, Pap test e HPV DNA test. Tuttavia, in un recente studio
condotto sulla popolazione rurale indiana, non sottoposta a programmi di screening sistematico, solo l’HPV DNA test con metodo Hybrid Capture 2 (HC2), ma non le altre due
strategie, è risultato in grado di ridurre significativamente il numero di tumori cervicali
avanzati e i casi di morte ad esso correlate (endpoint primario dello studio) rispetto al
gruppo senza screening. Tale riduzione significativa dell’endpoint primario, registrata con
l’HPV DNA test, ma non con Pap test e VIA, va probabilmente ascritta alla maggiore
sensibilità dell’HPV DNA test nell’identificazione delle lesioni di alto potenziale oncogeno rispetto al Pap test oppure al VIA.
Una metanalisi che ha preso in considerazione 7 studi europei ha, inoltre, dimostrato
che lo screening eseguito con l’HPV DNA test ogni 6 anni mantiene un VPN doppio rispetto
a quello del Pap test eseguito una volta ogni 3 anni, come da attuale indicazione. L’HC2 è
stato utilizzato come test di screening primario in 6 dei 7 studi inclusi nella metanalisi.
Come illustrato nella Tab. 1, l’incidenza cumulativa di CIN3+ dopo 6 anni tra le donne
con HPV DNA test negativo all’inizio dell’osservazione è risultata dello 0,27% (IC al 95%
0,12-0,45%), mentre l’incidenza cumulativa di CIN3+ tra le donne con un Pap test
negativo dopo 3 anni era dello 0,51% (IC al 95% 0,23-0,77%). L’incidenza cumulativa di
CIN3+ nelle donne con Pap test negativo e HPV DNA test positivo era in costante aumento,
arrivando al 10% dopo 6 anni; mentre nelle donne con Pap test positivo e HPV DNA test negativo l’incidenza cumulativa di CIN3+ rimaneva sotto il 3%. Tali risultati portano a ritenere
che le strategie di screening che includono un HPV DNA test ogni 6 anni siano sicure ed efficaci (Fig. 1).
5
TEST HPV E PREVENZIONE DEL CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA
TABELLA
1 Incidenza cumulativa di CIN3+ a 3 e a 6 anni in funzione del risultato
dello screening: dati europei
Risultato
dello screening
Incidenza cumulativa
di CIN3+
IC al 95%
HPV HC2 DNA test
–
0,27% a 6 anni
0,12-0,45%
Pap test
–
0,51% a 3 anni
0,23-0,77%
HPV HC2 DNA test/ Pap test
+/–
10% a 6 anni
HPV HC2 DNA test/Pap test
–/+
< 3% a 6 anni
Altro dato preoccupante emerso dalla metanalisi è la variabilità dell’interpretazione del
Pap test, evidenziata dalla diversa percentuale di positività del test rilevata in ogni Paese
(Tab. 2).
Un altro valore aggiunto dell’HPV DNA test, e in particolare dell’HC2, è l’elevata riproducibilità, superiore se confrontata con quella del Pap test. L’HPV DNA test, inoltre, essendo
un test di laboratorio/quantitativo e non morfologico/qualitativo, è molto più facile da sottoporre a controllo di qualità; fornisce un risultato obiettivo ed è facilmente automatizzabile.
Per quanto riguarda la sensibilità, a fronte di una variabilità molto elevata del Pap test (dal
33,8% in Germania al 94% in Cina; Fig. 2), l’HPV DNA test mostra invece variazioni meno
ampie (dall’84% in Sud Africa al 97,6% in Cina).
Carozzi e coll. hanno confermato l’elevata affidabilità e riproducibilità dell’HC2. Indagando la riproducibilità dell’HC2 intralaboratorio e interlaboratorio nell’ambito dello studio
NTCC, che ha coinvolto 7 laboratori con diversa esperienza nella lettura del test, tali Autori
hanno dimostrato un’elevata attendibilità del test in tutti i laboratori esaminati. Nel loro
Incidenza di lesioni CIN3+/10.000
6
100
0
Citologia –
HPV –
Citologia –/HPV –
80
0
60
0
0
40
0
20
0
0
12
24
36
48
Tempo dal test (mesi)
Modificata da: Dillner J, et al. BMJ 2008;337:a1754
60
72
FIGURA 1
Incidenza
cumulativa di
lesioni CIN3+
CAPITOLO
insieme, questi dati fanno considerare l’opportunità di utilizzare l’HPV DNA test al
posto del Pap test come unico test di screePaese
Positività del Pap test (%)
ning primario.
Sebbene l’elevato valore predittivo neSvezia
2%
gativo dell’HPV DNA test rispetto al Pap
Germania (Hannover)
4%
test sia ben stabilito, la gestione clinica
delle pazienti positive al test di screening è
Spagna
4%
ancora argomento di vivace dibattito. Il
Regno Unito
5%
problema è decidere quale strategia utilizFrancia
7%
zare nella donna che risulti positiva all’HPV
DNA test, perché il test è molto più sensibile
del Pap test, ma meno specifico; di conseguenza, inviare subito alla colposcopia tutte le donne positive all’HPV DNA test di
screening, come si fa con il Pap test, potrebbe essere causa di un aumento indiscriminato
degli esami di secondo livello, come le biopsie cervicali, e dei trattamenti, come le DTC
oppure gli interventi escissionali con ansa o laser. Sono state pertanto proposte diverse soluzioni, che sono state confrontate nell’ambito di uno studio di recente pubblicazione: in
tale studio è stato evidenziato che, rispetto al Pap test da solo, lo screening primario con
HPV DNA test, seguito da triage citologico in caso di positività virale e ripetizione
dell’HPV DNA test a un anno in quelle donne risultate positive al primo test, ma con Pap
test di triage negativo, aumenta la sensibilità per CIN3+ del 30% (IC al 95% 9-54%) mantenendo un buon VPP (VPP relativo 0,87, IC al 95% 0,60-1,26), con un aumento del solo
12% dei test di screening; gli Autori hanno pertanto concluso che questa sembra essere la
strategia più fattibile. In pratica, nei casi di HPV DNA test di screening positivo, si deve
procedere al Pap test e, in caso di positività al Pap test, la paziente va inviata alla colposcopia; dal momento che è noto che il Pap test ha una sensibilità ridotta rispetto all’HPV
TABELLA
Modificata da Cuzick J, et al. Int J Cancer 2006;119:1095-101.
0
2
4
PAP
HPV
6
8
%
10
12
14
16
Schneider
Ratnam
Blumenthal
CuzickCuzick
Salmeron
Wright
Sanka
Kuhn
Kulasingam
Schiffman
Belison
Clavel
Petry
2 Pap test: positività del test nei diversi
Paesi europei inclusi nella metanalisi
Cuzick
100
Belison
Cuzick
75
Clavel
Petry
Cuzick
Schiffman
Kulasingam
Kuhn
Sanka
Wright
%
0
25
50
75
100
1 HPV DNA test nello screening del carcinoma cervicale
50
Cuzick
25
0
Blumenthal
Ratnam
HPV
PAP
0
Salmeron
Schneider
2
4
6
8
Modificata da Cuzick J, et al. Int J Cancer 2006;119:1095-101.
10
12
14
16
FIGURA 2
Variabilità
della sensibilità
del Pap test
e dell’HPV
DNA test
a confronto.
7
8
TEST HPV E PREVENZIONE DEL CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA
DNA test (intorno al 70%), una certa quota di donne con HPV DNA test positivo e Pap test
negativo ha in realtà una lesione; questa parte di patologia identificata dall’HPV DNA test
ma sfuggita al Pap test potrà essere recuperata da un HPV DNA test effettuato l’anno successivo solo in questo piccolo gruppo di pazienti (donne che l’anno precedente avevano
un HPV DNA test positivo ma un Pap test negativo), perché questa volta verranno inviate
alla colposcopia se risulteranno ancora positive all’HPV DNA test. Negli Stati Uniti, l’American Society for Colposcopy and Cervical Pathology ha suggerito, invece, la genotipizzazione per realizzare il triage delle donne positive all’HPV DNA test con Pap test negativo;
in questo gruppo la colposcopia sarebbe indicata se il genotipo risulta HPV 16 e/o 18,
mentre il controllo con HPV DNA test a un anno di distanza sarebbe riservato solo alle
donne positive ai genotipi oncogeni escluso il 16 e/o il 18. Carozzi e coll. hanno invece
studiato la determinazione della proteina p16-INK4A (p16) per realizzare il triage di
donne positive all’HPV DNA test; in questo caso viene effettuata la rilevazione della
proteina p16 nelle donne risultate positive al test HPV di screening e vengono quindi
inviate alla colposcopia solo le pazienti positive alla p16, mentre per le altre rimarrà il
controllo dell’HPV DNA test a un anno, come nell’opzione precedente. Questa strategia ha
dimostrato di possedere lo stesso valore predittivo positivo del Pap test (cioè senza un
aumento sostanziale del riferimento alla colposcopia), conservando l’elevato VPN dell’HPV
DNA test. Infine, analizzando i dati dello studio prospettico NTCC, Ronco e coll. hanno
concluso che, nelle donne di età compresa fra 35 e 65 anni, utilizzando l’HC2 come test
di screening primario è possibile inviare a colposcopia direttamente tutte le donne positive
(si considera positivo il cut-off del metodo a RLU ≥ 2). In questo modo la perdita di
specificità è minima se confrontata con il Pap test, ma rispetto alle altre opzioni si
risparmia il secondo controllo a un anno per le pazienti che risultano negative al test di
triage (al Pap test, oppure alla p16, oppure al genotipo HPV 16 e/o 18, a seconda della
strategia prescelta).
Una possibile alternativa all’uso del solo HPV DNA test come test di screening
primario è il suo uso combinato con il Pap test. Negli Stati Uniti, le linee guida dell’American Cancer Society e dell’American Society for Colposcopy and Cervical Pathology
menzionano la possibilità di utilizzare Pap test e HPV DNA test insieme. Un modello di
screening con la combinazione dei due test offre un elevato VPN (99-100%), il massimo
oggi possibile, senza una riduzione statisticamente significativa del VPP (VPP relativo
0,76, IC al 95% 0,52-1,10), che comunque è ridotto rispetto ai due test utilizzati da soli.
Tuttavia, se si confronta la combinazione dei due test (Pap test + HPV DNA test) con l’HPV
DNA test da solo, il piccolo incremento di sensibilità portato dal Pap test è gravato da un
incremento di quasi il doppio del numero dei test globali. In conclusione, l’evidenza
esistente indica che:
■ l’HPV DNA test come test di screening primario ha dimostrato di essere più sensibile
rispetto al Pap test (livello di evidenza AI);
■ l’HC2 ha dimostrato di essere superiore al Pap test nella riduzione della mortalità per
cancro della cervice uterina nell’unico studio prospettico randomizzato specificatamente
disegnato per verificare l’efficacia dei test di screening sulla mortalità per tumore
cervicale (livello di evidenza AI);
CAPITOLO
1 HPV DNA test nello screening del carcinoma cervicale
■ secondo una recente metanalisi, il VPN dell’HPV DNA test eseguito ogn 6 anni è doppio
rispetto a quello del Pap test eseguito ogni 3 anni (livello di evidenza AI); 6 dei 7 studi
analizzati hanno utilizzato l’HC2 come test di screening;
■ è appropriato realizzare progetti screening utilizzando l’HPV DNA test come unico test
di screening primario in donne di età superiore a 30 anni;
■ la gestione clinica efficace della donna positiva all’HPV DNA test come unico test di
screening primario rimane un punto ancora controverso. Il triage citologico di donne positive all’HPV DNA test con la ripetizione dell’HPV DNA test dopo un anno in quelle con
HPV DNA test positivo e Pap test negativo rimane l’opzione che raccoglie maggiore
consenso (livello di evidenza AI). Altre opzioni includono: genotipizzazione per HPV 16
e 18 (livello di evidenza AII), triage utilizzando la determinazione della p16 nel
preparato citologico (livello di evidenza AI), invio a colposcopia delle pazienti HPVpositive nel gruppo di età 35-65 anni con cut-off a RLU ≥ 2 se si utilizza HC2 come test
primario (livello di evidenza AI);
■ la combinazione dei due test, Pap test e HPV DNA test, nello screening primario offre
il VPN più elevato a fronte dell’esecuzione di un numero sensibilmente maggiore di
test e pertanto di un costo anch’esso maggiore: la combinazione dei due test non
altera, comunque, significativamente il VPP di un unico test (non aumenta significativamente l’esecuzione di colposcopie) (livello di evidenza AI);
■ l’HPV DNA test è superiore al Pap test per quanto riguarda la variabilità intra- e interosservatore (livello di evidenza AI). È molto importante che l’HPV DNA test venga condotto
con metodiche clinicamente validate per assicurare che i risultati siano riproducibili e
obiettivi;
■ l’HC2 è clinicamente validato come test per lo screening (livello di evidenza AI) e mostra
alta riproducibilità intra- e interosservatore. È inoltre considerato come test di riferimento
per la validazione di nuovi test virali.
9
CAPITOLO
2
GESTIONE DEL PAP TEST
“BORDERLINE”
N
egli ultimi decenni, i sistemi classificativi del Pap test hanno subito numerose evoluzioni
e, attualmente, lo standard è rappresentato dal Bethesda System nella sua ultima revisione del 2001.
Dei circa 50 milioni di Pap test che vengono eseguiti ogni anno negli Stati Uniti, piu del
5% viene refertato come anormale. Sebbene esista un consenso generale a proposito della
gestione delle lesioni intraepiteliali di alto grado (HSIL), che vengono indirizzate alla valutazione colposcopica e istologica, per lungo tempo non è stato disponibile un altrettanto
condiviso management dei circa 2 milioni di Pap test che presentano anomalie citologiche
non identificabili (ASC-US) e che costituiscono la più frequente causa di anormalità in
ambito di screening per il carcinoma cervicale.
È dimostrato che la citologia ASC-US è, per sua natura, difficilmente riproducibile,
anche tra citologi esperti. Il rischio di un carcinoma invasivo nelle pazienti con citologia
ASC-US è molto basso e varia tra lo 0,1% e lo 0,2%. Tuttavia, nel 5-17% di queste pazienti
e nel 24-94% di quelle con citologia ASC-H è presente una lesione preneoplastica di alto
grado (CIN2-3) alla biopsia. Nella Tab. 1 vengono illustrate le 3 opzioni di gestione della
citologia ASC-US utilizzate negli Stati Uniti.
A questo proposito è indispensabile fare riferimento allo studio ALTS, che ha rappresentato
la chiave di volta in questo ambito: tale studio multicentrico, randomizzato, sponsorizzato dal
National Cancer Institute, ha previsto il confronto, in termini di sensibilità/specificità, delle tre
opzioni terapeutiche. Sono state reclutate complessivamente 3488 pazienti con Pap test
ASC-US, con lo scopo di identificare la prevalenza di lesioni CIN2-3.
Come atteso, la prevalenza cumulativa delle lesioni CIN3 confermate dall’istologia è
stata del 5%. L’HPV HC2 DNA test ha identificato il 96,3% delle lesioni CIN3, inviando il
56% delle pazienti alla colposcopia. Una singola tornata di citologia, utilizzando un cut-off
di triage per HSIL, ha identificato il 44,1% delle lesioni CIN3, inviando il 6,9% delle
TABELLA
1 Citologia ASC-US: possibili opzioni per la sua gestione in uso negli USA
Opzione
Caratteristiche/razionale
Colposcopia immediata
È stata identificata come l’opzione più sicura, ma con lo svantaggio dei
costi elevati e della potenziale sovrastima dei trattamenti necessari
Citologia ripetuta
È stata proposta al fine di ovviare alla sensibilità relativamente bassa di
una singola tornata di citologia convenzionale
HPV HC2 DNA test
Numerosi studi ne hanno valutato la performance nella gestione
dell’ASC-US, evidenziando una sensibilità nei confronti delle lesioni
CIN2-3 che oscilla tra l’83% e il 100%
10
CAPITOLO
2 Gestione del Pap test “borderline”
pazienti alla colposcopia; con un cut-off inferiore (ASC-US), il Pap test ha identificato
l’85,3% delle lesioni CIN3, con un invio alla colposcopia del 58,6% delle pazienti.
Questi risultati hanno confermato l’eccellente sensibilità del test HC2 per l’identificazione
dei precursori del carcinoma cervicale. Questa sensibilità, associata a una soddisfacente
specificità, identifica l’HPV HC2 DNA test come l’opzione raccomandata per il triage della
citologia ASC-US (livello di evidenza AI). Questa conclusione è stata recepita dall’American
Society for Colposcopy and Cervical Pathology Consensus Conference.
Lo sudio ALTS ha fornito anche interessanti risultati di follow-up a 2 anni dei casi ASC-US:
un singolo HPV DNA test risulta essere più efficace rispetto sia alla colposcopia sia ai
controlli citologici semestrali (livello di evidenza AI). Anche dal punto di vista dei costi/benefici,
dati pubblicati dal Journal of the National Cancer Institute indicano che l’HPV DNA test rappresenta un’opzione economicamente valida per il triage dei casi ASC-US (livello di
evidenza AI).
Risultati analoghi a quelli dello studio ALTS, in termini di sensibilità/specificità, hanno
rafforzato l’evidenza che l’HPV HC2 DNA test rappresenta l’opzione migliore per la
gestione della citologia ASC-US (Tab. 2).
TABELLA
2 Accuratezza delle opzioni di triage della citologia ASC-US
Colposcopia
Pap test
soglia HSIL
Pap test
soglia ASC-US
HC2
Sensibilità
86,1%
55,5%
77,7%
100%
Specificità
65,8%
99,1%
74,9%
63,3%
VPP
16,2%
71,4%
10,3%
19%
VPN
98,4%
98,3%
98,9%
100%
Origoni M, et al. Data in press 2009.
Una recente metanalisi ha rilevato come il test HC2 sia attualmente valido e utile in 3
applicazioni cliniche: nello screening primario, nel triage dell’ASC-US e nel follow-up di
casi trattati per CIN2-3 (livello di evidenza AI).
Le pazienti con citologia ASC-US che risultano negative all’HPV DNA test possono
essere inviate a un follow-up citologico annuale (livello di evidenza BII); quelle che risultano
invece positive dovrebbero essere gestite alla stessa stregua dei casi LSIL e inviate all’esame
colposcopico (livello di evidenza AII).
L’HPV DNA test non dovrebbe essere eseguito a intervalli inferiori a 12 mesi tra 2 test
(livello di evidenza EIII).
11
CAPITOLO
3
FOLLOW-UP DELLE PAZIENTI TRATTATE
PER CIN2-3 E LESIONI GHIANDOLARI
IN SITU (AIS)
LESIONI CIN 2-3
Anche nel follow-up delle donne trattate per CIN di alto grado l’impiego dell’HPV DNA test
si è dimostrato di indubbia utilità. Infatti, poiché il rischio di persistenza, recidiva o progressione verso il carcinoma invasivo rimane elevato nel medio-lungo termine (5-15%) fra le
donne sottoposte a terapia conservativa per CIN2-3, si rende necessaria una continua sorveglianza mediante adeguati protocolli di follow-up. È stato inoltre osservato che la malattia
residua o recidivante è di gran lunga più frequente nei casi in cui persiste l’infezione da
HPV 16/18 dopo terapia, suggerendo diversi livelli di rischio a seconda del genotipo
virale individuato (Tab. 1).
È quindi evidente che rilevare un’infezione persistente da HR HPV consente una più adeguata gestione delle pazienti, focalizzando un’assidua sorveglianza sui casi maggiormente
a rischio e dilazionando invece i controlli sulle altre pazienti, con indubbio risparmio sui
costi gestionali.
Per identificare i fattori che possono predire i risultati a lungo termine della clearance
virale e della lesione dopo terapia escissionale, è stata analizzata una serie di oltre 250
donne con lesioni CIN 2-3 mediante un rilevamento sequenziale di HPV DNA test, Pap test
e colposcopia nel post-trattamento. Nel corso del follow-up si è osservato un notevole decremento della positività all’HPV DNA test, che è passata dal 90% al 20% (p < 0,01) già alla
seconda visita dopo EC, essendo la persistenza virale strettamente correlata alla
persistenza/recidiva della lesione. I fattori indipendenti correlati alla persistenza dell’HPV
nel modello multivariato di Cox sono indicati nella Tab. 2.
Si è quindi concluso che il follow-up post-trattamento dovrebbe includere sia la citologia
convenzionale sia l’HPV DNA test per identificare le pazienti con un accresciuto rischio di
lesione persistente o recidivante (livello di evidenza AII).
TABELLA
1 Infezione persistente da genotipi virali ad alto rischio (HR) dopo terapia
conservativa per CIN2-3 e frequenza di malattia residua, recidiva o progressione
Infezione persistente da HR HPV dopo terapia
HPV 16/18
Persistenza, recidiva,
progressione di lesione
82%
HPV 31, 33, 35, 45, 52 e 58
66,7%
HPV 39, 51, 56, 59, 68, 26, 53, 66, 73 e 82
14,3%
12
CAPITOLO
TABELLA
3 Follow-up delle pazienti trattate per CIN2-3 e lesioni ghiandolari in situ (AIS)
2 Fattori indipendenti correlati alla persistenza di HR HPV dopo terapia
Fattore correlato
Valore p
Margine endocervicale coinvolto
0,001
Grado della lesione nel cono
0,004
Lesione di alto grado nella biopsia colposcopica
0,023
Età superiore a 35 anni
0,029
HSIL nello striscio cervicale
0,029
Ulteriori studi hanno ribadito i risultati iniziali confermando l’utilità del test virale HC2
abbinato al Pap test nel rilevare sia la persistenza di HR HPV sia la malattia residua o ricorrente. Infatti, tanto la specificità (SP) quanto il valore predittivo positivo (VPP) di HC2 sono
risultati significativamente più elevati rispetto al solo Pap test.
Nelle recenti metanalisi di Arbyn e coll., la persistenza/recidiva lesionale è stata
riscontrata nel 10,2% dei casi trattati (IC al 95% 6,7-13,8) e, nonostante l’eterogeneità
delle metodiche utilizzate (trattamenti escissionali e ablativi, follow-up solo citologico o colposcopico e citologico) e delle finalità perseguite (clearance dell’infezione, della lesione,
endpoint CIN1+ o CIN2+), l’HPV DNA test ha mostrato una sensibilità (SE) significativamente
maggiore nel diagnosticare la CIN residua/ricorrente (ratio 1,27; IC 1,06-1,51) a fronte di
una specificità solo lievemente, e non significativamente, inferiore al follow-up convenzionale
(ratio 0,94; IC 0,87-1,01). Complessivamente, la combinazione di HR HPV DNA test e Pap
test ha quindi dimostrato:
■ SE del 96% (IC al 95% 89-99%);
■ SP dell’81% (IC al 95% 77-84%);
■ VPP del 46% (IC al 95% 38-54%);
■ VPN del 99% (IC al 95% 98-100%).
Nel follow-up dei trattamenti escissionali, l’ HPV DNA test ha inoltre mostrato maggiori SE e
SP rispetto allo stato dei margini, solitamente considerato il parametro di riferimento per il
risultato della terapia, con una SE e una SP relativa rispettivamente di 1,31 (IC al 95%
1,11-1,55) e di 1,05 (IC al 95% 0,96-1,15). Inoltre la combinazione HPV DNA test + Pap
test ha mostrato la performance ottimale (livello di evidenza AII).
Sulla base di questi dati gli Autori hanno concluso che l’HPV DNA test dovrebbe essere
sempre eseguito, in combinazione con la citologia convenzionale, per una migliore
efficacia nel monitoraggio delle donne trattate per CIN di alto grado (livello di evidenza
AII). Tali evidenze potrebbero avere importanti risvolti clinici, suggerendo sostanziali
modifiche nei protocolli seguiti a tutt’oggi. Infatti, data l’elevata SE e l’altrettanto elevato
valore predittivo negativo (VPN) dell’HPV DNA test, si potrebbe, nei casi negativi sia al Pap
test sia all’HPV DNA test a 6 mesi dal trattamento, posporre il controllo successivo a 12
13
TEST HPV E PREVENZIONE DEL CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA
mesi, con notevoli risparmi sociali (ansia e disagio per la paziente, perdita di ore lavorative
ecc.) e sanitari.
LESIONI GHIANDOLARI IN SITU (AIS)
L’efficacia dello screening citologico nel ridurre l’incidenza e la mortalità per carcinoma
squamoso della cervice uterina è ormai ampiamente riconosciuta. Tuttavia, a fronte di tali
successi, negli ultimi venti-trent’anni si è registrato nei Paesi occidentali un incremento dell’incidenza dell’adenocarcinoma cervicale, che è passato dal 5% nel decennio 1950-1960
al 20-25% degli anni Novanta (Fig. 1). In Svezia, per esempio, l’incidenza è aumentata da
1,59/100.000 (1950-1960) a 2,36/100.000 nei primi anni Novanta. Tale fenomeno interessa in particolare le fasce più giovani di popolazione. Infatti, dal 1970-1972 al 19941996, il rischio di adenocarcinoma invasivo è raddoppiato nel gruppo di età 35-49 anni e
triplicato nelle donne di età compresa tra 20 e 34 anni.
L’incremento assoluto e relativo dell’incidenza dell’adenocarcinoma può essere imputato
a diversi fattori. Innanzitutto, la diffusione sempre più capillare degli screening citologici, se
da un lato ha consentito la precoce identificazione delle lesioni cervicali squamose,
dall’altro non ha mostrato, pur confermando un maggiore livello di protezione rispetto alla
popolazione non coperta dallo screening, altrettanta efficacia nel prevenire l’adenocarcinoma
in situ e invasivo. Infatti, la diagnosi citologica dell’adenocarcinoma è gravata da una percentuale di falsi negativi del 30-50%, dovuta a errori di campionamento, per la localizzazione
e la topografia delle lesioni ghiandolari nel canale endocervicale, o interpretativi per
l’effettiva difficoltà diagnostica di tali lesioni. Oltre a ciò, l’incremento dell’adenocarcinoma
è dovuto all’aumentata incidenza dell’infezione da HPV, rilevato nell’88-94% delle forme invasive e nell’86,6-100% delle forme preinvasive.
25
20
15
%
14
10
5
0
1950
1960
1970
Anni
1980
FIGURA 1
Incidenza di AIS e
adenocarcinoma
cervicale: si noti il
drastico aumento
negli ultimi decenni,
passando dal 5% al
25% di tutti i
carcinomi cervicali.
CAPITOLO
3 Follow-up delle pazienti trattate per CIN2-3 e lesioni ghiandolari in situ (AIS)
Oltre alle problematiche diagnostiche, l’AIS pone non poche difficoltà di ordine terapeutico. La relativa rarità di tale lesione non consente l’acquisizione di una vasta
esperienza clinica per poter stabilire un adeguato management dell’AIS, pertanto i
principi terapeutici applicati nelle lesioni squamose intraepiteliali non possono essere appropriati per l’AIS.
L’isterectomia extra-fasciale/radicale è stata considerata il trattamento standard di tutte
le lesioni ghiandolari in situ, per la possibilità di persistenza della patologia in biopsie
escissionali a margini negativi, conseguente a malattia multifocale e alla possibilità di un
adenocarcinoma invasivo occulto nelle cripte delle ghiandole endocervicali. Negli ultimi
anni, tuttavia, è emersa sempre più evidente la necessità di una chirurgia conservativa
mirante a preservare la fertilità, in quanto ci si trova sempre più frequentemente di fronte a
giovani donne, spesso nullipare, con desiderio di preservare la capacità riproduttiva. La gestione dell’AIS rimane quindi un tema dibattuto e controverso.
In una rassegna di 14 studi su 157 pazienti affette da AIS con margini negativi alla conizzazione, il 26% presentava AIS residuo e nel 2% dei casi era dimostrato un carcinoma
invasivo non precedentemente diagnosticato.
Un altro fattore che aumenta la complessità della gestione è rappresentato dall’evidenza,
da più parti segnalata, di isterectomie inappropriate, nei casi in cui il trattamento radicale
sia stato suggerito esclusivamente sulla base dello stato dei margini del cono. L’alternativa
conservativa all’isterectomia è allora la conizzazione, seguita convenzionalmente da
frequenti controlli citologici, colposcopici ed eventualmente istologici da campioni
esocervicali o da curettage endocervicale, pur riconoscendo a tali indagini un alto tasso di
falsi negativi.
Come precedentemente ricordato, la positività all’HPV DNA test può indicare lesioni
CIN persistenti di alto grado, non riscontrate dalla citologia durante il follow-up delle
pazienti trattate per CIN3. Seguendo tali indicazioni, è stato recentemente condotto uno
studio sull’uso combinato della citologia cervicale e dell’HPV DNA test (HC2) volto alla
precoce identificazione di malattia residua, ricorrente o adenocarcinoma nel corso del follow-up di donne trattate conservativamente per AIS. I risultati hanno dimostrato che l’HC2
ha un VPP significativamente superiore alla citologia, il cui potere predittivo non raggiunge
una significatività statistica in ognuna delle visite di follow-up, nel diagnosticare la
persistenza di malattia. L’HC2 ha inoltre mostrato un migliore VPN, mentre la citologia è risultata più specifica nel rilevare gli AIS residui (livello di evidenza AIII). La combinazione
dell’HC2 e della citologia raggiunge il 90% di SE nel rilevare lesioni persistenti alla prima
visita di follow-up e il 100% di SE alla seconda. Inoltre, il VPN del 100% sembra essere
molto utile nel prevenire isterectomie non necessarie (Tab. 3, livello di evidenza AIII). Sono
necessari ulteriori studi su casistiche più ampie per convalidare i risultati preliminari, che
sembrano tuttavia aprire nuove possibilità terapeutiche per questa sempre più frequente e
controversa patologia.
15
16
TEST HPV E PREVENZIONE DEL CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA
TABELLA
3 Performance della citologia e dell’HC2 nel follow-up di pazienti trattate
conservativamente per AIS
HC2
Pap test
Pap test + HC2
Sensibilità (%)
90
60
90
Specificità (%)
58
69
50
Valore predittivo positivo (%)
64
55
52
Valore predittivo negativo (%)
88
73
89
Sensibilità (%)
84
66
100
Specificità (%)
59
73
52
Valore predittivo positivo (%)
42
44
40
Valore predittivo negativo (%)
91
87
100
Prima visita di follow-up
Seconda visita di follow-up
CAPITOLO
4
GENOTIPIZZAZIONE
S
ono stati individuati più di 40 genotipi mucosali di HPV e, di questi, 13 sono stati
associati ai tumori del collo dell’utero. Secondo i dati ottenuti da studi prospettici a
breve termine, il rischio di persistenza e progressione delle lesioni HPV-correlate è
notevolmente diverso a seconda del genotipo virale. Quindi, la genotipizzazione fornisce
informazioni aggiuntive sul rischio individuale di sviluppare lesioni pre-tumorali e tumorali
della cervice uterina rispetto a un generico test di presenza/assenza dei virus oncogeni e
stratifica le donne in categorie di rischio differenti. Tuttavia, l’utilizzo clinico di questa informazione è vanificata da diverse considerazioni (Tab. 1):
■ gli algoritmi di gestione clinica delle pazienti offrono solo 4 o 5 opzioni (trattamento, colposcopia e biopsia sotto guida colposcopica, follow-up a 6 e a 12 mesi o screening regolare), motivo per il quale risulta difficile utilizzare gli esiti della genotipizzazione in un
protocollo differenziato per la gestione clinica della paziente: anche escludendo le
infezioni multiple, esistono più di 13 possibili risultati diversi ai quali non possono corrispondere altrettanti atteggiamenti clinici diversi, e quindi l’informazione è inutilizzabile.
Un algoritmo gestionale basato sulla stratificazione del rischio che includa, oltre all’esito
del Pap test e della colposcopia, anche il genotipo non è attualmente sorretto dall’evidenza
scientifica esistente per essere implementato nella pratica clinica;
■ le caratteristiche diagnostiche dei diversi tipi di test è estremamente variabile a seconda
sia dei test utilizzati sia dei laboratori che utilizzano lo stesso test; questo fattore
abbassa la riproducibilità/affidabilità dei test di genotipizzazione e ne limita l’utilizzo
generalizzato;
■ i test di genotipizzazione sono eseguiti con il metodo della PCR, che ha una sensibilità
per l’infezione molto elevata e quindi identifica infezioni irrilevanti dal punto di vista
clinico, abbassando il valore predittivo positivo del test; in questo modo crea alla donna
più allarme che benefici.
Sulla base di queste considerazioni, la genotipizzazione non viene inclusa nelle principali
linee guida nazionali e internazionali dove per HPV DNA test s’intende un test che
identifica genericamente uno o più virus oncogeni.
TABELLA
1 Limiti della genotipizzazione nella pratica clinica
■ Scarse opzioni disponibili per la gestione clinica della paziente con infezione da HPV, con conseguente
difficoltà di utilizzo degli esiti della genotipizzazione in un protocollo terapeutico differenziato
■ Bassa riproducibilità/affidabilità dei test di genotipizzazione, con conseguente limitazione del loro
utilizzo generalizzato
■ Elevata sensibilità del test di genotipizzazione per l’infezione, con conseguente abbassamento del suo
valore predittivo positivo
17
18
TEST HPV E PREVENZIONE DEL CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA
Le indicazioni formalmente riconosciute per l’HPV DNA test sono lo screening, il triage
dei risultati ASC-US/LSIL del Pap test e il follow-up dopo il trattamento delle lesioni (Tab. 2).
Molti studi sono stati condotti al fine di stabilire i potenziali impieghi e limiti della genotipizzazione in queste situazioni cliniche.
SCREENING
A tutt’oggi, solo le linee guida dell’American Society for Colposcopy and Cervical
Pathology includono la genotipizzazione nel triage di donne con citologia negativa e
HPV DNA positivo, nei casi in cui si usa il co-testing (Pap test e HPV DNA test insieme
come screening primario). Le donne con Pap test negativo ma positive all’HPV 16 e/o 18
vengono inviate a una colposcopia immediata, mentre le donne negative all’HPV 16 e/o
18 ma positive ad altri sottotipi virali ad alto rischio vengono ricontrollate annualmente e
inviate alla colposcopia solo se positive all’HPV DNA test a distanza di un anno.
Esistono parecchi dati che sorreggono questa linea guida (livello di evidenza AII),
sulla cui base sono stati approntati test di genotipizzazione che, oltre alla generica
positività virale per HPV ad alto rischio, consentono la distinzione di due gruppi: donne
positive per i genotipi 16 e/o 18 e donne positive per tutti gli altri HPV oncogeni.
TRIAGE DI CITOLOGIA ASC-US/LSIL
Numerosi studi hanno rilevato che le donne con citologia ASC-US/LSIL positive per l’HPV 16
e/o 18 hanno un rischio aumentato di CIN2+ rispetto a quelle con positività per altri tipi oncogeni di HPV. Nello studio ALTS, le donne con una citologia ASC-US/LSIL e positive per
l’HPV 16 hanno evidenziato un rischio aumentato per lesioni ≥ CIN3 rispetto alle donne HPVnegative (OR 38, IC al 95% 22-68; p < 0,001); il rischio di CIN3 o lesione maggiore è
risultato 5 volte più alto nelle donne HPV 16 positive rispetto alle donne positive per altri
sottotipi virali ad alto rischio oncogeno (OR 7,2, IC al 95% 4,2-13; p < 0,001) (livello di evidenza CII). Queste osservazioni sono state confermate da altri studi e hanno suggerito che,
in certe situazioni cliniche, il trattamento potrebbe essere eseguito basandosi solamente su un
TABELLA
2 Genotipizzazione: possibili indicazioni e livello di evidenza a sostegno
Indicazione
Livello di evidenza
Screening
AII
Triage dei risultati ASC-US/LSIL al Pap test*
CII
Follow-up post-intervento*
CII
* Possibilità non indicata in alcuna linea guida.
CAPITOLO
4 Genotipizzazione
esito del Pap test positivo e sul genotipo, anche perché la colposcopia potrebbe non essere
così sensibile da visualizzare piccole lesioni iniziali individuate dai test molecolari. Comunque,
questa indicazione rimane allo stato attuale come un suggerimento, poiché non esiste
sufficiente evidenza scientifica per modificare la gestione clinica.
FOLLOW-UP POST-INTERVENTO
L’HPV DNA test è stato introdotto nella pratica clinica come un test di cura. Alcuni studi
hanno indagato l’uso potenziale della genotipizzazione in questa situazione clinica. L’evidenza scientifica conferma che la persistenza del genotipo associato alla lesione trattata
predice la recidiva a breve termine e che, al contrario, la clearance del genotipo associato
alla diagnosi preoperatoria è predittiva dell’esito favorevole dell’intervento e si associa a
un basso rischio di recidiva; questo algoritmo deve comunque ancora essere verificato
(livello di evidenza CII).
CONCLUSIONI
Come tutte le nuove tecnologie, il risultato della genotipizzazione è difficile da gestire, visto
che a tutt’oggi non ne esistono indicazioni precise per l’utilizzo clinico. Purtroppo, molti
medici confondono i test di identificazione dell’HPV DNA, che sono validati da studi clinici
imponenti, con i test di genotipizzazione del virus HPV, che al contrario non hanno alcuna
indicazione clinica riconosciuta nelle attuali linee guida.
Eseguire la genotipizzazione fuori da protocolli clinici di ricerca comporta il rischio
potenziale di aumentare i costi e soprattutto i danni nei confronti della donna senza alcun
beneficio; infatti, l’informazione acquisita da test molto sensibili e poco riproducibili, come
quelli che utilizzano la PCR, specie se non validati da studi clinici di popolazione, rischia di
annullare il vantaggio dei test molecolari sul Pap test andando a classificare positive delle
donne in realtà a basso rischio, che hanno un’infezione irrilevante dal punto di vista clinico.
19
CAPITOLO
5
RAPPORTO COSTO/BENEFICIO
DELLO SCREENING CON HPV DNA TEST
PREMESSA
Grazie all’introduzione e all’implementazione degli screening citologici organizzati e opportunistici, si è verificata nella gran parte dei Paesi industrializzati una netta riduzione dell’incidenza e della mortalità da cervicocarcinoma. Tuttavia, i programmi di prevenzione su
base citologica non sono ottimali a causa della loro scarsa sensibilità (incapacità del test di
riconoscere tutti i soggetti malati), caratteristica che obbliga quindi alla ripetizione periodica
(round) del test medesimo. A sua volta, questa necessità si traduce in un aumento dell’onere
economico e organizzativo dell’intero programma di prevenzione.
Un numero significativo di studi internazionali ha messo in luce l’elevata sensibilità
dell’HPV HC2 DNA test nel riconoscimento delle lesioni di alto grado (livello di evidenza AI).
Questi risultati hanno posto il retroterra conoscitivo per ipotizzarne l’impiego come test
primario di screening. A conferma di quanto detto va sottolineato che in India, dopo un solo
round di HC2, si è assistito a una riduzione significativa della mortalità per cervicocarcinoma
nel gruppo sottoposto al test rispetto al gruppo di controllo. Viceversa, né la citologia né l’applicazione di VIA ha comportato una significativa riduzione della mortalità per cancro.
Le sperimentazioni con i due vaccini preventivi contro l’HPV hanno dimostrato un’elevata
efficacia (livello di evidenza AI) nei confronti dell’infezione e delle lesioni precancerose associate a due genotipi virali, l’HPV 16 e l’HPV 18. Qualsiasi futura modifica allo screening
per il cervicocarcinoma dovrà tenere conto dei programmi di vaccinazione e delle conseguenze clinico-epidemiologiche di questo intervento preventivo nei prossimi anni (es.
riduzione della prevalenza di alcuni genotipi virali).
MODELLI MATEMATICI
La necessità di effettuare un’analisi costo/beneficio per uno screening basato sull’HPV DNA
testing si fonda sui seguenti punti chiave:
■ è necessaria una validazione in termini di costo/beneficio rispetto alla pratica corrente, in
modo da metterne in luce il differenziale economico e i vantaggi clinici;
■ i risultati clinici non sono osservabili prima di alcuni decenni.
Inevitabilmente, quindi, ogni decisione in merito a modifiche dello screening dovrà prendere
in considerazione degli obiettivi intermedi e dei modelli matematici in grado di calcolarne
le variazioni e di predirne l’efficacia. I sistemi di modelling utilizzano variabili multiple che
simulano la dinamica della storia naturale del cervicocarcinoma:
■ l’HPV è presente nel modello matematico predittivo come gruppo ad “alto rischio”, ovvero
con genotipi separati gli uni dagli altri (in particolare HPV 16/18 rispetto ai restanti tipi);
20
CAPITOLO
5 Rapporto costo/beneficio dello screening con HPV DNA test
■ i modelli devono essere disegnati in base alle specifiche caratteristiche delle singole popolazioni-target dei programmi di screening. Questo vuol dire che i modelli possono differenziarsi significativamente per prevalenza dell’infezione, peso specifico di altre
variabili di rischio per il cervicocarcinoma (abitudine al fumo, MST, contraccezione orale
ecc.) e altri fattori come tenore socio-economico ovvero, all’interno dei Paesi industrializzati,
anche in relazione ai singoli programmi nazionali di salute pubblica. Sul territorio
italiano sono al momento in essere alcuni studi in ordine a determinare l’entità di queste
specifiche variabili;
■ copertura e adesione allo screening sono i due fattori che maggiormente ne condizionano
l’efficacia, e che quindi vengono tenuti nel massimo conto.
Benché i modelli di simulazione siano considerati di grande utilità e predittività, le future applicazioni cliniche devono trovare le giuste conferme nel “mondo reale”, come recentemente
stabilito dalle European Guidelines for Quality Assurance in Cervical Cancer Screening, e in
studi di post-marketing.
PERFORMANCE DELL’HPV DNA TEST
Le variabili più rilevanti utilizzate nei modelli matematici per analizzare il costo/beneficio
dello screening basato sull’HPV DNA test sono gli indicatori della performance del test: sensibilità, specificità, valore predittivo positivo e negativo (Tab. 1).
Molti studi clinici hanno riportato una più elevata sensibilità di HC2 rispetto alla
citologia convenzionale, seppure con una minore specificità. Una recente metanalisi sull’utilizzo dell’HC2 nello screening primario in Europa e in Nord America ha riportato una sensibilità complessiva del 97,9%. In uno studio prospettico italiano la sensibilità dell’HC2 è risultata pari al 97,3%, rispetto al 74% della citologia su strato sottile (livello di evidenza AI).
L’elevata sensibilità dell’HC2 implica una maggiore identificazione delle lesioni di alto
grado HPV-correlate, mentre la minore specificità ne condiziona l’aumentato numero di falsi
positivi, con conseguente incremento degli esami colposcopici, maggiore ansietà nella
TABELLA
1 Indicatori di performance di un test: citologia convenzionale vs HPV HC2 DNA test
Indicatore di performance
Citologia convenzionale
HPV HC2 DNA test
Sensibilità
Più bassa
Più elevata
Specificità
Più elevata
Più bassa*
Valore predittivo positivo
Più basso
Più elevato
Valore predittivo negativo
Più basso
Più elevato
*Perdita di specificità relativamente contenuta nella donna oltre i 35 anni di età.
21
22
TEST HPV E PREVENZIONE DEL CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA
donna e aumento dei costi di gestione. Tuttavia, nella donna di oltre i 35 anni di età, la
perdita di specificità è relativamente contenuta: 93,3% con HC2 rispetto a 97,1% con
citologia convenzionale.
Il valore predittivo negativo dell’HC2 è stato ripetutamente riportato in letteratura come
estremamente elevato, suggerendo quindi che la frequenza dello screening HPV-basato
possa con sicurezza essere prolungata a 3-5 anni oppure a 6 anni e oltre, in accordo con
i recenti aggiornamenti dello studio HART o dello studio ARTISTIC (livello di evidenza AI).
RISULTATO DELL’ANALISI COSTO/BENEFICIO
Gli studi in merito all’analisi costo/beneficio sono raggruppabili secondo tre strategie di
screening (Tab. 2).
In considerazione della dinamica epidemiologica e della storia naturale dell’infezione
da HPV, è possibile disegnare la strategia di screening secondo la variabile “età” (Tab. 3).
Visti il costo e la minore specificità dell’HC2 rispetto alla citologia convenzionale, è opportuno disegnare strategie caratterizzate da una minore frequenza di screening, con un allungamento dell’intervallo di screening poiché molti studi clinici hanno ripetutamente
dimostrato un’elevatissimo valore predittivo negativo in donne con HC2 negativo (livello di
evidenza AI).
TABELLA
2 Strategie di screening e analisi costo/beneficio
Citologia come screening primario,
seguito da triage con HC2
Questa strategia è basata sulla consapevolezza che solo le
infezioni persistenti da HPV ad alto rischio sono correlate alla
carcinogenesi della cervice uterina e che quindi solo queste
ultime vanno indirizzate alla colposcopia
HC2 come screening primario,
seguito da triage con citologia
L’elevata specificità della citologia razionalizza e limita l’invio
al secondo livello (colposcopia) delle donne HPV DNA-positive
HC2 e citologia in combinazione
Il reflex-test ha il vantaggio di evitare il ritorno a breve termine
della donna per triage
TABELLA
3 Strategia di screening secondo la variabile “età”
30 anni (in relazione al declino
dell’infezione transitoria)
È stata considerata l’età appropriata in Europa per iniziare lo
screening primario con HPV DNA test (livello di evidenza AIII)
Oltre i 30 anni
Lo screening primario con HPV DNA test non è raccomandato
per l’elevata percentuale di positività all’HPV DNA test e per la
bassa specificità, che si traduce nel diagnosticare un elevato
numero di lesioni altrimenti destinate alla regressione
spontanea (livello di evidenza AIII)
CAPITOLO
5 Rapporto costo/beneficio dello screening con HPV DNA test
Combinando tutte queste informazioni all’interno di un complesso modello matematico
è stato calcolato che, in un contesto europeo (Gran Bretagna, Olanda, Francia e Italia), la
strategia di screening vincente in termini di efficacia clinica ed economia sanitaria è la combinazione dei due test (Pap test e HPV DNA test per donne oltre i 30 anni) con intervallo
triennale.
In un modello matematico di predizione e calcolo del rapporto costo/beneficio elaborato
per la realtà statunitense, è stata inserita anche la variabile “vaccinazione HPV”; le
strategie risultate maggiormente vantaggiose rispetto allo screening corrente (livello di
evidenza AIII) sono riportate nella Tab. 4.
TABELLA
4 Strategie di screening più vantaggiose dopo l’inserimento della variabile
“vaccinazione HPV” nel calcolo del rapporto rischio/beneficio
Donne non vaccinate
Screening con inizio tra i 21 e i 25 anni con citologia
e successivo HC2 triage, invertendo poi ad HC2 primario
e successivo triage citologico dall’età di 30 anni
(round ogni 3 anni)
Donne vaccinate all’età di 12 anni
Screening con inizio a 25 anni con citologia e successivo HC2
triage, invertendo poi ad HC2 primario e successivo triage
citologico dall’età di 35 anni (round ogni 5 anni)
23
CAPITOLO
6
COUNSELING
informazione appropriata della donna e delle diverse figure coinvolte e, più in
’
L generale, il concetto di counseling sono aspetti fondamentali in ambito di HPV DNA
test. I motivi alla base di questa premessa sono così schematizzabili:
■ il cervicocarcinoma è causato da un virus e quest’ultimo è sessualmente trasmesso.
Cancro, virus e MST sono tutti argomenti ad altissimo impatto emozionale;
■ l’HPV è estremamente diffuso nella popolazione sana e i concetti di infezione temporanea,
infezione persistente e malattia sono profondamente diversi e impegnativi da comprendere;
■ la diffusione del test HPV nello screening primario implica la gestione – clinica e
psicologica – di donne con citologia normale e test virale positivo;
■ ricerca e tecnologia in ambito di HPV sono in continuo e rapido sviluppo. Gran parte
delle stesse figure professionali coinvolte fatica a mantenersi aggiornata e questo
implica la diffusione di messaggi informativi talvolta imprecisi e spesso incoerenti;
■ il ricorso all’autoinformazione in ambito sanitario è in continua espansione e frequentemente le fonti disponibili sono di qualità discutibile. Il papilloma virus e le patologie ad
esso correlate sono certamente di grande attualità e interesse per i media.
Il processo informativo e di supporto corretto deve comprendere:
■ l’offerta di una serie di nozioni di base – semplici e comprensibili ma scientificamente
corrette – sul carcinoma cervicale e i suoi precursori, sull’esistenza e il ruolo del
papilloma virus umano, sui concetti di screening e diagnosi precoce;
■ la quantificazione del problema nei termini più chiari e individualizzati (personalizzazione
del dato epidemiologico);
■ l’esplicitazione e l’approfondimento di alcuni concetti sensibili e potenzialmente problematici (Tab. 1);
■ l’anticipazione dei possibili risultati con l’accenno, finalizzato alla rassicurazione, ai
percorsi diagnostici e terapeutici standard;
■ la verifica dell’effettiva comprensione delle informazioni e l’offerta di ulteriori approfondimenti.
TABELLA
1 Concetti che devono essere esplicitati e approfonditi nell’ambito del processo
informativo
■ Trasmissibilità sessuale dell’HPV
■ Estrema diffusione del virus e sostanziale innocuità dell’infezione transitoria
■ Assenza di gruppi a rischio e implicazioni comportamentali correlabili alla diagnosi
■ Ruolo del partner e implicazioni per la coppia
■ Assenza di terapie antivirali specifiche
■ Concetti di persistenza, reinfezione, diversi sottotipi virali
24
CAPITOLO
6 Counseling
FIGURA 1 Counseling:
grande beneficio può essere
apportato dalla disponibilità
e dall’utilizzo di materiale
informativo di qualità. Il
momento più appropriato
per informare è prima di
eseguire il test.
Tempo disponibile, adeguatezza del setting ambientale, competenza tecnica e capacità comunicativa dell’operatore sanitario (Fig. 1), livello recettivo della paziente (estremamente
variabile in relazione allo stato emozionale specifico e quindi nei diversi ambiti – screening,
secondo livello, accesso per terapia – di applicabilità) sono le variabili più importanti da
considerare e possibilmente affrontare.
La premessa è che nel momento dell’ansia (e l’avvenuta comunicazione di un test
medico positivo, sia esso rappresentato da una citologia anormale, da un test virale
positivo “per alto rischio” o da una diagnosi istologica di displasia, è certamente un evento
ansiogeno per ogni donna) il livello di attenzione al messaggio informativo e la recettività
al counseling sono estremamente bassi. La donna si presenta di regola al colloquio con una
serie di informazioni già acquisite, spesso scorrette e quasi sempre contrastanti, e con
numerosi preconcetti – di regola negativi e pessimistici – per i quali cerca sostanzialmente
conferma. In questi casi gran parte dello sforzo dell’operatore sanitario deve focalizzarsi
sulla controinformazione, la riqualificazione del messaggio; tale processo è per definizione
time-consuming, spesso frustrante e a rischio di incomprensioni. L’autorevolezza del medico
viene frequentemente comparata a quanto letto su internet o sostenuto dall’amica informata
e l’efficacia dell’intero percorso diagnostico e terapeutico può essere significativamente influenzata da una serie di fattori comunicativo-relazionali che in senso stretto poco hanno a
che fare con il semplice triage clinico della patologia.
Questo premesso, è evidente che grande beneficio può essere apportato dalla
disponibilità e dall’utilizzo di materiale informativo di qualità (scientificamente corretto,
estremamente conciso e comprensibile nei contenuti e nell’esposizione, graficamente accattivante) e dall’appropriata scelta della tempistica. Il momento di informare sull’HPV è prima
di eseguire i test, e l’idea diffusa che il Pap test risulterà negativo e che delle eventuali
eccezioni ci si occuperà a tempo debito è in larga misura responsabile delle difficoltà comunicative successive.
25
26
TEST HPV E PREVENZIONE DEL CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA
I contenuti specifici dell’informazione presentata prima dell’esecuzione di un test virale
di screening devono quindi includere:
■ la precisazione che l’HPV DNA test è un test di stratificazione di rischio oncologico
(esattamente come il Pap test) e non un tampone microbiologico;
■ l’esplicitazione che il risultato utile è la sua negatività (concetto di valore predittivo negativo);
■ la quantificazione dell’evenienza che il test risulti positivo, il suo significato e il
successivo percorso procedurale.
In caso di possibile ricorso alla tipizzazione virale, il core informativo iniziale deve comprendere il diverso ruolo oncogenico dei diversi sottotipi e l’assenza, a tutt’oggi, di linee
guida ufficiali per la gestione dei risultati.
L’intero universo della patologia cervicale dovrebbe essere inquadrato, nell’opinione di
chi scrive, nel concetto di rischio cervicale. Considerare nello specifico la positività
persistente al test virale quale uno tra i più significativi indicatori del grado di probabilità di
una donna di sviluppare negli anni una patologia cervicale – in modo analogo a quanto
abitualmente viene fatto nei confronti della colesterolemia o del sovrappeso nel caso della
patologia cardiovascolare – aiuta a posizionare correttamente l’esame nell’immaginario
collettivo e introduce le implicazioni successive di follow-up differenziato in relazione alla
stratificazione del rischio.
Il test virale allora viene fatto nella speranza che esso risulti negativo – e questo avviene
nel 90% delle donne di età superiore a 30 anni – e consenta pertanto di includere il
soggetto testato fra quelli a rischio estremamente ridotto di sviluppare una patologia
cervicale significativa negli anni a venire. La positività del test in quest’ottica non rappresenta
quindi una malattia, ma semplicemente la presenza di un fattore di rischio che, se
confermato un anno dopo il primo campionamento, suggerisce la semplice osservanza di
controlli citologici o strumentali non invasivi.
Gli esami di primo e di secondo livello in ambito di screening cervicale garantiscono nel
loro insieme, se opportunamente eseguiti e controllati, un livello di protezione dalla malattia
vera e propria, rappresentata dal carcinoma invasivo, che ha pochi equivalenti in medicina.
CAPITOLO
7
L’HPV DNA TEST
NELLA PRATICA CLINICA
L
a vasta letteratura degli ultimi due decenni disponibile sull’HPV DNA test (Fig. 1) ha
chiaramente dimostrato l’associazione fra HPV e cancro cervicale; inoltre, la positività
rilevata nei tamponi cervicali, paragonata alle opzioni convenzionali nelle diverse applicazioni, ne ha sottolineato le favorevoli prestazioni cliniche: dallo screening al follow-up delle
pazienti trattate. D’altra parte, la vasta mole di dati pubblicata su questo argomento in un
relativamente breve periodo di tempo ha moltiplicato i possibili scenari nonché i progetti di
studio, rendendo più difficoltoso il corretto apprendimento dei nuovi dati di letteratura da
parte dei clinici. In generale si ritiene che pochi e semplici concetti debbano sempre essere
tenuti a mente e trasferiti alle pazienti:
■ essere HPV-positive non significa avere una neoplasia;
■ l’HPV DNA test è raccomandato esclusivamente per la sede cervicale;
■ l’ansia delle pazienti deve essere adeguatamente gestita da un counseling esaustivo;
■ le informazioni che le pazienti ottengono autonomamente sull’HPV DNA test (carta stampata, internet ecc.) sono spesso fuorvianti;
■ l’HPV DNA test non ha utilità nello screening delle adolescenti;
■ la genotipizzazione dell’HPV non ha, allo stato attuale, validazione nella pratica clinica;
■ l’HPV DNA test non ha utilità nel partner maschile.
Nella pratica quotidiana, molteplici situazioni possono essere gestite con il corretto
impiego dell’HPV DNA test. I seguenti scenari sono quelli a tutt’oggi maggiormente validati:
■ screening: l’HPV DNA test può rappresentare una scelta idonea nello screening della
donna oltre i 30 anni di età. Gli intervalli di tempo appropriati devono ancora essere
validati. Le analisi costo/beneficio confermano questa opzione (livello di evidenza AI);
■ citologia ASC-US: l’HPV DNA test è sicuramente raccomandato come l’opzione di triage
ottimale per la citologia “borderline”; solo i casi HPV-positivi ad alto rischio devono
essere inviati alla colposcopia, mentre tutti gli altri devono essere nuovamente inviati
allo screening (livello di evidenza AI);
FIGURA 1 Cervical
Sampler, dispositivo di
prelievo cervicale da
usarsi con il sistema HC2.
27
28
TEST HPV E PREVENZIONE DEL CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA
■ follow-up delle lesioni intraepiteliali trattate: numerosi studi indicano l’associazione citologia/HPV DNA test come la migliore opzione per predire la persistenza/ricorrenza
della malattia dopo il trattamento escissionale (livello di evidenza AIII).
Un HPV DNA test validato, e più specificamente l’HC2, data l’eccellente sensibilità e
l’elevato valore predittivo negativo abbinati a un’ottima riproducibilità, rappresenta allo
stato attuale un potente strumento nelle mani del clinico per gestire in modo ottimale le
infezioni da papilloma virus umano e il potenziale sviluppo del cancro cervicale.
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31
TEST HPV E PREVENZIONE DEL
CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA
DA L L E E VI D EN ZE A L L A CL I N I C A
A CURA DI
IHSG – Italian HPV
Study Group
SILVANO COSTA
PAOLO CRISTOFORONI
LUCIANO MARIANI
MASSIMO ORIGONI
PAOLO SCIRPA
MARIO SIDERI
GUIDA ALLA GESTIONE DELL’HPV DNA TEST NELLO SCREENING
AL DI FUORI DI PROGRAMMI DI SCREENING ORGANIZZATO
HPV DNA test come unico test di screening primario
HPV DNA test
HPV DNA test –
HPV DNA test +
Ripetere dopo 3 anni
Citologia di triage
Linee guida SICPCV
Positiva
Negativa
UN ANNO DOPO
HPV DNA test
HPV DNA test –
HPV DNA test +
Ripetere dopo 3 anni
Colposcopia
GUIDA ALLA GESTIONE DELL’HPV DNA TEST NELLO SCREENING
AL DI FUORI DI PROGRAMMI DI SCREENING ORGANIZZATO
HPV DNA test in associazione al Pap test (co-testing)
HPV DNA test + Pap test
CITOLOGIA –
HPV –
CITOLOGIA –
HPV +
CITOLOGIA
ASC-US
HPV –
CITOLOGIA
> ASC-US
HPV –
CITOLOGIA +
HPV +
Linee guida
SICPCV
Ripetere
dopo 3 anni
UN ANNO DOPO
HPV DNA test + Pap test
CITOLOGIA –
HPV –
Ripetere
dopo 3 anni
CITOLOGIA –
HPV +
Colposcopia
CITOLOGIA +
HPV +
CITOLOGIA
> ASC-US
HPV –
CITOLOGIA
ASC-US
HPV –
Linee guida
SICPCV
Controllo
dopo 1 anno
GUIDA ALLA GESTIONE DELL’HPV DNA TEST NELLO SCREENING
AL DI FUORI DI PROGRAMMI DI SCREENING ORGANIZZATO
USO dell’HPV DNA test nello screening
e nella gestione iniziale del Pap test anormale
Età
Screening
ASC-US
SIL
basso grado
ASC-H
SIL
alto grado
AGC
< 20
Non
raccomandato
Non
raccomandato
Non
raccomandato
Non
raccomandato
Non
raccomandato
Non
raccomandato
21-29
Non
raccomandato
Sì
Non
raccomandato
Non
raccomandato
Non
raccomandato
Non
raccomandato
30-65
Sì
Sì
Sì
Non
raccomandato
Non
raccomandato
Non
raccomandato
> 65
Su base
individuale*
Sì
Sì
Non
raccomandato
Non
raccomandato
Non
raccomandato
Modificata da: Solomon D, et al. on behalf of the Cytopathology Education and Technology
Consortium. Statement on HPV DNA test utilization. J Low Genit Tract Dis 2009;13(3):135-6.
Guida all’uso di Pap test e HPV DNA test nello screening
al di fuori di programmi organizzati
Età
HPV test
Pap test
HPV e Pap test
< 20
Non raccomandato
Non raccomandato
Non raccomandato
21-24
Non raccomandato
Su base individuale*
Non raccomandato
25-29
Su base individuale*
Sì
Su base individuale*
> 30
Sì
Sì
Sì
* Richiede la personalizzazione della scelta in relazione alla storia clinica e anamnestica
della singola donna
NOTA BENE:
1. Non è appropriato testare per i tipi di HPV a basso rischio
2. Non è raccomandato l’uso della genotipizzazione
3. Non è appropriata la ripetizione di un HPV DNA test a meno di 12 mesi,
salvo particolari indicazioni
4. Si raccomanda di usare test clinicamente validati
5. Il test HPV è raccomandato esclusivamente per la sede cervicale
I.P.