“RISCHI PSICOSOCIALI E STRESS LAVOROCORRELATO” AI SENSI DEL D. LGS 81/08 ART. 37 COMMA 1 LETT. b) CONOSCENZE DI BASE DELLO STRESS NEL CONTESTO LAVORATIVO E PROMOZIONE DEL BENESSERE ORGANIZZATIVO DEI LAVORATORI NEI LUOGHI DI LAVORO “OPUSCOLO PER LA FORMAZIONE DEI LAVORATORI” Definizione di “STRESS” Contrariamente a quanto comunemente si creda, lo stress non è una malattia, ma una modalità fisiologica di adattamento (eustress o stress positivo). Alla metà degli Anni 50, Hans Selye lo definì come la “sindrome generale di adattamento alle sollecitazioni/richieste (stressor) dell’ambiente”, necessario alla sopravvivenza e alla vita. Lo stress, infatti, è la risposta complessa prodotta da un soggetto, nell’interazione con l’ambiente: senza stress, diceva Selye, c’è la morte. Ciascuno di noi, in maniera del tutto soggettiva, in virtù del patrimonio ereditario e delle esperienze vissute, filtra le diverse richieste compensando individualmente lo stimolo stressogeno. “Per fronteggiare le situazioni, l’individuo mette in atto le proprie strategie comportamentali che vanno sotto il nome di coping (in italiano si potrebbe tradurre col termine cavarsela). Gli stili di coping dipendono appunto dalle caratteristiche del soggetto e dalle esperienze personali. Da ciò consegue la soggettività/individualità nella risposta di stress” (ISPESL, 2002). Tuttavia, in condizioni particolari, la risposta di adattamento può divenire disfunzionale, ossia non è più in grado di soddisfare l’obiettivo (in questo caso si parla di distress o stress negativo). Questo può verificarsi o perché le richieste sono eccessivamente intense o perché durano troppo a lungo, superando quindi le possibilità di compensazione del soggetto. Lo stress può colpire qualsiasi luogo di lavoro e lavoratore, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda, dal settore di attività, dal livello gerarchico o dalla tipologia del rapporto di lavoro. Perciò, ferma restando la definizione di Selye, riconosciuta da tutta la comunità scientifica, generalmente si tende a focalizzare l’attenzione sull’aspetto disfunzionale del fenomeno soprattutto per le conseguenze negative che comporta, sia a livello personale che delle imprese e della società tutta. In base ai calcoli dell’Health & Safety Executive britannico, “almeno la metà di tutte le giornate lavorative perse sono connesse allo stress sul lavoro”. In un altro studio sulla previsione del costo totale per infortuni e malattie professionali si è evidenziato che, nel 1990, nel Regno Unito, il costo a carico dei datori di lavoro era compreso tra 4,5 e 9 miliardi di sterline; i costi per le vittime e le loro famiglie sono stati pari a circa 4,5 miliardi di sterline; il costo complessivo per l’economia del Paese era compreso tra 6 e 12 miliardi di sterline (tra 9 e 18 miliardi di euro), pari all’1/2% della produzione nazionale (Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro, 2000). Nell’accezione negativa del fenomeno (distress), le definizioni più accreditate di stress correlato al lavoro sono: 1 - “Reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle capacità, alle risorse o alle esigenze dei lavoratori” (National Institute for Occupational Safety and Health, NIOSH, 1999). 2 - “Lo stress si manifesta quando le persone percepiscono uno squilibrio tra le richieste avanzate nei loro confronti e le risorse a loro disposizione per far fronte a tali richieste” (European Agency for Safety and Health at Work, 2000). 3 - “… Lo stress non è una malattia, ma una situazione di prolungata tensione che può ridurre l’efficienza sul lavoro e può determinare un cattivo stato di salute. Lo stress lavoro correlato può essere causato da fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro, carenze nella comunicazione, ecc.” ( Accordo Quadro Europeo, 2008, art. 3). Come si può notare, siamo in presenza di una sostanziale convergenza tra i diversi istituti che tendono ad identificare la condizione di stress nell’interazione, talvolta negativa, che si crea tra il lavoratore e i diversi aspetti dell’ambiente di lavoro. Una posizione che ben si coniuga con la definizione di rischi psicosociali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (1986) e la definizione di benessere organizzativo proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (1986), nonché con le impostazioni più recenti della letteratura internazionale. Secondo Cox e Griffiths (1995), i rischi psicosociali, vale a dire le richieste dell’ambiente di lavoro in grado di modificare le risposte fisiologiche di stress, possono essere definiti come “quegli aspetti di progettazione del lavoro e di organizzazione e gestione del lavoro, nonché i rispettivi contesti ambientali e sociali, che potenzialmente possono arrecare danni fisici e psicologici”. Di fatto, secondo questi Autori, ogni elemento della struttura organizzativa è potenzialmente in grado di modificare la risposta di adattamento dei soggetti/lavoratori. E’ da sottolineare che ai fini del decreto legislativo 81/08 e successive integrazioni (D.Lgs 106/09) e dell’accordo europeo sullo stress, il target di riferimento per la valutazione dello stress non è il singolo lavoratore, ma il benessere organizzativo nel suo insieme, anche se talvolta acquisito tramite la percezione delle singole persone. L’elaborazione dei dati, ancorché raccolti con strumenti soggettivi, dovrà essere fatta tenendo presente il gruppo di riferimento e non i singoli lavoratori. D’altro canto: “la valutazione soggettiva dell’individuo rappresenta l’unica misura valida di benessere disponibile” (Levi, 1992). Secondo le indicazioni dell’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute del lavoro, mutuate dagli studi di Hacker (1991) e Hacker et al. (1983), i fattori di rischio correlati allo stress si possono suddividere in due grandi categorie: 1) quelli relativi al contesto di lavoro di natura gestionale (i flussi comunicativi, il ruolo dell’organizzazione, il grado di partecipazione, l’interfaccia casa/lavoro, ecc); 2) quelli relativi al contenuto del lavoro di natura organizzativa (le problematiche connesse con l’ambiente di lavoro, quali i rischi tradizionali, i rischi infortunistici, quelli fisici, chimici, ecc. ma anche problematiche legate alla pianificazione dei compiti, ai carichi e ritmi di lavoro, all’orario di lavoro, ecc.) Lo stress dovuto al lavoro può essere definito come un insieme di reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifesta quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore. Lo stress connesso al lavoro può influire negativamente sulle condizioni di salute e provocare persino infortuni (NIOSH, Stress at work, 1999) o “una reazione aspecifica dell’organismo a quasi ogni tipo d’esposizione, stimolo e sollecitazione”. (Seyle 1936). Lo stress è una risposta “naturale” “fisiologica”“normale” dell’organismo che permette di affrontare situazioni problematiche o vissute come problematiche. Si tratta di una “reazione automatica” con il principale scopo di permettere ad un soggetto di affrontare un pericolo o a superare una difficoltà: a) eliminando la minaccia b) adattandosi alle circostanze c) allontanandosi dal pericolo L’individuo è normalmente in grado di sostenere una esposizione di breve durata alla tensione, che può essere considerata positiva, ma ha maggiori difficoltà a sostenere una esposizione prolungata ad una pressione intensa. È uno stato caratterizzato da livelli elevati di eccitazione e ansia, spesso accompagnati da senso di inadeguatezza. (Commissione Europea, Guida allo stress legato all’attività lavorativa, 1999) Lo stress, potenzialmente, può colpire in qualunque luogo di lavoro e qualunque lavoratore, a prescindere dalla dimensione dell’azienda, dal campo di attività, dal tipo di contratto o di rapporto di lavoro. (Accordo Europeo sullo stress sul lavoro 8 ottobre 2004) Il “clima organizzativo” di una società, degli ambienti di lavoro, delle famiglie, del microcosmo che ci circonda può favorire o ridurre il numero e l’intensità dei fattori “stimolanti - stressogeni”. Da una parte lo stress è una reazione“fisiologica” positiva (EUSTRESS) perché favorisce che un individuo affronti problemi più o meno difficili. Se situazioni problematiche a) si presentano troppo spesso (ricorrenti); b) assumono caratteristiche di eccessiva difficoltà; c) durano troppo a lungo e diventano quasi croniche, allora lo stress assume caratteristiche negative (DISTRESS). PERCEZIONE SOGGETTIVA DELLO STRESS Le caratteristiche individuali (preparazione culturale, sensibilità, fragilità psicologica, capacità intellettuali…)possono permettere di affrontare una situazione di DISTRESS mantenendo un sufficiente equilibrio psicofisico. Noi non siamo uguali di fronte ad un agente “stimolante-stressante”:ciascuno ha capacità e caratteristiche che gli permettono di reagire e di affrontarlo (coping) in modo diverso con risorse, capacità di “resistenza” e sensibilità molto differenti. Stress da lavoro… = distress “Reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore”. (USA_NIOSH 1999) “Reazione ad aspetti avversi e nocivi del contenuto, dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro. E’ uno stato caratterizzato da elevati livelli di eccitazione ed ansia, spesso accompagnati da senso di inadeguatezza”. “Il distress lavorativo è dovuto ad una disarmonia fra sé e il proprio lavoro, a conflitti fra ruolo al lavoro e al ruolo fuori di esso e da un insufficiente controllo sul proprio lavoro e sulla propria vita”. Fattori di stress al lavoro (Classificazione delle condizioni di lavoro potenzialmente stressanti) (Kasl 1991) Aspetti temporali della giornata e dell’attività lavorativa (turni, straordinari, ritmi … Contenuto dell’attività lavorativa (lavoro frammentato, senza autonomia … Rapporti interpersonali nel gruppo di lavoro (possibilità di interagire con i colleghi, sostegno sociale e strumentale, equità nel distribuire il lavoro….…) Rapporti interpersonali con i supervisori (partecipazione ai processi decisionali, feedback e riconoscimento da parte dei supervisori ……………) Condizioni dell’organizzazione (struttura e burocrazia organizzativa, senso di ingiustizia …) Le conclusioni fino ad ora raggiunte dall’Agenzia “European Agency for Safety and Health at Work” descrivono cinque aree di variabili che rendono emergenti ed in aumento i rischi psicosociali: 1- utilizzo di nuove forme di contratti di lavoro (contratti precari) e l’incertezza e l’insicurezza del lavoro stesso (scarsità di lavoro); 2- forza lavoro sempre più vecchia (poco flessibile e poco adattabile ai cambiamenti) per mancanza di adeguato turn-over; 3- alti carichi di lavoro, con conseguenti pressioni sui lavoratori da parte del management; 4- tensione emotiva elevata, per violenze e molestie sul lavoro; 5- interferenze e squilibrio fra lavoro e vita privata. STRESS – DIFFUSIONE Nell’Unione Europea, lo stress legato all’attività lavorativa è il secondo problema di salute più comune nel mondo del lavoro, dopo i dolori alla schiena, che colpisce quasi un lavoratore su tre. - sono 40 milioni i lavoratori che ogni anno accusanodisturbi correlabili allo stress il conseguente costo sociale ammonta a 20 miliardi di euro - il 50% di questi lavoratori ritiene che la causa principale sia la pressione temporale (troppo da fare in poco tempo) oltre il 30% ritiene che la causa principale sia il mancato controllo sul compito - il 23% attribuisce allo stress frequenti sintomi di stanchezza generalizzata (senza causa apparente e ancor prima di iniziare la giornata lavorativa - STRESS – DIFFUSIONE Indagine sulle condizioni di salutee di lavoro di lavoratori italiani (Fondazione Europea di Dublino, 2006) - Stress 27% Mal di schiena 24% Fatica complessiva 24% Dolori muscolari 23% Mal di testa 17% STRESS - EFFETTI Il senso di frustrazione indotto dal vissuto di incapacità e l’impossibilità della fuga da una condizione frustrante generano una condizione di stress che si manifesta inizialmente con sintomi d’ansia, successivamente con lo sviluppo di una condizione depressiva (secondo le tre fasi indicate modello psicopatologico dello stress). STRESS – FATTORI DI RISCHIO FATTORI OGGETTIVI FATTORI SOGGETTIVI Organizzazione e processi di lavoro Percezione soggettiva di stress (pianificazione dell’orario di lavoro,grado di autonomia, grado di coincidenza tra esigenze imposte dal lavoro e capacità/conoscenze dei lavoratori, carico di lavoro, ecc.) Condizioni e ambiente di lavoro (esposizione ad un comportamento illecito, al rumore, al calore, a sostanze pericolose, ecc.) La comunicazione (incertezza circa le aspettative riguardo al lavoro, prospettive di occupazione, un futuro cambiamento, ecc.) Fattori soggettivi (pressioni emotive e sociali, sensazione di non poter far fronte alla situazione, percezione di una mancanza di aiuto, ...) (distress psichico) Manifestazioni emotive (ansia, tensione, irritabilità, Insicurezza ...) Manifestazioni cognitive (difficoltà di concentrazione, scarsa memoria …) Comportamenti disfunzionali (abuso di alcol, tabagismo, farmaci …) Comportamenti sintomatici di stress (aggressività, fuga, Isolamento …) Manifestazioni di “distress” Manifestazioni emotive (reazioni di ansia e depressione, senso disperazione e impotenza). Manifestazioni cognitive (difficoltà a concentrarsi, a ricordare e memorizzare, ad apprendere cose nuove, a essere creativi e a prendere decisioni). Manifestazioni comportamentali (alcool, fumo di sigaretta e non solo, cibo, droghe o atteggiamenti superficiali sul lavoro o nel traffico Manifestazioni fisiologiche (aumento del cortisolo con i suoi effetti negativi a lunga distanza) RISCHI PSICO-SOCIALI DISTRESS LAVORATIVO SALUTE Quali patologie psichiche possono nascere in relazione al lavoro? La distinzione fra normalità e anormalità, fra normalità e devianza, fra normalità e follia è una distinzione più fluida di quello che noi siamo soliti pensare (Giovanni Jervis 1933-2009). Per definire patologico un comportamento umano sono necessarie alcune caratteristiche fondamentali, fra cui: • l'infrequenza statistica: la scarsa presenza di un sintomo comportamento nella popolazione generale; • la violazione delle norme sociali o espressione di fonte d’ansia per chi vive a contatto; • il disagio individuale con turbamento persistente del soggetto; • l'incapacità o disfunzione con compromissione di abilità sociali o lavorative • l'imprevedibilità: impossibilità di prevedere il comportamento che ne deriva. Esse devono essere tutte presenti contemporaneamente, altrimenti non si può parlare di disturbo mentale. DISTURBI PSICHICIDI POSSIBILE PROFESSIONALE (DSM-IV) ORIGINE • DISTURBI DI ADATTAMENTO (compare in seguito a situazioni di distress psicosociale spesso ben identificabile. E’ caratterizzato spesso da sintomi depressivi con intensa sofferenza soggettiva e compromissione della funzionalità lavorativa, relazionale e sociale…) • DISTURBI ANSIOSI (sono caratterizzati da uno stato emotivo molto spiacevole, gravato da tensione e nervosismo e accompagnato da sintomi fisiologici più o meno accentuati come palpitazioni cardiache, tremore, nausea, vertigini, mal di testa, spasmi addominali e sudorazione fredda). • DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS (caratterizzato da insonnia, irritabilità, ansia, aggressività e tensione generalizzata - conseguenti a specifici eventi traumatici). • DISTURBI DEPRESSIVI (caratterizzata da rilevante perdita di autostima che si associa ad un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali, somatici ed affettivi) • DISTURBO MISTO ANSIOSO-DEPRESSIVO Condizioni di disagio lavorativo, Mobbing, Distress Lavorativo, Disagio Lavorativo, Aspecifico, Costrittività Organizzativa, Molestia Sessuale. condizione Valutazione e prevenzione dei rischi psicosociali nell'Unione Europea. E. RialGonzalez - Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA) • Nel 2002 l'Agenzia ha promosso una Campagna Europea sui problemi psicosociali nel cui ambito si sono tenuti numerosi eventi e prodotte diverse pubblicazioni. E’ stato posto l’accento: • sull'obbligo legale; • sulla saggezza pratica; • sui benefici economici della valutazione e prevenzione dei rischi psicosociali considerati alla stregua di qualsiasi altra tipologia di rischio occupazionale. 1. Coinvolgimento della direzione aziendale; 2. opportune azioni di comunicazione e informazione; 3. l' acquisizione di specifiche competenze da parte del RSPP e del medico competente e la loro partecipazione attiva insieme a quella del RLS; 4. la formazione di lavoratori, dirigenti e preposti; 5. la consultazione dei lavoratori (> 95 %); 6. La valutazione del rischio; 7. l'adozione di misure correttive; 8. la verifica dei cambiamenti ottenuti; 9. la gestione di singoli casi; 10. il monitoraggio nel tempo. G Misure di prevenzione Le soluzioni di prevenzione collettiva possono riguardare misure tecniche (potenziamento degli automatismi tecnologici…), misure organizzative sull’attività lavorativa (orario sostenibile, alternanza di mansioni nei limiti di legge e contratti, riprogrammazione attività…), misure procedurali (definizione di procedure di lavoro…), misure ergonomiche (progettazione ergonomica dell’ambiente e dei processi di lavoro) e misure di revisione della politica aziendale (azioni di miglioramento della comunicazione interna, della gestione, delle relazioni, ecc.). Le soluzioni rivolte agli individui sono finalizzate alla gestione di problemi specifici, diversi da quelli riscontrati nella maggioranza, che riguardano solo alcuni lavoratori. Possono essere attuate soluzioni di supporto ai singoli lavoratori (counselling, consultori interni, sportelli di ascolto) e interventi da parte del medico competente anche a seguito di richiesta di visita medica da parte del lavoratore., la “Affrontare la questione dello stress lavoro-correlato può condurre ad una maggiore efficienza e ad un miglioramento della salute e sicurezza dei lavoratori, con conseguenti benefici economici e sociali per imprese, lavoratori e società nel suo complesso”.costituzione, le vicende di vita, le esperienze m Sorveglianza sanitaria La sorveglianza sanitaria non costituisce una misura d’elezione in tutte le situazioni di stress lavoro-correlato, andando invece privilegiati gli interventi sull’organizzazione del lavoro. In qualsiasi momento un lavoratore può chiedere di essere sottoposto a visita medica, qualora tale richiesta sia correlata ai rischi lavorativi. Esistono tuttavia delle situazioni lavorative, nelle quali, pur adottando tutti i possibili miglioramenti, permane una situazione stressogena potenzialmente dannosa, in quanto la condizione di stress è insita nel contenuto del lavoro e non può essere ulteriormente ridotta con misure organizzative. Il Benessere Organizzativo è… La capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori. Un costrutto multidimensionale, determinato e influenzato da diversi fattori, sia a livello individuale e di gruppo, sia organizzativo quali: Caratteristiche dei compiti Utilità sociale Chiarezza obiettivi Informazioni Sicurezza Relazioni interpersonali Operatività Comfort ambientale Equità Ascolto Valorizzazione Apertura all’innovazione Conflittualità Fattori di stress FATTORI DELL’ORGANIZZAZION AZIONI DI MIGLIORAMENTO ( Accordo Europeo 08/10/04 ) MISURE DI GESTIONE E COMUNICAZIONE chiarire gli obiettivi aziendali e il ruolo di ciascun lavoratore, assicurare un sostegno adeguato da parte della direzione ai singoli individui e ai team di lavoro, portare a coerenza responsabilità e controllo sul lavoro, migliorare l’organizzazione, i processi, le condizioni e l’ambiente di lavoro. FORMAZIONE DEI DIRIGENTI E DEI LAVORATORI INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE DEI LAVORATORI CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Riguardo lo stress è necessario acquisire una terminologia corretta nel senso che “stress” indica una condizione di stimolo in molte occasioni positivo; Lo stesso concetto vale per lo “stress da lavoro che entro certi limiti è vantaggioso mentre gli effetti negativi sono attribuibili al distress da lavoro; I problemi della “salute della mente” sono molto complessi e il concetto di normalità non è facilmente distinguibile da condizione di lieve-medi disturbi mentali; Alcuni disturbi psichici “tipicamente attribuibili al lavoro” portano a trattamenti psicologici e/o psichiatrici Senza un intervento sul posto-mansione lavorativa i risultati dei trattamenti sono molto spesso insoddisfacenti, temporanei, non adeguati e non sufficienti; L’obiettivo principale è quello non solo di valutare e migliorare le condizioni psicosociali dell’individuo nel contesto lavorativo ma anche di garantire, promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori.