I l periodo successivo al primo conflitto mondiale è spesso chiamato l’«età del totalitarismo». Regimi completamente differenti per storia e convincimenti ideologici, condivisero una concezione chiusa della società e un totale rifiuto delle regole della democrazia costituzionale. La Rivoluzione d’ottobre in Russia era stata il modello e la speranza per milioni di uomini in tutto il mondo. Ma l’esito, quasi immediato, di questo evento fu la degenerazione nella dittatura staliniana. In un mondo percorso da gravi crisi economiche e dall’indebolimento dei paesi democratici, la paura per il «pericolo rosso» si scatenò violentemente, agevolando, in Italia e in Germania, la formazioni di regimi di destra, autoritari e violenti. Se il fascismo italiano ne fu il modello, il più feroce risultò essere il nazionalsocialismo tedesco. L’alleanza tra Mussolini e Hitler, allargata quasi subito al militarismo nazionalista giapponese, fu all’origine della Seconda guerra mondiale: un conflitto ancora più terribile del primo, destinato a scrivere alcune delle più drammatiche pagine dell’intera storia umana. Totalitarismi e democrazie in conflitto 1915 1929 1939 C 3 Russia poi URSS 1915-1918 C 3 ITALIA 1914-1918 C 3 GERMANIA 1918-1933 1916-1918 C 3 1924-1953 1922-1943 1917 C 4 Rivoluzione russa 1918-21 C 7 C 6 C 5 C 4 Dittatura di Stalin 1941-1945 Dittatura fascista 1940-1945 Repubblica di Weimar USA Guerra civile in Russia 1919 Istituzione della Società delle Nazioni C 4 78 Seconda guerra mondiale 1914-1917 Da ricordare Per orientarti Prima guerra mondiale © Loescher Editore – Torino 1945 1922 C 5 Marcia su Roma: Mussolini capo di governo 1919-20 C 5 Biennio rosso 1921-28 C 4 NEP C 7 Il fascismo impone la dittatura 1925 C 5 1928-29 Collettivizzazione delle terre in URSS C 4 1929 Crollo di Wall Street 1929 C 5 Patti lateranensi 1933 C 6 Hitler sale al potere 1933-1945 C 6 Dittatura nazista 1933-1939 C 7 New Deal 1935 C 5 Invasione italiana dell’Etiopia «Grandi purghe» in URSS C 7 C 8 C 8 1941-1945 1936-1939 C 7 Guerra civile spagnola C 8 1939 Invasione nazista della Polonia 1938 Leggi razziali in Italia C 5 1935-1938 C 4 1939-1945 Il Giappone invade la Cina C 6 Notte dei cristalli in Germania C 8 1943 C 8 25/07 Cade il fascismo; 8/09 Armistizio italiano 1945 C 8 25/04 Liberazione dell’Italia 6-9/08 Hiroshima e Nagasaki 1945 1938 1937 C 8 C 8 1942 C 8 Conferenza di Yalta Avvio della «soluzione finale» © Loescher Editore – Torino 79 Il comunismo in Unione Sovietica 4.1 La Rivoluzione russa Flotta dell’Intesa NORVEGIA La Rivoluzione del febbraio 1917 SVEZIA Archangel’sk FINLANDIA Pietrogrado ESTONIA Kazan LETTONIA Mosca LITUANIA BIELORUSSIA Saratov Brest-Litovsk POLONIA KAZAKISTAN Kiev Caricyn (Stalingrado) UCRAINA Odessa ROMANIA Mar Nero BULGARIA Flotta dell’Intesa Mar Caspio GEORGIA ARMENIA Al principio del Novecento, nonostante la Russia avesse avviato una politica di industrializzazione, il paese versava ancora in gravissime condizioni di arretratezza sociale ed economica. Gli operai percepivano salari miseri, erano costretti a lavorare fino a dodici ore al giorno e non avevano diritto di sciopero. Anche i contadini vivevano in condizioni difficilissime, nonostante nel 1861 fosse stata abolita la servitù della gleba. Tale situazione venne ulteriormente appesantita dallo scoppio della guerra nel 1914. Nel 1917, al quarto anno di conflitto, i morti in battaglia avevano ormai superato la straordinaria cifra di 2 milioni e alle disastrose vicende belliche si era aggiunta una spaventosa carestia. La maggior parte dei contadini, infatti, era stata inviata al fronte e le campagne private della manodopera necessaria, determinando il crollo della produzione agricola e della disponibilità di alimenti. La precaria situazione era inoltre aggravata dal rigido autoritarismo dello zar Nicola II che rifiutava di concedere qualunque tipo di riforma. Come prevedibile, gli eventi presero una piega rivoluzionaria. Il 12 marzo (27 febbraio secondo il calendario russo) scoppiò a Pietrogrado, la ex Pietroburgo e principale città operaia di Russia, una imponente rivolta operaia contro il sovrano. Ai soldati fu ordinato di sparare sulla folla, ma interi reparti si ribellarono agli ufficiali e si unirono agli insorti. La sollevazione si diffuse subito in altre città e lo zar con la sua famiglia fu arrestato e deposto. Il potere venne assunto da un governo provvisorio alla guida del quale fu designato Alexandr Kerenskij, avvocato e membro della Duma, il Parlamento russo. Egli si impegnò solennemente con Parigi e Londra a continuare la guerra. La Rivoluzione d’ottobre La Russia precipitò rapidamente nel caos. Le offensive lanciate al fronte durante l’estate del 1917 contro Germania e AustriaUngheria si risolsero in un fallimento. Molti soldati disertavano e tornavano al proprio villaggio, mentre nelle campagne i contadi- ni rimasti si ribellavano ai proprietari e nelle fabbriche gli operai scioperavano. Soprattutto cresceva in Russia la forza dei soviet, consigli di operai, contadini e soldati che si ponevano spesso in contrasto con il governo provvisorio. I soviet erano guidati dai socialrivoluzionari – che premevano per la riforma agraria – e dai socialdemocratici, i quali a loro volta si dividevano in menscevichi, moderati e favorevoli a collaborare con Kerenskij, e bolscevichi, fautori della rivoluzione e della dittatura del proletariato su ogni altra classe sociale. I bolscevichi erano un gruppo minoritario con un programma politico massimalista ma seppero assecondare abilmente le richieste più diffuse tra la popolazione: pace, pane, lavoro, terra ai contadini. Secondo il loro capo Vladimir Lenin, i tempi erano inoltre maturi per lanciare una nuova ribellione armata, rovesciare anche il governo provvisorio e istituire la repubblica dei soviet. [Testimonianze documento 1, p. 170] In un quadro politico sempre più confuso, i bolscevichi decisero pertanto di agire. Nella notte tra il 6 e il 7 novembre (24-25 ottobre secondo il calendario russo) diedero l’assalto al Palazzo d’Inverno di Pietrogrado, sede del governo provvisorio. Kerenskij AZERBAIGIAN TURCHIA GRECIA PERSIA Confine dell’Impero russo, 1914 Confine della Russia in base alla Pace di Brest-Litovsk, marzo 1918 Area controllata dai bolscevichi, ottobre 1919 Sollevazioni antibolsceviche Armate bianche Forze antibolsceviche non russe Confine della Russia sovietica, marzo 1921 Rivoluzione e guerra civile in Russia (1917-1918) V.V. Verescagin, Ritratto dello zar Nicola II, inizio del XX secolo, Museo Statale di Pavlovsk. Lenin parla al soviet riunito, Parigi, Museo delle due guerre mondiali. © Loescher Editore – Torino 80 1915 © Loescher Editore – Torino 1919 Gropius fonda la scuola di architettura Bauhaus 1922 La BBC inizia le trasmissioni radio 1929 Fleming scopre la penicillina 1942 Fermi realizza la prima pila atomica 1945 81 2 4 Totalitarismi e democrazie in conflitto L’assalto al palazzo d’Inverno a San Pietroburgo (Pietrogrado), 25 ottobre 1917. fu costretto alla fuga e il potere fu preso da Lenin e dalle guardie rosse, le milizie armate del partito bolscevico. La Rivoluzione d’ottobre si era così svolta in pochissime ore. I bolscevichi conquistano il potere Il colpo di mano realizzato con l’assalto al Palazzo d’Inverno consegnò il governo della Russia ai bolscevichi. Immediatamente si insediò il Consiglio dei commissari del popolo, con Lenin alla guida, Lev Trockij agli Esteri e Josif Stalin alle Nazionalità. Il governo presieduto da Lenin emanò due importanti decreti. Il primo riguardava i grandi possedimenti fondiari in mano alla nobiltà russa: essi furono espropriati e affidati ai contadini. Vennero in questo modo distribuiti circa 150 milioni di ettari di terra. Il secondo decreto prevedeva l’uscita della Russia dal conflitto mondiale. Il 25 dicembre 1917 fu firmato l’armistizio con Germania e Austria-Ungheria. Il trattato di pace venne concluso il 3 marzo 1918 a Brest-Litovsk, città ai confini con la Polonia: la Russia perdeva buona parte dei suoi territori europei, comprese Polonia e Ucraina, dove si concentravano le più importanti attività agricole e i maggiori bacini carboniferi dell’impero zarista. Condizioni durissime e non negoziabili, dal momento che l’esercito russo era allo sbando e le armate tedesche ormai penetravano in profondità nel suo territorio. Lenin riteneva comunque necessario questo sacrificio: l’uscita dalla guerra gli permetteva di dedicarsi esclusivamente alla difficile situazione interna. I bolscevichi infatti non erano ancora abbastanza forti da imporsi su tutti i loro avversari, come dimostrarono le elezioni per l’Assemblea costituente che si erano svolte nel novembre del 1917. I seguaci di Lenin vinsero a Mosca e Pietrogrado, ma ottennero in tutta la Russia solo il 24% dei consensi, contro il 40% dei socialrivoluzionari, assai più popolari nelle campagne. I bolscevichi decisero allora di attuare un colpo di Stato. Il 6 gennaio 1918 sciol- Manifesto anonimo del 1919 nel quale è scritto: «la campana della rivoluzione sta ancora suonando: operai e contadini unitevi e vincete nuove battaglie. Disponete la Cavalleria Rossa contro la Bianca! Arruolatevi nell’Armata Rossa!». sero d’autorità l’Assemblea costituente, che si era aperta appena il giorno precedente. I menscevichi e i socialrivoluzionari furono dichiarati fuori legge, gli scioperi proibiti, fu creata la Ceka – la potentissima polizia politica –, la stampa libera fu ridotta al silenzio. Nel mese di marzo 1918, i bolscevichi assunsero il nome di Partito comunista. Partendo da una posizione assolutamente minoritaria nel paese, in pochi mesi i bolscevichi avevano sconfitto tutti gli oppositori politici. Ma la situazione era tutt’altro che pacificata e la Russia era sull’orlo della guerra civile. [ I NODI DELLA STORIA p. 88] Apertura del primo Congresso della Terza internazionale a Mosca, 1919, presente anche il rivoluzionario russo Vladimir Lenin. Vladimir Lenin. 4.2 La guerra civile e la nascita dell’Unione Sovietica La guerra civile Poco dopo la firma della pace di Brest-Litovsk, la capitale della Russia fu trasferita da Pietrogrado a Mosca. E mentre il potere bolscevico si consolidava, Lenin dovette subito affrontare una terribile minaccia. Contro i comunisti si scagliarono infatti le armate dei «bianchi» zaristi – che puntavano a riportare sul trono Nicola II – sostenute da corpi di spedizione francesi, inglesi e di altri paesi timorosi che il «pericolo rosso» si diffondesse in tutta Europa. Nelle campagne scoppiarono inoltre grandi rivolte contadine contro il governo, che aveva ordinato la requisizione forzata del grano per il sostentamento dell’esercito e delle città. Ancora, l’abolizione della proprietà fondiaria suscitò l’opposizione dei grandi proprietari terrieri e della borghesia rurale, che vedevano messa in pericolo la propria esistenza. Infine, le nazionalità oppresse per secoli dall’impero alzavano la testa e chiedevano una patria indipendente: nacquero in questi anni delle repubbliche autonome in Ucraina, Bielorussia e nella regione del Caucaso, dove si diedero un governo libero l’Armenia, la Georgia e l’Azerbaigian. Anche etnie difficilmente assoggettabili al potere centrale si ribellarono. La lotta più dura fu condotta © Loescher Editore – Torino 82 1915 Il comunismo in Unione Sovietica «bianchi» zaristi: erano chiamati così perché i loro ufficiali indossavano divise bianche, come ai tempi dello zar. E a guidare le truppe controrivoluzionarie furono proprio ex generali dell’esercito zarista. © Loescher Editore – Torino 1919 Gropius fonda la scuola di architettura Bauhaus 1922 La BBC inizia le trasmissioni radio 1929 Fleming scopre la penicillina 1942 Fermi realizza la prima pila atomica 1945 83 2 4 Totalitarismi e democrazie in conflitto rivolta nella base navale di Krondstadt, davanti a Pietrogrado: marinai e soldati erano stati i protagonisti della Rivoluzione d’ottobre e questa ribellione evidenziò la necessità di avviare una nuova politica economica e sociale. Venne così allentata la presa sulla società e fu varata la NEP, la Nuova politica economica. Tra 1921 e 1928 vennero parzialmente riammessi la proprietà privata e i metodi dell’economia capitalistica. L’industria pesante e il sistema bancario rimasero sotto lo stretto controllo dello Stato, ma fu consentito avviare piccole imprese e assumere manodopera salariata. La moneta riprese a circolare, le requisizioni nelle campagne cessarono e i contadini furono autorizzati a vendere il grano in eccedenza. Queste misure consentirono all’economia e alla società di riprendersi: fu allora che si riformò una nuova classe piccolo borghese, i cui esponenti presero in città il nome di nepmen (da NEP), mentre nelle campagne cresceva il numero di kulaki , i contadini ricchi. La nascita dell’Unione Sovietica L’Armata Rossa, neocostituita, sfila in parata nella piazza principale di Mosca, appena ribattezzata Piazza Rossa. contro i cosacchi del Don, che sotto lo zar avevano goduto di una relativa libertà e diventarono adesso vittime di una repressione di massa, con stragi efferate e deportazioni. Tra 1918 e 1921 si combatté così una durissima guerra civile, che costò complessivamente sei milioni di morti, molti dei quali dovuti alle terribili carestie che colpirono la popolazione. Tra le prime vittime ci fu lo stesso zar, giustiziato dai bolscevichi insieme a tutta la famiglia reale mentre si trovava prigioniero a Ekaterinburg, nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1918. I comunisti riuscirono comunque a trionfare e abbattere ogni opposizione, grazie all’Armata Rossa guidata da Lev Trockij. Anzi, al termine del conflitto erano stati riconquistati molti dei territori persi nella Prima guerra mondiale e il comunismo era padrone assoluto della Russia. Dal «comunismo di guerra alla NEP» Tweet Storia p. 430 Negli anni della guerra civile, Lenin impose alla Russia il cosiddetto «comunismo di guerra», stabilendo che l’intera economia nazionale passasse sotto il controllo dello Stato. All’abolizione della proprietà privata si aggiunsero così il divieto di commerciare e di creare imprese, la nazionalizzazione delle banche e delle grandi fabbriche di ogni settore produttivo, la sospensione della circolazione del rublo (la moneta russa) e il razionamento di un grande numero di merci. Uno degli scopi principali di questa politica era quello di assicurare – tramite la requisizione o la gestione statale delle derrate alimentari e della produzione industriale – il sostentamento dell’Armata Rossa, braccio armato dei bolscevichi. L’obiettivo venne raggiunto, ma gli esiti generali del «comunismo di guerra» furono disastrosi. La già debole economia russa crollò: nel 1921 l’agricoltura forniva solo il 25% della produzione del 1916; nell’industria il calo fu ancora più drammatico, con una produzione che scese al 15% di quella del 1913. La durissima disciplina imposta alla popolazione durante la guerra suscitò inoltre un forte malcontento verso il bolscevismo. Nel marzo 1921 scoppiò una sanguinosa Contemporaneamente, veniva portato a termine il rinnovamento dello Stato. Il 30 dicembre 1922 nacque infatti l’URSS, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Come affermò poi la Costituzione emanata nel gennaio 1924, le repubbliche dell’URSS si univano in una federazione di popoli sovrani, formalmente liberi di scegliere il proprio destino e persino di uscire dall’Unione. In realtà, i popoli dell’URSS venivano tenuti sotto lo stretto controllo di Mosca, che soffocava duramente ogni ambizione d’autonomia, come dimostrarono le vicende dei governi ucraino, bielorusso e caucasici sorti durante la guerra civile, che furono riportati sotto controllo dell’Unione in maniera spietata. Si formava dunque un grande Stato multinazionale: esso, contrariamente a quanto era avvenuto nei grandi imperi del passato, era tenuto insieme non più dal volere del potere regio, ma dall’ideologia del Partito comunista. I diversi popoli dovevano vivere e lottare sotto la stessa bandiera in nome dell’internazionalismo socialista, della solidarietà tra le classi subalterne e della comune battaglia contro il capitalismo e la borghesia. 4.3 La dittatura di Stalin L’affermazione di Josif Stalin Quando Lenin morì nel gennaio del 1924 la guida dell’URSS fu assunta da Josif Stalin, che già dal 1922 era segretario del Partito comunista. Egli riuscì progressivamente ad accentrare nelle proprie mani il controllo dell’apparato burocratico dello Stato e questo gli permise di imporsi su altri importanti esponenti bolscevichi. I protagonisti della rivoluzione furono via via allontanati dal potere, come accadde a Lev Trockij, addirittura espulso dall’URSS nel 1929. Tutti coloro che tentavano una opposizione anche debole a Stalin furono estromessi, così nel giro di pochi anni egli poté imporre il proprio governo personale sull’Unione Sovietica. Contro Trockij, che avrebbe voluto subito fomentare la rivoluzione in tutta Europa, Stalin affermò il principio del «socialismo in un solo paese». L’URSS doveva rafforzarsi e diventare una grande potenza: solo dopo aver raggiunto questo obiettivo avrebbe potuto pensare di esportare il comunismo nel mondo. A questo obiettivo il successore di Lenin si dedicò con tutte le sue forze. 1915 kulaki: termine russo che significa «affamatori», «speculatori». Al principio del Novecento indicava i contadini che si arricchivano praticando l’usura. Nell’Unione Sovietica degli anni Venti e Trenta venne impiegato in senso dispregiativo contro i contadini che difendevano la proprietà privata e il libero mercato. p. 166 La collettivizzazione delle campagne Per diventare una potenza mondiale l’Unione Sovietica doveva prima di tutto crescere sul piano economico. Ecco perché Stalin Stati che compongono l’Unione Sovietica nel 1922 RUSSIA BIANCA MOLDAVIA Kiev Leningrado Mosca UCRAINA R U S S I A Omsk KAZAKISTAN ARMENIA GEORGIA AZERBAIGIAN Vladivostok UZBEKISTAN TURKMENISTAN KIRGHIZISTAN TAGIKISTAN © Loescher Editore – Torino 84 Il comunismo in Unione Sovietica © Loescher Editore – Torino 1919 Gropius fonda la scuola di architettura Bauhaus 1922 La BBC inizia le trasmissioni radio 1929 Fleming scopre la penicillina 1942 Fermi realizza la prima pila atomica 1945 85 2 4 Totalitarismi e democrazie in conflitto Contadini russi in coda per entrare a far parte di una fattoria collettiva, 1931. Manifesto relativo al «Piano dei Cinque Anni», raffigurante Stalin, il popolo e le industrie russe. trica, acciaio e cemento salì enormemente nel giro di pochi anni: si andava da un incremento del 248% per il petrolio a una strabiliante crescita del 728% nella produzione di energia elettrica. Contemporaneamente, il numero degli operai crebbe fino a raggiungere i 10 milioni di unità. Alla fine degli anni Trenta, l’URSS era diventata la terza potenza industriale del mondo, dopo Stati Uniti e Germania. Questi risultati furono però raggiunti a grave prezzo: milioni di russi vennero sradicati dalle campagne e costretti a lavorare in città, e con salari bassi. Inoltre, la qualità dei prodotti sovietici era scarsa, e la penalizzazione di agricoltura e industria leggera fece sì che mancassero nei negozi i più comuni beni alimentari e di consumo. Tutto ciò determinò un netto peggioramento del tenore di vita per i cittadini sovietici. Il governo della repressione e del terrore Il regime sovietico basava in realtà la sua forza su un apparato repressivo gigantesco e incredibilmente efficiente. La Ceka, la polizia politica, aveva cambiato il proprio nome prima in Gpu e poi in Nkvd, ma i suoi metodi e i suoi poteri erano invariati. Essa aveva prerogative insieme poliziesche e giudiziarie: poteva infatti arrestare, imprigionare e condannare a morte senza che le vittime avessero alcun modo di difendersi in sede giudiziaria. Tra 1935 e 1938, nel periodo delle cosiddette «grandi purghe» , furono allestiti a Mosca processi pubblici durante i quali i «nemici» dell’Unione Sovietica erano co- concentrò le sue maggiori attenzioni sulle campagne e sulle fabbriche. La NEP venne sospesa e fu imposta la collettivizzazione dell’agricoltura. Fu deciso cioè che il bestiame, le attrezzature agricole e i contadini dovevano confluire nei kolkhoz e nei sovkhoz, le grandi aziende agricole di Stato. I kolchoz erano cooperative in cui lo Stato metteva a disposizione la terra e i contadini la lavoravano con strumenti propri, consegnando poi alle autorità una quota prefissata del raccolto. I contadini dei sovkhoz, invece, erano salariati dallo Stato, il quale forniva la terra e i mezzi di produzione, tenendo poi per sé l’intero raccolto. Tra 1929 e 1930, più di 14 milioni di famiglie furono costrette a entrare in 110.000 aziende collettive. Tutto ciò provocò l’opposizione dei proprietari terrieri, i kulaki, che vennero imprigionati o fucilati a migliaia. Due milioni di loro furono deportati in campi di concentramento. I risultati della collettivizzazione furono deludenti: se il regime sbandierava la nuova eguaglianza sociale raggiunta tra i contadini, i raccolti diminuivano. Ancora una volta imperversò la carestia, che tra 1932 e 1933 investì l’Ucraina e la regione del Volga, provocando milioni di morti. Solo nel 1937 l’agricoltura sovietica tornò ai livelli produttivi precedenti la collettivizzazione. L’industrializzazione forzata Buona parte dei prodotti agricoli veniva venduta all’estero per finanziare l’acquisto di macchinari industriali moderni. Stalin indirizzò infatti l’Unione Sovietica verso una industrializzazione accelerata, con l’obiettivo di eguagliare e superare la produzione dei paesi capitalisti. Come già la collettivizzazione delle campagne, anche il processo di industrializzazione fu diretto dallo Stato. Nel 1928 e nel 1933 furono varati piani economici quinquennali che stabilivano in anticipo gli obiettivi produttivi di ogni settore industriale, e furono naturalmente privilegiati i comparti chiave della crescita: quello pesante e quello energetico. Nella regione del Don e tra i monti Urali, in Siberia e nell’est dell’Unione Sovietica sorsero imponenti impianti metallurgici, furono scavati vasti bacini carboniferi, vennero costruite altissime dighe idroelettriche. In effetti, la produzione di petrolio, carbone, energia elet- Nel corso degli anni Trenta, Josif Stalin concentrò in sé ogni potere decisionale. Egli era il centro degli apparati burocratici dello Stato, il comandante delle forze armate e l’ideatore della politica estera. In quegli anni prese forma un vero e proprio «culto della personalità»: tutto ciò che di buono avveniva in Unione Sovietica era merito suo; al contrario le avversità erano imputabili ai nemici di Stalin, a chi lo aveva tradito, a chi rifiutava di adeguarsi alla rivoluzione. Egli si presentava al popolo come un «piccolo padre» che provvedeva al bene dei sovietici, come l’uomo forte che aveva annientato le ingiustizie e introdotto l’eguaglianza tra i russi, il custode del vero pensiero di Lenin e della rivoluzione. Il popolo lo adorava, artisti e intellettuali lo osannavano e mettere in dubbio l’opinione di Stalin anche in una semplice conversazione privata poteva costare la deportazione. A Il PCUS, il Partito comunista dell’Unione Sovietica, era l’unico partito riconosciuto, dettava la politica del paese e ogni cittadino doveva adeguarsi alle sue decisioni. Esso costituiva anche lo strumento attraverso cui Stalin esercitava il proprio dominio personale. Approdo naturale di questa evoluzione fu la Costituzione del 1936, secondo la quale lo Stato era subordinato al capo del Partito comunista e dell’Unione Sovietica, vale a dire Stalin stesso. Album p. 90 Prigionieri politici al lavoro, Siberia, 1931. «Al nostro caro Stalin, la Nazione», poster di propaganda sovietica, 1949, Bruxelles, Musée de l’Armée. © Loescher Editore – Torino 1915 «grandi purghe»: termine che indica un violento processo di epurazione di un partito o di un regime allo scopo di eliminare gli oppositori interni. La dittatura di Stalin sull’URSS Il minatore Alexei Stakhanov (al centro), Russia, 1930. 86 Il comunismo in Unione Sovietica © Loescher Editore – Torino 1919 Gropius fonda la scuola di architettura Bauhaus 1922 La BBC inizia le trasmissioni radio 1929 Fleming scopre la penicillina 1942 Fermi realizza la prima pila atomica 1945 87 2 4 Totalitarismi e democrazie in conflitto stretti a confessare reati terribili, venendo condannati alla fucilazione o alla deportazione. La repressione colpì tutte le classi sociali, dai semplici cittadini ai funzionari L’«arcipelago Gulag» in cifre Anno Numero di prigionieri 1930 179.000 1932 268.000 1934 510.000 1936 1.296.000 1938 1.881.570 1941 1.929.729 1945 1.460.000 1948 2.199.535 1950 2.561.351 Totale 17 milioni di deportati (3 milioni di morti) di partito, dagli insegnanti ai militari: degli 80.000 ufficiali dell’Armata Rossa, per esempio, 35.000 scomparvero senza lasciare traccia. In totale, da sei a dieci milioni di persone finirono in centinaia di gulag, campi di lavoro forzato, e la maggior parte non fece più ritorno a casa. Campi di prigionia vennero aperti in tutto il territorio dell’URSS, ma soprattutto nelle sue regioni più isolate, come la Siberia. I gulag componevano nel loro insieme un «universo concentrazionario» di dimensioni vastissime, un mondo chiuso e separato dal resto della società sovietica, con leggi proprie. I reclusi vivevano in condizioni materiali durissime, stremati dal gelo e dalla fame, e contribuirono con il loro silenzioso lavoro alla costruzione di canali, fabbriche, dighe, ponti. Nel giro di venti anni, dunque, il sogno egualitario della rivoluzione comunista si trasformò nella disumana e oppressiva dittatura del partito unico e di Josif Stalin. Qual è la differenza tra comunismo e socialismo? 88 © Loescher Editore – Torino 1918 La Russia si ritira dalla Prima guerra mondiale 1918-1921 Guerra civile 1921-1928 NEP 1922 Le repubbliche sovietiche danno vita all’URSS 1924 Stalin sale al potere I NODI DELLA STORIA Esiste una certa confusione terminologica a proposito della tradizione politica della sinistra marxista. Nel pensiero di Marx, infatti, socialismo e comunismo non indicano due opzioni differenti o, addirittura, alternative, ma due fasi di un medesimo processo. Nonostante la sua opera più celebre fosse il Manifesto del Partito Comunista, i suoi seguaci nella Prima internazionale vennero ben presto chiamati genericamente socialisti. Dopo la sua morte, quando la custodia e lo sviluppo del suo pensiero passarono all’amico Engels, nacquero in tutta l’Europa partiti che assunsero preferibilmente la denominazione «socialdemocratico», specie nell’Europa settentrionale e orientale, o più semplicemente «socialista», in quella meridionale. Le divisioni interne a questi movimenti, nell’epoca della Seconda internazionale, non mancavano e riguardavano questioni ideologiche e di strategia politica. Un tipico esempio di divisione ideologica fu quello che divise, nel più grande partito socialdemocratico dell’epoca, la Spd tedesca, il revisionista Bernstein e l’ortodosso Kautzky. Formalmente tutti i socialisti si definivano «rivoluzionari» ma, nella realtà, le componenti più moderate e pragmatiche si convinsero, al contrario di quelle più radicali, che il socialismo potesse essere raggiunto gradualmente e senza rotture rivoluzionarie, attraverso un progressivo miglioramento delle condizioni del proletariato e, magari, un’auspicata crisi del 1917 Rivoluzione capitalismo. In Italia lo scontro fu tra una componente riformista, guidata da Filippo Turati, che come abbiamo visto era favorevole al dialogo con Giolitti, e i militanti più di sinistra, chiamati genericamente «massimalisti» (ossia favorevoli al programma massimo: la rivoluzione). Anche Lenin, fino a dopo la Rivoluzione, fu formalmente il leader del Partito operaio socialdemocratico russo, chiamato «bolscevico» (ossia «frazione di maggioranza») solo per distinguerlo da quello «menscevico», che pure conservava lo stesso nome. Solo nel 1918 assunse la denominazione di Partito comunista, presto imitato dalle frazioni leniniste e rivoluzionarie nei partiti socialisti del resto del mondo. Il contributo di Lenin alla causa del socialismo fu, nel bene e nel male, determinante. Intransigente ma realista, Lenin si convinse che il principale limite del marxismo fosse l’assenza di una teoria dello Stato rivoluzionario e una certa vaghezza nel determinare il ruolo del partito nel processo rivoluzionario. Facendo proprio il primato della politica sull’economia – concezione assente nel pensiero di Marx – Lenin si convinse che solo un partito rivoluzionario, magari piccolo, ma determinato, spregiudicato nelle scelte e, soprattutto, rigidamente disciplinato, avrebbe potuto innescare il processo rivoluzionario senza subire le inevitabili lentezze e le contraddizioni dell’azione spontanea delle masse. 1928 Primo piano quinquennale per lo sviluppo dell’industria 1929 Collettivizzazione delle terre 1932-1933 Carestia in Ucraina e nella regione del Volga 1933 Secondo piano quinquennale Il comunismo in Unione Sovietica 1 Nel 1917, Nicola II abdica e il potere, attraverso drammatici eventi, viene preso dai bolscevichi di Vladimir Lenin. Nel febbraio 1917 ebbe fine il potere degli zar di Russia. Le sconfitte nella guerra mondiale e la ribellione di fabbriche e campagne costrinsero Nicola II ad abdicare. La svolta non diede però stabilità al paese. Il nuovo governo, guidato da Alexandr Kerenskij, di ispirazione liberale, dovette fronteggiare l’instabilità sociale, il peggioramento della situazione al fronte e la conseguente insoddisfazione dei soldati, dei contadini e degli operai, di inclinazione socialista. Ad approfittare del caos furono i bolscevichi di Vladimir Lenin: marxisti, fautori della rivoluzione e della dittatura del proletariato, in ottobre si impossessarono del potere. Essi attuarono l’immediata distribuzione della terra ai contadini, abolirono la proprietà privata e sottoposero l’economia al controllo dello Stato. Repressero ogni opposizione e assunsero il nome di Partito comunista. Dichiararono poi l’uscita della Russia dalla guerra, sancita dalle pace di Brest-Litovsk: firmata il 3 marzo 1918 con gli Imperi centrali, essa prevedeva per l’ex regno zarista pesanti perdite territoriali. 2 Tra 1918 e 1921, i bolscevichi sconfiggono i loro nemici in una sanguinosa guerra civile e il 30 dicembre 1922 proclamano la nascita dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Tra 1918 e 1921 si combatté in Russia una terribile guerra civile. I bolscevichi lottavano per mantenere il potere appena conquistato, mentre i loro avversari erano mossi da differenti motivazioni: i «bianchi» zaristi, sostenuti dalle maggiori potenze europee, volevano riportare sul trono i Romanov; i contadini si ribellavano alla requisizione dei raccolti, che sostenevano le città e l’Armata Rossa; ucraini, bielorussi e caucasici desideravano rendersi indipendenti dal potere russo. La guerra civile si concluse con la vittoria dei bolscevichi, al prezzo di circa sei milioni di morti e della quasi completa distruzione di agricoltura e industria. Molte vittime furono causate dalle carestie scatenatesi nelle campagne a causa delle requisizioni forzate. L’affermazione del bolscevismo culminò nella proclamazione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il 30 dicembre 1922. Si trattava di una federazione e di uno Stato multinazionale, unito dall’ideologia del Partito comunista. Le condizioni dei sovietici migliorarono solo verso la metà degli anni Venti, quando fu lanciata la NEP, la Nuova politica economica. Si ebbe allora un ritorno parziale alla proprietà privata e ai metodi dell’economia capitalistica. 3 Josif Stalin diventa lo spietato dittatore dell’Unione Sovietica e trasforma il paese in una grande potenza industriale. Dopo la morte di Lenin, avvenuta nel 1924, a capo dell’URSS si pose Josif Stalin, che in poco tempo affermò il proprio governo personale sull’intero paese. Gli oppositori furono uccisi o imprigionati, la NEP venne sospesa e si impose il principio del «socialismo in un solo paese». L’URSS doveva rafforzarsi e diventare una grande potenza: dopo avrebbe potuto pensare ad esportare il comunismo. L’agricoltura venne collettivizzata nel 1929 e nelle campagne furono create 110.000 aziende collettive, ma solo nel 1937 l’agricoltura raggiunse i livelli produttivi del 1928. In compenso, il varo dei piani economici quinquennali e l’industrializzazione accelerata fecero dell’URSS in pochi anni la terza potenza industriale del pianeta. Questi risultati furono però raggiunti a prezzo di carestie, sradicamento dei contadini dalle campagne e netto peggioramento del tenore di vita dei cittadini. Inoltre, la dura repressione poliziesca (tristemente famose le «grandi purghe» staliniane tra 1935 e 1938) e la gigantesca rete di campi di concentramento resero la dittatura di Stalin una delle più sanguinarie di tutto il Novecento, causando molti milioni di morti e isolando la Russia dal resto del mondo. 1935-1938 «Grandi purghe» © Loescher Editore – Torino 89 2 4 Totalitarismi e democrazie in conflitto Il mito e la propaganda del comunismo attraverso i manifesti sovietici Il regime bolscevico fu instaurato con un colpo di Stato, nell’ottobre del 1917, in circostanze particolarmente drammatiche, nel pieno di una guerra mondiale e di un vasto processo rivoluzionario in Russia. Per Lenin e il suo governo era essenziale perciò consolidare velocemente il proprio potere. Fin da subito, la propaganda sovietica fu impegnata a dipingere il regime bolscevico come realizzazione compiuta delle tradizioni socialista e comunista, in aperta rottura con la Seconda internazionale socialista. Questa propaganda era rivolta non soltanto alla società sovietica, ma anche e soprattutto all’estero, e puntava a conquistare il consenso presso le masse popolari tedesche, francesi e italiane. Il regime sovietico si appropriò di mezzi e strategie di propaganda che erano stati largamente impiegati durante la Prima guerra mondiale e che furono in seguito adottati da altri regimi, come quello fascista e quello nazista. Il comunismo in Unione Sovietica Lenin e la rappresentazione del nemico La figura di Lenin era assolutamente centrale nella propaganda del nuovo regime sovietico. In molti manifesti diffusi dagli organi di partito, il capo bolscevico era rappresentato come la guida del proletariato internazionale verso l’avvenire, identificato a sua volta con il comunismo. La concezione bolscevica della rivoluzione non ammetteva il compromesso – «borghese» per definizione – e rappresentava un richiamo alla guerra politica e sociale contro il sistema «capitalista» e «imperialista». Non a caso, i manifesti sovietici mettevano spesso in scena momenti di conflitto che coinvolgevano l’Armata Rossa o gli operai in sciopero. Manifesto che inneggia alla cavalleria rossa. Nella scritta il famoso proclama di Trockij: «La rivoluzione proletaria deve creare una possente cavalleria rossa. Il comunista deve diventare un soldato a cavallo». Poster propagandistico che mostra Lenin mentre spazza dalla Terra sovrani e capitalisti. La bandiera dell’Unione Sovietica. La bandiera e i manifesti Il simbolo principale dell’Unione Sovietica, con cui era identificata immediatamente in tutto il mondo, fu la bandiera rossa con falce e martello, l’una e gli altri ereditati da una più antica simbologia socialista ottocentesca. I manifesti sovietici veicolavano messaggi ideologici fondamentali come l’anticapitalismo e l’antimperialismo, che avevano una lunga tradizione alle spalle, ma che trovavano un nuovo significato nell’Europa del primo dopoguerra. La propaganda bolscevica chiamava alla mobilitazione operaia contro le potenze «capitaliste» e «imperialiste» che avevano combattuto la Grande guerra. I temi ideologici ricorrenti erano spesso incarnati da raffigurazioni grottesche dei propri nemici, che fossero banchieri o sovrani: dal punto di vista del marxismo-leninismo, gli uni e gli altri rappresentavano il sistema da sconfiggere con la rivoluzione. La figura di Stalin La Seconda guerra mondiale influenzò profondamente la propaganda sovietica, volta a sostenere l’immenso sforzo militare contro l’invasione nazista, a partire dal 1941. Un elemento chiave del materiale propagandistico in tempo di guerra divenne perciò l’esaltazione della potenza bellica dell’Unione Sovietica e la capacità di condottiero del suo capo, Stalin. Tuttavia, non pochi dei manifesti di guerra richiamavano uno schema propagandistico più antico, ampiamente utilizzato fin dalla Prima guerra mondiale, mirato al reclutamento dei soldati. Stalin alla guida di una nave con il simbolo CCCP (ossia URSS) sul timone. 90 © Loescher Editore – Torino © Loescher Editore – Torino 91 2 4 Totalitarismi e democrazie in conflitto Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato 1 4 ATTIVITÀ 2 Osserva la cartina a p. 80 e, dopo aver riletto il paragrafo sulla guerra civile a p. 83, elenca gli oppositori interni della rivoluzione e spiega brevemente perché combattevano contro i bolscevichi. 1 Il 6 e 7 novembre del avviene la Rivoluzione d’ottobre: i bolscevichi assalgono il Palazzo d’Inverno di Pietrogrado e salgono al potere 2 Il 3 marzo del viene firmata la pace di Brest-Litovsk, che segna l’uscita della Russia dal conflitto mondiale 3 Nel marzo del i bolscevichi assumono il nome di Partito comunista 4 Nel viene varata la NEP che abolisce il «comunismo di guerra» 5 Nel nasce l’URSS e nel viene emanata la Costituzione che le dà la forma definitiva di una federazione 6 Nel la Russia entra nel primo conflitto mondiale 7 Nel , alla morte di Lenin, la guida è assunta da Josif Stalin 8 Nel viene emanata una nuova Costituzione secondo la quale lo Stato è subordinato al capo del Partito comunista e dell’URSS 9 Tra il e il il regime repressivo dell’URSS raggiunge il suo culmine con le «grandi purghe», che avevano lo scopo di eliminare qualsiasi opposizione 10 Tra il e il si combatte la guerra civile che si conclude con il successo dell’Armata Rossa 11 Il 6 gennaio i bolscevichi sciolgono l’Assemblea costituente, stroncando in questo modo l’opposizione di menscevichi e socialrivoluzionari Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo della Rivoluzione russa. 1 2 3 4 5 6 7 8 Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento; poi distingui con tre colori diversi gli eventi riconducibili alla Prima guerra mondiale, quelli che riguardano le vicende interne alla Russia e quelli che si riferiscono alla politica staliniana. 5 Il comunismo in Unione Sovietica Autoritarismo Requisizione Assemblea costituente Espropriare Campi di concentramento Federazione Repressione Razionamento Prova a riflettere sul significato di «Stato multinazionale»: esiste al giorno d’oggi un soggetto politico che, in qualche modo, si può definire «multinazionale»? Osserva, rifletti e rispondi alle domande 6 Osserva la mappa concettuale relativa al modello staliniano. Poi rispondi alle domande. Le caratteristiche fondamentali del modello staliniano Esplora il macrotema 3 Completa il testo. Alla morte di Lenin, la guida dell’URSS è assunta da Josif Stalin il cui obiettivo è quello di trasformare l’Unione sovietica in una grande potenza e successivamente di esportare il (1) nel mondo. Per rendere l’Unione Sovietica una potenza mondiale occorre crescere sul piano economico; per questo Stalin concentra le sue maggiori attenzioni su campagne e fabbriche. Egli procede innanzitutto con la sospensione della NEP e impone la (2) dell’agricoltura; la vendita dei prodotti agricoli, poi, è usata per finanziare l’acquisto di macchinari industriali moderni volti ad avviare una (3) accelerata. In pochi anni, Stalin concentra in sé ogni potere decisionale instaurando un vero e proprio culto della personalità, una delle caratteristiche dei regimi totalitari. Come ogni totalitarismo, anche quello sovietico è caratterizzato da una dittatura monopartitica (in questo caso quella del (4) ) in cui si verifica una netta personalizzazione del potere: la volontà del (5) è la legge del partito ed egli detiene il monopolio di tutti i (6) (controllo dell’apparato burocratico dello Stato, potere militare, decisioni in tema di politica estera). La dittatura sovietica, inoltre, si avvale di un potente apparato repressivo e di un sistema di terrore totale: la (7) , infatti, gode di prerogative insieme poliziesche e giudiziarie e chiunque si opponga all’ideologia comunista viene estromesso («grandi purghe»), o con la fucilazione o ricorrendo alla (8) (gulag). Nel giro di venti anni, dunque, il sogno egualitario della rivoluzione comunista si trasforma nella disumana e oppressiva dittatura del partito unico e di Josif Stalin. 1 Perchè quello di Stalin è un regime totalitario? 2 Che cosa implica sul piano economico la scelta del «socialismo in un solo paese»? 3 Quali sono le conseguenze della collettivizzazione delle campagne? Mostra quello che sai 7 92 © Loescher Editore – Torino Osserva le immagini a p. 86: qual è il loro valore simbolico? © Loescher Editore – Torino 93