Orizzonti 3_U2_C4

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I l periodo successivo al primo conflitto mondiale è spesso chiamato l’«età del
totalitarismo». Regimi completamente differenti per storia e convincimenti
ideologici, condivisero una concezione chiusa della società e un totale rifiuto delle regole della democrazia costituzionale. La Rivoluzione d’ottobre in
Russia era stata il modello e la speranza per milioni di uomini in tutto il mondo.
Ma l’esito, quasi immediato, di questo evento fu la degenerazione nella dittatura
staliniana.
In un mondo percorso da gravi crisi economiche e dall’indebolimento dei paesi
democratici, la paura per il «pericolo rosso» si scatenò violentemente, agevolando, in Italia e in Germania, la formazioni di regimi di destra, autoritari e violenti.
Se il fascismo italiano ne fu il modello, il più feroce risultò essere il nazionalsocialismo tedesco. L’alleanza tra Mussolini e Hitler, allargata quasi subito al militarismo nazionalista giapponese, fu all’origine della Seconda guerra mondiale:
un conflitto ancora più terribile del primo, destinato a scrivere alcune delle più
drammatiche pagine dell’intera storia umana.
Totalitarismi
e democrazie
in conflitto
1915
1929
1939
C 3
Russia poi URSS
1915-1918
C 3
ITALIA
1914-1918
C 3
GERMANIA 1918-1933
1916-1918
C 3
1924-1953
1922-1943
1917
C 4 Rivoluzione
russa
1918-21
C 7
C 6
C 5
C 4
Dittatura di Stalin
1941-1945
Dittatura fascista
1940-1945
Repubblica di Weimar
USA
Guerra civile in Russia 1919
Istituzione della Società delle Nazioni
C 4
78
Seconda guerra mondiale
1914-1917
Da ricordare
Per orientarti
Prima guerra mondiale
© Loescher Editore – Torino
1945
1922
C 5 Marcia su Roma:
Mussolini capo di governo
1919-20
C 5
Biennio rosso
1921-28
C 4
NEP
C 7
Il fascismo
impone la dittatura 1925
C 5
1928-29
Collettivizzazione
delle terre in URSS
C 4
1929
Crollo di Wall Street
1929
C 5 Patti
lateranensi
1933
C 6 Hitler sale
al potere
1933-1945
C 6
Dittatura nazista
1933-1939
C 7
New Deal
1935
C 5 Invasione
italiana
dell’Etiopia
«Grandi purghe» in URSS
C 7
C 8
C 8
1941-1945
1936-1939
C 7 Guerra
civile spagnola
C 8
1939
Invasione nazista della Polonia
1938
Leggi razziali in Italia
C 5
1935-1938
C 4
1939-1945
Il Giappone invade la Cina
C 6 Notte dei cristalli
in Germania
C 8
1943
C 8 25/07 Cade il fascismo;
8/09 Armistizio italiano
1945
C 8 25/04 Liberazione dell’Italia
6-9/08 Hiroshima e Nagasaki
1945
1938
1937
C 8
C 8
1942
C 8
Conferenza di Yalta
Avvio della «soluzione finale»
© Loescher Editore – Torino
79
Il comunismo in Unione Sovietica
4.1 La Rivoluzione russa
Flotta dell’Intesa
NORVEGIA
La Rivoluzione
del febbraio 1917
SVEZIA
Archangel’sk
FINLANDIA
Pietrogrado
ESTONIA
Kazan
LETTONIA
Mosca
LITUANIA
BIELORUSSIA
Saratov
Brest-Litovsk
POLONIA
KAZAKISTAN
Kiev
Caricyn
(Stalingrado)
UCRAINA
Odessa
ROMANIA
Mar Nero
BULGARIA
Flotta dell’Intesa
Mar
Caspio
GEORGIA
ARMENIA
Al principio del Novecento, nonostante la
Russia avesse avviato una politica di industrializzazione, il paese versava ancora in
gravissime condizioni di arretratezza sociale ed economica. Gli operai percepivano
salari miseri, erano costretti a lavorare fino
a dodici ore al giorno e non avevano diritto di sciopero. Anche i contadini vivevano
in condizioni difficilissime, nonostante nel
1861 fosse stata abolita la servitù della gleba. Tale situazione venne ulteriormente
appesantita dallo scoppio della guerra nel
1914. Nel 1917, al quarto anno di conflitto,
i morti in battaglia avevano ormai superato
la straordinaria cifra di 2 milioni e alle disastrose vicende belliche si era aggiunta una
spaventosa carestia. La maggior parte dei
contadini, infatti, era stata inviata al fronte e le campagne private della manodopera necessaria, determinando il crollo della
produzione agricola e della disponibilità di
alimenti.
La precaria situazione era inoltre aggravata dal rigido autoritarismo dello zar Nicola II che rifiutava di concedere qualunque
tipo di riforma. Come prevedibile, gli eventi
presero una piega rivoluzionaria. Il 12 marzo (27 febbraio secondo il calendario russo)
scoppiò a Pietrogrado, la ex Pietroburgo e
principale città operaia di Russia, una imponente rivolta operaia contro il sovrano. Ai
soldati fu ordinato di sparare sulla folla, ma
interi reparti si ribellarono agli ufficiali e si
unirono agli insorti. La sollevazione si diffuse
subito in altre città e lo zar con la sua famiglia
fu arrestato e deposto. Il potere venne assunto da un governo provvisorio alla guida del
quale fu designato Alexandr Kerenskij, avvocato e membro della Duma, il Parlamento
russo. Egli si impegnò solennemente con Parigi e Londra a continuare la guerra.
La Rivoluzione d’ottobre
La Russia precipitò rapidamente nel caos.
Le offensive lanciate al fronte durante
l’estate del 1917 contro Germania e AustriaUngheria si risolsero in un fallimento. Molti
soldati disertavano e tornavano al proprio
villaggio, mentre nelle campagne i contadi-
ni rimasti si ribellavano ai proprietari e nelle
fabbriche gli operai scioperavano. Soprattutto cresceva in Russia la forza dei soviet,
consigli di operai, contadini e soldati che
si ponevano spesso in contrasto con il governo provvisorio. I soviet erano guidati dai
socialrivoluzionari – che premevano per la
riforma agraria – e dai socialdemocratici, i
quali a loro volta si dividevano in menscevichi, moderati e favorevoli a collaborare con
Kerenskij, e bolscevichi, fautori della rivoluzione e della dittatura del proletariato su
ogni altra classe sociale.
I bolscevichi erano un gruppo minoritario con un programma politico massimalista ma seppero assecondare abilmente
le richieste più diffuse tra la popolazione:
pace, pane, lavoro, terra ai contadini. Secondo il loro capo Vladimir Lenin, i tempi erano
inoltre maturi per lanciare una nuova ribellione armata, rovesciare anche il governo
provvisorio e istituire la repubblica dei soviet.
[Testimonianze  documento 1, p. 170]
In un quadro politico sempre più confuso, i bolscevichi decisero pertanto di agire.
Nella notte tra il 6 e il 7 novembre (24-25 ottobre secondo il calendario russo) diedero
l’assalto al Palazzo d’Inverno di Pietrogrado, sede del governo provvisorio. Kerenskij
AZERBAIGIAN
TURCHIA
GRECIA
PERSIA
Confine dell’Impero russo, 1914
Confine della Russia in base alla Pace di Brest-Litovsk, marzo 1918
Area controllata dai bolscevichi, ottobre 1919
Sollevazioni antibolsceviche
Armate bianche
Forze antibolsceviche non russe
Confine della Russia sovietica, marzo 1921
Rivoluzione e guerra civile in Russia (1917-1918)
V.V. Verescagin, Ritratto dello zar Nicola II,
inizio del XX secolo, Museo Statale di Pavlovsk.
Lenin parla al soviet riunito, Parigi, Museo delle due guerre mondiali.
© Loescher Editore – Torino
80
1915
© Loescher Editore – Torino
1919 Gropius fonda la scuola di architettura Bauhaus
1922 La BBC inizia le trasmissioni radio
1929 Fleming scopre la penicillina
1942 Fermi realizza la prima pila atomica
1945
81
2
4
Totalitarismi e democrazie in conflitto
L’assalto al palazzo d’Inverno a San Pietroburgo (Pietrogrado), 25 ottobre 1917.
fu costretto alla fuga e il potere fu preso da
Lenin e dalle guardie rosse, le milizie armate
del partito bolscevico. La Rivoluzione d’ottobre si era così svolta in pochissime ore.
I bolscevichi conquistano
il potere
Il colpo di mano realizzato con l’assalto al
Palazzo d’Inverno consegnò il governo della Russia ai bolscevichi. Immediatamente si
insediò il Consiglio dei commissari del popolo, con Lenin alla guida, Lev Trockij agli
Esteri e Josif Stalin alle Nazionalità. Il governo presieduto da Lenin emanò due importanti decreti.
Il primo riguardava i grandi possedimenti fondiari in mano alla nobiltà russa: essi
furono espropriati e affidati ai contadini.
Vennero in questo modo distribuiti circa
150 milioni di ettari di terra.
Il secondo decreto prevedeva l’uscita
della Russia dal conflitto mondiale. Il 25
dicembre 1917 fu firmato l’armistizio con
Germania e Austria-Ungheria. Il trattato
di pace venne concluso il 3 marzo 1918 a
Brest-Litovsk, città ai confini con la Polonia:
la Russia perdeva buona parte dei suoi territori europei, comprese Polonia e Ucraina,
dove si concentravano le più importanti attività agricole e i maggiori bacini carboniferi
dell’impero zarista.
Condizioni durissime e non negoziabili,
dal momento che l’esercito russo era allo
sbando e le armate tedesche ormai penetravano in profondità nel suo territorio. Lenin
riteneva comunque necessario questo sacrificio: l’uscita dalla guerra gli permetteva
di dedicarsi esclusivamente alla difficile situazione interna. I bolscevichi infatti non
erano ancora abbastanza forti da imporsi su
tutti i loro avversari, come dimostrarono le
elezioni per l’Assemblea costituente che si
erano svolte nel novembre del 1917. I seguaci di Lenin vinsero a Mosca e Pietrogrado,
ma ottennero in tutta la Russia solo il 24%
dei consensi, contro il 40% dei socialrivoluzionari, assai più popolari nelle campagne.
I bolscevichi decisero allora di attuare
un colpo di Stato. Il 6 gennaio 1918 sciol-
Manifesto anonimo del 1919
nel quale è scritto: «la campana
della rivoluzione sta ancora
suonando: operai e contadini
unitevi e vincete nuove battaglie.
Disponete la Cavalleria Rossa
contro la Bianca! Arruolatevi
nell’Armata Rossa!».
sero d’autorità l’Assemblea costituente, che
si era aperta appena il giorno precedente. I
menscevichi e i socialrivoluzionari furono
dichiarati fuori legge, gli scioperi proibiti, fu
creata la Ceka – la potentissima polizia politica –, la stampa libera fu ridotta al silenzio.
Nel mese di marzo 1918, i bolscevichi assunsero il nome di Partito comunista.
Partendo da una posizione assolutamente minoritaria nel paese, in pochi mesi i bolscevichi avevano sconfitto tutti gli oppositori politici. Ma la situazione era tutt’altro
che pacificata e la Russia era sull’orlo della
guerra civile. [ I NODI DELLA STORIA p. 88]
Apertura del primo Congresso della Terza internazionale a Mosca, 1919, presente anche il rivoluzionario russo Vladimir Lenin.
Vladimir Lenin.
4.2 La guerra civile e la
nascita dell’Unione
Sovietica
La guerra civile
Poco dopo la firma della pace di Brest-Litovsk, la capitale della Russia fu trasferita da
Pietrogrado a Mosca. E mentre il potere bolscevico si consolidava, Lenin dovette subito
affrontare una terribile minaccia.
Contro i comunisti si scagliarono infatti le
armate dei «bianchi» zaristi – che puntavano a riportare sul trono Nicola II – sostenute da corpi di spedizione francesi, inglesi e
di altri paesi timorosi che il «pericolo rosso»
si diffondesse in tutta Europa.
Nelle campagne scoppiarono inoltre grandi
rivolte contadine contro il governo, che aveva ordinato la requisizione forzata del grano
per il sostentamento dell’esercito e delle città.
Ancora, l’abolizione della proprietà fondiaria
suscitò l’opposizione dei grandi proprietari
terrieri e della borghesia rurale, che vedevano
messa in pericolo la propria esistenza.
Infine, le nazionalità oppresse per secoli
dall’impero alzavano la testa e chiedevano
una patria indipendente: nacquero in questi
anni delle repubbliche autonome in Ucraina, Bielorussia e nella regione del Caucaso,
dove si diedero un governo libero l’Armenia,
la Georgia e l’Azerbaigian. Anche etnie difficilmente assoggettabili al potere centrale
si ribellarono. La lotta più dura fu condotta
© Loescher Editore – Torino
82
1915
Il comunismo in Unione Sovietica
«bianchi» zaristi:
erano chiamati così
perché i loro ufficiali
indossavano divise
bianche, come ai
tempi dello zar. E
a guidare le truppe
controrivoluzionarie
furono proprio ex generali
dell’esercito zarista.
© Loescher Editore – Torino
1919 Gropius fonda la scuola di architettura Bauhaus
1922 La BBC inizia le trasmissioni radio
1929 Fleming scopre la penicillina
1942 Fermi realizza la prima pila atomica
1945
83
2
4
Totalitarismi e democrazie in conflitto
rivolta nella base navale di Krondstadt, davanti a Pietrogrado: marinai e soldati erano
stati i protagonisti della Rivoluzione d’ottobre e questa ribellione evidenziò la necessità di avviare una nuova politica economica
e sociale.
Venne così allentata la presa sulla società
e fu varata la NEP, la Nuova politica economica. Tra 1921 e 1928 vennero parzialmente riammessi la proprietà privata e i metodi
dell’economia capitalistica. L’industria pesante e il sistema bancario rimasero sotto
lo stretto controllo dello Stato, ma fu consentito avviare piccole imprese e assumere
manodopera salariata. La moneta riprese
a circolare, le requisizioni nelle campagne
cessarono e i contadini furono autorizzati a
vendere il grano in eccedenza. Queste misure consentirono all’economia e alla società
di riprendersi: fu allora che si riformò una
nuova classe piccolo borghese, i cui esponenti presero in città il nome di nepmen (da
NEP), mentre nelle campagne cresceva il
numero di kulaki , i contadini ricchi.
La nascita dell’Unione
Sovietica
L’Armata Rossa, neocostituita, sfila in parata nella piazza principale di Mosca, appena ribattezzata Piazza Rossa.
contro i cosacchi del Don, che sotto lo zar
avevano goduto di una relativa libertà e diventarono adesso vittime di una repressione
di massa, con stragi efferate e deportazioni.
Tra 1918 e 1921 si combatté così una durissima guerra civile, che costò complessivamente sei milioni di morti, molti dei quali
dovuti alle terribili carestie che colpirono
la popolazione. Tra le prime vittime ci fu lo
stesso zar, giustiziato dai bolscevichi insieme
a tutta la famiglia reale  mentre si trovava
prigioniero a Ekaterinburg, nella notte tra il
16 e il 17 luglio 1918.
I comunisti riuscirono comunque a trionfare e abbattere ogni opposizione, grazie
all’Armata Rossa guidata da Lev Trockij.
Anzi, al termine del conflitto erano stati riconquistati molti dei territori persi nella
Prima guerra mondiale e il comunismo era
padrone assoluto della Russia.
Dal «comunismo di guerra
alla NEP»
 Tweet Storia p. 430
Negli anni della guerra civile, Lenin impose alla Russia il cosiddetto «comunismo di
guerra», stabilendo che l’intera economia
nazionale passasse sotto il controllo dello
Stato. All’abolizione della proprietà privata
si aggiunsero così il divieto di commerciare e di creare imprese, la nazionalizzazione
delle banche e delle grandi fabbriche di ogni
settore produttivo, la sospensione della circolazione del rublo (la moneta russa) e il razionamento di un grande numero di merci.
Uno degli scopi principali di questa politica era quello di assicurare – tramite la requisizione o la gestione statale delle derrate
alimentari e della produzione industriale –
il sostentamento dell’Armata Rossa, braccio
armato dei bolscevichi. L’obiettivo venne
raggiunto, ma gli esiti generali del «comunismo di guerra» furono disastrosi. La già debole economia russa crollò: nel 1921 l’agricoltura forniva solo il 25% della produzione
del 1916; nell’industria il calo fu ancora più
drammatico, con una produzione che scese
al 15% di quella del 1913.
La durissima disciplina imposta alla popolazione durante la guerra suscitò inoltre
un forte malcontento verso il bolscevismo.
Nel marzo 1921 scoppiò una sanguinosa
Contemporaneamente, veniva portato a
termine il rinnovamento dello Stato. Il 30 dicembre 1922 nacque infatti l’URSS, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Come affermò poi la Costituzione emanata
nel gennaio 1924, le repubbliche dell’URSS si
univano in una federazione di popoli sovrani, formalmente liberi di scegliere il proprio
destino e persino di uscire dall’Unione. In realtà, i popoli dell’URSS venivano tenuti sotto
lo stretto controllo di Mosca, che soffocava
duramente ogni ambizione d’autonomia,
come dimostrarono le vicende dei governi
ucraino, bielorusso e caucasici sorti durante la guerra civile, che furono riportati sotto
controllo dell’Unione in maniera spietata.
Si formava dunque un grande Stato multinazionale: esso, contrariamente a quanto
era avvenuto nei grandi imperi del passato,
era tenuto insieme non più dal volere del
potere regio, ma dall’ideologia del Partito
comunista. I diversi popoli dovevano vivere e lottare sotto la stessa bandiera in nome
dell’internazionalismo socialista, della solidarietà tra le classi subalterne e della comune battaglia contro il capitalismo e la
borghesia.
4.3 La dittatura di Stalin
L’affermazione di Josif Stalin
Quando Lenin morì nel gennaio del 1924 la
guida dell’URSS fu assunta da Josif Stalin,
che già dal 1922 era segretario del Partito
comunista. Egli riuscì progressivamente ad
accentrare nelle proprie mani il controllo
dell’apparato burocratico dello Stato e questo gli permise di imporsi su altri importanti
esponenti bolscevichi.
I protagonisti della rivoluzione furono via
via allontanati dal potere, come accadde a
Lev Trockij, addirittura espulso dall’URSS
nel 1929. Tutti coloro che tentavano una
opposizione anche debole a Stalin furono
estromessi, così nel giro di pochi anni egli
poté imporre il proprio governo personale
sull’Unione Sovietica. Contro Trockij, che
avrebbe voluto subito fomentare la rivoluzione in tutta Europa, Stalin affermò il
principio del «socialismo in un solo paese».
L’URSS doveva rafforzarsi e diventare una
grande potenza: solo dopo aver raggiunto
questo obiettivo avrebbe potuto pensare di
esportare il comunismo nel mondo. A questo obiettivo il successore di Lenin si dedicò
con tutte le sue forze.
1915
kulaki: termine russo
che significa «affamatori»,
«speculatori». Al principio
del Novecento indicava
i contadini che si
arricchivano praticando
l’usura. Nell’Unione
Sovietica degli anni Venti
e Trenta venne impiegato
in senso dispregiativo
contro i contadini che
difendevano la proprietà
privata e il libero mercato.
p. 166
La collettivizzazione
delle campagne
Per diventare una potenza mondiale l’Unione Sovietica doveva prima di tutto crescere
sul piano economico. Ecco perché Stalin
Stati che compongono l’Unione Sovietica nel 1922
RUSSIA BIANCA
MOLDAVIA
Kiev
Leningrado
Mosca
UCRAINA
R U
S
S
I
A
Omsk
KAZAKISTAN
ARMENIA
GEORGIA
AZERBAIGIAN
Vladivostok
UZBEKISTAN
TURKMENISTAN
KIRGHIZISTAN
TAGIKISTAN
© Loescher Editore – Torino
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Il comunismo in Unione Sovietica
© Loescher Editore – Torino
1919 Gropius fonda la scuola di architettura Bauhaus
1922 La BBC inizia le trasmissioni radio
1929 Fleming scopre la penicillina
1942 Fermi realizza la prima pila atomica
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Totalitarismi e democrazie in conflitto
Contadini russi in coda per entrare a far parte di una fattoria collettiva, 1931.
Manifesto relativo al «Piano dei Cinque Anni»,
raffigurante Stalin, il popolo e le industrie russe.
trica, acciaio e cemento salì enormemente
nel giro di pochi anni: si andava da un incremento del 248% per il petrolio a una strabiliante crescita del 728% nella produzione di
energia elettrica. Contemporaneamente, il
numero degli operai crebbe fino a raggiungere i 10 milioni di unità.
Alla fine degli anni Trenta, l’URSS era
diventata la terza potenza industriale del
mondo, dopo Stati Uniti e Germania. Questi
risultati furono però raggiunti a grave prezzo: milioni di russi vennero sradicati dalle
campagne e costretti a lavorare in città, e
con salari bassi. Inoltre, la qualità dei prodotti sovietici era scarsa, e la penalizzazione
di agricoltura e industria leggera fece sì che
mancassero nei negozi i più comuni beni
alimentari e di consumo. Tutto ciò determinò un netto peggioramento del tenore di
vita per i cittadini sovietici.
Il governo della repressione
e del terrore
Il regime sovietico basava in realtà la sua
forza su un apparato repressivo gigantesco e
incredibilmente efficiente. La Ceka, la polizia politica, aveva cambiato il proprio nome
prima in Gpu e poi in Nkvd, ma i suoi metodi e i suoi poteri erano invariati. Essa aveva
prerogative insieme poliziesche e giudiziarie: poteva infatti arrestare, imprigionare e
condannare a morte senza che le vittime
avessero alcun modo di difendersi in sede
giudiziaria.
Tra 1935 e 1938, nel periodo delle cosiddette «grandi purghe» , furono allestiti a
Mosca processi pubblici durante i quali i
«nemici» dell’Unione Sovietica erano co-
concentrò le sue maggiori attenzioni sulle
campagne e sulle fabbriche.
La NEP venne sospesa e fu imposta la collettivizzazione dell’agricoltura. Fu deciso
cioè che il bestiame, le attrezzature agricole e i contadini dovevano confluire nei kolkhoz e nei sovkhoz, le grandi aziende agricole di Stato. I kolchoz erano cooperative in
cui lo Stato metteva a disposizione la terra
e i contadini la lavoravano con strumenti
propri, consegnando poi alle autorità una
quota prefissata del raccolto. I contadini dei
sovkhoz, invece, erano salariati dallo Stato, il
quale forniva la terra e i mezzi di produzione, tenendo poi per sé l’intero raccolto. Tra
1929 e 1930, più di 14 milioni di famiglie furono costrette a entrare in 110.000 aziende
collettive. Tutto ciò provocò l’opposizione
dei proprietari terrieri, i kulaki, che vennero
imprigionati o fucilati a migliaia. Due milioni di loro furono deportati in campi di concentramento.
I risultati della collettivizzazione furono
deludenti: se il regime sbandierava la nuova eguaglianza sociale raggiunta tra i contadini, i raccolti diminuivano. Ancora una
volta imperversò la carestia, che tra 1932 e
1933 investì l’Ucraina e la regione del Volga,
provocando milioni di morti. Solo nel 1937
l’agricoltura sovietica tornò ai livelli produttivi precedenti la collettivizzazione.
L’industrializzazione forzata
Buona parte dei prodotti agricoli veniva
venduta all’estero per finanziare l’acquisto
di macchinari industriali moderni. Stalin indirizzò infatti l’Unione Sovietica verso una
industrializzazione accelerata, con l’obiettivo di eguagliare e superare la produzione
dei paesi capitalisti.
Come già la collettivizzazione delle
campagne, anche il processo di industrializzazione fu diretto dallo Stato. Nel 1928
e nel 1933 furono varati piani economici
quinquennali che stabilivano in anticipo
gli obiettivi produttivi di ogni settore industriale, e furono naturalmente privilegiati
i comparti chiave della crescita: quello pesante e quello energetico. Nella regione del
Don e tra i monti Urali, in Siberia e nell’est
dell’Unione Sovietica sorsero imponenti
impianti metallurgici, furono scavati vasti
bacini carboniferi, vennero costruite altissime dighe idroelettriche. In effetti, la produzione di petrolio, carbone, energia elet-
Nel corso degli anni Trenta, Josif Stalin concentrò in sé ogni potere decisionale. Egli era
il centro degli apparati burocratici dello Stato, il comandante delle forze armate e l’ideatore della politica estera.
In quegli anni prese forma un vero e proprio «culto della personalità»: tutto ciò che
di buono avveniva in Unione Sovietica era
merito suo; al contrario le avversità erano
imputabili ai nemici di Stalin, a chi lo aveva
tradito, a chi rifiutava di adeguarsi alla rivoluzione. Egli si presentava al popolo come
un «piccolo padre» che provvedeva al bene
dei sovietici, come l’uomo forte che aveva
annientato le ingiustizie e introdotto l’eguaglianza tra i russi, il custode del vero pensiero di Lenin e della rivoluzione. Il popolo lo
adorava, artisti e intellettuali lo osannavano
e mettere in dubbio l’opinione di Stalin anche in una semplice conversazione privata
poteva costare la deportazione. A
Il PCUS, il Partito comunista dell’Unione
Sovietica, era l’unico partito riconosciuto,
dettava la politica del paese e ogni cittadino doveva adeguarsi alle sue decisioni. Esso
costituiva anche lo strumento attraverso cui
Stalin esercitava il proprio dominio personale. Approdo naturale di questa evoluzione fu la Costituzione del 1936, secondo la
quale lo Stato era subordinato al capo del
Partito comunista e dell’Unione Sovietica,
vale a dire Stalin stesso.
Album p. 90
Prigionieri politici al lavoro, Siberia, 1931.
«Al nostro caro Stalin, la Nazione», poster di propaganda sovietica, 1949, Bruxelles, Musée de l’Armée.
© Loescher Editore – Torino
1915
«grandi purghe»:
termine che indica un
violento processo di
epurazione di un partito
o di un regime allo scopo
di eliminare gli oppositori
interni.
La dittatura di Stalin sull’URSS
Il minatore Alexei Stakhanov (al centro), Russia, 1930.
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Il comunismo in Unione Sovietica
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1919 Gropius fonda la scuola di architettura Bauhaus
1922 La BBC inizia le trasmissioni radio
1929 Fleming scopre la penicillina
1942 Fermi realizza la prima pila atomica
1945
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Totalitarismi e democrazie in conflitto
stretti a confessare reati terribili, venendo
condannati alla fucilazione o alla deportazione. La repressione colpì tutte le classi
sociali, dai semplici cittadini ai funzionari
L’«arcipelago Gulag» in cifre
Anno
Numero di prigionieri
1930
179.000
1932
268.000
1934
510.000
1936
1.296.000
1938
1.881.570
1941
1.929.729
1945
1.460.000
1948
2.199.535
1950
2.561.351
Totale
17 milioni di deportati
(3 milioni di morti)
di partito, dagli insegnanti ai militari: degli
80.000 ufficiali dell’Armata Rossa, per esempio, 35.000 scomparvero senza lasciare traccia. In totale, da sei a dieci milioni di persone finirono in centinaia di gulag, campi di
lavoro forzato, e la maggior parte non fece
più ritorno a casa. Campi di prigionia vennero aperti in tutto il territorio dell’URSS,
ma soprattutto nelle sue regioni più isolate,
come la Siberia. I gulag componevano nel
loro insieme un «universo concentrazionario» di dimensioni vastissime, un mondo
chiuso e separato dal resto della società sovietica, con leggi proprie. I reclusi vivevano
in condizioni materiali durissime, stremati
dal gelo e dalla fame, e contribuirono con il
loro silenzioso lavoro alla costruzione di canali, fabbriche, dighe, ponti.
Nel giro di venti anni, dunque, il sogno
egualitario della rivoluzione comunista si
trasformò nella disumana e oppressiva dittatura del partito unico e di Josif Stalin.
Qual è la differenza tra comunismo e socialismo?
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© Loescher Editore – Torino
1918
La Russia si ritira dalla Prima
guerra mondiale
1918-1921
Guerra civile
1921-1928
NEP
1922
Le repubbliche sovietiche danno
vita all’URSS
1924
Stalin sale al potere
I NODI DELLA STORIA
Esiste una certa confusione terminologica a proposito della tradizione politica della sinistra marxista. Nel pensiero di Marx,
infatti, socialismo e comunismo non indicano due opzioni differenti o, addirittura, alternative, ma due fasi di un medesimo
processo. Nonostante la sua opera più celebre fosse il Manifesto
del Partito Comunista, i suoi seguaci nella Prima internazionale
vennero ben presto chiamati genericamente socialisti. Dopo la
sua morte, quando la custodia e lo sviluppo del suo pensiero
passarono all’amico Engels, nacquero in tutta l’Europa partiti
che assunsero preferibilmente la denominazione «socialdemocratico», specie nell’Europa settentrionale e orientale, o più
semplicemente «socialista», in quella meridionale. Le divisioni
interne a questi movimenti, nell’epoca della Seconda internazionale, non mancavano e riguardavano questioni ideologiche
e di strategia politica. Un tipico esempio di divisione ideologica
fu quello che divise, nel più grande partito socialdemocratico
dell’epoca, la Spd tedesca, il revisionista Bernstein e l’ortodosso Kautzky. Formalmente tutti i socialisti si definivano «rivoluzionari» ma, nella realtà, le componenti più moderate e pragmatiche si convinsero, al contrario di quelle più radicali, che
il socialismo potesse essere raggiunto gradualmente e senza
rotture rivoluzionarie, attraverso un progressivo miglioramento
delle condizioni del proletariato e, magari, un’auspicata crisi del
1917
Rivoluzione
capitalismo. In Italia lo scontro fu tra una componente riformista, guidata da Filippo Turati, che come abbiamo visto era favorevole al dialogo con Giolitti, e i militanti più di sinistra, chiamati
genericamente «massimalisti» (ossia favorevoli al programma
massimo: la rivoluzione).
Anche Lenin, fino a dopo la Rivoluzione, fu formalmente il leader del Partito operaio socialdemocratico russo, chiamato «bolscevico» (ossia «frazione di maggioranza») solo per distinguerlo
da quello «menscevico», che pure conservava lo stesso nome.
Solo nel 1918 assunse la denominazione di Partito comunista,
presto imitato dalle frazioni leniniste e rivoluzionarie nei partiti
socialisti del resto del mondo.
Il contributo di Lenin alla causa del socialismo fu, nel bene e nel
male, determinante. Intransigente ma realista, Lenin si convinse
che il principale limite del marxismo fosse l’assenza di una teoria
dello Stato rivoluzionario e una certa vaghezza nel determinare
il ruolo del partito nel processo rivoluzionario. Facendo proprio
il primato della politica sull’economia – concezione assente nel
pensiero di Marx – Lenin si convinse che solo un partito rivoluzionario, magari piccolo, ma determinato, spregiudicato nelle
scelte e, soprattutto, rigidamente disciplinato, avrebbe potuto
innescare il processo rivoluzionario senza subire le inevitabili
lentezze e le contraddizioni dell’azione spontanea delle masse.
1928
Primo piano quinquennale per
lo sviluppo dell’industria
1929
Collettivizzazione delle terre
1932-1933
Carestia in Ucraina e nella
regione del Volga
1933
Secondo piano quinquennale
Il comunismo in Unione Sovietica
1 Nel 1917, Nicola II abdica e il potere, attraverso drammatici eventi, viene preso dai bolscevichi di Vladimir Lenin. Nel febbraio 1917 ebbe fine
il potere degli zar di Russia. Le sconfitte nella guerra mondiale e la ribellione di
fabbriche e campagne costrinsero Nicola II ad abdicare. La svolta non diede però
stabilità al paese. Il nuovo governo, guidato da Alexandr Kerenskij, di ispirazione
liberale, dovette fronteggiare l’instabilità sociale, il peggioramento della situazione
al fronte e la conseguente insoddisfazione dei soldati, dei contadini e degli operai,
di inclinazione socialista. Ad approfittare del caos furono i bolscevichi di Vladimir
Lenin: marxisti, fautori della rivoluzione e della dittatura del proletariato, in ottobre
si impossessarono del potere. Essi attuarono l’immediata distribuzione della terra ai
contadini, abolirono la proprietà privata e sottoposero l’economia al controllo dello
Stato. Repressero ogni opposizione e assunsero il nome di Partito comunista. Dichiararono poi l’uscita della Russia dalla guerra, sancita dalle pace di Brest-Litovsk:
firmata il 3 marzo 1918 con gli Imperi centrali, essa prevedeva per l’ex regno zarista
pesanti perdite territoriali.
2 Tra 1918 e 1921, i bolscevichi sconfiggono i loro nemici in una sanguinosa
guerra civile e il 30 dicembre 1922 proclamano la nascita dell’Unione
delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Tra 1918 e 1921 si combatté in Russia
una terribile guerra civile. I bolscevichi lottavano per mantenere il potere appena
conquistato, mentre i loro avversari erano mossi da differenti motivazioni: i «bianchi» zaristi, sostenuti dalle maggiori potenze europee, volevano riportare sul trono i
Romanov; i contadini si ribellavano alla requisizione dei raccolti, che sostenevano le
città e l’Armata Rossa; ucraini, bielorussi e caucasici desideravano rendersi indipendenti dal potere russo. La guerra civile si concluse con la vittoria dei bolscevichi, al
prezzo di circa sei milioni di morti e della quasi completa distruzione di agricoltura e
industria. Molte vittime furono causate dalle carestie scatenatesi nelle campagne a
causa delle requisizioni forzate. L’affermazione del bolscevismo culminò nella proclamazione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il 30 dicembre
1922. Si trattava di una federazione e di uno Stato multinazionale, unito dall’ideologia
del Partito comunista. Le condizioni dei sovietici migliorarono solo verso la metà degli
anni Venti, quando fu lanciata la NEP, la Nuova politica economica. Si ebbe allora
un ritorno parziale alla proprietà privata e ai metodi dell’economia capitalistica.
3 Josif Stalin diventa lo spietato dittatore dell’Unione Sovietica e trasforma
il paese in una grande potenza industriale. Dopo la morte di Lenin, avvenuta
nel 1924, a capo dell’URSS si pose Josif Stalin, che in poco tempo affermò il proprio governo personale sull’intero paese. Gli oppositori furono uccisi o imprigionati,
la NEP venne sospesa e si impose il principio del «socialismo in un solo paese».
L’URSS doveva rafforzarsi e diventare una grande potenza: dopo avrebbe potuto
pensare ad esportare il comunismo. L’agricoltura venne collettivizzata nel 1929 e
nelle campagne furono create 110.000 aziende collettive, ma solo nel 1937 l’agricoltura raggiunse i livelli produttivi del 1928. In compenso, il varo dei piani economici quinquennali e l’industrializzazione accelerata fecero dell’URSS in pochi anni la
terza potenza industriale del pianeta. Questi risultati furono però raggiunti a prezzo
di carestie, sradicamento dei contadini dalle campagne e netto peggioramento del
tenore di vita dei cittadini. Inoltre, la dura repressione poliziesca (tristemente famose
le «grandi purghe» staliniane tra 1935 e 1938) e la gigantesca rete di campi di
concentramento resero la dittatura di Stalin una delle più sanguinarie di tutto il Novecento, causando molti milioni di morti e isolando la Russia dal resto del mondo.
1935-1938
«Grandi purghe»
© Loescher Editore – Torino
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Totalitarismi e democrazie in conflitto
Il mito e la propaganda del comunismo
attraverso i manifesti sovietici
Il regime bolscevico fu instaurato con un colpo di Stato, nell’ottobre del 1917, in circostanze particolarmente drammatiche, nel pieno di una guerra mondiale e di un vasto processo rivoluzionario in Russia. Per Lenin e
il suo governo era essenziale perciò consolidare velocemente il proprio potere. Fin da subito, la propaganda
sovietica fu impegnata a dipingere il regime bolscevico come realizzazione compiuta delle tradizioni socialista e comunista, in aperta rottura con la Seconda internazionale socialista. Questa propaganda era rivolta
non soltanto alla società sovietica, ma anche e soprattutto all’estero, e puntava a conquistare il consenso
presso le masse popolari tedesche, francesi e italiane. Il regime sovietico si appropriò di mezzi e strategie di
propaganda che erano stati largamente impiegati durante la Prima guerra mondiale e che furono in seguito
adottati da altri regimi, come quello fascista e quello nazista.
Il comunismo in Unione Sovietica
Lenin e la rappresentazione del nemico
La figura di Lenin era assolutamente centrale nella propaganda
del nuovo regime sovietico. In molti manifesti diffusi dagli organi
di partito, il capo bolscevico era rappresentato come la guida
del proletariato internazionale verso l’avvenire, identificato a sua
volta con il comunismo.
La concezione bolscevica della rivoluzione non ammetteva il compromesso – «borghese» per definizione – e rappresentava un richiamo alla guerra politica e sociale contro il sistema «capitalista»
e «imperialista». Non a caso, i manifesti sovietici
mettevano spesso in scena momenti di
conflitto che coinvolgevano l’Armata
Rossa o gli operai in sciopero.
Manifesto che inneggia alla cavalleria rossa. Nella scritta il famoso
proclama di Trockij: «La rivoluzione proletaria deve creare una possente
cavalleria rossa. Il comunista deve diventare un soldato a cavallo».
Poster propagandistico che mostra Lenin mentre spazza dalla Terra sovrani e capitalisti.
La bandiera dell’Unione Sovietica.
La bandiera e i manifesti
Il simbolo principale dell’Unione Sovietica, con cui era identificata immediatamente in tutto il mondo, fu la bandiera rossa
con falce e martello, l’una e gli altri ereditati da una più antica simbologia socialista ottocentesca.
I manifesti sovietici veicolavano messaggi ideologici fondamentali come l’anticapitalismo e l’antimperialismo, che avevano una lunga tradizione alle spalle, ma che trovavano un nuovo significato nell’Europa del primo dopoguerra. La propaganda
bolscevica chiamava alla mobilitazione operaia contro le potenze «capitaliste» e «imperialiste» che avevano combattuto la
Grande guerra. I temi ideologici ricorrenti erano spesso incarnati da raffigurazioni grottesche dei propri nemici, che fossero
banchieri o sovrani: dal punto di vista del marxismo-leninismo, gli uni e gli altri rappresentavano il sistema da sconfiggere
con la rivoluzione.
La figura di Stalin
La Seconda guerra mondiale influenzò
profondamente la propaganda sovietica, volta a sostenere l’immenso sforzo
militare contro l’invasione nazista, a
partire dal 1941. Un elemento chiave
del materiale propagandistico in tempo
di guerra divenne perciò l’esaltazione
della potenza bellica dell’Unione Sovietica e la capacità di condottiero del suo
capo, Stalin. Tuttavia, non pochi dei
manifesti di guerra richiamavano uno
schema propagandistico più antico,
ampiamente utilizzato fin dalla Prima
guerra mondiale, mirato al reclutamento dei soldati.
Stalin alla guida di una nave con il simbolo CCCP (ossia URSS) sul timone.
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Totalitarismi e democrazie in conflitto
Ragiona sul tempo e sullo spazio
Impara il significato
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ATTIVITÀ
2
Osserva la cartina a p. 80 e, dopo aver riletto il paragrafo sulla guerra civile a p. 83, elenca gli oppositori interni
della rivoluzione e spiega brevemente perché combattevano contro i bolscevichi.
1 Il 6 e 7 novembre del
avviene la Rivoluzione d’ottobre: i bolscevichi assalgono il Palazzo d’Inverno
di Pietrogrado e salgono al potere
2 Il 3 marzo del
viene firmata la pace di Brest-Litovsk, che segna l’uscita della Russia dal conflitto mondiale
3 Nel marzo del
i bolscevichi assumono il nome di Partito comunista
4 Nel
viene varata la NEP che abolisce il «comunismo di guerra»
5 Nel
nasce l’URSS e nel
viene emanata la Costituzione che le dà la forma definitiva
di una federazione
6 Nel
la Russia entra nel primo conflitto mondiale
7 Nel
, alla morte di Lenin, la guida è assunta da Josif Stalin
8 Nel
viene emanata una nuova Costituzione secondo la quale lo Stato è subordinato al capo del Partito
comunista e dell’URSS
9 Tra il
e il
il regime repressivo dell’URSS raggiunge il suo culmine con le «grandi purghe»,
che avevano lo scopo di eliminare qualsiasi opposizione
10 Tra il
e il
si combatte la guerra civile che si conclude con il successo dell’Armata Rossa
11 Il 6 gennaio
i bolscevichi sciolgono l’Assemblea costituente, stroncando in questo modo l’opposizione
di menscevichi e socialrivoluzionari
Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo della Rivoluzione russa.
1
2
3
4
5
6
7
8
Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento; poi distingui con tre colori diversi gli eventi
riconducibili alla Prima guerra mondiale, quelli che riguardano le vicende interne alla Russia e quelli che si
riferiscono alla politica staliniana.
5
Il comunismo in Unione Sovietica
Autoritarismo
Requisizione
Assemblea costituente
Espropriare
Campi di concentramento
Federazione
Repressione
Razionamento
Prova a riflettere sul significato di «Stato multinazionale»: esiste al giorno d’oggi un soggetto politico che, in qualche
modo, si può definire «multinazionale»?
Osserva, rifletti e rispondi alle domande
6
Osserva la mappa concettuale relativa al modello staliniano. Poi rispondi alle domande.
Le caratteristiche fondamentali del modello staliniano
Esplora il macrotema
3
Completa il testo.
Alla morte di Lenin, la guida dell’URSS è assunta da Josif Stalin il cui obiettivo è quello di trasformare
l’Unione sovietica in una grande potenza e successivamente di esportare il (1)
nel
mondo.
Per rendere l’Unione Sovietica una potenza mondiale occorre crescere sul piano economico; per questo
Stalin concentra le sue maggiori attenzioni su campagne e fabbriche. Egli procede innanzitutto con
la sospensione della NEP e impone la (2)
dell’agricoltura; la vendita dei prodotti
agricoli, poi, è usata per finanziare l’acquisto di macchinari industriali moderni volti ad avviare una
(3)
accelerata.
In pochi anni, Stalin concentra in sé ogni potere decisionale instaurando un vero e proprio culto
della personalità, una delle caratteristiche dei regimi totalitari. Come ogni totalitarismo, anche quello
sovietico è caratterizzato da una dittatura monopartitica (in questo caso quella del (4)
)
in cui si verifica una netta personalizzazione del potere: la volontà del (5)
è la legge del
partito ed egli detiene il monopolio di tutti i (6)
(controllo dell’apparato burocratico
dello Stato, potere militare, decisioni in tema di politica estera).
La dittatura sovietica, inoltre, si avvale di un potente apparato repressivo e di un sistema di terrore
totale: la (7)
, infatti, gode di prerogative insieme poliziesche e giudiziarie e chiunque si
opponga all’ideologia comunista viene estromesso («grandi purghe»), o con la fucilazione o ricorrendo
alla (8)
(gulag).
Nel giro di venti anni, dunque, il sogno egualitario della rivoluzione comunista si trasforma nella
disumana e oppressiva dittatura del partito unico e di Josif Stalin.
1 Perchè quello di Stalin è un regime totalitario?
2 Che cosa implica sul piano economico la scelta
del «socialismo in un solo paese»?
3 Quali sono le conseguenze della collettivizzazione
delle campagne?
Mostra quello che sai
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Osserva le immagini a p. 86: qual è il loro valore simbolico?
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