INSIEMI NUMERICI I numeri naturali L’insieme numerico più “elementare” che interviene in tutti i procedimenti del contare è quello dei numeri naturali IN = {0,1,2, … , n, …} . Anche se i singoli elementi sono familiari a ciascuno di noi, l’insieme nella sua globalità presenta delle caratteristiche che possono sorprendere. Queste sono principalmente legate al fatto che IN è un insieme infinito. Ricordiamo, ad esempio, la ben nota proprietà messa in luce da Galilei: (*) esiste una corrispondenza biunivoca tra l’insieme IN e una sua parte propria. La corrispondenza fornita da Galilei è la seguente: n → n2 Un altro esempio che evidenzia la stessa proprietà è fornito dal “paradosso” di Hilbert: in un albergo dotato di infinite camere, anche se è al completo, può trovare alloggio un nuovo cliente(1). (1) Senza mandar via nessun cliente. Supponiamo infatti che le camere siano numerate mediante i numeri naturali 0, 1, 2, 3, 4, 5, … L’albergo è già tutto pieno, quando arriva un nuovo cliente. L’albergatore non si perde d’animo: sposta il cliente della camera 0 nella camera 1, quello della camera 1 nella camera 2, quello della camera 2 nella camera3, e così via. 0 1 2 3 4 0 1 2 3 4 5 Alla fine di questa operazione (che però è necessariamente infinita!) sarà rimasta libera la camera numero 0 che metterà a disposizione del nuovo cliente. Il lettore è invitato a precisare la corrispondenza biunivoca fra l’insieme IN e un suo sottoinsieme proprio IN+ = {1,2,3…}. Si osservi che la proprietà (*) esiste una corrispondenza biunivoca tra l’insieme ad una sua parte propria non sussiste per gli insiemi che hanno un numero finito di elementi. Infatti è facile “intuire” che due insiemi finiti sono in corrispondenza biunivoca se e solo se hanno lo stesso numero di elementi. Si vedano, a questo proposito i seguenti esempi: 1) A={le squadre di calcio: Juventus, Milan, Inter, Perugia, Ternana} B={le coppie di colori: bianco-nero, rosso-nero, nero-blu, bianco-rosso, rosso-verde} 2) A={gli studenti iscritti alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Perugia} B={i numeri di matricola degli studenti di Ingegneria di Perugia} Commento storico. Le nozioni originarie collegate ai concetti di numero, grandezza e forma si possono far risalire alle epoche più antiche in cui visse l’uomo e vaghi accenni a nozioni matematiche si possono vedere adombrati in forme di vita che forse hanno anticipato il genere umano di parecchi milioni di anni. Dapprima presumibilmente si utilizzò soltanto un linguaggio di segni. Le dita di una mano poterono facilmente venire usate per indicare un insieme di due o tre o quattro o cinque oggetti, mentre il numero “uno” non venne generalmente riconosciuto come un vero “numero”. Usando le dita di entrambe le mani si poterono rappresentare gruppi di oggetti fino a dieci elementi; combinando le dita delle mani con quelle dei piedi si poté giungere fino a venti. Quando le dita si dimostrarono insufficienti, si poterono usare mucchi di pietre per rappresentare una corrispondenza con gli elementi di un altro insieme. Come notò Aristotele, l’uso, oggi diffuso, del sistema decimale non fu altro che il risultato del fatto anatomico accidentale che la maggior parte di noi è nata con dieci dita dei piedi e dieci dita delle mani. Le parecchie migliaia di anni che furono necessarie all’uomo per ricavare concetti astratti da ripetute situazioni concrete testimonia le difficoltà che indubbiamente si incontrarono nella costruzione di basi anche molto primitive della matematica. Si suppone che la matematica sia sorta in risposta a bisogni pratici dell’uomo, ma ricerche antropologiche suggeriscono l’idea di una origine diversa. E’ stata avanzata l’ipotesi che l’arte del contare sia sorta in connessione con riti religiosi primitivi, e che l’aspetto ordinale abbia preceduto il concetto quantitativo. In cerimonie rituali che rappresentavano miti della creazione, era necessario chiamare in scena i partecipanti secondo un ordine specifico, e forse il contare fu inventato per rispondere a questa esigenza. Questa teoria, sebbene non abbia ancora trovato una conferma definitiva, si accorderebbe con la divisione rituale di numeri interi in dispari e pari, i primi considerati come maschili e i secondi come femminili. Simili distinzioni erano familiari a civiltà fiorite in tutti gli angoli della Terra, e miti riguardanti i numeri maschili e femminili hanno presentato una notevole continuità. I numeri interi L’insieme dei numeri interi relativi Z = {… ,−n , … ,−3,−2,−1,0,1,2, … , n , …} ha permesso di considerare sistemi di misura nelle due direzioni opposte, a partire dallo 0, distinguendo cioè misure di grandezze che seguono lo zero da quelle che lo precedono. Citiamo ad esempio la misura dell’altitudine rispetto al livello del mare, della temperatura rispetto allo “zero”, del tempo cronologico rispetto alla nascita di Gesù, il dare e l’avere, i debiti e i crediti delle quotazioni in borsa o di una strategia di produzione aziendale. Commento storico Il concetto di numero intero è uno dei più antichi concetti matematici, e le sue origini sono avvolte nelle nebbie della preistoria. Già nel periodo ellenistico (III secolo a.c.) Diofanto usava numeri negativi. Il matematico greco Brahmagupta (VII secolo) propose alcune regole pratiche per l’addizione di debiti e crediti. Più tardi Bhaskara Carya (XII secolo) scrisse un trattato(2) di aritmetica in cui i numeri negativi vengono trattati in modo palese. I numeri razionali “Misurare” una grandezza significa esprimere la sua misura rispetto un’altra grandezza ad essa omogenea, fissata come unità di misura. Per misurare è necessario conoscere i multipli e i sottomultipli dell’unità di misura. Questa esigenza applicativa ha suggerito l’estensione dei numeri interi all’insieme dei numeri razionali m Q = : m ∈ Z, n ∈ IN, n ≠ 0, m, n primi tra loro n In altre parole un numero razionale è un rapporto di numeri interi. E’ ovvio che Z ⊂ Q, ma quali sono esattamente i numeri razionali? (2) Il titolo dell’opera è “Lililavati” (“La Bella”). Il trattato contiene una serie di esercitazioni sui numeri che l’Autore propone alla sua “bella figliola” per consolarla –sembra- di un dispiacere amoroso (!!!). Forse questa è la ragione del titolo o forse questo si riferisce alla “bella scienza”. Rappresentazione decimale Utilizzando la rappresentazione decimale, si vede immediatamente che i numeri decimali finiti sono numeri razionali. Illustriamo con un esempio le regole elementari per determinare la frazione generatrice di numeri periodici semplici o misti. Consideriamo x = 13.21 Moltiplichiamo entrambi i membri per 10n, essendo n il numero delle cifre del periodo: 10 2 ⋅ x = 1321.21 Sottraendo x da entrambi i membri, otteniamo 100 x − x = 1321.21 - 13.21 99 x = 1321 − 13 x= 1321 − 13 99 Sia x = 2.587 Moltiplicando entrambi i membri per 10m essendo m il numero delle cifre dell’antiperiodo, il numero periodico misto viene trasformato in periodico semplice al quale si può applicare la regola precedente 10 2 x = 258.7 10 ⋅ 10 2 x = 2587.7 1000 x − 100x = 2587.7 - 258.7 900 x = 2587 − 258 x= 2587 − 258 900 Viceversa si può dimostrare che le frazioni m generano(3) un numero decimale illimitato n periodico. Concludendo l’insieme Q è costituito da tutti e soli i numeri decimali illimitati periodici. (3) I numeri decimali finiti sono considerati periodici di periodo zero. Rappresentazione grafica Discutiamo ora la “localizzazione” dei numeri razionali sulla retta. Due punti (distinti) A, B di una retta r individuano un sistema cartesiano di riferimento sulla retta stessa. Assunto infatti un punto (ad esempio A) come origine O del sistema e scelto il segmento AB come unità di misura, resta univocamente individuato un orientamento, o verso di percorrenza, della retta r. p , p, q ∈ IN, q ≠ 0 q punto della retta individuato mediante la seguente costruzione: Ad ogni numero razionale non negativo corrisponde un si divida l’unità di misura in q parti e si riporti il sottomultiplo ottenuto, p volte verso destra a partire dall’origine. I punti corrispondenti ai numeri razionali negativi si ottengono per simmetria rispetto all’origine. In base a questa costruzione, a numeri razionali diversi corrispondono punti distinti della retta (corrispondenza iniettiva). I punti della retta individuati da questa corrispondenza si dicono “ad ascissa razionale”. Ci chiediamo come sono distribuiti sulla retta i punti ad ascissa razionale. E’ facile localizzare i numeri interi. Considerato ora il segmento di estremi 0 e 1 0 1 mediante il processo iterativo dicotomico (divisione in due parti uguali) è possibile individuare quanti si vogliono numeri razionali compresi fra 0 ed 1. 0 1 0 1/2 0 0 1/4 1/8 1/4 1 1/2 3/8 1/2 3/4 5/8 3/4 1 7/8 1 Un altro modo per individuare infiniti numeri razionali compresi tra 0 ed 1 (diversi da quelli dicotomici) è il procedimento iterativo ternario, che consiste nel dividere in tre parti uguali. In generale vale la seguente proprietà: fissati comunque a , b ∈ Q, a < b esistono infiniti numeri razionali compresi tra a e b. Commento storico. La nozione di frazione si sviluppò relativamente tardi e in generale non era in stretto rapporto con i sistemi numerici ideati dall’uomo per i numeri interi. Sembra che le tribù primitive non avessero alcun bisogno di frazioni. Per le necessità pratiche connesse con la quantità l’uomo primitivo poteva scegliere unità sufficientemente piccole da rendere superfluo l’uso delle frazioni. Con l’avvento di culture più avanzate nell’età del bronzo si resero necessari il concetto di frazione e le notazioni frazionarie. Le iscrizioni geroglifiche egiziane presentano una notazione speciale per le frazioni aventi come numeratore l’unità. Tali frazioni venivano comunemente usate al tempo di Ahmes (circa 4000 anni fa), ma il concetto generale di frazione sembra sia rimasto un enigma per gli m egiziani, che pare considerassero una frazione razionale generale della forma non come n una “cosa” elementare, ma come parte di un processo non concluso. I numeri reali E’ naturale ora chiederci se esistono punti della retta a cui non corrisponde alcun numero razionale come ascissa. A questo proposito consideriamo il quadrato di lato unitario e la sua diagonale principale. Puntando il compasso nell’origine riportiamo la lunghezza della diagonale sulla retta individuando il punto C. La misura d della diagonale è un numero razionale? m tipo d = ? n Ovvero C è un punto ad ascissa del Se così fosse, dal teorema di Pitagora applicato al triangolo OUP si avrebbe che (1) d2 = 2 ⇔ m2 =2 n2 ⇔ m 2 = 2n 2 Questa uguaglianza è impossibile, infatti scomponendo in fattori primi ambo i membri si ha: - m2 non è divisibile per 2 o contiene il fattore 2 un numero pari di volte; - 2n2 contiene il fattore 2 un numero dispari di volte. In altri termini la lunghezza della diagonale d non è un numero razionale, cioè la diagonale del quadrato è incommensurabile rispetto al lato. Commento storico. Uno dei dogmi fondamentali della scuola Pitagorica era la concezione secondo cui l’essenza di tutte le cose, sia in geometria che nelle questioni pratiche e teoriche della vita umana, era spiegabile in termini di arithmos, ossia di proprietà intrinseche dei numeri interi o dei loro rapporti. I dialoghi di Platone mostrano però che la comunità matematica greca rimase stordita dalla rivelazione che apparentemente demoliva la base della fede pitagorica nei numeri interi: la scoperta cioè che i numeri interi e i loro rapporti non sono in grado di spiegare neppure semplici proprietà fondamentali quali, ad esempio, stabilire un rapporto tra la diagonale di un quadrato o di un cubo e il rispettivo lato. Le circostanze in cui si verificò il più antico riconoscimento di segmenti incommensurabili sono altrettanto incerte quanto il tempo della scoperta. L’esistenza di grandezze fra loro incommensurabili costrinse i matematici greci ad ammettere che i segmenti sono costituiti da un numero non finito di punti(4); e questo determinò l’ingresso nella scienza antica del concetto di infinito con tutte le sue inestricabili difficoltà. La leggenda vuole che l’esistenza di segmenti incommensurabili rispetto ad altri sia stata divulgata da Ippaso di Metaponto, vissuto intorno al 400 a.C., e che per questo gli Dei lo abbiano punito facendolo perire in un naufragio. Definizione del numero irrazionale(5) 2 . Poiché la misura della diagonale del quadrato unitario non è un numero razionale, si può pensare di ricorrere a misure approssimate (razionali) che siano valutazioni per difetto o per eccesso di tale misura. Procediamo adottando il processo iterativo seguente. Start. Il numero 1 (misura del lato) è una valutazione per difetto della misura diagonale, mentre 2 (misura della somma di due lati) è una valutazione per eccesso. In altri termini si ha: 1<d<2 ⇔ 1 2 < d 2 < 22 Step 1. Consideriamo ora approssimazioni mediante numeri decimali ad una cifra. Procedendo per tentativi, individuiamo il più grande dei valori “per difetto” e il più piccolo dei valori “per eccesso”: (1.4) 2 = 1.96 < d 2 < (1.5) 2 =2.25. (4) Se ogni segmento fosse costituito da un numero finito di punti, due segmenti qualsiasi dovrebbero sempre possedere qualche sottomultiplo comune, al limite costituito da un solo punto. (5) Un altro procedimento iterativo di approssimazione di 2 sarà illustrato nel paragrafo IV.5. Step 2. Passiamo ai numeri con due cifre decimali; procedendo come al passo precedente si trova (1.41) 2 = 1.9881 < 2 < (1.42) 2 =2.0164. Step n. Se proseguiamo così iterativamente, otteniamo una coppia di insiemi di numeri decimali finiti L = {1, 1.4, 1.41, 1.414, 1.4142, 1.41421, …}, . U = {2, 1.5, 1.42, 1.415, 1.4143, 1.41422, …} L’insieme L contiene le approssimazioni per difetto, mentre U contiene quelle per eccesso, quindi i) <u per ogni ∈ L e per ogni u ∈ U Osserviamo inoltre che abbiamo a disposizione approssimazioni di una qualunque prefissata precisione, cioè ii) per ogni n ∈ IN , esiste ∈L e u∈U tali che u − ≤ 10 − n . E’ quindi naturale identificare la misura d della diagonale con la coppia (L, U). La coppia (L, U) è un nuovo numero, detto numero reale. Definizione di numero reale Una coppia (L, U) di sottoinsiemi razionali che soddisfi le condizioni i) e ii) è detta coppia di insiemi separati e contigui. Ogni coppia (L, U) di insiemi separati e contigui genera un numero reale. L’insieme dei numeri reali è denotato con IR. L’insieme IR è un ampliamento di Q: infatti ogni numero decimale illimitato periodico può essere identificato con la coppia di insiemi (L, U) ottenuta mediante l’operazione di arrotondamento -per difetto e per eccesso- alla n-esima cifra decimale. 4 Così, ad esempio, il numero razionale = 1.3 è identificato con la coppia 3 L={1, 1.3, 1.33, 1.333,…} I numeri reali non razionali sono detti irrazionali. U={2, 1.4, 1.34, 1.334,…} Rappresentazione decimale Analizzando la coppia (L, U) che definisce il numero irrazionale 1 2 3 4 2 , si osserva che dall’approssimazione di passo 1 in poi, la parte intera si stabilizza ad 1 dall’approssimazione di passo 2 in poi, la prima cifra decimale si stabilizza a 4 dall’approssimazione di passo 3 in poi, le prime due cifre decimali si stabilizzano a 41 dall’approssimazione di passo 4 in poi, le prime tre cifre decimali si stabilizzano pari a 414. Così procedendo, si può ipotizzare(6) che dall’approssimazione di passo n+1 in poi, le prime n cifre decimali si stabilizzano. Pertanto si usa dire che la prima approssimazione di 2 è la seconda approssimazione di 2 è la terza approssimazione di 2 è 1.4 1.41 1.414 la n-esima approssimazione di univocamente determinata 2 è Questa osservazione “conduce” a rappresentare il numero 2 come numero decimale. Non essendo razionale necessariamente tale rappresentazione sarà illimitata a-periodica. Un risultato analogo sussiste per ogni numero irrazionale, pertanto tutti i numeri reali ammettono una rappresentazione decimale. Vogliamo evidenziare che la differenza fra numero razionale e irrazionale è sostanziale. Nel caso di un numero razionale, la conoscenza della parte intera, dell’antiperiodo e del periodo (in tutto un numero finito di cifre) fornisce un’informazione completa sul numero stesso, in particolare ci consente di determinare il valore di una qualsivoglia cifra decimale della sua rappresentazione. Nel caso di un numero irrazionale, un’informazione completa richiederebbe la conoscenza di infinite cifre. Questo è impossibile e quindi ci si riferisce alle approssimazioni di ordine n. (6) Questa congettura si prova utilizzando la proprietà ii) Localizzazione dei numeri reali Si può provare che esiste una corrispondenza biunivoca tra IR e i punti di una retta. Per questo i numeri reali vengono identificati con i punti di una retta. Nell’insieme dei numeri reali è stata introdotta una struttura algebrica e una relazione d’ordine che lo rende un campo ordinato Archimedeo completo. Approfondimento Provare (utilizzando un processo iterativo) che fissati comunque due numeri reali x,y con x < y, esistono infiniti numeri razionali ed infiniti numeri irrazionali compresi fra x e y. Commento storico. La teoria dei numeri reali fu sviluppata da vari autori (Weierstrass, Cantor, Dedekind, …) a partire dalla metà dell’Ottocento. Le teorie di questi autori, messe a confronto fra loro, presentano vantaggi e svantaggi: comunque, alla fine, descrivono insiemi numerici fra loro sostanzialmente coincidenti. In tutte le teorie dei numeri reali entrano procedimenti che fanno appello all’idea di infinito: dunque per assegnare un numero reale si devono assegnare infiniti numeri razionali! Questa riflessione spiega il motivo per cui i greci non introdussero i numeri reali. Essi si limitarono alla nozione di rapporto fra due grandezze: per loro, una coppia di grandezze rimase un rapporto e non divenne mai un unico numero! Posero inoltre molta attenzione alla relazione di uguaglianza di due rapporti - che è indicata con il termine, a tutti noto, di proporzione. e trattarono con estrema abilità le proporzioni, ricavando anche un complesso di proprietà e di parziali regole algebriche sufficienti a trattare i problemi più elementari della geometria. Equazioni algebriche Le equazioni sono uno strumento basilare della modellizzazione matematica. La risoluzione di un’equazione si articola in tre fasi principali: 1) ESISTENZA della soluzione 2) UNICITA’ ESATTO APPROSSIMATO 3) CALCOLO In genere si affronta lo studio di soluzioni approssimate quando non si è in grado di calcolare la soluzione esatta. In questo capitolo tratteremo le equazioni algebriche, facendo riferimento solo ai problemi di esistenza e di calcolo esatto delle soluzioni. Equazioni di primo grado Consideriamo l’equazione lineare (1) ax + b = 0 con a , b ∈ IR , a ≠ 0 . Come è noto, essa ammette una unica soluzione (reale) b x=− a che geometricamente rappresenta l’ascissa del punto di intersezione della retta y = ax + b con l’asse delle ascisse y=0 Per la modellizzazione di numerosi fenomeni governati da equazioni di primo grado si rimanda agli esercizi. Equazioni di secondo grado nel campo reale Equazione binomia Iniziamo con un problema elementare: determinare il lato di un quadrato di area assegnata Posto c la misura della superficie del quadrato e x la misura del lato, il problema si traduce nell’equazione di II grado binomia x2 – c = 0 (2) La parabola di equazione y = x2 – c interseca l’asse delle ascisse in due punti P1, P2, simmetrici rispetto l’asse delle ordinate. Le ascisse dei punti P1, P2, sono le soluzioni dell’equazione (2), ovvero l’equazione (2) ammette due soluzioni. { } { } S = x ∈ IR : x 2 − c = 0 = − c , c . Caso degenere c=0 In questo caso la parabola ha vertice nell’origine ed è tangente all’asse x. Le soluzioni sono coincidenti e nulle. Equazione completa Sia assegnata l’equazione completa (3) ax2 + bx + c = 0 con a , b, c ∈ IR, a ≠ 0 (senza restrizione di generalità supporremo a > 0). La curva di equazione y = ax2 + bx + c è una parabola con asse verticale. Volendo ricondurre l’equazione (3) ad una opportuna equazione binomia, operiamo un cambio di sistema di riferimento. Precisamente individuiamo un nuovo sistema di riferimento O′XY in modo che la parabola mantenga asse verticale, ma abbia vertice sull’asse delle ordinate. Tale sistema è ottenuto mediante una traslazione lungo l’asse x. Posto pertanto (4) x=X+h (con h costante da determinare) risulta a ( X + h ) 2 + b( X + h ) + c = 0 aX 2 + 2ahX + bX + ah 2 + bh + c = 0 2 2ah + b ah bh + c + =0 X 2 + X a a (5) Quindi per h=− b 2a la (5) si riduce alla equazione binomia (6) b2 b 2 c b 2 − 4ac X =− 2 + 2 − = a 4a 2a 4a 2 2 ⇔ b 2 − 4ac X − =0 4a 2 2 In virtù di quanto visto nel caso dell’equazione binomia, l’equazione (6) ammette soluzioni reali se b 2 − 4ac ≥0 4a 2 (7) da cui, essendo 4a2 > 0, deve risultare b 2 − 4ac ≥ 0 . Posto ∆ = b 2 − 4ac , l’equazione (6) ha come soluzioni X 1, 2 = ± ∆ . 2a Di conseguenza l’equazione (3) ammette come soluzioni (8) x 1, 2 = h + X 1, 2 = − b ∆ ± 2a 2a La (8) è la nota formula risolutiva delle equazioni di II grado nel caso di soluzioni reali. b ∆ evidenzia il contributo della traslazione, mentre gli addendi ± sono le L’addendo − 2a 2a soluzioni dell’equazione binomia associata. a) Rappresentazione delle soluzioni reali b) Alcune proprietà elementari delle soluzioni Somma delle soluzioni s = x1 + x 2 = − ∆ b ∆ b b =− − + − + 2a 2a 2a 2a a Punto medio o semi-somma delle soluzioni σ= x1 + x 2 b =− 2 2a Prodotto delle soluzioni b ∆ b ∆ b2 ∆ 4ac c ⋅− =− 2 − 2 = 2 = p = x 1 ⋅ x 2 = − − + a 4a 4a 4a 2a 2a 2a 2a Riassumendo la somma s, il punto medio σ e il prodotto p delle soluzioni reali di una equazione di II grado si possono esprimere in funzione dei coefficienti a, b, c dell’equazione attraverso le stime a priori s = x1 + x 2 = − (9) σ= b a x1 + x 2 b =− 2 2a p = x1 ⋅ x 2 = c a c) Confronto con lo zero o regola dei segni di cartesio A partire dal segno dei coefficienti a, b, c, si può determinare il segno di s e p e quindi dedurre il segno delle soluzioni x 1 , x 2 . Così, ad esempio, supposti a, b, c positivi, si deduce p > 0 e s < 0 e quindi le soluzioni x 1 , x 2 sono di segno concorde negativo. Approfondimento Ricavare la regola dei segni di Cartesio. d) Confronto con un numero assegnato Si tracci in un piano cartesiano ortogonale la parabola p(x) = ax2 + bx + c. Assegnato un numero β • si calcoli p(β) . Se p(β)<0 allora β è compreso fra x 1 , x 2 , cioè x1 < β < x 2 • • Se p(β) = 0 allora β coincide con una delle soluzioni. In particolare Se β < x1 + x 2 b =− 2 2a Se β > x1 + x 2 b = − , allora β coincide con x 2 2 2a allora β coincide con x 1 Se p(β) > 0 allora β è esterno all’intervallo [x 1 , x 2 ] Se β < x1 + x 2 b = − , allora entrambe le soluzioni seguono β 2 2a Se β > − b , allora entrambe le soluzioni precedono β 2a e) Numero delle soluzioni in un assegnato intervallo o metodo(1) di Tartenville Siano β1 e β2 due numeri assegnati con β1 < β2 Si tratta di stabilire se le soluzioni sono comprese nell’intervallo β1,β2 . Si procede come nel punto d) confrontando le soluzioni sia con β1 che con β2 Commento storico. Tavolette Babilonesi che risalgono a 2500 o forse a più di 3000 anni a.C. attestano la conoscenza, presso quei popoli, di un processo per la risoluzione dei sistemi di equazioni di II grado a due incognite. Verso il 300 a.C. ad Alessandria vede la luce un’opera di esposizione e di sistemazione della geometria e di tutta la matematica antica che ci è stata tramandata come: gli “Elementi” di Euclide. Il I libro contiene il Teorema di Pitagora; il libro II insegna l’algebra geometrica, conducendo fino alla risoluzione – sotto forma geometrica costruttiva – delle più semplici equazioni di II grado; la teoria è poi completata nel libro VI. (1) Il metodo è stato esteso da STURM per le equazioni algebriche di grado superiore. Equazioni di secondo grado non risolubili nel campo reale Il primo esempio di equazione di II grado che non ammette soluzioni reali fu fornito da G. Cardano, nel trattato Ars Magna (1545). Precisamente egli si pose il seguente problema: trovare due numeri x1, x 2 la cui somma s sia 10 e il prodotto p sia 40. Tali numeri, se esistono, sono le soluzioni dell’equazione (10) x2 – 10x + 40 = 0. Trasformata in forma binomia (posto x = X + 5), diventa (X +5)2 – 10(X + 5) + 40 = 0 (11) X2 + 25 + 10X – 10X – 50 + 40 = 0 X2 + 15 = 0 L’equazione (11) non ha soluzioni nel campo reale, in quanto X 2 ≥ 0 ∀X ∈ IR ⇒ X 2 + 15 > 0 ∀X ∈ IR . Cardano propose come soluzioni formali del problema i due “simboli” X 1 = 5 − − 15 , X 2 = 5 + − 15 . Sorge pertanto l’esigenza di “costruire” un ampliamento del campo reale che contenga le soluzioni dell’equazione (11). L’ampliamento di IR, necessario per trattare queste equazioni, è rappresentato dal Campo dei numeri Complessi usualmente denotato con C.