Alterazioni del sistema nervoso periferico by CW Dewey

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50° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC
Alterazioni del sistema nervoso periferico
Curtis W. Dewey
DVM, MS, Dipl ACVIM (Neurology), Dipl ACVS, New York, USA
INTRODUZIONE
Le alterazioni del sistema nervoso periferico costituiscono
un ampio gruppo di disordini che comprende malattie dei nervi periferici, della muscolatura scheletrica e della giunzione
neuromuscolare (NMJ). Per il clinico, è della massima importanza riuscire a distinguere i pazienti colpiti da disturbi del
sistema nervoso periferico (SNP) e da quello centrale (SNC).
In generale, le neuropatie sono caratterizzate da cattiva attività
riflessa e diminuzione del tono muscolare. I soggetti con miopatie mostrano spesso debolezza (frequentemente correlata
all’esercizio fisico), riflessi e funzioni sensoriali (ad es., propriocezione, nocicezione) normali, atrofia muscolare e mialgia.
I disordini della giunzione neuromuscolare sono spesso caratterizzati da debolezza generalizzata con funzione sensoriale
normale. Questi riscontri tipici sono ben lungi dall’essere assoluti; può essere difficile distinguere se un particolare animale è
colpito da una neuropatia, una miopatia o un disordine della
giunzione neuromuscolare (giunzionopatia). Nel complesso,
all’interno del gruppo di disordini i test volti ad arrivare ad una
diagnosi sono simili, indipendentemente dalla malattia specifica. Queste prove comprendono l’elettromiografia (EMG), gli
studi sulla velocità di conduzione nervosa (NCV), la stimolazione nervosa ripetuta (NRS-principalmente per le giunzionopatie) e le biopsie muscolari/nervose. Una discussione completa di tutti i disordini del SNP esula dagli scopi di questa presentazione. Verranno trattate parecchie neuropatie e miopatie
selezionate, nonché la myasthenia gravis (MG) acquisita.
NEUROPATIE SELEZIONATE
Neuropatia paraneoplastica. Si ritiene che queste neuropatie si sviluppino come effetto indiretto piuttosto che primitivo della neoplasia sottostante. La patogenesi di questo fenomeno è sconosciuta, ma esistono parecchie ipotesi. Le potenziali spiegazioni comprendono l’elaborazione di qualche fattore neurotossico da parte del tumore, la distruzione neoplastica del metabolismo degli assoni e/o delle cellule di
Schwann e la reazione immunologica agli antigeni condivisi
dalla neoplasia e dagli elementi del nervo periferico (cosiddetta reazione contro gli spettatori innocenti). Occasionalmente, in soggetti con insulinomi pancreatici è stata segnalata una polineuropatia paraneoplastica che potrebbe essere
dovuta all’ipoglicemia che acompagna il tumore. Tuttavia, i
nervi periferici sono particolarmente resistenti agli effetti dell’ipoglicemia e la neuropatia periferica non è stata associata
ad alcuna altra malattia che esiti in ipoglicemia. Quest’ultimo
probabilmente non è uno dei principali fattori che contribui-
scono al danno nervoso. I segni clinici sono variabili e possono andare da una neuropatia subclinica ad una grave tetraplegia da motoneurone inferiore. L’esistenza di questo fenomeno
rende indispensabile escludere la presenza di una neoplasia
negli animali portati alla visita a causa di neuropatie, specialmente se si tratta di soggetti anziani. La diagnosi di insulinoma viene solitamente basata su un’alterazione del rapporto
corretto fra insulina/glucosio a livello sierico e talvolta sull’identificazione del tumore pancreatico mediante ecografia o
laparotomia esplorativa. Il trattamento è diretto contro la neoplasia sottostante. Non esiste alcuna terapia specifica per la
neuropatia associata. La prognosi relativa alla guarigione dalle neuropatie paraneoplastiche (presumendo che si ottenga un
controllo adeguato del tumore primario) nel cane e nel gatto al
momento attuale è sconosciuta. Nei pazienti umani con neuropatie paraneoplastiche, spesso è sfavorevole. La prognosi
relativa al controllo della neoplasia sottostante dipende in larga misura dal tipo e dalla localizzazione del tumore stesso.
Poliradicoloneurite idiopatica acuta (paralisi del coonhound). Nel cane si osserva un disordine infiammatorio idiopatico che coinvolge primariamente gli assoni e la mielina
delle radici ventrali dei nervi ed è probabilmente una delle più
comuni neuropatie di questa specie animale. Pur essendo molto meno comune, un’analoga polineuropatia è stata descritta
nel gatto. I caratteristici segni clinici vengono spiegati da vari
gradi di perdita di assoni e mielina a livello dei nervi motori.
Esistono prove che indicano che la perdita assonale sia più
accentuata della demielinizzazione nella maggior parte dei
cani con poliradicoloneurite. Si ritiene che la demielinizzazione sia più grave a livello delle radici ventrali dei nervi del
cane, con una minima perdita di mielina nei principali tronchi
nervosi. Anche se la patogenesi non è chiara, si sospetta un
processo autoimmune. Il termine paralisi del coonhound fa
riferimento ai cani in cui l’anamnesi segnala il morso o il graffio di un procione poco prima dello sviluppo dei segni clinici
della malattia. Il termine di poliradicoloneurite idiopatica si
applica ai pazienti con un disordine clinico identico, ma senza alcuna possibile esposizione ai procioni. Queste due sottocategorie probabilmente riflettono la stessa sindrome patologica, in cui il processo infiammatorio viene innescato, nel
secondo caso, da un fattore non ancora identificato. Il tipico
scenario clinico della poliradicoloneurite idiopatica acuta
descrive una paresi/paraplegia da motoneurone inferiore in
rapido sviluppo, che di solito inizia a livello degli arti pelvici
ed infine coinvolge quelli toracici. Nella maggior parte degli
animali colpiti la condizione progredisce fino alla perdita della capacità di deambulazione ed all’insorgenza di tetraparesi o
tetraplegia entro 10 giorni dalla comparsa iniziale dei segni
clinici. Non è raro che questo stadio della disfunzione venga
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raggiunto entro un periodo di tempo di 72 ore. Lo sviluppo di
una paralisi respiratoria potenzialmente letale costituisce un
motivo di preoccupazione, specialmente nei casi che evolvono più rapidamente. È comune la perdita della voce (disfonia,
afonia) ed alcuni pazienti mostrano anche debolezza facciale.
I riflessi spinali sono tipicamente assenti (fatta eccezione per
quello perineale, che è normale), i muscoli sono ipotonici e
nei pazienti in decubito si sviluppa rapidamente un’atrofia
neurogena. Le reazioni al piazzamento propriocettivo sono
normali negli animali che possiedono ancora una capacità
motoria sufficiente a determinare il movimento dell’arto efferente di questi test. Questi pazienti conservano la capacità di
urinare e defecare, e mangiano e bevono volentieri se si sostiene loro la testa. Anche la sensibilità dolorifica resta intatta.
Anzi, questi animali spesso sembrano manifestare un’iperestesia alla manipolazione degli arti, che può riflettere la natura infiammatoria della malattia. Nei cani con paralisi del
coonhound, l’anamnesi riferisce l’incontro con un procione
circa 1-2 settimane prima della comparsa dei segni clinici. Nei
pazienti con poliradicoloneurite idiopatica sono presenti
caratteristiche cliniche identiche a quelle descritte, senza però
alcuna possibilità di graffio o morso di procione. Molti di questi cani, se non la maggior parte, presentano un’anormale attività EMG con velocità di conduzione dei nervi motori (MCV)
normale. I pazienti spesso non hanno abbastanza assoni funzionali da deambulare, ma quelli residui mostrano una mielinizzazione essenzialmente normale. L’esame del liquor può
evidenziare un incremento dei livelli di proteine. Non esiste
alcuna terapia specifica per questa malattia. È stato suggerito
l’impiego dei glucocorticoidi, ma non esistono prove della
loro efficacia. Cure infermieristiche, fisioterapia e corretta
nutrizione sono essenziali per la guarigione. Si ritiene che la
fase infiammatoria di questo disordine sia transitoria, ma gli
assoni danneggiati devono andare incontro a rimielinizzazione e, in una certa misura, ricrescita. La prognosi per la completa guarigione è spesso favorevole, ma è tipicamente prolungata, poiché di solito occorrono parecchie settimane o
parecchi mesi. Alcuni pazienti sviluppano una paresi/paralisi
respiratoria potenzialmente letale nella fase acuta della malattia (di solito si tratta di quei cani in cui i segni clinici progrediscono rapidamente nell’arco di 72 ore) e può essere necessario ricorrere alla ventilazione meccanica. Nei cani che sono
guariti da una paralisi del coonhound è necessario evitare una
successiva esposizione ai procioni, perché ciò potrebbe scatenare una recidiva dei segni clinici della malattia.
Polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (CIDP). Si tratta di una sospetta polineuropatia autoimmune dei cani e dei gatti adulti (età media di 6-7 anni) che
è stata descritta recentemente. Una neuropatia analoga si
osserva nell’uomo. Si ritiene che questo disordine sia una
delle più comuni neuropatie del cane e del gatto. Nei felini,
è stata descritta una condizione molto simile alla CIDP,
indicata col nome di polineuropatia recidivante cronica. In
entrambe sono stati descritti i segni clinici di paresi da motoneurone inferiore insidiosamente progressiva, con anomalie
della propriocezione e sensibilità normale. Il decorso della
malattia è tipicamente cronico ed i pazienti tendono a guarire spontaneamente e poi presentare delle recidive. I segni clinici della disfunzione spesso si osservano inizialmente a
livello degli arti pelvici e poi progrediscono fino ad interes-
sare quelli toracici. Lo spettro dei potenziali segni clinici di
disfunzione è ampio e può comprendere depressione dei
riflessi spinali, atrofia muscolare, paraparesi, tetraparesi e
tetraplegia. La diagnosi si basa su anamnesi e caratteristiche
cliniche compatibili con la malattia, in associazione con i
risultati delle biopsie nervose/muscolari. Anche la risposta
alla terapia (vedi oltre) contribuisce alla diagnosi. La caratteristica patologica predominante osservata nelle biopsie
nervose di questi pazienti è la presenza di demielinizzazione
e rimielinizzazione. Negli studi ultrastrutturali delle biopsie
nervose dei pazienti con CIDP sono state costantemente
identificate cellule infiammatorie. Nelle biopsie nervose dei
pazienti con polineuropatia recidivante cronica i segni della
flogosi erano invece assenti. La degenerazione assonale non
è una caratteristica della CIDP, mentre era evidente nelle
biopsie nervose di un gatto con polineuropatia recidivante
cronica. La prognosi varia da riservata a buona. La maggior
parte degli animali con CIDP e polineuropatia recidivante
cronica tende a rispondere alla terapia con glucocorticoidi.
In una recente segnalazione, il 90% dei cani e l’88% dei gatti con CIDP hanno manifestato un’iniziale risposta positiva
alla terapia con prednisone per os (1-2 mg/kg ogni 12 ore). I
pazienti possono mostrare delle recidive in coincidenza con
la riduzione del dosaggio dei glucocorticoidi o la sospensione della terapia steroidea. Alcuni animali che inizialmente
rispondono ai glucocorticoidi possono in seguito diventare
resistenti a questo trattamento. Se viene dimostrata una
risposta positiva ad una terapia con glucocorticoidi in un
paziente con sospetta CIDP o polineuropatia recidivante cronica, la riduzione del dosaggio deve essere effettuata lentamente. L’autore ha trattato parecchi gattini colpiti da una
condizione molto simile alla CIDP; questi pazienti hanno
risposto alla terapia immunosoppressiva.
Neuropatie tossiche: avvelenamento ritardato da organofosfati nel gatto. Nel gatto è stata descritta una polineuropatia associata alla prolungata esposizione al clorpirifos. Il
meccanismo con cui gli organofosforici provocano la neuropatia è sconosciuto. I gatti descritti mostravano vari gradi di
riduzione della propriocezione degli arti toracici e pelvici,
diminuzione dei riflessi spinali, iperestesia generalizzata e
paraparesi. È stata anche segnalata una dilatazione pupillare
bilaterale (parzialmente sensibile alla luce). La diagnosi nei
casi segnalati era basata su anamnesi (esposizione ad organofosforici), ridotta attività sierica della colinesterasi,
riscontri all’esame neurologico ed anomalie dell’EMG. Il
trattamento consisteva nella somministrazione endovenosa
di pralidossima (2-PAM) e atropina per via sottocutanea. I
gatti guarirono completamente. Mononeuropatia del walker
hound. In cuccioli non svezzati di walker hound è stata
descritta una inusuale neuropatia che coinvolgeva i nervi
peroneo e tibiale di un arto pelvico. Era presente una degenerazione degli assoni e della mielina dei nervi peroneo e
tibiale. La causa è rimasta non determinata, ma è stato
sospettato un agente tossico presente nell’acqua di pozzo
utilizzata per preparare il latte artificiale. I segni clinici comparvero all’età di circa due settimane ed erano rappresentati
da paresi, mancanza di propriocezione, assenza di nervi spinali, atrofia muscolare ed analgesia (fatta eccezione per la
faccia mediale dell’arto), tutti a carico di un arto pelvico.
Nell’arco di un periodo di 6 settimane si ebbero segni pro-
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gressivi di paresi in aggravamento nonché automutilazione
dell’arto colpito. La diagnosi si fondò su anamnesi, segnalamento, riscontri clinici e risultati della valutazione istopatologica. Tutti i cuccioli del caso segnalato vennero soppressi
eutanasicamente a causa della natura progressiva della
malattia. Avvelenamento da salinomicina nel gatto: nei gatti
del Regno Unito e dei Paesi Bassi che avevano mangiato alimenti contaminati con un coccidiostatico ionoforo del pollame, la salinomicina, è stata segnalata una grave neuropatia.
Negli animali colpiti si è riscontrata una neuropatia acuta e
progressiva. I segni clinici della disfunzione neurologica
erano rappresentati da paraparesi, tetraparesi, disfagia, dispnea ad atrofia muscolare generalizzata. Inizialmente, si sviluppò tipicamente una paralisi degli arti pelvici, seguita da
quella degli arti toracici. La diagnosi venne basata sul
riscontro di segni clinici compatibili con una polineuropatia
in gatti esposti ad alimenti contaminati da salinomicina.
All’esame istopatologico dei campioni nervosi risultarono
evidenti i segni di un’assonopatia distale che colpiva sia i
nervi motori che quelli sensoriali. Molti dei primi casi
segnalati vennero soppressi eutanasicamente a causa della
gravità della malattia. Tuttavia, nella maggior parte dei gatti
colpiti l’eliminazione degli alimenti contaminati e l’attuazione di una terapia di sostegno probabilmente conducono
ad una completa guarigione neurologica.
MIOPATIE SELEZIONATE
Miotonia congenita. Questo disordine è probabilmente
trasmesso ereditariamente attraverso un carattere autosomico
recessivo nei chow chow e negli schnauzer nani. Altre razze
nelle quali è stata segnalata una condizione simile sono lo
Staffordshire terrier, il Rhodesian ridgeback, l’alano, il west
highland white terrier, gli incroci di samoyedo ed il Labrador
retriever. Recentemente, la miotonia congenita è stata descritta in 6 gattini domestici a pelo corto. I 4 gattini citati in una
di queste segnalazioni provenivano da cucciolate separate,
ma le loro madri erano imparentate. La caratteristica clinica
distintiva di questo disordine è la prolungata contrazione
muscolare dopo la cessazione del movimento volontario. Si
ritiene che il mancato rilassamento muscolare sia dovuto ad
un’anomalia della conduttanza del cloro a livello del sarcolemma. Questa diminuzione della conduttanza del cloro porta ad un’ipereccitabilità della membrana muscolare. Il successivo accumulo di ioni potassio nel sistema di tubuli a T è
responsabile del protrarsi della contrazione muscolare dopo
l’iniziale depolarizzazione. La presenza di anormali canali
del cloro nel sarcolemma, dovuti ad un difetto genetico trasmesso per via autosomica, è stata dimostrata come causa
della miotonia congenita nello schnauzer nano. Esistono
parecchie forme di miotonia congenita nell’uomo, alcune
delle quali dovute ad anomalia della conduttanza del sodio
attraverso il sarcolemma. I segni clinici si apprezzano di solito quando i cuccioli ed i gattini colpiti cominciano a camminare. Gli animali interessati sembrano tipicamente peggiorare dopo un periodo di riposo. Anche le temperature fredde
tendono ad esacerbare i segni clinici. L’andatura è rigida e
tende a migliorare o persino a normalizzarsi con l’attività. Gli
arti pelvici spesso sono colpiti più gravemente di quelli tora-
cici; nella miotonia del cane, possono venire portati simultaneamente in avanti con un’andatura “a salti da coniglio”. Può
essere difficile per i cani colpiti flettere l’articolazione del
ginocchio. Gli arti toracici vengono spesso tenuti abdotti
durante la deambulazione, a causa della ridotta capacità di
flettere le loro articolazioni prossimali. I pazienti miotonici
possono trovare difficoltà ad alzarsi da una posizione sternale. I gattini miotonici tendono a rimanere impigliati con le
unghie quando camminano su un tappeto. Quando vengono
spaventati, i gattini miotonici possono presentare un’iperestensione di tutti e 4 gli arti e cadere in decubito laterale per
circa 10 secondi. Lo spavento improvviso in questi gattini
può anche esitare in prolasso bilaterale della terza palpebra,
blefarospasmo (dovuto a spasmo dei muscoli orbicolari dell’occhio), appiattimento delle orecchie e retrazione delle palpebre. Spesso si apprezza ipertrofia muscolare generalizzata
(specialmente a livello dei muscoli appendicolari prossimali
e di quelli del collo e della lingua nel cane, mentre nel gatto
è più accentuata a livello del gastrocnemio) e la percussione
dei muscoli può lasciare un infossamento indicato come “fossetta miotonica”. Alcuni pazienti mostrano disfagia e problemi respiratori (ad es., stridore) dovuti alla protratta contrazione della muscolatura, rispettivamente, faringea e laringea.
I gattini colpiti possono presentare segni di disfonia, caratterizzata da un miagolio rauco e fusa tranquille. In tutti i cani
appartenenti ad un gruppo di schnauzer miotonici imparentati erano presenti caratteristiche fisiche inusuali quali il prognatismo (accorciamento della mandibola) e la dislocazione
mediale dei denti canini. La diagnosi si basa su segnalamento, segni clinici caratteristici e riscontri elettrodiagnostici
(anomalie EMG). I livelli di CK sono spesso normali o solo
lievemente aumentati e le alterazioni delle biopsie muscolari
di norma sono lievi ed aspecifiche (ad es., variazioni delle
dimensioni delle fibre muscolari). I risultati della biopsia
muscolare possono contribuire alla diagnosi, ma può darsi
che in questi pazienti non valga la pena di correre i rischi di
un’anestesia. Quest’ultima può essere difficile e pericolosa a
causa della stenosi della glottide laringea. Inoltre, i pazienti
umani con miotonia sono predisposti all’ipertermia maligna
da anestesia. I riscontri caratteristici all’EMG sono dati da
scariche bizzarre ad alta frequenza con andamento altalenante. Queste scariche vengono spesso indicate come “rumore di
bombardiere in picchiata”, a causa della loro natura a va e
vieni. Altri hanno paragonato il loro suono al motore di una
moto. Esistono alcune prove del fatto che l’uso degli stabilizzatori di membrana possa essere utile per alleviare i segni clinici nei cani miotonici. Si ritiene che la procainamide sia più
efficace della fenitoina o della chinidina. Altri farmaci che
sono stati utilizzati per il trattamento della miotonia nel cane
sono rappresentati da carbamazepina, tocainide, nifedipina e
mexiletina cloridrato. Per il controllo dei segni clinici nei
gatti miotonici si suggerisce la sola modificazione dell’ambiente. Questi gattini tendono a venire ben gestiti senza terapia farmacologica ed i farmaci tipicamente utilizzati per il
controllo della miotonia nel cane comportano un rischio di
tossicità inaccettabile nel gatto. La miotonia congenita non è
considerata una malattia progressiva ed i segni clinici della
disfunzione tendono a stabilizzarsi entro i 6-12 mesi di età. In
generale, la maggior parte dei cani e dei gatti con miotonia
congenita non è colpita da processi gravemente invalidanti e,
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di conseguenza, la prognosi per la sopravvivenza a lungo termine è favorevole. Tuttavia, quella per il miglioramento nel
tempo dei segni clinici è riservata.
Polimiosite autoimmune. Si tratta di una malattia infiammatoria autoimmune dalla patogenesi sconosciuta che colpisce primariamente i muscoli appendicolari. Viene segnalata
più comunemente nel cane che nel gatto. Anche se di solito
non esiste alcuna causa identificabile della risposta immunitaria, allo sviluppo di questa condizione sono stati associati il
lupus eritematoso sistemico, il trattamento con trimethoprim/sulfamidici nel Dobermann ed i timomi (di solito in
associazione con myasthenia gravis acquisita). Benché possano essere colpiti cani di qualsiasi età o razza, nella maggior
parte dei casi si tratta di soggetti di media età e di grossa
taglia di entrambi i sessi. Recentemente è stato descritto un
gruppo di 7 Terranova con polimiosite autoimmune, di età
variabile da 6 mesi a 5 anni. I segni clinici possono essere
acuti o cronici e possono comprendere debolezza generalizzata che spesso viene aggravata dall’esercizio, iperestesia alla
palpazione muscolare (mialgia), rigurgito (da megaesofago),
disfagia, depressione, febbre, tumefazione muscolare nelle
forme acute, atrofia muscolare in quelle croniche, zoppia che
si sposta da un arto all’altro ed alterazioni della voce. Nessuno dei Terranova descritti mostrava una mialgia. La diagnosi
si basa sui riscontri clinici tipici, nonché sui risultati di vari
test diagnostici. I livelli di CK possono essere elevati, l’EMG
evidenzia tipicamente delle anomalie e la biopsia muscolare
mostra necrosi della miofibre, fagocitosi e rigenerazione con
infiltrato infiammatorio non suppurativo. Con le tecniche
immunoistochimiche è anche possibile dimostrare una localizzazione delle immunoglobuline al sarcolemma. Il trattamento consiste nella somministrazione di prednisone per via
orale a dosi immunosoppressive (ad es., 1-2 mg/kg ogni 12
ore) fino ad ottenere la remissione clinica e poi riducendo
progressivamente la posologia. La prognosi è generalmente
favorevole, benché si possano avere delle recidive.
Miosite masticatoria. Si tratta di un disordine autoimmune in cui gli anticorpi sono diretti contro i muscoli della masticazione (ad es., temporale, massetere, pterigoideo). La patogenesi di questa malattia è incerta, ma le caratteristiche esclusive
dell’isoforma miosinica e del tipo di miofibre (tipo II M) dei
muscoli masticatori possono spiegare perché questi costituiscano il bersaglio preferenziale della risposta immunitaria. Queste
miofibre di tipo II M hanno un’origine embriologica differente
(mesoderma degli archi branchiali) rispetto a quelle appendicolari (mesoderma parassiale) e si ritiene che siano antigenicamente distinte da queste ultime. Il disordine è stato segnalato in
cani di numerose razze (di solito di grossa taglia) e di entrambi i sessi, ma i pastori tedeschi sembrano essere particolarmente predisposti. La maggior parte dei soggetti con miosite masticatoria è costituita da giovani adulti. Nel gatto, il problema viene segnalato raramente. I segni clinici sono tipicamente rappresentati da tumefazione dolente dei muscoli masticatori e
vari gradi di trisma. Le manifestazioni hanno spesso un’insorgenza acuta e possono essere ricorrenti. Occasionalmente si
osservano esoftalmo e febbre. La palpazione dei muscoli masticatori ed i tentativi di aprire a forza le fauci spesso suscitano
una risposta algica. In alcuni cani l’anamnesi riferisce un’atrofia cronica dei muscoli masticatori senza evidenti tumefazioni
dolorose. Questi animali possono essere interessati da una for-
ma più cronica di miosite masticatoria, atrofia neurogena da
neurite del trigemino o distinta miopatia atrofica dei muscoli
masticatori. La diagnosi di miosite masticatoria viene formulata in base alla dimostrazione della localizzazione degli anticorpi alle miofibre di tipo II M mediante l’immunoreagente proteina A staffilococcica coniugato a perossidasi (SPA-HRPO).
Questo esame può essere effettuato utilizzando sezioni congelate del muscolo temporale del paziente oppure incubando il
siero del soggetto con muscolo canino normale conservato congelato e immunoreagente. Si può anche riscontrare un aumento dei livelli di CK e l’esame EMG rivela spesso la presenza di
anomalie. Le biopsie muscolari possono dimostrare la presenza di vari gradi di infiltrati infiammatori nonché necrosi delle
miofibre e fagocitosi. Il trattamento si basa sulla somministrazione di dosi immunosoppressive di prednisone (1-2 mg/kg per
os ogni 12 ore) per 3-4 settimane, dopo di che il dosaggio viene gradualmente ridotto a giorni alterni. Questa riduzione viene continuata lentamente al fine di ottenere la più bassa posologia a giorni alterni in grado di controllare i segni clinici. La
maggior parte dei cani mostra una risposta favorevole alla terapia, ma le recidive sono comuni. In alcuni soggetti, il prednisone può venire rimpiazzato dall’azatioprina come farmaco
immunosoppressore di mantenimento, risolvendo alcuni o tutti
gli effetti collaterali associati alla terapia con glucocorticoidi. In
generale, la prognosi per questa malattia è favorevole.
MYASTHENIA GRAVIS ACQUISITA
La myasthenia gravis (MG) acquisita è la quintessenza della
giunzionopatia. Si tratta di un disordine autoimmune in cui gli
anticorpi sono diretti contro i recettori ACh nicotinici della
muscolatura scheletrica, esitando in debolezza dei muscoli stessi. Nel cane e nel gatto sono state descritte forme focali, generalizzate e fulminanti acute di MG. La forma focale è caratterizzata dalla mancanza di un’evidente debolezza muscolare appendicolare (arti), che invece è palese nei pazienti con la forma generalizzata di MG. La MG fulminante acuta è una forma rapidamente progressiva del disordine che spesso ha esito fatale. La
diagnosi definitiva di MG viene tipicamente formulata sulla base
della positività di un test sierico per la dimostrazione di autoanticorpi circolanti diretti contro i recettori ACh nicotinici. Il trattamento consiste nella somministrazione di anticolinesterasici,
spesso associati ad una terapia immunosoppressiva. La prognosi
è riservata, generalmente più favorevole nei casi in cui il megaesofago è assente o, se presente, viene corretto dalla terapia.
Bibliografia
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Dewey CW. Myasthenia Gravis. In: Wingfield WE, Raffe WR (eds): The
Veterinary ICU Handbook, Jackson Hole, Teton New Media 2002: 892.
Indirizzo per la corrispondenza:
Curtis W. Dewey
Long Island Veterinary Specialists,
163 South Service Road, Plainview, NY 11803
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