Alcune forme verbali Il sistema verbale del turco è estremamente "geometrico" e apre la strada a numerose riflessioni anche comparative. La forma base è la radice verbale, da cui si forma l'infinito, che ha valore di sostantivo. Radice verbale semplice: git gör oku söyle "andare" "vedere" "leggere" "parlare" inf. gitmek görmek okumek söylemek La radice partecipa di un duplice paradigma, quello derivativo e quello flessionale. Sono derivazioni "standard", cioè nuove radici vebali,: Radice verbale causativa, formata con -dergider "(far andare) à rimuovere" inf. gidermek göster "(far vedere) à mostrare" inf. göstermek o con -t okut "far leggere, educare" inf. okutmek söylet "lasciar parlare" inf. söyletmek Radice verbale reciproca formata con -iş görüş "vedersi l'un l'altro" Il negativo si aggiunge a tutti gitme "non andare", inf; gitmemek giderme "non far andare" gidermemek görme "non vedere" görmemek gösterme "non far vedere" göstermemek görüsme "non vedersi l'un l'a." söyletme PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com "non lasciar parlare" A tutte queste radici si può aggiungere il suffisso di infinito MAK/MEK, che dà un valore sostantivato al verbo. Es.: gitmek, gidermek, gidermemek, göstermemek. Il sistema tempo/aspetto Quattro parametri: aoristo fatti di validità generale, uso indefinito, abituale +IR o Z al negativo görür, görmez, görüür presente presente, progressivo +YOR görüyor, görmüyor ecc. futuro azione da realizzare + ECEK/ACAK gidece(im), göreceg/kes.: gelecek, göreceksiniz “andate e vede” congiuntivo desiderativo +(Y)E/(Y)A gele(yim), görmese(ydim) es.: biletsiz kal-mı-yalım „non rimaniamo senza biglietto“ Il passato (-D-) attraversa tutte e quattro i parametri, per cui avremo un passato aoristo (görürd(üm) “vidi” o negativo görmem), un passato presente (görüyordum “stavo vedendo”), un passato futuro (görecekt(im)”stavo per vedere”) ecc. In fondo alla parola così formata si aggiungono le desinenze personali I -im, -m, -, -yim II -sin, -n, III (-dir), -, -sin I -iz, -k, - , -lim II -siniz, -niz, -in, -iniz, -siniz III -(dir)ler, -ler, -sinler, -ler. Esaminiamo una categoria alla volta. Il cosiddetto aoristo corrisponde, in realtà, alla forma "base" del verbo, cioè la forma non determinata. Infatti, non solo indica la forma temporalmente non estesa (puntuale, aoristica appunto), ma anche la forma non temporalizzata (validità universale, abitualità ecc.). L'aoristo appare come tempo in greco classico, dove viene interpretato, in genere come tempo passato. L'aoristo greco si costruisce secondo i seguenti schemi alternativi: A. aoristo sigmatico: pres. lÀw (lyo) ž-lu-s-a (e-ly-s-a) PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com aumento - tema -s- desinenza B. aoristo tematico: pres. l™ipw (leipo) ž-λip-on (e-lip-on) pres. feÀgw (pheygo) ž-fug-on (e-phyg-on) aumento - tema grado 0 - desinenza flessiva La stessa ripartizione dei tipi di aoristo si hanno in sanscrito tematico gacchami (<i.e. * gwom + sko + mi) aor. a-gam-am sigmatico yujati (cfr. lat. iugum) aor. a-yauk-šam La presenza di un aoristo tematico riporta ad una nozione di verbo "minimo", senza suffissi temporali specifici. D'altra parte, in Vedico, la forma più antica di sanscrito, esiste una forma detta "ingiuntivo" che svolge, spesso, proprio la funzione di esprimere l'atemporalità: dive-dive suryo daršato bhūt "giorno dopo giorno il sole diviene visibile" dove bhūt è l'ingiuntivo rispetto ad un aoristo a-bhūt. Infine, abbiamo una prova indiretta nel fatto che sia in greco che in sanscrito l'aoristo, anche se interpretato come passato, prevede anche un imperativo, che non è certo un forma del passato. Possiamo concludere che la categoria dell'aoristo, sia nelle lingue indoeuropee che in turco coincide, grosso modo, con la categoria del verbo di base, atemporale e non definito. Il presente, corrisponde, piuttosto, a quello che in inglese chiameremmo progressivo. Il concetto non è proprio della nostra grammatica, forse perché non apparteneva alla grammatica latina, cui la nostra si conforma. Tuttavia la forma verbale è ben attestata ("io sto mangiando" "stavo mangiando" ecc.). L'unica osservazione che possiamo fare è che, a quanto pare, le lingue indo-europee non hanno la tendenza a grammaticalizzare (morfologizzare) questa forma, quanto piuttosto ha fornirne una trattamento perifrastico, come in italiano, o in Bengali, lingua di derivazione indo-aria parlata nell'India orientale. Qui si ha una coniugazione progressiva: es.: "fare" I pres. kari progress. karchi II karen karchen III kare karche (Il Bengali non distingue tra singolare e plurale). Un minimo di attenzione rivela però che le terminazioni del progressivo corrispondono con il presente del verbo "essere" achi, achen, ache, per cui è possibile ipotizzare un'origine perifrastica anche qui. Anche il passato ha una forma continua in Bengali I kar(i)lām progress. kar(ite)chilām II kar(i)len kar(ite)chilen PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com III kar(i)la kar(ite)chila Il futuro è una categoria cognitivamente difficile. Si può dire che, nonostante greco e sanscrito tendano a sviluppare un regolare sistema di desinenze per il futuro, altre lingue, come il latino, ci fanno sospettare che almeno alcune lingue indoeuropee propendessero per la forma perifrastica. Infatti, per taluni, il lat. ama-bo, si può far risalire ad una forma ama-, tema verbale, + bo, radice del verbo "essere" derivata dalla stessa forma che dà origina al passato fui. Infine il congiuntivo ci proietta in un mondo molto più incerto dell'espressione "desiderativa, augurativa" ecc. Se analizziamo bene l'uso del congiuntivo, ci accorgiamo che nelle lingue classiche non corrisponde a funzioni particolari, ma il suo impiego è determinato da vincoli di tipo sintattico. Il greco ed il sanscrito aggiungono un'altra categoria, quella dell'ottativo, che dovrebbe indicare un desiderativo, ma finisce col rivestire diverse funzioni grammaticali, spesso connesse con la realtà o l’irrealtà di un evento. L’ottativo è caratterizzato dalla presenza di un –i- tra il tema e la desinenza, che è quella dei tempi storici. scr. bhar- “portare” ott. bhareyam bhareh gr. f™roiv (pherois) bharet gr. f™roi (pheroi) ecc. Questo, però, non vieta che si possano creare anche verbi desiderativi, con un apposito meccanismo derivativo che prevede l’inserzione di un suffisso – sa- o –işa- ad una radice reduplicata, tanto che si possono avere forme combinate, come l’upanishadico jijivišet dal desiderativo di jiv- all’ottativo Altra categoria è il causativo, formato da un suffisso –ay- come in karayati “far fare”, da kr- “fare”. Lo stesso formante –ej- è presente in graco, come nella coppia f™rw / for™w < *bhor-ej-ō. Altra categoria è quella degli intensivi, che aggiungono –ya- ad una radice raddoppiata, come in pāpacyate “guarda ripetutamente” da pac- “guardare”. Anche il latino presenta forme iterative (intensive?) come dormitare “dormicchiare”. Questo mostra che esistono molti meccanismi morfologici per rappresentare molte forme dell’azione. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com