CHIESA: CASA E SCUOLA DI COMUNIONE
TRACCIA DI LAVORO
1 SUL SOLCO DELLA LETTERA PASTORALE
Dopo il cammino incentrato sul “Diventare cristiani”, il nostro
vescovo ci invita ad entrare nella seconda parte della sua lettera
pastorale: “Diventare Chiesa”.
Leggiamo infatti:
«Tra la fede personale e quella ecclesiale c’è dunque uno stretto collegamento, oggi più difficile da
cogliere e vivere. Sono convinto, e ve lo testimonio con forza, che se la fede in Cristo non passa
attraverso l’esperienza della sua comunità, resta un fatto privato, intimistico, che a poco a poco
rischia di morire. Cristo è inseparabile dal suo corpo che è la Chiesa; amare Cristo significa amare la
Chiesa; già i Padri affermavano: Non può avere Dio per padre se non si ha la Chiesa per madre”.
(Coraggio, sono io, non abbiate paura pag. 15)
Sarà questo l’aspetto sul quale incentreremo la nostra attenzione ed il nostro impegno per i prossimi
anni. Che non vuol dire che siamo chiamati a voltar pagina, a fare dell’altro… La comunità cristiana è
infatti una realtà che sempre si riceve dalle mani di Dio, in particolar modo nell’ascolto della Parola e
nell’Eucaristia… Per “Diventare Chiesa” dobbiamo ogni giorno, senza stancarci, “Diventare cristiani”.
Quanto abbiamo iniziato deve perciò continuare e mettere radici.
2 UN CAMMINO TRIENNALE
Il cammino su questo aspetto ci vedrà impegnati per i prossimi tre anni. E questo per dare alle nostre
comunità l’opportunità di assimilare con calma quanto si andrà sviluppando, di verificare la vita e
prendere le decisioni che si riterranno più opportune.
Il cammino sarà così strutturato.
9 Anno pastorale 2008-2009: approfondiremo il senso dell’essere Chiesa e verificheremo in maniera
particolare la vita degli organismi di corresponsabilità e partecipazione.
9 Anno pastorale 2009-2010: riprenderemo il tema dell’Eucaristia nel Giorno del Signore, cuore e
fonte della Chiesa, e verificheremo su questo aspetto gli itinerari di iniziazione cristiana.
9 Anno pastorale 2010-2011: approfondiremo la vita della comunità cristiana come servizio all’uomo,
con particolare attenzione ai poveri e a quanti vivono in situazione di fragilità.
3 CHIESA: CASA E SCUOLA DI COMUNIONE
Quello che andremo a riflettere si ricollega intimamente con quanto abbiamo cercato di approfondire
negli anni scorsi. Abbiamo infatti avuto modo di sottolineare ripetutamente che «cristiani si diventa»
nella Chiesa. Solo l’esperienza della comunione, infatti, è capace di introdurre nella vita cristiana,
partecipazione alla vita stessa della Trinità.
Ci piace qui ricordare quanto il papa Giovanni Paolo II ebbe modo di dire nella Novo Millennio
Ineunte:
«Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel
millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese
profonde del mondo. (…) Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una
spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si
plasma l’uomo cristiano, dove si educano i ministri dell’altare, i consacrati, gli operatori pastorali,
dove si costruiscono le famiglie e le comunità. (…) Spiritualità della comunione è pure capacità di
vedere ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio”.
E più avanti continua:
“Gli spazi della comunione vanno coltivati e dilatati giorno per giorno, ad ogni livello, nel tessuto
della vita di ciascuna Chiesa. La comunione deve qui rifulgere nei rapporti tra vescovi, presbiteri e
diaconi, tra pastori e intero popolo di Dio, tra clero e religiosi, tra associazioni e movimenti
ecclesiali. A tale scopo devono essere sempre migliorati gli organismi di partecipazione previsti dal
Diritto canonico, come i Consigli presbiterali e pastorali” (NMI n. 43 e 45).
E nella nota della CEI dopo il Convegno di Verona leggiamo:
“Accogliere la comunione che viene da Dio richiede disciplina, concretezza, gesti coerenti che
coinvolgono non solo le persone, ma anche le comunità. La corresponsabilità infatti è un’esperienza
che dà forma concreta alla comunione, attraverso la disponibilità a condividere scelte che riguardano
tutti. Questo comporta che si rendano operativi quei luoghi ove ci si allena al discernimento
spirituale, all’ascolto reciproco, al confronto delle posizioni, fino a maturare, secondo le
responsabilità di ciascuno, decisioni ponderate e condivise” (Rigenerati ad una speranza viva:
testimoni del grande sì di Dio all’uomo, n.24).
4 DIVENTARE CHIESA: QUALCHE SPUNTO DI RIFLESSIONE
4.1 Il “senso della Chiesa” nel Vaticano II
Il Concilio Vaticano II è stato chiamato anche il “Concilio della Chiesa” perché ha aiutato a maturare
una più sentita e più profonda consapevolezza ecclesiale. Durante i lavori del Concilio Paolo VI
formulò questa domanda: «Chiesa, che dici di te stessa?».
Ci si può chiedere allora “chi” sia la Chiesa, oppure “che cosa” essa sia.
Il Concilio ha cercato di rispondere ad entrambe le domande.
Innanzitutto ha contribuito a ripensare i soggetti che compongono la Chiesa. Essa è il popolo di Dio
che cammina nella storia. Ne deriva che tutti sono partecipi dell’unica missione ecclesiale, ognuno
offrendo il proprio particolare contributo.
Chiedendosi, invece, “che cosa” sia la Chiesa, il Concilio apre un’altra grande prospettiva. La Chiesa è
“segno e strumento dell’intima unione con Dio e del genere umano” (LG 1).
Abbiamo spesso usato la parola “mistero” per esprimere questa duplice dimensione che si intreccia
nell’esperienza della Chiesa: l’umano incontra il divino, il dono di Dio che si esprime nella realtà della
vita ecclesiale. Con la parola “sacramento” si è inteso mostrare che ogni aspetto della Chiesa si apre su
un bene più grande, non solo l’unità del genere umano, ma anche l’unione con Dio. Ne è nata la
consapevolezza di una vicendevole appartenenza tra Vangelo e storia, Chiesa e mondo, grazia e natura.
La Chiesa - sacramento vive l’una e l’altra dimensione, facendosi portatrice del mistero di Dio nella
storia umana.
4.2 La Chiesa In Italia per
“comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”
Il “senso della Chiesa” riscoperto con l’evento del Concilio si è poi consolidato nella realtà ecclesiale
italiana. I nostri Vescovi, all’inizio di questo primo decennio del Duemila, hanno descritto in modo
efficace la vita e l’attività di una comunità cristiana oggi: “Comunicare il vangelo in un mondo che
cambia”.
Dunque essere Chiesa è essenzialmente un evento di comunicazione, di relazione, di incontro: si
trasmette qualcosa di grande e di significativo che si è ricevuto. Le relazioni sono il bene più prezioso
della Chiesa ed anche la via più efficace per l’annuncio del vangelo. E’ in questo contesto che la parola
“comunione”, spesso utilizzata per parlare della realtà intima della Chiesa, trova il suo significato più
vero.
Tutto nella Chiesa è “comunione”: a partire dal mistero di Dio – la “Trinità” – che è il suo fondamento,
fino alla sua manifestazione più umile e concreta.
Anche ciò che è mediazione, strumento o struttura è espressione di comunione, poiché questa è la
finalità stessa della Chiesa: comunione con Dio e tra gli uomini. In ogni comunità cristiana, ma anche
tra le diverse comunità cristiane all’interno di una Chiesa locale, si vive il dono e la conseguente
responsabilità della comunione. Così tutte le Chiese locali, nel vicendevole rapporto che le lega alla
Chiesa di Roma e al suo vescovo – il papa - costituiscono la comunione della Chiesa. Si è usata la
formula “Ecclesiologia di comunione” per indicare questa visione di Chiesa ispirata al Concilio.
4.3 La Chiesa che è in Vicenza
In questo rinnovato “senso della Chiesa” anche la nostra Diocesi ha cercato di muovere i suoi passi. Ci
basti ricordare il documento del Sinodo Diocesano che porta il titolo “La comunione e la
corresponsabilità nella parrocchia”, che ci ha segnato profondamente. E non ultimi gli Orientamenti
pastorali “Cristiani si diventa”, che hanno sottolineato con particolare forza questo aspetto. Leggiamo
infatti:
«La via normale e quotidiana sulla quale si diventa cristiani è la comunità dei credenti, che vive il
mistero della comunione nella varietà dei doni e dei ministeri: in essa uomini e donne si sentono
convocati a camminare insieme sulla strada del regno di Dio, per annunciare il vangelo e per
condividere la vicenda umana di un territorio particolare».
Non si può essere cristiani se non “insieme”, per cui la fede comporta l’incontro con l’altro e la
testimonianza della vita. Così si comunica il Vangelo e cresce il senso della missione della Chiesa, che
è compito di tutti i discepoli del Signore.
Ogni comunità è stata invitata a questa «conversione pastorale». Spesso si registrano fatiche e
resistenze, anche se nell’insieme è cresciuto il desiderio di sostenersi nella «pastorale d’insieme»
Le «Unità pastorali» avviate in Diocesi ormai da molti anni ne sono l’espressione e l’esempio, come
pure l’esperienza dei “gruppi ministeriali”, espressione di una comunità che prende sempre più
coscienza di una responsabilità comune e condivisa.
5 COSTRUIRE DELLE «COMUNITÀ NUCLEO», PER POTER DIRE «VIENI E VEDI»
Era questo uno degli impegni che ci é stato indicato dagli Orientamenti pastorali. Sappiamo bene,
infatti, che molte sono le persone che si accostano alla comunità per chiedere i sacramenti, o qualche
servizio, senza sentirsi parte integrante di essa, partecipandovi dall’esterno, senza farsi troppo
coinvolgere. Ed allora forte è il rischio di cadere nella tentazione di una Chiesa dei «pochi ma buoni»,
elitaria, del piccolo gruppo, oppure limitarsi a dare quanto richiesto, rassegnandosi all’esistente,
arrendendosi di fronte ad una situazione sulla quale non si riesce ad incidere.
Ricordando quanto detto dal papa Giovanni Paolo II, che la “misura alta” della vita cristiana è l’unica
possibile, diventa “prioritario rendere visibile una “comunità nucleo”, costituita anzitutto da coloro
che sentono il desiderio di camminare insieme nell’esperienza di vita cristiana, condividendo la
Parola di Dio, la preghiera, l’Eucaristia domenicale e anche quotidiana, la fraternità e la carità.
Infatti i presbiteri per primi, il Consiglio pastorale, i catechisti, gli animatori e i responsabili di
associazioni e movimenti, i gruppi sposi, i ministri-ausiliari della comunione, i membri dei gruppi
liturgici, caritativi e missionari…, al di là del servizio che ciascuno compie, come segno distintivo
dell’appartenenza a Cristo – sono per prima cosa chiamati non a “fare per gli altri” ma a vivere con
intensità e insieme l’esistenza credente. Solo così in ogni parrocchia sarà garantita un’esperienza
significativa e comunitaria di discepolato del Signore, alla quale potranno aggregarsi quanti vogliono
assaporare l’incontro con Gesù Cristo e il suo Vangelo, in forza dell’appello “Vieni e vedi”»
(Cristiani si diventa, n. 6.3).
6 UNA CHIESA DALLO STILE SINODALE
Comunità deriva dalla parola «cum – munus», condivisione dello stesso dono del Vangelo e della
grazia. Il che significa che non c’è nessuno nella Chiesa, per quanto piccolo e fragile, che non abbia un
qualche dono da condividere con gli altri. Nella Chiesa tutti sono responsabili e partecipi dell’unica
missione, nella diversità dei carismi e dei ministeri.
Questo richiede, allora, che lo stile che abita la comunità sia uno stile «sinodale», capace di valorizzare
le diversità, di costruire momenti di ascolto e condivisione, di favorire lo scambio dei doni, il racconto
della fede. Uno «stile sinodale» capace di dare concretezza a quel «credere insieme» che connota
l’esperienza cristiana.
L’esperienza del “Sinodo dei Giovani”, in atto nella nostra Chiesa, può essere un utile punto di
riferimento e una fonte importante di sollecitazioni e suggerimenti.
Questo stile di sinodalità trova particolare concretezza negli organismi di corresponsabilità e
partecipazione di cui la Chiesa dopo il Concio ha voluto dotarsi, e che permettono il radicarsi
dell’esperienza cristiana nel concreto della vita degli uomini e delle donne che abitano un particolare
territorio. Senza l’ascolto reciproco e la corresponsabilità di tutti non possiamo vivere l’esperienza di
Chiesa che il Signore ci chiede oggi, e servire l’annuncio del Vangelo al nostro mondo.
7 L’IMPEGNO FORMATIVO
Perché questo sia possibile occorre promuovere, secondo l’invito dei nostri Vescovi, «un forte
impegno in ordine alla qualità formativa» (Comunicare il vangelo in un mondo che cambia, 44) nella
vita ordinaria delle comunità cristiane. L’attenzione prioritaria agli adulti, raccomandata dagli
Orientamenti di iniziazione cristiana, va in questa direzione; come pure l’attenzione data ai vissuti
familiari, oggetto di riflessione e di approfondimento delle Assemblee diocesane degli anni scorsi.
Un cammino, questo, che richiede un impegno costante, e che ci ricorda che per donare il Vangelo
dobbiamo riceverlo ogni giorno, sempre nuovo.
8 MINISTERIALITÀ ED ORGANISMI DI CORRESPONSABILITÀ E PARTECIPAZIONE NELLA COMUNITÀ
CRISTIANA
L’esigenza di costruire organismi di partecipazione e corresponsabilità si fa oggi particolarmente acuta
non solo per il bisogno di riconoscere una ministerialità più diffusa, soprattutto laicale, ma anche per
dare corpo a quella “pastorale d’insieme” di cui si sente sempre più bisogno, e che i nostri Vescovi ci
chiedono, per rispondere alle sfide della missione.
Mediante questi organismi una comunità si pone in ascolto della realtà, cerca di discernere la volontà
del Signore e di orientare i propri passi nella direzione intravista.
Mettere a fuoco, perciò, questa realtà, e contribuire a fare in modo che tutti possano dare il proprio
contributo al cammino comune, significa entrare in una dinamica di comunione.
E’ bene ricordare i vari livelli in cui si articolano questi organismi.
ƒ Il livello diocesano, che esprime la propria corresponsabilità attorno al vescovo mediante il
Consiglio presbiterale (CP) e pastorale (CPD).
ƒ Il livello vicariale, che si articola nel momento di fraternità e condivisione dei presbiteri nella
“congrega”, esercizio di «presbiterio», ed il Consiglio pastorale vicariale (CPV).
ƒ Il livello parrocchiale, che trova nel Consiglio pastorale (CPP), nel Consiglio pastorale unitario
(CPU), nel caso delle Unità Pastorali, e nel Consiglio per gli Affari economici (CPAE) la sua
espressione più tipica.
9 PER RISPONDERE ALLE SFIDE DELLA MISSIONE
La riscoperta della dimensione comunitaria della Chiesa e lo stile di «sinodalità», come stile ordinario
della vita della comunità, sono richiesti non tanto dalla necessità di meglio organizzare la vita delle
comunità e di far fronte alla carenza di presbiteri, quanto e soprattutto dall’urgenza di rispondere alle
sfide della missione.
Come ci ricordano i nostri vescovi “è finito il tempo della parrocchia autosufficiente». Ed ancora: «il
cammino missionario della parrocchia è affidato alla responsabilità di tutta la comunità parrocchiale:
è finito anche il tempo del parroco che pensa il suo ministero in modo isolato» (Il volto missionario
della parrocchia in un mondo che cambia, 11).
Proprio per diventare sempre più capaci di servire la missione è urgente attuare quel «discernimento
comunitario» che spesso ci è stato richiesto, e che non può essere attuato senza dar voce e valorizzare
tutti i doni e i carismi presenti nella comunità, in modo particolare quelli dei laici che, per vocazione,
sono chiamati a costruire nella dimensione della quotidianità il Regno di Dio.
10 ALCUNI SEGNI DI SPERANZA
In questi anni è cresciuta in Diocesi la consapevolezza della necessità di camminare assieme sul piano
pastorale e sono state promosse iniziative che ne hanno sottolineato gli aspetti positivi. Si tratta di
realtà da incoraggiare e consolidare per il bene di tutta la Chiesa Diocesana, e per le quali rendere
grazie al Signore.
Ö La Pastorale giovanile ha avviato un Sinodo che sta interessando e coinvolgendo gruppi,
Associazioni e Movimenti giovanili parrocchiali e vicariali, secondo un programma che continuerà
anche il prossimo anno pastorale 2008-2009, e che ben si innesta sul cammino diocesano del
“Diventare Chiesa”.
La celebrazione della Giornata Mondiale della gioventù, con la veglia di preghiera la vigilia della
domenica delle Palme, e il Cresimandinsieme, rappresentano due appuntamenti significativi di
forte esperienza ecclesiale attorno al vescovo.
Ö La Missione della Città di Vicenza, di altri vicariati e parrocchie, come pure l’impegno del
Seminario per promuovere una missione rivolta ai giovani del territorio, hanno evidenziato
l’importanza di programmare, formarsi e vivere insieme sulla frontiera difficile, ma entusiasmante,
della nuova evangelizzazione. Si tratta di esperienza capaci di rinsaldare i legami tra le persone e le
comunità che se ne fanno carico.
Ö Il lento e progressivo estendersi dei gruppi ministeriali indica la volontà di promuovere ed
estendere questa significativa esperienza di ministerialità laicale, ricca di contenuti e di interessanti
prospettive per il futuro delle nostre comunità.
Ö L’avvio in diversi vicariati di una rete di prossimità, promossa dalla Caritas assieme ad altre realtà
operanti nel settore, e sostenuta da numerosi volontari, sottolinea la premura a dare vita a dei
servizi-segno, luogo di attenzione e di promozione umana, rivolti in particolare ai più deboli e ai
più poveri della nostra società.
Ö Momenti comunitari, quali l’Assemblea dei presbiteri e quella diocesana; l’impegno della Consulta
dei laici e dell’USMI; il Mandato del Vescovo ai catechisti, agli operatori della carità e della salute;
il Festival biblico, ed altre numerose iniziative, sono occasioni che manifestano il volto
comunitario della Chiesa locale e rendono visibile il cammino d’insieme che la sostiene.