Il Vicepresidente della Commissione Agricoltura Agli Organi Agli

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Il Vicepresidente della Commissione Agricoltura
Agli Organi di Stampa
Vi difendo montagne verdi
In un’atmosfera magica, alleggerita da musiche pastorali celtiche, ha
avuto luogo a Forenza il mese letterario, cui ha partecipato con il suo libro
“Viaggio in Irlanda” il Vicepresidente Gaetano Fierro.
L’autore di questa avventura unica ha parlato soprattutto della
montagna, un simbolo che non ha perimetri geografici ma, economicamente,
rappresenta il futuro del mondo.
La montagna, per gli abitanti del luogo, ha rappresentato, da sempre, un
rifugio sicuro suggerito dal loro spirito di difesa e di autoconservazione. Non
a caso i loro borghi antichi, i castelli, i monasteri si inerpicano in posti
strategici e ben custoditi giacché assolvevano a precise scelte e a compiti
sociali legati alla sopravvivenza. Oggi, questi canoni esistenziali vanno
rivalutati da una precisa programmazione istituzionale che possa ridare, nel
Paese, la dignità propria alla montagna, annullando l’opinione di stampo
medievale che l’ha resa, nel tempo, emarginata, povera, mortificata nelle sue
aspettative. Così ragionando, nei secoli scorsi, si sono indeboliti i criteri
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della sua economia, della sua intrinseca potenzialità perché non
opportunamente stimate e sostenute dai presidi istituzionali. Per decenni le
popolazioni locali sono state sviate dai giudizi negativi di una cattiva
informazione, che ha prodotto in esse apatia e sconforto in pari tempo.
L’approccio, allora, verso la montagna va completamente rivisto
soprattutto dal punto di vista pedagogico; è consigliabile fare nuovi proseliti
nel mondo della Scuola, dove la montagna viene ancora rappresentata agli
adolescenti come luogo dove si annidano le insidie, gli orchi famelici ed i
briganti. Insomma, è ancora sinonimo di paura e di tenebra. Invece gli orchi
e i briganti, è giusto spiegarlo alle nuove generazioni, metaforicamente, si
aggirano nelle aree urbane, davanti alle scuole, alle discoteche; stanno in
mezzo a loro, in agguato, come falchi, pronti a profittare della loro
inesperienza.. La scuola che ha una funzione fondamentale nell’educazione
degli adolescenti, deve abituarli a conoscere l’habitat appenninico in ogni
suo aspetto. L’ecopedagogia è la riflessione, oggi necessaria, su una teoria e
una prassi educativa sul diritto/dovere dell’uomo di non essere il dominatore
della Terra, ma, soprattutto, il principale custode delle sue risorse, delle sue
bellezze e delle diverse forme di vita. La chiave di volta per un futuro
possibile è una nuova forma di razionalità all’insegna di una relazionalità
Il Vicepresidente della Commissione Agricoltura
flessibile, intuitiva e processuale, in grado di recepire tutte le istanze della
vita sulla Terra, in qualunque forma esse si manifestino. La quotidianità è la
dimensione e il tempo privilegiato dello sviluppo sostenibile.
L’ecopedagogia si propone, pertanto, come una nuova scienza che
trascende il modo in cui oggi i paesi occidentali concepiscono l’universo e
coincide, sorprendentemente, con il pensiero e la visione del mondo delle
culture tradizionali di tutte le latitudini (N. Pascale). A differenza della
scuola, la Chiesa è stata più previdente quando ha simbolizzato, nei secoli,
la montagna come il luogo più idoneo per elevare spiritualmente a massima
dignità la nostra Fede. Mosè lasciò il deserto per salire, ispirato da Dio, sulla
sommità della montagna dove ricevette i Dieci Comandamenti. In questo
clima di ritrovata ispirazione spirituale, raccontiamo (sembra una leggenda
metropolitana) la storia di un uomo che, attraverso il pellegrinaggio in
montagna per conquistare la pace interiore, paga un prezzo che, secondo la
mentalità odierna, pare assurdo. “Riuscirò io a rendere l’eterno significato
dello spirito delle cose? Saprò dare alla Natura che dipingo quella luce che
dona la vita al colore, e che illumina e dà aria alle lontananze e rende infinito
il cielo? Saprò io congiungere l’idealità della Natura con i simboli dello
spirito che l’anima nostra rivela ? ”. Così si interrogava nei suoi diari il
pittore Segantini.
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Giovanni Segantini morì il 28 settembre 1899, a 41 anni, mentre stava
ultimando uno dei suoi capolavori, la Natura, elemento centrale
dell’omonimo trittico. Si trovava a 2700 metri di altitudine sullo Schafberg,
la montagna di Pontresina, per cercare la luce pura, la luce che vivifica i
colori, che illumina le lontananze, che allarga il cielo. E sullo Schafberg,
circonfuso da quella luce, trovò la morte.
f.to
- prof. Gaetano Fierro -
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