Il web 2.0 - Università degli studi di Trieste

Il web 2.0 Tommaso Mazzoli Università degli Studi di Trieste 1
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Con il nome Web 2.0 si intende un generico stato di evoluzione del World Wide Web. Da un punto di vista streAamente tecnologico, il Web 2.0 è del tuAo equivalente al Web 1.0, in quanto l'infrastru+ura di rete è la stessa e il meccanismo ipertestuale è ancora il conceAo base delle relazioni tra i contenuF. La differenza, più che altro, sta dall'approccio con il quale gli uten0 si rivolgono al Web, che da semplici fruitori diventano creatori dei contenuF. Il Web 2.0 riguarda anche il mondo mobile: la condivisione di contenuF inseriF direAamente via cellulare, come per esempio immagini o messaggi sul proprio blog, sembra essere uno dei motori dello stesso mobile web. 2
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Web 2.0 è un termine coniato da Tim O’Reilly e Dale Dougherty (della O’Reilly Media, casa editrice americana specializzata in pubblicazioni riguardanF le nuove tecnologie e Internet in parFcolare) nel 2004 e fa riferimento ai cosiddeU servizi Internet di seconda generazione quali siF di social networking, wiki, strumenF di comunicazione e folksonomy che enfaFzzano la collaborazione e la condivisione tra utenF. O’Reilly Media, in collaborazione con MediaLive InternaFonal, ha uFlizzato tale termine per inFtolare una serie di conferenze che hanno decretato la popolarità (e le criFche) di questo termine. 3
•  Nella seconda metà del 2005 Tim Bray, inventore dell’XML, sul suo blog, in un post inFtolato NOT 2.0, ha dichiarato che l’espressione Web 2.0 era riconducibile a una vuota operazione di markeFng che richiamava i fantasmi della bolla. •  Tim O’Reilly gli risponde per le rime con un bell’arFcolone sul Web: vero che Web 2.0 è uno slogan facile da ricordare, ma ha avuto successo proprio perché rende bene l’idea di un insieme di fenomeni in corso. •  Da quel momento, anche grazie alla querelle tra i due Tim, il termine new economy viene definiFvamente sepolto e sosFtuito dal nuovo e splendente slogan: WEB 2.0 4
•  Nell’arFcolo (
What Is Web 2.0: Design PaAerns and Business Models for the Next GeneraFon of Soaware, Tim O’Reilly, 30/09/2005), si descrive inoltre come sFano iniziando a delinearsi nuove Fpologie di servizi e dell’evoluzione del Web, in parFcolare nel sociale, che coinvolgono direAamente le persone. Alcune delle osservazioni chiave che fanno i due giornalisF erano legate al faAo che: •  dopo la bolla, il Web stranamente si presentava più aUvo e importante che mai, con sempre nuove applicazioni e siF messi a disposizione degli utenF dando il più tangibile tra i segni di vitalità; •  le aziende che erano sopravvissute alla bolla avevano alcune caraAerisFche comuni (spesso queste venivano riprese nelle funzionalità delle nuove start up come a delineare una sorta di trend, una corrente di pensiero nel Web design). 5
•  Si osserva che evidentemente il processo di selezione economica naturale aveva risparmiato quegli esemplari più forF, con basi più solide e dotaF di alcuni elemenF comuni nel proprio DNA Web. Questo rendeva possibile iniziare a cercare di capire quali potessero essere queste caraAerisFche disFnFve. •  Il Web era rinato e chi operava in questo ecosistema doveva per forza aver sviluppato quesF nuovi traU somaFci. •  Questo è principalmente il moFvo per cui è difficile definire il Web 2.0, in quanto nato come eFcheAa (tag) dell’appartenenza a un certo insieme di specie aziendali avenF caraAerisFche comuni. •  Da lì in avanF è stato il valzer degli slogan, a ogni nuova o riciclata caraAerisFca comune, trovata tra gli esemplari in osservazione, veniva coniato un termine nuovo di zecca. 6
•  Il risultato dell’operazione di idenFficazione delle caraAerisFche comuni del Web 2.0 dà origine a un processo di mitosi per cui dallo slogan originale se ne genera un altro e da quesF due, poi quaAro e così via. •  A parte l’ironia sul processo di creazione degli slogan, il Web 2.0 è effeUvamente un conceAo generico al quale possono essere correlaF una serie di fenomeni veramente in corso. •  Lo schema rappresentaFvo di O’Reilly mostrato qui di seguito dà la sensazione di questa correlazione con una serie di fenomeni. •  O’Reilly nel suo arFcolo descrive il Web 2.0 come centro aAorno al quale gravitano gli altri elemenF creando una sorta di sistema solare. •  La metafora è intrigante e uFle a trovare un collante tra i diversi elemenF, anche se il suo limite, che è lo stesso di tuAo il manifesto, è quello di non dare una vera indicazione di quale sia il framework (il modello) di riferimento da usare per comprendere le relazioni tra i diversi fenomeni. 7
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Cercando di riassumere, il termine Web 2.0, si riferisce ad una seconda generazione di servizi disponibili sul World Wide Web che permeAe alle persone di collaborare e condividere informazioni online. è sopraAuAo un fenomeno sociale caraAerizzato dal principio di decentralizzazione dell’autorità, dalla libertà di condividere e riuFlizzare informazioni e servizi 9
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Nel cosiddeAo Web 1.0, il sistema che ha stabilito la passata era di Internet, un piccolo numero di autori creava pagine web per un largo numero di leAori. Un primo passo, verso la definizione di un nuovo paradigma, è stato il proliferare dei Social So(ware. Il termine so;ware sociale riguarda tuAe quelle applicazioni soaware che consentono agli individui di incontrarsi, interagire e collaborare in rete ed, in parFcolare, di creare comunità on-­‐line. 10
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Il termine soaware sociale soAolinea la dimensione di interazione sociale sviluppata in rete mediante apposiF strumenF soaware e comprende sia i media tradizionali, come le mailing list o Usenet, sia le più recenF applicazioni soaware, come i blog o i wiki. Alcuni affermano che il soaware sociale è riferito non ad un unico Fpo di soaware, bensì ai più numerosi modelli di interazione offerF dalla Comunicazione mediata dal computer ed implementaF per la formazione di community. Secondo tale prospeUva gli utenF possono formare comunità on-­‐line usufruendo dei seguenF modelli di comunicazione, differenF per Fpo di soaware adoAato: “uno-­‐a-­‐uno” (e-­‐mail o instant messaging), “uno-­‐a-­‐
molF” (blog) e “molF-­‐a-­‐molF” (wiki). Il più specifico termine soaware collaboraFvo riguarda, invece, i sistemi di lavoro basaF sulla cooperazione. Il soaware sociale, quindi, è streAamente connesso al mondo delle community e al loro processo di creazione ed è basato sul modello “boAom-­‐
up”, in cui gli obieUvi e l’organizzazione dei contenuF sono stabiliF dagli stessi membri della comunità, contrapposto a quello “top-­‐down”, in cui i ruoli degli utenF sono rigidamente determinaF da un’autorità esterna e circoscriU da specifici meccanismi soaware. 11
Web 2.0 • 
Il termine Web 2.0 non ha solo dunque una connotazione tecnica, ma anche ideologica, poiché si contrappone alla produzione dei contenuF uno-­‐a-­‐molF, Fpica dei media tradizionali, per abbracciare i conceU di intelligenza colle7va e open content • 
L'intelligenza colle=va, così come descriAa da Tom Atlee, Douglas Engelbart, Cliff Joslyn, Ron Dembo ed altri teorici, è un parFcolare modo di funzionamento dell'intelligenza che supera tanto il pensiero di gruppo (e le relaFve tendenze al conformismo) quanto la cognizione individuale, permeAendo a una comunità di cooperare mantenendo prestazioni intelleAuali affidabili. • 
hAp://it.wikipedia.org/wiki/Intelligenza_colleUva 12
G. Granieri, La società digitale •  "La società digitale" è un saggio sul sistema web scriAo da uno dei massimi esperF in sociologia della comunicazione e cultura digitale. •  Partendo da alcuni spunF naF, discussi e approfondiF all'interno del suo weblog, Giuseppe Granieri sviluppa un'analisi lucida ed accurata sullo scenario aAuale e le prospeUve future della società digitale. •  L'ipotesi è che Internet sia il sistema operaFvo di una nuova organizzazione sociale: l'affermarsi dei weblog ha popolato quella che prima era una semplice infrastruAura di comunicazione, rendendola un'applicazione colleUva. 13
•  Alla base del nuovo sistema d'interazione c'è quello che Granieri chiama "network": uno strumento in grado di superare la divisione in StaF presente nel mondo reale. •  Il sistema sociologico del web è quindi transnazionale: ogni individuo collegato alla Rete possiede una doppia ciAadinanza che disFngue l'esperienza quoFdiana da quella del web aAraverso culture e consuetudini differenF. 14
•  "... Invece di conceAualizzare il mondo in termini geografici, è necessario oggi uFlizzare i modelli di network, per cominciare a capire le interrelazioni tra persone e cultura, per pensare il "locale" in termini di struAure sociali e non in termini di luoghi". •  E' una frase -­‐ di Danah Boyd, giovane studiosa di comunicazioni mediaFche dell'università di Berkleley -­‐ che Giuseppe Granieri cita per soAolineare come nell'era della digital glocalizaFon il nostro spazio perFnente, quello cioè a cui siamo legaF per affinità e interessi, non è più definito dalla condizione geografica, ma dal network che abbiamo contribuito a creare. 15
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Una delle armi vincenF del Web 1.0 che è sopravvissuta all’avvento del Web 2.0, è stata quella dell’Hyperlinking, cioè l’ “iper -­‐ collegare”. Più gli utenF possono aggiungere nuovi contenuF o nuovi siF, più cresce la rete di connessioni tra gli utenF stessi che navigando scoprono altri contenuF e vi si collegano. L’ipercollegamento è legato al conceAo di Page Rank introdoAo da Google 16
Il grande inganno del Web 2.0 Di Fabio MeFFeri •  Ricordiamo che gli utenF in Internet creano contenuF almeno da quando sono nate le prime liste di discussione (nel lontano 1986) e i primi newsgroup o gruppi (ancor prima, nel 1979), e che il web è stato concepito proprio per facilitare la pubblicazione e lo scambio di contenuF on line. •  La libreria Amazon, che di solito viene inserita nei prodoU 2.0, ospita le recensioni degli utenF fin da quando è stata aperta, nel 1995. •  E ancora: la swarm intelligence, l’intelligenza degli sciami tanto amata dalla blogosfera, sembra solo una semplificazione o una bruAa copia dell’intelligenza colleUva della Rete di cui aveva già parlato Pierre Lévy (1994). 17
Il grande inganno del Web 2.0 Di Fabio MeFFeri •  Chi insiste nel sostenere che esista, se non una rivoluzione già avvenuta, almeno un mutamento in aAo che giusFfica il passaggio dal numero 1 al numero 2 parla della facilità con cui oggi tuU possono pubblicare on line, ma anche questo non è vero. •  Per gli utenF di qualche anno fa, più tecnologici di quelli di adesso, scrivere un po’ di html, il linguaggio in cui sono definite le pagine web, era normale; la Rete oggi sta solo evolvendosi lentamente per facilitare la vita alle nuove leve di navigatori, più inesperte. •  Pubblicare su una lista di discussione o un newsgroup, comunque, alimentandone gli archivi, non ha mai comportato nessuna difficoltà. 18
Il grande inganno del Web 2.0 Di Fabio MeFFeri •  È falso anche dire che rispeAo a ieri oggi gli utenF siano in grande percentuale impegnaF nella produzione di Ugc: secondo una ricerca del grande consorzio bibliotecario Oclc (2007), solo il 20% degli utenF crea contenuF on line e circa il 40% li legge (e sono aUvità rilevate come svolte anche solo una tantum nei precedenF 12 mesi). •  Anche se non esistono daF precisi in merito, credo che nella vecchia Internet pre-­‐2.0 (quella degli anni Novanta, per intenderci, ancora senza i blog) la percentuale di navigatori che partecipava alle conversazioni on line, pubblicando contenuF in qualche archivio comune, fosse decisamente più elevata di quella di oggi. 19
Il grande inganno del Web 2.0 Di Fabio MeFFeri •  In realtà, l’unica vera caraAerisFca del Web 2.0 che lo differenzi rispeAo a ciò che esisteva prima, o che conFnua oggi a seguire strade diverse, è la rivendicazione della proprietà dei contenuF, che direAamente o indireAamente devono procurare un tornaconto al loro autore. •  Di faAo, la filosofia condivisa e comunitaria delle liste, dei gruppi o dei forum tendeva e tende ancora a coinvolgere e ad aggregare gli utenF, mentre l’impostazione proprietaria e l’individualismo Fpici dei blog tendono a formare circoli ristreU, spesso frammentaF, che escludono chiunque non abbia voglia o tempo da perdere per costruirsi il prerequisito indispensabile all’ingresso nel club della blogosfera, cioè un blog. 20
Social Network •  Una rete sociale (in inglese social network) consiste di un qualsiasi gruppo di persone connesse tra loro da diversi legami sociali, che vanno dalla conoscenza casuale, ai rapporF di lavoro, ai vincoli familiari. Le reF sociali sono spesso usate come base di studi interculturali in sociologia e in antropologia. •  Secondo la definizione data dagli studiosi Boyd-­‐Ellison si possono definire social network sites quei servizi web che permeAono: la creazione di un profilo pubblico o semi-­‐pubblico all'interno di un sistema vincolato, l’arFcolazione di una lista di contaU, la possibilità di scorrere la lista di amici dei propri contaU. AAraverso ciò quesF servizi permeAono di gesFre e rinsaldare online amicizie preesistenF o di estendere la propria rete di contaU. 21