pdta sclerosi laterale amiotrofica e sclerosi laterale primaria

Rete regionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi, la terapia delle
malattie rare ai sensi del d.m. 18 maggio 2001, n. 279
Percorso Diagnostico, Terapeutico e Assistenziale (PDTA) relativo a:
SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA
e SCLEROSI LATERALE PRIMARIA
Codice esenzione RF0100 - RF0110
Definizione
La Sclerosi Laterale Amiotrofica - SLA (letteralmente indurimento dei cordoni midollari laterali associato ad
amiotrofia), o Malattia di Charcot (dall’autore che l’ha per primo descritta) o malattia dei motoneuroni, è una
malattia neurodegenerativa che colpisce le cellule motorie corticali (primo motoneurone o centrale), del
tronco encefalo e spinali (secondo motoneurone o periferico) causando la morte cellulare e di conseguenza
l’atrofia e la paralisi dei muscoli interessati.
Non tutte le cellule sono interessate dall’evento simultaneamente, ma lo diventano nel corso di mesi o anche
anni; in tale arco di tempo i motoneuroni rimasti, almeno in parte, sostituiscono nelle proprie funzioni quelli
distrutti. La distribuzione dei motoneuroni colpiti dalla patologia non ha uno schema preordinato ma può
interessare prevalentemente cellule appartenenti al distretto midollare o bulbare o entrambi e con intensità
diverse, così come può interessare prevalentemente, secondo una gamma completa, il motoneurone
centrale o quello periferico.
La malattia è inesorabilmente progressiva e la sopravvivenza media varia dai 3 a 5 anni, con picchi in rari
casi anche di 10 anni; la principale causa di decesso riguarda le complicanze respiratorie. La malattia ha
un’incidenza di 1,8-2,2 casi per 100.000/anno, con una prevalenza di 5-7 casi per 100.000.
Alcuni focolai endemici con alta prevalenza sono stati descritti nel Pacifico occidentale (isola di Guam,
Papua Nuova Guinea, penisola di Kii in Giappone, dove si riscontra l’associazione di SLA/Demenza/Malattia
di Parkinson).
I maschi (M) sono più colpiti rispetto alle femmine (F) con un rapporto di 1,5:1. Solitamente l’esordio si ha tra
i 50 e i 70 anni; raramente si può avere un esordio prima dei 30 anni. Si parla di SLA giovanile quando
l’esordio avviene prima dei 25 anni.
La SLA è per il 90-95% dei casi una patologia a presentazione sporadica (SALS), mentre nel 5-10% dei casi
si presenta in forma familiare (FALS). I casi familiari descritti si trasmettono per la maggior parte come
carattere autosomico dominante, ma sono state descritte anche forme recessive e X-linked. Mutazioni
puntiformi (ne sono state individuate più di 130) del gene della SOD1 (superossido-dismutasi 1 Cu-Zn
dipendente ad azione antiossidante) sul cromosoma 21, è presente nel 20% circa dei casi di FALS e nel 2%
dei casi sporadici. Nel 5% dei casi familiari e nel 1% dei casi sporadici c’è una mutazione del gene TARDBP
(TDP-43), mentre nel 4% dei casi familiari e nel 1% di quelli sporadici la mutazione è a carico del gene FUS.
Nella maggior parte dei casi non ci sono differenze cliniche né neuropatologiche evidenti tra SALS e FALS.
C’è ampia variabilità interfamiliare e intrafamiliare per quanto riguarda età d’esordio, sintomi all’insorgenza e
durata della malattia. Solitamente le forme familiari hanno un’età d’esordio più precoce, incidenza M/F
uguale e sopravvivenza ridotta.
La patogenesi delle forme sporadiche è sconosciuta e allo stato attuale non è stata dimostrata alcuna
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correlazione certa fra fattori di rischio e sviluppo di malattia.
Popolazione a cui rivolgersi (criteri d'ingresso)
Occorre precisare che non esistono criteri diagnostici biochimici o strumentali (markers) che permettano una
diagnosi certa di SLA, con l’eccezione della dimostrazione di mutazioni genetiche dei geni SOD-1, TDP-43 e
FUS nei casi familiari e in pochi casi apparentemente sporadici. Pertanto i criteri di ingresso coincidono con
la formulazione da parte di un medico del sospetto diagnostico.
I criteri di ingresso, che permettono di individuare la popolazione a cui rivolgere procedure diagnosticoterapeutiche per arrivare a confermare o escludere il sospetto diagnostico, sono quindi di tipo clinico: si
tratta di quadri clinici caratterizzati da paresi ingravescente di tipo centrale e periferica, senza disturbi della
sensibilità. Indicativo è un deficit di forza che colpisca la muscolatura distale di arti superiori (difficoltà nella
manipolazione degli oggetti) o inferiori (difficoltà nella deambulazione), oppure la muscolatura faringea
(difficoltà nella deglutizione), laringea (difficoltà di fonazione), linguale (difficoltà di fonazione, deglutizione e
articolazione) e più raramente respiratoria, spesso associato a facile stancabilità, crampi e guizzi muscolari
(fascicolazioni). Da ricordare che non sono interessate le vie sensitive, quindi un qualsiasi sintomo o deficit
sensitivo associato pone un forte dubbio diagnostico.
Criteri diagnostici
Criteri di diagnosi che si ritiene debbano essere soddisfatti per effettuare un'esenzione per malattia rara
ELEMENTI CLINICI
I segni e sintomi clinici che permettono di dimostrare il coinvolgimento del I^ motoneurone sono: spasticità,
iperreflessia, cloni, presenza di segno di Babinski e Hoffmann, assenza dei riflessi addominali superficiali e
presenza dei profondi. I segni e sintomi che dimostrano il coinvolgimento del II^ motoneurone sono l’atrofia e
l’ipotonia muscolare, le fascicolazioni, i crampi e il deficit stenico a livello della muscolatura interessata.
Sono possibili tutte le combinazioni di paralisi bulbare e pseudobulbare. Ricordiamo la frequente presenza
nei casi di paralisi pseudobulbare della labilità emotiva (riso o pianto spastico).
Nella sua forma classica la malattia si presenta per 2/3 con un esordio spinale e 1/3 con esordio bulbare.
Sono possibili tutte le combinazioni di paralisi centrale e periferica e abbastanza rapidamente si manifesta
una generalizzazione a tutta la muscolatura volontaria con l’eccezione della motilità oculare e del controllo
sfinterico. E’ importante indagare la presenza di fascicolazioni e crampi. La presenza di riflessi osteotendinei
vivaci in distretti con evidente ipotrofia muscolare è altamente suggestiva della malattia. In fase avanzata i
pazienti possono perdere il controllo della muscolatura oculare estrinseca e/o sfinteriale urinaria o fecale.
Oltre alla forma classica, possono esserci altre modalità di presentazione della SLA: con esordio a livello
distale degli arti inferiori (forma pseudopolinevritica con deficit della muscolatura della loggia antero-esterna
della gamba, steppage, crampi, fascicolazioni, riflesso achilleo ipoevocabile o assente, assenza di turbe
della sensibilità), a livello della muscolatura toracica (insufficienza respiratoria con ipoventilazione notturna
che porta a dispnea, ortopnea, sonno disturbato, cefalea mattutina, sonnolenza diurna, irritabilità,
cambiamenti repentini dell’umore), addominale o del rachide.
Il termine Atrofia Muscolare Spinale Progressiva raccoglie quei casi in cui la lesione resta confinata
esclusivamente al motoneurone periferico con deficit stenico e progressiva amiotrofia, assenza o
ipoevocabilità dei ROT (riflessi osteo tendinei) per lungo tempo; il rapporto M:F è 4:1 e la sopravvivenza è
maggiore.
La Paralisi Bulbare Progressiva indica quelle forme in cui il danno è essenzialmente confinato ai
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motoneuroni periferici che hanno sede nel bulbo (muscolatura masticatoria, linguale, faringea, laringea con
disfagia, disartria, modificazione della voce, scomparsa del riflesso faringeo); nel 25% dei casi, la SLA
esordisce come forma bulbare ma col trascorrere del tempo si assiste inesorabilmente all’interessamento
degli altri distretti. Più raramente l’esordio è caratterizzato da paralisi pseudobulbare.
Il termine Sclerosi Laterale Primaria è riservato a quei casi che manifestano esclusivamente interessamento
dei motoneuroni centrali; l’esordio è generalmente caratterizzato da spasticità a livello di un arto inferiore
con impaccio nella deambulazione e andatura rallentata e falciante, seguita da progressivo interessamento
dell’altro arto inferiore (paraspasticità) con evoluzione verso una tetraspasticità e una sindrome
pseudobulbare.
NOTA: la Sclerosi Laterale Primaria è esentabile con il codice di esenzione RF0110 (ai sensi del D.M.
279/2001).
La malattia di Kennedy è caratterizzata da un quadro clinico ormai ben definito (trattasi di interessamento
essenzialmente bulbare periferico ad andamento lento e con presenza di tremore delle mani) e
diagnosticabile con certezza dopo la scoperta del gene implicato, recettore degli androgeni sul cromosoma
X.
E’ molto importante ricordare che molte delle forme sopra elencate tendono nel tempo ad evolvere verso
una SLA classica e pertanto rappresentano quadri sindromici ad espressione clinica non ancora completa,
ma in evoluzione.
CRITERI DIAGNOSTICI INTERNAZIONALI
Secondo i criteri di El Escorial, rivisitati e associati all’algoritmo di Awaji, essenziale per la diagnosi è
l’interessamento simultaneo del I^ (dimostrabile attraverso valutazione clinica, indagini elettrofisiologiche e
accertamenti neuropatologici) e del II^ motoneurone (evidenza clinica ed elettrofisiologica), con esclusione di
tutte le cause differenziali che possono dare sintomatologia sovrapponibile (mediante tecniche di indagine
neurofisiologiche, neuropatologiche o neuroimaging) e un andamento progressivo della malattia.
Il disturbo è classificato come:
- SLA definita: coinvolgimento documentato di I^ e II^ motoneurone in regione bulbare ed in almeno 2 regioni
spinali oppure interessamento del I^ e del II^ in 3 regioni spinali;
- SLA clinicamente probabile: due sedi tra quella bulbare e quelle spinali sono interessate, ma
l’interessamento del I^ motoneurone è rostrale al II^;
-SLA probabile con conferma laboratoristica: interessamento del I^ e del II^ motoneurone da un punto di
vista clinico in 1 regione, o anche coinvolgimento solo del I^ motoneurone in una regione ed evidente
interessamento del II^ all’EMG in almeno 2 regioni (esclusione di altre cause mediante tecniche di
neuroimaging e laboratoristiche).
- SLA possibile: interessamento limitato a una sola sede (I^ e II^ motoneurone), in 2 o più sedi c’è
coinvolgimento solo del I^ motoneurone oppure è colpito il II^ ma rostrale rispetto al I^ in almeno 2 regioni;
- unica eccezione sono i casi in cui si riscontrano segni di coinvolgimento progressivo del I^ e del II^
motoneurone in una sola sede e una mutazione del gene SOD1, per cui si parla di "SLA definita".
Non applicabile
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ELEMENTI STRUMENTALI
Oltre all’evidenza clinica, si possono utilizzare tecniche strumentali al fine di confermare il coinvolgimento
motoneuronale. L’esame strumentale più importante per la conferma diagnostica è rappresentato dalla
elettromiografia (EMG).
L’EMG mostra fibrillazioni, onde positive (segni di denervazione attiva), fascicolazioni, potenziali anomali
polifasici e di lunga durata e potenziali di unità motorie di maggior ampiezza e durata, difficoltà di
raggiungimento di attività di interferenza (segni di reinnervazione collaterale in denervazione cronica) a
livello dei distretti colpiti. Il coinvolgimento della muscolatura paravertebrale e/o del muscolo genioglosso è
suggestivo della malattia.
Ci sono a disposizione inoltre tecniche elettromiografiche particolari, che permettono di quantificare il danno
muscolare: EMG singola fibra, macro EMG, decomposizione EMG e analisi dell’ampiezza, analisi
quantitativa dei potenziali di unità motoria, stima del numero di unità motorie, che tuttavia non sono
necessarie per la diagnosi. La velocità di conduzione motoria e la latenza distale motoria sono nella norma o
lievemente ridotte. La stimolazione magnetica transcranica permette di rilevare un rallentamento nella
conduzione motoria centrale (30%) e ridotto arruolamento dei potenziali di unità motoria, espressione del
danno a carico del motoneurone centrale, ma con sensibilità limitata. Non ci sono anomalie nelle vie
sensitive.
Parametri elettrofisiologici suggestivi per altre patologie sono: blocco di conduzione motoria, velocità di
conduzione motoria 70% e latenze motorie distali > 30%, anomalie nelle vie di conduzione sensitive, latenze
delle onde F o H > 30%, decremento > 20% alle stimolazioni ripetitive, latenza di risposta evocata
somatosensoriale > 20%, interferenza completa in un muscolo debole, anomalie autonomiche o
all’elettronistagmografia.
ELEMENTI GENETICI/BIOLOGIA MOLECOLARE
L’indagine genetica di geni implicati nella SLA trova indicazione solo nei casi a presentazione familiare,
mentre indagini genetiche sui casi sporadici hanno senso solo in protocolli di studio, salvo indicazione posta
dallo specialista neurologo dei Presidi per le malattie rare.
Attualmente dal punto di vista genetico abbiamo visto come le uniche mutazioni in grado di dare una
certezza diagnostica siano quelle che interessano il gene SOD1 mappato sul cromosoma 21q, coinvolto nel
20% delle forme familiari. Il gene codifica per l’enzima superossidodismutasi 1 Cu/Zn-dipendente, in grado di
agire a livello cellulare come agente antiossidante; una sua carenza, dovuta a mutazione del gene,
comporta quindi un’azione ossidante cellulare da parte dei radicali liberi accumulati, oltre che ad una serie di
eventi dannosi a carico del motoneurone e delle cellule gliali.
Recentemente si è individuata una mutazione nel gene TARDBP (proteina TDP-43) localizzato sul
cromosoma 1p36, correlata sia a forme familiari che sporadiche.
Nel 4% dei casi familiari la mutazione è a carico del gene FUS.
Ricordiamo che il riscontro di mutazione del gene TARDBP o FUS permette di porre diagnosi genetica della
malattia.
Sono stati inoltre condotti studi sul cromosoma 22 (gene NF-H), in seguito alla presenza di SLA in alcuni
pazienti con mutazioni di tale gene, e sul cromosoma 17 (gene della proteina Tau) vista l’associazione in
alcune zone di Demenza fronto-temporale/Parkinson/SLA.
Altre mutazioni individuate riguardano forme infantili o giovanili di SLA familiare:
- cromosoma 9q34 (ALS4 o SETX senataxin, autosomica dominante, forma ad esordio distale e
coinvolgimento tardivo del I motoneurone)
- cromosoma 15 (forma a trasmissione autosomica dominante)
- cromosoma 2q33 (ALS2 alsin, autosomica recessiva, forma con coinvolgimento prevalente del I
motoneurone) o 2q (DCTN dinactina, autosomica dominante, forma a progressione lenta e pattern bulbare)
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INDICAZIONI AL TEST GENETICO PER NON AFFETTI
Prima di procedere con una richiesta di test genetico, è necessario un approfondimento delle implicazioni
familiari associate al test e l'acquisizione del consenso scritto all'esecuzione del test specifico.
Hanno accesso alla diagnosi presintomatica, i soggetti a rischio, appartenenti a famiglie nelle quali sia stata
identificata una mutazione in un gene coinvolto nella patogenesi della SLA.
Per l'esecuzione del test genetico per diagnosi presintomatica, è necessario attenersi alle procedure
previste dalle linee guida internazionali per le malattie genetiche ad esordio tardivo (vedi sezione specifica in
questo PDTA), comprendenti almeno un incontro di consulenza genetica nella quale vengono chiarite le
modalità di trasmissione della malattia e la specificità del test. E’ sempre necessario acquisire il consenso
informato specifico per il test.
I protocolli di uso corrente prevedono l’esclusione dal test predittivo dei minori o di soggetti a rischio di
suicidio.
Il test genetico non può essere richiesto da familiari o terze parti (assicurazioni, datori di lavoro ecc.).
Il risultato del test genetico deve essere consegnato solo all’interessato o al suo tutore legale, dallo
specialista che prende in carico il paziente (neurologo o genetista medico).
NOTA - Linee Guida Internazionali e modalità di esecuzione del test genetico predittivo:
In relazione ai problemi psicologici, medici, etici e legali connessi al test presintomatico per le malattie
genetiche ad esordio tardivo, ad oggi in assenza di linee di condotta specifiche per la SLA, possono essere
considerate le Linee-Guida Internazionali emanate nel 1990 e aggiornate nel 1994 da una commissione
congiunta di scienziati (Research Group on Huntington Disease - World Federation of Neurology) e di
famiglie (International Huntington Association) a tutela delle persone a rischio.
Le linee guida prevedono che il percorso per l'esecuzione e la comunicazione di un test genetico predittivo
comprenda un’articolazione di specialisti e di incontri secondo un protocollo generale, le cui modalità di
applicazione devono venire approvate dal Comitato Etico dell’Ente.
Il risultato resta a disposizione del soggetto senza obbligo di ritiro.
Il soggetto può ritirarsi spontaneamente dall’iter in qualsiasi fase.
Un’interpretazione applicativa possibile delle indicazioni delle Linee Guida può essere esemplificata nel
protocollo seguente.
Percorso per test genetico predittivo con incontri individuali:
1° incontro: Neurologo e Genetista
- Valutazione di ingresso con consenso all’iter
- Anamnesi famigliare (albero genealogico), descrizione della malattia, delle modalità di trasmissione e del
rischio riproduttivo
- Visita Neurologica
2° incontro: Psicologo o Psichiatra
- Valutazione psicologica/psichiatrica (1-3 sedute)
3° incontro: Neurologo e Genetista
- Consenso informato al test
- Descrizione dell’informatività del test genetico e del meccanismo molecolare della malattia
- Prelievo ematico
4° incontro: Neurologo con Psicologo o Psichiatra per i casi considerati problematici
- Restituzione del risultato e relative implicazioni
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NOTA
Per gli aspetti comuni a tutte le malattie rare di origine genetica consulta il documento: ''L'attività di
genetica medica e la diagnosi di malattia rara''.
ULTERIORI ELEMENTI (NON ESSENZIALI PER LA DIAGNOSI)
La risonanza magnetica nucleare (RMN) a carico di encefalo e colonna vertebrale e l’esame liquorale
(sostanzialmente nella norma se non per un lieve aumento delle proteine, soprattutto nei malati oltre i 60
anni), appaiono utili per una diagnosi differenziale e di esclusione, ma sono scarsamente utili per
evidenziare i segni della malattia.
Si può assistere ad un modesto innalzamento di CPK (creatinfosfochinasi), AST (aspartato transamninasi SGOT), LDH (lattato deidrogenasi) ematiche soprattutto quando vi è rapido instaurarsi di amiotrofia
muscolare.
Valutazioni laboratoristiche utili per la diagnosi differenziale sono: presenza di autoanticorpi (ad esempio
anticorpi anti-gangliosidi), anormalità ormonali, livelli di piombo elevati, evidenza di un quadro infettivo.
Quando indicata clinicamente, ad esempio nel sospetto di associazione di demenza e SLA, si ritiene utile
l’esecuzione di MMSE (Mini Mental Stare Evaluation), FAB (Frontal Assessment Battery) e ulteriori test
cognitivi.
La diagnosi differenziale va fatta con una serie di condizioni da escludere mediante diverse tecniche
diagnostiche:
- sindrome post-poliomelitica
- lesioni midollari cervicali
- neuropatia multifocale motoria con o senza blocchi di conduzione
- endocrinopatie come iperparatiroidismo o ipertiroidismo
- intossicazioni da piombo
- infezioni
- malattie infiammatorie
- sindromi paraneoplastiche
- anomalie scheletriche craniche o del canale spinale miopatie, come la miopatia a corpi inclusi
- sindrome di Brown-Vialetto.
Criteri terapeutici
TERAPIE MEDICHE
Attualmente non vi è alcuna terapia in grado di bloccare o rallentare il processo neurodegenerativo che sta
alla base della malattia.
Esiste un solo farmaco approvato in grado di prolungare di qualche mese la vita dei pazienti: il riluzolo (50
mg x 2/die), che ha un’azione contrastante il glutammato riducendone l’eccitotossicità.
Ci sono poi una serie di altri agenti antiossidanti spesso prescritti (vitamine C ed E, acido alfa-lipoico, betacarotene, SOD vegetale ed altri) che però non hanno un’efficacia dimostrata nel rallentare il decorso della
patologia.
TRATTAMENTI SINTOMATICI E RIABILITATIVI
- Riabilitazione motoria e funzionale mediante fisiochinesiterapia - FKT (vedi sezione dedicata al "Piano
riabilitativo")
- Gestione dell’alimentazione/nutrizione
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La disfagia deve essere sorvegliata attentamente in quanto può determinare perdita ponderale con carenza
proteica e aggravamento del decorso della malattia. La modalità più semplice per il controllo del malato da
questo punto di vista è il controllo del peso corporeo che deve calare solo di poco (ipotrofia muscolare) o
restare stabile, per evitare malnutrizione. È importante comunque la consulenza dietologica fin dall’inizio
della malattia. Il riscontro di calo ponderale significativo (> 5-10%) costituisce indicazione a proporre e
discutere con il paziente il posizionamento di gastrostomia endoscopica percutanea (PEG). La nutrizione
entrale via PEG è in grado di stabilizzare il peso corporeo e il BMI (indice di massa corporea) del paziente,
favorendo così una maggior sopravvivenza, ma dai vari studi non emerge un "timing" esatto per utilizzo di
PEG, sebbene per ridurre i rischi connessi alla procedura è ormai stabilito che l’esecuzione della PEG
debba essere effettuata prima che la capacità vitale forzata (FVC) si riduca al di sotto del 50%. Inoltre la
PEG è indicata alla comparsa di episodi di aspirazione nelle vie aeree per evitare l’instaurarsi di polmonite
ab ingestis, potenzialmente fatale. Altre opportunità sono la gastrostomia percutanea radiologica (PRG o
RIG) e il sondino naso-gastrico. Esistono anche modalità di riabilitazione selettive per la deglutizione. È
ovvio come in tale situazione il gastroenterologo, il dietologo e il logopedista rivestano un ruolo di importanza
capitale.
Un altro intervento sintomatico può essere effettuato in caso di scialorrea, soprattutto se refrattaria a
trattamenti medici (atropina, amitriptilina), per evitare che comporti una polmonite ab ingestis: si può
ricorrere all’iniezione di tossina botulinica a livello parotideo e della ghiandola sottomandibolare oppure ad
un’irradiazione delle ghiandole salivari.
- Gestione dei disturbi respiratori
È fondamentale monitorare nel tempo la funzionalità respiratoria, in modo da poter ricorrere alle
strumentazioni disponibili al momento giusto (tecniche e ausili per la clearance delle vie aeree e ventilazione
meccanica non invasiva - NIV), visto che nella maggior parte dei casi la mortalità dei pazienti con SLA si ha
per complicanze di natura respiratoria. Solitamente il parametro più utilizzato per monitorare la funzionalità
respiratoria è la FVC (capacità vitale funzionale), anche se MIP (pressione massima inspiratoria) e
ossimetria notturna possono essere più efficaci nell’individuare precocemente un’insufficienza respiratoria.
L’utilizzo di NIV prolunga la sopravvivenza del pazienti con SLA e rallenta il declino della FVC, inoltre
comporta un miglioramento della qualità di vita nei pazienti con insufficienza respiratoria.
In caso di fallimento della NIV e impossibilità a gestire le secrezioni nelle vie aeree, si propone la
ventilazione invasiva con esecuzione di tracheotomia. Questo trattamento sanitario comporta il passaggio da
una fase di criticità/instabilità a una fase di "cronicità" e, in assenza di complicanze o comorbidità, può
garantire la vita anche per anni. Tale condizione, nelle fasi più avanzate, è caratterizzata da totale
dipendenza del paziente per le attività di vita e le funzioni di sopravvivenza. La decisione in merito alla
ventilazione invasiva dovrebbe essere maturata all’interno di un percorso specifico di counselling e
accompagnamento rivolto al paziente e ai familiari.
Ricordiamo che i pazienti con SLA e i familiari dovrebbero essere addestrati a strumenti di "cough assist" (o
ausilio della tosse) nel momento in cui le valutazioni (massima pressione espiratoria e picco di flusso della
tosse) dimostrino un deficit del riflesso della tosse. Tale ausilio è utile, eventualmente insieme all’aspiratore
di secrezioni, per gestire le secrezioni orofaringee, nei casi di passaggio di materiale nelle vie respiratorie,
per evitare polmoniti ab ingestis. L’ausilio "cough assist" risulta fondamentale, insieme ad altre tecniche di
fisioterapia respiratoria, per consentire la rimozione delle secrezioni tracheo-bronchiali e ridurre i rischi di
atelectasia polmonare. Viene utilizzato efficacemente anche nella gestione delle secrezioni nei pazienti
tracheostomizzati.
A discrezione dello specialista l’avvio ad un programma di valutazione approfondita della funzionalità
respiratoria durante il sonno.
- Gestione della fonazione/comunicazione
In caso di disartria/anartria si hanno a disposizione una serie di presidi in grado di permettere la
comunicazione ai pazienti: tavole alfabetiche, sistemi computerizzati. È inoltre importante ricordare la
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possibilità di ricorrere nelle prime fasi di malattia ad un logopedista che aiuti il paziente a mantenere il più
possibile le capacità comunicative. I programmi di adattamento/addestramento alla comunicazione facilitata
possono vedere impegnati terapisti occupazionali, logopedisti, fisioterapisti secondo ruoli e competenze.
NOTA: La spasticità può essere ridotta anche mediante somministrazione di farmaci miorilassanti come
baclofene, dantrolene, tizanidina, diazepam (molto utile per i crampi notturni in dose unica serale) o altri
farmaci quali gabapentin (indicato in caso di algie diffuse e mal localizzate di tipo nevralgico).
Il dolore non è solitamente legato al processo patologico ma è più facilmente il risultato dell’immobilità
articolare o di posture anomale. Al fine della sua prevenzione è di massima importanza la FKT. Cicli brevi di
FANS possono essere indicati.
INTERVENTI CHIRURGICI
Tipo di intervento
Non applicabile
Indicazioni
PIANO RIABILITATIVO
Tipo intervento
Fisioterapico, logopedico e di terapia occupazionale
Indicazioni
Riabilitazione motoria e funzionale; attività fisica
personalizzata.
Gestione della disfagia e riabilitazione selettiva per
la deglutizione in collaborazione con gli specialisti
gastroeneterologo e dietologo.
Impostare programmi di adattamento/addestramento alla comunicazione facilitata.
Riabilitazione motoria e funzionale
Fisiochinesi terapia (FKT): sottolineamo, negli stadi iniziali o intermedi della patologia, l’importanza dei
trattamenti fisioterapici moderati personalizzati (non prolungati o con sovrasforzo, non standardizzati), che
possono portare a miglioramenti nella forza muscolare residua e rallentare l’atrofia, minimizzare le
contratture e il dolore che provocano, mantenere la mobilità, ridurre la fatica e incrementare la resistenza,
prevenire l’instaurarsi di comorbidità (accorciamento di tendini o legamenti, osteoporosi, rigidità articolare),
agendo così positivamente sullo stato psicologico del paziente e sulla sua qualità di vita. La fisioterapia può
anche ridurre la spasticità nei pazienti e può essere utile in caso di crampi.
La fisioterapia e un’attività fisica personalizzata, all’interno di un progetto riabilitativo individuale, per una
persona con SLA ha soprattutto l’obiettivo del mantenimento, fin quando possibile, di una gestione del
movimento corporeo nelle attività personali della vita quotidiana; nelle fasi evolutive i programmi riabilitativi
fisioterapici e di terapia occupazionale aiutano paziente e care-giver con educazione e counselling sanitari e
proposte di ausili, ortesi, soluzioni riadattative e alternative-vicarianti, modificazioni strutturali dell’ambiente di
vita. A questo proposito si accenna semplicemente all’utilizzo dell’informatica al domicilio nel miglioramento
della gestione della quotidianità e della partecipazione del paziente (programmi informatici di facilitazione
nelle attività quotidiane/domotica).
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Aspetti assistenziali
Prevista invalidità civile (età adulta)
Prevista indennità integrativa (età pediatrica)
Di vitale importanza per i malati di SLA è sicuramente l’aspetto assistenziale, visti i bisogni e le necessità
che li accompagnano man mano che il quadro clinico evolve. Data la varietà di sintomi che può interessare
tali pazienti, è chiaro che l’intervento assistenziale deve essere ad ampio raggio e vicariare quanto più
possibile le funzioni perse.
Le principali problematiche assistenziali per i pazienti con SLA in fase avanzata (deficit grave e completo)
possono essere riassunte in 3 gruppi:
1. Il livello di qualità della vita e l’impatto psicologico, per pazienti e famiglie, legato alla progressione della
malattia
2. Il livello di sicurezza clinica nelle fasi avanzate, legato all’efficienza e tempestività dei servizi, alla
continuità assistenziale e alla costruzione di un sistema socio-sanitario "in rete", in particolare per persone in
ventilazione meccanica
3. Il costo di gestione della malattia (costi psicologico, sociale, economico)
Per quanto riguarda le disabilità motorie è fondamentale garantire ai pazienti:
- prestazioni mediche specialistiche programmate o dovute ad aggravamento del quadro clinico di base o di
patologie intercorrenti
- prestazioni fisiochinesiterapiche e riabilitative, soprattutto domiciliari per i pazienti con difficoltà negli
spostamenti
- prestazioni di assistenza infermieristica
- fornitura di ausili atti a supportare le capacità funzionali residue
- fornitura di ausili ad alto contenuto tecnologico per garantire continuità di comunicazione
- servizio di trasporto convenzionato/programmato nell’arco delle 24 h in caso di necessità
- educazione e training familiari
- intervento psicologico al paziente e alla sua famiglia
Nei pazienti con coinvolgimento della muscolatura respiratoria, che sviluppano un’insufficienza respiratoria,
è necessario provvedere, in caso di ventilazione non invasiva, a:
- apparecchiature elettromedicali per assistenza respiratoria non invasiva e fornitura di tutto il materiale di
consumo impiegato (ventilatori polmonari, saturimetro, umidificatore riscaldato, maschere nasali/facciali,
bombole di ossigeno, ausili per "cough assist")
- assistenza tecnica per le apparecchiature fornite a domicilio (gestione, manutenzione preventiva e
correttiva) 24 ore su 24
- educazione e training dei familiari in vista di una gestione autonoma a lungo termine del paziente
Se invece i pazienti devono ricorrere alla ventilazione meccanica invasiva, bisogna garantire:
- apparecchiature elettromedicali per assistenza respiratoria invasiva e nutrizionale con fornitura di tutto il
materiale di consumo impiegato (ventilatori polmonari, aspiratori chirurgici, ausli per "cough assist",
saturimetro, umidificatore riscaldato, pallone Ambu, bombola di ossigeno, nebulizzatore, apparecchio per
aerosol, generatore di corrente elettrica autonomo, materasso antidecubito, letto a comando elettrico,
sollevatore elettrico, comunicatore ad alta tecnologia, estintore)
- assistenza tecnica per le apparecchiature fornite a domicilio (gestione, manutenzione preventiva e
correttiva) 24 ore su 24
- educazione e training dei care-giver da avviare durante il ricovero e da mantenere durante la
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domiciliarizzazione del paziente
In generale, per qualsiasi tipo di ventilazione meccanica, dovrà essere fornito periodicamente il materiale di
consumo idoneo e necessario a garantire continuità nel livello di quantità e qualità: sondini di
broncoaspirazione, raccordi aspiratore-sondino, collegamenti catether mount-sondino, tubi, catether mount,
nasini filtranti ed umidificanti, meccanismi anti-rebreething, camere umidificatrici, sacche di acqua distillata
sterile, metalline medicate, fascette reggicannula, filtri antibatterici, raccordi per l’ossigenoterapia, raccordi
per l’erogazione spray, guanti, cannule, controcannule, siringhe, cerotti, asta per flebo con reggiflacone,
deflussori per flebo, cateteri vescicali, buste per la raccolta urine, sonde rettali.
In caso di insorgenza di disfagia, il paziente necessita di una nutrizione entrale domiciliare, per cui bisogna
garantire:
- pompa elettronica di infusione entrale trasportabile
- kit bottone
- miscele nutrizionali personalizzate
- addestramento del paziente e dei familiari
- gestione e manutenzione delle apparecchiature.
Per i pazienti in attesa di posizionamento della PEG è necessario garantire i prodotti nutrizionali integrativi,
addensanti e acqua gelificata per contenere il rischio di malnutrizione e disidratazione.
Gestione dell’igiene e della cura della persona
E’ importante sottolineare questo aspetto, particolarmente delicato e rilevante per la qualità di vita e la
motivazione di paziente e care-giver. L’area di gestione riguarda l’igiene e la cura del corpo, la gestione degli
sfinteri, l’alimentazione, l’abbigliamento, l’organizzazione della giornata, l’igiene del sonno. Soprattutto nelle
situazioni avanzate e complesse la competenza tecnica e relazionale dell’infermiere possono fare la
differenza nella qualità della cura. L’infermiere, con l’aiuto del personale di supporto, progetta un piano
assistenziale che, partendo dai bisogni della persona, interviene trasversalmente su tutte le aree di gestione
della cura.
Gestione area psico-relazionale
Un sostegno psicologico dovrebbe essere fornito a pazienti e familiari che lo richiedano, soprattutto nei
periodi critici (comunicazione diagnosi e progressione di malattia, scelte importanti nel percorso di malattia,
situazioni psicopatologiche di base). Può essere utile anche una forma di supervisione e sostegno d’équipe.
La figura dello psicologo può efficacemente affiancare i clinici nel programma di counselling nel percorso di
malattia e nelle scelte ad alta valenza etica, anche per il discernimento sul livello di "competenza"
decisionale, soprattutto nel sospetto di deficit cognitivo.
Inoltre abbiamo a disposizione farmaci antidepressivi, che possono essere utilizzati con una certa efficacia
per ridurre i sintomi pseudobulbari, come labilità emotiva, riso e pianto spastici. Ricordiamo come spesso i
pazienti, al momento della diagnosi, sviluppino un disturbo depressivo, che quindi si giova della
somministrazione di tali farmaci. A tale scopo risulta utile un supporto fornito da uno psicologo, che permetta
un affronto migliore della patologia.
Area della spiritualità e dell’adattamento esistenziale
Un programma di accompagnamento spirituale (se il paziente lo desidera anche religioso/pastorale),
effettuato da persone formate, che operano in équipe con le altre figure, può avere una grande valenza nella
presa in carico della persona nella sua interezza. Tale approccio può aiutare paziente e familiari
nell’elaborazione di un cammino esistenziale nella condizione di patologia/disabilità e nell’elaborazione del
rapporto con la morte.
Aspetti Legislativi
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Secondo la normativa italiana esiste un elenco ben definito di malattie rare per le quali il Sistema Sanitario
Nazionale riconosce l’esenzione dalla partecipazione al costo delle spese sanitarie. Si tratta delle condizioni
presenti nell’elenco allegato 1 al D.M. 279/2001, dove è inserita anche la SLA (codice di esenzione:
RF0100).
Tutte le patologie presenti nel Registro Regionale fanno riferimento al Regolamento di istituzione della rete
nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie (G.U. n.
160 del 12-7-2001- Supplemento Ordinario n.180/L).
Ricordiamo come i pazienti affetti da SLA abbiano diritto anche a:
- fornitura di farmaci ospedalieri
- riconoscimento dell’invalidità civile e benefici correlati e riconoscimento Legge 104/1992
- assegno di accompagnamento
- riconoscimento dell’inabilità lavorativa
- superamento delle barriere architettoniche nel domicilio e nel posto di lavoro
- contributo economico dedicato alle famiglie SLA (circolare n.16 del 18/09/2008 - attuazione della DGR
06/08/2008 n. 7915
NOTA
Per gli aspetti comuni a tutte le malattie rare consulta il documento: ''Tutele sociali per i pazienti affetti da
malattia rara''.
Monitoraggio
ELENCO DEGLI ESAMI/VISITE DA PROPORRE AL PAZIENTE DURANTE IL FOLLOW-UP CLINICO
Riteniamo che il percorso migliore che permetta di seguire con costanza e meticolosità i pazienti affetti da
SLA, debba prevedere, una volta accertata la diagnosi, visite ambulatoriali con cadenza ogni 1-3 mesi (da
valutare poi per ogni singolo paziente) in modo da:
- avere un controllo del quadro clinico del paziente con una frequenza adeguata
- dare la possibilità al paziente di segnalare le problematiche che sorgono nell’affronto della patologia
- organizzare con tempismo le visite con altri specialisti coinvolti per la gestione dei vari aspetti della
patologia
Ad ogni visita ambulatoriale, ricovero in regime di Day Hospital o degenza, verrà eseguito esame
neurologico completo, compilazione della scala funzionale [Amyotrofic Lateral Sclerosis Rating Scale
revised o ALSFRS-r, (Appendice I)], sorveglianza ed eventuali provvedimenti adeguati per disfagia (con
eventuale esecuzione di video fluoroscopia, indagine elettrofisiologica della deglutizione - FEES) e
alimentazione (con eventuale visita dietologica), problemi di comunicazione (con eventuale indicazione per
la logopedia e per l’uso di ausili), funzionalità respiratoria (con eventuale spirometria e prove di funzionalità
respiratoria, ossimetria notturna, emogasanalisi, determinazione di emocromo, elettroliti).
Tale ambulatorio dedicato (malattie neuromuscolari) deve fare da centro di coordinamento per tutti gli
interventi specialistici, medici, infermieristici, riabilitativi, socio-assistenziali necessari per l’adeguata presa in
carico dei malati e raccordarsi al territorio (dimissioni protette, percorsi di accesso ospedaliero dedicato,
gestione ospedale-territorio di casi di fragilità sociale, contributo alla gestione di monitoraggio specialistico
domiciliare nelle fasi avanzate di malattia).
Aspetti critici
È opportuno costruire quindi una rete multidisciplinare che abbracci più branche della medicina, che siano in
grado di cooperare nella gestione di una patologia come la SLA che colpisce a diversi livelli la persona
affetta. Bisogna abbandonare l’idea che la SLA sia una patologia la cui presa in carico assistenziale sia
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limitata all’ambito neurologico, ma iniziare ad affrontarla nella sua complessità, proprio per garantire ai
pazienti un supporto sotto tutti i punti di vista. Solo in tal modo, ponendo i bisogni e le necessità dei pazienti
al centro del progetto di cura, si possono raggiungere importanti miglioramenti in grado di incidere
positivamente sulla qualità di vita del malato.
Riteniamo che sia fondamentale creare un network a livello regionale, ma che sia ugualmente importante
assicurare un network clinico specialistico polifunzionante a livello provinciale, in modo da dare al paziente
punti di riferimento il più possibile a lui vicini.
Costituendo una rete ampia e funzionale sarà possibile affrontare e risolvere i problemi connessi ad una
patologia così complessa.
Elenco degli specialisti da coinvolgere
Le figure specialistiche che possono essere coinvolte per improntare un approccio multidisciplinare alla SLA
sono:
- fisiatra
- gastroenterologo
- pneumologo
- genetista
- otorinolaringoiatra
- rianimatore
- psicologo
- dietologo nutrizionista
- fisioterapista
- logopedista
- terapista occupazionale
- infermiere
- assistente sociale e spirituale
- consulente etico
e per il raccordo col territorio:
- medico di medicina generale
- medico, infermiere, assistente sociale del distretto ASL
- agenzie pattanti per l’erogazione dell'assistenza domiciliare integrata (ADI)
- medici e personale delle RSA con possibilità di gestire la cura di pazienti ad elevata complessità
assistenziale
- hospice e rete cure palliative
- associazioni di pazienti-volontariato (Terzo Settore)
- aziende per apparecchiature elettromedicali e servizi
- 118 emergenza/urgenza
Il gruppo coordinatore deve adoperarsi perché siano gestite con appropriatezza e tutela le fasi critiche nei
pazienti complessi/instabili clinicamente e/o con disabilità e/o a rischio per fragilità psicologica, familiare,
sociale, per impossibilità di comunicazione adeguata. Tra le fasi critiche si riconoscono: i trasporti, le
dimissioni dall’ospedale (soprattutto con dipendenza da ventilazione/nutrizione artificiale), i ricoveri in reparti
poco o non attrezzati per pazienti con alto grado di disabilità e dipendenza da ventilatore.
Alla luce di quanto esposto si ritiene utile porre la debita attenzione ai seguenti punti:
1. Superare una logica di lavoro per prestazioni e puntare sulla gestione per obiettivi comuni in base ai
bisogni dei pazienti.
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2. Stabilire dei livelli di complessità-disabilità-bisogno assistenziale, al fine di articolare progetti
personalizzati di cura realmente rispondenti alle necessità e condivisi con pazienti, familiari, care-giver. A
riguardo, oltre al già citato documento della Consulta Ministeriale sulle malattie neuromuscolari, riferimento
importante e autorevole è l’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF-WHO),
strumento essenziale per un approccio riabilitativo, palliativo e sociale nell’ottica del modello bio-psicosociale.
3. Elaborare raccomandazioni/linee guida per l’organizzazione della gestione integrata ospedali/case di cura
e territorio. E' auspicabile che ci siano figure di riferimento che collaborano nei vari punti della rete e
protocolli operativi condivisi tra organizzazioni sanitarie, sociali e rappresentanti dei pazienti-cittadini.
4. Coinvolgere i responsabili di risk management e direzioni sanitarie delle strutture di ricovero e territoriali,
per puntare a una riduzione del rischio clinico nella gestione dei pazienti critici.
5. Progettare percorsi di accompagnamento, counselling e tutela nelle situazioni di criticità etica (ad esempio
scelte terapeutiche come la tracheotomia o altre decisioni in situazioni a breve aspettativa di vita).
Per quanto attiene ai percorsi integrati ospedale-territorio e alla gestione dei percorsi riabilitativi e
assistenziali dei pazienti affetti da SLA, si rimanda ai documenti della Consulta Ministeriale sulle malattie
neuromuscolari (in Appendice II) e disponibili al seguente indirizzo web:
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1278_allegato.pdf
INDICI DI OUTCOME
Outcome clinico: 1. sopravvivenza 2. attuazione di gastrostomia 3. attuazione di tracheotomia
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Appendice I
AMYOTROFIC LATERAL SCLEROSIS RATING SCALE-revised (ALSFRS-r)
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Appendice II
CONSULTA MINISTERIALE SULLE MALATTIE NEUROMUSCOLARI (D.M. 07/02/2009)
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Il presente documento è stato prodotto nell'ambito del progetto: Sviluppi della rete
regionale per le malattie rare in Lombardia - d.g.r. n.VII-9459 del 20/05/2009
Redazione a cura degli specialisti dei Presidi di Rete
Contenuti aggiornati a Dicembre 2010
Per l'elenco completo dei partecipanti al progetto consulta il documento
''Composizione del gruppo di lavoro''
Per ulteriori informazioni:
Web: http://malattierare.marionegri.it - E-mail: [email protected]
Telefono: 035-4535304 - Fax: 035-4535373
Riferimenti bibliografici
I contenuti del presente documento possono essere utilizzati citando la fonte originale:
Percorso Diagnostico, Terapeutico e Assistenziale (PDTA) relativo a:
SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA e SCLEROSI LATERALE PRIMARIA - codice esenzione
RF0100 - RF0110
A cura degli specialisti della Rete Regionale per le Malattie Rare - Lombardia
Contenuti aggiornati a Dicembre 2010
http://malattierare.marionegri.it/content/view/111/107
Stampato il: 23/06/2015
Rete regionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi, la terapia delle
malattie rare ai sensi del d.m. 18 maggio 2001, n. 279
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