Modulo 3

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Le forme in parte descritte nel presente modulo e riportate nella slide rientrano nella
grande categoria della rinite non allergica (NAR), di cui sono noti nove sottotipi diversi
tra cui anche la rinite infettiva e quella occupazionale, già affrontate nei moduli
precedenti.
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L'incidenza della NAR varia da uno studio all’altro. Quasi tutte le pubblicazioni sono
del Nord America ed europee, ragion per cui non è chiaro se l'incidenza o la
distribuzione per età e sesso sia identica in altre parti del mondo.
In un’indagine americana su pazienti rinitici la forma allergica rappresentava il 43%, la
non allergica il 23% e le forme miste (patologia con elementi della rinite allergica e
non allergica) il 34%: da questo dato si può evincere che almeno il 57% dei pazienti
con rinite devono i propri disturbi a meccanismi non allergici.
Dati analoghi sono emersi dagli studi europei, in cui circa 1 paziente su 4 che
lamentano sintomi nasali è affetto da NAR pura.
Stime recenti suggeriscano che ne soffrano 50 milioni di europei, 60 milioni di
americani e 200 milioni di individui complessivi in tutto il mondo.
La NAR tende ad avere esordio adulto, con un’età tipica di presentazione tra i 30 ei 60
anni.
In alcune tipologie di NAR una volta che i sintomi sono comparsi si mantengono per
tutta la vita.
Se la NAR interessa un bambino è probabile che sia di natura anatomica e cioè
causata da ipertrofia di adenoidi o turbinati.
Nella popolazione adulta la maggior parte degli studi riporta una netta prevalenza
femminile, con stime comprese tra il 58% e il 71%.
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Viene detta anche rinite medicamentosa o indotta da farmaci in quanto la causa più comune
è un uso eccessivo di principi farmacologici, per lo più decongestionanti nasali topici.
Quando impiegati per breve tempo (meno di 3-5 giorni consecutivi) essi offrono un notevole
sollievo, riducendo la congestione nasale.
L’uso cronico, invece, può determinare perdita di efficacia e il cosiddetto fenomeno rebound:
il meccanismo non è del tutto chiaro ma si ritiene che i fattori responsabili siano l’ipossia
ricorrente a carico dei tessuti nasali e un feedback neurale negativo mediato dai recettori alfa
2-adrenergici.
Talvolta la rinite medicamentosa è la complicanza di una NAR, trattata per l’appunto con
decongestionanti.
A tale riguardo va ricordato che l’impiego di principi attivi a durata d’azione più protratta,
come per esempio l’ossimetazolina (emivita circa 12 ore), consente di coniugare il vantaggio
dell’efficacia vasocostrittrice alla riduzione della frequenza di impiego e quindi del rischio di
assuefazione e di effetto rebound.
Altri farmaci possono determinare rinite medicamentosa: antipertensivi (tra cui betabloccanti, ACE-inibitori, reserpina, guanetidina, calcio-antagonisti), metildopa,
cloropromazina, acido acetilsalicilico e antinfiammatori non steroidei (in particolare negli
individui con poliposi nasale).
I contraccettivi orali possono determinare congestione nasale in alcune donne e perfino
alcuni colliri possono indurre rinite a fronte del passaggio attraverso il condotto
nasolacrimale.
La rinite medicamentosa viene trattata solitamente con corticosteroidi topici nasali e/o
corticosteroidi orali.
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La mucosa nasale può risentire di sbalzi ormonali che si verificano durante la pubertà,
il ciclo mestruale, la gravidanza o in concomitanza di endocrinopatie, quale
l’ipertiroidismo.
La rinite in gravidanza, in particolare, è molto frequente, interessando dal 20% al 30%
delle gravidanze, in particolare nell’ultimo trimestre.
Di solito si risolve spontaneamente entro 2 settimane dal parto.
È stata osservata una correlazione con la presenza di livelli plasmatici più elevati di
ormone della crescita e si ritiene che la rinite di gravidanza rispecchi la congestione
delle mucose riscontrate nell'ultimo trimestre a seguito della stimolazione da parte
del progesterone.
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La deviazione del setto nasale e l’ipertrofia dei turbinati o delle adenoidi sono le
cause più comuni di rinite da cause anatomiche, responsabili di ostruzione meccanica
al flusso d’aria.
Sono scarsamente sensibili ai farmaci e richiedono il più delle volte un approccio
chirurgico
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Benché si tratti di un intervento comune, al pari della tonsillectomia, le indicazioni
all’adenoidectomia rimangono controverse e spesso valutate e gestite dal singolo
chirurgo o dalla sua scuola di appartenenza.
La tonsillectomia viene effettuate il più delle volte nei bambini che presentano
sindrome da apnea ostruttiva nel sonno (OSAS) e infezioni ricorrenti della gola,
mentre l’indicazione principale dell’adenoidectomia è l’ipertrofia adenoidea, con
ostruzione conseguente delle vie aeree superiori.
I bambini con ipertrofia adenoidea o adenotonsillare presentano spesso ostruzione
delle vie aeree responsabile di disturbi del sonno che variano dal russamento
primario all’apnea.
L’ipertrofia adenotonsillare può inoltre provocare altri disturbi, come la voce nasale,
l’ostruzione nasale, la tipica facies adenoidea, con alterazione del massiccio faciale e
del palato, e la respirazione con la bocca.
Oltre alla rinite, inoltre, i bambini con infezioni adenotonsillari possono manifestare
febbre, mal di gola, dolenzia dei linfonodi cervicali, cefalea, dolore addominale, alitosi
e disfagia.
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La rinite senile è per lo più associata a rinorrea persistente peggiorata dall’assunzione
di alimenti o dall’esposizione a fattori ambientali irritanti.
È tuttavia fondamentale verificare l’assenza di recenti traumi a carico del massiccio
faciale in quanto la rinorrea potrebbe essere in realtà scolo di liquido
cefalorachidiano (liquorrea) a seguito di una lesione della teca cranica.
La rinite atrofica, invece, è caratterizzata da progressiva atrofia delle ghiandole
mucipare e sclerosi dei vasi sanguigni, con riduzione significativa delle secrezioni
mucose; spesso si accompagna ad anosmia (impossibilità di percepire gli odori) ed
epistassi.
Un elemento tipico della rinite atrofica è l’aumento eccessivo della dimensione delle
fosse nasali.
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Il trattamento farmacologico, ove indicato, è specifico per ciascuna forma di NAR.
Oltre ai corticosteroidi topici vanno ricordati gli antistaminici, gli anticolinergici e i
decongestionanti.
Gli antistaminici di prima generazione possono ridurre la rinorrea attraverso
un’azione anticolinergica, di cui sono invece privi quelli di seconda generazione non
sedativi, che non sono pertanto di alcun beneficio per la NAR, al pari di quelli
somministrati per via orale.
Per contro sono molto efficaci gli antistaminici intranasali, il cui effetto è mediato non
soltanto dal blocco dei recettori dell'istamina ma anche probabilmente dall’azione
antinfiammatoria a livello di inibizione di citochine proinfiammatorie, leucotrieni,
molecole di adesione e della degranulazione mastocitaria.
Ipratropio bromuro è un potente anticolinergico intranasale utile nel trattamento
della rinorrea nella NAR in adulti e bambini.
Gli anticoligergici intranasali agiscono infatti sulle varianti di NAR con rinorrea, come
la rinite dello sciatore (rinite da freddo), la rinite gustativa e quella senile.
L’efficacia può essere potenziata con l’associazione ai corticosteroidi topici.
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I decongestionanti sono molto efficaci in presenza di rinorrea, ma devono essere
impiegati nel rispetto di alcune precauzioni.
Innanzitutto è opportuno verificare che il paziente non stia assumendo farmaci in
grado di dare luogo a interazioni e non soffra di ipertensione, aritmie cardiache,
ipertiroidismo, diabete o glaucoma.
Nelle donne in allattamento il farmaco più sicuro sembra la pseudoefedrina, in
quanto si ritrova nel latte materno a concentrazioni molto basse.
I preparati in gocce vanno introdotti nella narice mantenendo la testa ben reclinata
all'indietro e, se possibile, dopo aver soffiato delicatamente il naso.
Dopo aver instillato il quantitativo necessario, è bene che il capo rimanga all’indietro
per qualche minuto, per favorire il contatto della soluzione con la mucosa nasale.
È opportuno evitare il contatto del contagocce (o del beccuccio, nel caso di un
preparato spray) con la mucosa del naso, per evitare la contaminazione, fermo
restando che è bene che il prodotto sia di uso personale e non condiviso.
L'uso del farmaco deve limitarsi al tempo strettamente necessario per controllare i
sintomi, in genere non più di 3-4 giorni, alla dose di 1 goccia o uno spruzzo per narice,
3-4 volte al giorno.
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