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Gli obiettivi del quinto modulo possono essere così riassunti:
Illustrare i principi del trattamento delle riniti acute virali e della rinite allergica
Definire gli aspetti farmacologici delle principali classi di molecole impiegate
Descrivere le caratteristiche dei principali decongestionanti, prospettandone razionale e
opportune precauzioni di impiego
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Le varie forme di rinite acuta si avvalgono di un approccio specifico che, ove possibile, è mirato
alla causa e in ogni caso al sollievo dei sintomi, che si possono riassumere sommariamente nella
triade congestione, rinorrea e ostruzione.
Questo modulo descrive le principali strategie terapeutiche per le forme di rinite fin qui descritte e
propone un approfondimento sui decongestionanti.
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I cortisonici esplicano un effetto antiflogistico estremamente utile a ridurre l’impatto del
raffreddore.
I cortisonici possono essere usati sia per via topica o inalatoria, sia per via sistemica.
I corticosteroidi sistemici possono essere usati anche all’inizio di un trattamento con
corticosteroidi spray, al fine di ridurre l’edema e permettere allo spray di penetrare efficacemente
nella cavità nasale. Questa classe di farmaci dovrebbe essere presa in considerazione se sono
presenti infezioni nasali attive e subito dopo un intervento chirurgico.
Il rischio di effetti sistemici è maggiore con gocce nasali rispetto a preparazioni spray, anche a
causa degli errori di somministrazione più comuni con queste formulazioni.
Particolare attenzione va riservata ai bambini, in considerazione degli effetti negativi che le
terapie prolungate possono indurre sull’accrescimento.
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Gli antistaminici vengono impiegati per lo più nelle forme di natura allergica.
Il loro effetto si traduce nella riduzione della secrezione mucosa, a cui il rilascio di istamina dà un
notevole contributo, ma è opportuno prestare attenzione alla molecola: gli antistaminici di prima
generazione danno sonnolenza e richiedono perciò cautela.
È quindi particolarmente importante raccomandare al paziente di non utilizzare questi farmaci
prima di mettersi alla guida di autoveicoli o in caso si debba svolgere un lavoro che comporti l’uso
di macchinari che possono provocare danni a se stessi o agli altri.
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L’istamina agisce in vari distretti: a livello della muscolatura liscia dei vasi sanguigni determina
vasocostrizione delle grandi arterie, mentre nel circolo periferico promuove vasodilatazione locale
delle arteriole e aumento della permeabilità di capillari e dei vasi post-capillari, permettendo un
maggiore afflusso di globuli bianchi nella sede di infiammazione.
Sulla muscolatura liscia bronchiale l’istamina provoca broncocostrizione, fino a determinare
fenomeni asmatici, anche in conseguenza di un’azione sul sistema nervoso centrale, che
favorisce la riduzione della produzione del muco e determina un effetto antitosse.
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I decongestionanti sono vasocostrittori ad azione locale.
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Esempi di antisettici sono i sali d’argento colloidale o alcuni balsamici quali eucaliptolo, gomenolo
e mentolo.
L’argento proteinato è un antisettico per le cavità nasali di impiego storico anche nei bambini al di
sotto di un anno, nei quali è consigliata la soluzione allo 0,5%. È tuttavia opportuno rimuovere
prontamente l’eventuale eccesso di prodotto che fuoriesce dalle cavità nasali per evitare
arrossamenti locali.
Questi preparati sono indicati nelle forme croniche catarrali e mucopurulente.
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Gli antiflogistici e gli antipiretici sono utili rispettivamente in caso di rapida estensione del
raffreddore ai distretti vicini (faringe, orecchio), con conseguente peggioramento della
sintomatologia, e nell’eventualità della comparsa di febbre.
Va ricordato che l’acido acetilsalicilico, somministrato ai bambini al di sotto dei 12 anni in
occasione di malattie virali, può determinare la sindrome di Reye, una patologia a carico del
sistema nervoso centrale i cui sintomi sono perdita della memoria, disorientamento temporospaziale, torpore e disturbi epatici gravi e talvolta fatali.
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Nella rinite allergica stagionale la terapia dovrebbe essere intrapresa da 2 a 3 settimane prima
del periodo a rischio e andrebbe proseguita per alcuni mesi, mentre un trattamento continuo può
essere necessario per anni nelle forme perenni.
Al di là dell’educazione del paziente alla gestione della malattia, la terapia causale, una volta
individuato l’agente responsabile della patologia, si effettua mediante la somministrazione di
preparati contenenti gli allergeni in dosi progressivamente crescenti (terapia iposensibilizzante
specifica), onde ridurre la carica antigenica e modificare la sensibilità del paziente.
L’immunoterapia tradizionale eseguita con i vaccini sottocutanei per via iniettiva è stata quasi
completamente sostituita dalle vie alternative di somministrazione del vaccino: quella
sublinguale/orale e, in particolare nelle forme naso-sinusali, quella nasale sotto forma di spray.
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Per la terapia sintomatica i primi farmaci da prendere in considerazione sono gli antistaminici e i
cortisonici che, quando impiegati in maniera tempestiva e continuativamente, migliorano
decisamente la sintomatologia.
Si ottengono buoni risultati anche con il chetotifene per via orale, in grado di impedire la
degranulazione dei mastociti.
Recentemente è stato raccomandato l’uso di un antileucotrienico, montelukast, al dosaggio di 10
mg per il trattamento della rinite allergica, in quei soggetti nei quali il farmaco sia indicato per
l’asma.
Localmente sono di grande utilità, come già ricordato, i cortisonici in spray o in gocce, il sodio
cromoglicato (spesso di prima scelta nei bambini e nelle donne in gravidanza) per uso topico e,
per brevi periodi, i vasocostrittori.
La rinite allergica è talora accompagnata da rinite vasomotoria. In questi casi l’aggiunta di
ipratropio bromuro può ridurre la rinorrea acquosa.
Quando l’ostruzione nasale diviene perenne per l’iperplasia del connettivo dei turbinati o per la
presenza di polipi etmoidali occupanti le fosse nasali, l’unica terapia possibile è quella chirurgica.
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I decongestionanti nasali sono sostanze che, ingerite o applicate localmente sulla mucosa
nasale, provocano una vasocostrizione che riduce l’edema infiammatorio. In questo modo,
aumentando lo spazio di transito per l’aria, si migliora la respirazione.
Come accennato non dovrebbero essere impiegati al di sotto dei 12 anni (nei bambini al di sotto
dei due anni è preferibile utilizzare prodotti a base di soluzione fisiologica o salina che riducono la
secchezza e la flogosi della mucosa) e da chi svolge attività sportive, in quanto contengono
sostanze vietate per doping.
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La tabella in alto riporta i decongestionanti in commercio in Italia con unico principio attivo.
L’orientamento deve tenere conto delle caratteristiche delle singole molecole, ai quali si correlano
la posologia (frequenza di somministrazioni) e l’eventuale insorgenza di effetti indesiderati.
Sono anche disponibili preparati decongestionanti in associazione, riportati nella tabella in basso.
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Sono disponibili anche preparati che possono essere assunti per via orale e hanno le stesse
indicazioni di quelli nasali.
Spesso essi sono presentati in associazione con antifebbrili, quale paracetamolo, e antistaminici.
Possono essere applicati sia sotto forma di spray o nebulizzatori nasali, sia sotto forma di gocce
da instillazione, in funzione del contesto, della praticità e delle preferenze del paziente.
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Le molecole più conosciute fra i decongestionanti per uso topico sono sicuramente nafazolina,
xilometazolina, tramazolina, ossimetazolina, efedrina e pseudoefedrina.
Le prime quattro presentano un profilo di efficacia e di rapidità d’azione pressoché
sovrapponibile, ma i loro effetti collaterali e la loro emivita sono profondamente diversi.
Quest’ultima, in particolare, oscilla dalle 4 ore di nafazolina alle 12 di ossimetazolina.
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È evidente che, quanto più l’emivita è protratta, tanto più si ritrovano concentrazioni adeguate di
principio attivo nel sangue e si prolunga l’effetto del farmaco, con una riduzione del numero di
somministrazioni giornaliere e della probabilità di assuefazione, nonché di irritazione meccanica,
oltre che chimica, detta rinite medicamentosa e caratterizzata dalla presenza di edema cronico
della mucosa.
Ossimetazolina, con la sua emivita di 12 ore, offre pertanto un vantaggio.
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A ulteriore conferma di quanto sin qui affermato, questo diagramma pone a confronto la durata
d’azione di vari decongestionanti.
Come si può notare, ossimetazolina è la molecola a più lunga durata d’azione. Il suo
assorbimento sistemico è pressoché nullo in relazione alle bassi dosi somministrate e la sua
azione vasocostrittrice insorge già a distanza di 10 minuti, protraendosi per 6-8 ore.
Ossimetazolina è metabolizzata dalle monoaminossidasi, poi coniugata e inattivata a livello
epatico, e, quindi, escreta quasi completamente per via renale, sotto forma di metaboliti, e, solo
in minima parte, immodificata.
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Per quello che riguarda l’uso dei preparati in gocce, occorre ricordare al paziente che queste
vanno introdotte nella narice mantenendo la testa ben reclinata all’indietro e, se possibile, dopo
un’accurata pulizia del naso, ottenuta soffiandolo con delicatezza.
Dopo aver instillato il quantitativo necessario, è bene mantenere il capo appoggiato all’indietro
per qualche minuto, in modo che la soluzione giunga a contatto con la mucosa nasale e vi
rimanga il più a lungo possibile. Durante questa operazione è importante che il contagocce non
venga in contatto con la mucosa del naso, per evitare il rischio di inquinamento del medicinale
contenuto nella boccetta.
Infine, per non trasmettere l’infezione agli altri membri della famiglia, è bene che il contagocce
non sia condiviso. Se, invece, si utilizza uno spray nasale, si deve far inalare attraverso una
narice, mantenendo chiusa l’altra.
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Anche se si tratta di prodotti per uso topico il cui assorbimento è sicuramente ridotto, occorre
chiedere sempre al paziente se stia assumendo farmaci e, se sì, quali, onde evitare il rischio di
interazioni nonché, se soffre di ipertensione, di aritmie cardiache, ipertiroidismo, diabete o
glaucoma.
Alle donne è opportuno chiedere se sono in stato di gravidanza: sebbene non esistano studi sulla
teratogenesi associata all’uso di questi farmaci, sono stati segnalati due casi di malformazioni
degli arti in neonati esposti in utero a queste sostanze.
Durante l’allattamento il farmaco più sicuro sembrerebbe essere pseudoefedrina, in quanto passa
nel latte materno a concentrazioni molto basse.
L’uso del farmaco deve limitarsi al tempo strettamente necessario per controllare i sintomi, in
genere non più di 3-4 giorni, alla dose di una goccia o uno spruzzo per narice, 3-4 volte al giorno.
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Questa tabella riporta le principali interazioni dei decongestionanti con gli altri farmaci.
Come si può osservare sono particolarmente temuti i possibili effetti ipertensivi, più probabili in
pazienti già in trattamento con antidepressivi, beta-bloccanti, digitalici e antiparkinsoniani.
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