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D.D.A.I.
DEFINIZIONE:
<<DISTURBO EVOLUTIVO DELL’AUTOCONTROLLO DOVUTO AD UNA PATOLOGIA
NEUROPSICOLOGICA CRONICA CON CAUSA INNATA DI TIPO NEURO-BIOLOGICO E
FREQUENTE COMPONENTE EREDITARIA, AD ESORDIO IN ETÀ EVOLUTIVA E PICCO IN ETÀ
SCOLARE, CARATTERIZZATA DA UN’ALTERATA ELABORAZIONE DELLE RISPOSTE AGLI
STIMOLI AMBIENTALI ED EVIDENZIATA DA INATTENZIONE, IMPULSIVITÀ E IPERATTIVITÀ
MOTORIA; LA GRAVITA’ DEI SINTOMI DIPENDE DALLA QUALITÀ DELL’INTEGRAZIONE
SOCIALE>>
o
o
o
o
o
Il DDAI, quindi, si definisce (CFR. ALLEGATO 1)
nel confronto con i coetanei: modalità adattive sensibilmente e frequentemente inadeguate
rispetto allo stadio di sviluppo raggiunto,
per l’epoca di insorgenza: esordio precoce (verso i 3 anni),
per la pervasività: evidenza in differenti contesti di vita (casa/scuola/lavoro),
per l’aspetto significativamente invalidante nella vita sociale e, quindi, anche scolastica, per
difficoltà di adattamento, comportamenti oppositivo-provocatori, reazioni violente e rabbiose,
ecc.,
per la permanenza (per giungere alla diagnosi si deve compiere un’osservazione dei sintomi
per almeno per 6 mesi) anche nell’adolescenza e in età adulta; non si tratta di una fase
transitoria di eccessiva vivacità ma di un disturbo definitivo, di un deficit che per definizione è
stabile, da cui non si può avere remissione ma un’evoluzione, un “cambio di espressività”; se
in presenza di condizioni favorevoli, si può manifestare un certo recupero con una riduzione dei
sintomi fino al 60 %, in assenza di queste condizioni, il disturbo può facilmente degenerare in
patologia psichiatrica e/o disagio sociale.
la DIAGNOSI è di tipo descrittivo: avviene cioè attraverso l’osservazione delle manifestazioni
comportamentali e la somministrazione di questionari e interviste diagnostiche raccolte da varie fonti e
si stabilisce a partire dalla compresenza dei SINTOMI PRINCIPALI: almeno 6 sintomi di
disattenzione o 6 sintomi di iperattività/impulsività tra i 18 individuati (vedi seguito) diversamente
combinabili tra loro quindi capaci di caratterizzare differentemente il disturbo:
DISATTENZIONE = compromissione della capacità attentiva/scarsa attenzione mantenuta/precoce
distraibilità e affaticamento;
IMPULSIVITÀ = inadeguato controllo degli impulsi e difficoltà nel posticipare una gratificazione;
IPERATTIVITÀ = attività eccessiva, incontenibile e irrilevante rispetto al compito principale;
a queste manifestazioni principali, inoltre, si associano SINTOMI SECONDARI:
o scarso rendimento scolastico (Q.I. nella norma ma apprendimento disturbato/inadeguato),
o problemi comportamentali (aggressività fisica e/o verbale),
o scarsa autostima,
o scarsa autoregolazione emotiva,
o difficoltà relazionali con i coetanei.
In base alla combinazione delle caratteristiche si hanno tre sottotipi (vedi seguito: classificazione
DSM).
È inoltre necessaria una DIAGNOSI DIFFERENZIALE rispetto ad altre patologie con sintomi simili
o associate (comorbità in circa i 2/3 dei casi).
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A.D.H.D.
ATTENTION DEFICIT HYPERACTIVITY
DISORDER
Classificazione secondo il DSM.IV che, formulato dall’Associazione americana degli Psichiatri, è assunta dal Registro nazionale
dell’I.I.S.
Il DSM.IV per definire un disturbo tiene conto
della presenza/frequenza di un certo numero di
sintomi e dà una diagnosi descrittiva.
Tra le Sindromi e disturbi comportamentali ed
emozionali con esordio infantile/adolescenziale
si distinguono tre sottotipi di ADHD in base alla prevalenza/combinazione dei 3 sintomi caratteristici:
314.00: ADHD predominantly inattentive type
(sottotipo disattento: sognanti, ansiosi, timidi, socialmente
ritardati, passivi, distraibili; deficit dell’elaborazione dell’informazione e
difficoltà di apprendimento scolastico)
che corrisponde a
314.01: ADHD predominantly hyperactive/impulsive type (sottotipo iperattivo-impulsivo:
evidenzia soprattutto difficoltà relazioni e di adattamento sociale, oppositivi, con scarsa capacità di controllo, elevata velocità nella
focalizzazione degli stimoli ma scarsa precisione ed efficacia attentava,
aggressivi quindi a rischio di disturbo oppositivo-provocatorio o della
condotta)
che corrisponde a
314.01: ADHD combined type
(sottotipo misto) che corrisponde a
314.9: ADHD N.O.S. (non altrimenti specificato);
D.D.A.I.
DISTURBO DA DEFICIT ATTENTIVO CON
IPERATTIVITA’
Classificazione secondo l’ICD.10 dell’O.M.S.
che propone un’analisi multiassiale a 5 livelli:
- psichiatrico,
- alterazione dello sviluppo psicologico,
- ritardo mentale,
- condizioni organiche,
- condizioni socio-ambientali.
All’interno del Cap. V: Disturbi psichiatrici e comportamentali (F.00F.99), si precisa
la specificazione d’asse F.90-F.98: Disturbi
comportamentali e della sfera emozionale con
esordio abituale nell’infanzia e nell’adolescenza ovvero Disturbi neuro-psichiatrici in età evolutiva all’interno della quale vengono individuati:
F.90 disturbi ipercinetici, tra cui:
F.90.0: disturbo combinato di disattenzione e
iperattività;
F.90.1: disturbo ipercinetico della condotta (o
disturbo della condotta con sintomi ipercinetici);
F.91: disturbi della condotta
F.92: disturbi misti della condotta e della sfera emozionale
F.93: disturbi della sfera emozionale con esordio caratteristico
nell’infanzia
F.94: disturbo del funzionamento sociale con esordio specifico
nell’adolescenza e nell’infanzia
F.95: disturbi a tic
viceversa viene definito separatamente il disturbo della condotta in comorbità.
F.98 altri disturbi comportamentali e della
sfera emozionale con esordio abituale nella
infanzia e nell’adolescenza, tra cui:
F.98.8: deficit attentivo.
Secondo il DSM IV i bambini in età scolare con
DDAI sono il 3/5%;
La frequenza, in base a varie rilevazioni epidemiologiche in Italia, oscilla tra 1% e 4%.
La classificazione ICD.10, più restrittiva, conduce ad una definizione di casi più puri, più
gravi, meno frequenti (1-2% circa).
Agosto 2007: Vigenti ACCORDI DI PROGRAMMA
per gli alunni disabili della Provincia di Ferrara (ex-LEGGE 104/92)
(CFR. ALLEGATO 2)
Le categorie diagnostiche riferibili all’ambito del DDAI che danno diritto all’insegn. di sost. sono:

Sindromi ipercinetiche (F.90.0, F.90.8, F.90.9 con griglia del grado di compromissione;
solo alla primaria e secondaria di 1° grado);

disturbo ipercinetico della condotta e disturbi della condotta (F.90.1, F.91.3, F.91.8,
F.91.9, F.92.0, F.92.8, F.92.9 con associata griglia di compromissione).
3
INCIDENZA: le stime indicano che il DDAI interessa da 1% fino a 5-7% della popolazione scolastica, con un rapporto maschi/femmine di 4/1 nella popolazione generale e di 9/1 nella popolazione
clinica; nelle bambine è spesso diagnosticata in un’età successiva a quella dei maschi.
ORIGINE (eziologia):
DISTURBO TRANSAZIONALE OVVERO DOVUTO AL SOMMARSI DI
o CAUSE INNATE che configurano il personale, specifico funzionamento cognitivo:
il DDAI sembra avere, oltre a forti caratteristiche ereditarie, una componente biologica innata
e, in particolare, tra i fattori genetici responsabili ci sarebbe l’alterato funzionamento –legato alla
presenza insufficiente- di neurotrasmettitori cerebrali (dopamina e noradrenalina) che
rallenterebbero la trasmissione dei messaggi intercellulari; i farmaci prescritti in caso di DDAI (cfr.
terapia farmacologia), quindi, contribuirebbero a regolarne correttamente la presenza, portando ad
una riduzione della gravità dei sintomi nel 50/75% dei casi;
si stanno inoltre indagando altri POSSIBILI FATTORI DI RISCHIO:
storia perinatale (basso peso alla nascita, parto prolungato, basso punteggio di Apgar, sofferenza
natale) che potrebbero causare una minimal brain dysfunction;
presenza di specifici assetti di temperamento: bambini ipertimici (=esuberanti), particolarmente
disinibiti oppure bambini con inibizione comportamentale alle novità;
o E CAUSE AMBIENTALI:
è inoltre presente un’importante componente educativo-ambientale: lo stile di vita, particolari
situazioni familiari, le condizioni socioeconomiche e le modalità educative così come –se negativepossono peggiorare la situazione (fattore di rischio), al contrario, -se positive- possono migliorarla
(fattore di prevenzione o aiuto); è stato osservato come sempre più spesso i bambini fatichino ad
acquisire capacità di adattamento e autoregolazione probabilmente anche a causa di genitori attenti
all’affettività ma meno alle regole, contesto di vita ultrastimolante da un punto di vista cognitivo
ma che privilegia la risposta rapida, l’analisi non-approfondita, ecc.
 un bambino, quindi, nascerebbe già con una predisposizione a sviluppare il DDAI (la
vulnerabilità biologica su base genetica influirebbe per circa la metà della varianza eziologia
della sindrome) ma la gravità dei sintomi (l’attualizzazione e la particolare espressività di
questa vulnerabilità) dipenderebbe dalla situazione ambientale, dalla storia naturale in cui si
trova a vivere; questo doppio ordine di cause, inoltre, ha un andamento circolare,
influenzandosi vicendevolmente –come è normale che accada nella psicopatologia infantile-.
FATTORI NEGATIVI
Predisposizione genetica;
compresenza di sintomi riferibili ad altre categorie
diagnostiche (DSA, disturbo della condotta, disturbo
dell’umore…);
Q.I. non elevato,
incapacità di riconoscere e trattare precocemente il
problema,
incapacità di autovalutazione oggettiva della situazione
individuale,
educazione “variabile” (vedi seguito: STILI EDUCATIVI)
che non dà punti fermi e non insegna ad autocontrollare i
propri comportamenti;
lavoro in situazioni poco strutturate, ambiente
destrutturato/autogestito dal punto di vista educativo e
fisico,
contesto poco accogliente, rigido, non tollerante, esigente,
punitivo (risposte aggressive ai comportamenti aggressivi
del bambino), che obbliga a inibire gli impulsi, le risposte
istintive agli stimoli,
lavoro in grande gruppo, senza supervisione dell’adulto,
impegno richiesto in attività ripetitive e prolungate, che
richiedono un’organizzazione e pianificazione.
FATTORI POSITIVI
Assenza di disturbi associati,
Q.I. nella norma,
corretta valutazione diagnostica e trattamento riabilitativo
precoce: intervento multimodale, a livello psicologico e
educativo, insegnamento di tecniche per il controllo
comportamentale ;
educazione coerente, univoca, autorevole;
ambiente educativo fisicamente ordinato, strutturato e
regolato dal punto di vista educativo che si pone come
modello e consente al bambino di acquisire una maggiore
autoregolazione,
contesto comprensivo, capace di sostenere ed educare e di
valorizzare le positività: vivacità, curiosità, intuizione;
lavoro in rapporto 1:1, controllato da un adulto,
impegno richiesto in compiti nuovi e interessanti; frequenti
ricompense.
4
Il DDAI, coinvolgendo vari piani individuali ed influenzando il contesto, va considerato un
disturbo complesso che interessa:
FUNZIONE COGNITIVA
AMBITO COMPORTAMENTALERELAZIONALE
IMPULSIVITA’
DISATTENZIONE
richiede un’osservazione
dell’ambito MENTALE
richiede un’osservazione dell’ambito
COMPORTAMENTALE
AMBITO MOTORIO
IPERATTIVITA’
richiede un’osservazione
dell’ambito MOTORIO
dall’osservazione è possibile ricavare:

un quadro di normalità se i sintomi sono transitori e se ne ha la totale remissione o, al contrario

una definizione patologica 1) se i sintomi persistono e l’iperattività (prima forma di evidenza del DDAI) si colloca
all’interno di una compromissione comportamentale più vasta oppure 2) se i sintomi sono diminuiti ma restano latenti o
espressi con diverse modalità di inefficienza.
EVOLUZIONE DEL DISTURBO:

prima dei 2/3 anni è solo possibile ipotizzare la presenza di DDAI manifestabile con sintomi nella
postura e disturbi transitori del movimento in forme opposte come iperattività (bimbo irritabile, che
piange spesso, si stanca di tutto, anche della posizione in passeggino) oppure come iporeattività
(bimbo passivo, troppo tranquillo, eccessivamente calmo, che accetta tutto); i segnali da osservare
sono: alimentazione e sonno irregolari, incapacità di prestare attenzione, frequenti cambi di attività
(es: giochi brevi, interrotti, portati avanti distrattamente), impulsività e irrequietezza, crisi di
collera, ricerca continua di stimolazione e di contatto (es: rompe continuamente oggetti), stile di
gioco spericolato, ipersensibilità, possono, ma non sempre, non necessariamente, essere spia di un
bimbo definibile come “disorganizzato sul piano motorio, impulsivo”;
N.B.: se sotto i 3 anni nessun bambino sa/è in grado di autoregolarsi (perché ancora non sa utilizzare il linguaggio interiore) quindi va guidato/regolato
dall’esterno sia con comandi verbali, sia con messaggi non-verbali (tono, mimica, gestualità), dopo i tre anni, con lo sviluppo del linguaggio e
l’allenamento (quando il bimbo parla da solo ripetendo i comandi rivoltigli dagli adulti) il bambino inizia/dovrebbe iniziare ad esercitare
l’autocontrollo;
da un’indagine svolta nei nidi ferraresi le educatrici hanno segnalato comportamenti quali: difficoltà di regolazione sonno e alimentazione, iperattività,
attività afinalistiche, disturbi psicosomatici, attenzione discontinua, posture inadeguate…
 insorgenza precoce (verificabile dai 3 anni): improvvisa comparsa di IMPULSIVITA’ (emerge il
DDAI sottotipo impulsivo-iperattivo): il bimbo diventa precipitoso nelle risposte, invadente,
disinibito, non riesce ad aspettare il proprio turno, a posticipare le sue esigenze, ad aspettare il
risultato, non riesce a riflettere prima di agire, è incontenibile sia dal punto di vista verbale
(eccessiva loquacità), sia dal punto di vista motorio (IPERATTIVITA’); alla materna il bambino
reagisce evidenziando difficoltà di adattamento e improvvise, ingiustificate reazioni violente;
elemento discriminante per la diagnosi di DDAI è che questi sintomi siano frequenti, continui,
non sporadici ed occasionali.
Quali domande porsi: è sempre in movimento? Riesce a portare a termine i giochi? È irrequieto?
Predilige i giochi di movimento? È leader nelle attività pericolose?...
Come intervenire? Aiutarlo a concentrarsi sull’attività con il tono, richiamandolo, sollecitandolo a
perseverare, svolgere insieme attività stimolandolo con domande e/o facendo da modello, proporre
giochi strutturati, variare le attività/renderle stimolanti, dare rinforzi positivi e gratificarlo ogni
volta che si autocontrollo.
A questa età, inoltre, va attenzionato un eventuale RITARDO/DISTURBO DEL LINGUAGGIO che
va rieducato precocemente poiché è alla base del dialogo interno, indispensabile per sviluppare la
capacità di autoregolazione.
NB: da un’indagine svolta nelle materne ferraresi le educatrici hanno segnalato comportamenti quali: motricità disturbata, mancanza di regole, carente
controllo emotivo, disattenzione, aggressività, difficoltà di comunicazione, emarginazione, disturbi alimentari, ricerca anomala di contatto fisico…
 prima scolarizzazione (6/7 anni): acuirsi delle difficoltà individuali e dei problemi contestuali ad
esse correlate perché, in un ambiente che esige rispetto delle regole e avanza richieste cognitive, il
5
bambino con DDAI non è in grado di dare risposte adeguate evidenziando disturbi di
apprendimento e disturbi del comportamento.
A questa età si evidenzia l’INCAPACITA’ ATTENTIVA: nonostante le adeguate potenzialità
cognitive si ottengono insuccessi scolastici per l’incapacità ad autoregolare la concentrazione, la
difficoltà a mantenere un’attenzione prolungata, ad ascoltare quando si parla, a portare a termine le
consegne, facilità a distrarsi, frequenti dimenticanze e disorganizzazione; le conseguenze sono
reazioni polemiche, intransigenti, impulsive, violente, spesso immotivate, soprattutto davanti a
consegne e richiami; atteggiamenti di disubbidienza, rifiuto, opposizione, provocazione.
Verso la fine del ciclo elementare (9-10 anni) si può manifestare un nuovo “cambio di
espressività” con un’ulteriore attenuazione dell’iperattività (l’aspetto motorio del DDAI è quello che
diacronicamente più muta, transita da una modalità all’altra, dando talvolta anche l’impressione di
scomparire, mentre si è solo modificato e/o sfumato all’interno di un quadro sintomatologico
complesso e articolato), un’evoluzione dei tratti disattenti/impulsivi e il presentarsi di
comportamenti che possono degenerare in turpiloquio, crudeltà, difficoltà relazionali (se il
DDAI/sottotipo misto emerge nella fase di passaggio tra le materne e le elementari -6 anni-, il
sottotipo disattento emerge in II/III elementare -7/8 anni-).
N.B.: a 5/7 anni dovrebbe essere raggiunta la capacità di interiorizzare le consegne e darsi autoistruzioni attraverso il dialogo interno che guida il
bambino nella soluzione dei problemi;
tra i 3 e i 10 anni si dovrebbe sviluppare la capacità individuale di autoregolarsi (con lo sviluppo cerebrale dei lobi frontali) e, quindi, anche
l’attenzione viene meglio gestita: non aumenta a livello quantitativo, come capacità di individuare un maggior numero di dati rilevanti, ma a livello
qualitativo, diventando più volontaria, più selettiva, più efficace e funzionale all’esecuzione dei compiti;
 passaggio alle Medie (10/11 anni): se sotto trattamento riabilitativo potrebbero essere attivate
strategie di compensazione e adattamento al lavoro scolastico e osservarsi una riduzione di
oppositività e iperattività; normalmente permane il tratto impulsivo che a scuola si manifesta con
difficoltà di concentrazione/attenzione e insuccessi soprattutto nello studio orale; se, però, non è
stato attivato o non ha dato esiti il trattamento riabilitativo, il disturbo può evolvere in bullismo con
episodi di vandalismo e distruttività, furti, minacce.
NB: verso gli 11 anni si dovrebbe pervenire alla completa evoluzione/maturazione della capacità attentiva che, però, resta sempre molto influenzata
dal contesto esterno (il tipo di compito stimolante VS ripetitivo, la “sensibilizzazione” cioè la capacità di uno stimolo di attirare più/meno l’attenzione
per come si presenta, l’interattività della situazione cioè l’interrelazione positiva tra i presenti) e dalla motivazione individuale (a sua volta influenzata
positivamente da: fattibilità del compito, interesse, adeguata autostima e, al contrario, influenzata negativamente da: difficoltà cognitive (DDAI o
DSA) che portano a frustrazione, comportamenti oppositivi, di rifiuto deliberato (disturbo della condotta), compito poco interessante);
 adolescenza e età adulta: permangono difficoltà nell’avviare e mantenere relazioni stabili (divorzi,
licenziamenti), nell’organizzare e pianificare la propria vita personale, nell’elaborare scelte e
assumere decisioni; inoltre, se durante l’infanzia/adolescenza non si sono attivati idonei percorsi
educativi si ha il rischio di:
insuccesso e abbandono scolastico,
insoddisfazione esistenziale,
disturbi dell’umore e da ansia,
disturbo di personalità antisociale,
abuso di sostanze,
fughe da casa,
collocazione lavorativa e sociale di basso profilo,
assunzione di condotte emarginanti/antisociali/criminali.
Confrontando bambini con DDAI e bambini “di controllo” si osserva che i primi mostrano prestazioni
inferiori alla norma tranne nei tests di fluenza fonetica; in particolare si sono rivelati compromessi in
modo selettivo:

i processi inibitori +

le funzioni attentive +

le funzioni esecutive (N.B.: esistono due livelli esecutivi: il primo automatico, a basso costo cognitivo, l’altro controllato, e, quindi,
a maggiore investimento cognitivo, che viene attivato volontariamente nel momento in cui il primo non è in grado di eseguire il compito e che
dovrebbe adattare le strategie per poter far fronte alle richieste del compito; nei bambini con DDAI è compromessa l’esecutività volontaria
poiché non riescono a produrre quell’adattamento strategico indispensabile).
6
Dovendo schematizzare sinteticamente l’evoluzione diacronica tipica del DDAI:
A MAGGIORE
LIVELLO
DI
EVIDENZA
0-14 mesi:
14 mesi-3 anni
prime osservazioni/ipotesi
necessità di ridefinizione della situazione con specificazione del disturbo
Scuola
elementare
(6-10 anni)
Scuola media
(preadolescenza)
-
-
-
-
DA
MINORE
LIVELLO
DI
EVIDENZA
Scuola materna
(3-6 anni):
Disturbo transitorio del movimento, disordine
posturale
Disturbo psicomotorio con difficoltà
di:
coordinazione,
organizzazione,
controllo (iperattiv.,
eccesso di attività
esplorative);
attenzione/selezione,
intenzionalità,
adattamento e atti
comunicativi: “carattere difficile”.
DANV= disturbo di
apprendimento nonverbale?
DSA= disturbo specifico di apprendimento?
DDAI sottotipo disattento?
DDAI sottotipo iperattivo?
Disturbo multisistemico (tra un disturbo
di regolazione e un
disturbo pervasivo
dello sviluppo tipo
autismo)?
Altri disturbi?
Comportamento
turbolento.
?
Scuola
superiore
(adolescenza)
Aggravarsi
del
disagio con esiti
psicologicamente
e
socialmente
preoccupanti
Frustrazione
personale e scolastica.
Iperattività,
deficit attentivo,
impulsività,
eccesso motorio.
Sviluppo imprevedibile tra
SINTOMI:
cambio di espressività e livello di
evidenza
Riduzione/controllo dei sintomi (ma
mai completa remissione)
Già dieci anni fa il Piano Sanitario Nazionale segnalava come emergenza l’incidenza dei disturbi
comportamentali in età evolutiva e ne indicava la prevenzione e la riduzione come obiettivo
prioritario da affrontare non solo a livello sanitario ma attraverso il coinvolgimento di tutti gli ambiti,
sia privati che sociali, in un “piano di solidarietà”; il DDAI veniva indicato come premessa dei disturbi
di comportamento e dei comportamenti antisociali.
Negli ultimi anni la Società italiana Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA)
ha prodotto per l’Italia delle linee-guida per la diagnosi e la terapia farmacologia del DDAI; sulla
base di queste indicazioni, la regione Emilia Romagna ha definito uno specifico protocollo clinicooperativo per migliorare l’assistenza a questi ragazzi in un’ottica interistituzionale che coinvolge
Famiglia/Servizio Sanitario/Scuola.
La Nota USR 15296 del 30/9/2008 relativa a “Indicazioni in ordine alla gestione di incontri scolastici
riservati ai docenti o aperti alle famiglie e all’utenza” precisa che l’attività di informazione e
formazione sull’ADHD dovrà essere coordinata e approvata da specialisti delle strutture sanitarie
della Regione o dell’AUSL competente…(a qualsiasi riunione dovrà essere assicurata la presenza di)
un qualificato esperto medico di una struttura pubblica”.
La Nota MIUR prot. 6013 del 4/12/2009 (recepita dall’USR con nota 1750 del 10/12/2009) sottolinea
che il coinvolgimento degli insegnanti fa parte integrante ed esenziale di un percorso terapeutico per
il trattamento dei casi diagnosticati ADHD raccomandando almeno un incontro durante l’anno
scolastico tra i soggetti coinvolti; tali consulenze hanno come obiettivi (vedasi oltre il paragrafo
relativo al Trattamento terapeutico):
1) informare sulle caratteristiche del ADHD (va spiegato soprattutto che, a livello primario,
l’incapacità di autoregolazione è dovuta ad un’incapacità di attivare un efficace dialogo
interno: ad adeguate abilità cognitive, non corrisponde un’adeguata abilità di autocontrollo; i
7
comportamenti-problema, quindi, non sono dovuti a cattiveria, né a volontà ma all’incapacità
di regolamentazione dell’azione; le manifestazione “anomale”, se diagnosticate come DDAI,
non rappresentano una fisiologica fase evolutiva, non sono conseguenze di un’educazione
sbagliata, né esito di danno cerebrale) e sul trattamento proposto,
2) fornire appositi strumenti di valutazione (questionari e tabelle di osservazione) per completare
i dati diagnostici,
3) mettere gli insegnanti nella condizione di potenziare le proprie risorse emotive e migliorare la
relazione con l’alunno,
4) spiegare come utilizzare specifiche procedure di modificazione del comportamento all’interno
della classe,
5) informare su come strutturare l’ambiente-classe in base ai bisogni e alle caratteristiche
dell’alunno con ADHD,
6) suggerire particolari strategie didattiche per facilitare l’apprendimento dell’alunno ,
7) spiegare come lavorare, all’interno della classe, per migliorare la relazione tra il bambino con
ADHD e i compagni,
perché è evidente che l’ausilio di una serie di informazioni dettagliate sulle caratteristiche del
disturbo consente all’insegnante di assumere un atteggiamento più costruttivo ne rapporto con il
bambino.
PERCORSO DIAGNOSTICO
(cfr. PERCORSO ORGANIZZATIVO PER L’ASSISTENZA AI MINORI CON ADHD, PROGRAMMA REGIONALE EMILIA ROMAGNA:
ALLEGATO 3)
Spesso il percorso diagnostico parte dalla SEGNALAZIONE degli insegnanti ai genitori
all’ingresso alle Elementari perché è questa la prima, vera situazione strutturata in cui il bambino si
trova a dover garantire una certa prestazione e a confrontarsi con gli standard della sua età; la scuola
deve dare tempo alla famiglia di elaborare la situazione, non imponendosi/opponendosi, per non
compromettere l’indispensabile collaborazione scuola-famiglia;
la segnalazione degli insegnanti va riportata dai genitori al pediatra;
il pediatra formula RICHIESTA MOTIVATA allo SMRIA (VEDASI SCHEDA 4 ALLEGATA DEI REFERENTI
REGIONALI);
il Servizio Materno Infantile, dopo aver attivato il percorso di analisi e formulato la diagnosi, deve
dare attenta e articolata restituzione del QUADRO DIAGNOSTICO:
ai Genitori, sia in termini informativi (che cos’è il DDAI?), sia in senso psicopatologico (che
importanza, che ruolo ha il DDAI a livello intrapsichico e relazionale?), organizzando l’intervento
terapeutico;
al Bambino in termini adeguati;
e al Pediatra a cui va inviata una nota scritta con sintesi diagnostica e indicazioni terapeutiche;
i Genitori avranno cura di presentare la diagnosi alla Scuola affinché sia avviata la pratica di
assegnazione dell’insegnante di sostegno –se richiesto- e sia possibile iniziare il percorso di
collaborazione interistituzionale espressamente auspicato per legge.
SCUOLA
FAMIGLIA
ATTIVAZIONE DEL PERCORSO DI
SEGNALAZIONE- DIAGNOSI
BAMBINO
AZIONE DI RESTITUZIONE
SPECIALISTI
SANITARI:
DIAGNOSI
PEDIATRA
8
MODALITÀ/STRUMENTI PER LA DIAGNOSI
Non esistono test specifici per porre diagnosi di DDAI che, quindi, NON è oggettiva, MA di tipo
clinico/descrittivo e valuta se i sintomi sono:
- più gravi rispetto a quelli rilevati nei coetanei (criterio della discrepanza),
- persistenti,
- presenti in vari contesti,
- causano problemi significativi nella vita quotidiana compromettendo in modo marcato il
funzionamento sociale e/o scolastico e/o lavorativo.
Il protocollo diagnostico sotto descritto è adatto alla fascia d’età 6/12 anni (ma utilizzabile fino ai
18 anni) e si basa necessariamente su una prospettiva multifattoriale (livello neurologico +
psicologico + sociologico + psicologico).
Colloquio anamnestico con i genitori (=verificare presenza di DDAI nei genitori poiché questo disturbo sembra avere una forte
ereditarietà –generalmente in linea maschile-, raccogliere informazioni su gravidanza, nascita -esposizione del feto a nicotina e/o alcool- e primi
anni di vita; farmaci assunti in modo continuativo/ripetuto, terapie pregresse/in atto, forme patologiche o eventi traumatici, esposizione a fattori
intossicanti);
osservazione e colloquio clinico con il bambino (=osservazione in ambulatorio –pur nella consapevolezza che in questo
ambiente e nei tempi brevi di una visita spesso non è possibile effettuare un’osservazione adeguata e veritiera-; e intervista per rilevare risorse,
modalità di autopercezione, funzionamento del bambino nei vari contesti);
l’osservazione diretta, quindi, va integrata con le informazioni che possono dare gli adulti che con
il bambino si relazionano quotidianamente attraverso la somministrazione di questionari e interviste diagnostiche a:
Genitori per raccogliere i sintomi emotivi e comportamentali (questionario CBCL di Achenbach), i
sintomi-cardine del DDAI (scheda SDAG di Cornoldi) e gli aspetti psicopatologici del disturbo (KSADS-PL di Kaufman, ADHD parent interview di Barkley, PICS IV dal DSM-IV);
-
Bambino per evidenziare sintomi depressivo-ansiosi (CDI di Kovacs, MASC di March) in associazione con altri strumenti diagnostici (test proiettivi per diagnosi differenziale rispetto ai disturbi dell’umore e d’ansia,
colloquio, osservazione comportamentale)
-
Insegnanti per raccogliere i sintomi-cardine del DDAI ( cfr. ALLEGATI 5, 6, 7, 8: SCHEDA SDAI DI
CORNOLDI E SCHEDA CTRS; QUESTIONARIO 1 E 2 DI CORNOLDI, DE MEO, OFFREDI, VIO)
misurazione del QI (WISC-R o WISH 3 che presenta sub-test sulla disattenzione, la velocità di elaborazione, il ragionamento aritmetico,
la memoria di cifre, ecc. utili a verificare l’eventuale compresenza di DSA);
test neuropsicologici per verificare l’impulsività e la disattenzione (prova MTF di Cornoldi), l’attenzione
sostenuta (prova CPT di Cornoldi oppure Test delle Campanelle di Biancardi-Stoppa), la capacità di pianificazione e di
esecuzione di azioni complesse non automatizzabili (test Torre di Londra) e le funzioni esecutive (Wisconsin
test card);
valutazione degli apprendimenti attraverso prove standardizzate di letto-scrittura (Prove di lettura MT di
Cornoldi, Batteria per la valutazione della dislessia e disortografia di Sartori e Job), calcolo e problem-solving (prove di Cornoldi e
Lucangeli o prove di Malaguti e Giovanardi Rossi).
NB: a parte le scale di valutazione, che non possono essere considerate pienamente oggettive poiché non possono basarsi su una “lettura”
freddamente obiettiva della situazione, NON esistono test specifici per il DDAI.
L’analisi della situazione sulla base delle osservazioni raccolte può venire integrata da test neuropsicologici che valutano specifici deficit di
attenzione selettiva, sostenuta, inibizione della risposta, ecc., esami neurologici (EEG) per verificare/escludere disturbi degenerativi, test aspecifici
svolti al computer per l’attenzione e la vigilanza ma è necessario arrivare ad elaborare degli strumenti diagnostici specifici e accurati per il DDAI.
CRITERI DIAGNOSTICI IN BASE ALL’ICD.10
(CFR. ALLEGATO 9: ALGORITMO PER LA DIAGNOSI E LA VALUTAZIONE )
a) CARATTERISTICHE FONDAMENTALI DEL DDAI
 per diagnosticare il DDAI, è richiesta la
compresenza tra i 18 sotto elencati di almeno:
9
6 sintomi di disattenzione
disattenzione
ovvero il bambino spesso:
1) non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici o in altre attività;
2) ha difficoltà a mantenere l’attenzione e interesse sui compiti o sulle attività di gioco;
3) sembra non ascoltare quando gli si parla direttamente;
4) non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici o i propri doveri, NON a causa di un comportamento che si oppone alle regole;
5) ha difficoltà a organizzarsi nei compiti e nelle attività;
6) evita di impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale prolungato;
7) perde gli oggetti necessari per i compiti e le attività quotidiane;
8) è facilmente distratto da stimoli estranei;
9) è sbadato nelle attività quotidiane;
oppure 6 sintomi di iperattività/impulsività
iperattività
ovvero il bambino spesso:
1) muove con irrequietezza mani o piedi e si dimena sulla sedia;
2) lascia il proprio posto in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti seduto;
3) “scorazza e salta” dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui è fuori luogo;
4) ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo;
5) si muove come se “guidato da un motorino”, difficoltà a modulare il livello di eccitazione;
6) parla eccessivamente;
impulsività ovvero il bambino spesso:
1) “spara” le risposte prima che le domande siano state completate (difficoltà a inibire le risposte impulsive, velocità eccessiva di fronte al compito);
2) ha difficoltà ad attendere il proprio turno (tendenza a gratificazioni/stimolazioni immediate);
3) interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti;
VEDASI ALLEGATO 1
 evidenti in più di una situazione/in diversi contesti,
 esordio precoce (3/4 anni anche se prima dei 7 anni è difficile riconoscere il disturbo che si fa evidente soprattutto con la frequenza scolastica),
 lunga durata (si evolve nel tempo ma permane anche in età adulta);
COMPORTAMENTI
ATTENZIONE E CONCENTRAZIONE PROLUNGATA
(=disattenzione, debole orientamento verso il compito, inadeguata gestione di sforzo/impegno)
MOTIVAZIONE
CAPACITA’ DI PROGETTAZIONE/PIANIFICAZIONE E
SOLUZIONE DEI PROBLEMI
IN DEFINITIVA
IL BAMBINO DDAI
NON RIESCE A REGOLARE
MOTRICITA’
(=IPERATTIVITA’)
LIVELLO DI
AUTOSTIMA E
AUTONOMIA
REAZIONI ED EMOZIONI (frustrazione,
rabbia…)
IMPULSIVITA’
ORGANIZZAZIONE DEL
LAVORO
VEDI ALLEGATO 10
10
b) FATTORI PRINCIPALI:
 deficit delle funzioni esecutive/inibitorie: impulsività e incapacità di controllo delle risposte
inadeguate (non c’è adeguata mediazione verbale dei processi cognitivi e comportamentali);
 eccessiva sensibilità di fronte ai rinforzi, incapacità a dilazionare la gratificazione nel tempo,
intolleranza rispetto all’attesa;
 deficit motivazionale: difficoltà a portare a termine il lavoro, ipersensibilità verso la frustrazione;
 deficit di autoregolazione: difficoltà a valutare la pertinenza e l’organizzazione delle risposte
comportamentali, incapacità di autodirigere l’attenzione (carenza di durata nel tempo, grado di
autoregolazione e organizzazione).
c) FATTORI SECONDARI:
 difficoltà relazionali con i coetanei (non-rispetto dei turni, incapacità di partecipare a giochi di
riflessione, atteggiamenti da bullo…);
 difficoltà comportamentali con gli adulti;
 difficoltà di regolazione delle emozioni.
d) FUNZIONI COMPROMESSE: CONSEGUENZE:
 memoria di lavoro non-verbale: i dati vengono immagazzinati ma in modo disordinato risultando
irrecuperabili, ridotto senso del tempo, ridotta capacità di retrospezione, incapacità a ricordare gli
eventi, difficoltà ad anticiparli;
 autoregolazione dell’umore, della motivazione, del livello attentivo: esternazione inopportuna delle
emozioni, incapacità di autocensura di emozioni e impulsi, intrinseco disinteresse verso lo studio;
 interiorizzazione del discorso autodiretto: difficoltà ad autoregolarsi, nel porsi delle domande;
 ricostituzione: incapacità a scomporre e analizzare i comportamenti e ad elaborarne di nuovi,
incapacità a risolvere problemi, produzione scritta confusa, approssimativa, non organizzata,
presenza di adeguate strategie di studio che restano inutilizzate.
e) CARATTERISTICHE ASSOCIATE DEL DDAI (non sufficienti/non necessarie per la diagnosi ma
che concorrono a confermarla)
- disinibizione nei rapporti sociali,
- imprudenza in situazioni che comportano pericoli,
- infrazione impulsiva di regole sociali;
e) FREQUENTEMENTE COMPRESENTI MA DA ANNOTARE SEPARATAMENTE PERCHÉ
COSTITUISCONO DIAGNOSI A SE STANTE
- disturbi dell’apprendimento scolastico (DAS),
- disturbo specifico del linguaggio (DSL),
- goffaggine motoria (DCM= disturbo della coordinazione motoria, evidente nelle prassie, nel
disegno…);
Osservando la frequente coesistenza di più disturbi specifici dello sviluppo si possono distinguere due tipologie:
TRATTO PECULIARE, CARATTERIZZANTE
DDAI
DSL
TRATTI SECONDARI, ASSOCIATI
+ DSL + DAS + DCM
+ DAS + CDCM + DDAI
Analizzando il rapporto tra DDAI e DAS va sottolineata la compresenza di questi due disturbi in circa nel 50% dei casi; questa forte convergenza può
essere dovuta a:
 caratteristiche innate (DDAI//DAS),
 insorgere del DAS come sintomo secondario del DDAI (DDAI
DAS) o, viceversa,
 il DAS può condurre ad un DDAI (DAS
DDAI):
questa somma di disturbi si manifesta a livello di apprendimenti essenzialmente con: difficoltà di comprensione del testo, nel problem-solving
matematico, in strategie di studio poco efficaci e in difficoltà strumentali di tipo specifico (DSA) nella letto-scrittura e nel calcolo.
f) NON DEFINISCONO LA DIAGNOSI PRINCIPALE MA LA LORO PRESENZA/ASSENZA È
UTILE A INVIDIARE LA SOTTOCLASSIFICAZIONE
- turbe della condotta (tic, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo delle condotte esternalizzate);
11
Il 65% dei DDAI diventa aggressivo-oppositivo come esito secondario dei sintomi primari: dall’iperattività, impulsività, intromissione si passa al nonrispetto delle regole e all’aggressività come reazione involontaria, attivata senza la volontà di ferire o danneggiare gli altri; il D.O.P. è presente nei bimbi
sotto i 6 anni di età che lo manifestano con collera, provocazione, sfida, rifiuto, discussioni e liti deliberate, tendenza a mentire, ecc.
quando, invece, -soprattutto dai 10 anni in poi- l’opposizione è volontaria e l’aggressività è particolarmente violenta e premeditata si entra nell’ambito del
disturbo della condotta.
g) Nella diagnosi del DDAI sono frequenti QUADRI MISTI che vanno chiariti per non creare
confusione:
- le SINDROMI DA ALTERAZIONE GLOBALE DELLO SVILUPPO PSICOLOGICO prevalgono
sul DDAI;
- l’irrequietezza presente nelle SINDROMI DEPRESSIVE non porta a ulteriore diagnosi di DDAI;
- l’irrequietezza presente negli stati ansiosi di grado marcato (SINDROME ANSIOSA) non porta a
ulteriore diagnosi di DDAI;
- il DISTURBO DELL’UMORE prevale sul DDAI;
- la SINDROME IPERCINETICA prevale sul DISTURBO DELLA CONDOTTA (ma l’iperattività e
la disattenzione possono comunque essere compresenti nei disturbi di condotta);
- però si ha diagnosi di DISTURBO IPERCINETICO DELLA CONDOTTA (F.90.1) quando è
presente iperattività generalizzata e marcata associata a disturbo della condotta.
In generale i disturbi emotivi non essendo esteriori (come, invece, le altre forme di associazione con DSA e DOP), ma interiorizzati, risultano meno
evidenti; al DDAI consegue normalmente una bassa autostima che si evidenzia con psicosomatizzazioni (mal di testa, dolori addominali, allergie…);
quando però il disturbo emotivo emerge in modo molto rilevante, allora viene individuato come problema a se stante e distinto in: disturbi d’ansia dovuti
alla consapevolezza e alla frustrazione per i ripetuti fallimenti e disturbi di depressione causati dalla non-accettazione da parte degli altri che induce
pensieri negativi non controllati.
(CFR. ALLEGATO 12)
La DIAGNOSI DI DDAI deve escludere:
- sindrome da alterazione globale dello sviluppo psicologico (F.84)
- disturbi d’ansia (F.40, F.41, F.43, F.93)
- disturbi dell’umore (da F.30 a F.39)
- schizofrenia (F.20)
Al termine di questo percorso i referenti sanitari devono predisporre,
in sintonia con i genitori e il bambino, il
TRATTAMENTO TERAPEUTICO
che, vista la pervasività del disturbo nei vari contesti di vita del bimbo e la frequente presenza di
disturbi associati, non può che basarsi su un approccio multimodale, multidisciplinare e psicosociale
che lavori su tutti i 5 assi individuati dall’ICD.10 (cfr. pag. 2), dal bambino, alla famiglia,
all’ambiente, anche in considerazione del fatto che la gravità dei sintomi, i problemi comportamentali
associati e la persistenza del disturbo dipendono dal contesto, sono legati all’adattamento del bambino
ai differenti ambienti in cui vive e alle situazioni (si riducono nel rapporto 1:1, se controllati
dall’adulto, inseriti in un contesto comprensivo, capace di sostenerlo ed educarlo, se impegnati in
compiti nuovi e interessanti; viceversa i sintomi si evidenziano nel grande gruppo, in situazioni poco
strutturate, poco accoglienti, non tolleranti, esigenti e punitivi, dovendosi applicare in attività ripetitive
e prolungate). L’intervento terapeutico, quindi, deve prevedere:




tecniche psicoeducative: interventi comportamentali e terapia cognitivo-comportamentale,
lavoro di counseling con i genitori e/o Parent training (*),
lavoro di supporto per gli insegnanti o Teacher training (*),
eventualmente: trattamento farmacologico.
12
A SCUOLA:
mi distraggo
parlo con gli altri
guardo fuori dalla finestra
A CASA:
mi perdo nei miei pensieri
sono lento
mi dimentico e perdo le cose
CON GLI AMICI:
mi scateno
divento antipatico
non mi fanno giocare
COME SI PERCEPISCE
IL BIMBO CON DDAI?
IO PENSO DI ESSERE
POCO INTELLIGENTE
Ne esce un’immagine inefficace di sé, una bassa autostima che può degenerare in conseguenze secondarie
quali atteggiamenti reattivi, da “bullo”, o in comportamenti devianti.
I trattamenti terapeutici, in definitiva, devono avere come finalità il miglioramento del benessere
globale (“la salute”) del bambino attraverso il raggiungimento dei seguenti obiettivi:






migliori relazioni interpersonali (con genitori, fratelli, insegnanti, coetanei);
riduzione dei comportamenti dirompenti e inadeguati;
migliore capacità di apprendimento scolastico;
aumento di autonomie e autostima;
migliore accettabilità sociale del disturbo;
migliore qualità della vita dei bambini affetti da DDAI.
Capovolgendo il punto di vista, questo sistema integrato di interventi può essere così schematizzato:
Intervenire sull’ambiente fisico e sociale (*) modificandolo nel senso di:
maggiore strutturazione delle situazioni,
maggiore attenzione,
riduzione delle distrazioni,
adozione di specifiche tecniche comportamentali di
rinforzo basate sul meccanismo <stimolo risposta>
(=RINFORZO POSITIVO attraverso la ricompensa dei comportamenti desiderati
o, VS, perdita di privilegi per il mancato raggiungimento degli obiettivi o per
l’attivazione di comportamenti non-adattivi).
Interventi diretti sul bambino di tipo cognitivo-comportamentali e metacognitivi per favorire la riflessione
sui propri processi di pensiero(*):
tecnica del problem solving (processo dinamico in cui, se la soluzione scelta risulta non adatta, è necessario rivalutare il processo e scegliere
soluzioni alternative),
autoistruzioni verbali per stimolare il “dialogo
interno”, stress inoculation training (indurre il bambino ad
auto-osservare le proprie esperienze e le proprie emozioni in situazioni stressanti,
aiutandolo ad individuare risposte alternative all’impulsività/aggressività e
adeguate al contesto, costruire una maggiore tolleranza alla frustrazione);
inoltre
se manifestazioni depressivo/ansiose: interventi per
favorire la socializzazione in gruppi di coetanei,
se difficoltà di apprendimento: interventi riabilitativi
specifici per il recupero/rinforzo abilità scolastiche.
PER
MODIFICARE IL
COMPORTAMENTO
DEL BAMBINO
13
Il GRUPPO MT di Cornoldi ha messo a punto un programma operativo
da applicare con/per bambini dalla 3° elementare alla 3° media; si tratta
di 16 incontri di un’ora; gli obiettivi sono:
 promuovere un atteggiamento di autocontrollo sui propri comportamenti e un’abitudine metacognitiva (=riflessione e verifica del modo
operativo);
 creare l’abitudine ad una procedura (allenamento molto articolato che
fornisce un metodo costante in 5 fasi);
 interiorizzare una sequenza di pensieri-guida (=creazione di un
linguaggio interno che sostituisca la guida esterna) che supportano/
suppliscono l’incapacità tipica dei DDAI di costruire un piano di lavoro;
 elaborare un adeguato sistema attributivo;
la tecnica del problem solving va attuata sistematicamente durante
l’addestramento e, in seguito, in modo flessibile e funzionale; il bambino,
quindi, viene allenato a usare una serie di passaggi prima di dare la
risposta così da promuovere un atteggiamento di autocontrollo sui propri
comportamenti e fissare una procedura da adottare sempre in fase di
apprendimento; il percorso è così articolato:
1°) definire attraverso test il tipo di deficit, analizzare come è visto e
affrontato nei vari contesti di vita e dal bambino stesso;
2° e 3°) insegnare al bimbo le regole per “lavorare” in modo adeguato,
allenarlo a usare una serie di passaggi prima di dare una risposta (già
dalla prima volta che si mette alla prova il bimbo è soddisfatto della sua
capacità di lavoro, resta piacevolmente stupito del suo successo);
4°- 6°) apprendere la tecnica del problem-solving (*);
7°- 9°) generalizzare l’applicazione della tecnica del problem-solving
nelle varie discipline;
10°- 13°) affrontare i problemi relazionali;
14° e 15°) gestione dell’ansia e della frustrazione;
16°) valutazione finale dei progressi.
Dopo ogni incontro va fatto resoconto alla famiglia del lavoro svolto.
Deve esserci il coinvolgimento della scuola nella condivisione degli
obiettivi, nel partecipare al resoconto del lavoro svolto, nel consigliare
correzioni.
a)
b)
c)
d)
e)
(*) PROCEDURA DEL PROBLEM SOLVING
COSA DEVO FARE? QUAL È IL PROBLEMA? (analisi e
comprensione della consegna)
CONSIDERO, VALUTO TUTTE LE IPOTESI, TUTTE LE
POSSIBILI SOLUZIONI (si impara a controllare la risposta
impulsiva, spesso sbagliata; si vagliano tutte le varie ipotesi
prima di scegliere quella più convincente)
FISSO L’ATTENZIONE: SONO CONCENTRATO?
(autocontrollo)
SCELGO LA RISPOSTA
VERIFICO LA RISPOSTA
All’inizio il terapista fa da modello, alternandosi al bambino
nell’esecuzione del compito, verbalizzando ad alta voce i pensieri in
modo da esemplificare il metodo al bambino guidandolo dall’esterno;
questo aiuto deve gradualmente venir meno mentre il bambino diventa
più autonomo nell’applicarlo: impara a segmentare il lavoro nelle cinque
fasi, prima basandosi su disegni-guida, poi verbalizzando la procedura e,
infine, interiorizzatolo, lo applica facendosi guidare dal linguaggio
interno che è passaggio fondamentale per acquisire quell’autocontrollo
carente nei DDAI. La capacità di autoregolazione è una componente della
capacità di parlarsi in modo da imposi degli ordini regolatori.
Con il linguaggio interno, infatti, si acquisisce un atteggiamento
metacognitivo, cioè si impara a riflettere sulle procedure che si
conoscono ma non si sanno utilizzare: parlare a se stessi per
organizzare il lavoro, per autocorreggersi, per spiegarsi e cercare di
capire un passaggio complesso, per selezionare la strategia adatta, ecc.
Riuscire a compiere questo percorso è fondamentale anche a livello di
autostima perché aiuta a trovare il giusto stile di attribuzione: si impara
a valutare il proprio successo/insuccesso, a capirne le cause (non deve
essere casuale) perché è essenziale riuscire a conquistare la
consapevolezza delle proprie capacità/difficoltà.
Il lavoro non termina a fine seduta ma va ripreso a casa dove,
esternandolo e spiegandolo ai genitori, si chiarisce ulteriormente e si
impara a padroneggiarlo sempre meglio, anche fuori dal contesto
terapeutico, anche in modo autonomo, senza la guida/controllo
dell’educatore.
L’altro ambito influenzato dal DDAI è quello emotivo che può essere
compromesso in modo molto vario: possono presentarsi reazioni di
collera, rabbia, esplosione di frustrazione oppure, al contrario, paura e
chiusura o, ancora, gioia ed entusiasmo esternati in modo anomalo,
eccessivo.
Queste reazioni sono dovute alle caratteristiche neurologiche e
neuropsicologiche individuali che possono dar luogo a:
labilità emotiva,
perdita di controllo,
schemi di rappresentazione delle azioni non adatte alle situazioni sociali,
sistema di risposte inadeguate, ecc.
Anche per affrontare questo ordine di difficoltà il gruppo MT di Cornoldi
ha messo a punto un percorso terapeutico che ha come obiettivi:
 aumentare la consapevolezza della relazione esistente tra emozione e
comportamento;
 aumentare e migliorare la riflessione interposta all’azione;
 imparare a modulare le risposte comportamentali imparando ad
adottarne di alternative a quelle usuali/disfunzionali.
Il trattamento prevede l’uso di tecniche di suggestione (emozioni),
simulazione (facciamo finta di…) e drammatizzazione (rappresentazione
di situazioni):
a) rievocazione della situazione, individuazione dell’emozione e della
sensazione personale provata;
b) lavoro di riconoscimento delle emozioni espresse da altri attraverso
l’analisi di espressioni e atteggiamenti;
c) proposta di situazioni virtuali: simulazioni, drammatizzazioni per
“mettersi nei panni” degli altri;
d) valutazione delle conseguenze di comportamenti contestualizzati;
e) generalizzazione dei comportamenti alternativi.
Questo percorso terapeutico va necessariamente proseguito, socializzato a
scuola e in famiglia.
14
Va sottolineato come i SINTOMI SECONDARI del DDAI siano normalmente dovuti all’effetto del
comportamento del bambino sugli altri, ovvero alle reazioni suscitate nel contesto, alle ripetute
interazioni negative che vengono messe in atto; il rapporto tra gli adulti (in casa e a scuola le reazioni
sono analoghe) e il bimbo con DDAI crea un circolo vizioso che si autoalimenta:
BIMBO: COMPORTAMENTO NON ADEGUATO
PER IMPOSSIBILITA’ DI AUTOCONTROLLO
Il bimbo DDAI come percepisce la
situazione?
 “la colpa non è mia, è degli altri”
 “cosa ci posso fare, non faccio a posta?”
 “i grandi mi puniscono perché ce l’hanno con
me!”
a questo tipo di percezione conseguono:
 una bassa autostima,
 difficoltà relazionali,
 difficoltà scolastiche;
il protrarsi nel tempo di questa situazione ha inoltre
come conseguenza l’insorgere di:
 disturbi emotivi,
 D.O.P.
(questo tipo di esito è il risultato incrociato delle
caratteristiche del DDAI con le risposte/reazioni
ambientali);
ADULTI: REAZIONE NEGATIVA
Per affrontare costruttivamente la relazione con un bimbo
DDAI è necessario capire perchè l’adulto fatica ad
accettare questi comportamenti:
 perché è una minaccia al proprio ruolo di educatori
(paura di non essere in grado di gestire la situazione),
 perché si temono le possibili conseguenze dei
comportamenti aggressivi,
 perché si fa coincidere il maggior controllo da parte
degli adulti con una maggiore assunzione di
atteggiamenti punitivi,
 perché spesso si colgono solo gli aspetti
disturbati/disturbanti, si tende a pensare “fa apposta” e a
reagire con rabbia o impotenza,
 spesso gli stili educativi non sono consapevoli quindi ne
va aiutata dall’esterno la presa di coscienza e la
correzione.
Il bambino con DDAI ha capacità cognitive potenzialmente buone (comprensione, elaborazione e
organizzazione delle conoscenze) ma ha difficoltà a livello di controllo metacognitivo (gestione e
coordinazione delle attività cognitive e dei comportamenti), ovvero “manca la cabina di regia” che
attiva, inibisce, modula le funzioni esecutive; di fronte ad uno stimolo, cioè, non sono in grado di
regolare in modo adeguato le loro reazioni: non focalizzano l’attenzione sul dato da analizzare, non
riescono ad utilizzare la memoria di lavoro.
Queste caratteristiche, ovviamente, associate ai tradizionali metodi di insegnamento, influenzano
negativamente l’apprendimento. Il processo di insegnamento/apprendimento, quindi, andrebbe
riorganizzato per creare un contesto e modalità didattiche:

altamente strutturate,

coinvolgenti e stimolanti,

capaci di favorire la gestione e l’autoregolazione dei propri processi cognitivi,

non esclusivamente basata sul discorso e sulla lettura che richiedono molta attenzione
mantenuta.
15
(*) Gli interventi sul bambino vanno comunque, sempre associati ad interventi
sulle altre figure interagenti con lui
TEACHER TRAINING
PARENT TRAINING
(10 sedute semi-strutturate lungo almeno 4 mesi,
in gruppi formati da 5/6 coppie,
con test pre/post per monitorare l’andamento dell’intervento;
non è un corso per genitori ma un percorso con i genitori)
Per meglio comprendere i comportamenti
del figlio e acquisire strategie per la loro
gestione e modificazione: tecniche di ricompensa in caso di risposte adeguate (VS
ignorare le risposte inappropriate o offrire
risposte alternative), rinforzo differenziale,
modeling, costo della risposta, time out,
ecc.; incremento delle abilità genitoriali:
capacità di gestire lo stress emozionale e le
proprie competenze psico-pedagogiche potenziando le abilità di soluzione delle situazioni critiche; individuazione di strumenti
utili per la corretta gestione cognitiva e
comportamentale del figlio, superamento
delle strategie non funzionali adottate fino
a quel momento, riconoscimento di come e
quali “regole” vanno date per l’apprendimento dei comportamenti adattivi e sociali;
indicazioni su come strutturare l’ambiente
di vita.
OBIETTIVI
Restituire un ruolo attivo alla famiglia attraverso la
consapevolezza di potenzialità e difficoltà e la formulazione di aspettative corrette,
ridurre i problemi emotivi e comportamentali in casa migliorando l’intero “sistema-famiglia”,
migliorare il rapporto genitori/figlio,
stabilire precise regole di comportamento e routines
familiari da rispettare coerentemente,
prendere coscienza della necessità di risposte decise
e limiti evidenti pur nella non-rigidità, senza fredda
autorità ma collaborando nella chiarezza,
insegnare l’uso di strategie educative come il rinforzo positivo/il costo della risposta/il time-out.
(consulenza sistematica basata su
attività di osservazione/analisi delle caratteristiche del bambino,
in 4 incontri)
L’approfondimento e la comprensione della
situazione specifica è utile per modulare correttamente le richieste degli insegnanti, ridurre i comportamenti disfunzionali del bambino, favorendone così un’adeguata integrazione scolastica “nelle due direzioni” (=maggior
serenità e produttività del bimbo a scuola/migliore percezione del bimbo da parte del
contesto scolastico).
Il testo Attenzione e metacognizione della
Erickson (cfr. seguito), inoltre, propone un
training da svolgere con tutta la classe, teso a
sviluppare la consapevolezza attentiva
individuale (lavoro metacognitivo):
o
o
o
o
o
presa di consapevolezza dell’attenzione come base della
funziona-lità cognitiva;
ruolo dell’attenzione anche fuori dall’ambito scolastico;
necessità dell’intenzionalità per apprendere, ovvero uno
sforzo consapevole per dirigere le proprie risorse cognitive
verso l’obiettivo di apprendimento;
acquisizione di strategie di sostegno e supporto all’attività
cognitiva;
presa di coscienza dell’influenza reciproca tra stato
fisico/stato psichico/impegno cognitivo: efficace autogestione,
fiducia in sé.
OBIETTIVI
Informare sulle caratteristiche del DDAI e sul trattamento proposto per il caso specifico,
fornire adeguati strumenti di valutazione per completare i dati diagnostici,
offrire agli insegnanti maggiori risorse emotive e
migliorare la relazione con l’alunno,
spiegare come usare specifiche procedure di modificazione del comportamento in classe,
informare su come strutturare l’ambiente-classe in
base ai bisogni specifici,
suggerire strategie didattiche per facilitare l’apprendimento dell’alunno,
suggerire come migliorare la relazione del bambino
con i compagni.
Questo tipo di percorso terapeutico è indicato soprattutto per:

soggetti in età prescolare,

nelle forme meno gravi o con prevalenza inattentiva, senza grave impulsività/aggressività,

non in associazione con disturbi della condotta,

in presenza di disturbi dell’apprendimento,

in presenza di disturbi d’ansia,

16
nell’impossibilità di intervenire farmacologicamente (per rifiuto del bambino o dei genitori o
per rischio di effetti collaterali pericolosi, ovvero, ad esempio, in presenza di patologie –che
devono essere segnalate dal pediatra- quali: disturbo bipolare, tics, sindrome di Gilles de la
Tourette, ipertiroidismo, tireotossicosi, cardiopatie, glaucoma, epilessia, patologie
internistiche).
Il tipo di intervento terapeutico, inoltre, sarà differente a seconda dell’età del bambino:
SCUOLA MATERNA
(4-6 ANNI)
Parent training
Gruppi di genitori con bambini di
difficile gestione e comportamenti
analoghi (pari-training)
I CICLO ELEMENTARE
(6-8 ANNI)
Parent training +
Teacher training +
Intervento sul bambino
Al P.T. si associano:
la consulenza agli insegnanti ed, eventualmente, un’osservazione mirata allo studio delle dinamiche nel gruppoclasse;
primo apprendimento delle strategie di
autocontrollo del comportamento da
parte del bambino.
II CICLO ELEMENTARE
(DAGLI 8 ANNNI IN POI)
Parent training +
Teacher training +
Training autoregolativo
P.T.
T.T.
Approfondimento del metodo di
autocontrollo: training autoregolativo.
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
(cfr. ALLEGATO 3: PERCORSO ORGANIZZATIVO PER L’ASSISTENZA AI MINORI CON ADHD,
PROGRAMMA REGIONALE EMILIA ROMAGNA)
In Europa esistono rigide restrizioni per la prescrizione di farmaci nei casi di DDAI:
 il trattamento farmacologico va intrapreso solo se gli interventi comportamentali hanno dato risposta
incompleta e, pertanto, non è previsto senza un adeguato intervento comportamentale, non è
soluzione automatica del problema ma un sostegno al trattamento riabilitativo sopra descritto;
 i farmaci sono prescrivibili solo a bambini di età superiore ai 6 anni con diagnosi F.90.0 e F.90.1;
 i farmaci consentiti sono solo il METILFENIDATO e l’ATOMOXETINA (determinazioni del
19/4/2007 pubblicata sulla G.U. 106 del 24/4/2007),
 l’assunzione di questi farmaci può avvenire solo in seguito a predisposizione di un piano terapeutico
individuale e all’indispensabile iscrizione nell’apposito Registro Nazionale istituito per raccogliere e
monitorare i pazienti affetti da ADHD;
 va preventivamente e adeguatamente informato il bambino stesso e la famiglia (consenso informato
e firmato);
 questa procedura può avvenire solo tramite i Centri specialistici regionali abilitati (CFR. ALLEGATO 4)
poiché questi farmaci sono dispensati unicamente e in modo diretto dal SSN (non possono essere
prescritti attraverso ricettari personali del medico);
 è indispensabile la collaborazione del pediatra che, oltre a segnalare patologie compresenti che
potrebbero interagire con l’assunzione dei farmaci, devono anche monitorare e segnalare effetti
indesiderati e reazioni avverse. (CFR. ALLEGATO 11)
Per quel che riguarda la scuola va precisato che:
 il farmaco da somministrare in orario scolastico è esclusivamente il metilfenidato che inizia ad aver
effetti dopo circa 30 minuti dalla somministrazione, con un picco di attività dopo un’ora e durata di
3/5 ore;
 la somministrazione di farmaci in ambiente scolastico è regolamentata dalle Raccomandazioni
firmate il 25/11/2005 da MIUR e Ministro della Sanità e dalla circolare 11 del Servizio Sanitario
regionale del 5/12/2007 “Indirizzi clinico-organizzativi per la diagnosi e il trattamento del
DDAI/ADHD in età evolutiva in Emilia Romagna”, in base alle quali:
17
Somministrazione di farmaci in orario scolastico
va incontro al diritto allo studio e, al contempo, alla salute e al benessere all’interno della scuola,
deve avvenire su specifica autorizzazione dell’ASL,
non deve richiedere al personale scolastico il possesso di specifiche cognizioni sanitarie, né
l’esercizio della discrezionalità,
coinvolge nella responsabilità la famiglia, la scuola, i servizi sanitari e gli enti locali e deve essere regolata da accordi,
deve essere formalmente richiesta dai genitori che depositano a scuola adeguata certificazione
medica con prescrizione dei farmaci e relative indicazioni (conservazione, modalità e tempi di
somministrazione, posologia),
implica l’individuazione di un idoneo luogo fisico all’interno della scuola,
va autorizzata dal D.S. la somministrazione da parte di un famigliare o delegato oppure richiesta
la disponibilità al personale scolastico che abbia una qualche formazione (in base al D.L.
626/94), oppure sottoscritta apposita convenzione con gli EELL oppure, nell’impossibilità di
venire incontro alla richiesta ricevuta, va data comunicazione formale e motivata ai genitori.
In definitiva il trattamento del DDAI si può schematizzare come:
90% intervento educativo
multisettoriale
Consulenza e sostegno ai genitori,
Terapia del comportamento,
Neurofeedback (EEG biofeedback),
Consulenza alla scuola su strategie comportamentali,
training di abilità sociali,
interventi di potenziamento degli apprendimenti
per l’aumento/miglioramento delle proprie
abilità,
interventi cognitivo-comportamentali per
l’incremento dell’autostima.
Lo yoga e la musica sembrano utili nel favorire la
concentrazione.
10% impiego di farmaci
Sono medicinali psicostimolanti che, agendo a
livello di chimica cerebrale, incrementano/facilitano il funzionamento dei neurotrasmettitori
intercellulari;
controindicati i sedativi.
ANALISI DELLE
MANIFESTAZIONI DEL DDAI:
1) NEL CONTESTO FAMILIARE sono bambini:
 alla continua ricerca di attenzione,
 litigiosi con fratelli e coetanei,
 dimenticano facilmente le richieste,
 perdono costantemente le cose,
 sono disorganizzati,
 si sentono frequentemente/facilmente frustrati,
 si oppongono ai cambiamenti delle loro abitudini,
 sono sempre in movimento,
 a volte mangiano e dormono poco,
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 spesso mostrano ritardo del linguaggio (semplice, talvolta improprio, con errore nell’ordinare
in sequenza suoni nella parola/parole nella frase) e/o difficoltà articolatorie (balbettio), pur in
presenza di adeguate capacità di comprensione,
 possono manifestare eccessiva sensibilità a luce e suoni;
2) NEL CONTESTO SOCIALE sono bambini poco “abili”:
 scarsa padronanza delle regole esplicite ed implicite della comunicazione impedisce la
corretta interpretazione dei messaggi verbali,
 difficoltà relazionali con coetanei e famigliari,
 scarsa tolleranza alle frustrazioni quindi frequenti atteggiamenti capricciosi,
 prese di posizioni inflessibili e incapacità di adattarsi ai cambiamenti,
 sviluppo di un non corretto concetto di sé, senso di inadeguatezza,
 le “sconfitte” provocano una debolezza di personalità che può comportare coinvolgimento in
situazioni negative,
 ansia e depressione fino a
 disturbo della condotta o disturbo oppositivo-provocatorio;
3) NEL CONTESTO SCOLASTICO sono bambini che evidenziano:
 difficoltà di apprendimento (NON specifiche) dovute a difficoltà di linguaggio, lettura,
ortografia, calcolo, elaborazione delle informazioni uditive e visive per malfunzionamento
del SNC,
 deficit di attenzione associato alla scarsa capacità di selezionare gli stimoli, concentrandosi
solo su quelli fondamentali (intrusione di dati non pertinenti), fissazione superficiale e
acritica di “tutto un po’”, assolutamente non funzionale all’apprendimento;
 deficit di memoria: la memoria di lavoro gode solo dell’effetto recency mentre, a causa
dell’attenzione insufficiente, manca l’effetto primacy (mentre normalmente di una sequenza
si ricorda l’inizio e la fine, il DDAI ricorda solo la fine), la MBT è sufficiente (capienza
mestica nella norma) ma non la MLT che, a causa dell’inadeguata organizzazione mentale,
non è in grado di trattenere, ordinare e collegare e, quindi, apprendere nuove informazioni; la
ripetizione delle informazioni non le rende persistenti poiché restano comunque disordinate,
inutilizzabili: ne deriva anche una scarsa competenza semantica per incapacità di
memorizzazione del lessico e un inadeguato utilizzo degli stimoli uditivi e visivi;
 problemi di coordinazione: difficoltà di equilibrio e postura, nel compiere prassie complesse
come la scrittura per cui spesso la calligrafia è illeggibile;
 difficoltà logico-matematiche per difficoltà nel distinguere i dati superflui da quelli
essenziali, soprattutto se comunicati verbalmente.
INDICAZIONI OPERATIVE DA ADOTTARE A SCUOLA:
Va ripreso un punto fondamentale:
per sperare in una significativa remissione dei comportamenti problematici dei DDAI è necessario impostare un INTERVENTO MULTIFOCALE che coinvolga BAMBINO+FAMIGLIA+INSEGNANTI;
vanno sottolineati due punti essenziali:
la SCUOLA è UNO DEGLI AMBITI PIÙ INFLUENZATI dai comportamenti dei DDAI perché:

regole poco chiare, variabili da un insegnante all’altro,

conseguenze delle infrazioni alle regole non chiare e non immediate,

autocontrollo e attenzione sono prerequisiti indispensabili per un apprendimento che deve basarsi su sistematicità e intenzionalità,

scarsa conoscenza del DDAI da parte degli insegnanti,

difficoltà ad organizzare un lavoro specifico e individualizzato che deve: personalizzare,
esercitare, modellare, compensare, dispensare, monitorare, rinforzare;
oltre il 50% degli alunni DDAI ha prestazioni scolastiche inferiori di circa due anni rispetto ai compagni ma ancora non è
chiaro se questo RITARDO DI APPRENDIMENTO sia dovuto a:
a) cadute attentive,
b) processi cognitivi lievemente compromessi;
va puntualizzato e analizzato il tipo di impegno richiesto a scuola per capire le difficoltà che può creare:
UN COMPITO SCOLASTICO IMPLICA TRE ORDINI DI PROCESSI:
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I-
ATTENTIVI= si tratta di quei comportamenti facilitanti (organizzare il materiale, concentrarsi sulla voce
dell’insegnante, sul testo, saper attivare meccanismi di “richiamo” quando ci si accorge di un calo…) e/o
inibitori (tralasciare gli stimoli esterni disturbanti, non parlare con il compagno, non fare domande inutili…) che
necessitano di:
competenze cognitive come:
o la concentrazione ovvero l’abilità di seguire un “compito” per un tempo sufficiente ad eseguirlo, l’attivazione di
strategie personali per
o controllare e dilatare la dimensione temporale dell’attenzione;
o la capacità di focalizzare e selezionare un dato tra tanti ovvero l’effetto “primo piano/sfondo” che ci permette di
filtrare e isolare, tra i tanti stimoli che raccogliamo, solo quelli interessanti);
competenze emotive come:
o
la motivazione,
o
l’interesse, ecc.
il programma “Attenzione e metacognizione” (dalla 3° elementare alla 1° media) si basa sulla convinzione che esistano
metodologie per attrarre e gestire l’attenzione in classe: si è infatti sperimentato che suscitando l’interesse e la curiosità
verso la conoscenza del proprio funzionamento mentale, svolgendo quindi una riflessione e un processo di
sensibilizzazione sul piano metacognitivo, consente un maggior controllo ed efficienza sia dell’attività cognitiva, sia di
quella comportamentale. Il programma lavora sulle singole componenti dell’attenzione: 1) selettiva: selezione VS
inibizione automatica o volontaria degli stimoli che colpiscono il nostro sistema nervoso; 2) focalizzata: operazione di
tipo volontario che guida le risorse cognitive, concentrandole con una certa intensità verso lo stimolo selezionato, verso
l’informazione rilevante per il soggetto; 3) sostenuta o mantenuta: coinvolge la dimensione temporale e richiede strategie
motivanti e facilitanti nei confronti dei compiti (questo è il livello più compromesso, secondo Cornoldi, nei casi di DDAI
poiché il bambino fatica a concentrarsi cioè a focalizzarsi su un contenuto e A mantenere l’attenzione su di esso; questo è
dovuto ad un deficit di autoregolazione, infatti accade in classe, nel lavoro in grande gruppo quando è debole anche
l’etroregolazione, ma non si verifica nel lavoro 1:1 nel quale il bambino può supplire la sua insufficiente autoregolazione
attentiva con l’aiuto esterno che la sollecita; 4) divisa: quando lo sforzo attentivo va distribuito contemporaneamente in
più direzioni; 5) shift ovvero “rapido spostamento dell’attenzione” quando è necessario focalizzarsi in rapida successione
su più stimoli diversi richiedendo flessibilità; 6) la consapevolezza di quali possono essere i “segnali di distrazione”
consente maggiore controllo e guida: i fattori distraenti, una volta riconosciuti, possono essere meglio gestiti.
II-
COGNITIVI, DI PROBLEM-SOLVING= sono le operazioni mentali del comprendere il compito, trovare la
strategia corretta per svolgerlo, verificare la fattibilità del percorso ipotizzato, lavorare in modo consequenziale,
controllare il prodotto e, se necessario, correggerlo;
III-
MOTIVAZIONALI= si basano sulla capacità di parlarsi dentro e autovalutarsi: avere un’efficace autostima che
ci permetta di valutare realisticamente la fattibilità del compito, impegnarsi, sforzarsi per portarlo correttamente
a termine, prevedere la gratificazione per l’esito positivo; questo ultimo fondamentale processo si basa sulla
capacità di autoregolarsi, di utilizzare il dialogo interiore per aumentare la propria autonomia nel controllo sia
cognitivo (seguire le consegne, pianificare il compito, non distrarsi, saper sfruttare l’anticipazione, mantenere lo
sforzo, posticipare la gratificazione, non farsi sopraffare dalla frustrazione), sia comportamentale (inibire gli
impulsi, regolare l’attività verbale e motoria, attenersi alle regole di comportamento, evitare liti e discussioni).
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»
»
AMBITI DISCIPLINARI MAGGIORMENTE COMPROMESSI/
CAUSE DEI “BLOCCHI DI APPRENDIMENTO”:
comprensione del testo non efficace per memoria di lavoro poco selettiva e strategica;
studio orale e memorizzazione faticosi per tempo dedicato allo studio insufficiente e difficoltà nell’applicazione
autonoma ed efficace del metodo di studio (sebbene conosciuto; se guidato, infatti, ottiene buoni esiti);
composizione scritta problematica per difficoltà di pianificazione e organizzazione delle idee da esporre per
iscritto;
area matematica: difficoltà nella comprensione del testo dei problemi che richiede l’identificazione delle
informazioni-chiave, la rappresentazione cognitiva della situazione e l’individuazione dello schema matematico
di soluzione e nella soluzione dei problemi per la complessità e l’interazione tra le operazioni cognitive a cui fare
attenzione e, quindi, strategie e procedure pianificate e una capacità di controllo dell’intero procedimento.
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ESISTONO STRATEGIE E MISURE SPECIALI PER RIDURRE LA GRAVITÀ DELLE
MANIFESTAZIONI DEL DDAI, PER CONTENERE IL COMPORTAMENTO PROBLEMATICO
DI QUESTI BAMBINI IN CONTESTO SCOLASTICO:
a. adattare i COMPORTAMENTI per creare una relazione adeguata:
 un atteggiamento accogliente, aperto, non-giudicante degli insegnanti e il clima della classe
favoriscono la modificazione/riduzione dei comportamenti problematici;
 un vigile contatto visivo richiama/trattiene l’attenzione del bambino sull’insegnante/sul compito,
impedendogli di distrarsi troppo facilmente (ovvero impegnarsi in attività distraenti),
 regole scolastiche chiare e semplici che indichino i comportamenti adeguati da assumere (quindi non
divieti, elenco di atteggiamenti negativi, serie di “non…”, ma elenco dei comportamenti corretti);
 al bisogno, rivedere e correggere le regole della classe;
 esplicitare i comportamenti adeguati e quelli inappropriati;
 esplicitare le conseguenze dei comportamenti positivi e di quelli negativi;
 rinforzare i comportamenti positivi (come? A voce o in forma scritta sottolineare i comportamenti
adeguati, regalare piccoli oggetti o una ricompensa di tipo alimentare, concedere permessi come
uscire dalla classe, cambiare posto, usare il computer, andare a prendere i gessi, ecc.) piuttosto che
punire quelli negativi: i segni di apprezzamenti rafforzano l’autostima del bimbo;
 cambiare i rinforzi quando perdono efficacia;
 non punire “togliendo l’intervallo” che è pausa indispensabile per scaricare la tensione e socializzare;
 le punizioni troppo severe, le note scritte, le sospensioni non modificano il comportamento;
 indicare semplici obiettivi comportamentali da perseguire ogni giorno;
 informare spesso, direttamente il bambino sul suo percorso (come sta lavorando, come si sta
comportando rispetto agli obiettivi fissati);
 evitare situazioni di competizione;
 focalizzare l’attenzione sulla qualità del lavoro e non sui tempi di esecuzione;
 sottolineare i punti di forza (a livello di comportamento e di abilità), eludendo i punti deboli,
riducendo l’impiego delle capacità deficitarie;
 programmare le attività in modo da creare una routine (il bambino con DDAI riesce così a prevedere
quali comportamenti dovrà adottare), definire i tempi necessari per le varie attività rispettando i
bisogni del bambino;
b. adattare l’AMBIENTE:
 la posizione dell’alunno deve essere tale da ridurre le distrazioni (finestra, cestino…) senza però
isolarlo completamente, per evitare che, alla ricerca di stimolazioni, diventi iperattivo;
 sistemare i banchi in modo da facilitare il movimento/controllo dell’insegnante;
 limitare, durante il lavoro scolastico, l’accesso all’aula di estranei;
 scegliere una posizione che lo metta a contatto con compagni tranquilli, che non lo provochino;
 controllare che luce, temperatura, ecc. siano regolari per non diventare improvvisi fattori di
eccitazione nervosa;
c. adattare il METODO:
 privilegiare la routine quotidiana e sollecitare l’uso dell’orario settimanale e del diario per favorire
l’anticipazione e la previsione dei comportamenti adeguati da assumere, l’organizzazione e la
pianificazione del lavoro;;
 spiegare ed esplicitare le novità per evitare ansia e agitazioni;
 prevedere tempi brevi di lavoro, frequenti pause, rapidi ma sistematici feed-back;
 proporre lezioni stimolanti, supportando il medium verbale con “aiuti” visivi e materiali;
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 necessità di supporto nella gestione del materiale e nell’organizzazione del lavoro (dare alcuni minuti
per ordinare il proprio materiale, essere ordinati per fornire un modello, fornire strategie per tenere in
ordine il banco;
 dare consegne brevi, semplici e chiare, verificandone la comprensione (“cosa devi fare?”);
 accorciare i tempi di lavoro: pause brevi ma frequenti;
 rendere stimolanti le lezioni e introdurre novità (variare tono e ritmo della voce, interagire
verbalmente e fisicamente con gli alunni richiedendo spesso il loro intervento, costruire situazioni di
gioco per favorire la comprensione, abituare al controllo del proprio lavoro;
 correggere le strategie di studio errate (troppo poco tempo dedicato allo studio, lettura ripetuta “a
macchinetta”, non riflessiva, rara sottolineatura casuale, ripetizione non efficace perché basata sulle
sottolineature non funzionali), sollecitare l’autovalutazione delle proprie strategie e guidare
mostrandolo il metodo efficace, basato su strategie adeguate (lettura attenta, rilettura parti non capite,
sottolineatura solo alla seconda lettura, schemi, appunti, osservazione delle figure, ripetizione
efficace delle parti evidenziate correttamente);
 comprensione del testo: proporre attività preparatorie alla lettura (discussione, anticipazione e
recupero delle informazioni già possedute, lettura delle immagini), monitorare la compressione in
itinere con domande di feed-back, schematizzare il contenuto;
 ambito logico-matematico: guidare/insegnare a selezionare e ordinare i concetti fondamentali, i dati
rilevanti (ad es. usando colori differenti), far “sovrapprendere” gli algoritmi di calcolo proponendo
istruzioni ridondanti, nuove, stimolanti.
ULTERIORI CONSIDERAZIONI
Un buon educatore <da EX-DUCERE: intuire e saper tirare fuori da ciascuno quello che già
potenzialmente possiede> deve:
o possedere senso dell’umorismo e non deve spaventarsi di fronte all’insolito e al bizzarro,
o avere buona capacità percettiva per saper leggere il non-verbale,
o essere ottimista (le sconfitte non sono definitive),
o possedere buona autonomia psicologica (saper mantenere le distanza rispetto all’aggressività e alle
provocazioni),
o provare affetto verso i bambini che segue e saperlo manifestare (empatia),
o essere consapevole che deficit specifici in settori particolari dell’apprendimento non comportano
necessariamente una compromissione intellettiva globale (teoria delle “Intelligenze multiple” di
Gardner, 1983 secondo cui le potenzialità di ognuno possono esprimersi a livello verbale e/o
logico-matematico e/o spaziale e/o cinestesico-corporeo e/o musicale e/o intrapersonale e/o
interpersonale e/o naturalistico).
DDAI e INSEGNANTE DI SOSTEGNO
o la L. 104/92 prevede l’insegnante di sostegno ala classe in presenza di un alunno “certificato”;
o la diagnosi (funzionale) non coincide e non viene necessariamente seguita da certificazione:
famiglia e medico specialista possono non ritenerla indispensabile; ad esempio
o in presenza di una corretta e organizzata sinergia scuola/famiglia/servizi, l’insegnante di sostegno
potrebbe non essere necessario,
o l’insegnante di sostegno (DPR. 31 ottobre 1975, art. 9) non è assegnato in modo esclusivo agli
alunni disabili ma a classi normali per interventi individualizzati di natura integrativa in favore di
tutti gli alunni, con particolare attenzione a quelli che presentano difficoltà di apprendimento,
collaborando con i colleghi curriculari (CM. 199/79) in piena contitolarità, poiché il processo di
integrazione dell’alunno certificato riguarda tutti i docenti (L. 104/92, art. 13, c. 6);
o l’insegnante di sostegno, quindi, in presenza di un alunno con DDAI può:
o osservare sistematicamente e analizzare in modo funzionale i comportamenti,
o intervenire preventivamente e conseguentemente ai comportamenti-problema,
o monitorare e gestire i rinforzi positivi e negativi,
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o facilitare l’apprendimento,
o supportare la regolazione dell’attenzione e del comportamento,
o utilizzare il computer come strumento motivazionale, per sviluppare il senso di autoefficacia del
bambino, per rendere partecipe il bambino al suo percorso di apprendimento, come ricompensa da
inserire nei “contratti” bambino/insegnante tesi a ridurne i comportamenti negativi, come
strumento relazionale, come strumento per esercitare l’attenzione, come strumento di intervento
metacognitivo di autoregolazione.
Gli STILI EDUCATIVI in famiglia, a scuola e, in generale, nel contesto adulto in cui il bambino si
viene a trovare si definiscono in base al combinarsi di fermezza e affetto:
FERMEZZA
= capacità di imporsi con
decisione senza essere aggressivi
AFFETTO
STILE EDUCATIVO
ADEGUATEZZA IN
CASO DI DDAI
NEGLIGENTE
Mette correttamente paletti
e ordine, dà regole ma il
troppo rigore può demotivare, frustrare e dar luogo
a reazioni oppositive e aggressive
È negativo adottarlo con un
bambino DDAI
È negativo in assoluto
AUTOREVOLE
È positivo
= dare attenzione al bambino riuscendone a cogliere le
emozioni, empatia, capacità
di consolarlo
+
-
AUTORITARIO
+
+
+
PERMISSIVO
Gli stili educativi, inoltre, vanno considerati nel contesto d’insieme per verificarne la concordanza
(tutti gli adulti di riferimento adottano analoghe modalità educative) o, al contrario, la discordanza (la
contraddittorietà di atteggiamenti è colta con facilità dai bambini che vi si adattano sfruttando a loro
favore le diverse situazioni): è necessaria la massima coerenza tra i comportamenti dei famigliari
e quella degli insegnanti perchè stili educativi contrastanti creano un pericoloso VUOTO
EDUCATIVO che non offre modelli, limiti e regole ai bimbi DDAI che, più degli altri ne hanno
bisogno, avendo appunto un deficit di autoregolazione.
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NOTE BIBLIOGRAFICHE:
Per predisporre la presente dispensa sono stati utilizzati:
LIBRI E RIVISTE:
o Cornoldi, De Meo, Offredi, Vio, Iperattività e autoregolazione cognitiva, Trento, Erickson (testo
presente a scuola);
o Rivista “A.I.D.A.I.” (Atti del 2° Convegno Italiano sul DDAI), febbraio 2000 (tra cui gli interventi
di: Sadile, Giovannucci, Masi-Favilla-Millepiedi-Mucci, Di Nuovo, Ruminati, Di Pietro,
Marzocchi, Lucangeli, Maschietto, Gallucci, Sechi, Vio, Cornoldi, Gardinale, Offredi, Molin-Poli,
Pettenò);
o Rivista “A.I.D.A.I.”, giugno 2000 (tra cui gli interventi di: S. e A. Poli, Fini e Marzocchi,
Gardinale).
APPUNTI PERSONALI DI CONFERENZE/CONVEGNI SEGUITI SULL’ARGOMENTO:
Giornata di studio sul tema “Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività: approccio educativo e
metacognitivo nella scuola, Ferrara, 7 ottobre 2000; in particolare, interventi di:
o Vio, “Il disturbo da DAI: aspetti cognitivi e comportamentali: la necessità di un lavoro integrato
scuola-servizi”,
o Marzocchi, “Memoria e apprendimento scolastico dei bambini con DDAI”;
o Polletta, Zanella, Ferioli, “Rilevazione tempestiva e trattamento precoce del DDAI. Metodologia di
lavoro per un approccio multidisciplinare”;
o Gardinale, Pettenò, “L’intervento psicoeducativo individualizzato nei casi con DDAI”;
o Coatti, Stoppa, “Dallo sviluppo del movimento alla dimensione psicomotoria dello sviluppo: una
lettura teorica per l’interpretazione del DDAI”;
o Filippi, “Disturbi di attenzione e iperattività” (conferenza del 7/9/2001).
MATERIALE SCARICATO DA INTERNET:
o Corso di aggiornamento per Insegnanti dell’I.C. di Cariate: lezione “Un bambino con DDAI a
scuola”;
o Di Pietro, Dacomo, “Cosa sono il deficit d’attenzione e iperattività /(ADHD, DDAI)”;
o scheda sul DDAI dal sito del “Centro Leonardo”;
o Marzocchi, “Il bambino irrequieto: e se fosse un DDAI?”;
o “Cosa è il DDAI” (dal sito: www.necessitaeducativespeciali.it);
o Documento finale della Conferenza Nazionale di consenso: “Indicazioni e strategie terapeutiche
peri bambini e gli adolescenti con DDAI” (Cagliari, 6-7 marzo 2003).
NORMATIVA DI RIFERIMENTO:
o Nota MIUR e Ministero Sanità del 25/11/2005: Raccomandazione sulla somministrazione dei
farmaci in orario scolastico;
o CM Sanità e politiche sociali , Reg E.R:, n° 11 del 5/12/2007;
o Nota USR E.R. prot.15296 del 30/9/2008 “Correlazione tra situazioni di disagio scolastico o di
difficoltà di apprendimento e formulazione di ipotesi patogene. Indicazioni in ordine alla gestione
di incontri scolastici riservati ai docenti o aperti alle famiglie e all’utenza”;
o Nota MIUR prot. 6013 del 4/12/2009 “Problematiche collegate alla presenza nelle classi di alunni
affetti da sindrome ADHD-DDAI”;
o Nota USR Emilia Romagna n° 48 del 5/1/2010: Alunni con diagnosi di DDAI;
o Documento regionale “Indirizzi clinico-organizzativi per la diagnosi e il trattamento del
DDAI/ADHD in età evolutiva in Emilia Romagna”.