Bambini iperattivi Quando dietro l’eccessiva vivacità si nasconde un problema A cura della Dott.ssa Francesca Saccà La vivacità è una caratteristica positiva nei bambini in quanto li rende attivi e curiosi nei confronti delle esperienze circostanti tuttavia, quando diventa eccessiva e si accompagna a caratteristiche quali impulsività, disattenzione e carenza nell'autocontrollo, può trattarsi di una vera e propria patologia che richiede una diagnosi specialistica e una terapia mirata. Tale patologia prende il nome di "Disturbo da deficit di attenzione e iperattività” (Ddai, nella letteratura italiana), conosciuto anche con l'acronimo inglese Adhd (Attention deficit hyperactivity disorder). Gian Marco Marzocchi (2003), Ricercatore di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione presso l’Università “Bicocca” di Milano, definisce il Ddai come “un disturbo evolutivo dell’autoregolazione del comportamento che si manifesta soprattutto con difficoltà di mantenimento dell’attenzione, del controllo motorio e delle risposte impulsive”. Difficoltà di attenzione, impulsività ed iperattività sono dunque le caratteristiche che contraddistinguono il disturbo in questione. Questi tre elementi possono essere presenti in proporzione variabile. In particolare i comportamenti che rientrano nella disattenzione sono: - Il bambino non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici o in altre attività - Spesso sembra non ascoltare quando gli si parla direttamente - Spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici o i propri doveri, non a causa di un comportamento in opposizione alle regole sociali - Spesso mostra difficoltà a organizzarsi nei compiti e nelle attività - Spesso evita di impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale prolungato (compiti a scuola o a casa) - Spesso perde gli oggetti necessari per i compiti e le attività quotidiane - Spesso è facilmente distratto da stimoli estranei - Spesso è sbadato nelle attività quotidiane I comportamenti che rientrano nell' iperattività sono: - Spesso muove con irrequietezza mani o piedi o si dimena sulla sedia - Spesso lascia il proprio posto in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti seduto - Spesso scorazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui è fuori luogo - Spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi al divertimento in modo tranquillo - Spesso è “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato” - Spesso parla eccessivamente I comportamenti che rientrano nell' impulsività sono: - Spesso spara le risposte prima che le domande siano state completate - Spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno - Spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM-IV (APA, 1994) per poter porre diagnosticare tale patologia un bambino deve presentare almeno 6 sintomi (tra quelli sopra elencati) per un minimo di sei mesi. I sintomi devono essere presenti prima dei 7 anni di età, manifestarsi almeno in 2 contesti – scuola e famiglia – e provocare una compromissione clinicamente significativa del funzionamento scolastico e sociale. La prevalenza di questo disturbo varia molto, tuttavia i soggetti colpiti sono comunque numerosissimi in tutto il mondo. Secondo il DSM-IV il Ddai interessa tra il 3 e il 5% dei bambini in età scolare. Le cause di tale patologia non sono ancora del tutto chiare: diverse ricerche confermano il ruolo importante di fattori genetici, prenatali, fisici ed ambientali. Secondo il Dott. G.Marzocchi (2003) “il Ddai è un disturbo molto complesso che molto probabilmente dipende sia dalla presenza di fattori di rischio innati ma anche da fattori educativi e familiari che ne determinano la gravità e la persistenza nel tempo. Il bambino nasce con una predisposizione a sviluppare il disturbo e l’educazione, l’ambiente familiare e/o scolastico possono far sfociare in modo più o meno evidente la sintomatologia”. Sempre Marzocchi (2003) propone un’interessante descrizione, in ordine di potere predittivo, dei fattori di rischio che favoriscono l’insorgenza del Ddai: - Elevato livello di attività motoria ed eccessive richieste di cura e attenzione del bambino prima dei 5 anni - Precedenti casi di Ddai in famiglia - Atteggiamento direttivo e critico dei genitori verso i comportamenti del figlio - Fumo, uso di alcol, e problemi di salute della madre durante la gravidanza - Elevato numero di complicazioni mediche durante il periodo di gravidanza - Assenza di un genitore - Basso livello educativo – culturale della madre - Problemi di salute del bambino nei primi anni di vita e ritardo di sviluppo motorio e linguistico Il Ddai influenza negativamente la sfera familiare, scolastica e sociale del bambino. Le prestazioni scolastiche dei bambini con Ddai sono scarse non perché questi bambini siano incapaci di apprendere quanto piuttosto per la loro distraibilità, disattenzione ed incapacità di organizzazione che li caratterizza. Inoltre il bambino con Ddai, proprio in virtù delle sue caratteristiche comportamentali (scarsa autoregolazione degli impulsi, reazioni impulsive e inadeguate) mostra grandi difficoltà nel relazionarsi sia con il gruppo dei pari che con quello degli adulti (familiari ed insegnanti che non riescono a gestirlo). Tutto questo può generare nel bambino scarsa autostima e isolamento. Appare dunque molto importante intervenire sul disturbo al fine di evitare che la patologia, influenzando negativamente lo sviluppo psico-emotivo del bambino, si accentui in età adolescenziale, dando luogo a gravi problemi di condotta (personalità antisociale, alcoolismo, criminalità). Ma come si può intervenire efficacemente su tale patologia? Come riferisce Francesca Nuccini (2005), psicologa perfezionata in psicopatologia dell'apprendimento, “ I risultati di un importante studio condotto nel 1992 dall'Istituto Nazionale di Salute Mentale degli Stati Uniti col fine di individuare i percorsi terapeutici più adeguati per un bambino affetto da Ddai hanno evidenziato che ogni intervento terapeutico per i bambini con DDAI deve essere accuratamente personalizzato, preceduto da una accurata valutazione clinica e seguito da frequenti visite di controllo, almeno mensili. Inoltre la combinazione della terapia farmacologica con l'intervento psicologico offre alcuni vantaggi rispetto al trattamento esclusivamente farmacologico: migliora le relazioni con i coetanei, aumenta la soddisfazione dei genitori per il trattamento, permette di utilizzare minori dosi di farmaco. Nonostante le cure farmacologiche rivestano un ruolo innegabile e sostanziale nel trattamento dei sintomi comportamentali e cognitivi dell'DDAI, per raggiungere risultati che durino nel tempo e che sappiano rivolgersi ad aspetti più complessi come le funzioni psicosociali, sono necessarie modalità terapeutiche multiple che implichino l'associazione tra terapie farmacologiche e aiuto psicologico”. Appare opportuno precisare che non tutti i bambini affetti da Ddai hanno bisogno di un trattamento farmacologico: come evidenzia il Dott. Marzocchi (2003), “dopo un’attenta valutazione medica, la decisione di usare farmaci si basa sulla severità dei sintomi, sul consenso dei genitori e del bambino, sulle risorse cognitive del bambino e sulle capacità di genitori ed insegnanti di gestire i problemi comportamentali, e sui risultati di precedenti terapie”. Per quanto concerne la terapia psicologica, questa si estende a vari ambiti: da interventi diretti al bambino a consulenze rivolte agli insegnanti e ai genitori. Diverse sono le tipologie d'intervento psicologico che si possono attuare con un bambino che presenta DDAI: esistono interventi definiti "comportamentali", che si focalizzano principalmente sulle conseguenze dei comportamenti del bambino, e cercano, attraverso gratificazioni e punizioni, di ridurre i suoi sintomi e i suoi atteggiamenti negativi. Altri interventi, definiti cognitivocomportamentali, hanno come scopo quello di insegnare al bambino adeguate strategie cognitive (capacità di risoluzione dei problemi o di autoregolazione) e di incrementare le abilità carenti. Con i genitori di questi bambini vengono utilizzati programmi di “Parent Training”, ossia percorsi di formazione il cui obiettivo è quello di fornire informazioni specifiche sul disturbo e suggerire tecniche educative per la gestione del comportamento problematico. L’intervento psicologico con gli insegnanti (parte essenziale di un efficace percorso terapeutico di bambini con Ddai) ha diversi obiettivi: dopo aver informato gli insegnanti sulle caratteristiche specifiche del disturbo, questi vengono aiutati ad assumere un atteggiamento più costruttivo nel rapporto con il bambino. Inoltre viene loro spiegato come lavorare in classe per migliorare la relazione del bambino con i compagni e vengono suggerite particolari strategie didattiche per facilitare l’apprendimento dell’alunno. “Obiettivo di ogni intervento terapeutico- sostiene Marzocchi (2003)- non deve essere quello di far scomparire completamente i sintomi, ma di sviluppare un adeguato benessere che dipende anche dalle relazioni con i genitori e con gli insegnanti”. Alla luce di queste considerazioni possiamo affermare dunque come il trattamento più efficace per un bambino a cui viene diagnosticato un disturbo da deficit di attenzione e iperattività sia un trattamento di tipo multidisciplinare che agisce su tutti gli aspetti del problema e include tutte le persone coinvolte nella vita del bambino. Suggerimenti bibliografici American Psychiatric Association, Diagnostic and Statistical manual of mental Disorders, 4th ed (DSM-IV). Washington, DC: American Psychiatric Association, 1994. Edizione italiana a cura di V. Andreoli, G. B. Cassano e R. Rossi, Masson, Milano, 2002 Arcelus, J. e Munden, A., Il bambino iperattivo. Guida al Disturbo da Deficit d'Attenzione/Iperattività per medici, psicologi, insegnanti e genitori, Ecomind, Salerno, 2001 D’Errico R., Aiello E., “Vorrei scappare in un deserto e gridare…” Una guida pratica all’ADHD attraverso le storie di tutti i giorni di bambini iperattivi e disattenti, Giuseppe De Nicola Editore, Napoli, 2002 Marzocchi G.M., Bambini disattenti e iperattivi. Cosa possono fare per loro genitori, insegnanti e terapeuti, Il Mulino, Bologna, 2003 Perticone G., Deficit dell'attenzione. Iperattività e impulsività, Armando Editore, Roma, 2005