Rivelazione particelle - servizio di fisica medica e radi

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RIVELAZIONE DELLE RADIAZIONI
In uno strumento di misura si possono normalmente distinguere due parti:
rivelatore, che interagisce con le radiazioni
apparato di misura, che elabora la risposta del rivelatore.
I Rivelatori che sfruttano la ionizzazione in essi prodotta dalle radiazioni sono:
1. le camere a ionizzazione, i contatori proporzionali, i tubi GeigerMUller,
2. le camere a nebbia,
3. i dispositivi a semiconduttori.
In altri rivelatori vengono sfruttati l’eccitazione e la dissociazione molecolare:
1. contatori a scintillazione,
2. dosimetri chimici
Rivelatori a Ionizzazione
Attraversando una qualsiasi sostanza le radiazioni producono, in modo diretto/indiretto,
coppie di ioni, costituite da un elettrone e da ione atomico (o molecolare).
L’energia media W ceduta al mezzo per coppia di ioni prodotta è maggiore del potenziale
di ionizzazione ( 5 - 20 eV ) poiché parte dell’energia è trasferita al mezzo attraverso
processi di eccitazione.
A parità d’energia ceduta il numero di ioni prodotti dipende dal tipo e dall’energia della
particella e dal materiale. Per l'aria W= 35 eV
Il dispositivo consiste in una camera cilindrica riempita con gas (aria) , in cui sono presenti
due elettrodi tra i quali è applicata una d.d.p. Un elettrodo è costituito dalle pareti della
camera (catodo), l’altro dal filo centrale (anodo).
Esponendo la camera alle radiazioni nel gas si formano ioni che sono trasportati agli
elettrodi dal campo elettrico esistente tra anodo e catodo.
La velocità degli elettroni (maggiore degli ioni ) dipende dall’intensità del campo elettrico,
dalla pressione del gas.
La carica raccolta sull’anodo produce una corrente nel circuito esterno e una rapida
diminuizione del potenziale dell’anodo che dipende da R.
E’ possibile rivelare la presenza di radiazioni inserendo nel circuito un opportuno
strumento.
In fig. è riportata l’ampiezza dell’impulso prodotto in un rivelatore in funzione del potenziale
applicato. La curva a tratto pieno è per particelle alfa quella tratteggiata per particelle
beta.
Regime di ricombinazione ( 1 )
Per piccole differenze di potenziale ( E limitato) il tempo di raccolta degli ioni è
sufficientemente lungo da permettere numerose ricombinazioni. Col crescere della
tensione, il tempo di raccolta diminuisce, la ricombinazione diminuisce, l’ampiezza
dell’impulso aumenta.
Regime di camera a ionizzazione ( 2).
Oltre un certo limite di differenza di potenziale, l’ampiezza dell’impulso non cresce più (
pianerottolo) perché la tensione è tanto alta da rendere trascurabile la ricombinazione e
quindi tutti gli ioni prodotti raggiungono gli elettrodi.
La corrente media nel circuito esterno dipende dall’intensità del fascio e dal tipo di
radiazione; essa tende ad un valore limite, detto corrente di saturazione.
Gli strumenti che lavorano in questa zona sono detti camere a ionizzazione.
Poiché l'ampiezza del segnale non dipende dalla d.d.p, le camere a ionizzazione non
richiedono un’alimentazione particolarmente stabile.
Con intensità e ionizzazioni elevate, nei dintorni del catodo si raccoglie una carica
spaziale + che determina una diminuzione del campo elettrico e quindi un aumento della
ricombinazione. La tensione richiesta per instaurare il pianerottolo deve quindi essere
aumentata.
Regime proporzionale
Quando gli elettroni vanno verso l'anodo vengono accelerati e acquistano energia tra un
urto e l’altro fino ad acquistare energia sufficiente da produrre a loro volta ionizzazione.
Aumentando ancora la tensione gli elettroni secondari potranno a loro volta causare
ionizzazione in modo che per ogni iniziale elettrone prodotto si forma una cascata
controllata ( numero fisso) di ioni.
Il numero di elettroni che raggiungono l’anodo per ogni elettrone primario è detto
amplificazione A ( 105-106).
Per rivelatori a camera cilindrica ed anodo centrale, è possibile trovare un intervallo di
tensione in cui A dipende solo dalla tensione applicata e non dal punto in cui è prodotta
la ionizzazione primaria.
In questo caso Il campo elettrico è tale per cui la moltiplicazione si instaura solo in una
zona molto ristretta attorno all’anodo. Gli elettroni primari, ovunque siano stati prodotti,
vengono trascinati verso la corona cilindrica dell’anodo senza produrre moltiplicazione;
giunti alla corona danno inizio alla cascata la cui estensione viene mantenuta sotto
controllo.
L’ampiezza dell’impulso risulta proporzionale al numero di elettroni inizialmente prodotti,
cioè in definitiva all’energia ceduta al gas.
Per ottenere una buona proporzionalità è necessaria un’alimentazione in tensione
notevolmente stabile per evitare variazioni di A.
E=
V
r = raggio filo int erno
rA = raggio cilindro
rA
r ln( )
r
∆Q A N e
∆V =
=
N = numero elettroni primari
C
C
Per A =1 si ottiene l’ampiezza dell’impulso prodotto in regime di camera di ionizzazione.
Il contatore proporzionale permette di discriminare tra diversi tipi di radiazioni.
Es: particelle alfa e beta di uguale energia (3,5 MeV), il gas è aria, la capacità 16 pF
e A= l0 3 l’ampiezza dell’impulso sarà :
Particella alfa perderà tutta la sua energia nella C.I. producendo 10 5 ioni ( W=35 eV )
Particella beta produce una ionizzazione molto più piccola ( non perde tutta la sua
energia) : 100 ioni
∆Q A N e
=
= 1V
C
C
∆Q A N e
=
=
= 1 0 −3 V
C
C
∆VAlfa =
∆VBeta
In queste condizioni si possono progettare circuiti che discriminano i tipi di impulsi.
Regime di Geiger-Muller. Quando la differenza di potenziale supera la soglia di Geiger,
la tensione è così elevata che anche una singola ionizzazione, ovunque sia prodotta, produce una scarica non controllata che sarebbe permanente se non intervenissero fenomeni
di carica spaziale a fermarla. ( si usano speciali miscele di gas )
Gli impulsi forniti dai contatori G. M. sono molto più grandi di quelli dei contatori proporzionali ed è indipendente dal numero iniziale di elettroni.
A questo vantaggio si contrappone l’impossibilità di distinguere i vari tipi di radiazione
incidente e per uno stesso tipo di particella le diverse energie.
Tempo morto e correzione del tempo morto
Rivelazione mediante semi-conduttori. ( Germanio; Silicio)
E’ possibile realizzare dispositivi nei quali il “gas” è sostituito da un semi-conduttore.
Anche in questo caso, a seguito della ionizzazione prodotta nel mezzo, si liberano cariche
elettriche che vengono raccolte su elettrodi esterni per mezzo di campi elettrici.
Questo tipo di rivelatori si presta molto bene per misure sulle particelle cariche il cui
percorso nei solidi è qualche decimo di millimetro.
In un solido a struttura cristallina i livelli energetici degli elettroni, soprattutto di quelli delle
orbite esterne risultano raccolti in bande che contengono un gran numero di livelli di
energia poco differenti tra loro.
Il numero dei livelli occupati è uguale al numero di elettroni.
Nei conduttori metallici, la banda di più alta energia, detta banda di conduzione, è
parzialmente piena e gli elettroni sono liberi di muoversi attraverso il cristallo.
Nei semi-conduttori e negli isolanti si ha una banda, di valenza, completamente piena
degli elettroni che formano i legami interatomici mentre la banda di conduzione è vuota.
Tra la banda di valenza e la banda di conduzione, si ha un intervallo di energia non
permessa: banda proibita. Perché avvenga la conduzione è necessario fornire agli
elettroni un’energia non inferiore alla larghezza della banda proibita.
La differenza tra semi-conduttori e isolanti è nel diverso valore di ∆E. Nei primi è
dell’ordine di 1 eV, nei secondi di 10 eV.
Nei semi-conduttori si ha una modesta conducibilità a temperatura ambiente poiché
l’energia d’agitazione termica può permettere il passaggio di elettroni dalla banda di
valenza a quella di conduzione. Ciò non è possibile nel caso degli isolanti.
Quando un elettrone viene portato nella banda di conduzione, nella banda di valenza un
livello viene lasciato libero ( lacuna ): si crea una coppia elettrone-lacuna.
Se viene applicato al cristallo un campo elettrico l’elettrone si muove nella banda di conduzione ed è possibile pensare anche alla lacuna si muova sotto l’azione del campo
elettrico in verso opposto come una carica positiva.
I semi-conduttori contengono sempre delle impurità che modificano la struttura delle
bande e determinano le caratteristiche elettriche del materiale.
Ci sono due tipi di impurità che producono effetti differenti: i donatori e gli accettori.
Le impurità sono presenti naturalmente o introdotte artificialmente con una procedura :
drogaggio.
(Semiconduttore di tipo N). I donatori sono atomi che contengono più elettroni di valenza
di quanti ne sono richiesti per i legami interatomici. Gli elettroni in eccesso, debolmente
legati, possono passare facilmente alla banda di conduzione.
Il risultato è come se fosse diminuita la larghezza della banda proibita.
Atomi di Fosforo aggiunti ad un cristallo di silicio riducono l’ampiezza della banda proibita
a soli 0,045 eV.
(Semi-conduttori di tipo p). Gli accettori come il Boro non contengono un numero di
elettroni sufficienti a saturare i legami di valenza. Viene allora facilmente accettato un
elettrone da un atomo circostante producendo lo spostamento della lacuna all’interno
della banda di valenza.
Se il numero di donatori e quello di accettori è bilanciato il semi-conduttore è detto
intrinseco e i portatori di carica sono esclusivamente quelli prodotti dall’agitazione termica
che sposta elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione come nel semiconduttore puro.
Le impurità, come i difetti cristallini, possono agire da trappole che catturano
temporaneamente gli elettroni prodotti dalla radiazione che sono passati in banda di
conduzione. In questo caso, anche se l’elettrone o la lacuna vengono successivamente
rilasciati, il ritardo può far sì che essi non contribuiscano al segnale di uscita.
Un altro processo che può influenzare la raccolta delle cariche è la ricombinazione, che
comporta la perdita di una coppia elettrone-lacuna, prima che questa possa essere
raccolta dal campo elettrico applicato.
Contatori a conduzione
I primi rivelatori di radiazione che hanno sfruttato i fenomeni esaminati sono stati i
contatori a conduzione realizzati con cristalli di sostanze isolanti quali ad esempio il
diamante, il cloruro d’argento ed il solfuro di cadmio. Per mezzo di elettrodi piani e
paralleli a tali cristalli viene applicato un campo elettrico che risulta uniforme. In presenza
di radiazioni ionizzanti un tale dispositivo si comporta come una camera a ionizzazione
solida il cui volume sensibile si estende a tutto il cristallo.
Le particelle cariche cedono energia al cristallo producendo coppie di elettroni e lacune
liberi, le quali hanno energia normalmente sufficiente per produrre a loro volta altre coppie
di portatori che si muovono fino ad essere raccolti dagli elettrodi producendo una corrente
nel circuito esterno che rivela il passaggio della particella carica.
Questi contatori presentano inconvenienti dovuti alla presenza d’impurità e difetti cristallini
che diminuiscono la resistività del cristallo isolante. Anche se l’impiego del silicio e
dell’arseniuro di gallio ha portato notevoli miglioramenti questi contatori non sono molto
usati nella fisica sanitaria.
Contatori a giunzione.
I maggiori inconvenienti dei contatori a cristallo sono dovuti alla presenza di impurità, che
possono diminuire la resistività del cristallo isolante.
Se in un cristallo semiconduttore si realizzano due zone a contatto, una di tipo p l’altra di
tipo n, si avrà una diffusione di elettroni dalla zona n alla zona p e di lacune nel verso
opposto. Gli elettroni diffusi nella zona p si ricombineranno con le lacune di tale zona e lo
stesso avverrà con le lacune nella zona n.
Questa migrazione di cariche continuerà fino a che non si produce una differenza di
potenziale tra le parti del semiconduttore tale da impedire ogni ulteriore passaggio di
elettroni dalla zona n alla zona p e viceversa.
L’ordine di grandezza della differenza di potenziale è di 0,5 Volt. Il fenomeno forma una
zona, impoverita ( di carica spaziale ) priva di cariche libere dello spessore anche di 1
cm, che si comporta come un isolante racchiuso tra due elettrodi conduttori.
L’altezza della barriera di potenziale può essere modificata per mezzo di tensioni esterne.
Applicando una tensione inversa ( + alla zona P e – alla zona n) si può innalzare la
barriera ed ottenere una zona impoverita del massimo spessore possibile.
Tutte le coppie prodotte da particelle ionizzanti nella zona di carica spaziale vengono
trascinate dal campo elettrico inverso e danno luogo ad una corrente nel circuito esterno.
La zona di carica spaziale coincide così col volume sensibile del rivelatore.
P
°
°
°
-
°
°
°
-
N
I più diffusi rivelatori sono quelli a diffusione e quelli a barriera superficiale.
Nei rivelatori a diffusione, la giunzione di tipo p-n viene ottenuta facendo diffondere atomi
accettori di tipo p in un cristallo di tipo n fino ad una certa profondità.
Per i rivelatori a barriera superficiale, normalmente si procede lasciando ossidare
spontaneamente la superficie di un cristallo di tipo n, precedentemente intaccata
chimicamente. In ambedue i casi si possono ottenere, con opportune tensioni inverse,
volumi sensibili con spessori che arrivano a circa 1-3 mm.
Un rivelatore a giunzione ( compensazione di litio ), che ha il vantaggio di avere un volume
sensibile con spessore che può estendersi fino a circa 1 cm, è il rivelatore p-i-n.
In esso, tra la zona p e la zona n, esiste una zona intrinseca.
Per la realizzazione si fa diffondere in un semiconduttore di tipo p atomi di litio ( donatori n)
in elevata concentrazione. Dopo aver innalzato la temperatura, si sottopone la giunzione
n-p così ottenuta ad una tensione inversa cosicché gli ioni di litio, positivi, si muovono
attraverso nel cristallo e si dispongano in modo che in una zona estesa vi sia equilibrio tra
donatori e accettatori. Questa disposizione degli atomi di litio si conserva anche quando si
ripristina la temperatura dando luogo alla formazione di una zona intrinseca che può avere
spessori dell’ordine di 1 cm e costituisce la regione sensibile per un contatore di tipo n-i-p.
RIVELATORI A SCINTILLAZIONE
Un fenomeno che viene usato per le rivelazioni delle radiazioni è la luminescenza,
proprietà per cui alcuni materiali emettono sotto forma di impulsi di luce parte dell’energia
assorbita per ionizzazione o eccitazione.
------------------------------------------I meccanismi secondo i quali avviene la luminescenza sono diversi a seconda del tipo di
scintillatore.
Nel caso degli scintillatori organici o dei gas nobili si tratta di processi di natura
molecolare.
Nel caso dei cristalli inorganici il fenomeno è legato alla presenza di impurità o difetti che
produce centri carichi detti trappole e la creazione di stati permessi nella banda proibita.
Le radiazioni spostano alcuni elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione.
Essi cominciano a vagare nel cristallo e possono essere catturati da una trappola andando
ad occupare un livello nella banda proibita. Immagazzinamento di energia.
Se le transizioni da quel livello alla banda di valenza sono permesse, la differenza di
energia sarà ceduta rapidamente sotto forma di energia luminosa, o alternativamente al
reticolo cristallino sotto forma di calore. Fluorescenza caratterizzata da un tempo di
permanenza dell’elettrone nella trappola luminescente dell’ordine dei 10-8 sec
Se invece le transizioni alla banda di valenza sono proibite, l’elettrone resta intrappolato in
un livello eccitato metastabile e tornerà allo stato fondamentale solo passando per la
banda di conduzione. Fosforescenza, dove il tempo può variare tra qualche µs a diverse
ore.
-----------------------------------------Con l’adozione dei Fotomoltiplicatori, che trasformano l’impulso di luce in un impulso
elettrico, i rivelatori a scintillazione hanno acquistato grande importanza. Il metodo della
scintillazione è uno dei metodi più sensibili ed è utile per Beta e X .
Poiché è normalmente possibile misurare l’energia delle particelle incidenti, si presta
anche a misure spettrometriche.
Gli scintillatori sono divisi in 5 classi:
• cristalli organici
• soluzioni di sostanze organiche in solventi organici
• soluzioni di sostanze organiche in materie plastiche (scintillatori plastici).
• cristalli inorganici.
Le caratteristiche richieste ad uno scintillatore sono:
• la capacità di trasformare in energia luminosa una elevata frazione dell’energia
ceduta al cristallo per ionizzazione ed eccitazione.
• trasparenza dei rivelatori alla luce emessa nelle scintillazioni.
• tempo di decadimento degli impulsi di luce sufficientemente breve.
• composizione spettrale della luce emessa compatibile con una buona risposta dei
fotomoltiplicatori.
Nei migliori scintillatori, l’energia media che deve essere assorbita per ogni fotone emesso
è generalmente compresa tra 15 e 60 eV.
Nei scintillatori organici (cristalli e soluzioni plastiche o liquide), a parità di energia
depositata, una particella α produce solo 1/10 della quantità di luce prodotta da una
particella β.
Nei scintillatori inorganici invece la frazione dell’energia delle particelle α trasformata in
luce è più elevata, essi perciò sono più adatti per la rivelazione di queste particelle.
Rivelatori con buona efficienza sono :
Cristalli di NaI attivati al tallio (inorganico) X,gamma.
Cristalli di antracene (C14 H10) ( organico) Beta.
Solfuro di Zinco (inorganico), presenta un elevato assorbimento della luce emessa e deve
essere usato in strati sottili, risultando adatto per le particelle α.
I contatori organici ed i gas nobili hanno un tempo di decadimento particolarmente breve:
per il transtilbene (C14 H12), è circa 5• l0-9 secondi, per NaI (inorganico) è 0,25 µsec.
Il tempo di decadimento è il tempo richiesto per l’emissione del 63% della luce.
La compatibilità della luce emessa con la risposta dei fotomoltiplicatori è soddisfacente per
gli scintillatori più usati.
Quando ciò non avviene, esempio negli scintillatori liquidi, si può ovviare all’inconveniente
aggiungendo sostanze che possono assorbire la luce emessa nelle scintillazioni ed
emettere luce con diversa composizione spettrale.
---------------------------------------------------I fotomoltiplicatori sono valvole a vuoto spinto in cui sono collocati alcuni elettrodi: il
fotocatodo, i dinodi ( 10-11) e l’anodo.
I fotoni di luce da misurare uscenti dallo scintillatore vengono fatti incidere sul fotocatodo,
costituito da uno strato di sostanza fotosensibile come antimoniuro di cesio (Cs3Sb), che
emette elettroni secondari per effetto fotoelettrico.
Generalmente sul fotocatodo si ottiene un elettrone per 18 eV di energia luminosa
incidente.
Presso il fotocatodo è situato il primo dinodo, poi gli altri ed infine si ha l’anodo. Il primo
dinodo viene mantenuto ad un potenziale positivo rispetto al fotocatodo, i dinodi positivi
rispetto a quelli precedenti e l’anodo positivo rispetto all’ultimo dinodo. Le differenze di
potenziale tra fotocatodo e primo dinodo, tra dinodo e dinodo, ed tra ultimo dinodo e
anodo sono uguali e dell’ordine dei 100 Volt.
Ciascun elettrone liberato da un dinodo acquista energia sufficiente a liberare sulla
superficie di arrivo un certo numero di elettroni secondari. Questo processo si ripete per
ciascun dinodo e porta alla moltiplicazione del numero di elettroni. Gli elettroni sono
raccolti sull’anodo del tubo e la carica può essere rivelata misurando la corrente che
fluisce nel circuito esterno.
Il numero di elettroni liberati per elettrone incidente è chiamato fattore di moltiplicazione
del dinodo e risulta compreso tra 3 e 5.
In un fotomoltiplicatore con 10 stadi il rapporto tra la corrente rivelabile all’uscita e la
corrente iniziale di fotoelettroni è superiore a 106.
Tenendo presente che l’emissione di un fotoelettrone dal catodo richiede una perdita
d’energia nello scintillatore compresa tra 0,5 e 2 keV, e ricordando che il fattore di
moltiplicazione è dell’ordine di l03 - 106 si deduce che i sistemi di rivelazione a
scintillazione sono molto più sensibili delle camere a ionizzazione
-----------------------------------------------------------------
La luce nello scintillatore è emessa in tutte le direzioni. Per farla incidere sul fotocatodo si
ricopre la superficie esterna dello scintillatore con materiali riflettenti ad eccezione di una
finestra dove è collocato il fotocatodo.
Un particolare importante è il contatto ottico tra lo scintillatore ed il fotomoltiplicatore. Nel
passaggio attraverso la superficie, la discontinuità dell’indice di rifrazione può produrre
fenomeni di riflessione totale della luce, per cui parte di essa potrebbe ritornare verso lo
scintillatore. Un buon contatto ottico si realizza interponendo tra scintillatore e finestra
del fototubo sostanze che eliminano le discontinuità ottiche come olii al silicone per i
cristalli di NaI, o balsamo del Canada per l’antracene.
Tra scintillatore e fototubo viene interposta una guida di luce, sostanza trasparente
alla luce emessa dallo scintillatore sagomata in modo da guidare la maggior parte della
luce verso il fotocatodo, sfruttando fenomeni di riflessione totale.
Rimane la necessità di realizzare buoni contatti ottici tra scintillatore e guida di luce,
nonché tra guida di luce e fotomoltiplicatore.
Le sostanze più usate per la realizzazione di guide di luce sono il quarzo, la lucite o
anche cristalli di ioduro di sodio puro (non attivato al tallio).
A seconda del tipo di misure che si intende effettuare il circuito esterno può essere
progettato in diversi modi:
se si desidera misurare livelli di radiazioni è sufficiente un generatore di tensione, un
amplificatore ed un rateometro.
Se si desidera effettuare analisi d’energia è invece necessario l’uso di analizzatori
multicanali.
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DISPOSITIVI CHIMICI
Uno dei processi più largamente usati è quello che si basa sui cambiamenti chimico-fisici
subiti dalle pellicole fotografiche esposte a radiazioni che permettono di usare lastre
fotografiche sia per rivelare le radiazioni che per scopi dosimetrici.
I cambiamenti di natura chimica sono in relazione con l’energia assorbita dal sistema.
Un dispositivo usa solfato ferroso (dosimetro di Fricke) o solfato cerico in soluzione
acquosa.
Il dosimetro a solfato ferroso si basa sulla ossidazione degli ioni ferrosi a ioni ferrici in
presenza di acido solforico in una concentrazione compresa tra 0,1 e 0,8 N. Gli ioni ferrici
prodotti sono misurati con uno spettrofotometro e, se si è provveduto a mantenere la
quantità di ossigeno presente nel sistema al di sopra di valori fissati, è possibile effettuare
misure di dose assorbita per valori compresi tra l03 a l05 rad.
Anche per il dosimctro a solfato cerico, si provvede a misurare spettrofotometricamente il
numero di ioni ceriosi prodotti dalle radiazioni. Tale metodo può essere utile per misure
nell’intervallo 105 l07 rad.
Si possono citare sistemi che impiegano l’acido benzoico, il chinino, il tricloro etilene ed il
cloroformio, sostanze che irradiate producono acidi la cui presenza può essere rivelata dai
cambiamenti di colore degli indicatori del pH.
Termoluminescenza (dosimetria personale )( Radiazioni-calore-Luce)
La termoluminescenza si verifica nelle sostanze dotate di opportune trappole e centri
attivatori luminescenti.
Per azione della radiazione gli elettroni vengono portati nella banda di conduzione e
successivamente intrappolati in modo semipermanente.
La profondità della trappola è tale per cui riscaldando il cristallo, gli elettroni accumulati
nelle trappole possono ritornare nella banda di conduzione, vagare nel cristallo fino ad
essere attratti da centri attivatori che favoriscono la ricombinazione con lacune. La
quantità di energia in eccesso viene emessa sotto forma di fotoni.
La luce emessa riscaldando il materiale termoluminescente irradiato è messa in relazione
con la dose assorbita.
Gli elettroni immagazzinati nella trappola vengono rimossi durante la lettura per cui il
campione non può essere letto più di una volta per la stessa misura.
Anziché con il riscaldamento, gli elettroni possono essere rimossi dalle trappole
illuminando il cristallo con luce infrarossa.( luminescenza stimolata ).
------------------------(Radiazioni - calore - elettroni)
Materiali promettenti per la misura della dose assorbita sono il LiF o BeO che mescolati a
grafite emettono elettroni di bassa energia se riscaldati o stimolati otticamente. (
emissione stimolata di esoelettròni).
L’intensità di conteggio degli elettroni in funzione della temperatura ha un’andamento
simile alle curve di termoluminescenza di altri materiali, mentre il numero totale di elettroni
emessi risulta funzione lineare della dose .
Caratteristica di questi materiali è l’alta sensibilità che permette di misurare frazioni di mR,
nel piccolo spessore dello strato sensibile, legato alla scarsa profondità di penetrazione
degli esoelettroni.
Radiofotoluminescenza in dispositivi allo stato solido
Un elettrone è portato nella banda di conduzione dalla RI, poi viene intrappolato da un
centro radiofotoluminescente. La energia di legame, cioè la profondità della trappola, è
tale che, illuminando il solido con luce ultravioletta, all’elettrone viene ceduta una quantità
d’energia sufficiente a portarlo in uno stato eccitato ma non nella banda di conduzione.
L’elettrone può quindi ritornare nel suo stato fondamentale con emissione di luce arancione. L’elettrone resta sempre legato al centro radiofotoluminescente e la fluorescenza
avviene solo quando il solido viene illuminato.
In questo caso la radiofotoluminescenza non distrugge i centri che danno le informazioni
necessarie per risalire alla dose assorbita.
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