Gennaio-Marzo 2015 • Vol. 45 • N. 177 • Pp. 53-64 Prospettive in Pediatria Frontiere Genetica e patologia della filtrazione renale Maria Pia Rastaldi Laboratorio di Ricerca Nefrologica, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano Le patologie glomerulari sono responsabili di una quota rilevante di soggetti con nefropatia e insufficienza renale cronica. Pertanto, conoscere l’eziologia e la patogenesi del danno glomerulare costituisce premessa essenziale all’individuazione di strategie terapeutiche efficaci. Per anni lo studio del glomerulo e delle cellule che lo compongono è stato ostacolato da limitazioni inerenti la sua complessa struttura e la localizzazione profonda nell’organismo. Inoltre, gli studi in vitro non riflettevano il livello di alta specializzazione cellulare osservato in vivo. Il recente miglioramento delle tecniche di microscopia, di biologia cellulare e molecolare, e della produzione di modelli transgenici ha determinato una svolta radicale negli studi delle malattie glomerulari. In particolare, il contributo della genetica è stato e continua ad essere cruciale nell’identificazione delle molecole essenziali per la filtrazione glomerulare. Basandosi sui progressi della genetica avvenuti negli ultimi 15 anni, questa revisione descrive quanto oggi è noto sulla barriera di filtrazione glomerulare e sottolinea le potenzialità diagnostiche e terapeutiche derivanti dall’identificazione delle molecole e delle vie di segnale che sono profondamente alterate nelle patologie glomerulari pediatriche. Riassunto Glomerular filtration is crucial to the maintenance of body homeostasis and glomerular damage is responsible for a large percentage of children requiring dialysis and renal transplant. Precise knowledge of etiology and pathogenesis of glomerular diseases is essential to design better therapeutic strategies. In the past, research in this field has suffered from limitations due to the complex glomerular structure and the profound location of glomeruli inside the body. Furthermore, in vitro studies were limited by the high level of cell differentiation, making it difficult to obtain and maintain glomerular cell cultures. Recent research advances have been prompted by the exponential improvement of microscopy, cell biology, and molecular biology techniques. Genetic studies, through the discovery of gene mutations causative of glomerular diseases, have been particularly helpful in identifying the molecules playing important roles in glomerular filtration. Based on genetic advances reached in the last 15 years, this review describes what is presently known on glomerular filtration and focuses on the diagnostic and therapeutic potential of recent discoveries. Summary Introduzione Il processo di filtrazione del sangue da parte del glomerulo renale conduce alla formazione di un ultrafiltrato composto principalmente da acqua e da soluti di piccole dimensioni, consentendo l’eliminazione urinaria di prodotti del catabolismo e preservando le sostanze utili all’organismo, in particolare le proteine. La barriera di filtrazione glomerulare è costituita da un capillare convoluto, composto da cellule endoteliali che poggiano sulla membrana basale, quest’ultima 53 M.P. Rastaldi rivestita esternamente dai prolungamenti di cellule estremamente differenziate denominate podociti (Fig. 1). Gli elementi che costituiscono la barriera di filtrazione hanno una serie di caratteristiche che conferiscono la selettività sia dimensionale che di carica elettrica del capillare nei confronti delle molecole con cui viene in contatto. L’endotelio, che possiede fenestrae di circa 100 nm di diametro, non provvede elevata restrizione dimensionale, ma è rivestito da uno spesso glicocalice costituito da proteoglicani solfati, come syndecans, acido ialuronico, e sialoglicoproteine, che conferiscono alla superficie una carica elettrica negativa (Haraldsson e Nyström, 2012). La membrana basale glomerulare, che ha uno spessore di circa 300 nm, produce una restrizione dimensionale al passaggio di molecole ed è formata dall’assemblaggio di numerose molecole della matrice extracellulare quali collagene, laminina, entactin/ nidogen, e proteoglicani. I proteoglicani contengono glicosaminoglicani solfati costituiti da eparan solfato e condroitin solfato, i quali impartiscono alla membrana carica elettrica negativa (Miner, 2011). I podociti contribuiscono con ulteriori restrizioni sia dimensionali che di carica. Essi sono cellule dotate di ramificazioni primarie e secondarie che si dipartono dal corpo cellulare localizzato nello spazio di Bowman. Le ramificazioni, o processi podocitari, avvolgono completamente la membrana basale del capillare intrecciandosi tra loro e sono collegate da un complesso giunzionale largo circa 40 nm denominato slit-diaphragm o poro di filtrazione. Si ritiene che tale complesso giunzionale sia il principale responsabile dei limiti dimensionali del filtro glomerulare. La selettività elettrica dei podociti è dovuta ai domini extracellulari di proteine come podoendin, podoplanin, e podocalyxin (Greka e Mundel, 2012). Ogni tipo di danno alla barriera glomerulare causa perdita di proteine nelle urine (proteinuria). Se non adeguatamente trattata, la proteinuria di per sé costituisce un fattore di progressione della patologia glomerulare e dell’estensione delle lesioni alle altre strutture del rene, fino alla perdita di funzione (Snyder e John, 2014). Figura 1. Struttura della barriera di filtrazione. A) Rappresentazione schematica di un glomerulo, costituito da un capillare convoluto formato da cellule endoteliali che poggiano su una membrana basale. Esternamente alla membrana basale sono identificabili i podociti. Il capillare è sostenuto dal mesangio, una forma di tessuto connettivale costituito da cellule mesangiali e matrice mesangiale. B) La microscopia elettronica a trasmissione consente di esaminare in dettaglio la barriera di filtrazione nelle sue componenti: i podociti, di cui nella figura si apprezzano i prolungamenti primari e secondari regolarmente allineati lungo la membrana basale, e l’endotelio fenestrato. 54 Genetica e glomerulo Quando la perdita proteica è massiva si configura una condizione patologica molto grave denominata sindrome nefrosica, caratterizzata da alterazioni metaboliche che coinvolgono il metabolismo dei lipidi e dei processi di coagulazione. L’osservazione al microscopio elettronico della biopsia renale permette di visualizzare chiaramente le alterazioni morfologiche della barriera di filtrazione. Dipendentemente dalla specifica patologia, esse possono interessare primariamente ciascuno dei componenti del filtro, ma le alterazioni podocitarie sono quelle più chiaramente distinguibili e invariabilmente presenti in ogni tipo di malattia glomerulare (Fig. 2). Al microscopio ottico si osservano diversi tipi di lesione, dalla assenza completa di alterazioni glomerulari (malattia a lesioni minime) a quadri di sclerosi mesangiale diffusa, ma la forma più comune è la glomerulosclerosi segmentaria focale (GSF), caratterizzata dalla solidificazione di una parte (segmentaria) del flocculo glomerulare e riscontrabile solo in alcuni glomeruli (focale). La complessa struttura del glomerulo e la sua localizzazione profonda nell’organismo sono state per molti anni limitazioni importanti allo studio della fisiologia e della patologia delle cellule che lo compongono, e hanno ostacolato il riconoscimento preciso delle cause e dei meccanismi che stanno alla base delle patologie glomerulari. Ancora oggi ciò si riflette nella scarsità di opzioni terapeutiche per molte patologie renali, in particolare per quelle che insorgono in età pediatrica. Il progresso tecnologico degli anni più recenti sta modificando largamente questa situazione, grazie al miglioramento delle tecniche di microscopia, di biologia cellulare e molecolare, e della produzione di modelli transgenici. In particolare, il contributo della genetica, facilitato dalle tecniche introdotte recentemente, è stato e continua ad essere cruciale nell’identificazione di molecole essenziali per la filtrazione glomerulare. Dalla scoperta di NPHS1 (Kestilä et al., 1998), il gene che codifica per nefrina, e delle sue mutazioni che causano la forma più grave di sindrome nefrosica congenita, la cosiddetta forma finnica, sono stati svelati numerosi altri geni coinvolti nella sindrome nefrosica ereditaria e sporadica. Lo studio funzionale delle proteine codificate da questi geni ha consentito di comprendere aspetti fondamentali della complessità molecolare della barriera di filtrazione glomerulare. Obiettivo della revisione Basandosi sui progressi della genetica avvenuti negli ultimi 15 anni, questa revisione descrive quanto oggi è noto sulla barriera di filtrazione glomerulare e sottolinea le potenzialità diagnostiche e terapeutiche derivanti dall’identificazione delle molecole e delle vie di segnale che sono profondamente alterate nella sindrome nefrosica pediatrica. Figura 2. Anse glomerulari normali e patologiche osservate mediante microscopia elettronica a scansione. A) La rete dei processi podocitari che avvolgono il capillare glomerulare è chiaramente osservabile nel glomerulo normale. B) Nella sindrome nefrosica non sono più visibili i prolungamenti dei podociti, e l’aspetto omogeneo riscontrato è all’origine del termine “fusione” dei prolungamenti. Le principali scoperte della genetica Le scoperte della genetica avvenute negli ultimi 15 anni hanno favorito decisivi passi avanti non solo nella definizione diagnostica di una serie di patologie gravi della filtrazione glomerulare, precedentemente classificate come “idiopatiche”, ma anche nell’indirizzare l’attenzione dei ricercatori sulla cellula podocitaria. Infatti, tutti i geni identificati finora come responsabili di forme familiari e sporadiche di sindrome nefrosica codificano per molecole specifiche del podocita o per molecole che, prodotte e secrete dal podocita, sono depositate nella membrana basale glomerulare. L’identificazione delle molecole mutate è stata il punto di partenza per studi funzionali in vitro e in vivo, con il conseguente avanzamento delle conoscenze biologiche e molecolari. Ancora oggi genetica e biologia della barriera di filtrazione procedono di pari passo, producendo un quadro sempre più preciso degli eventi molecolari che caratterizzano il glomerulo sano e patologico. 55 M.P. Rastaldi I primi studi di genetica, stimolati dall’esistenza di forme familiari e congenite di sindrome nefrosica, hanno condotto alla scoperta nel 1998 del gene NPHS1 responsabile della forma più grave di proteinuria del bambino, la sindrome nefrosica di tipo finnico (Kestilä et al., 1998). NPHS1 codifica per nefrina, una molecola di adesione presente a livello dello slit diaphragm (Kawachi et al., 2006). Studi immediatamente successivi hanno consentito l’identificazione di mutazioni del gene NPHS2, che codifica per un’altra proteina dello slit diaphragm, podocina, come causa di una forma relativamente comune di sindrome nefrosica autosomica recessiva (Boute et al., 2000). Diversamente dalla forma finlandese causata da mutazioni di nefrina, che ha esordio neonatale, le forme dovute a mutazioni di podocina possono essere più tardive, manifestandosi fino ai 6 anni di età oppure addirittura in età adulta. Infine, è stato identificato un polimorfismo comune di podocina (p.R229Q) che causa malattia solo se associato ad una seconda mutazione di podocina, e che determina l’insorgenza di forme meno severe di malattia e ad esordio più tardivo (Machuca et al., 2009). Studi più recenti su NPHS2 hanno prodotto ulteriori evidenze sperimentali a favore dell’ipotesi che la patogenicità di un allele NPHS2 mutato dipenda dalla presenza di una seconda mutazione in trans dello stesso gene, informazioni che sono di notevole utilità nella consulenza genetica alle famiglie e ai soggetti portatori di mutazioni (Tory et al., 2014). Le mutazioni di NPHS1 e NPHS2 rappresentano le cause genetiche più comuni delle forme congenite di sindrome nefrosica steroido-resistente, ma ad oggi sono almeno 27, e in continuo aumento, i geni identificati come responsabili di forme familiari e sporadiche della malattia (Tab. I). La scomparsa dello slit diaphragm, o la sua sostituzione con una giunzione occludente (Kriz et al., 2013), è uno dei segni morfologici più comuni nelle patologie proteinuriche umane e sperimentali. Questo tipo di alterazione si associa alla cosiddetta “fusione” dei processi podocitari, determinata dal profondo rimodellamento del citoscheletro costituito principalmente da filamenti di actina (Faul et al., 2007) (Fig. 3). Pertanto non sorprende che NPHS1 e molti dei geni successivamente individuati codifichino per molecole localizzate a livello dello slit diaphragm (NPHS2, NPHS3, CD2AP, TRPC6) o per proteine citoscheletriche (SMARCAL1, ACTN4, MYH9, Myo1E, ARHGAP24, INF2), o per molecole che interagiscono con le piccole GTPasi che regolano il citoscheletro (PCLE1), supportando fortemente il nesso molecolare tra la complessa morfologia del podocita e la sua funzione (Rood et al., 2012). Questo legame è stato ulteriormente confermato dalla recente identificazione di casi di sindrome nefrosica dovuti a mutazioni di ARHGDIA, il gene che codifica per la proteina Rho GDP dissociation inhibitor α 56 (Gee et al., 2013). Membri della famiglia delle piccole GTPasi Rho controllano le dinamiche del rimodellamento di actina. Le interazioni tra le piccole GTPasi RhoA, Rac1, e Cdc42 sarebbero dunque modificate dalle alterazioni di Rho GDP dissociation inhibitor α causate dalle mutazioni, col risultato finale di incrementare l’attività di Rac1 e Cdc42 (Gee et al., 2013), che si associa ad aumento della motilità dei podociti. Se è vero che oggi prevale la teoria secondo cui la stabilità dei processi podocitari è rappresentata da un fenotipo stazionario, mentre la loro instabilità si concretizza in un fenotipo mobile, è tuttavia verosimile che sbilanciamenti in entrambi i sensi rappresentino una deviazione patologica da una situazione di equilibrio altamente regolata. Infatti, da un lato le evidenze sperimentali confermano che topi transgenici che non esprimono le GTPasi Cdc42 (Scott et al., 2012) o quelli che esprimono una forma dominant-negative di Rho (Wang et al., 2012), o una forma costitutivamente attiva di Rac1 (Yu et al., 2013) sono proteinurici e, in vitro, i podociti con le stesse alterazioni molecolari presentano aumentata motilità. Tuttavia, è stato anche dimostrato che mutazioni di MYO1E presenti in soggetti con sindrome nefrosica sono causa di alterazioni della miosina nonmuscolare di classe 1E che nei podociti causa una ridotta capacità di migrazione (Mele et al., 2011). Un simile sbilanciamento delle dinamiche tra piccole GTPasi, actina e miosina si verifica quando è mutato il gene ANLN, che codifica per la proteina actin-binding anillina. La recente identificazione di mutazioni di ANLN in soggetti con GSF a trasmissione autosomica dominante ha consentito infatti di dimostrare che l’assenza di anillina si traduce in alterata espressione e funzione di Rho, actina e miosina (Gbadegesin et al., 2014). Le proteine della famiglia formin hanno ruoli rilevanti nella coordinazione non solo del citoscheletro di actina, ma anche nell’assemblaggio e le dinamiche dei microtubuli. Mutazioni di Inverted Formin 2 (INF2) sono state recentemente identificate come causa di forme di GSF autosomiche dominanti e in forme di GSF associata alla malattia di Charcot Marie Tooth (Boyer et al., 2011; Gbadegesin et al., 2012). La maggior parte delle mutazioni sono raggruppate negli esoni che codificano per il dominio diafano inibitorio (DID) della molecola, e quelle delle forme sindromiche sono per lo più situate tra due DID-binding pockets, e producono alterazioni funzionali più gravi della proteina rispetto alle mutazioni delle forme non-sindromiche. Il DID media l’autoinibizione di INF2 attraverso la sua interazione con il dominio diafano C-terminale e consente a INF2 di accelerare la polimerizzazione/depolimerizzazione di actina e di regolare il targeting alla membrana cellulare mediante la formazione di complessi con Rho, Cdc42, MAL (myelin and lymphocyte protein), e MAL2 sia nei podociti che nelle cellule di Schwann (Sun et al., 2013; Gurel et al., 2014). Genetica e glomerulo Tabella I. Geni finora identificati come responsabili di sindrome nefrosica e raggruppati secondo la localizzazione/funzione nella cellula podocitaria. Localizzazione o funzione Identificativo Proteina codificata Modalità di trasmissione autosomica dominante (AD) o recessiva (AR) NPHS1 Nefrina AR NPHS2 Podocina AR TRPC6 transient receptor potential channel 6 AD CD2AP CD2-associated protein AR SMARCAL1 SWI/SNF related, matrix associated, actin dependent regulator of chromatin, subfamily a-like 1 AR ACTN4 Actinin, alpha 4 AD MYH9 myosin, heavy chain 9, nonmuscle AD Slit diaphragm Molecole associate al citoscheletro Myo1E myosin IE AR ARHGAP24 Rho GTPase activating protein 24 AD INF2 Inverted formin, FH2 and WH2 domain containing AD ARHGDIA Rho GDP dissociation inhibitor (GDI) alpha AR ANLN Anillin AR PCLE1 Phospholipase C, epsilon 1 AR Fattori di trascrizione WT1 Wilms Tumor 1 AD LMX1B Homo sapiens LIM homeobox transcription factor 1, beta AD COQ6 Coenzyme Q6 monooxygenase AR COQ2 Coenzyme Q2 4-hydroxybenzoate polyprenyltransferase AR PDSS2 Prenyl (decaprenyl) diphosphate synthase, subunit 2 AR ADCK4 AarF domain containing kinase 4 AR SCARB2 Scavenger receptor class B, member 2 AR Molecole mitocondriali Molecole lisosomiali (continua) 57 M.P. Rastaldi Tabella I (segue). Geni finora identificati come responsabili di sindrome nefrosica e raggruppati secondo la localizzazione/funzione nella cellula podocitaria. Localizzazione o funzione Identificativo Proteina codificata Modalità di trasmissione autosomica dominante (AD) o recessiva (AR) TTC21B intraflagellar transport protein 139 AD WDR73 WD repeat domain 73 AR LAMB2 Laminin, β2 AR ITGA3 Integrin, alpha 3 (antigen CD49C, alpha 3 subunit of VLA-3 receptor) AR ITGB4 Integrin, beta 4 AR CUBN Cubilin (intrinsic factorcobalamin receptor) AR DGKE Diacylglycerol kinase, epsilon AR NEIL1 Nei endonuclease VIII-like 1 AR PTPRO Protein tyrosine phosphatase, receptor type, O (meglio nota come GLEPP-1 o NPHS6) AR CRB2 Crumbs homolog 2 AR MEFV Pyrin AR Molecole del ciglio primario Molecole coinvolte nella mitosi Molecole della membrana basale glomerulare e integrine Altre La centralità di nefrina Tra le proteine che costituiscono lo slit diaphragm, nefrina sembra avere un ruolo prominente, dimostrato innanzitutto dal fatto che le mutazioni del gene che la codifica, NPHS1, sono responsabili della forma più grave di sindrome nefrosica del neonato, e confermato dall’osservazione del fenotipo letale dei topi null per nefrina (Welsh e Saleem, 2010). In numerose condizioni patologiche glomerulari, sia umane che sperimentali, l’espressione di nefrina risulta essere profondamente alterata. Frequentemente le variazioni di espressione di nefrina sono precoci e precedono la comparsa di alterazioni morfologiche podocitarie osservabili in microscopia elettronica nonché la comparsa di proteinuria (Pugliese et al., 2007; Li et al., 2013). Nefrina è una proteina trans-membrana della superfamiglia delle immunoglobuline ed è costituita da un peptide di segnale nel dominio N-terminale, un dominio extracellulare che contiene otto moduli simil-immunoglobulinici e un modulo simil-fibronectina di tipo terzo, un singolo dominio transmembrana, e un do58 minio intracellulare C-terminale (Kestilä et al., 1998). L’espressione di nefrina nel podocita è regolata da diversi fattori di trascrizione (Ristola e Lehtonen, 2014), di cui il più studiato è WT1, che costituisce un fattore determinante nello sviluppo embrionale del glomerulo, come pure nel mantenimento dello stato di salute del glomerulo maturo (Morrison et al., 2008). Le mutazioni di WT1 causano: a) la sindrome di WAGR (tumore di Wilms, aniridia, anomalie genitourinarie, ritardo mentale), b) la sindrome di Denys-Drash (tumore di Wilms, pseudoermafroditismo maschile, sindrome nefrosica), e c) la sindrome di Frasier (pseudoermafroditismo maschile, sindrome nefrosica, gonadoblastoma). Più raramente, mutazioni di WT1 sono state osservate in casi di sindrome nefrosica isolata trasmessa in modalità autosomica dominante (Hall et al., 2014). A partire dallo stadio capillare delle fasi di maturazione glomerulare l’espressione di WT1 diventa esclusivamente podocitaria, e WT1 attiva il gene di nefrina legandosi ad una regione conservata del promotore della nefrina umana (Guo et al., 2004). Nel topo, la regione di legame di WT1 si localizza a circa 600 paia di basi a monte del sito omologo del gene umano (Wa- Genetica e glomerulo Figura 3. Esempi di glomerulo normale e patologico osservati al microscopio elettronico a trasmissione. A) Le anse capillari sono ampie e libere, l’endotelio è fenestrato, la membrana basale è di spessore regolare, e i prolungamenti podocitari sono chiaramente visibili e separati tra loro. Alcuni globuli rossi sono distinguibili all’interno del capillare. B) La matassa glomerulare non è più distinguibile chiaramente e i processi podocitari sono “fusi” tra loro, formando uno strato citoplasmatico uniforme che riveste la membrana basale ispessita e contorta. gner et al., 2004). La sintesi di nefrina è regolata anche da meccanismi epigenetici, come inizialmente scoperto da Ristola et al (Ristola et al., 2012), con l’identificazione dell’inibizione della trascrizione di nefrina imputabile a metilazione di tre isole CpG localizzate tra i geni di nefrina e Nph3 e nelle rispettive regioni codificanti. Inoltre, è stato dimostrato che il fattore di trascrizione KLF4 è un regolatore della metilazione del DNA di nefrina (Hayashi et al., 2014); l’aumentata espressione di KLF4 è infatti in grado di demetilare il DNA di nefrina e indurne la trascrizione. Inoltre, una regolazione indiretta post-trascrizionale è determinata dalla soppressione della trascrizione di WT1 da parte del microRNA-193a (Gebeshuber et al., 2013). Gli autori hanno osservato un’espressione aumentata del microRNA-193a in pazienti affetti da GSF e hanno dimostrato che WT1 costituisce il target principale di questo microRNA. Il legame di microRNA-193a al RNA messaggero di WT1 riduce la sua traduzione, che si riflette in una ridotta espressione sia di WT1 che di nefrina, con conseguente danno podocitario. Un ulteriore meccanismo di regolazione di nefrina è costituito dalla cosiddetta SUMOilazione. SUMO (small ubiquitin-like modifier) è una proteina della famiglia dell’ubiquitina (Wilson VG e Rangasamy 2001). La molecola si lega e modifica residui di lisina delle proteine target, bloccandone l’ubiquitinazione e quindi la degradazione. Nel caso di nefrina, sembra che SUMO possa legarsi alle lisine 1114 and 1224 del dominio intracellulare della nefrina murina e alla lisina 1100 della nefrina umana, contribuendo alla preservazione di nefrina (Tossidou et al., 2014). Il dominio dello slit diaphragm dove nefrina è localizzata costituisce un lipid raft, dove sono presenti altre proteine cruciali per il podocita, quali podocina (NPHS2) e il canale del calcio TRPC6 (Schwarz et al., 2001; Huber et al., 2006), le cui mutazioni sono state identificate in soggetti affetti da sindrome nefrosica. In questo dominio di membrana nefrina agisce come una piattaforma di signaling, essendo in grado di trasmettere al citoscheletro di actina le informazioni provenienti dall’ambiente extracellulare (Huber e Benzing, 2005). La trasmissione dei segnali è possibile grazie alla fosforilazione del dominio intracellulare di nefrina, dovuta prevalentemente all’attività della chinasi Fyn, appartenente alla famiglia Src (Verma et al., 2003). La fosforilazione di nefrina è importante anche per la sua internalizzazione raft-mediata (Qin et al., 2009) ed è un evento molecolare necessario per lo sviluppo e il mantenimento della struttura dei processi podocitari. Nefrina fosforilata è in grado infatti di reclutare molecole adattatrici, come Nck1/2, Grb2 and Crk1/2, regolando l’assemblaggio di complessi proteici che regolano la polimerizzazione di actina (Garg e Holzman, 2012). Recentemente è stato dimostrato che la fosforilazione di nefrina può essere determinata dal legame di sFlit1, la forma solubile del recettore del fattore di crescita VEGF (vascular endothelial growth factor) fms-related tyrosine kinase 1 (Flt1), prodotto dai podociti e quindi in grado di agire in modo paracrino nella regolazione del signaling intracellulare podocitario (Jin et al., 2012). La fosforilazione di nefrina è un evento altamente regolato, e sia l’aumento che la riduzione di fosforilazione sono stati associati a danno podocitario in modelli animali e in patologia umana (Uchida et al., 2008; Ohashi et al., 2010; Veron et al., 2010). In vitro, la formazione di clusters di nefrina fosforilata causano la formazione di lamellipodia (Venkatareddy et al., 2011) e contribuiscono al fenotipo mobile del podocita che è stato associato a stati patologici. I dati finora prodotti pertanto sembrano stabilire l’importanza di un controllo stretto della fosforilazione di questa proteina, 59 M.P. Rastaldi confermando che il podocita necessita di uno stato di equilibrio molecolare per preservare la propria struttura e la propria funzione. Il dominio extracellulare di nefrina sembra essere altamente glicosilato, contiene siti di legame per eparan-solfato, e possiede cisteine libere che servono a formare legami disolfuro con molecole adiacenti. Le interazioni omofiliche e eterofiliche di nefrina, con sé stessa e con le molecole della famiglia proteica Neph (Neph1, Neph2 e Neph3), sono essenziali alla stabilità dello slit diaphragm e al mantenimento della funzione della barriera di filtrazione glomerulare (Gerke et al., 2003; Gerke et al., 2005; Heikkilä et al., 2011). Nefrina è una molecola ad espressione ristretta ad alcuni tipi cellulari. Oltre ai podociti, nefrina è presente in poche altre cellule dell’organismo dei mammiferi, come le cellule neuronali, i linfociti, e le cellule beta del pancreas (Putaala et al., 2000; Aström et al., 2006; Liu et al., 2001; Fornoni et al., 2010). È stata inoltre osservata nelle fasi di sviluppo embrionale a livello epicardico e dei vasi coronarici (Wagner et al., 2011). L’espressione di nefrina nelle cellule neuronali è particolarmente interessante, tenendo conto del fatto che gli ortologhi di nefrina in Caenorhabditis elegans (Syg-2) e Drosophila melanogaster (Hibris) sono molecole cruciali per il posizionamento e il targeting delle sinapsi (Shen et al., 2004; Sugie et al., 2010), suggerendo che dal punto di vista evolutivo la funzione originaria di nefrina sia quella di una molecola di adesione sinaptica. L’espressione neuronale di nefrina è stata immediatamente osservata fin dalla scoperta della molecola e successivamente confermata da diversi autori (Kestilä et al., 1998; Putaala et al., 2000; Putaala et al., 2001). Durante lo sviluppo embrionale del topo l’mRNA di nefrina è stato osservato nel rombencefalo e nel midollo spinale. Dal tredicesimo al diciassettesimo giorno embrionale (E13-E17), nefrina è espressa nel neuroepitelio del primordio cerebellare a livello del tetto del quarto ventricolo (Kestilä et al., 1998). Nel topo neonato l’espressione di beta-galattosidasi guidata dal promotore di nefrina è stata osservata nel cervelletto, nel mesencefalo, e in alcuni glomeruli del bulbo olfattivo (Putaala et al., 2000). Al sedicesimo giorno dopo la nascita è inoltre osservabile nel giro dentato dello strato molecolare dell’ippocampo. Lo studio del topo adulto (Li et al., 2011) ha mostrato che nefrina endogena è espressa estesamente nella corteccia motoria, mentre è assente nella corteccia somatosensitiva. Inoltre esprimono nefrina alcune cellule del corpo calloso e la molecola è presente in modo diffuso nel plesso corioideo, nel ponte, nel midollo allungato e nel bulbo olfattivo. Nefrina si osserva nello striato dorsale (nucleo caudato e putamen) e nel talamo. Nell’ippocampo, nefrina è presente in alcuni neuroni piramidali della regione C3, in qualche cellula della regione CA1, mentre l’ilo è completamente negativo. Infine, a livello cerebellare, la molecola è presente 60 nelle cellule del Purkinje e nelle cellule granulari dello strato nucleare (Li et al., 2011). La presenza di nefrina nei gangli della base e nella corteccia motoria unitamente alla sua assenza nella corteccia somatosensitiva suggerisce che la molecola sia importante per la formazione di circuiti neuronali legati al movimento. Questa associazione sembra trovare conferma nella sua presenza a livello cerebellare, che tra l’altro spiegherebbe la sintomatologia atassica che è stata osservata in topi null per nefrina la cui sopravvivenza era stata prolungata mediante re-introduzione di nefrina solo a livello renale (Juhila et al., 2010). Mitocondri, lisosomi, e nuove scoperte Se è vero che la maggior parte delle mutazioni che causano sindrome nefrosica riguardano geni codificanti molecole dello slit diaphragm e del citoscheletro podocitario, non bisogna dimenticare un gruppo di mutazioni, osservate in forme prevalentemente sindromiche, di geni codificanti molecole appartenenti ad organuli intracellulari, come i mitocondri (COQ6, COQ2, PDSS2) e i lisosomi (SCARB2) (Machuca et al., 2009). Anche in questo caso, la genetica è stata determinante per focalizzare l’attenzione della ricerca sull’importanza delle funzioni mitocondriali e lisosomiali nel podocita. In particolare, i mitocondri sembrano avere nel podocita un ruolo preminente rispetto ad altri tipi cellulari perché i podociti sono incapaci di ricorrere alla glicolisi in caso di disfunzione mitocondriale, quindi le richieste di energia sono demandate primariamente alla produzione mitocondriale (Abe et al., 2010). Recentemente sono state identificate mutazioni del gene ADCK4 come causa di sindrome nefrosica accompagnata da GSF nella variante collapsing (Ashraf et al., 2013). ADCK4 codifica per una proteina (AarF domain containing kinase 4) la cui funzione rimane quasi completamente sconosciuta, ma che nel podocita si localizza a livello mitocondriale dove sembra interagire coi coenzimi CoQ6 e CoQ7. Nei soggetti con mutazioni di ADCK4 sono stati inoltre osservati livelli bassi di coenzima CoQ10, e la supplementazione dei pazienti con questo coenzima ha prodotto un miglioramento sintomatologico. Va aggiunto che i livelli di CoQ10 sembrerebbero ridotti nella GSF indipendentemente dalla presenza di mutazioni (Gasser et al., 2013), il che farebbe pensare ad un ruolo più generale giocato da questa molecola e confermerebbe indirettamente la centralità del mitocondrio nel metabolismo podocitario. SCARB2 codifica per Limp2 (lysosomal integral membrane protein 2), una glicoproteina della membrana lisosomiale con diverse funzioni che vanno dalla biogenesi e mantenimento di endosomi e lisosomi, al ruolo di recettore della glucocerebrosidasi, e di re- Genetica e glomerulo cettore per diversi enterovirus (Gonzalez et al., 2014). Disordini lisosomiali possono avere come conseguenza immediata la disregolazione dell’autofagia, come recentemente osservato in cellule derivate da soggetti con mutazioni di SCARB2, che presentano aumentato numero di autofagosomi dovuto verosimilmente all’impossibilità di fusione lisosomiale (Gleich et al., 2013). Recentemente Cong et al hanno identificato una mutazione missense omozigote del gene TTC21B in sette famiglie con GSF a rapida progressione verso lo stadio di insufficienza renale terminale (Cong et al., 2014). Il tessuto renale dei pazienti con la mutazione presentava non solo il danno glomerulare, ma anche un ispessimento della membrana basale tubulare, che potrebbe spiegare il danno tubulointerstiziale e la rapida progressione verso l’insufficienza renale. TTC21B è un gene localizzato nel ciglio primario e già associato a nefronoftisi (Otto et al., 2011). I nuovi dati mostrano che la proteina codificata da TTC21B, IFT139 (intraflagellar transport protein 139), si localizza alla base del ciglio primario nei podociti immaturi isolati da rene umano fetale e in una linea indifferenziata di podociti, mentre nel podocita maturo/adulto che non possiede il ciglio primario la molecola si trova lungo i microtubuli. La ridotta espressione di IFT139 determina difetti del ciglio primario, alterata capacità di migrazione cellulare, e alterazioni citoscheletriche, tutte alterazioni solo parzialmente recuperate dopo transfezione dei podociti IFT139-KO con la proteina mutata, ad indicare un effetto ipomorfico della mutazione (Cong et al., 2014). Infine, nel 2014 è stato identificato per la prima volta un gene responsabile della sindrome di Galloway-Mowat, una patologia rara a trasmissione autosomica recessiva caratterizzata da sindrome nefrosica, microcefalia, e deficit neurologico (Cohen et al, 1994). Gli autori hanno identificato mutazioni del gene WDR73 in due famiglie affette dalla sindrome (Colin et al., 2014). La proteina codificata da WDR73 è una molecola la cui funzione era completamente sconosciuta e che sembra essere coinvolta nella formazione dei poli del fuso mitotico e negli asters di microtubuli che si formano durante la mitosi. A conferma indiretta dell’associazione con la mitosi, l’espressione podocitaria è evidente nel tessuto renale embrionale, ma è completamente assente nel glomerulo maturo. La membrana basale glomerulare Nei primissimi stadi di formazione dei nefroni, le cellule metanefriche mesenchimali aggregate intorno all’apice delle gemme ureterali formano sfere cave di cellule epiteliali denominate vescicole. Successivamente, le vescicole si invaginano e ricevono angioblasti e mesangioblasti che migrano al loro interno. Nel momento in cui gli angioblasti iniziano a formare contatti intercellulari e differenziano in cellule endoteliali, lo strato di cellule epiteliali comincia anch’esso a differenziare. In questi primi stadi dello sviluppo esistono due membrane basali, una formata dalle cellule epiteliali e una formata dalle cellule endoteliali. Esse successivamente si fondono a formare una membrana basale comune che si completa insieme alla maturazione finale del flocculo glomerulare (Abrahamson, 2009). Come tutte le membrane basali, la membrana basale glomerulare è costituita da quattro tipi principali di molecole: laminina, collagene di tipo IV, nidogen/entactin, e eparan solfato proteoglicani, tra cui prevale agrina (Timpl, 1989). Tuttavia, a differenza delle altre membrane basali, quella glomerulare si modifica durante la maturazione dagli stadi embrionali al glomerulo maturo. In particolare, nel glomerulo maturo la composizione delle isoforme di laminina e collagene è profondamente diversa rispetto a quella embrionale. Oggi sappiamo anche che le isoforme specifiche di laminina e collagene contenute nella membrana basale glomerulare matura sono cruciali per lo sviluppo e la funzione del glomerulo e che mutazioni di queste isoforme determinano patologie glomerulari (Miner, 2011). Per quanto concerne laminina, gli eterotrimeri embrionali sono composti dalle catene α1, β1, γ1 (LAM-111) o dalle catene α5, β1, γ1 (LAM-511), e vengono completamente sostituiti nel glomerulo maturo dall’eterotrimero formato dalle catene α5, β2, γ1 (LAM-521). Mutazioni della catena β2 causano la sindrome di Pierson, caratterizzata da sindrome nefrosica congenita associata a manifestazioni oculari e neurologiche (Matejas et al., 2010; Noakes et al., 1995). Studi del gruppo di Jeffrey Miner hanno mostrato che la ridotta presenza di LAM-521 dovuta alle mutazioni risulta nella deposizione ectopica di altri trimeri di laminina che non riescono a mantenere la selettività della membrana basale glomerulare (Jarad et al., 2006). Inoltre, lo stesso gruppo ha dimostrato che la sindrome nefrosica del topo KO per laminina β2 può essere bloccata dall’iperespressione di laminina β1, mostrando che è richiesto un quantitativo maggiore delle isoforme embrionali di laminina per contrastare l’assenza dell’isoforma matura (Suh et al., 2011). Negli stadi embrionali i precursori glomerulari contengono collagene IV composto dalle catene α1α2α1, codificate dai geni COL4A1 e COL4A2. Nel glomerulo maturo questo tipo di collagene è sostituito da collagene IV formato dalle catene α3α4α5, codificate dai geni COL4A3, COL4A4, e COL4A5. È interessante notare che, mentre la forma embrionale di collagene è prodotta sia dai podociti che dalle cellule endoteliali, la forma matura è interamente prodotta dai podociti (Abrahamson et al., 2009). Le mutazioni dei geni codificanti per le catene α3, α4, e α5 del collagene IV causano difetti della membrana basale glomerulare di diversa gravità, configurando forme lievi, come la malattia da membrane sottili, o forme più gravi come la sindrome di Alport. La malattia da membrane sottili, anche detta ematuria familiare benigna, è una patologia ad eredità autoso61 M.P. Rastaldi mica dominante causata da mutazioni in eterozigosi dei geni COL4A3 o COL4A4. Le stesse mutazioni, in omozigosi, causano invece la sindrome di Alport, una patologia che progredisce verso l’insufficienza renale ed è accompagnata da manifestazioni oculari e uditive. Tuttavia la forma più comune di sindrome di Alport è determinata da mutazioni del gene COL4A5, che è localizzato sul cromosoma X. Le mutazioni vengono pertanto trasmesse come tratto dominante X-linked, e causano patologia di grado più severo nel sesso maschile. Infine, mutazioni del gene COL4A1 possono anche causare una forma sindromica grave denominata HANAC (angiopatia ereditaria con nefropatia, aneurismi e crampi muscolari) (Plaisier et al., 2007). Dal punto di vista renale sono presenti ematuria e grosse cisti bilaterali. Le mutazioni determinano la sostituzione di residui di glicina in una particolare regione della catena A1 del collagene IV, il dominio CB3. Questo dominio è particolarmente implicato nel legame del collagene IV con le integrine, quindi le sue mutazioni interferiscono con le interazioni cellula/matrice. Prospettive diagnostiche e terapeutiche Come già accennato, gli sviluppi tecnologici stanno modificando in modo significativo l’approccio diagnostico alle patologie della barriera di filtrazione glomerulare. In particolare, le nuove tecniche di sequenziamento consentono lo screening contemporaneo di numerosi geni su numeri elevati di soggetti o l’analisi completa del genoma di un singolo individuo a costi decisamente contenuti rispetto al passato. È prevedibile che le tecnologie continueranno a migliorare nei prossimi anni, consentendo approcci sempre più personalizzati e meno costosi alla diagnosi di numerose malattie. Sono stati recentemente pubblicati i risultati di quello che finora è il più grande studio multicentrico internazionale condotto su una coorte di 2016 soggetti (appartenenti a 1783 famiglie) affetti da sindrome nefrosica steroido-resistente, nei quali sono stati esaminati con metodica di next generation sequencing gli esoni di 27 dei geni finora individuati in letteratura (Sadowski et al., 2014). I dati mostrano che una mutazione causale in uno dei 27 geni viene rilevata nel 29,5% dei casi di malattia che si manifesti prima dei 25 anni di età. La frequenza è strettamente età-dipendente: passa da 61.3% nel primo anno di vita, al 25% in bambini di 2-5 anni, al 17% in bambini tra 7 e 12 anni, per scendere infine al 10% se l’esordio avviene dopo 12 anni. L’identificazione delle cause genetiche di malattia non ha solo importanza diagnostica, ma ha immediate conseguenze terapeutiche. Ad esempio, la presenza di mutazioni dei geni implicati nella biosintesi di coenzima Q10 (COQ2, COQ6, ADCK4, PDSS2), implica la possibilità di trattamento sostitutivo con il coenzima stesso. Nell’immediato futuro è prevedibile che possano essere disegnate terapie specifiche a correzione della molecola mutata o delle vie di segnale a valle della stessa, ma già oggi la diagnosi genetica di malattia consente di evitare trattamenti prolungati con steroidi e di stratificare in modo più preciso i pazienti nei trial clinici, correlando al genotipo il fenotipo e la risposta alla terapia. Infine, lo studio genetico approfondito permette anche l’identificazione dei soggetti nei quali non è presente una causa genetica di malattia, favorendo ulteriori ricerche eziologiche e patogenetiche. Box di orientamento • Cosa si sapeva prima Fino alla scoperta del gene che codifica per nefrina, l’eziologia delle forme familiari e congenite di sindrome nefrosica steroido-resistente era ignota e le conoscenze sulle cellule che compongono la barriera di filtrazione erano estremamente limitate. • Cosa sappiamo adesso La genetica ha consentito di individuare l’eziologia di numerose patologie glomerulari precedentemente diagnosticate come idiopatiche e l’identificazione delle molecole implicate ha permesso lo sviluppo di studi funzionali. Pertanto sono aumentate in modo esponenziale le conoscenze sulle proprietà della barriera di filtrazione glomerulare e sugli eventi molecolari che si verificano nel glomerulo sano e patologico. • Ricadute sulla pratica clinica Le nuove tecnologie a disposizione della genetica e della biologia molecolare stanno contribuendo rapidamente all’evoluzione della diagnostica e della terapia delle patologie della barriera di filtrazione glomerulare. 62 Genetica e glomerulo Bibliografia Abe Y, Sakairi T, Kajiyama H, et al. Bioenergetic characterization of mouse podocytes. Am J Physiol Cell Physiol 2010;299:C464-76. Garg P, Holzman LB. Podocytes: gaining a foothold. Exp Cell Res 2012;318:955-63. * Accurato studio del metabolismo podocitario. Gasser DL, Winkler CA, Peng M, et al. Focal segmental glomerulosclerosis is associated with a PDSS2 haplotype and, independently, with a decreased content of coenzyme Q10. Am J Physiol Renal Physiol 2013;305:F1228-38. 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