I segnali nelle telecomunicazioni

 I segnali nelle telecomunicazioni Generalità I segnali possono essere rappresentati nel dominio del tempo mediante un grafico cartesiano avente in ascisse il tempo e in ordinate i valori istantanei dell'ampiezza del segnale considerato. Tale grafico, detto forma d'onda, è visualizzabile sperimentalmente mediante un oscilloscopio. In base alla forma d'onda i segnali possono essere distinti in segnali continui e segnali discreti. Si dicono continui o analogici i segnali la cui rappresentazione nel dominio del tempo è una funzione continua che può assumere, istante per istante, uno degli infiniti valori compresi fra un minimo ed un massimo prefissati. Si dicono invece discreti i segnali la cui ampiezza idealmente può assumere soltanto alcuni valori, detti livelli, in numero finito e ben determinato. Se le variazioni di livello possono avvenire soltanto in corrispondenza di istanti multipli di un intervallo temporale τ (segnali discreti nel tempo, oltre che nelle ampiezze), i segnali discreti vengono detti numerici o digitali. In particolare, se il numero dei livelli è quello minimo, cioè 2, il segnale numerico viene detto binario e a ciascuno dei due livelli può essere assegnata una cifra binaria (0 o 1), denominata bit (contrazione di binary digit). Oltre che nel dominio del tempo, i segnali possono essere rappresentati nel dominio della frequenza; mediante un grafico detto spettro di ampiezza, visualizzabile sperimentalmente mediante un analizzatore di spettro. Se il segnale è periodico di periodo T, si ottiene uno spettro a righe, perché il segnale risulta scomponibile in armoniche, cioè in segnali sinusoidali aventi frequenza multipla della frequenza fondamentale . Segnali determinati nel dominio del tempo Un segnale si dice determinato quando è noto a priori il suo andamento, rappresentabile mediante un'espressione analitica o un grafico. L'analisi dei segnali determinati riveste notevole importanza perché è sulla base della risposta a segnali noti che si può studiare il comportamento di un sistema. Esaminiamo qui di seguito la rappresentazione nel dominio del tempo di alcuni tra i segnali determinati che maggiormente interessano i sistemi elettronici e di telecomunicazioni. Segnale sinusoidale La rappresentazione analitica del segnale sinusoidale può essere espressa da una relazione del tipo: Equazione 1 y (t )  Ysen(t   ) dove: 

Y è il valore massimo o ampiezza del segnale;  è la pulsazione (rad/s), in funzione della frequenza f o del periodo T, secondo la relazione: 1 Equazione 2 
  2f 
2
T
 è la fase iniziale (rad), mentre t +  è la fase attuale. La fig. 1.1 . mostra che i valori istantanei del segnale sinusoidale possono essere ottenuti come proiezione, su un asse
verticale, di un vettore di modulo Y rotante in senso antiorario con velocità angolare .
Figura 1 Nel piano complesso tale valore, all'istante generico t, è rappresentato in forma trigonometrica da: Equazione 3 Y  T cost     jsen t   
oppure, applicando la formula di Eulero:
Equazione 4 e  j  cos  jsen
in forma esponenziale
Equazione 5 Y  Ye j t  
Osserviamo infine che la rappresentazione analitica di un segnale sinusoidale può essere espressa, anziché mediante la
funzione seno, come nell’equazione 1, mediante la funzione coseno. Ad esempio l'espressione:
Equazione 6 y (t )  Y cos(t   )
rappresenta un segnale sinusoidale avente ampiezza Y, pulsazione  e fase iniziale negativa ‐  (fig. 2). Figura 2 2 Segnale a gradino Si considera anzitutto la funzione a gradino unitaria 1 (t – t0), caratterizzata da una discontinuità di ampiezza unitaria nell'istante t0 (positivo, negativo o nullo) e così convenzionalmente definita: Equazione 7 0  t  t 0
1

u t  t 0     t  t 0 2
1  t  t 0
Se adesso moltiplichiamo u(t – t0) per una funzione y(t) = Y costante si può ottenere una funzione gradino di qualunque ampiezza. Equazione 8 y (t )  Y  u (t  t0 ) Figura 3 La curva di transizione che raccorda i due tratti orizzontali della forma d'onda non è individuabile con esattezza, né teoricamente, né sperimentalmente (per l'impossibilità di determinare con precisione gli istanti di inizio e di fine della curva stessa): per tale ragione, le caratteristiche di un segnale a gradino reale sono definite convenzionalmente, fissando come istante dello scatto, t0, l'istante in cui il segnale raggiunge il 50% del valore finale di regime o ampiezza Y del gradino, e come tempo di salita, ts l'intervallo di tempo necessario per passare dal 10% al 90% dell'ampiezza Y. Spesso il gradino unitario viene rappresentato con una funzione così definita: Equazione 9 u (t  t0 ) 
1 1
 sig (t  t 0 ) 2 2
Dove sig(t – t0) è la funzione segno così definita: Equazione 10  1  t  t 0

sig t  t 0   0  t  t 0  1  t  t
0

Spesso la funzione gradino unitario viene rappresentata come in figura 4. 3 Figura 4 Ma la funzione così rappresentata è un'astrazione matematica, fisicamente è irrealizzabile, perché prevede il passaggio da zero ad un valore finito in un tempo nullo. Il segnale a gradino della fig. 4 è pertanto un segnale puramente ideale. Impulso rettangolare Un impulso rettangolare ideale di ampiezza Y e durata tp centrato sull'istante t0, è definito dalle seguenti relazioni: Equazione 11 0  t  t1

y (t )  Y  t 2  t  t 2 0  t  t
2

Figura 5 L'impulso rettangolare può considerarsi ottenuto come somma di due segnali a gradino di ampiezza Y, uno positivo e I’altro negativo, sfasati fra loro di un tempo tp = t2 – t1 4 Figura 6 Forma d'onda rettangolare La forma d'onda rettangolare è un segnale periodico binario, costituito, dalla successione di impulsi rettangolari di ampiezza e durata costanti. Figura 7 Il segnale è definito pertanto da tre grandezze: il periodo T, l'ampiezza Y e la durata tp degli impulsi. In luogo della durata assoluta degli impulsi, può essere considerata la durata relativa al periodo, denominata duty‐cycle: Equazione 12 D
tp
T
Per D = 0,5 il segnale prende il nome di onda quadra. 5 Segnale a rampa Moltiplicando la funzione a gradino unitaria u(t – t0) per la funzione Yo(t) = m∙(t‐to) si ottiene la funzione di un segnale a rampa Equazione 13 y (t )  m(t  t0 )u (t  t0 ) Figura 8 Il segnale a rampa viene spesso utilizzato per realizzare il segnale denti di sega, costituito dalla successione periodica di impulsi a dente di sega, essi sono realizzati con dei segnali a rampa con fronte di salita positiva e negativa. Figura 9 Il segnale è caratterizzato dall’ampiezza Y e dai tempi tt e tr denominati tempo di traccia e tempo di ritraccia. La somma di questi due tempi fornisce il periodo, della forma d'onda a denti di sega: Equazione 14 T  tt  t r Per tt = tr si ottiene una forma d'onda a impulsi triangolari: 6 Figura 10 Segnali periodici nel dominio della frequenza La rappresentazione di segnali periodici nel dominio della frequenza si basa sullo sviluppo in serie di Fourier, che può essere così enunciato: «Qualunque segnale periodico è scomponibile nella somma di segnali sinusoidali (valore medio), dei quali uno ha la stessa frequenza del segnale considerato (prima armonica o fondamentale) e gli altri hanno frequenze multiple (armoniche superiori) >>. Ad esempio consideriamo la forma d’onda rettangolare: Figura 11 7 La sua espressione analitica può essere data mediante funzioni circolari o mediante funzioni esponenziali complesse. Modulazione d'ampiezza Cenni di teoria delle onde In fisica, le onde elettromagnetiche (cioè quello che comunemente chiamiamo "luce") sono caratterizzate dalla loro lunghezza d'onda (indicata con la lettera greca lambda ), cioè dalla distanza tra due suoi massimi (o tra due minimi) consecutivi. La frequenza f, invece, e' data dal numero di massimi (o minimi) che si possono misurare nell'unita' di tempo (espresso in secondi); essa si misura in numero di "cicli" (periodi) al secondo = Hertz o 1/s. Quindi la frequenza e' espressa come inverso del tempo che intercorre tra un massimo (minimo) è l’altro, detto tempo è setto periodo. Per vedere che relazione intercorre tra la lunghezza d’onda  e la frequenza f occorre partire dall’espressione della velocità nella fisica classica. Equazione 15 velocità 
spazio
tempo
La velocità di un’onda è pari a quella della luce c = 3108 m/s, mentre lo spazio che un’onda percorre in un periodo t = T è pari alla sua lunghezza d’onda , cioè: Equazione 16 c

T
Inoltre il periodo è l’inverso della frequenza pertanto: Equazione 17 c

T


1
f
 f
Poiché c è costante esiste una proporzionalità inversa tra la frequenza e la lunghezza d’onda. L’energia associata ad un’onda è espressa dalla relazione: Equazione 18 E  f  h[W  s ] Dove h =6,62610‐34 Ws2 (costante di Planck). Dalla relazione appena scritta se ne deduce che la frequenza di un'onda e la sua energia hanno una relazione proporzionalità diretta: maggiore e' la frequenza, maggiore e' l'energia associata a quell'onda. 8 Esempio: Consideriamo due onde una a frequenza di 100 Hz e l’altra ad una frequenza di 100 GHz, la lunghezza d’onda delle due onde varrà: 
1 


 
 2

3  108


 3 10 6 m
 1
100

8
c
  3 10  3mm
 2 100  109
f2
c
f1
L’energia associata a queste onde vale:  E1  100  6.626 10 -34  6.626 10 -32 W  s
 E1  f1  h



9
-34
- 23
 E2  f 2  h  E2  100  10  6.626 10  6.626 10 W  s
Modulazione d’ampiezza Nel paragrafo precedente si è visto che le onde elettromagnetiche ad alta frequenza posseggono più energia delle onde a bassa frequenza, questo implica che le prime decadono dopo rispetto alle altre, di conseguenza si mantengono più allungo nel tempo. Per poter trasmettere, quindi, un segnale a bassa frequenza si usano le onde ad alta frequenza come supporto per mantenere il segnale più a lungo. Questa operazione si chiama modulazione d’ampiezza ed così definita: modulazione d'ampiezza (AM, Amplitude Modulation) si intende l'operazione con cui si fa variare l'ampiezza di un segnale, detto «portante» (alta frequenza), proporzionalmente ai valori istantanei di un altro segnale, detto «modulante», contenente l'informazione da trasmettere. Figura 12 9 Supponiamo adesso che i due segnali, modulante e portante siano sinusoidali: Equazione 19 v p (t )  V p cos p t 
vm (t )  Vm cosm t 
Per quanto detto deve essere: Equazione 20 V p  Vm
V p  Vm


 p   m
 f p  f m
Il segnale espressione: 
modulato Equazione 21 avrà 
v(t )  V p  Vm cos m t  cos p t  Definiamo a questo punto l'indice di modulazione, o profondità di modulazione, come il rapporto fra l'ampiezza del segnale modulante e l'ampiezza del segnale portante: Figura 13 Equazione 22 m
Vm
 Vm  mV p Vp
Equazione 21 diventa: 

v(t )  V p  mV p cos( m t ) cos( p t )  V p cos( p )  mV p cos( m t ) cos( p t ) Poiché vale la relazione cos( ) cos(  ) 
1
cos     cos    2
l’equazione 21 diventa: Equazione 23 v(t )  V p cos( p ) 
mV p
2


cos ( p  m )t 
mV p
2

cos ( p  m )t
 Quest’ultima ci dice che il segnale modulato in ampiezza è espresso come la somma del segnale portante (sinusoidale) con due funzioni sinusoidali che hanno come ampiezza il termine mV p
2
e come frequenza una la somma e l’altra la differenza tra le frequenze, della portante e della modulante (figura 13). Dalla figura 13 si osserva come l'operazione di modulazione ha dato luogo ad una traslazione in frequenza del segnale modulante fm della quantità fp . 10 Si osserva inoltre che la larghezza di banda del segnale modulato risulta essere il doppio della frequenza fm modulante, infatti: Equazione 24 B  ( f p  fm )   f p  fm   2 fm L'indice di modulazione m può variare fra 0 e 1 : 0 < m < 1 Figura 14 Se osserviamo (figura 24) che: 



Se è m = 0 vuol dire che non c'è modulante, quindi non si trasmette alcuna informazione, pur impegnando il canale con la portante. Se è m = 0,5 siamo nelle condizioni ottimali. Se è m = 1 siamo di fronte al massimo della modulazione. Se è m > 1 allora siamo in forte distorsione da crossover come indicato sotto: 11 L'indice di modulazione fino a qui descritto è valido all'uscita del modulatore (cioè in antenna), per quanto riguarda il segnale all'ingresso del modulatore, si deve tenere conto della costante di proporzionalità, KAM, che è una caratteristica del modulato. Pertanto la formula diventa: Equazione 25 m
K AM Vm
Vp
Figura 15 Potenza: In generale per una tensione sinusoidale la potenza si esprima nella forma: Equazione 26 P
V2
R
Nel caso di un segnale modulato essendo esso formato da tre segnali sinusoidali, la potenza totale è data dalla somma delle tre potenze relative ai tre segnali. Se diciamo, allora, R0 la resistenza di radiazioni dell’antenna trasmittente o/ e ricevente per il segnale modulato in ampiezza vale: 2
PAM
2
2
2
 mV p   mV p 
 mV p 
2
m 2V p2 V 2 1  m 
2







2
V
p
p
V 
 2 

V p2  2   2 
2 

  p
2  




R0
R0
R0
R0
R0
R0
Equazione 27  m2 
 PAM  Pp 1 
2 

Modulatori AM I modulatori sono esapoli che, ricevendo in ingresso il segnale a frequenza portante ed il segnale modulante e forniscono in uscita il segnale modulato. Un semplice modulatore di ampiezza può essere ottenuto utilizzando un diodo a semiconduttore nel tratto non lineare della sua caratteristica secondo lo schema di principio rappresentato in fig 15. 12 Figura 16 Supponiamo per semplicità che la caratteristica del diodo, nell'intorno del punto di riposo fissato dalla tensione di polarizzazione diretta V0 abbia andamento quadratico: Equazione 28 i  avd  bvd2 La tensione applicata al diodo è data dalla somma della tensione della portante e la tensione modulante, cioè: vd  V p cos p t   Vm cosmt  Pertanto la corrente che attraversa il diodo assume la Figura 17 relazione: 
 

i  a V p cos p t   Vm cos m t   b V p cos p t   Vm cos m t  2
Sviluppando i quadrati e sapendo che : cos 2   
1
1  cos2 
2
1
cos( ) cos( )  cos     cos   
2
Si ha: 

b 2
b
b
V p  Vm2  aV p cos p t   aVm cosmt   V p cos2 p t   Vm cos2mt  
2
2
2
 bV pVm cos p  n   bV pVm cos p  n 
i
Se p >> m e filtriamo il segnale con una filtro con banda passante centrato su p i termini al difuori di detta banda verranno annullati e quindi: i  aV p cos p t   bV pVm cos p  n   bV pVm cos p  n  13 Che paragonata all’equazione 23 si vede che sono uguali se m 
2b
Vm a
Infatti se dividiamo l’espressione della i per a e ricaviamo Vm da quest’ultima si ha: i
b
b
 V p cos p t   V pVm cos p  n   V pVm cos p  n 
a
a
a
 a
Vm 
m
2b
i
b
a
b
a
 V p cos p t   V p
m cos p  n   V p
m cos p  n 
a
a 2b
a 2b
 a
Vm 
m
2b
v(t )  V p cos( p ) 
mV p
2


cos ( p  m )t 
mV p
2


cos ( p  m )t c.v.d. I modulatori a diodi sono adatti per piccole potenze, dato che la potenza di uscita deve essere totalmente fornita dai segnali d'ingresso (portante e modulante). Maggiori potenze possono essere modulate utilizzando uno stadio amplificatore In classe C, secondo uno schema del tipo rappresentato in fig. 18. Figura 18 14