2.2. La Chiesa ed il Convento di S. Siro
Nella proprietà Mancassola esistevano anticamente la Chiesa e il Monastero di S. Siro, di cui si
hanno scarse notizie a causa della dispersione dei documenti avvenuta dopo la soppressione degli
Istituti religiosi decretata durante l’occupazione francese.
La tradizione storica1 fa risalire la costruzione della Chiesa all’anno 555 d.C. ad opera del Vescovo
di Piacenza Siro, anche se la figura di questo vescovo non è documentata. Sicuramente il Monastero
esisteva già nel VIII secolo, perché dai documenti risulta che nel 744 il re longobardo Ildebrando
rilasciò un diploma ai canonici della Cattedrale (allora S. Antonino) con cui confermava loro la
giurisdizione del Monastero di S. Siro.
La storia della Chiesa tace fino al 1056 quando il vescovo Dionigi emanò un decreto con il quale
eleggeva la Chiesa, con i suoi beni, a Monastero “col dormitorio, giardino, chiostro e cortile”2 e lo
destinò ad una comunità femminile dell’Ordine di S. Benedetto.
L’edificio del Convento aveva un chiostro nel primo cortile d’ingresso; il secondo cortile, più
ampio, che si affacciava sull’orto e sul giardino, era fiancheggiato a est e a sud da un loggiato. I due
cortili erano circondati da molteplici locali destinati a garantire la vita comune: le cucine, la
dispensa, la legnaia, l’infermeria, la bugandaia, il tinaro, la camera detta del pane, quella detta della
pasta, il granaio e la cantina. La chiesa (posta all’angolo tra via S. Agostino- oggi via Giordani- e
via S. Siro) subì diversi rimaneggiamenti nel XVI e XVII secolo ma, ancora nel ‘700, si presentava
come una costruzione di piccole dimensioni, di poco superiori a quelle originarie del VI secolo, e
con una facciata semplicissima con lesene abbinate alle estremità laterali, divisa nel mezzo da una
trabeazione che terminava in un frontone triangolare.
Nel 1809, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi decretata dal Governo napoleonico, la
Chiesa fu chiusa e, l’anno seguente, Chiesa e Monastero furono venduti a un’impresa edile, che
abbattè entrambi gli edifici per riutilizzare il materiale da costruzione. Il terriccio e i rottami della
demolizione furono gettati nelle cantine del Convento attraverso le volte sfondate, come si constatò
nel 1925 in occasione della gettata delle fondamenta della Galleria Ricci Oddi.
La zona conventuale fu inserita nel contesto della galleria, mentre il fabbricato destinato ad
abitazione del custode sembra impostato sul perimetro dell’antica chiesa e dell’antica sede del
Capitolo.
1
Cfr. P. M. Campi, Dell’Historia Ecclesiastica di Piacenza, Piacenza 1651, tomo I, p. 157.
2
Cfr. P. M. Campi, op. cit., p.339.