Le centrali idroelettriche

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Le centrali idroelettriche
Una centrale idroelettrica può definirsi una macchina in grado di trasformare l'energia potenziale
dell'acqua, legata al fatto che l'acqua si trova ad un livello superiore a quello della restituzione,
prima in energia meccanica e successivamente in energia elettrica (Fig. 1 e 2).
Per il principio di conservazione dell'energia è stato usato il termine trasformare e non distruggere.
Infatti l'energia, al termine del processo, non viene distrutta ma cambia natura: da energia di
posizione in energia elettrica, con una percentuale che si trasforma in calore.
Per fare si che l'energia possa essere di nuovo sfruttata occorrerà restituirle il potenziale iniziale.
Nel nostro caso questo processo si realizzerà con l'energia termica del sole che trasformerà prima
l'acqua in vapore e successivamente il vapore in acqua sotto forma di pioggia o neve, le quali
cadendo sulle montagne restituiscono all'acqua l'energia di posizione.
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Ecco la ragione per la quale l'energia idroelettrica viene definita rinnovabile.
Potrebbe sembrare un paradosso, ma si potrebbe dire che l'energia idroelettrica deriva in definitiva
dall'energia termica generata dalla fusione nucleare in atto nel Sole. II termine rinnovabile trova
pertanto qui la sua giustificazione.
Di questo ciclo esaminiamo la parte che più ci interessa da vicino.
Con riferimento alla Fig. 3 supponiamo che il bacino di carico riceva tanta acqua quanta ne cede,
cosi che il livello dell' acqua sia costante e costante sia il dislivello "H". Prendiamo in esame una
particella di acqua che si trovi al livello del pelo liquido del bacino di carico.
Questa particella, rispetto al livello di restituzione, possiede un'energia potenziale uguale ad "H".
Quando questa particella scenderà dalla quota più alta alla quota più bassa, passando prima nella
condotta forzata e successivamente nella turbina, la sua energia potenziale si trasformerà in energia
meccanica pari alla stessa energia cinetica che avrebbe avuto la particella cadendo da un'altezza
"H".
Ecco giustificato quel coefficiente 9,8 meglio noto come "g" (accelerazione di gravità) = circa 9,8
m/sec2 che compare nella formuletta che si usa per il calcolo della potenza teorica.
La potenza netta, che in pratica è quella che ci interessa, è una parte della potenza teorica in quanto
l'attrito ne sottrae una frazione; tutti i processi hanno un rendimento definito dal rapporto tra la
potenza teorica e la potenza netta.
La macchina che trasforma l'energia dell'acqua in energia meccanica attraverso la rotazione di un
albero è la turbina.
Nella Fig. 4 è rappresentato uno schema semplificato di una turbina, in esso si possono distinguere
quattro organi principali:
•
la cassa turbina, a forma di spirale, è l'organo preposto a convogliare l'acqua proveniente
dalla condotta forzata ai vari organi meccanici che si trovano all'interno;
•
il distributore è l'organo che, attraverso le sue pale, effettua la regolazione della quantità di
acqua che colpisce la girante;
•
la girante è l'organo che trasforma l'energia dell'acqua in energia meccanica facendo ruotare
l'albero;
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•
l'albero è l'organo che trasmette il moto all'esterno della macchina.
Fig. 4
Nella Fig. 5 è rappresentato lo schema di una girante tipo Francis (dal nome del suo inventore),
utilizzata per forti portate e medi salti d'acqua. Si può notare come l'acqua entra nella girante
radialmente attraverso le pale del distributore ed esce assialmente per dirigersi allo scarico.
Fig. 5
La macchina che trasforma l'energia meccanica della turbina in energia elettrica è l'alternatore.
Questa macchina funziona in base al principio dell'induzione magnetica (vedi Fig. 6)
Volutamente si è preso in esame l'alternatore e non la dinamo perché nel nostro caso ci interessa la
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generazione di correnti alternate (ecco il perché del nome alternatore) e non quella delle correnti
continue (che vengono invece generate dalle dinamo).
Nella Fig. 7 è rappresentato uno schema semplificato di un alternatore nel quale si possono
distinguere quattro organi principali:
•
•
•
l'albero che è l'organo atto a ricevere il moto dalla turbina;
il rotore, che è la parte in movimento dell'alternatore, meglio chiamato induttore, è l'organo
che, tramite gli elettromagneti posti sulle sue razze, meglio chiamati espansioni polari,
genera e fa ruotare in continuazione il campo magnetico che si concatena con le spire degli
avvolgimenti elettrici dello statore;
lo statore, che è la parte fissa dell'alternatore, meglio chiamato indotto, è l'organo in cui
vengono alloggiate le spire degli avvolgimenti elettrici nei quali viene indotta e dai quali
viene infine prelevata l'energia elettrica generata;
Gli anelli, che girano con il rotore, sono gli organi che ricevono dall'esterno, tramite le spazzole di
carbone, la corrente continua che serve per alimentare le bobine degli elettromagneti che si trovano
sulle espansioni polari del rotore.
II flusso che esce dalle espansioni polari degli elettromagneti sistemati sulle razze dell'induttore é
costante, ma poiché l'induttore ruota, il flusso magnetico concatenato con le spire statoriche varia
nel tempo.
Questo flusso induce negli avvolgimenti statorici una forza elettromotrice.
Questa forza elettromotrice, chiamata indotta, aumenta con l'aumentare della velocità di variazione
del flusso magnetico che concatena le spire.
Tutte le spire degli avvolgimenti sono collegate opportunamente tra di loro in modo che la forza
elettromotrice risultante vari nel tempo con andamento sinusoidale.
Agli estremi degli avvolgimenti statorici avviene il prelievo dell'energia elettrica generata.
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A questo punto è significativo fare un parallelo tra l'energia idraulica e l'energia elettrica. L'energia
idraulica deriva dal movimento delle molecole di acqua in un circuito idraulico (tubi).
L'energia elettrica deriva dal movimento di cariche elettriche in un circuito elettrico (conduttori).
Molto grossolanamente il flusso dell'acqua in un tubo si può paragonare al flusso di cariche
elettriche in un conduttore.
Questi flussi, rispettivamente delle molecole d'acqua e delle cariche elettriche, avvengono a spese
dell'abbassamento del potenziale delle loro energie.
II Sole, come abbiamo visto prima, provvede a ripristinare il potenziale dell'energia dell'acqua
(ciclo acqua - vapore acqueo - acqua).
L'alternatore provvede a mantenere costante il potenziale dell'energia elettrica che fluisce nel
circuito utilizzatore.
Richiamando il parallelo idraulico fatto in precedenza come i tubi offrono una resistenza al
passaggio della corrente d'acqua, anche i conduttori elettrici offrono una resistenza al passaggio
della corrente elettrica.
Queste resistenze sottraggono una frazione dell'energia utilizzabile trasformandola in calore.
Al fine di migliorare il rendimento del sistema si possono mettere in atto gli accorgimenti che di
seguito esporremo.
Nel caso di un circuito idraulico, aumentando la sezione dei tubi e quindi riducendo la velocità a
parità di portata e riducendo la scabrosità delle superfici a contatto dell'acqua. Nel caso di un
circuito elettrico, aumentando la sezione dei conduttori e utilizzando per la costruzione degli stessi
materiali a bassa resistività (equivalente a bassa scabrosità).
Poiché in un circuito elettrico le perdite sono proporzionali al quadrato del valore della corrente "I"
che lo percorre (misurata in Ampere), risulta evidente la convenienza di mantenere il più basso
possibile questo valore.
Ma poiché si deve mantenere costante la potenza "P" (misurata in Watt) che si vuole trasmette col
circuito, si dovrà allo stesso tempo elevare la tensione "V" (misurata in Volt) per rispettare
l'eguaglianza:
P=VxI
Ecco perché nei sistemi di generazione dell'energia elettrica si trova un'altra macchina
fondamentale, questa volta statica: il trasformatore.
Esso serve ad elevare, ed anche a diminuire, il valore della tensione della corrente elettrica.
II trasformatore può trasformare soltanto correnti alternate, ossia correnti che variano i propri valori
secondo una legge sinusoidale, in quanto il loro funzionamento è basato sull'induzione
elettromagnetica, possibile soltanto se il flusso magnetico è variabile.
Nelle Fig. 8-9-10 è rappresentato lo schema di un trasformatore elettrico trifase.
Fig. 8
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Fig. 9
Fig. 10
Esso è essenzialmente costituito da un nucleo magnetico sul quale sono avvolti un avvolgimento
primario "N1" e un avvolgimento secondario "N2".
II flusso magnetico generato dalle correnti che attraversano le spire dell'avvolgimento primario si
concatena, attraverso il nucleo magnetico, con le spire dell'avvolgimento secondario che diventa
sede delle correnti indotte secondarie.
L'esempio ci mostra come variando il rapporto tra il numero delle spire degli avvolgimenti primari e
secondari variano i valori delle tensioni applicate ai morsetti degli stessi.
In un complesso di produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica sono inseriti molti
trasformatori (vedi Fig. 11).
Fig. 11
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Oltre al primo, quasi sempre presente nell'officina elettrica, prima della linea di trasporto, che serve
appunto per elevare la tensione della corrente prodotta dall'alternatore (per esempio da 10.000 Volt
a 130.000 Volt) allo scopo di diminuire le perdite lungo la linea, ce ne sono altri che abbassano
progressivamente la tensione sino a portarla al livello di utilizzazione, che nel caso delle
applicazioni domestiche è di 220 Volt.
A completamento, nelle Fig. 12-13-14 sono indicate altre disposizioni di macchinario idraulico ed
elettrico che si possono trovare nelle centrali idroelettriche, mentre nella Fig. 15 sono rappresentati i
principali tipi di giranti utilizzate nelle turbine idrauliche.
Fig.12
Fig. 13
Fig. 14
Fig. 15
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