CONSIDERAZIONI GENERALI Per poter realizzare una tecnica che abbia delle basi valide, è importante mettere in evidenza le lacune riscontrate nell'applicazione dei diversi metodi precedenti, quali: - una ipotesi patogenetica essenzialmente muscolare, quindi sbagliata, per spiegare la deviazione del rachide; - una scarsa conoscenza della classificazione delle scoliosi e della loro prognosi; - un'assenza di risultati documentati. Si può fare risalire a questi motivi una notevole differenza fra le aspettative teoriche ed i risultati conseguiti. Ciononostante, la cinesiterapia è impiegata sempre, o quasi, nel trattamento delle scoliosi. Limiti Salvo particolari eziologia, la scoliosi non è una malattia del sistema muscolare, che non presenta lesioni primitive ma solo degli adattamenti funzionali. Pertanto la rieducazione si rivolge con ambizioni modeste alle conseguenze della deviazione e non a ciò che l'ha provocata. L'effetto correttivo del movimento non dura più del tempo del movimento stesso e, pertanto, non può apportare delle vere e proprie modificazioni strutturali su una deformazione che si manifesta a livello osseo ed articolare. Finalità La cinesiterapia deve mirare ad una educazione neuromuscolare che corregga e perfezioni lo schema corporeo del soggetto, deve creare degli automatismi subconsci applicabili ai gesti e alle attività della vita quotidiana; 33 deve offrire al soggetto scoliotico i mezzi che gli consentano di mantenere le posizioni corrette: da quelli prettamente fisici, soprattutto muscolari, all'adattamento dell'ambiente circostante e del posto di lavoro. Mezzi I mezzi migliori sembrano essere i più semplici. Ci si deve rendere conto che una analisi troppo precisa, mirando ad un effetto troppo localizzato, porta a degli errori per la difficoltà di realizzare l'azione terapeutica su un piano vertebrale preciso. Inoltre, le migliori dimostrazioni cinesiologiche e gli studi biomeccanici, validi su un soggetto sano, in un soggetto scoliotico vedono le proprie basi minate dalla presenza della deformazione. Fedeli alle direttive di Charrière e Roy, noi pensiamo che si debbano utilizzare i migliori esercizi di ogni metodo. Il buon terapeuta è colui che, disponendo di conoscenze sufficienti, sa scegliere l'azione più adatta a seconda del caso e del momento. Il tipo della scoliosi (idiopatica, neurologica, ecc..), la sua conformazione anatomica, l'entità della deviazione, la sua riducibilità, il momento del nostro intervento, la prognosi di evolutività... sono tra gli elementi che determinano in quel preciso istante le direttive dominanti della cinesiterapia. Approfondiremo solamente i problemi concernenti le scoliosi idiopatiche (le altre eziologia saranno trattate in un capitolo a parte). Definiremo un certo numero di principi che stanno alla base del metodo: la rieducazione posturale, la mobilitazione, il rinforzo muscolare, la respirazione, le attività sportive e il posto di lavoro. Esamineremmo più avanti le applicazioni pratiche di questi principi, definendo e giustificando le diverse applicazioni della cinesiterapia nelle varie fasi del trattamento, scegliendole secondo le seguenti indicazioni: - sola rieducazione, - cinesiterapia nel trattamento ortopedico, - cinesiterapia nel quadro del trattamento chirurgico. Citeremo alcuni esercizi integrati in un esempio di "seduta tipo" per un caso preciso. Dobbiamo considerare che questi esercizi non rappresentano delle "ricette" standardizate,, ma dei dati concreti che rendono oggettivo il nostro pensiero, per un fine pedagogico. Ciò per evitare la solita litania di esercizi che il cinesiterapista apprende da altri e applica in modo uguale per tutti. Basandosi sulle sue conoscenze ed esperienze, dovrà costruire ogni seduta ed impostare una progressione nelle successive sedute seguendo le indicazioni da noi proposte. PRINCIPI METODOLOGICI La rieducazione posturale Costituisce la base del trattamento. Lo scopo è di permettere al soggetto scoliotico di applicare, il più possibile durante il giorno, la posizione corretta. Lo studio della postura implica l'intervento oltre che del corpo anche della psiche e richiede quindi la partecipazione attiva del soggetto. Presa di coscienza corporea Il soggetto deve prima di tutto prendere coscienza del proprio corpo. All'inizio senza intervenire, dobbiamo insegnargli ad osservarsi, a "sentire" il proprio corpo che deve essere percepito all'interno, grazie alla sensibilità propriocettiva, per arrivare ad una rappresentazione cosciente della sua forma e della sua posizione nello spazio. I contatti cutanei diretti, provocati da pressioni sui muscoli e sulle articolazioni, permettono di sviluppare la sensibilità propriocettiva. A tale scopo vengono utilizzate le mani del cinesiterapista o quelle del soggetto stesso o punti di riferimento fissi (suolo, spalliera, muro,...). Una spiegazione semplice della localizzazione e dell'azione dei diversi gruppi muscolari sinergici aiuta il soggetto a conoscere il proprio corpo. Con contrazioni e decontrazioni alternate, si sollecitano tutte le parti del corpo separatamente o nel loro insieme, per arrivare ad una sensibilizzazione completa che permetta l'affinamento dell'immagine corporea. Per superare questa prima tappa sono sovente necessarie sedute di "rilasciamento" neuromuscolare. Correzione posturale Si procede innanzitutto alla ricerca dei difetti osservando il soggetto da fermo (in piedi, seduto, disteso) e in movimento. Essi possono essere: - le disarmonie fisiche, che vanno osservate col criterio ortopedico, dal basso verso l'alto (volte plantari, asse degli arti inferiori, equilibrio del baci 36 no, asse occipitale, angoli della taglia, cingolo scapolare, posizione della testa, ecc...). Lo specchio ortopedico permette di visualizzare le osservazioni (fig. 12). - le disarmonie dinamiche: mancanza di coordinazione e di ritmo, uso scorretto della respirazione e della forza. Il soggetto, percependo queste disarmonie, si sforza di correggerle agendo selettivamente sulle parti interessate ed evitando in modo assoluto i compensi. Impara ad apprezzare il valore della postura. La posizione dei segmenti corporei viene percepita a livello corticale, tramite i recettori propriocettivi (specialmente quelli articolari). L'integrazione delle correzioni nello schema corporeo è in rapporto alle possibilità del momento ma mira al riequilibro del soggetto nel suo insieme (fig. 13). La rieducazione a questo stadio non utilizza posizioni corrette rigide, quali l'attenti. Le reazioni posturali ricercate e soprattutto le azioni antigravitarie regolano un intervento razionale dei muscoli posturali. I riflessi miotattici provocano un'alternanza incosciente di contrazioni e decontrazioni che assicurano la posizione equilibrata ed armonica del rachide. Si passa poi dalla posizione orizzontale alla posizione verticale, insistendo sul lavoro da seduto (fig. 14) e in piedi, per arrivare a movimenti sempre più complessi, associati a traslazioni. (fig. 15). L'ultima tappa si propone l'integrazione della posizione corretta nei gesti della vita quotidiana, ricercando in particolare la partecipazione di tutto il corpo all'esecuzione di ogni movimento, l'economia dello sforzo muscolare e una scioltezza che elimini tutte le contratture localizzate. La postura corretta, ripetuta e mantenuta nel tempo, tende a divenire una reazione incosciente, il più possibile "automatica". "Le immagini posturali soggettive creano delle reazioni muscolari posturali stabili a livello inconscio" (Scherrer). Pertanto, è solo con la continuità del rispetto della posizione corretta che si può pretendere di influenzare favorevolmente una deviazione vertebrale. La rieducazione deve mirare a migliorare le qualità muscolari mentre il riadattamento funzionale deve occuparsi dell'adattamento ambientale (in modo particolare lo studio delle posizioni di lavoro, che più avanti tratteremo). Le posizioni sedute meritano sovente un'attenzione del tutto particola re. La mobilizzazione . La mobilizzazione aumenta l'ampiezza articolare, stirando l'insieme degli elementi articolari e periarticolari che ostacolano o limitano il movimento, nel rispetto dei limiti delle ampiezze articolari fisiologiche. Si deve mobilizzare una scoliosi? Quando e come? Si deve mobilizzare prima di rafforzare? Non mobilizzare più di quanto si possa sostenere, dunque rafforzare? Potenziare prima, per mobilizzare in seguito con maggior sicurezza? Nei trattamenti ortopedici e chirurgici, le scelte sono semplici e precise. Nel trattamento con sola cinesiterapia é utile praticare, nel corso di una medesima seduta, sia la mobilizzazione in senso correttivo sia il rinforzo muscolare simmetrico in posizione corretta. Se il soggetto presenta una certa lassità, bisogna insistere di meno con la mobilizzazione; al contrario, di più se é un tipo rigido. Bisogna tuttavia ammettere che il discredito sulla efficacia della rieducazione vertebrale é certamente dovuto all'abuso della mobilizzazione. Si rischia di facilitare l'aggravamento dell'angolo della curva nel soggetto in stazione eretta, mentre l'unico vantaggio é la maggiore riducibilità della stessa. In effetti, é relativamente facile realizzare un esercizio inclinando il rachide dalla parte convessa, come nel bending test, fare una radiografia e concludere che questo movimento è correttivo poiché riduce notevolmente l'angolo o addirittura lo inverte, specialmente a livello lombare. Questi esercizi però, anche se eseguiti con regolarità, non influenzano favorevolmente la scoliosi in modo duraturo, in quanto il soggetto non può utilizzare questa posizione per un tempo sufficientemente lungo. Attualmente i metodi che hanno provato statisticamente il loro valore nell'arrestare l'evoluzione di una scoliosi sono piuttosto quelli che stabilizzano il rachide in posizione corretta, sia provvisoriamente, come nel trattamento ortopedico con gessi e corsetti, sia definitivamente con l'artrodesi chirurgica. Tre sono i procedimenti a nostra disposizione secondo il fine che si intende perseguire. Movimenti mobilizzanti Per mobilizzare si procede come in una seduta di educazione fisica, con movimenti slanciati che utilizzano la forza centrifuga e movimenti con tempi di molleggio. Il tempo forte é sincronizzato con la respirazione (fig. 16). Quest'azione può essere resa ancora più efficace dall'aiuto manuale del cinesiterapista che dosa lo sforzo. Quando questi movimenti provocano contrazioni muscolari che ne limitano l'ampiezza, é necessario impostare esercizi lenti, in scioltezza, spinti e mantenuti in posizione estrema con il soggetto in massimo rilasciamento. Le indicazioni sono tuttavia riservate a casi e a momenti terapeutici ben precisi. Per ottenere il miglior rendimento, bisogna assumere una posizione di lavoro neutra sul piano sagittale. Le posizioni estreme, in iperflessione ed in iperestensione, provocano da una parte delle pressioni eccessive e dall'altra tensioni estreme. Inoltre non permettono di andare in massima flessione laterale ed ancor meno in rotazione o derotazione. È importante, quando esiste l'indicazione, mobilizzare nelle quattro direzioni di lavoro: sagittale, frontale, trasversale e assiale. Non sono consigliabili le sospensioni agli arti superiori perché agiscono sul rachide tramite il cingolo scapolare, quindi in modo indiretto e poco efficace. Queste sospensioni, stirando i muscoli fissatori delle scapole, possono essere nocive, specialmente nei ragazzi. Al contrario, tutte le forme di trazione assiale (sospensione cervicale, autoallungamento vertebrale,...) che partono da una presa cervicale, permettono una forma particolare di mobilizzazione che risulta soddisfacente, poiché agiscono in modo simmetrico sul rachide in toto. Sono molto indicate nel quadro del trattamento chirurgico o ortopedico, data la loro grande efficacia. Movimenti asimmetrici Realizzano generalmente una mobilizzazione attiva del rachide nel senso della correzione. In effetti, i numerosi esercizi correttivi asimmetrici proposti dai differenti metodi non sono rafforzanti nel senso esatto del termine. Essi cercano di mettere la o le curve così come le controcurve nella posizione più co rretta possibile (fig. 17). Questi movimenti, limitati nel tempo, non creano da soli una riduzione angolare permanente, ma permettono di realizzare meglio la successiva correzione posturale prolungata. L'esercizio asimmetrico deve essere localizzato con grande precisione, a nche se non permette di agire su un solo livello vertebrale o di isolare l'azione di un singolo muscolo. Ogni movimento indirizzato ad una curva, quando raggiunge una certa ampiezza, influenza le controcurve. Premesso che la mobilità sul piano fron tale di ogni disco intervertebrale a livello dorsale é di 4° o 5°, allorché la curva scoliotica interessa circa 6 dischi, si può ritenere che ogni movimento su questo piano che superi i 20° o 30° agisce sulla controcurva in modo più o meno nocivo. La scelta e la localizzazione di questi movimenti asimmetrici deve essere fatta dopo un attento esame clinico e radiologico della deviazione del rachide. Mobilizzazioni toraciche Si devono considerare tutte le azioni particolari e adattate che si propongono di conservare elastica la gabbia toracica, quali i movimenti in inspirazione ed espirazione forzata, associati o no a movimenti del rachide, gli esercizi manuali modellanti, specialmente sulla gibbosità e, in certi casi gravi, l'utilizzazione di apparecchi respiratori a pressione positiva che consentono una valida mobilizzazione "dal di dentro" degli elementi osteoarticolari toracici. Rafforzamento muscolare Paul Dotte afferma che "il rafforzamento muscolare é soltanto la fase ultima dell'aumento della forza muscolare, conseguente al miglioramento neuro muscolare e al condizionamento ottimale sensomotorio". Noi condividiamo questa concezione. Per semplificare lo studio di questo problema nel trattamento delle scoliosi considereremo il rafforzamento muscolare come il risultato nel tempo della pratica di esercizi rafforzanti. L'esercizio trofizzante é dato da una serie di contrazioni statiche, concentriche o eccentriche, dei muscoli striati, la cui azione mira a conservare o migliorare la funzione di un muscolo o di un gruppo muscolare, tenendo conto di fattori meccanici (resistenza, frequenza, durata, ripetizione, ecc...) e fisiologici (cronassia, contrattilità, elasticità, tonicità, ecc...). La funzione del muscolo e le sue proprietà indirizzano nella scelta dei mezzi meccanici e psicologici che permettono di intensificare il lavoro muscolare. In particolare la tonicità permette il mantenimento delle posture con uno stato di tensione sufficiente. Il tono, contrazione involontaria di debole intensità, migliora con gli esercizi statici o concentrici, lenti e intensi. La resistenza, o grado di resistenza, é una proprietà dei muscoli antigravitari che bisogna potenziare. Perché un muscolo diventi tonico e resistente deve essere sottoposto a sforzi notevoli (al fine di ottenere un reclutamento massimale) ed a ripetizioni sufficienti fino alla necessaria fatica. Nel trattamento della scoliosi, consideriamo in modo particolare i muscoli di sostegno rappresentati dai gruppi paravertebrali e dagli addominali. Essi non devono essere né troppo contrattili né troppo elastici, ma devono possedere una forte tonicità e una grande resistenza alla fatica. Le contrazioni più adatte saranno lente, statiche (massimali), di piccola ampiezza e di grande intensità. Nell'eseguire questo lavoro il rachide va posto nella posizione più corretta possibile. Abbiamo per questo definito il Carico Massimo in Correzione (C.M.C.). Definizione Il C.M.C. é il carico massimo che può essere sostenuto per 10 secondi in posizione perfettamente corretta durante l'esecuzione dell'esercizio. Il C.M.C. deve servire come base di lavoro per l'esercizio di rafforzamento muscolare che deve rispondere ad un certo numero di regole riassunte in "12 comandamenti". Fig. 18 Esempio di esercizio rafforzante Discussione (fig. 18) 1) È evidente che il C.M.C. deve essere adattato ai progressi del soggetto. Talvolta va diminuito durante periodi particolari (fatica, rimozione del corsetto, subito dopo un intervento, ecc.). Il calcolo non può essere preciso come nella valutazione di un quadricipite. Quando si rispetta il concetto di base, le possibili variazioni da un cinesiterapista all'altro nei confronti di uno stesso soggetto scoliotico sono irrilevanti. All'inizio degli esercizi di rafforzamento muscolare, il C.M.C. deve essere adattato ogni settimana e in seguito una volta al mese. 2) È utile far precedere l'esercizio da attività globali di riscaldamento, dosate secondo il soggetto e il momento terapeutico. I 12 comandamenti dell'esercizio rinforzante nel trattamento della scoliosi: 1. Carico massimo in correzione, adattato 2. Esercizi preceduti da riscaldamento 3. Curve e controcurve in posizione corretta 4. Esercizi praticati simmetricamente 5. Lavoro con metà C.M.C., poi 2/3 6. Durata della contrazione prolungata: 10 secondi 7. Contrazioni di tipo statico 8. Serie di 10 contrazioni 9. Numero delle serie: 3 10. Tempo di riposo tempo di lavoro 11. Respirazione naturale 12. Sedute quotidiane o biquotidiane 3) È risaputo che non si deve mai rafforzare la muscolatura su un rachi de deformato, ma "rinforzarla progressivamente su un rachide raddrizzato". Alcuni esercizi troppo intensi possono provocare, durante la contrazio ne, un leggero aggravamento della curva e delle controcurve. Questo succede soprattutto se non si é spiegato bene al soggetto il modo di realizzare la correzione o egli sia veramente poco dotato. Come la riduzione transitoria della curva non influisce sulla curva stessa, così un suo eventuale aggrava mento momentaneo non ha conseguenze nocive. Si tratta piuttosto di dare al sistema muscolare le qualità indispensabili per poter in seguito mantenere a lungo la posizione corretta ed ottenere così un effetto benefico sulla deviazione del rachide. 4) La contrazione deve essere simmetrica per precise ragioni fisiologiche, ma anche per ragioni pratiche e pedagogiche. In una curva scoliotica la muscolatura dal lato convesso é la più forte, ma la cronassia dei muscoli erettori é più breve di quella del lato concavo. La contrazione dei muscoli del lato convesso é dunque più precoce e permette di assicurare al movimento un appoggio posteriore apofisario più equilibrato, limitando il danno del lavoro simmetrico. Allo stesso modo tale contrazione più forte può ridurre lo spostamento sul piano sagittale nonostante la deviazione scoliotica. R. Sohier ha realizzato, a questo proposito, uno studio molto preciso. "Ci troviamo in pieno paradosso... la predominanza muscolare unilaterale iniziale... partecipa al meccanismo limitando il disequilibrio del rachide. La predominanza del lato convesso permette in effetti un'erezione del rachide più o meno sagittale a partire da un tripode discovertebrale fino agli appoggi apofisari disequilibrati". 5) Ricordiamo che, oltre al principio del carico massimo, si deve tener presente quello del lavoro in correzione. L'uso di metà C.M.C. adottat o all'inizio per ragioni pratiche, logiche e intuitive, si dimostra, dopo 15 anni di esperienza, molto valido. La progressione, da una serie all'altra, del tipo 2/5, 3/5, 4/5 si può adottare in casi particolari e rari che richiedono uno sviluppo muscolare rapido e intenso. Al contrario, nelle scoliosi dolorose si rende necessario talvolta una diminuzione del carico nel corso della stessa seduta. 6) Per abituare i muscoli a realizzare contrazioni lente, potenti e resistenti, le contrazioni devono essere eseguite con un carico notevole e mantenute sufficientemente a lungo. 7) Notiamo che ogni muscolo contiene fibre lente e fibre veloci. La quantità maggiore delle une o delle altre determina l'adattamento funzionale al lavoro di tipo statico o dinamico: questa proporzione é modificabile con un allenamento appropriato. Il sollevamento pesi favorisce lo sviluppo di muscoli corti e potenti; la corsa, di muscoli lunghi e resistenti. Per migliorare la funzione posturale degli erettori del rachide, la fisiologia neuromuscolare unita all'esperienza sportiva giustifica la scelta delle contrazioni di tipo statico o dinamico limitato. 8) La composizione delle serie di contrazioni, il numero delle serie, il tempo di riposo in rapporto al tempo di lavoro, la frequenza quotidiana e settimanale delle sedute sono dettate dai metodi di potenziamento terapeutico moderno, specialmente dal metodo dei carichi diretti progressivi descritto d a Paul Dotte, che si adattano bene al nostro problema specifico. 9) La respirazione conserva un ritmo fisiologico e individualizzato, indipendente dal movimento: non può essere logicamente associata a contrazioni di lunga durata, né a dei tempi d'apnea controindicati durante questo tipo di esercizi. Il soggetto pratica quindi 2 o 3 movimenti respiratori completi, inspirazione ed espirazione, senza apnea, durante un esercizio (movimento di andata, cont razione tenuta 10 secondi, movimento di ritorno e rilassamento). Respirazione Deve essere considerata in modo diverso a seconda della gravità della deformazione e del grado di insufficienza respiratoria rilevato all'esame respiratorio funzionale (E.R.F.). Un soggetto che presenta una deviazione frontale di 25°, con capacità vitale nor male o subnormale senza alterazioni della dinamica respiratoria, non viene trattato allo stesso modo di un altro che presenti una scoliosi di 150°. Quest'ultimo ha una capacità vitale ridotta del 30%, 50% (o più), un volume espiratorio massimo secondo (V.E.M.S.) diminuito e una dinamica fortemente alterata. In questo caso, il trattamento é chirurgico. Osservazione del soggetto Quale tipo di respirazione usa? una respirazione addominale o no, una respirazione toracica (molto spesso), una respirazione costodiaframmatica (più o meno regolare). Osservando una scoliosi strutturata a livello toracico, si notano sempre: - zone troppo rigide a livello delle depressioni, altre più mobili a livel lo delle gibbosità; - dalla parte convessa le coste, quasi in posizione espiratoria data la loro eccessiva verticalizzazione, permettono una certa possibilità di espansione nei movimenti inspiratori; - dalla parte concava, l'orizzontalizzazione delle coste fa sì che il mo vimento non possa aumentare il diametro trasversale del torace. Anche il loro eccessivo avvicinamento, che può essere aggravato da un accavallamento e da un ir rigidimento, impedisce di realizzare una corretta espirazione. Finalità della rieducazione respiratoria I due scopi principali sono intimamente legati: - educare, mantenere e soprattutto sviluppare la funzione respiratoria nel suo insieme; - mobilizzare in correzione, modellare la regione toracica (la rieducazione respiratoria é uno dei mezzi per migliorare la morfologia). Fig. 19 Educazione dell'atto respiratorio: a) inspirazione b) espirazione Mezzi della rieducazione respiratoria Alla respirazione, che pur deve essere eseguita nel corso di tutta la seduta cinesiterapica, va riservata una parte di esercizi specifici. Per una scoliosi lieve o di media gravità o un atteggiamento scoliotico, il metodo si compone di varie fasi. L'educazione respiratoria é obbligatoria nella maggior parte dei soggetti scoliotici soprattutto all'inizio del trattamento e deve essere insegnata in modo semplice e classico. Si passa successivamente alla buona utilizzazione delle vie aeree superiori e alla presa di coscienza dell'atto respiratorio, inspirazione ed espirazione (fig. 19), a livello diaframmatico, toracico, costodiaframmatico, coordinando bene le diverse fasi. La mobilizzazione si fa con le mani del rieducatore o con esercizi nel senso della correzione, arrivando sovente alla mobilizzazione del rachide. Il modellamento del torace tende a far espandere le zone di depressione sviluppando le sensazioni propriocettive ai livelli corrispondenti (ricerca dello spianamento delle gibbosità). Lo sviluppo della capacità respiratoria é una sintesi del lavoro precedente: si realizza per mezzo dei movimenti respiratori completi eseguiti durante gli esercizi di rieducazione e attraverso la pratica di attività fisiche sotto forma di sport o giochi attivanti la funzione cardi orespiratoria. Problemi particolari delle scoliosi gravi Si tratta in genere di soggetti per i quali il trattamento é essenzialmente chirurgico. Sono malati che si stancano facilmente, spesso ipotrofici, non abituati allo sforzo fisico e con un equilibrio precario. Le deformazioni sono tali da associare disordini dinamici, meccanici e perfino dell'equilibrio psicofisico. La rieducazione respiratoria diviene essenziale e prioritaria; si prefigge di migliorare l'equilibrio generale e diminuire il rapporto volume residuo/capacità totale. Il miglioramento si ottiene: aumentando la capacità totale, aumentando la capacità vitale, - diminuendo il volume residuo con un miglioramento dell'espirazione, troppo sovente trascurata. Sul piano pratico, i mezzi descritti precedentemente devono essere utilizzati con intensità ben dosata. Vengono integrati da: - preparazione ad una ventilazione assistita (possibile in fase post operatoria), - educazione all'espettorazione, - drenaggio, se esiste predisposizione al ristagno bronchiale, - adattamento allo sforzo con allenamento molto progressivo. Questa rieducazione respiratoria richiede un contesto particolare: non si può operare con risultati efficaci se manca la partecipazione cosciente del soggetto, che deve essere incoraggiato ed informato. I risultati sono completati dagli esami normali: spirometria, spirografia, analisi funzionale, analisi dei gas nel sangue, ecc. ma anche e soprattutto con dei test concreti, quali l'aumento del peso o il miglioramento delle capacità funzionali. Attività sportive Fanno parte di un insieme di norme d'igiene di vita tra le quali l'alimentazione, il sonno, l'ambiente familiare, scolastico, sociale e professionale, il tempo libero, ecc... La maggior parte di questi elementi pure importanti non viene trattata in questo lavoro. La pratica di uno sport merita però la nostra attenzione perché l'équipe terapeutica deve non solo dare dei consigli, ma anche tentare di far nascere delle "vocazioni" in questo senso. Il soggetto scoliotico non é spontaneamente portato all'attività sportiva: meno dotato fisicamente dei soggetti della sua età, spesso é complessato dal suo aspetto disarmonico. Lo sport ha degli scopi ben precisi che permettono il suo inserimento, al momento opportuno, nel quadro delle attività proposte: 1) Rappresenta un'alternativa alla cinesiterapia che viene eseguita solo nei periodi strettamente "terapeutici", in genere lunghi, faticosi e sempre fastidiosi per il soggetto. 2) Mantiene o migliora lo stato generale, agendo favorevolmente sulle grandi funzioni, in modo particolare sul sistema cardiorespiratorio. 3) Ritarda l'invecchiamento dell'apparato locomotore: ossa, muscoli, legamenti ecc.; rallenta il processo di alterazione del metabolismo calcico e protidico e diminuisce le possibilità che si instauri una rachialgia cronica. 4) Modifica il compor tamento degli individui che vi si dedicano: ne traggono un miglior equilibrio morale e fisico. È infine un mezzo di incontro e di partecipazione. I criteri che permettono di dare delle indicazioni dipendono evidentemente dall'entità della scoliosi, dall'età e dal sesso del soggetto. In linea generale é meglio: - scegliere uno sport che si possa praticare all'aria aperta, - evitare gli sport violenti o pericolosi (paracadutismo, equitazione, rugby, judo, ecc.), - scegliere uno sport che impegni notevolmente il sistema cardiorespiratorio (basket, footing, ecc.), - evitare gli sport che richiedano molta tecnica e qualità fisiche notevoli: scatto e potenza, perché il soggetto scoliotico rischia di essere superato e quindi di scoraggiarsi. - scegliere uno sport che si possa praticare per molto tempo, possibilmente per tutta la vita o quasi, come la marcia in campagna e in montagna, il tennis, il ciclismo, lo sci di fondo. Tre problemi possono insorgere a questo proposito: 1) Ad esempio, il nuoto ha il vantaggio di permettere un'eccellente postura in quanto mantiene il rachide in scarico; obbliga ad una notevole attività fisica globale, specialmente respiratoria; consente di praticare dei movimenti che correggono le deviazioni sagittali associate (ad esempio: nuoto con la testa sott'acqua se la lordosi é eccessiva). Al nuoto possono essere mosse due critiche: il soggetto, in posizione orizzontale e per di più nell'acqua, non lavora nelle posizioni funzionali per noi più importanti, cioé in piedi e seduti; inoltre non é detto che consenta il miglioramento delle qualità muscolari utili alla finalità terapeutica del mantenimento prolungato della postura corretta. 2) Gli sport "asimmetrici": non possono avere un effetto correttivo localizzato su una curva (per esempio, raddrizzare una scoliosi dorsale praticand o regolarmente il nuoto all'indiana); come, del resto, la ripetizione di uno stesso gesto asimmetrico, che sviluppa di più un arto o una parte del corpo rispetto all'altro, non può provoca re una deviazione del rachide né aggravare una deviazione esistente. I tennisti, anche professionisti, non hanno una scoliosi strutturale: hanno il braccio destro più potente del sinistro o viceversa. L'effetto benefico di una attività sportiva quale il tennis, praticato fino ai sessant'anni, lo rende consigliabile nonostante il dubbio di un'azione nociva. 3) Lo "sport scolastico": é un errore esonerare dalla ginnastica i ragazzi portatori di una leggera scoliosi o solo di un atteggiamento scoliotico. Dobbiamo per lo meno distinguere l'educazione fisica dall'attività all'aria aperta: i movimenti precisi di una seduta di ginnastica possono effettivamente essere illogici (specialmente i mobilizzanti) mentre il lavoro all'aperto rientra nelle attività globali alle quali il soggetto si adatta bene e dalle quali può trarre un notevole beneficio generale. Studio del posto di lavoro Il posto di lavoro sta allo studio della postura come la riabilitazione sta alla rieducazione: ne rappresenta una continuazione logica ed indispensabile. La rieducazione ha dato al soggetto la cognizione del proprio corpo e delle posizioni corrette nello spazio. Egli ha acquisito un certo automatismo degli atteggiamenti appresi nei gesti della vita quotidiana, ha migliorato le qualità fisiche, soprattutto muscolari, che gli permettono di mantenere la posizione per un periodo prolungato. È necessario ora adattare l'ambiente del soggetto in modo da facilitare, perfezionare e soprattutto prolungare nel tempo "l'abitudine alla posizione corretta". Il problema che si pone più frequentemente al cinesiterapista o all'ergoterapista, secondo l'organizzazione del lavoro dell'équipe curante, é l'adattamento della posizione scolastica (fig. 20). Ci soffermiamo a descriverlo nei particolari. Fig. 20 Posizione scorretta abituale di un'alunna. Concetto della posizione scolastica Dobbiamo considerare (fig. 21): - la forma e soprattutto l'altezza della sedia (ad esempio una sedia bassa favorisce la correzione di una lordosi lombare); - l'altezza e il piazzamento dello schienale, localizzato generalmente a livello della cifosi, che può essere dorsale ma anche dorsolombare o lombare; - l'altezza e l'inclinazione del piano di lavoro o del banco in rapporto alla sedia (fig. 22), secondo la taglia del soggetto, il tipo di curve sagittali e frontali (l'altezza e l'inclinazione del piano di lavoro favoriscono la correzione di una cifosi dorsale), rispettando un campo visivo corretto e comodo. Un piano inclinato impedisce che il ragazzo si curvi sul tavolo e provoca un raddrizzamento di tutto il rachide con una leggera estensione del capo. Preparazione del banco scolastico Si raggiunge il risultato ideale quando il ragazzo usufruisce di un posto di lavoro adattato tanto a scuola quanto a casa. Occorre ottenere la collaborazione degli insegnanti, della famiglia e dello stesso soggetto. Fig. 23 Rachide in posizione corretta, grazie al leggio. Malgrado una maggiore comprensione degli insegnanti, sappiamo che il ragazzo si serve raramente del leggio durante le ore di scuola; ciò é facilmente intuibile, quindi perdonabile. È necessario almeno che la "postura scolastica" sia utilizzata in modo rigoroso durante le ore di lavoro o di lettura a casa (fig. 23) Altre posizioni di lavoro Sono molto numerose e richiedono uno studio particolare per realizzare gli adattamenti necessari alle deviazioni di ciascun soggetto. I lavori in posizione seduta, tipo impiegato e dattilografa, possono usufruire, in modo particolare, di questi adattamenti ispirati ai principi della terapia e dell'ergonomia. Inoltre si insegna ai soggetti l'uso corretto della colonna, particolarmente quello della cerniera lombosacrale, in quanto rischiano di soffrire un giorno per il superlavoro di questa regione. La posizione in automobile con i sedili di serie é sovente cattiva. La regolazione si ottiene con lo spostamento indietro del sedile rispetto ai pedali e con l'inclinazione dello schienale e del poggiatesta. La forma ed il piano del sedile, il piazzamento dello schienale, il campo visivo del parabrezza non si adattano alla diversa taglia e morfologia dei conducenti. Il posto di guida dell'automobile merita dunque sovente un nostro intervento per determinare le modifiche necessarie. Infine, per alcuni soggetti può essere utile lo studio delle posizioni "di relax".