CREA: su Nature passi importanti nel contrasto alla batteriosi del Kiwi – RASSEGNA STAMPA CREA del 04/12/2015 CREA, SU NATURE PASSI IMPORTANTI NEL CONTRASTO ALLA BATTERIOSI DEL KIWI 02/12/2015 at 11:38 Il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), con la sua sede di Frutticoltura a Caserta, ha fornito importanti conoscenze sullo Pseudomonas syringae pv. actinidiae, conosciuto anche come Psa, il famigerato batterio che causa la “batteriosi” del kiwi, un vero flagello per la coltura del frutto di cui siamo tra i primi produttori al mondo. Lo studio, coordinato da Milena Petriccione, ricercatrice del CREA Frutticoltura di Caserta, è stato appena pubblicato negli Scientific Reports della prestigiosa rivista Nature. Ed è stato condotto nell’ambito del progetto URCOFI “Unità di coordinamento e potenziamento delle attività di sorveglianza, ricerca, sperimentazione, monitoraggio e formazione in campo fitosanitario”, finanziato dalla Regione Campania. I ricercatori del CREA Frutticoltura hanno nebulizzato sulle foglie della pianta di Actinidia dosi variabili, alte e basse, di Psa. L’obiettivo è stato quello di individuare geni che restassero stabili, al variare della dose di inoculo, per poterli utilizzare negli studi di interazione tra pianta ospite e batteri fitopatogeni, essenziali nel contrasto alla fitopatia. Per ricerche di questo tipo, è fondamentale poter analizzare l’andamento di alcuni geni di riferimento della pianta nel tempo, a seguito dell’infezione batterica. Questi geni, ad esempio, potrebbero essere coinvolti nei meccanismi di resistenza della pianta nei confronti del batterio. “I geni stabili individuati grazie a questo lavoro – ha affermato Marco Scortichini, direttore del CREA Frutticoltura di Caserta – potranno essere utilizzati come “marker” sicuri (proprio perchè stabili al variare delle condizioni di inoculazione) nei prossimi studi di interazione Actinidia-Psa. E – conclude lo studioso – ci consentiranno non solo di valutare l’andamento di altri geni a seguito dell’infezione batterica, ma anche di monitorare correttamente la risposta generale della pianta colpita”. Non è poco, se si considera che questa malattia ha causato, nel recente passato, ingenti danni economici alle principali coltivazioni di Actinidia in Italia (Lazio, Piemonte, Veneto, EmiliaRomagna) e nel mondo. Batteriosi del kiwi, sequenziato il genoma del batterio I risultati del convegno nazionale organizzato dal Cra a Latina. Marco Scortichini: 'Passo fondamentale per contrastarne la diffusione' Pianta di actinidia colpita dalla batteriosi "Il genoma del batterio è stato decodificato e ha permesso di individuare le caratteristiche genetiche, i fattori di virulenza e di adattamento ambientale nonché l'origine dell'attuale popolazione del patogeno. Ciò è stato reso possibile grazie allo studio effettuato, e pubblicato a novembre, sulla rivista Plos One. Si potrà così migliorare le strategie per il contenimento del propagarsi della malattia e ottenere nuove formule in grado di annullare la forza del microrganismo in campo" ha affermato Marco Scortichini, patologo del Cra e direttore dell'Unità di ricerca per la Frutticoltura di Caserta, al Convegno nazionale sulla batteriosi del kiwi, organizzato dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura. Esperti sulla coltivazione del kiwi e fitopatologi coinvolti nelle ricerche sulla batteriosi del kiwi, dirigenti del ministero per le Politiche agricole e responsabili dei Servizi fitosanitari delle regioni interessate dal problema hanno fatto il punto sulla diffusione e pericolosità del batterio in Italia e nel mondo e sulle scoperte scientifiche inerenti alla sua diffusione, diagnosi e diversità genetica. Sono stati illustrati, inoltre, i risultati finora ottenuti per la prevenzione e la difesa nei confronti del batterio causa della malattia. "Il sequenziamento del genoma del patogeno - continua Scortichini - è un passo fondamentale per contrastarne la diffusione attraverso strategie di prevenzione e di difesa che mirano a non esaltare la virulenza del batterio e ad annullarne la capacità di trasferirsi ad altre piante. La malattia – conclude il patologo del Cra - attualmente interessa tutte le maggiori aree di produzione del kiwi nel mondo (Italia, Nuova Zelanda, Cile, Francia) e sta mettendo a serio rischio la possibilità di continuarne la coltivazione. In Italia è presente nel Lazio, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto, Calabria, Campania e Friuli e ha causato negli ultimi tre anni ingenti perdite economiche". Il Mipaaf ha recentemente finanziato un progetto strategico nazionale che, attraverso vari Istituti di ricerca del Cra e la partecipazione del Centro servizi ortofrutticoli, Cso, mira ad estendere le conoscenze di base sul batterio, a selezionare germoplasma resistente alla malattia e a proporre strategie risolutive di prevenzione e di difesa in grado di contrastare efficacemente il patogeno. La produzione del kiwi in Italia Quella dell'actinidia è una produzione importante per l'italia: gli ettari coltivati a kiwi sono 24.000 per una produzione nazionale di 480.000 tonnellate che fa del Belpaese il primo produttore mondiale. Le esportazioni del frutto sono 370.000 tonnellate pari ad un terzo del mercato mondiale per un valore commerciale di 300.000.000 euro. Le Regioni che si dedicano a questa coltura sono Lazio, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto, Campania e Calabria: il Lazio è il maggiore produttore nazionale con 8000 ettari, 3000 aziende e 650.000 giornate lavorative. Le perdite economiche dovute alla malattia nella provincia di Latina arrivano a 40.000.000 euro. CREA: su Nature passi importanti nel contrasto alla batteriosi del kiwi Il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria), con la sua sede di Frutticoltura a Caserta, ha fornito importanti conoscenze sullo Pseudomonas syringae pv. actinidiae, conosciuto anche come Psa, il famigerato batterio che causa la "batteriosi" del kiwi, un vero flagello per la coltura del frutto di cui siamo tra i primi produttori al mondo. Lo studio, coordinato da Milena Petriccione, ricercatrice del CREA Frutticoltura di Caserta, è stato appena pubblicato negli Scientific Reports della prestigiosa rivista Nature. Ed è stato condotto nell'ambito del progetto URCOFI "Unità di coordinamento e potenziamento delle attività di sorveglianza, ricerca, sperimentazione, monitoraggio e formazione in campo fitosanitario", finanziato dalla Regione Campania. I ricercatori del CREA Frutticoltura hanno nebulizzato sulle foglie della pianta di Actinidia dosi variabili, alte e basse, di Psa. L'obiettivo è stato quello di individuare geni che restassero stabili, al variare della dose di inoculo, per poterli utilizzare negli studi di interazione tra pianta ospite e batteri fitopatogeni, essenziali nel contrasto alla fitopatia. Per ricerche di questo tipo, è fondamentale poter analizzare l'andamento di alcuni geni di riferimento della pianta nel tempo, a seguito dell'infezione batterica. Questi geni, ad esempio, potrebbero essere coinvolti nei meccanismi di resistenza della pianta nei confronti del batterio. "I geni stabili individuati grazie a questo lavoro – ha affermato Marco Scortichini, direttore del CREA Frutticoltura di Caserta - potranno essere utilizzati come 'marker' sicuri (proprio perché stabili al variare delle condizioni di inoculazione) nei prossimi studi di interazione Actinidia-Psa. E – conclude lo studioso - ci consentiranno non solo di valutare l'andamento di altri geni a seguito dell'infezione batterica, ma anche di monitorare correttamente la risposta generale della pianta colpita". Non è poco, se si considera che questa malattia ha causato, nel recente passato, ingenti danni economici alle principali coltivazioni di Actinidia in Italia (Lazio, Piemonte, Veneto, EmiliaRomagna) e nel mondo. Data di pubblicazione: 03/12/2015 AGRICOLTURA. CREA: PASSI IMPORTANTI NEL CONTRASTO A BATTERIOSI KIWI (DIRE) Roma, 2 dic. - Il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l''analisi dell''economia agraria), con la sua sede di Frutticoltura a Caserta, ha fornito importanti conoscenze sullo Pseudomonas syringae pv. actinidiae, conosciuto anche come Psa, il famigerato batterio che causa la "batteriosi" del kiwi, un vero flagello per la coltura del frutto di cui siamo tra i primi produttori al mondo. Lo studio, coordinato da Milena Petriccione, ricercatrice del Crea Frutticoltura di Caserta, e'' stato appena pubblicato negli Scientific Reports della prestigiosa rivista Nature. Ed e'' stato condotto nell''ambito del progetto Urcofi "Unita'' di coordinamento e potenziamento delle attivita'' di sorveglianza, ricerca, sperimentazione, monitoraggio e formazione in campo fitosanitario", finanziato dalla Regione Campania. I ricercatori del Crea Frutticoltura hanno nebulizzato sulle foglie della pianta di Actinidia dosi variabili, alte e basse, di Psa. L''obiettivo e'' stato quello di individuare geni che restassero stabili, al variare della dose di inoculo, per poterli utilizzare negli studi di interazione tra pianta ospite e batteri fitopatogeni, essenziali nel contrasto alla fitopatia. Per ricerche di questo tipo, e'' fondamentale poter analizzare l''andamento di alcuni geni di riferimento della pianta nel tempo, a seguito dell''infezione batterica. Questi geni, ad esempio, potrebbero essere coinvolti nei meccanismi di resistenza della pianta nei confronti del batterio. "I geni stabili individuati grazie a questo lavoro- ha affermato Marco Scortichini, direttore del Crea Frutticoltura di Caserta- potranno essere utilizzati come ''marker'' sicuri (proprio perche'' stabili al variare delle condizioni di inoculazione) nei prossimi studi di interazione Actinidia-Psa. E ci consentiranno non solo di valutare l''andamento di altri geni a seguito dell''infezione batterica, ma anche di monitorare correttamente la risposta generale della pianta colpita". Non e'' poco, se si considera che questa malattia ha causato, nel recente passato, ingenti danni economici alle principali coltivazioni di Actinidia in Italia (Lazio, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna) e nel mondo. Cosi'' in un comunicato il Crea. (Comunicati/Dire) 12:13 02-12-15 NNNN Colture Speciale CREA La ricerca scientifica può salvare la produzione del kiwi italiano 22 luglio 2014 Giuseppe Morello 0 Comment actinidia, kiwi, ricerca scientifica L’Italia è, dopo la Cina, il primo produttore mondiale di actinidia, più conosciuto come kiwi. Un primato che – grazie alla qualità delle nostre produzioni – ci rende anche leader nell’esportazione. Purtroppo, però, questi traguardi, sono stati messi a dura prova dalla batteriosi, una malattia che, a partire dal 2008, ha provocato danni gravissimi a questa coltura in tutte le maggiori aree di produzioni italiane, anche per la mancanza di efficaci mezzi di cura. Diventa fondamentale, quindi, il contributo della ricerca per individuare e sviluppare strategie di lotta in grado di garantire il futuro di un frutto così ricco di vitamine e buono. I primi risultati del lavoro svolto in tal senso dal Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA), sono stati presentati oggi al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali nel corso del convegno conclusivo dei progetti INTERACT “Interventi di coordinamento ed implementazione delle azioni di ricerca, lotta e difesa al cancro batterico dell’Actinidia (Psa)” ed ARDICA: “Azioni di ricerca e difesa al cancro batterico dell’Actinidia (Psa)”, strettamente collegati tra loro e condotti dal CRA con il Centro Servizi Ortofrutticoli (CSO) di Ferrara. I ricercatori hanno – da una parte – aumentato le conoscenze di base sul batterio e sulla sua interazione con la pianta-ospite – dall’altra, invece – definito e sperimentato tecniche agronomiche per contrastare la diffusione del patogeno e ridurre la sua pericolosità. Poi sono state migliorate e velocizzate le tecniche diagnostiche ed è stato impostato, per la prima volta in Italia, uno specifico piano di miglioramento genetico per l’individuazione di germoplasma di actinidia tollerante o resistente alla malattia. Dagli studi è emerso che i principali fattori predisponenti la malattia sono gelate e forte piovosità, mentre i periodi più a rischio sono autunno-inverno e di inizio primavera. Inoltre, grazie alle conoscenze acquisite, si è riusciti ad individuare in quale momento i trattamenti di difesa della piante riducono al massimo la possibilità di diffusione nei e tra i frutteti. E’ stata accertata una chiara correlazione tra composizione chimica del suolo e la predisposizione alla batteriosi; tale relazione risulta differente per il kiwi giallo e il kiwi verde. Sono state proposte forme di allevamento della pianta che, aumentando la circolazione dell’aria all’interno della chioma e riducendo il volume di legno colonizzabile dal batterio, riducono significativamente l’incidenza della malattia. Sono stati individuati alcuni nuovi composti chimici e di origine biologica in grado di ridurre efficacemente la severità e l’incidenza della malattia in pieno campo. “E’ possibile constatare che – ha affermato Marco Scortichini, direttore unità di ricerca per la frutticoltura del CRA di Caserta – dove vengono scrupolosamente applicati gli accorgimenti tecnico-agronomici, emersi delle nostre ricerche, si riesce a convivere con la “batteriosi”, anche in aree dove l’incidenza della malattia negli anni passati era fortissima e dove permangono ancora tutti i fattori predisponenti l‘insorgenza della stessa.” Giuseppe Morello Home / News / Agroalimentare Agrumi e frutta, la ricerca del Crea per migliorare la qualità Sono state presentate a Expo le ricerche attivate dal Crea sui temi dell’innovazione varietale e del miglioramento della qualità della frutta e degli agrumi Redazione 10 settembre 2015 4 dicembre 2015 Il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) sta sviluppando attività di ricerca per valorizzare la biodiversità genetica e migliorare la qualità nutrizionale e salutistica della frutta e degli agrumi. Queste attività sono state presentate all’interno di un incontro tenutosi il 10 settembre a Expo Milano 2015, e dedicato a “La ricerca dà i suoi frutti: biodiversità, innovazione varietale e qualità di frutta e agrumi”. Il Crea ha, in quest’ambito di ricerca, realizzato una nuova tecnologia innovativa (mild technology) per la trasformazione delle arance in succhi senza alterarne le caratteristiche. Nello specifico questa tecnica, sfruttando la pastorizzazione del succo d’arancia a basse temperature (36°C) e a moderate pressioni (300 bar), riduce la quantità di microbi e i danni termici e ossidativi, consentendo la conservazione delle proprietà sensoriali, nutrizionali e organolettiche della spremuta fresca fatta in casa. L’esperienza ha prodotto risultati duraturi perché alcune aziende, attivando tale sistema di pastorizzazione, hanno immesso sul mercato spremute fresche 100 % di arance rosse con una durata commerciale di 20 giorni. Altri studi hanno, inoltre, condotto alla creazione di nuove varietà di arance e di nuovi ibridi di mandarini precoci e tardivi, che estendono il calendario di maturazione, i mesi cioè in cui sono maturi naturalmente. Alcuni ibridi di mandarino sono di colore rosso, i primi esempi al mondo. Attraverso test sulla pelle, i ricercatori hanno dimostrato l’effetto foto-protettivo di un estratto di arance rosse. Se introdotto in una crema, infatti, questo estratto ha una forte efficacia protettiva nei confronti dei danni provocati dall’esposizione alle radiazioni UVB della pelle. Gli effetti protettivi dell’estratto di arance rosse sembrano essere maggiori rispetto a quelli di un altro antiossidante naturale (il tocoferolo) comunemente utilizzato in cosmetica. Al momento questo estratto è stato commercializzato dall’azienda che ha partecipato alla ricerca. È stato inoltre verificato, attraverso studi su soggetti con diminuite capacità antiossidanti, il ruolo svolto dall’estratto di arance rosse nella protezione dell’organismo dall’attacco dei radicali liberi generati dal fumo delle sigarette. La ricerca, effettuata su un gruppo di fumatori in buona salute, ha dimostrato che, integrando la dieta con l’estratto aumentano i livelli degli antiossidanti naturali nell’organismo, riducendone conseguentemente lo stress ossidativo. “L’incontro di oggi – ha spiegato Salvatore Parlato, Commissario Straordinario del Crea – intende contribuire al dibattito sul tema dell’agricoltura sostenibile e della tutela della biodiversità nell’ottica di promuovere un cambiamento profondo nei nostri sistemi agricoli e alimentari, ancora poco attenti alle questioni legate all’ambiente. Elementi questi necessari a non ridurre la disponibilità dei vari alimenti, perché il rischio verso cui andiamo incontro, è quello di non essere in grado di soddisfare i futuri bisogni alimentari e di essere costretti, per farlo, a sfruttare aree più fragili e svantaggiate. Queste riflessioni possono offrire, inoltre, ai consumatori la possibilità di operare scelte più consapevoli e orientate verso la qualità e la salubrità dei prodotti, tenendo quindi in considerazione gli aspetti nutrizionali legati ad una sana alimentazione”.