Polimorfismo C825T del gene GNB3 che codifica la subunità ß3

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Rassegne
Polimorfismo C825T del gene GNB3 che codifica
la subunità β3 delle proteine G e rischio cardiovascolare
Michelangelo Sartori, Emanuela Parotto, Giulio Ceolotto, Italia Papparella, Livia Lenzini,
Lorenzo A. Calò, Andrea Semplicini
Hypertension is a common disorder of multifactorial origin that constitutes a major risk factor
for cardiovascular events such as stroke and myocardial infarction. The subunits of the heterotrimeric G proteins are attractive candidate gene products for both susceptibility to essential
hypertension and interindividual variation in blood pressure. A polymorphism (825C/T) in exon
10 of the GNB3 gene, that encodes for the β3 subunit, has recently been described. The 825T allele
is associated with alternative splicing of the gene and formation of a truncated but functionally
active β3 subunit. Carriers of the 825T allele appear to have an increased risk for hypertension,
obesity, insulin-resistance and left ventricular hypertrophy. Moreover, 825T allele carriers
respond with a stronger decrease in blood pressure to therapy with a thiazide diuretic and with
clonidine. GNB3 825T allele may be regarded as a potential genetic marker for a better definition of the risk profile of hypertensive subjects, but further studies are needed to precisely define
the impact of T allele on the prognosis of such patients.
(Ann Ital Med Int 2004; 19: 240-248)
Key words: Genetic predisposition; G proteins; Hypertension; Insulin-resistance; Left ventricular hypertrophy; Obesity.
Introduzione
e l’endotelina6. Le proteine G sono espresse ubiquitariamente e la differente combinazione tra le molteplici isoforme delle subunità ne determina la funzione7. L’attivazione delle proteine G da parte dei recettori provoca la rottura del legame tra la subunità α e il dimero βγ. In tal modo entrambi acquisiscono la capacità di attivare molteplici
proteine effettrici. Per esempio Gαq attiva la fosfolipasi Cβ,
responsabile della produzione di diacilglicerolo e inositolotrifosfato, i quali provocano, rispettivamente, l’attivazione della proteinchinasi C e l’aumento del Ca++ intracellulare; quest’ultimo è a sua volta responsabile della contrazione del muscolo liscio8.
Tra le numerose funzioni cellulari regolate dalle proteine
G, vi è anche la regolazione dell’antiporto Na+/H+9. Lo
scambio Na+/H+ è effettuato da una famiglia di proteine
transmembrana ubiquitarie, denominate NHE, che scambiano uno ione H+ intracellulare con uno ione Na+ extracellulare10. L’attività di NHE è aumentata nel 30-50% dei
pazienti ipertesi in diversi tipi di cellule circolanti (piastrine,
leucociti, eritrociti)11-14. Tuttavia non tutti i pazienti ipertesi hanno una maggiore attività di NHE, per cui il solo
aumento pressorio non è la causa della variazione dell’attività di questa proteina. I geni che codificano per le numerose isoforme di NHE non sono né mutati né “iperespressi” negli ipertesi15. Quindi la differente attività di
NHE, riscontrata negli ipertesi, può essere spiegata solo
da un’alterata regolazione dell’antiporto.
Studiando le isoforme delle proteine G eterotrimeriche
nei pazienti con elevata NHE, è stato scoperto un poli-
L’ipertensione è un fenotipo complesso causato dall’interazione di molteplici geni con lo spettro praticamente infinito delle possibili variazioni ambientali: risulta quindi
difficile risalire a cause molecolari precise1,2. Sono stati
studiati numerosi geni, i cui prodotti partecipano alla regolazione della pressione arteriosa attraverso fattori umorali, nervosi, emodinamici e renali; in particolare, ne è stata misurata l’associazione con i differenti fattori di rischio cardiovascolare3. Le mutazioni a carico di singoli nucleotidi dei geni codificanti le subunità delle proteine G
sembrano essere alcuni dei candidati più promettenti per
lo studio della componente genetica dell’ipertensione arteriosa4. Le proteine G, infatti, sono coinvolte nella regolazione della pressione arteriosa e nel rimodellamento
vascolare5.
Proteine G
Le proteine G, così chiamate per la capacità di legare la
guanosina trifosfato (GTP) quando attive, sono formate da
tre subunità differenti (α, β, γ) e costituiscono gli effettori
dei recettori a sette domini transmembrana, responsabili
dell’attivazione di molteplici vie di trasduzione del segnale;
in particolare, tali proteine mediano gli effetti intracellulari di molti ormoni vasocostrittori come l’angiotensina II
Clinica Medica 4 (Direttore: Prof. Achille Cesare Pessina), Dipartimento
di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Padova
© 2004 CEPI Srl
240
Michelangelo Sartori et al.
morfismo del gene che codifica la subunità β316. Questo
gene (GNB3) è situato sul cromosoma 12p16. Siffert et al.16
hanno documentato che in alcuni pazienti ipertesi caratterizzati da NHE elevato, è presente una timina al posto
di una citosina nella porzione 825 del gene GNB3. La mutazione puntiforme C825T è associata a “splicing alternativo”, cioè ad un più corto RNA messaggero, responsabile della sintesi di una subunità β3 più piccola e più attiva rispetto alla subunità β3 nativa17.
nista α-adrenergico19 o dopo infusione dell’agente vasocostrittore metilergonovina maleato20 e una maggiore vasocostrizione nel territorio cutaneo dopo infusione di endotelina-1, di angiotensina II e di noradrenalina rispetto
ai soggetti con genotipo CC21. L’allele T sembra quindi
amplificare l’effetto di molte sostanze vasocostrittrici.
La subunità β3 è implicata anche nell’aggregazione
piastrinica stimolata da adrenalina. Ex vivo, infatti, le piastrine di pazienti con genotipo TT/TC presentano un’aggregazione maggiore, dopo stimolazione con adrenalina
e adenosindifosfato, rispetto a quelle dei pazienti con genotipo CC22.
Infine il dimero βγ è implicato nella regolazione della
risposta infiammatoria, scatenando la chemiotassi. Infatti
la chemiotassi dei neutrofili, stimolata da interleuchina823 o da lipopolisaccaridi24, risulta maggiore nei soggetti portatori dell’allele T rispetto ai soggetti con genotipo
CC. Parimenti la proliferazione linfocitaria, dopo stimolazione antigenica con il virus dell’epatite B, è maggiore
nei pazienti con genotipo CT/TT25.
Da tutti questi studi si può, quindi, concludere che il polimorfismo C825T non costituisce soltanto una curiosità
genetica ma assume anche una rilevanza biologica.
Il polimorfismo C825T del gene GNB3
Il polimorfismo C825T è presente in tutte le popolazioni
finora analizzate, ma la frequenza varia ampiamente a
seconda della zona geografica. Negli europei, l’allele T è
presente con una frequenza che si approssima al 30%, negli asiatici si avvicina al 50%, negli africani all’80% (Fig.
1)18. La ragione di questa diversa distribuzione dell’allele T non è chiara. Si ipotizza che questo allele possa essere stato scelto dai meccanismi evolutivi per migliorare
una specifica funzione che attualmente non si conosce.
Numerosi studi hanno dimostrato che la subunità β3 mutata, rispetto alla subunità nativa, è associata ad un’aumentata sensibilità delle cellule ad alcuni ormoni il cui sistema di trasduzione comporta l’attivazione della cascata delle proteine G4. Tale ipotesi è supportata da esperimenti in vitro che hanno evidenziato un aumento del legame del GTPγS, indice di attivazione delle proteine G,
nelle cellule di pazienti con allele T, indicando così un’aumentata attività delle proteine G in tali pazienti16. I pazienti
portatori dell’allele T presentano una maggiore vasocostrizione nel circolo coronarico dopo infusione di un ago-
Polimorfismo C825T ed ipertensione
Numerosi studi epidemiologici hanno indagato l’associazione dell’allele 825T con l’ipertensione arteriosa16,26-42.
L’associazione è stata studiata, inizialmente, attraverso studi caso-controllo, dove si confrontava la frequenza dell’allele T tra popolazioni di ipertesi e normotesi (Tab.
I)16,27,31,34,35-41 o dove si confrontavano i valori pressori tra
FIGURA 1. Frequenze dell’allele T in differenti aree geografiche.
241
Ann Ital Med Int Vol 19, N 4 Ottobre-Dicembre 2004
riscontrata nelle popolazioni asiatiche, in particolare nei
giapponesi36-38, nei cinesi39 e nelle popolazioni di neri afroamericani40 e di nativi canadesi41.
Le ragioni della discrepanza dei vari studi sono molteplici. La quasi totalità degli studi sono trasversali, di tipo
caso-controllo, affetti quindi da possibili bias di selezione. Gli effetti dell’allele T potrebbero essere stati coperti dall’effetto della terapia farmacologica e dalla selezione operata nella coorte di controllo. Essi hanno misurato
la frequenza dell’allele T in popolazioni di ipertesi e di normotesi ma i criteri di definizione di ipertensione erano differenti da studio a studio. Inoltre le popolazioni studiate
erano estremamente eterogenee: includevano infatti pazienti in età avanzata, pazienti in trattamento farmacologico, pazienti obesi e pazienti diabetici. In tutti questi
studi, quindi, i fattori ambientali potrebbero aver mascherato l’effetto dei fattori genetici.
Recentemente il nostro gruppo di ricerca ha realizzato
uno studio prospettico in una popolazione omogenea di giovani pazienti ipertesi con ipertensione di grado I42. La popolazione è stata scelta in modo tale da eliminare fattori
confondenti come l’età, la terapia farmacologica ed even-
pazienti con e senza allele T (Tab. II)26-28,32,34,35,38,39. I risultati sono stati contrastanti. Per quanto riguarda l’Europa
Occidentale, si è dimostrata un’associazione tra allele T
ed ipertensione arteriosa in popolazioni di origine tedesca16,26-28, spagnola29 e polacca30. Tuttavia uno studio in
popolazioni di origini francese e irlandese non ha documentato l’associazione31. Uno studio prospettico è stato
condotto in una popolazione finlandese ma non ha rilevato
alcuna associazione tra allele T e pressione arteriosa sia
all’inizio che alla fine di un follow-up durato 4.2 anni32.
Tuttavia la frequenza dell’allele T inaspettatamente bassa e l’eterogeneità della popolazione studiata non danno
allo studio la forza sufficiente per escludere tale associazione.
Uno studio condotto in una popolazione di pazienti austriaci affetti da ipertensione essenziale non ha inoltre
documentato alcuna associazione tra allele T e sviluppo
di crisi ipertensive33.
Per quanto riguarda le popolazioni extraeuropee, l’associazione tra allele T ed ipertensione è stata documentata
nei bianchi dell’Australia34 e nei neri inglesi di origine caraibica o africana35. Nessuna associazione è stata invece
TABELLA I. Frequenza dell’allele T del gene GNB3 nei pazienti ipertesi e nei soggetti normotesi.
Autore
N. pazienti
al.16
Siffert et
Beige et al.27
Brand et al.31
Benjafield et al.34
Dong et al.35
Kato et al.36
Tozawa37
Ishikawa et al.38
Huang et al.39
Larson et al.40
Hegele et al.41
853
1479
1354
299
428
1424
359
352
1165
904
447
Nazionalità
Frequenza dell’allele T
Tedeschi
Tedeschi
Francesi
Bianchi australiani
Neri inglesi
Giapponesi
Giapponesi
Giapponesi
Cinesi
Afroamericani
Nativi canadesi
p
Normotesi
Ipertesi
0.25
0.28
0.31
0.25
0.76
0.50
0.56
0.52
0.52
0.75
0.50
0.31
0.35
0.35
0.43
0.87
0.49
0.63
0.52
0.52
0.74
0.57
< 0.01
< 0.01
NS
< 0.05
< 0.01
NS
0.04
NS
NS
NS
NS
TABELLA II. Valori della pressione arteriosa in base al polimorfismo (C825T) dell’esone 10 del gene GNB3.
Autore
N. pazienti
al.26
Schunkert et
Beige et al.27
Hengstenberg et al.28
Snapir et al.32
Benjafield et al.34
Dong et al.35
Ishikawa et al.38
Huang et al.39
608
1000
2658
908
299
428
352
1165
Pressione arteriosa (mmHg)
p
CC
CT
TT
143/88
167/103
138/83
135/89
166/105
130/84
123/74
150/95
145/90
169/105
139/84
136/89
176/109
136/86
124/74
148/95
142/91
176/105
139/84
136/88
187/128
135/87
125/73
149/95
Valori pressori “office”, cioè misurati in ambulatorio con sfigmomanometro.
242
< 0.05
NS
NS
NS
< 0.01
NS
NS
NS
Michelangelo Sartori et al.
tuali patologie cardiovascolari. Durante un follow-up della durata media di 4.7 anni, i pazienti con allele T raggiungevano più velocemente ed in percentuale maggiore
un grado più severo di ipertensione arteriosa, necessitando quindi di una più precoce terapia farmacologica (Fig.
2)42. Lo studio prospettico e la giovane età della popolazione hanno quindi permesso di dimostrare l’effetto del polimorfismo C825T sullo sviluppo dell’ipertensione.
Come l’allele T favorisca lo sviluppo di ipertensione è
ancora materia di dibattito. Uno studio condotto in una popolazione tedesca ha evidenziato che i pazienti ipertesi portatori dell’allele T presentano un flusso plasmatico renale più elevato rispetto ai pazienti ipertesi con genotipo
CC43. Dal momento che le alterazioni dell’emodinamica
renale sono coinvolte nella patogenesi dell’ipertensione,
il risultato di questo studio suggerisce un possibile meccanismo attraverso cui la presenza dell’allele T potrebbe
contribuire alla regolazione dei valori pressori.
L’allele T non è solo implicato nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa ma influenza anche la risposta alla terapia farmacologica antipertensiva. I pazienti neri e bianchi di origine non ispanica con genotipo TT, affetti da ipertensione essenziale, rispondono con un calo pressorio
maggiore alla terapia con idroclorotiazide rispetto ai pazienti con genotipo CC44. Nei giovani soggetti di sesso maschile portatori dell’allele T la clonidina riduce acutamente la pressione arteriosa sistolica e le resistenze periferiche totali in misura maggiore rispetto ai soggetti con
genotipo CC45.
Il polimorfismo C825T non è associato soltanto all’ipertensione arteriosa ma anche ad altre condizioni cliniche che
determinano un maggiore rischio di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari. Wascher et al.46 hanno dimostrato la presenza di un’associazione tra allele T ed aterosclerosi carotidea in una popolazione tedesca. Un altro studio condotto recentemente in una popolazione tedesca
ha dimostrato che i portatori dell’allele T presentano un
rischio più elevato di sviluppare patologia coronarica47,
mentre Hengstenberg et al.28 non hanno documentato alcuna associazione tra presenza dell’allele T ed aumentato rischio di infarto miocardico in una popolazione germanica. Infine, in uno studio condotto in una popolazione bianca americana è stata dimostrata una significativa
associazione tra allele T ed ictus ischemico, indipendentemente dai valori pressori48.
Polimorfismo C825T e cardiopatia ipertensiva
Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato come
l’aumento della massa del ventricolo sinistro non sia solo associata all’ipertensione, ma costituisca un importante fattore di rischio cardiovascolare49,50. Nonostante la
pressione arteriosa sia il principale fattore in grado di influenzare la massa del ventricolo sinistro, altri fattori come il sesso, l’età, il peso corporeo e la razza concorrono
a determinarne le dimensioni. Nei grandi studi epidemiologici meno del 50% della varianza della massa cardiaca nella popolazione è spiegata da tali fattori. Una
quota di tale varianza non spiegata potrebbe essere attribuibile a fattori ereditari51.
La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia geneticamente determinata, dovuta a mutazione di un singolo gene, tuttavia è difficile ipotizzare che una mutazione di un
singolo gene sia alla base dell’ipertrofia del ventricolo sinistro. Verosimile è la presenza di numerosi polimorfismi
in grado di favorire il rimodellamento del ventricolo sinistro in presenza di ipertensione.
Per quanto riguarda il gene GNB3, in piccole coorti di
pazienti ipertesi è stata documentata un’associazione tra
allele T e cardiopatia ipertensiva52-55. Uno studio tedesco
condotto in una piccola coorte di ipertesi non in trattamento
farmacologico ha dimostrato che l’allele T era associato
a disfunzione diastolica52. Olszanecka et al.53 hanno dimostrato l’associazione tra genotipo TT e ridotto rilasciamento ventricolare in una numerosa coorte di pazienti
di origine russa e polacca, mentre in una piccola coorte di
ipertesi spagnoli in trattamento farmacologico l’allele T
si presentava più frequentemente nei pazienti in cui era presente ipertrofia del ventricolo sinistro54. Semplicini et
al.55 hanno evidenziato che giovani ipertesi di origine
italiana portatori dell’allele T presentano un indice di
FIGURA 2. Probabilità di raggiungere un grado più severo di
ipertensione arteriosa (pressione arteriosa sistolica ≥ 160
mmHg e/o pressione arteriosa diastolica ≥ 100 mmHg, durante il primo anno di follow-up, o pressione arteriosa sistolica
≥ 150 mmHg e/o pressione arteriosa diastolica ≥ 95 mmHg, successivamente al primo anno di follow-up) in pazienti con ipertensione lieve a seconda della presenza (linea continua) o assenza
(linea tratteggiata) dell’allele T. La differenza tra le due curve,
stimate secondo l’algoritmo di Kaplan-Meier, raggiunge la significatività statistica42.
243
Ann Ital Med Int Vol 19, N 4 Ottobre-Dicembre 2004
massa ventricolare sinistra maggiore rispetto ai pazienti
omozigoti per l’allele C. Tali osservazioni sono state estese da Sartori et al.42 in uno studio condotto su 461 pazienti
con ipertensione di grado I, dove si è confermato che i portatori dell’allele T presentano un indice di massa ventricolare sinistra maggiore rispetto ai soggetti con genotipo
CC.
Tutti questi risultati sembrano contraddetti da uno studio trasversale compiuto su una numerosa popolazione tedesca56. In questa popolazione non è stato documentato
nessun rapporto tra geometria cardiaca e polimorfismo del
gene GNB3. Va detto però che la marcata eterogeneità dei
valori pressori, dell’età e del rischio cardiovascolare, nonché il disegno trasversale non permettono di escludere che
l’allele T abbia qualche effetto sulla geometria cardiaca.
ad un maggiore peso corporeo, ad un aumentato rischio
di sviluppare obesità e ad un maggiore spessore della plica tricipitale. Poston et al.63 hanno dimostrato che, in una
popolazione di neri africani e di neri americani, i soggetti portatori dell’allele T presentavano valori maggiori di
indice di massa corporea rispetto ai soggetti omozigoti CC,
indipendentemente dal livello di attività fisica; tale associazione, tuttavia, non raggiungeva la significatività statistica.
L’allele T, secondo uno studio condotto su 294 donne
americane, è associato ad un maggiore aumento di peso
corporeo durante la gravidanza64. Al contrario, uno studio caso-controllo su una popolazione giapponese non
ha documentato nessuna associazione65 e due studi casocontrollo su una popolazione di bianchi europei66 e australiani67 hanno documentato solo una tendenza all’aumento della frequenza del genotipo TT nelle classi di indice di massa corporea più elevato, ma tale tendenza non
raggiungeva la significatività statistica. Similmente, in
una popolazione americana composta da individui bianchi e neri, non è stata riscontrata nessuna associazione tra
il genotipo CT/TT e la massa corporea68.
I risultati contrastanti non sorprendono. Il genotipo
spiegherebbe solo una piccola parte della predisposizione genetica all’obesità e solo in assenza di attività fisica
e di influenze ambientali il polimorfismo predisporrebbe
all’obesità. L’eterogeneità degli stili di vita e delle abitudini alimentari delle popolazioni studiate potrebbero quindi spiegare i risultati positivi in alcuni campioni di popolazione e negativi in altri.
Polimorfismo C825T ed obesità
L’obesità è una malattia cronica, la cui presenza predispone all’insorgenza di diabete mellito, ipertensione, cardiopatie. L’obesità può essere considerata come il risultato dell’interazione di fattori ambientali con il substrato
genetico dell’individuo, in particolare con geni che ne conferiscono la suscettibilità. Circa il 40-70% della variabilità dei depositi di adipe del corpo sembra essere determinata geneticamente18.
Sono stati clonati molti geni responsabili della regolazione del deposito di grasso, ed in particolare quelli delle proteine G eterotrimeriche, che sono risultate importanti
anche per l’adipogenesi. È stato dimostrato che nei topi
la soppressione dell’attività della subunità Gαl2 determina insulino-resistenza57 mentre un aumento d’espressione di questa subunità ha effetti insulino-mimetici58. È
noto che l’ipertensione arteriosa è molto frequente nei soggetti obesi. Ad esempio, a 50 anni l’80% degli obesi ha
intolleranza al glucosio ed è iperteso ed il 67% degli ipertesi è allo stesso tempo diabetico ed obeso59. Il gene
GNB3, codificando per una subunità delle proteine G, è
quindi un “gene candidato” per la patogenesi dell’obesità
e dell’ipertensione. Nell’uomo è stato recentemente dimostrato come gli adipociti dei pazienti obesi con genotipo TT abbiano una ridotta lipolisi dopo stimolo con norepinefrina60, ma i risultati dei numerosi studi di associazione tra il polimorfismo C825T e l’obesità sono contraddittori.
Siffert et al.18 hanno documentato un’associazione tra
allele T ed obesità in soggetti di origine germanica, cinese ed africana. Similmente nei nativi canadesi Nunavut
Inuit, il genotipo TT era associato ad un aumento dell’indice di massa corporea61. Anche un recente studio epidemiologico, condotto da Brand et al.62 su una popolazione belga, ha dimostrato che il genotipo TT era associato
Polimorfismo C825T ed insulino-resistenza
Da anni è stata definita l’esistenza di una sindrome clinica (sindrome metabolica o dell’insulino-resistenza), caratterizzata da insulino-resistenza e iperinsulinemia, in
cui coesistono ridotta tolleranza glucidica o diabete di tipo 2, dislipidemia, ipertensione e obesità69. Poiché numerosi studi hanno dimostrato l’esistenza di un’associazione significativa tra il polimorfismo C825T ed ipertensione od obesità, è plausibile ipotizzare un’associazione
tra questo polimorfismo e l’insulino-resistenza. Poch et al.29
hanno dimostrato la presenza di un’associazione significativa tra insulino-resistenza e polimorfismo C825T in uno
studio condotto su una piccola popolazione di pazienti spagnoli con ipertensione essenziale. Brand et al.62 hanno riscontrato la presenza di insulino-resistenza con frequenza maggiore negli europei con genotipo TT rispetto ai soggetti portatori dell’allele C. Anche Wascher et al.46 hanno dimostrato nei maschi austriaci una maggiore insulino-resistenza nei portatori dell’allele T rispetto ai soggetti
con genotipo CC. Una correlazione statisticamente si-
244
Michelangelo Sartori et al.
gnificativa tra allele 825T e alterata sensibilità all’insulina è stata, infine, rilevata in un recente studio condotto in
una popolazione di pazienti spagnoli con diabete di tipo 270.
Al contrario uno studio condotto recentemente da Nürnberger et al.71 in una piccola popolazione di giovani tedeschi, analizzata per valutare gli effetti metabolici ed emodinamici del carico orale di glucosio, non ha confermato
l’associazione tra presenza dell’allele T e ridotta tolleranza
al glucosio.
so l’insufficienza renale78. Tuttavia, in due successivi
studi di associazione tali risultati non sono stati confermati,
poiché non è stato documentato nessun effetto dell’allele T sulla prognosi sia del trapianto che del ricevente79,80.
Recentemente uno studio in 281 pazienti trapiantati di
rene ha documentato che l’allele T non influisce sulla
precoce perdita del rene trapiantato, ma il genotipo TT interagisce con la pressione arteriosa per portare al declino
della funzionalità renale nel lungo periodo81.
Polimorfismo C825T e nefropatia diabetica
Conclusioni
La patogenesi della nefropatia diabetica è multifattoriale.
Numerosi sono i geni candidati per spiegare lo sviluppo
e la progressione della nefropatia diabetica. I primi geni
ad essere analizzati sono stati quelli deputati alla sintesi
e alla regolazione del sistema renina-angiotensina, dei
recettori e dei meccanismi intracellulari che regolano la
fisiologia della pressione arteriosa72.
Studi prospettici in popolazioni di diabetici hanno riscontrato un aumento di NHE nei pazienti che sviluppavano più facilmente nefropatia73. Poiché l’allele T era
stato inizialmente scoperto nei pazienti con NHE elevato, l’associazione con il gene GNB3 poteva spiegare perché i pazienti con diabete e nefropatia fossero caratterizzati da un’aumentata attività di NHE74.
Sono stati compiuti, quindi, numerosi studi per verificare se il polimorfismo C825T contribuisse allo sviluppo
della nefropatia diabetica, confrontando le frequenze
dell’allele T in pazienti in trattamento dialitico per nefropatia diabetica, in trattamento dialitico per altre nefropatie e in pazienti diabetici senza danno microvascolare75-77. Blüthner et al.75 hanno descritto un aumento
della frequenza dell’allele T nei pazienti tedeschi con
diabete di tipo 2 affetti da nefropatia diabetica terminale.
La frequenza dell’allele T era significativamente più elevata nei pazienti dializzati e diabetici. Questa associazione non è stata però confermata da studi successivi.
Non è stata documentata nessuna associazione nei pazienti americani76 e in una larga coorte di diabetici di tipo 1 di origine polacca e russa77. Nella stessa coorte l’allele T risultava, invece, associato all’ipertensione arteriosa.
Si è indagato anche il ruolo dell’allele T nella progressione verso l’insufficienza renale dei reni trapiantati, che
hanno un genotipo differente da quello del ricevente78-81.
Uno studio preliminare aveva dimostrato che l’allele T nel
donatore era associato ad una prognosi più sfavorevole del
rene trapiantato, confermando l’importanza del GNB3
sulla funzionalità renale78. Era stato infatti documentato
che, indipendentemente dal genotipo del paziente ricevente
il trapianto, i reni dei donatori con genotipo TT, rispetto
ai reni dei donatori CC, progredivano più rapidamente ver-
Nonostante numerosi studi epidemiologici abbiano indagato l’associazione dell’allele 825T con l’ipertensione
arteriosa o le condizioni cliniche ad essa associate, i risultati
sono stati talora contraddittori. Il polimorfismo C825T è
risultato associato ad ipertensione arteriosa ed a più frequente necessità di ricorrere alla terapia farmacologica antipertensiva16,26-30,34,35,42 nelle popolazioni europee, mentre l’associazione tra allele T ed ipertensione non è stata
confermata nelle popolazioni asiatiche, in particolare nei
giapponesi36-38, nei cinesi39, nelle popolazioni di neri
afroamericani40 e di nativi canadesi41. Anche per quanto
riguarda l’associazione tra allele T, obesità, insulino-resistenza, i risultati degli studi di associazione non sono univoci, per cui non vi sono sufficienti evidenze per considerare l’allele T un marker per la sindrome metabolica.
Le ragioni della discrepanza tra gli ormai numerosi studi sono molteplici. Il disegno trasversale e i possibili bias
di selezione possono spiegare i risultati contrastanti di alcuni studi caso-controllo. I criteri di definizione dell’ipertensione, o più in generale del fenotipo clinico, variano da
studio a studio, contribuendo a rendere non confrontabili i differenti studi di associazione. Tali differenze non sono comunque in grado di spiegare risultati contrastanti. Di
maggior rilievo è, invece, l’estrema eterogeneità delle
popolazioni studiate e la mancata definizione dei criteri di
inclusione utilizzati. Infine, nei differenti studi erano inclusi sia pazienti in trattamento farmacologico che in assenza di trattamento e, poiché il genotipo sembra influenzare la risposta alla terapia, gli effetti dell’allele T potrebbero essere stati mascherati. Tutto ciò ha contribuito
a diminuire il potere statistico degli studi sul polimorfismo
del gene GNB3, aumentando il contributo relativo dei
fattori ambientali quali l’età, l’abitudine al fumo, ecc.
Quando si è indagato se questo polimorfismo fosse un
marcatore di rischio per lo sviluppo delle complicanze
dell’ipertensione, ne è stata documentata l’associazione con
la massa indicizzata del ventricolo sinistro42,52-55 e con
l’aterosclerosi carotidea46, tutte condizioni associate ad un
maggiore rischio di eventi cardiovascolari. In uno studio
condotto in una popolazione bianca americana è stata,
245
Ann Ital Med Int Vol 19, N 4 Ottobre-Dicembre 2004
infine, documentata una maggiore associazione tra allele T ed ictus ischemico, indipendentemente dai valori
pressori48. Tuttavia, questi studi preliminari non sono ancora sufficienti per definire il polimorfismo C825T un fattore di rischio cardiovascolare.
Sono quindi necessari ulteriori studi prospettici per chiarire l’importanza dell’allele T sullo sviluppo di eventi cardiovascolari. Se confermato, tale polimorfismo potrebbe
consentire di identificare i pazienti a rischio di sviluppare
ipertensione grave e danno d’organo, individuando la scelta della terapia farmacologica più adatta.
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L’ipertensione arteriosa è una condizione patologica
diffusa, di origine multifattoriale, che costituisce un importante fattore di rischio per lo sviluppo di eventi cardiovascolari come l’infarto miocardico e l’ictus. I polimorfismi dei geni che codificano le subunità delle proteine
G eterotrimeriche possono contribuire a spiegare la variabilità interindividuale della pressione arteriosa e la predisposizione allo sviluppo di ipertensione essenziale.
Recentemente è stato descritto un polimorfismo (C825T)
a carico dell’esone 10 del gene GNB3 che codifica la subunità β3 delle proteine G. L’allele 825T è associato a splicing alternativo e alla sintesi di una subunità β3 più piccola
ma più attiva. Vari studi hanno dimostrato che i portatori
dell’allele 825T sono caratterizzati da un aumentato rischio
di sviluppare ipertensione arteriosa, e sembrano rispondere
con un maggiore calo pressorio alla terapia con diuretico
tiazidico e con clonidina. Tuttavia i risultati degli studi di
associazione non sono univoci. L’ipotesi che l’allele 825T
del gene GNB3 sia un marcatore genetico in grado di definire il rischio cardiovascolare dei pazienti ipertesi non ha
avuto ancora la dimostrazione definitiva: sono, quindi,
necessari ulteriori studi per definire l’impatto dell’allele T
sulla prognosi del paziente iperteso.
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Manoscritto ricevuto il 12.2.2004, accettato il 21.6.2004.
Per la corrispondenza:
Prof. Andrea Semplicini, Clinica Medica 4, Università degli Studi, Policlinico Universitario, Via Giustiniani 2, 35126 Padova.
E-mail: [email protected]
248
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