COMUNICATO STAMPA Nuova ricerca sul BNP pubblicata dall’American Journal of Cardiology Confrontato con altri markers cardiaci il BNP risulta essere il miglior indicatore per i pazienti con Cardiopatia ischemica Esiste un indicatore per individuare, nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica, coloro che possono andare incontro a nuovi eventi cardiovascolari in futuro? Una recente ricerca, pubblicata sull’ultimo numero dell’American Journal of Cardiology ed effettuata al policlinico Santa Maria alle Scotte, presso il Dipartimento di Medicina Interna e Malattie Metaboliche, diretto dal professor Ranuccio Nuti, in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Clinica e Scienze Immunologiche Applicate, diretto dal professor Alberto Auteri e il Torax-Center di Rotterdam, ha messo a confronto tre diversi marcatori, in uno studio condotto su 208 pazienti, ed è emerso che il BNP, Brain Natriuretic Peptide, un ormone prodotto dalle cellule cardiache, è estremamente predittivo nei pazienti con angina instabile o infarto di tipo ‘non Q’. “E’ difficile attualmente individuare i pazienti più a rischio nelle sindromi coronariche - spiega Alberto Palazzuoli, il cardiologo coordinatore dello studio - Da qui l’idea di valutare l’andamento di BNP nei pazienti con Cardiopatia Ischemica. Abbiamo infatti studiato pazienti con rischio intermedio con diagnosi di angina o infarto, colpiti quindi da sindrome coronarica acuta ma con una funzione cardiaca conservata, e abbiamo valutato l’andamento dei marcatori BNP, Troponina e Proteina C-reattiva in un anno di follow-up”. Lo studio, è stato condotto dividendo i pazienti in gruppi in base ai valori di BNP e confrontando i risultati con analisi a 1, 3, 6 e 12 mesi. “In soggetti apparentemente a rischio moderato – continua Palazzuoli – il BNP è indicativo di aumentata incidenza di morte, scompenso cardiaco, nuovi eventi ischemici e risulta associato a maggiore estensione e gravità dell’ischemia. Il dosaggio precoce del BNP nelle sindromi coronariche acute fornisce informazioni prognostiche aggiuntive rispetto a troponina, liberata in circolo in caso di danno miocardico, e proteina c-reattiva, proteina dell’infiammazione rilevabile nel sangue durante la fase attiva di alcune patologie vascolari legate all’arteriosclerosi”. Questo studio è la seconda parte di una ricerca, svolta lo scorso anno, che aveva dimostrato come il BNP identificasse i soggetti con malattia coronarica più grave. Questa volta è stato effettuato un confronto con altri markers cardiaci. “Il dosaggio dell’ormone – conclude Palazzuoli - secondo i nostri dati, appare il miglior indicatore di laboratorio rispetto a quelli tradizionali nell’individuare i soggetti più a rischio di nuovi eventi cardiocircolatori. Ciò si traduce in un aiuto concreto per il medico che adesso ha una freccia in più al suo arco per valutare il rischio cardiovascolare futuro”.