INTRODUZIONE Fin dai tempi più remoti l’uomo e gli animali hanno avuto la necessità di distinguere tra le piante che sono velenose e quelle che non lo sono, sviluppando una graduale conoscenza delle loro proprietà curative e tossiche. Inizialmente, questa veniva tramandata oralmente, poi in forma scritta tramite papiri, incisioni su tavolette, pergamene, erbari, fino ad arrivare alle farmacopee e alle opere specifiche. DEFINIZIONE DI FARMACOGNOSIA. La FARMACOGNOSIA (dal greco pharmakon=droga, gnosis= conoscenza) ha il compito di studiare e descrivere, da un punto di vista sia botanico, che chimico, che farmacologico, sostanze naturali (vegetali, minerali, animali) impiegate come medicamenti o per la preparazione di medicamenti. Tale scienza si occupa quindi del riconoscimento e della descrizione dei farmaci naturali: riconoscimento: identificazione dei componenti chimici che rendono la droga attiva e caratterizzazione della loro attività farmacologica e terapeutica descrizione: identificazione della droga e della pianta che l’ha prodotta, dei principi attivi che la compongono nella loro totalità e delle preparazioni attraverso le quali la droga va a costituire un medicamento DEFINIZIONE DI DROGA Linguaggio comune: “sostanza naturale o di sintesi capace di modificare temporaneamente lo stato psichico dell’individuo che è alla ricerca di una condizione di piacere”. Identifica quindi sostanze ad attività stupefacente e allucinogena (oppio, hashish, marijuana, cocaina, LSD). Sono considerate droghe anche alcuni alimenti (aglio) e spezie ad uso alimentare (chiodi di garofano, zafferano, cannella). In Farmacognosia: “corpo vegetale (animale o minerale) o una parte di questo che contiene, insieme ad altri component i inattivi o di scarso interesse farmacologico, una o più sostanze farmacologicamente attive dette principi attivi della droga”. DEFINIZIONE DI FARMACO. Prodotto chimico puro dotato di proprietà farmacologiche, capace di provocare una variazione funzionale. Es. l’OPPIO è una droga, la MORFINA (il suo principale componente) allo stato puro è un farmaco. Quindi la droga è una pianta intera o una sua parte che agisce su un organismo vivente tramite il principio attivo che contiene. Le droghe vegetali che si trovano in commercio possono essere fornite da piante spontanee o da piante coltivate e le piante che forniscono le droghe sono considerate medicinali. Pianta Medicinale: ogni vegetale che contiene sostanze che possono essere utilizzate a fini terapeutici come tali o come precursori di sintesi di composti attivi (secondo l’OMS) Pianta Officinale: pianta utile in campo farmaceutico, cosmetico, liquoristico, industriale, ecc. Le droghe possono trovarsi in commercio come tali oppure snaturate (es. decorticate, polverizzate, sotto forma di estratti). A secondo della loro morfologia si possono distinguere in: organizzate: presentano una struttura cellulare e quindi sono costituite da tutto il corpo del vegetale o da una parte di esso (es. foglia, seme, radice) non organizzate: sono prive di elementi cellulari e quindi costituite da un prodotto secreto o estratto dai tessuti vegetali (es. latice, olio essenziale, succo, essudato) FATTORI CHE INFLUENZANO IL CONTENUTO E LA QUALITA’ DEI PRINCIPI ATTIVI Le piante medicinali compiono il loro ciclo vitale in stretta relazione con l’habitat e la stessa presenza di principi attivi può essere influenzata dalle condizioni di vita o di coltivazione della pianta stessa. Le piante medicinali possono quindi presentare elevate variazioni nel contenuto in principi attivi. I fattori che influenzano il contenuto in principi attivi di una droga sono numerosi e possono essere suddivisi in: Fattori naturali: dipendenti dalla pianta che fornisce la droga (genetici o endogeni) o dall’ambiente nel quale la pianta si sviluppa (fattori ecologici o esogeni). Fattori artificiali: riguardano la raccolta, la preparazione e la conservazione della droga FATTORI NATURALI: ENDOGENI Età e stadio di sviluppo. E’ un fattore non genetico. La qualità dei principi attivi può variare in relazione allo stadio vitale, giovanile, maturo o senescente, della pianta. La raccolta della pianta medicinale ai fini della produzione ottimale di droga sarà regolata dalla valutazione del suo tempo balsamico (periodo in cui è massimo il contenuto in principi attivi). In generale avremo che la raccolta si effettua: piante annuali: a sviluppo completo piante biennali: nel secondo anno piante rizomatose: in autunno o in inverno piante perenni: il contenuto in principi attivi aumenta con l’età Selezione. E’ un fattore genetico che determina grandi variazioni quali-quantitative nella composizione dei principi attivi. Es. la selezione ha permesso di elevare la resa della china dal 5 al 15%. Mutazione. Sono alterazioni della sequenza genomica che avvengono raramente in natura. Attualmente rappresentano un campo di sperimentazione nella coltura delle piante medicinali. Poliploidia. Comporta un aumento del numero di cromosomi per un’anomalia della divisione cellulare. Può essere indotta artificialmente con colchicina e le piante poliploidi ottenute sono in genere giganti, più resistenti a condizioni climatiche avverse e con migliori caratteristiche quali-quantitative in relazione al contenuto in principi attivi. Ibridazione. Consiste nell’incrocio di individui geneticamente diversi per produrre una progenie ibrida, ma con caratteristiche desiderabili per interesse pratico. L’ibridazione può modificare sia il contenuto totale in principi attivi, sia il rapporto tra i vari principi attivi. Alcuni esempi di coltivazioni ibride altamente produttive sono: lobelia, belladonna, lavandula. FATTORI NATURALI: E SOGENI Clima. La disponibilità di luce, la sua intensità e qualità sono un fattore essenziale per la nutrizione delle piante poiché quest’ultima si attua attraverso la fotosintesi. Anche la temperatura influenza il contenuto in principi attivi. Si ha, infatti, una sofferenza generale della pianta sia a temperature troppo fredde che troppo calde, senza una relazione stretta con particolari principi attivi. Latitudine e altitudine. La latitudine è importante nella composizione dei lipidi: le piante produttrici di grassi manifestano un maggior contenuto in acidi grassi se coltivate ai tropici e un maggior contenuto in grassi insaturi se coltivate in ambiente subtropicale. Es: Cacao (pianta tropicale) ha un elevato contenuto in acidi grassi Olivo, Arachidi, Sesamo (piante subtropicali) producono grassi insaturi come l’acido oleico L’Aconito italiano é velenosissimo, mentre quello dei paesi del nord lo è molto meno o addirittura non è tossico Anche l’altitudine è importante. Es: il Timo, la Menta sono più ricchi in principi attivi se coltivati in pianura anziché in altura la Valeriana produce principi attivi di migliore qualità in altura Costituzione del terreno. Riveste un’elevata importanza nella qualità della pianta medicinale. La Camomilla si sviluppa in modo soddisfacente solo in terreni acidi La Digitale è ricca in principi attivi se coltivata in terreni ricchi di Mn ++, mentre ne è povera quando cresce in terreni calcarei Le piante ad essenza richiedono un terreno sabbioso La Valeriana è poco attiva se cresce in ambiente paludoso L’Altea ha un ridotto contenuto in principi attivi se cresce in terreni umidi Fattori biotici (allelopatia). Allelopatia: condizionamento o interazione di un essere vivente alla crescita ed allo sviluppo di un altro essere vivente mediante la secrezione di sostanze organiche. Le piante vegetano le une accanto alle altre e questo può influenzare la germinazione, lo sviluppo delle foglie e del fiore, la maturazione del frutto. Si può anche avere una reciproca influenza sul contenuto in principi attivi delle piante medicinali: lo stramonio ha un maggior contenuto in alcaloidi se coltivato in presenza di lupino, mentre la presenza della menta la riduce la belladonna è favorevolmente influenzata dalla vicinanza di assenzio l’arnica è incapace di svilupparsi in coltura pura: probabilmente perché incapace di elaborare dei fattori di accrescimento che sono forniti dalle piante vicine FATTORI ARTIFICIALI: CONSERVAZIONE Il contenuto in acqua e l’attività enzimatica non permettono di conservare la pianta medicinale per lungo tempo. Si devono quindi attuare metodi atti alla conservazione a lungo termine della droga. Tali metodi hanno lo scopo di: allontanare l’acqua ridurre o di inibire l’attività enzimatica Essiccazione. E’ un processo che determina l’allontanamento della maggior parte dell’acqua contenuta nei tessuti vegetali. Molte delle alterazioni litiche che portano alla distruzione dei principi attivi si basano su processi di idrolisi e quindi, eliminando l’acqua contenuta nella pianta, si arrestano le reazioni enzimatiche. In genere si utilizzano temperature di 30-40°C. Bisogna inoltre tenere conto della natura chimica dei principi attivi: i costituenti attivi della valeriana hanno gruppi esterei che si degradano facilmente con la temperatura e l’umidità. L’essiccazione può essere effettuata con mezzi artificiali o naturali, a temperatura ambiente o con aria riscaldata, in ambiente aperto o con particolari strumenti quali essiccatoi e stufe. Liofili zza zione. Consiste nell’essiccamento per sublimazione del solvente congelato e si impiega quando i component i chimici sono sensibili al calore (ormoni, vitamine, enzimi, antibiotici). Stabilizza zione. Provoca l’inattivazione irreversibile degli enzimi della droga. Consiste nel fissare a caldo, con vapori di alcol etilico, la composizione chimica dei vegetali freschi prima dell’instaurarsi di fenomeni fermentativi o enzimatici che altererebbero la composizione dei principi attivi. Si effettua con l’impiego di un’autoclave. Dopo la stabilizzazione la droga si essicca in stufa. Si impiega solo se i principi attivi non sono termolabili. Sterili zza zione. Le droghe, al momento della raccolta, sono piene di microrganismi. Si può quindi effettuare una sterilizzazione in modo da evitare la presenza di microrganismi patogeni e di ridurre il contenuto di enterobatteri. Conservazione. Le droghe devono essere conservate in luogo fresco, asciutto e al riparo dalla luce. Possono essere impiegati anche dei conservanti ad attività antimicrobica (anidride solforosa, solfiti) o antiossidante (acido ascorbico). Una droga, anche se ben conservata, perde comunque attività nel tempo poiché gli enzimi, anche se in minima parte, continuano a indurre fenomeni di degradazione dei principi attivi. Quindi le droghe secche devono essere rinnovate periodicamente (in genere ogni anno). CONTROLLO DI QUALITA’ DELLE DROGHE Una terapia con rimedi naturali può avere successo solo se le singole droghe vegetali sono state appropriatamente scelte, preparate ed impiegate. Il modo più semplice di impiego delle droghe vegetali è quello di estrazione con acqua (tisane, infusi, decotti) dei principi attivi solubili, ma sono gli estratti titolati che garantiscono meglio l’efficacia della droga, la costanza e la riproducibilità dell’effetto farmacologico. Le droghe possono essere utilizzate sia allo stato fresco che allo stato secco. La droga fresca viene usata più raramente (es.: preparazione delle tinture madri, ottenimento degli oli essenziali) poiché la presenza di acqua ostacola molti processi di lavorazione industriale e ne limita la conservazione. Per l’attività delle droghe e dei loro derivati sono di estrema importanza la raccolta, la preparazione e la conservazione. La F.U. X riporta infatti che “le droghe devono essere di raccolta recente, di qualità scelta ed in perfetto stato di conservazione”. Le droghe prima della loro utilizzazione devono essere identificate, controllate e opportunamente preparate (cioè pulite, ridotte in pezzi di grandezza adeguata o in polvere più o meno fine). L’impiego delle piante medicinali è in continuo aumento. Inoltre è aumentata l’importazione da paesi (Europa orientale, Africa) in cui le norme di controllo relative all’inquinamento ambientale e all’uso di pesticidi e diserbanti sono carenti. Il controllo di qualità riveste perciò un grande interesse sia dal punto di vista scientifico che economico che legislativo. Il controllo di qualità comprende vari esami atti a determinare l’identità e la qualità del prodotto. Per quanto riguarda le droghe vegetali sono previsti: controllo morfologico: consente di identificare la droga ed evidenziare eventuali sofisticazioni tramite l’osservazione dei caratteri macroscopici e microscopici. Si effettua un esame dei caratteri morfologici quali aspetto, forma e colore e un esame dei caratteri organolettici quali odore (piante ad essenza o con odore caratteristico) e sapore (amaro: china, genziana; dolce: liquirizia; astringente: contenenti tannini; acre e irritante: contenenti saponine). L’esame microscopico è essenziale per le droghe triturate in cui è difficile l’identificazione per esame macroscopico. Per megli o evidenziare specifiche strutture possono essere effettuate delle semplici reazioni: i granuli di amido si colorano di blu per aggiunta di una soluzione di iodio la cellulosa si colora in violetto con una soluzione iodurata di cloruro di zinco controllo chimico: consente di accertare se la droga risponde alle specifiche richieste per la sua identificazione, purezza e titolo prescritto in principi attivi. Prevede: determinazione dell’umidità cioè della quantità di acqua residua dopo l’essiccamento. E’ un indice di buona conservazione poiché l’acqua può favorire le reazioni enzimatiche che portano all’inattivazione dei principi attivi o favorire la proliferazione di microrganismi determinazione della viscosità: è importante per le droghe non organizzate quali gomme e mucillagini analisi dei principi attivi: viene effettuata essenzialmente attraverso metodi analitici strumentali, soprattutto tramite tecniche cromatografiche e spettrofotometriche La FU riporta, oltre ai saggi che consentono l’identificazione della droga, i requisiti minimi di qualità cui deve rispondere qualunque sostanza che venga adoperata come tale o che rientri in preparazioni magistrali o officinali. Il requisito fondamentale per la sicurezza qualitativa della droga è che essa non venga sofisticata, adulterata o deteriorata sia in maniera fraudolenta sia perché effettuata da personale inesperto. Esistono numerosi esempi di sofisticazione: La sostituzione di Mentha piperita con la specie M. crispa, molto più economica Preparazioni di ginseng sono state sofisticate con Rauwolfia serpentina e Mandragora officinarum (Solanaceae) con conseguente avvelenamento da reserpina o da alcaloidi delle Solanaceae. Semi della velenosa cicuta sono stati occasionalmente trovati tra i semi di anice destinati all’industria dell’aromatizzazione farmaceutica. Rizomi di Veratrum album, pianta velenosa, sono a volte spacciati per radici di genziana. I frutti di anice stellato (Illicium verum) sono stati sofisticati con quelli di I. anisatum, più pericolosi dei precedenti per la presenza di sesquiterpeni tossici. OTTENIMENTO DEI PRINCIPI ATTIVI P REPARAZIONE DELLE DROGHE E’ importante per la produzione di principi attivi e quindi di farmaci estrattivi di qualità. I metodi di preparazione sono vari e cambiano in base al tipo di droga e alla lavorazione che deve subire successivamente. Infatti le forme farmaceutiche in cui si vendono i prodotti fitoterapici sono numerose e possono essere suddivise in 2 grandi categorie: solide: polveri, capsule, compresse liquide: soluzioni estrattive (tisane, infusi, decotti, estratti, tinture ecc..) I metodi usati possono essere suddivisi in meccanici ed estrattivi METODI MECCANICI: droga essiccata OTTENIMENTO DI POLVERI: rappresentano la forma farmaceutica più semplice nella quale viene somministrata una droga. Si ottengono generalmente per polverizzazione della droga essiccata, ma in base alla consistenza, fragilità o fibrosità della droga, si impiegano metodi diversi: Frantumazione: si impiega soprattutto per materiali duri e consistenti, fortemente lignificati o disidratati come legni, radici, rizomi, cortecce, semi. La frantumazione di piccole quantità si effettua con l’utilizzo di un mortaio, mentre per quantità elevate si impiegano trinciatrici, macine a coltelli rotanti, frantumatoi a cilindri o a lame, grattugie rotanti. Criofrantumazione: frantumazione a freddo (-70°C con azoto liquido) per evitare i danni del calore prodotto dall’attrito durante la frammentazione Triturazione: si impiega per droghe non particolarmente dure e consistenti quali droghe erbacee, foglie, fiori, gemme, bulbi. Può essere fatta con omogenizzatori a coltelli rotanti e vari tipi di taglierine. Polverizzazione: consiste nel ridurre in polvere di estrema finezza le droghe frammentate o triturate e si effettua con vari tipi di mortai o di molini. Le polveri ottenute devono poi essere setacciate per ottenere materiale omogeneo che sarà classificato in base alla dimensione delle particelle che lo compongono (polvere grossolana, moderatamente fine, fine, molto fine). METODI MECCANICI: droga fresca Spremitura: è un’operazione di estrazione che si effettua sulla droga fresca: la droga viene sottoposta a pressione in modo da far lacerare il tessuto e farne uscire il contenuto. E’ usata per ottenere succhi vegetali, oli essenziali, oli vegetali (olio di oliva, di ricino ecc.) Centrifugazione: si effettua adoperando piccoli torchi o apposite centrifughe e si ottengono succhi vegetali e oli essenziali. METODI ESTRATTIVI: Per compiere un’adeguata estrazione dei principi attivi dalle droghe è necessario conoscerne la composizione. Nelle droghe troviamo: P RINCIPI ATTIVI: spesso ne esistono molti contemporaneamente con strutture chimiche più o meno simili e, talvolta, dotat i attività farmacologica diversa SOSTANZE NON ATTIVE SECONDARIE: componenti privi di attività farmacologica, ma in grado di influenzare l’attività dei principi attivi (alcune saponine facilitano l’assorbimento dei principi attivi, mentre alcuni tannini lo ritardano) SOSTANZE NON ATTIVE INDIFFERENTI: componenti della cellula vegetale inattivi farmacologicamente (zuccheri, proteine, sali ecc.) SOSTANZE NON ATTIVE INDESIDERATE: componenti della cellula vegetale che possono alterare la preparazione (i grassi ostacolano l’estrazione) o la conservazione della droga (enzimi di degradazione) COSTITUENTI IL TESSUTO VEGETALE DI SOSTEGNO: cellulosa, lignina, pectina ecc. che non esercitano alcun effetto DEFINIZIONE DI E STRAZIONE: metodo di separazione in cui il materiale solido o liquido viene messo a contatto con un solvente liquido per trasferire uno o più componenti nel solvente TECNICHE DI E STRAZIONE A F REDDO: Macerazione: estrazione effettuata ponendo la droga, precedentemente sminuzzata, frantumata o polverizzata, nell’opportuno solvente (alcol, etere, aceto ecc.) a temperatura ambiente per un tempo opportuno (circa una settimana). Il liqui do viene poi separato dal solvente di macerazione. Percolazione: consiste nel far defluire il solvente attraverso uno strato uniforme di droga polverizzata e umidificata e preventivamente sottoposta a macerazione all’interno del percolatore (24-48 h). Si utilizza per droghe costose, per l’estrazione di principi attivi particolarmente ricercati, per droghe poco voluminose. Non si può utilizzare per droghe che tengono a rigonfiarsi (es. contenenti pectine o mucillagini) e droghe povere di fibre. TECNICHE DI E STRAZIONE A CALDO: Infusione: si ottiene un infuso: si versa sulla droga opportunamente polverizzata acqua alla temperatura di ebollizione lasciando poi a contatto con l’acqua fino a raffreddamento. Si impiegano le parti tenere e delicate delle piante (foglie, fiori, ramoscelli). Decozione: si ottiene un decotto: si tratta la droga con acqua che viene portata ad ebollizione e mantenuta per un tempo variabile dai 5 ai 30 min. Non si applica mai a droghe contenenti principi attivi volatili, ma si applica a droghe compatte, poco permeabili (legno, corteccia, radici, semi). Digestione: si distingue dalla macerazione per la temperatura a cui viene condotta: la digestione è una macerazione condotta a 40-60°C. Si applica alle sostanze poco solubili a freddo e alterabili oltre i 65°C. Distillazione: consiste nel sottoporre un liquido ad ebollizione per raccogliere in un altro recipiente i liquidi resi volatili con il riscaldamento. Si può utilizzare una distillazione frazionata, effettuata cioè a temperature diverse, per raccogliere in frazioni separate componenti della droga che hanno punti di ebollizione diversi. Enfleurage: è utilizzato principalmente in profumeria. E’ un processo di adsorbimento delle essenze volatili di fiori e droghe delicate in grassi fissi solidi. Il grasso contenente l’essenza viene poi trattato con opportuni solventi per separare l’essenza pura. DEFINIZIONE SECONDO F.U. X DELLE PIÙ COMUNI SOLUZIONI ESTRATTIVE: INFUSI: “preparazioni liquide ottenute estemporaneamente versando sulle droghe, ridotte ad un grado conveniente di suddivisione, dalle quali si vogliono estrarre i principi attivi, acqua alla temperatura di ebollizione e lasciando poi a contatto con l’acqua stessa per un tempo più o meno lungo”. DECOTTI: “preparazioni liquide ottenute estemporaneamente facendo bollire in acqua le droghe opportunamente polverizzate dalle quali si vogliono estrarre i principi attivi. Non si applica mai a droghe contenenti principi attivi volatili” TISANE: “preparazioni acquose ottenute estemporaneamente da una o più droghe destinate ad essere somministrate per via orale come tali o come veicoli di altri medicamenti. Possono essere edulcorate e vanno, di preferenza, consumate al momento”. Possono essere preparate per macerazione, digestione, infusione, decozione ESTRATTI: “preparazioni concentrate, liquide, solide o di consistenza intermedia, ottenute generalmente da materie prime vegetali o animali disseccate. Gli estratti si preparano per macerazione, per percolazione o per mezzo di altri adatti e convalidati procedimenti utilizzando etanolo o altro solvente idoneo. La macerazione e la percolazione sono poi seguite dalla concentrazione dei liquidi fino alla consistenza desiderata” E STRATTI FLUIDI: “preparazioni liquide nelle quali una parte in massa o in volume è equivalente ad una parte in massa di materiale originario disseccato” E STRATTI MOLLI: “preparazioni di consistenza intermedia tra gli estratti fluidi e gli estratti secchi. Si ottengono per evaporazione parziale del solvente utilizzato per la loro preparazione” E STRATTI SECCHI : “preparazioni solide, ottenute per evaporazione del solvente usato per la loro preparazione” TINTURE: “preparazioni liquide ottenute generalmente da materie prime vegetali o animali disseccate. Si preparano per macerazione, per percolazione o per mezzo di altri procedimenti convalidati, utilizzando alcol di appropriata concentrazione” TINTURE MADRI: “preparazioni liquide ottenute per macerazione della pianta fresca in alcol etilico” MACERATI GLICERICI (gemmoderivati): “preparazioni liquide ottenute da materie prime di origine vegetale o animale utilizzando glicerolo o una miscela di glicerolo e alcol di titolo appropriato o glicerolo e una soluzione di sodi o cloruro a concentrazione appropriata” GLICOSIDI I GLICOSIDI sono sostanze derivate dall’unione di una molecola (AGLICONE o GENINA) di natura organica (alcol, fenoli, acidi ecc.) con un’unità saccaridica (GLICONE o ZUCCHERO) diversa dal glucosio; nel caso in cui l’unità sia il GLUCOSIO quest i prodotti sono denominati GLUCOSIDI. Gli zuccheri presenti nei glicosidi possono essere: monosaccaridi (glucosio, ramnosio, fucosio) più raramente deossizuccheri (cimarosio che si trova nei glicosidi cardioattivi) All’aglicone può essere legata più di una molecola di zucchero generalmente come di-, tri-, o tetra saccaridi. I glicosidi risultano quindi dalla combinazione anidridica di uno zucchero con una sostanza organica contenente gruppi ossidrilici. Possono essere distinti: in base della natura chimica dell’aglicone presente (glicosidi fenolici, antrachinonici, sterolici ecc.) in base al tipo di zucchero (glucosidi, ramnosidi ecc.) in base del tipo di legame tra le 2 unità: avremo quindi O-glicosidi, C-glicosidi, S-glicosidi, N-glicosidi in base all’attività farmacologica (glicosidi cardioattivi) I glicosidi, ma soprattutto i glucosidi, sono assai numerosi, specialmente nel regno vegetale. La formazione di glicosidi determina una maggiore biodisponibilità, idrofilicità e stabilità per molte sostanze a carattere lipofilo. Quindi, anche sostanze altamente lipofile, come i componenti degli oli essenziali, possono essere compartimentate nel vacuolo e traslocate nel citoplasma. L’attività farmacologica dipende generalmente dall’aglicone, mentre la parte zuccherina modula l’intensi tà dell’effetto, la solubilità e la tossicità dell’intera molecola. Le principali attività biologiche dei glicosidi, da cui derivano sia la loro funzione nella pianta sia la loro utilizzazione terapeutica, sono: sapore amaro: ridotta palatabilità per gli animali fitofagi impiego negli amari-tonici effetto purgante-lassativo: come profarmaci azione cardioattiva o tossica a seconda delle dosi In base alla loro attività farmacologica possono quindi essere classificati in: GLICOSIDI ANTRACHINONICI I Glicosidi antrachinonici comprendono dichetoni aromatici strutturalmente derivabili dall’ossidazione dell’antracene nell’anello centrale; si tratta di un sistema aromatico lineare triciclico. Sono sostanze organiche aromatiche, insolubili in acqua. La glicosidazione determina una loro maggiore idrofilia. Riguardo alla possibile funzione, nelle piante oltre alla funzione come coloranti, gli antrachinoni svolgono probabilmente un ruolo importante nel sistema redox della cellula. Per conseguenza si notano variazioni stagionali; per es. in primavera-estate nel rabarbaro prevalgono gli A. semplici ed in autunno quelli derivati. Nella senna si nota nella pianta giovane la presenza di A. semplici ed in seguito quella dei loro derivati glicosidici. Da un punto di vista farmaceutico la principale azione è quella LASSATIVA che accomuna diverse droghe appartenenti a famiglie botaniche distinte. Le droghe ad azione lassativa stimolante-irritante più comunemente usate sono: cascara, frangula, senna, rabarbaro e aloe. Il sapore amaro ne impone l’uso in bevande amaro-digestive. A livello dell’intestino tenue, ad opera della microflora del colon, le sostanze liberano delle genine antrachinoniche che però a questo livello sono inattive. Nel crasso tali sostanze inducono invece la stimolazione dei movimenti propulsivi con conseguente rapida progressione del contenuto intestinale ed evacuazione delle feci. I derivati antrachinonici sono quindi caratterizzati da un’azione purgante tardiva, dopo 6-8-10 ore. Gli EFFETTI DIARROICI sono attribuiti ad un aumento del transito del materiale intraluminale Il MECCANISMO D’AZIONE delle droghe antrachinoniche non è al momento chiarito; sono stati proposti diversi mediatori chimici quali: PG, istamina, 5-HT, ALCALOIDI Il termine alcaloide (simile agli alcali) designa una numerosissima famiglia di composti azotati reperibili nel regno vegetale, generalmente dotati di pronunciata attività farmacologica o tossica, eterogenei sia per struttura chimica che per attività farmacologica. L’atomo di azoto, che può conferire un’apprezzabile basicità al composto, è generalmente presente in una struttura eterociclica; se l’azoto non è eterociclico si parla di protoalcaloidi. Negli anni sono state proposte varie definizioni di alcaloide: Elderfield nel 1960 ha proposto: alcaloide è una sostanza azotata, in genere di origine vegetale e con carattere basico, di norma otticamente attiva, dotata di proprietà farmacologiche caratteristiche. Blàha nel 1959 ha proposto: alcaloidi sono sostanze basiche azotate, elaborate a partire da aminoacidi ad opera di vegetali in fase di assimilazione. Attualmente, in attesa di una precisa definizione, il termine alcaloide è normalmente usato per indicare composti azotati di origine vegetale con proprietà basiche, dotati di effetti farmacologici sull’uomo e sull’animale. Gli alcaloidi hanno una ristretta distribuzione nel regno vegetale. Ne sono sprovvisti alghe, muschi, licheni e sono poco presenti nelle conifere e nelle felci. Provengono principalmente dalle piante vascolari, ma sono noti anche alcaloidi provenient i da funghi (es. alcaloidi dell’ergot nel fungo Claviceps purpurea). Anche la considerazione che siano esclusivamente di origine vegetale non è corretta poiché esistono alcaloidi di origine animale: es. la bufotenina, isolata da prima dalle parotidi di rospo e successivamente anche da una leguminosa (Piptadenia peregrina). Generalmente gli alcaloidi di origine vegetale hanno nuclei azotati eterociclici, mentre quelli di origine animale sono basi a catena aperta. Gli alcaloidi si possono trovare in varie parti (organi) della pianta, ma generalmente uno o più organi hanno un contenuto pi ù elevato rispetto agli altri (semi, frutti, radici, cortecce). Es: alcaloidi tropanici: foglie e radici di belladonna alcaloidi dell’oppio: vasi laticiferi del papavero Nella pianta e nella droga il contenuto in alcaloidi è molto variabile, ma generalmente è al di sotto del 1-2%. Eccezione sono: la corteccia di china (5-10%), il contenuto in morfina nell’oppio (fino al 15%). I sali degli alcaloidi sono solubili in acqua, mentre le basi sono solubili in solventi organici consentendo un facile isolamento e purificazione degli alcaloidi. Parecchi alcaloidi sono solidi cristallini e la forma cristallina dei loro sali è spesso un utile indizi o per la loro identificazione al microscopio. FLAVONOIDI I flavonoidi sono diffusi nelle felci e nelle piante superiori, sia allo stato libero che sottoforma di glicosidi. Da un punto di vista chimico sono dei derivati del flavone (2-fenil-γ-benzopirone). Il flavone per idrogenazione dà il flavanone (2,3diidrossiflavone), mentre la sostituzione dell’atomo di idrogeno con un ossidrile in posizione 3 dell’anello pironico porta al flavonolo. Flavonoidi sono anche i derivati del calcone e dell’antocianidina. Sono sostanze di colore giallo (dal latino flavus=giallo), ma anche di colore arancio, rosso e azzurre (antocianidine) e sono diffuse nei fiori, frutti, cortecce, semi e radici. Il colore giallo è tanto più intenso quanto maggiore è il numero degli ossidrili. Con la dieta si assume fine a 1 g di flavonoidi nelle 24 h. Molti flavonoidi costituiscono l’aglicone (genina) di glicosidi naturali che si formano dal legame di uno o più zuccheri nella posizione 7 del flavone o 3 del flavonolo. I glicosidi sono solubili in acqua e insolubili nei solventi organici; le genine sono poco solubili in acqua, ma solubili in etere. Considerata la loro facile reperibilità e il loro colore intenso, venivano largamente utilizzati nell’industria tintoria. Un tempo erano considerati dei pigmenti inerti; oggi si sa che svolgono più di una funzione nella pianta: protettiva contro i raggi UV chelante in presenza di metalli antiossidante antienzimatica REAZIONI DI RICONOSCIMENTO. I flavonoidi si sciolgono in alcol producendo soluzioni colorate in giallo o in arancio che per aggiunta di acidi diventano incolori. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. Il primo a prospettare un impiego terapeutico dei flavonoidi fu un biochimico ungherese (SzentGyörgyi) in seguito alla scoperta, nel 1935, dell’azione vasoprotettiva della citrina, una miscela di 2 flavonoidi presenti nella buccia di limone e nella paprica. La rutina è un altro flavonoide adoperato per aumentare la resistenza dell’endotelio. In commercio è presente un prodotto semisintetico della rutina, l’idrossietilrutoside (Venoruton). Anche la diosmina, presente nel limone, si utilizza nelle vasculopatie in associazione con esperidina (Daflon). I flavonoidi hanno anche effetti antiflogistici, gastroprotettivi, antitrombotici, antitumorali, antibatterici, antiepatotossici. Nel vino rosso sono presenti flavonoidi ad azione antiossidante responsabili dell’azione protettiva nei confronti dell’aterosclerosi prodotta dal vino rosso. Anche nella propoli sono presenti flavonoidi. La propoli è un prodotto resinoso, colorato dal giallo al verde bruno, di odore aromatico, raccolto dalle api sui germogli e cortecce di alcuni alberi ed utilizzato da questi insetti per otturare fessure presenti nell’arnia e per mummificare i corpi dei piccoli insetti predatori penetrati nell’alveare. Questo prodotto viene successivamente elaborato dalle api ed arricchito enzimaticamente. La propoli possiede attività antibatterica, antimicotica, antivirale, cicatrizzante, immunostimolante ed i flavonoidi presenti sembrano essere i principali responsabili di queste attività. Il rotenone, contenuto nel Derris elliptica Benth. è un potente insetticida. TERPENI I TERPENI o TERPENOIDI sono composti prevalentemente di origine vegetale e comprendono il gruppo più vasto di prodott i naturali presenti nelle piante. Sono derivati dalla condensazione di unità ISOPENTENILICHE a 5 atomi di carbonio, strettamente correlate all’isoprene: per questo sono denominati anche ISOPRENOIDI. Le unità isopreniche risultano legate in modo testa-coda nella struttura terpenoidica e, a secondo del numero di queste unità, si parla di: MONOTERPENI: 2 UNITÀ SESQUITERPENI: 3 UNITÀ DITERPENI: 4 UNITÀ T RITERPENI: 6 UNITÀ TETRATERPENI O CAROTENOIDI: 8 UNITÀ L’isoprene deriva dall’acetato attraverso la via dell’acido mevalonico, il quale, prima di prendere parte a reazioni biosintetiche, viene trasformato in isopentenil pirofosfato, che rappresenta l’isoprene attivo, cioè il nucleo di base presente nelle strutture O O isoprene O P P O O OH pirofosfato di isopentenile terpeniche. Sembra, infatti, che tutte le unità isopreniche trovate in natura provengano da questo composto. Oltre ai terpenoidi, in natura esistono anche i MEROTERPENOIDI, formati da unità isopreniche ed unità non isopreniche. Meroterpenoidi sono ad esempio gli alcaloidi della segale cornuta, la chinina, i cannabinoidi, i tocoferoli (vitamina E), i fillochinoni (vitamina K). APPARATO DIGERENTE: EMETICI ED ANTIEMETICI IPECACUANA (Fam. Rubiacee) HABITAT: Cephalis acuminata cresce in Columbia, Nicaragua e Panama, Cephalis ipecuanha cresce in Brasile (foresta umida del Mato Grosso), Malesia, Burma, India Cephalis: insieme di due parole greche che significano testa + somiglianza (similitudine delle infiorescenze con i capolini) Acuminata: per gli apici acuminati delle foglie, Ipecaaguen: dal portoghese significa pianta capace di indurre nausea e vomito BOTANICA: Arbusti perenni alti 20-40 cm con foglie opposte ovali lanceolate lunghe 5-10 cm, con corto picciolo e margini ondulati; Fiori: piccoli, bianchi e riuniti in cime compatte che assomigliano a capolini; Frutti: drupe ovoidali rosso-violaceo. La pianta possiede un rizoma da cui si dipartono numerose radici che presentano delle caratteristiche anellature dovute ad un irregolare sviluppo della corteccia. DROGA: Radici e rizoma Le droghe sono commercialmente note rispettivamente con il nome di: Ipecacuana di Costa Rica (o Cartagena o di Colombia) Ipecacuana del Mato grosso (o di Rio o Brasiliana) STORIA Gli indigeni sudamericani usavano la droga come repellente contro gli insetti e come amebicida; Tristan (monaco portoghese 1570-1600) ne cita le proprietà espettoranti Gras (medico francese: 1670-1690) la introdusse in Europa RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA La droga è raccolta tutto l’anno ma in particolare tra gennaio e marzo (stagione delle piogge) quando il terreno, reso soffice dalla pioggia, consente di estrarre le radici lasciando il rizoma in situ. Sono preferite piante di 3-4 anni di età. Il raccoglitore usando un bastone appuntito sradica la pianta e dopo aver rimosso le radici la ripone nel terreno dove normalmente vive per produrre nuove radici. Queste sono: mondate, private delle radichette, lavate, essiccate al sol e per alcuni giorni ed infine ridotte in pezzi pronte per l’imballo. DESCRIZIONE DELLA DROGA La droga è costituita da pezzi contorti lunghi circa 10-15 cm di colore bruno chiaro o bruno nerastro a seconda del suolo Le radici sono contorte ed inanellate; il legno è piccolo e la corteccia spessa I solchi tra gli anelli possono presentare spaccature che raggiungono il legno Ha scarso odore ma la polvere è irritante STRUTTURA TRASVERSALE DELLA RADICE Una sezione trasversale della radice dall’esterno verso l’interno mostra:un sughero sottile e marrone le cui cellule contengono un materiale bruno e granulare, una corteccia secondaria (felloderma) le cui cellule sono parenchimatiche e contengono granuli di amido (a forma di pestello con diametro di 15-20 µµ) e cristalli di ossalato di calcio in forma di rafidi, xilema composto da piccoli vasi tracheidali e parenchima xilematico P RINCIPALI COMPONENTI EMETINA (60-75% degli alcaloidi totali nella radice della specie brasiliana mentre solo il 30-40% nell’altra specie) CEFELINA PSICOTRINA e PSICOTRINA METIL ESTERE EMATAMINA IPECOSIDE (glucoside isochinolinico) IPECACUANINA (tannino glucosidico cristallino) AMIDO e OSSALATO DI CALCIO Nell’ipecacuana di Costa Rica il contenuto totale di alcaloidi è 2 – 2.5% ed il rapporto tra emetina e cefelina 1:2. TEST PER L’EMETINA Miscelare 0.5 g della droga in polvere con 20 ml di HCl e 5 ml di acqua, Filtrare, Aggiungere 0.01 g di KCl a 2 ml di filtrato. In presenza di emetina apparirà un colore giallo che lasciato riposare per 1 ora cambierà gradualmente al rosso. PROPRIETA’ ED USI TERAPEUTICI DI EMETINA EMETICA indotta per stimolazione di CTZ ESPETTORANTE ANTIAMEBICA BLOCCANTE DELLA SINTESI PROTEICA AZIONI EMETICA: Rispetto ai singoli alcaloidi purificati l’azione emetica dell’ipecacuana è molto piu lenta per la contemporanea presenza nella droga di tannini ed antrachinoni che riducono l’assorbimento intestinale degli alcaloidi. La Cefalina è meno efficace dell’emetina. SCIROPPO DI IPECACUANA usato nei Centri antiveleno alla dose nell’adulto 30 ml. E’ costitiuto da: • 14 ml di estratto fluido di ipecacuana • 20 ml di glicerina • sciroppo semplice q.b. a 500 ml AZIONE ESPETTORANTE: L’emetina fluidifica le secrezioni bronchiali (dose 0.5 –2 mg). L’infuso di ipecacuana può essere usato come espettorante sotto forma di tintura all’1% AZIONE AMEBICIDA: L’uso degli alcaloidi nel trattamento della dissenteria amebica (malattia tropicale causata dal Entoamoeba histolitica) è stato sostituito da prodotti di sintesi. L’emetina veniva utilizzata alla dose di 1 mg/kg x die i.m. per non più di 5 giorni consecutivi PROPRIETA’ CITOTOSSICHE: Blocco della sintesi proteica per legame irreversibile con la proteina ribosomiale S14. Recentemente è stato trovato che la PSICOTROPINA blocca la transcriptasi inversa del virus HIV. T OSSICITA’: L’accumulo di emetina per ingestione di alte dosi può causare:miopatie, cardiomiopatie anche letali con alterazioni dell’ECG quali: inversioni dell’onda T e allungamento del periodo Q-T. L’emetina è una sostanza mutagena POLIGALA Polygala senega L. (Fam. Poligalaceae) Poligala in greco significa molto latte perché favorisce la produzione del latte Senega dal nome della tribu indiana del Senega o da snake (per l’impiego contro le morsicature) HABITAT : Originaria dell’America del Nord e del Canada è oggi coltivata principalmente in Giappone BOTANICA: Pianta erbacea perenne che cresce spontanea nei luoghi boscosi rocciosi sottoforma di cespugli alti 20-30 cm, Foglie: alterne, sessili, ovali a bordi interi o lenticolari, Fiori: colore bianco-verdastro riuniti in grappolo, Frutti: cassula ovale. La pianta possiede un rizoma da cui si dipartono numerose radici che presentano delle caratteristiche anellature dovute ad un irregolare sviluppo della corteccia. PARTI USATE: radici STORIA: Gli indiani del Nord America la usavano come rimedio contro le morsicature dei serpenti. Tenent (medico inglese 17301734) sperimentò la poligala nelle malattie polmonari. Fu introdotta in Europa nel 1738 RACCOLTA E P REPARAZIONE DELLA DROGA La radice viene raccolta in autunno da piante adulte, mondata, essicata al sole, la conservazione avviene al riparo dalla luce in recipienti chiusi DESCRIZIONE DELLA DROGA la radice lunga 8-20 cm, ha uno spessore di 5-10 mm (il diametro si riduce progressivamente verso l’estremità) e colore grigio-bruno prende origine dal ceppo della pianta la forma irregolare, spesso contorta con ramificazioni che si dividono la superficie esterna è striata con rilievi semianulari ed una linea sporgente angolosa che decorre a spirale la radice in tutta la sua lunghezza se masticata produce bruciore e salivazione COMPONENTI PRINCIPALI SAPONINE TRITERPENICHE (10% - correlate alla senegina II che per idrolisi dà origine alla genina triterpenica seneginina) POLIGALITOLO ANIDRIDE DEL SORBITOLO (di sapore dolciastro) UN OLIO (4%) SALICILATO DI METILE (responsabile dell’odore della droga) P ROPRIETA’ ED USI TERAPEUTICI Le Saponine provocano aumento delle secrezioni bronchiali, salivari e cutanee ESPETTORANTE sottoforma di infuso, decotto, estratto molle idroalcolico (ottenuto per estrazione della polvere di poligala con metanolo al 90%). Spesso viene prescritta unitamente ad altri espettoranti quali ipecacuana e carbonato d’ammonio. Recentemente, ad opera di alcune saponine contenute nella droga, è stata evidenziata una proprietà ipoglicemizzante ed una riduzione dell’assorbimento dell’etanolo. T OSSICITA’ A dosi tossiche (> di 2 g), come tutte le droghe contenenti saponine, può provocare vomito, diarrea, disturbi cardiaci e ipotensione. Le saponine sono emolitiche. A causa delle proprietà irritanti la droga non dovrebbe essere usata in caso di ulcera gastrica o duodenale in presenza di coliti ed enteriti. La polvere è irritante e starnutoria. SENAPE BIANCA Brassica alba (Fam. Cruciferae) Brassica deriva dal celtico bresic e significa cavolo; Alba dal latino e significa bianca HABITAT Analogo a quello della senape nera. Originaria dell’Europa e dell’Asia sud occidentale. In Europa, Asia e Stati Uniti è comune sia come pianta spontanea che coltivata. BOTANICA Pianta erbacea di dimensioni più ridotte rispetto alla B. nigra, Foglie: lanceolate pennate, Fiori: di colore giallo, Frutti: siliqua eretta più arrotondata e meno appressata all’asse di quella della B. nigra PARTI USATE: semi essiccati RACCOLTA E P REPARAZIONE DELLA DROGA I frutti maturi raccolti si fanno seccare e da questi si estraggono i semi che a loro volta si seccano DESCRIZIONE DELLA DROGA I semi sono leggermente più grandi di quelli della senape nera (2 mm di diametro) ed hanno un tegumento bianco-giallastro COMPONENTI PRINCIPALI SINALBINA tioglucoside della senape bianca La sinalbina sotto l’azione della mirosina si scinde in: glucosio bisolfato di sinapina p-idrossibenzilsotiocianato sapore pungente ma inodore meno volatile dell’isotiocianato di allile P ROPRIETA’ ED USI TERAPEUTICI Uso locale: rubefacente Uso interno: emetico e stimolante sulle secrezioni gastriche STORIA Anticamente era utilizzata per allestire cataplasmi denominati senapismi che se applicati troppo a lungo possono produrre lesioni cutanee. I cataplasmi sono utili nel caso di catarri delle vie aeree, di affezioni articolari e di reumatismi. Diffusamente utilizzata come condimento ed aroma alimentare per la preparazione di mostarde T OSSICITA’ Il contatto troppo prolungato con la cute produce irritazioni ed ustioni SENAPE NERA La droga è costituita dai semi di Brassica nigra (Sinapis nigra L.) o di B. Juncea (Fam. Cruciferae) Brassica deriva dal celtico bresic e significa cavolo, Nigra dal latino significa nera Juncea dal latino significa giunco HABITAT Originaria dell’Europa e dell’Asia sud occidentale. In Europa, Asia e USA è comune sia come pianta spontanea che coltivata. BOTANICA Pianta erbacea annuale con steli esili, scanalati, fortemente ramificati ed eretti (50-120 cm) con rami alterni, Foglie: picciolate, lobate, di colore verde-glauco con margine dentato, Fiori: di colore giallo 4 petali e 4 sepali disposti a croce, inseriti nella parte alta del fusto e riuniti in grappoli. Frutti: siliqua tetragonale eretta, lunga 2-3 cm, serrata al fusto e contenente numerosi semi (12-14) PARTI USATE : semi essiccati STORIA Diocleziano (301 d.C.) la menziona come condimento, uso protrattosi fino ad oggi senza mai subire flessioni nel corso dei secoli, Teofrasto nella sua “Storia delle Piante” e Plinio la citano come medicamento RACCOLTA E P REPARAZIONE DELLA DROGA I semi vengono raccolti in settembre quando la pianta ingiallisce ed il frutto è maturo. I semi neri vengono seccati e triturati per preparare la farina e la mostarda (pasta col vino). DESCRIZIONE DELLA DROGA I semi sono molto piccoli (1 – 1.5 mm di diametro), globosi, reticolati da finissime nervature, violacei quasi neri; l’epidermide è costituita da uno strato di cellule mucillaginose, l’embrione oleoso. Bagnati si rigonfiano e se triturati con acqua formano un emulsione giallastra di odore piccante e sapore acre e bruciante. COMPONENTI PRINCIPALI SINIGRINA (0.7 – 1.4%) MIROSINA MUCILLAGINE (20%) LIPIDI (fino al 30%) rappresentati da esteri del glicerolo con acido erucico, oleico e linoleico. La sinigrina sotto l’azione della mirosina si scinde in: glucosio solfato acido di potassio isosolfocianato di allile o essenza di senape nera (oleum sinapis) alla quale si deve l’azione della droga. Perchè si abbia l’idrolisi è necessaria la frantumazione dei semi. L’idrolisi della sinigrina non avviene: nei semi interi poiché sinigrina e mirosina sono localizzate in elementi cellulari diversi; nei semi frantumati a T > di 60° per inattivazione dell’enzima P ROPRIETA’ ED USI TERAPEUTICI Uso locale: rubefacente Uso interno: emetico La farina di senape anticamente è stata utilizzata per allestire “senapismi” in cataplasmi, bendaggi, bagni, cerotti, sfruttando l’azione revulsiva e rubefacente dell’isotiocianato di allile per il trattamento di reumatismi, nevralgie, mialgie e stati infiammatori. L’azione irritante della droga è attenuata dalle proprietà emollienti della mucillagine. I senapismi se applicati troppo a lungo possono produrre lesioni cutenee. Attualmente in presenza di valide terapie antiinfiammatorie l’uso dei senapismi è praticamente abbandonato. I semi interi svolgono un’azione emolliente per la presenza di mucillagini, utili in caso di bronchiti. L’isotiocianato di allile ha debole attività antimicrobica. Un decotto dell’intera pianta ha proprietà tonicostimolanti ed a dosi maggiori effetto purgante. T OSSICITA’ L’applicazione sulla pelle determina un iniziale arrossamento seguito da processo infiammatorio. Il contatto troppo prolungato con la cute può produrre irritazioni ed ustioni, in pratica vescicolazioni ed ulcerazioni. Questi effetti sono dovuti alla rapida penetrazione dell’isotiocianato attraverso gli strati cutanei. L’isotiocianato può indurre stati di ipotiroidismo per inibizione della sintesi di tiroxina. Sono stati descritti casi di ipersensibilizzazione dovuti alle proteine della senape che vanno da reazioni cutanee fino allo shock anafilattico. LOBELIA La lobelia è data dalle parti aeree di Lobelia inflata L. (Fam. Lobeliaceae o Campanulaceae). Lobelia: in onore del medico e botanico Mathias de l’Obel. Inflata: per il frutto rigonfio. Dopo la fecondazione l’ovario cresce e si rigonfia formando una cassula vescicolosa La droga fu usata dagli indiani del nord America sia come farmaco, nell’asma e nel vomito, che come sostitutivo del tabacco. E’ originaria delle regioni centrali e orientali del nord America (Stati Uniti e Canada) DESCRIZIONE DELLA PIANTA Si presenta come una pianta erbacea annuale a fusto eretto, alta circa 20-60 cm, molto ramificato, angoloso e peloso, con macchie violacee alla base, le foglie sono di forma ovale-ellittica, alterne, sessili, pelose su entrambe le lamine e con margine irregolarmente dentellato. Foglie e rami hanno canali laticiferi sinciziali, con latice bianco e acre. La grandezza delle foglie diminuisce gradualmente dal caule verso l’apice, fino a ridursi a brattee che accompagnano l’infiorescenza; ha infiorescenze costituite da un ramo ascellare di piccoli fiori di colore viola-blu chiaro; il calice, con un tipico rigonfiamento alla base, diventa vescicoloso dopo la fecondazione (inflata). La corolla presenta un labbro superiore dritto, formato da 2 petali non saldati, ed uno inferiore con 3 lobi; il frutto è una capsula ovoidale che contiene un gran numero di piccoli semi DROGA: è detta “tabacco indiano”; è costituita dalla parte aerea della pianta, raccolta alla fine della fioritura. Il carattere utile per distinguerla dalle sofisticazioni è il tipico rigonfiamento basale del calice. La droga ha odore lieve, aromatico, un po’ irritante; il sapore è acre e bruciante, analogo a quello del tabacco. Le foglie sono raccolte in agosto o settembre. Dopo l’essiccamento vengono compresse ed esportate in balle. Le foglie sono ovate o ovato-lanceolate. Il margine è irregolarmente dentato e dalle dentellature si generano pori acquosi. L’epidermide superiore della foglia è composta da pareti striate, quella inferiore ha pareti corte con stomi e all’esterno sono presenti speciali cellule di riserva. I peli unicellulari si originano su entrambe le pareti dell’epidermide. Numerosi pori acquosi si trovano sulla parete superiore dei margini dentati. F.U.: la droga non é iscritta nella F.U. P RINCIPI ATTIVI: sono contenuti nel latice; la droga contiene circa 30 alcaloidi piperidinici in quantità dello 0.3-0.6% tra cui troviamo: lobelina, il più importante (0.05-9%) lobelidina lobelanina isolobinina altri componenti sono: inflatina (sostanza cerosa) tannini olio essenziale LOBELINA. Ha un nucleo piperidinico. E’ un agonista dei recettori nicotinici a livello gangliare e del SNC. Esercita gli stessi effetti della nicotina, ma è meno potente. Fu isolata dalle foglie di lobelia inflata (tabacco indiano) nel 1915 da Wieland. E FFETTI FARMACOLOGICI E USI. Le preparazioni galeniche orali di lobelia sono state usate come espettoranti, antiasmatio e stimolante della respirazione. Queste azioni sono precedute da un effetto tussigeno, spesso associato ad emesi. Tali effett i sembrano da attribuirsi non tanto alla lobelina, che è un composto instabile, quanto alla isolobinina la quale irrita fortemente le mucose. L’effetto antiasmatico della isolobinina è una conseguenza dell’azione riflessa dovuta all’azione irritante della mucosa dello stomaco. Ad alte dosi si possono avere anche effetti centrali. Comunque i derivati piperidinici della lobelina hanno affinità per i recettori nicotinici e quindi molti degli effetti prodotti sono simili a quelli esercitati dalla nicotina, anche se pi ù blandi. Come la nicotina, la lobelina è utilizzata per la disassuefazione dei tabagisti, sebbene a proposito manchino buoni studi clinici che ne stabiliscano la reale efficacia. La droga si può somministrare sotto forma di tintura (1:10), di polvere, di pillole, di infuso e di decotto T OSSICOLOGIA Si possono avere sintomi di tossicità somministrando almeno 5 g di tintura di lobelia nelle 24 h. La tintura induce anche vomito, nausea, tremori, sudorazione diffusa, tachicardia e coma. ALTEA Althaea officinalis L. (Fam. Malvaceae) Nome volgare malvischio o malva viscida per l’abbondante contenuto mucillaginoso di radici, foglie e fiori Altea in greco significa guarire. Un’altra specie A. rosae detta Malvone viene coltivata solo a scopo decorativo. HABITAT Pianta spontanea diffusa in tutta Europa e nel Nord dell’Asia. In Italia cresce nei luoghi umidi e paludosi. BOTANICA Pianta: erbacea perenne ad elevato contenuto di mucillagine nella radice, nelle foglie e nei fiori, Fusto: può raggiungere 1.5 m di altezza. Cilindrico, eretto, poco ramoso e ricoperto da una fitta peluria che gli conferisce un aspett o vellutato e biancastro, Foglie: grandi, picciolate, violacee, alterne, ovali, lobate e dentate, Fiori: bianco-rosati o porporini sono raggruppati all’ascella delle foglie, hanno un piccolo calice con 6 o più divisioni e 5 sepali e 5 petali. Fioritura in giugnoluglio, Frutto: poliachenio DROGA: radice privata della corteccia esterna ed essiccata Foglie e fiori contenenti la stessa mucillagine possono essere usati per gli stessi scopi. RACCOLTA E P REPARAZIONE DELLA DROGA Le radici vengono raccolte da piante di almeno 2 anni in autunno, lavate, liberate delle radichette, decorticate ed essiccate a circa 40°C. Le radici decorticate si presentano in pezzi lunghi fino a 20 cm con diametro di circa 2 cm, colore bianco e consistenza carnosa. La superficie è percorsa da solchi profondi e segnata da cicatrici brune tondeggianti in corrispondenza dei punti di attacco delle radichette e ricoperta da una polvere bianca costituita da amido e ossalato di calcio. DESCRIZIONE DELLA DROGA La polvere che si ottiene per macinazione della droga è inodore con sapore dolciastro e mucillaginoso. Al microscopio la radice polverizzata presenta: granuli di amido di forma rotondeggiante, ovale o reniforme fibre liberiane cellule contenenti mucillagine cristalli di ossalato di calcio frammenti di sughero (sia pur isolatamente). In commercio si trova sottoforma di bastoncini, piccoli cubi o in fette. Identificazione: una piccola quantità di polvere sbattuta in acqua fredda per 30 min provoca la formazione di una mucillagine neutra al tornasole che ingiallisce per aggiunta di KOH. Sofisticazione: aggiunta di radici di altre varietà di Altea (A. bonensis e A. rosae) riconoscibili per il loro > contenuto in legno e per il colore giallo-bruniccio oppure aggiunta di radici di A. di qualità scadente, imbiancate con mezzi chimici e spolverate di farina di frumento Conservazione: dopo un’accurata essiccazione la radice deve essere conservata in recipienti chiusi ermeticamente ed al riparo della luce. In caso di cattiva conservazione si determina un ingiallimento della polvere che da reazione acida dopo sbattiment o in acqua. La F.U. prescrive per la droga un indice di rigonfiamento non inferiore al 10% e non più del 2% di radici lignificate ed elementi estranei COMPOSIZIONE MUCILLAGINE (fino al 20-35%) che per idrolisi libera: RAMNOSIO, ARABINOSIO, GALATTOSIO, GLUCOSIO, ACIDO GALATTURONICO, AMIDO (25- 37 %), PEPTINE e ASPARAGINA (2% - amide dell’acido aspartico che si trova anche negli asparagi, nelle patate, nella liquirizia ) MUCILLAGINI sono polisaccaridi complessi insolubili in alcool ma si sciolgono o si rammolliscono in acqua. La F.U. come droghe contenenti mucillagini riporta anche il fiore essiccato di Malva sylvestris e le foglie essiccate della stessa specie e di Malva negletta. Il saggio prevede che l’indice di rigonfiamento per le due specie non deve essere inferiore rispettivamente a 20 e a 7. USI TERAPEUTICI L’elevato contenuto di mucillagine conferisce alla droga proprietà: ANTIEMETICA EMOLLIENTE (decotto); in cosmesi entra nella preparazione di creme, latti, lozioni PROTETTIVA sulla mucosa faringea gastrica ed intestinale (decotto) DECONGESTIONANTE DEL CAVO ORALE (decotto - gargarismi e colluttori) LASSATIVA (decotto) La mucillagine ottenuta lasciando la droga (4-10 g) per diverse ore in acqua (100-200 ml) a T ambiente, può essere sfruttata come veicolo per farmaci troppo irritanti. Le foglie anch’esse contenenti la stessa mucillagine vengono adoperate sempre come emollienti sotto forma di infuso. La droga viene inoltre usata come ECCIPIENTE per la preparazione di pillole. Poiché se usata da sola si ottengono pillole che con il tempo induriscono, nella formulazione è preferibile che vi sia una piccola quantità di glicerolo che per l’igroscopicità mantiene adeguatamente morbida la massa. T OSSICITA’ Al momento non sono stati descritti effetti indesiderati. APPARATO DIGERENTE: ANTIACIDI ED ANTIULCERA ACHILLEA Achillea millefolium L. - Fam. Asteraceae (Compositae) HABITAT: Cosmopolita, comune nei prati di tutta Europa e nota con il nome volgare di “millefoglie”. Presente anche in Siberia, Asia centrale ed occidentale, America del Nord. BOTANICA Pianta:erbacea, aromatica di 4-90 cm di altezza, Fusto: dritto, Foglie: sessili, alterne, lievemente divise in strett i segmenti, Fiori: bianco-rosati, raggruppati in piccoli capolini riuniti a loro volta in corimbi, Frutto: achenio DROGA (FUI): sommità fiorite STORIA Consigliata da Galeno come cicatrizzante ed inclusa da Dioscoride nel suo libro “De materia medica” tra le pianti medicinali PRINCIPI ATTIVI OLIO ESSENZIALE contenente: AZULENE e LATTONI SESQUITERPENICI responsabili di effetti tossici quali dermatiti e TANNINI in discreta quantità PROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO EMOSTATICHE e CICATRIZZANTI (cura di emorroidi, ragadi e fistole anali) ANTIBATTERICHE l’estratto etereo è efficace contro lo Staphylococcus aureus DECONGESTIONANTI SULLE MUCOSE INIBITORIE SU CICLO e LIPO-OSSIGENASI (in vitro) CANNELLA Cinnamomum zeylanicum o C. vera o C. di Ceylon (Fam. Lauraceae) HABITAT Spontanea in India e coltivata nello Shri Lanka ed in tutto il sud-est asiatico. La coltivazione richiede una T media di 28°C e ricche precipitazioni piovose. BOTANICA Pianta: albero di 10-15 m di altezza, Fusto: molto ramificato a corteccia spessa e rugosa, Foglie: peristenti, opposte, ovali-lanceolate a margine intero e apice acuminato, lunghe 10-15 cm e larghe 5, Fiori: di colore biancastro, raccolti in cime regolari, Frutto: drupa contenente un solo seme DROGA (F.U.): Corteccia dei polloni giovani privata del sughero e della parte esterna del parenchima corticale TITOLO: non deve essere inferiore a 12 ml di essenza/kg. STORIA Incluso da Dioscoride nel suo libro “De materia medica” tra le piante medicinali. Lémery nel suo trattato delle droghe pubblicato a Parigi nel 1675 descriveva la tintura di cannella cinese. Nell’antichità i cinesi usavano la falsa cannella Cinnamomum cassia L. per trattare il prurito nelle dermatosi. RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA Due o tre volte l’anno alcuni germogli vengono tagliati dopo la stagione delle piogge quando la corteccia è più facilmente rimovibile. La fermentazione consiste nel lasciare la corteccia sotto una stuoia di fibre di cocco. DESCRIZIONE DELLA DROGA Il colore e l’odore caratteristici si evidenziano dopo un breve processo di fermentazione. Le cortecce spesse circa 0.5 mm si presentano arrotolate in cannelli concentrici di circa 30 cm di lunghezza, hanno un colore brunogiallastro con sottili striature biancastre longitudinali che si anastomizzano fra loro ad angolo acuto (quills). La superficie esterna è liscia e presenta leggere sporgenze corrispondenti alle cicatrici dei punti d’inserimento delle foglie e delle gemme ascellari. La corteccia può anche essere commercializzata in pezzi più piccoli denominati “quillings” ed in trucioli “chips”. Tutte le parti della pianta contengono un’essenza abbondante nella corteccia e nella radice (3%). L’essenza oleosa ed eterea è dotata di un particolare odore aromatico e di un sapore piccante ma dolciastro. ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA All’esame microscopico si riconoscono: il parenchima liberiano contenente cellule ad essenza od a mucillagine, raggi midollari uniseriati, fibre liberiane isolate od in piccoli gruppi PRINCIPI ATTIVI: OLIO ESSENZIALE (0.5-2%) costituito da: ALDEIDE CINNAMICA C 6H 5-CH=CHO (50-75%) EUGENOLO (5-25%) ACETATO di CINNAMILE MONO-SESQUITERPENI TANNINI PROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO Le seguenti azioni della cannella, note nella medicina popolare, sono state solo i n parte convalidate dalla letteratura scientifica: POTENZIAMENTI LE CONTRAZIONI UTERINE DURANTE IL PARTO e ABORTIGENI TACHICARDIZZANTI STIMOLANTI DELLE SECREZIONI ESOCRINE Le seguenti azioni della cannella sono invece state descritte nella letteratura scientifica: STOMACHICHE – EUPEPTICHE; RICOSTITUENTI – ANTIASTENICI (vino di Cannella), CORRETTIVE nell’industria alimentare e farmaceutica L’ALDEIDE CINNAMICA è dotata di proprietà: ANTITUMORALI infatti questo composto potenzia l’attività del cis-platino; ANTIMUTAGENA in vitro; ANTIBATTERICA ed ANTIFUNGINA usata nelle cistiti batteriche e nelle infezioni del cavo orale. Ampiamente usata nell’industria dolciaria e dei liquori. Un gruppo di droghe che presentano gli stessi componenti e quindi hanno un comune utilizzo è rappresentato dai frutti dell’anice verde, dell’anice stellato e del finocchio TOSSICITA’ Dosi eccessive di essenza possono provocare eccitazione e tachicardia seguite da sonnolenza e depressione L’aldeide cinnamica può indurre: ALLERGIE per applicazione cutanea, CITOTOSSICITA’ su cellule isolate, TERATOGENESI in topi e ratti. DROGHE ASSOCIATE Cinnamomum di Cajenna, corteccia di piante di C. zeylanicum coltivate in Brasile e isole Americane. Cinnamomum di Saygon (dal nome del porto da cui parte) si ottiene da C. laurei l’odore è più grossolano di quello del cinnamomo di Ceylon ed il sapore più dolce. Cinnamomum cassia Blume, cannella della Cina, albero molto più grande di quell o della cannella di Ceylon; la corteccia è molto ricca di tannino, l’essenza è più ricca di aldeide cinnamica e non vi è eugenolo; ha un aroma meno pregiato. E’ un succedaneo della corteccia della cannella di Ceylon. CAPSICO Capsicum annuum L. e Capsicum frutescens L. (Fam. Solanaceae) HABITAT Il C. annuum, al cui genere appartiene la varietà conoides o tabasco, originario dell’America, è coltivata in numerosi paesi europei compresa l’Italia (specie area mediterranea). BOTANICA del C. annuum Pianta: erbacea annuale ramificata, Fusto: può raggiungere 1 m di altezza, Foglie: alterne, oblungolanceolate, lungamente picciolate, raggruppate a tre di cui una è più grande, Fiori: fiori bianchi con calice poco sviluppato e corolla a 5 petali stellati, Frutto: bacca capsuliforme peduncolata BOTANICA del C. frutescens Pianta: arbusto perenne, Fusto: può raggiungere 1 m di altezza, Foglie: lanceolate, Fiori: biancoverdastri, Frutto: bacca di forma conica, lunga 1-4 cm, più piccoli di quelli di C. annuum, sapore piccante DROGA (F.U.): frutti maturi essiccati di C. frutescens L. TITOLO: deve contenere non meno dello 0.4% di capsaicinoidi espressi come capsaicina (trans-8-metil-N-vanillil-6nonenamide). STORIA Chanco, il medico di C. Colomco parlò della polvere di Caienna (Capsicum frutescens) nel 1494 dicendo che gli indigeni lo chiamavano “axi”. Nel 1876 Thresh, estraendo la droga con petrolio, trattando poi l’estratto con soluzione basica acquosa e flussando la sol. alcalina con CO 2, ottenne il precipitato cristallino di un composto molto piccante, la capsaicina. DESCRIZIONE DELLA DROGA Bacca globosa di forma conica (peperonide), lunga 5-7 cm, di colore rosso, arancione o violett o a seconda delle varietà, sapore piccante. Dopo l’essiccamento la superficie esterna del pericarpo appare lucida e molto rugosa, mentre quella interna è opaca e ricca di vescicole colorate più intensamente. All’interno il frutto è diviso in due logge e contiene numerosi semi appiattiti giallastri. PRINCIPI ATTIVI Sono gli stessi in entrambe le specie anche se ci sono variazioni quantitative: CAROTENOIDI responsabili della tipica colorazione dei frutti FLAVONOIDI VITAMINE (A, B 1, B 2 e soprattutto C) CAPSAICINOIDI (diidrocapsaicina, nordiidrocapsaicina 7%, omocapsaicina) di cui il principale (69 %) è la: CAPSAICINA fortemente starnutoria, presente allo 0.1% in C. annuum e al 1% in C. frutescens. La capsaicina è il più potente dei componenti naturali ad effetto pungente, doloroso e desensibilizzante. Il fastidio che si avverte in bocca dopo aver mangiato un pasto con peperoncino può essere attenuato bevendo latte perché questo alimento contiene circa il 3% di caseina, una proteina lipofila che spiazza i capsacinoidi dal loro recettore. La porzione aromatica della capsaicina deriva dalla fenilalanina tramite l’ac. ferulico e l’aldeide vanillica; la porzione acida della struttura amidica è una molecola di origine polichetidica con un ac. grasso a catena ramificata. PROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO Gli effetti del capsico sono ascrivibili alla capsaicina e sono dovuti alla liberazione di sostanza P da neuroni afferenti sensitivi primari connessi con la vasodilatazione e con la percezione algica REVULSIVA e RUBEFACENTE EUPEPTICA e STIMOLANTE DELL’APPETITO ANTIANGINOSA (vasodilatazione) ANTINEVRALGICA (dolori reumatici e post-erpetici) in quanto l’iniziale bruciore causato dalla capsaicina stimola i rec. del dolore presenti sui neuroni afferenti primari rendendoli meno sensibili. L’oleoresina preparata mediante percolazione con etere sulla droga viene impiegata in batuffoli di ovatta come revulsivo topico nei reumatismi. La capsaicina, poco impiegata in terapia viene utilizzata come mezzo di indagine in sperimentazione farmacologica per ricercare molecole con > capacità desensibilizzante e < effetto irritante. Attualmente sono stati identificati quattro gruppi di composti ad alta affinità per i recettori della capsaicina costituiti da: Capsaicina e composti strutturalmente simili presenti nelle spezie come: PIPERINA, (principio attivo del Piper nigrum) e ZINGERONE isolato da Zingiber officinale RESINIFERATOSSINA, isolata dal latice del cactus Euphorbia resinifera che condivide con la capsaicina un gruppo vanillinico essenziale per l’attività biologica. Questi composti sono chiamati vanilloidi, stesso nome dei rec. sui qual i agiscono. La resinifetatossina è più efficace come analgesico (in studio nella neuropatia diabetica) e meno irritante della capsaicina. Dialdeidi 1-4 insature il cui composto principale è l’ISOVELLERALE, isolato dal fungo Lactarius vellereus. Fenoli triterpenici il cui capostipite è lo SCUTIGERALE isolato dal fungo Albatrellus ovinus. Come il precedente a struttura non-vanillica, esso pur legando i rec. vanilloidi è il primo a non essere irritante. TOSSICITA’ I derivati del capsico non sono dotati per via orale di alta tossicità acuta se si escludono le proprietà irritantiA contatto con occhi, pelle e mucose causano intenso bruciore ed irritazione; il trattamento di questi effetti può essere fatto con soluzioni diluite di permanganato (pelle e mucose) o anestetici locali (occhi). CHINA Cinchona succirubra Pavon, C. pubescens Vahl, C. ledgeriana Moens ed Trimen, C. calisaya Weddel, C. officinalis L. (Fam. Rubiaceae) Cinchona in onore della contessa di Chinchon, moglie del vicerè del Perù che fu salvata dalla malaria ad opera della china; Succirubra è il nome spagnolo che in Perù indica la corteccia di un albero (secondo altri per il succo rosso); Ledgeriana in onore di Carlo Ledger che introdusse la china nelle Indie orientali HABITAT Sud america (Perù, Bolivia, Equador dove cresce sul versante orientale della cordigliera delle Ande all’altitudine di 1000-3000 m). Coltivato in India, Indonesia, Java ed in alcuni paesi dell’Africa e dell’America centrale. Richiede un clima caldo (la T media dovrebbe esere 15-20°C) e umido tropicale (75-95% di umidità); la piovosità dovrebbe essere di 1500-2000 mm per anno. BOTANICA Pianta: tropicale di grosse dimensioni (anche 30 m di altezza), Fusto: con corteccia rossastra profondamente screpolata e con rami giovani pubescenti, Foglie: opposte,picciolate, largamente ovali e ristrette alla base, verdi scure superiormente, più chiare inferiormente, glabre e quasi lucenti, debolmente pelose sulle nervature, Fiori: con calice e corolla porporino di odore gradevole, raggruppati in grappoli di cime terminali, Frutto: piccola cassula ovale con piccoli semi appiattiti DROGA (FUI): Corteccia disseccata di C. succirubra e suoi ibridi. La china per uso farmaceutico proveniente dalla C. succirubra e dai suoi ibridi deve contenere non meno del 6.5% di alcaloidi totali di cui non meno del 30% e non più del 60% deve essere costituito da alcaloidi del tipo chinina. STORIA 1630: gli effetti febbrifughi ed antimalarici della corteccia di china furono scoperti inizialmente in Sud America intorno a questo anno e da allora la corteccia è stata importata in Europa dai missionari Gesuiti (da qui il nome di ”polvere dei Gesuiti”). 1638: il frate De la Calancha descriveva che nella regione peruviana di Loxa esisteva un albero chiamato arbor de calentura, albero della febbre, la cui scorza faceva miracoli nella febbre terzana.L’ intolleranza religiosa ne limitò però un estesa diffusione in tutta Europa nonostante che la malaria mietesse molte vittime. 1820: anno in cui fu isolato il chinino da parte di Caventou. 1942: all’inizio della seconda guerra mondiale quasi tutta la fornitura di china proveniva da Giava e quando i giapponesi occuparono quest’isola fu necessario studiare una produzione di farmaci antimalarici di sintesi da usare in alternativa alla chinina. RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA Sono utilizzati alberi di 8-10 anni e la corteccia è raccolta dall’intero albero. La raccolta della droga in origine veniva fatta dai cascarilleros (raccoglitori indigeni); questi abbattevano gli alberi e staccavano la corteccia dal tronco a strisce che poi essiccavano disponendole le une sulle altre con dei pesi sopra (china piatta). La corteccia dei rami si lasciava invece essiccare liberamente (china arrotolata). Poiché così facendo gli alberi di china erano sempre più rari, al fine di scongiurare la completa scomparsa della pianta nel XIX sec, in seguito anche all’enorme righiesta di china, furono tentate coltivazioni in tutte le parti del mondo. Oggi la china proviene da piante coltivate e 2 sono i metodi di raccolta. Da piante di 8-10 anni si staccano alternativamente liste longitudinali (12 mm) di corteccia e questa operazione si ripete quando le strisce staccate si sono rigenerate asportando ovviamente quelle lasciate con il primo intervento Piante di 8-10 anni vengono abbattute a poca altezza dal suolo e decorticate, questa operazione si ripete quando la pianta nata dalla ceppaia ha raggiunto un sufficiente sviluppo. Prima di essere seccata la corteccia viene: mondata allontanando muschi e licheni e essiccata al calore artificiale evitando T troppo alte che comprometterebbero le proprietà organolettiche e farmacologiche della droga (la chinina si trasformerebbe in chinotossina) DESCRIZIONE DELLA DROGA La superficie esterna è percorsa da solchi e striature ed è in genere di colore grigiastro, mentre l’interno è rosso-bruno. Privata del sughero per raschiatura è costituita quasi esclusivamente dal libro. Odore aromatico, sapore intensamente amaro ed astringente. ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA Il parenchima corticale mostra lacune contenenti oleoresina e tannino e fibre fusiformi del libro di colore arancione. PRINCIPALI COMPONENTI ALCALOIDI (5-9%) il contenuto comunque è variabile in rapporto alla specie e alle condizioni ambientali e di raccolta CHININA l-isomero, CHINIDINA d-isomero, CINCONIDINA l-isomero, CINCONINA d-isomero altri 20 ALCALOIDI (PARICINA, CHINAMINA, CONCHINAMINA, CINCOMINA, CHINICINA, EPI-CHININA, EPICHINIDINA, DICINCONINA, JAVANINA, CINCOFILLINA ecc. AC. CHINICO (4-8%), AC. CHINOTANNINO, AC. CLOROGENICO, AC. CAFFEICO, AC. PROTOCATECHINICO ANTRACHINONI, TANNINI, OLIO ESSENZIALE, CERE, RESINA, ROSSO DI CHINA (colorante che deriva dalla decomposizione dell’ac. chinotannico), STEROLI, ZUCCHERI, SALI INORGANICI, SILICE, OSSALATO di CALCIO PROPRIETA’ FARMACOLOGICHE - ANTIMALARICA questa attività biologica della droga è essenzialmente la risultante di quella dei suoi principi attivi alcaloidei e pertanto non è identica a quella degli alcaloidi chinolinici presi singolarmente. L’azione terapeutica complessiva dipende da sinergismi ed antagonismi tra gli alcaloidi e gli altri componenti nonché da tannini ed antrachinoni che riducono l’assorbimento degli alcaloidi a livello intestinale. Attualmente tale attività è stata soppiantata da prodotti più attivi come la CHININA e la CLOROCHINA.La CHININA come ANTIMALARICO (600 mg 3 volte/die) è più attiva sul plasmodio vivax che su quello malariae e ancora meno sul falciparum. Il mecc. d’azione sembra consistere nell’interferenza con il DNA plasmodiale, nell’alterazione dell’emoglobina e nell’aumento del pH nelle vescicole intracellulari del parassita. Per la sua attività antibatterica la chinina è stata usata come antisettico e disinfettante per applicazioni locali (congiuntiviti), inoltre possiede una discreta attività anestetica locale e antipiretica, e contro i crampi notturni (per una debole azione curarica). La CHINIDINA (200-400 mg) come antimalarico è molto meno attiva della chinina ma possiede proprietà antiaritmiche, trova utile impiego nella fibrillazione atriale e nella tachicardia sopraventricolare parossistica poichè ha effetti cronotropi, batmotropi e dromotropi negativi, è un bloccante dei canali del K. EUPEPTICA largo è l’impiego come amaro, tale uso è legato al sapore amaro degli alcaloidi. La china aumenta la secrezione cloropeptica dello stomaco per stimolazione delle terminazioni gustative del nervo glossofaringeo e del trigemino situate su palato e lingua. PREPARAZIONI OFFICINALI: DECOTTO DI CHINA al 5% (bollito per 30 min e filtrato a caldo), ESTRATTO FLUIDO (10 gtt/die), TINTURA (5-10 gtt /2-3 volte ad die) SEMPLICE o COMPOSTA (china:noce vomica:genziana 2:3:1), ELISIR (estratt o fluido di china g 25, estratto fluido di arancio amaro g 5, alcol etilico 95° g 250, acqua distillata g 380, zucchero g 350). TOSSICITA’ Gli avvelenamenti acuti da alcaloidi della china si manifestano con: vomito, diarrea, cefalea, febbre, eccitazione, debolezza muscolare, caduta pressoria ed insufficienza respiratoria. La dose letale di chinina per l’uomo è di circa 10 g. Tossicità cronica della chinina è il cinconismo caratterizzato da tinnito, mal di testa, nausea, vomito, disturbi cutanei ed addominali e alterazione della percezione dei colori. Tossicità cronica della chinidina è molto simile anche se con quest o alcaloide possono verificarsi extrasistoli, tachicardia, fibrillazione ventricolare e blocco cardiaco in funzione della dose. Tossicità cronica di estratti di corteccia: oltre alle due sintomatologie sopra descritte a livello dell’apparato acustico si hanno gravi effetti: ronzio, vertigini, sordità e a livello dell’apparato oculare: lesioni della retina e del nervo ottico. GENZIANA Gentiana lutea L. (Fam. Gentianacae). Sono utilizzate anche altre genziane quali: G. asclepiadea L., G. punctata L. e G. pannonica Scop. che hanno rizoma e radici più piccole, analoghe proprietà amare ma diversa composizione chimica. G. lutea può essere pericolosamente confusa con Veratrum album (velenoso) a causa delle foglie che hanno nervature molto simili ma che sono alterne nel veratro ed opposte nella genziana. Per le piante fiorite questo problema non sussiste dato che i fiori del veratro sono di colore bianco-verdastro e sono disposti a grappoli. Nella radice di genziana l’amido è assente e questo permette di distinguerla da altre piante simili. HABITAT Regioni alpine e montagne dell’Europa centro-meridionale fra 1000 e 2500 m. La coltivazione deve essere effettuata in altitudine altrimenti la conc. dei principi attivi decade fino al 50%. BOTANICA Pianta: grande erba perenne; Fusto: robusto, glabro, non ramificato può raggiungere 150 cm di altezza; Foglie: opposte, grandi e cortamente picciolate alla base mentre quelle cauline sono di grandezza gradatamente decrescente, lanceolate. Il lembo ovale di grosse dimensioni è percorso da nervature longitudinali parallele e convergenti all’apice; Fiori: pentameri di colore giallo-oro sono raggruppati in pseudo verticilli all’ascella delle foglie nella parte superiore del fusto, la corolla è stellata Frutto: capsula ovoide-acuminata contenente parecchi semi. DROGA (FUI): rizoma e radici TITOLO: Non meno del 33% di sostanze estraibili in acqua. STORIA Citata da Dioscoride e Plinio tra le piante ad azione digestiva. Genti, re dell’Illiria, secondo la tradizione ne scoprì le virtù nel XV sec. a.C. La droga era assai usata nel Medio Evo. RACCOLTA E DESCRIZIONE DELLA DROGA La raccolta viene fatta dal terzo anno alla fine dell’estate o in autunno. Il rizoma è semianellato e mostra residui del fusto aereo, si presenta (come anche le radici), contorto, solcato sia longitudinalmente che trasversalmente. La radice ha una superficie grinzosa e una forma quasi cilindrica con poche ramificazioni; è lunga alcune decine di cm ed è larga circa 4 cm. Esternamente è di colore bruno, internamente è gialla e presenta una frattura liscia. L’odore è aromatico ed il sapore, dapprima dolciastro diventa amarissimo e persistente. Il sapore amaro è dovut o principalmente al genziopicroside e all’amarogenzioside poiché sono tra le sostanze più amare conosciute. In commercio la radice si trova sotto forma di pezzi rosso-bruni tagliati longitudinalmente o in rotelle; tali frammenti sono duri, ma assumono consistenza molle all’umidità. In acqua si rigonfiano fortemente a causa della presenza di sostanze peptiche. SEZ. TRASVERSALE sotto il sughero dall’esterno verso l’interno si osserva: un parenchima corticale contenente cristalli prismatici di ossalato di calcio piccoli fasci cuneiformi di cribro poco distinti dai raggi parenchimatici e separati molto nettamente dal cambio un legno costituito da file radiali di vasi immersi in un parenchima a cellule poliedriche PRINCIPI ATTIVI GENZIOPICROSIDE sostanza bianca, cristallina e dal sapore amaro; rappresenta l’1-2% della droga fresca ma diminuisce molto nel corso della conservazione e AMAROGENZIOSIDE. Vi sono poi gli ALCALOIDI in piccola quanti tà rappresentati dalla GENZIANINA La radice contiene: PIGMENTI GIALLO PALLIDO del gruppo degli xantoni (gentisina, isogentisina, gentioside) GENZIANOSIO trisaccaride, PECTINA, ZUCCHERI (genziobiosio e fruttosia) PROPRIETA’ FARMACOLOGICHE Assunta rigorosamente prima dei pasti e per lo più associata alla china ed ad altri amari agisce come: EUPEPTICO, TONICO AMARO, STIMOLANTE DELLE SECREZIONI BILIARI E GASTRICHE da non usarsi quindi in presenza di ulcere gastriche. TOSSICITA’ Non sono noti dati di tossicità di questa pianta PREPARAZIONI La genziana è impiegata in farmacia sottoforma di: POLVERE la radice finemente polverizzata si somministra alla dose di 0.5 g in un cucchiaio di acqua mielata 15-30 min prima dei pasti TINTURA OFFICINALE 20 g di radice in 100 g di alcool a 60° si lasciano macerare per 5 giorni agitando di tanto in tanto; dopo aver filtrato il liquido si somministrano 30-50 gocce in poca acqua zuccherata 15-30 min prima dei pasti INFUSO 5 g di radice in una tazza d’acqua si fanno bollire e poi si lasciano a riposo per 5 ore. Il liquido filtrato e zuccherato si somministra nelle dosi di due bicchierini prima dei pasti. Lo stesso infuso può essere adoperato per lavare la pelle coperta da lentiggini che schiariscono se il trattamento è ripetuto per alcuni giorni ESTRATTO, SCIROPPO e VINO AROMATIZZATO LIQUIRIZIA GLYCYRRHIZA GLABRA L. (nota in commercio come L. Spagnola), G. glabra var. glandulifera nota come liquirizia russa e G. violacea o persiana (Fam. Leguminosae), Glycyrrhiza dal greco = radice dolce Glabra = liscia, si riferisce al frutto levigato HABITAT Cresce spontaneamente in molti paesi dell’Europa centrale, nella Russia centro-meridionale, in Iran ed Iraq. E’ coltivata in Spagna, Italia, Inghilterra e USA. BOTANICA Pianta: erbacea perenne con la parte ipogea molto sviluppata; Fusto: stelo eretto, glabro e solcato che può raggiungere 150 cm; Foglie: alterne, composte, imparipennate, con 7-17 foglioline con margine intero Fiori: riuniti in grappoli, eretti all’ascella delle foglie di colore azzurro-porporino; [la var. violacea ha fiori violacei]; Frutto:piccolo baccello appiattit o (1.5-2.5 cm); [la var. glandulifera ha frutti ricoperti da pungiglioni] DROGA (FUI): Radici o fusti sotterranei (stoloni) essiccati ottenuti da diverse var. di Glycyrrhizza TITOLO: la droga deve contenere non meno del 4% di ac. glicirrizico STORIA Teofrasto la citava come “radice dolce della Scitia” contro le ulcere, l’asma e contro la sete. Plinio e Dioscoride oltre alla pianta decantavano i pregi del succo di liquirizia. I monaci Tibetani nella loro “ricetta di lunga vita” avevano inserito la glicirriza. RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA Le radici e gli stoloni sono raccolti al termine del terzo o quarto anno di coltivazione. Le piante sono rimosse dal terreno in autunno, preferibilmente quando non hanno ancora i frutti per assicurare una maggiore dolcezza. Le radici e gli stoloni vengono poi lavati ed asciugati all’aria (per quattro-sei mesi), quindi tagliati e legat i insieme. DESCRIZIONE DELLA DROGA Le radici di L. caratterizzate da un odore ed un sapore tipico vengono tagliate in bastoncini di 10-15 cm di lunghezza. Presentano una superficie grigio-bruna, striata longitudinalmente e con cicatrici lasciate dalle radichette secondarie. Gli stoloni hanno un midollo sottile di colore grigio scuro; le radici ne sono prive. Ha un sapore dolce e mucillaginoso. In sezione trasversale si osserva: il sughero, qualche volta mancante, il parenchima corticale, il cribro suddiviso in cunei acuminati, il legno che presenta dei vasi grossi, il midollo (solo negli stoloni) ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA La droga polverata rivela la presenza di frammenti di fibre floematiche allungate e parzialmente lignificate di colore giallo con pareti ispessite e agglomerati di cellule contenenti cristalli prismatici di ossalato di calcio. Sono presenti vasi xilematici con pareti spesse e reticolate e grandi quantità di amido. PRINCIPALI COMPONENTI GLICIRRIZINA (10-15 %) per idrolisi perde il sapore dolce e dà origine ad ac. glicirretico e due molecole di ac. glicuronico, il sapore è 150 volte più dolce di quello del saccarosio. Essa esiste anche nel rizoma di Polypodium vulgare o felce dolce, nel Trifolium alpinum e nella radice dell’Abrus precatorius alla quale il sapore dolce della radice ha valso il nome di liquirizia d’America GLICOSIDI FLAVONOIDI: a cui si deve il colore giallo della droga LIQUIRITINA, ISOLIQUIRITINA, LIQUIRITOSIDE, DERIVATI CUMARINICI MANNITOLO e GLUCOSIO, STEROIDI tra cui DIIDROSTIGMASTEROLO, β-SITO- STEROLO, AMIDO (20%) e FRAZIONE OLEOSA VOLATILE PROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO AROMATIZZANTE per mascherare il sapore amaro di diversi farmaci TENSIOATTIVA facilita l’assorbimento di farmaci scarsamente assorbiti come gli antrachinoni ESPETTORANTE, BECHICA ed EMOLLIENTE ANTIFLOGISTICA ANTIMUTAGENA e ANTIBATTERICA ESTROGENICA ad opera dell’ac. glicirrizico e della frazione steroidica MINERALCORTICOLIDE per il blocco esercitato dall’ac. glicirrzico della conversione del cortisolo a cortisone (inibizione della 11β-OH-steroido-deidrogenasi). L’acido glicirretico inibisce a livello gastrico la 15-idrossi prostaglandindeidrogenasi e la Δ 13 -prostaglandinreduttasi consentedo un accumulo di prostanoidi e sostanze citoprotettive; un derivato semisintetico dell’ac. glicirretico è il carbexolone. TOSSICITA’ La L. se assunta in elevata quantità e per un periodo lungo può: modificare il metabolismo dei carboidrati e dei minerali eprovocare ritenzione di acqua ed edemi per l’effetto mineralcorticoide (antidiuretico) causando ipertensione. Per questo motivo la L. deve essere usata con cautela negli ipertesi, nei cardiopatici e nei pazienti con insufficienza renale. ZAFFERANO Crocus sativus (Fam. Iridaceae) HABITAT Originaria delle regioni mediterraneo-orientali (Persia); coltivata in Italia (Abruzzo, Sardegna), Turchia, Spagna, Francia BOTANICA: Pianta: piccola pianta erbacea di 10-20 cm di altezza, fornita di un bulbo tubero; Foglie: lineari, verdi scure e lucenti, scanalate nella parte interna, subuguali ai fiori al momento della fioritura, in seguito si allungano fina a raggiungere 30 cm; Fiori: di colore violetto, hanno un lungo tubo che si apre nella parte distale in 6 tepali oblunghi, 3 stami, uno stilo molt o lungo che si divide in tre stigmi Frutto: cassula triloculare DROGA (FUI): Stigmi essiccati (Croci stigma) uniti ad una breve porzione dello stilo STORIA Usato dai medici della Mesopotamia e da quelli Cretesi e Bizantini come abortivo. Anche Galeno lo consigliava con lo stesso scopo. Descritto nel “Ricettario fiorentino” pubblicato nel 1567. RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA La prima fioritura ha luogo a settembre e ottobre dell’anno seguente la semina che avviene in estate. I fiori sono raccolti al mattino presto poi il raccoglitore deve rompere con l’unghia lo stilo proprio sott o gli stigmi. Gli stigmi staccati sono essiccati col calore artificiale. La droga viene poi raffreddata e conservata in luogo asciutto. Da 100.000 fiori si ottengono 5 g di stigmi freschi e 1 g di droga essiccata. DESCRIZIONE DELLA DROGA Gli stigmi di colore rosso-scuro sono lunghi circa quanto le parti libere del perigonio, la loro parte distale presenta una fenditura longitudinale e si allarga a formare un cono stretto e allungato a bordi crenulati. In commercio si presenta come polvere o come una massa di filamenti lunghi circa 3 cm, flessibili ed elastici, costituiti da stilo e stigmi. Ciascuno stigma è lungo 25 mm ed ha la forma di un esile imbuto la cui sommità è dentata. La droga deve avere assenza di elementi lignificati, granuli di polline di Carthamus tinctorius e di Calendula officinalis. L’odore è caratteristico, il sapore è aromatico ed amaro, al tatto è untuosa; quando masticata la saliva si colora di giallo arancio ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA La polvere, osservara al microscopio, presenta granuli di polline lisci e sferoidali, frammenti di epidermide con papille degli stigmi e piccoli vasi spiralati. PRINCIPALI COMPONENTI: CAROTENOIDI (2%) tra cui: PROTOCROCINA nella pianta fresca che per essiccamento è decomposta in CROCINA che a sua volta per idrolisi genera GENZIOBIOSIO E CROCETINA SAFRANALE dà l’odore caratteristico alla droga, è il principale componente di un olio volatile che deriva dall’idrolisi e disidratazione della PICROCOCINA, un glucoside del 14-β-OH-ciclocitrale ALCOLO TERPENICI PROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO: EMMENAGOGO pillole di 0.4-0.8 g pro die, EUPEPTICO, ANTIDEPRESSIVO, COLORANTE, CORRETTIVO DEI SAPORI e come CONDIMENTO TOSSICITA’: METRORRAGIE per assunzioni di dosi elevate. Quest’ultima azione lo fa utilizzare clandestinamente come ABORTIVO. FUCUS o QUERCIA MARINA Fucus vesicolusus (Fam. Fucaceae) HABITAT Abbondante, insieme ad altre specie congeneri (F. serratus, Laminaria, Ascophillus) nei mari freddi dell’emisfero boreale (coste della Manica e dell’Atlantico). BOTANICA Alga bruna che presenta un tallo suddiviso in due parti: rizoide, costituito da un disco basale a ventosa con il quale generalmente aderisce alla roccia fronda, che costituisce la parte più sviluppata, è nastriforme, parenchimatosa, di colore verde-brunastro con una specie di “nervatura” centrale, ramificata dicotomicamente. Ai lati della nervatura sono presenti degli acrocisti (vescicole piene di gas che rappresentano organi di galleggiamento) mentre all’apice sono portati i concettacoli maschili (spermatocisti) o femminili (oogoni), dato che la specie è dioica. Le fronde formano lamine fogliacee di 20 cm –1 m. DROGA (FUI): Tallo essiccato di F. vesciculosus TITOLO: non meno dello 0.05% di iodio totale e non meno dello 0.02% di iodio combinato con proteine STORIA L’algina o ac. alginico, che è il costituente principale delle alghe brune, fu scoperto da Stantford nel 1880. DESCRIZIONE DELLA DROGA La droga secca si presenta sotto l’aspetto di lamine nerastre di consistenza cartilagenea, con delle efflorescenze salate, di odore salmastro e sapore mucillaginoso e salato. PRINCIPI ATTIVI POLISACCARIDI ACIDO ALGINICO polimero lineare dell’acido D-mannuronico e dell’acido L-guluronico legati con un legame 1-4β, le proporzioni dei due ac. variano a seconda delle specie considerata. L’acido alginico è insolubile in acqua mentre i sali di Na e Mg sono in essa solubili e formano soluzioni viscose (pseudoplastiche) e stabili tra pH 4 e 10, FUCOIDANI polisaccaridi solforati, ASCOFILLANI polisaccaridi solforati MANNITOLO TANNINI VITAMINA C e PROVITAMINA A SOSTANZE MINERALI (10-15%) quali: POTASSIO, IODIO, ARSENICO, BROMO sia in forma inorganica che legato a proteine PROPRIETA’ FARMACOLOGICHE STIMOLANTE DELL’ATTIVITA’ TIROIDEA (da qui l’uso come anti-obesità) ANTIACIDA per formazione di un gel protettivo sulla mucosa gastrica BLOCCANTE DEI FATTORI DELLA COAGULAZIONE (VII, XI, XII) INIBITORE DELLA MIGRAZIONE LINFOCITARIA E DELLA DIFFUSIONE METASTATICA DI CELLULE TUMORALI: causata dall’osservazione che il fucoidano si lega a fattori di adesività cellulare come la laminina, trombospondina e fibronectina ADDENSANTE usato nell’industria alimentare (marmellate, gelati) ed in farmacia come eccipiente. Fucus è adoperato per la produzione di ALGINATO DI SODIO: sostanza capace di adsorbire acqua pari a 100 volte il proprio peso. TOSSICITA’ Non sono fino ad ora disponibili informazioni sulla tossicità dei fucoidani comunque l’uso di fucus è sconsigliato in soggetti che abbiano alterazioni della coagulazione e della funzionalità tiroidea (specie nel caso di dosaggi > di 150 mg/die). L’uso alimentare è sconsigliato nell’uomo perché a causa dell’alto tenore di potassio, può determinare iperpotassemia. PIANTE ASSOCIATE Ascophyllumm nodosum ha lo stesso habitat del F. vesicolosum e viene raccolto insieme. Morfologicamente differisce per l’assenza della nervatura centrale e per un aspetto più nodoso dovuto alla parte corticale più spessa ed agli aerocisti più grossi e sporgenti. Per il contenuto di iodio è da tempo utilizzato per la cura dell’ipotiroidismo e dell’obesità e come stimolante del metabolismo basale. ARANCIO AMARO e altri CITRUS Oltre all’arancio amaro Citrus aurantium L. (Fam. Rutaceae) in F.U. sono citati: C. sinensis (L.) Arancio dolce; C. limon L. Limone; C. reticulata Blanco Mandarino; C. aurantium bergamia Bergamotto STORIA ed HABITAT del genere CITRUS Le numerose specie sono diffuse in tutto il mondo, specie nella zona mediterranea. La prima monografia scientifica scritta da Kin-Lou sulle specie del genere Citrus risale al 1178. Nell’antica medicina cinese l’arancio era considerato espettorante e carminativo, il limone tonico cardiaco e la buccia di mandarino curava il mal di gola. Arancio e limone furono aggiunte da Plinio all’elenco delle piante medicinali formulata da Dioscoride. Francesco Redi nei suoi esperimenti di Farmacologia sperimentale usava estratti acquosi di fiori d’arancio e succo. BOTANICA del genere CITRUS Piante: alberi sempreverdi; Fusto: legnoso;Foglie: alterne, semplici o raramente trifogliate articolate su di un picciolo a volte alato, il lembo è ovale con margine intero o leggermente crenato. Alle ascelle fogliari sono spesso presenti delle spine; Fiori terminali, generalmente raccolti in piccole cime, sono costituiti da un calice di colore verde, da una corolla formata da 5 petali di colore bianco e numerosi stami riuniti in fascetti. Quelli del limone sono molto odorosi FRUTTI DEL GENERE CITRUS: detto esperidio. E’ un particolare tipo di bacca tondeggiante pluricarpellare e pluriloculare e presenta: un epicarpo sottile di colore verdastro nel frutto immaturo e giallo-aranciato a maturità, ha numerosissime tasche schiso-lisigene ripiene di olio essenziale, un mesocarpo bianco spugnoso, compatto e privo di olio essenziale un endocarpo distinto in numerose logge separate da setti membranosi contiene cellule ricche di succo e semi. Sulla parte interna presenta numerosi peli fusiformi ripieni di succo il cui insieme rappresenta la parte commestibile del frutto. DROGA (FU): essenza ricavata dall’epicarpo di frutti (arancia amara, limone, mandarino, bergamotto) raccolti prima della completa maturità Foglie, fiori e scorze, pur essendo usate non sono iscritte alla FUI Le essenze sono tutte usate come correttivi dei sapori ed in profumeria SOFISTICAZIONI: con l’arancio dolce la cui corteccia prelevata dal frutto maturo si distingue da quella dell’a. amaro in quanto a contatto con l’ac. nitrico si colorano diversamente: in verde quella dell’arancio dolce, in rosso quella dell’amaro. PREPARAZIONE DELL’OLIO ESSENZIALE Dopo macerazione con acqua dai fiori si ottiene per distillazione l’essenza di neroli. Sempre per distillazione si ottiene dalle foglie l’essenza di petit-grain un succedaneo della precedente. Dalla buccia l’essenza viene ottenuta meccanicamente sfruttando la superficialità delle tasche oleifere, apposite macchine ad aghi perforano lo strato epidermico dal quale l’essenza fuoriesce. La resa è del 0.2-0.7%. PRINCIPI ATTIVI Nel succo sono presenti: ZUCCHERI, ACIDO ASCORBICO (0.3 mg/ml), ACIDO FOLICO (0.1 mg/ml), TIAMINA (1 mg/ml), ACIDO CITRICO Nella scorza e nel succo sono presenti: SOSTANZE AMARE: limonina e nomilina, FLAVONOIDI: sinesetina, nobiletina, naringina, tangeretina, narinetina, quercetina, kaempferolo, esperitolo Nell’epicarpo è presente: OLIO ESSENZIALE contenente: TERPENI limonene (60-95%), pinene, mircene, terpinene, ALDEIDI citrale, decanal FUROCUMARINE limettina, bergaptene, xanthiletina, xanthossiletina, Nel mesocarpo sono presenti: PECTINE IDROSOLUBILI, GLICOPROTEINE Le foglie posseggono i medesimi componenti della corteccia, da esse si ottiene un olio essenziale (petit-grain). PROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO APPORTO VITAMINICO 200 ml di succo coprono il fabbisogno giornaliero di ac. ascorbico, e circa il 10% di quello di tiamina ed ac. folico e FACILITAZIONE DELL’ASSORBIMENTO di Fe2+ e Ca 2+, riduce quello dei caroteni. L’olio essenziale: STOMACHICO, EUPEPTICO, CORRETTIVO per tali caratteristiche è usato in liquoreria per la fabbricazione di aperitivi e digestivi FUNGICIDA ed INSETTICIDA PROTETTIVA per induzione dell’enzima glutatione-transferasi ANTIOSSIDANTE IPERCOLESTEROLEMICA ANTIAGGREGANTE PIASTRINICA I flavonoidi: ANTIOSSIDANTE e ANTIAGGREGANTE; Le pectine: ANTIIPERCOLESTEROLEMICA, STIMOLANTE LA SECREZIONE DI AC. BILIARI e TAURINA ULTERIORI USI DELL’ARANCIO Foglie e fiori secchi come infuso (2 g in 100 ml di acqua) vengono usate per le proprietà debolmente sedative e antispasmodiche. Dai fiori freschi, che sono raccolti prima della loro schiusura, si ottiene un’essenza chiamata di Neroli che è usata in profumeria per preparare l’acqua distillata di fiori d’arancio con proprietà: antispasmodiche aromatiche, decongestionanti. Dalla scorza si prepara la tintura e lo sciroppo di scorza di arancio amaro con attività di tonico, amaro, stomachico e aromatizzante. La corteccia secca è usata per stimolare l’appetito sottoforma di: Infuso: 2 g in 100 ml di acqua; Tintura: 20 g in 100 ml di alcool a 70° (a macero per 15 giorni); 20 gocce su zucchero o in acqua ; Tintura vinosa: 3 g in 100 ml di vino dolce (a macero per 10 giorni); Elisir: 15 g di tintura di arancio amaro in una miscela di 100 g di alcool a 95°, 50 g di zucchero e 25 g di acqua. TOSSICITA’ DELL’ARANCIO AMARO Il succo è corrosivo per lo smalto dei denti e irritante per le mucose esofagea e gastrica. L’olio essenziale come insetticida ha provocato nei gatti gravi sintomatologie tossiche a carico del sistema nervoso centrale. Limettina e bergaptene sono fototossici e mutageni. Negli addetti alla lavorazione degli agrumi sono state riscontrate dermatit i dovute a limonene ossidato, citrale, geraniolo e a proteine allergeniche. ARANCIO DOLCE o Citrus sinensis L. (Fam. Rutaceae) L’esperidio ha una superficie meno rugosa di quella dell’arancio amaro. Utilizzato specie per il frutto per il sapore gradevole e per il contenuto di vit. C.; la sua essenza ha anche largo impiego come correttivo e aromatizzante. IMPIEGHI TERAPEUTICI Il succo del frutto diluito viene usato come blando antisettico della pelle per piccole abrasioni delle mucose della bocca e della gola (sciacqui, gargarismi); contro gli eritemi solari, schiarente delle efelidi e detergente; aromatizzante e correttivo del sapore; in dietetica per la sua ricchezza di vit. C, P e del gruppo B.La scorza, che contiene un’essenza, ha anch’essa proprietà antisettiche, antireumatiche e antinevralgiche (frizioni) BERGAMOTTO o Citrus Bergamia (Fam. Rutaceae) Molto simile all’arancio ma con frutto più piccolo e non commestibile. L’essenza estratta dalla scorza ha largo impiego in profumeria TITOLO: non meno del 30% di esteri calcolati come acetato di linaline. MANDARINO o Citrus nobilis (Fam. Rutaceae) Esperidio di forma sferica ma leggermente schiacciata, buccia di colore aranciatio e succo dolce TITOLO: deve contenere non meno dello 0.4% e non più del 1.2% di composti carbonili calcolati ciome decanale. Molto usato in liquoristeria l’oli o essenziale della buccia e del frutto. APPARATO DIGERENTE: STIMOLANTI DELLA MOTILITA’ GASTRICA PAPAYA Carica papaya L. (Fam. Caricaceae) HABITAT Originaria dell’America centrale e coltivata in tutte le regioni tropicali (Brasile, Florida, India, Indonesia, Ceylon). BOTANICA Pianta: dioica, alta da 3 a 10 m con portamento simile ad una palma, tutta la pianta è percorsa da canali laticiferi, Fusto: carnoso su cui sono impresse le cicatrici delle foglie cadute con all’apice grandi foglie, Foglie: lungamente picciolate, palmatosette con 5-7 lobi, Fiori: maschili verdastri, raggruppati in racemi all’ascella delle foglie e fiori femminili più grandi, isolati o a gruppi di 2 o 3 nella parte superiore del tronco, Frutto: bacca di 20-30 cm di diametro, arrotondata od ovoide, può pesare fino a 5 kg, a maturità ha un colore verde-giallastro all’esterno ed una polpa giallo-arancio che contiene numerosi semi neri circondati di mucillagine. DROGA (FU): Lattice essiccato o papaina bruta Titolo: deve possedere non meno di 400 U proteolitiche/ grammo DESCRIZIONE DELLA DROGA Dall’incisione del pericarpo dei frutti non maturi fuoriesce un lattice che si rapprende all’aria e costituisce la papaina grezza o bruta che si presenta in frammenti giallastri più meno scuri, vermicolati lunghi circa 1 cm. Il lattice essiccato contiene circa il 5-8% di acqua. L’odore è leggermente viroso, il sapore debolmente salato. PRINCIPALI COMPONENTI Papaina grezza o bruta da cui si ottiene per dissoluzione nell’acqua e precipitazione in alcool la Papaina purificata, chiamata anche PAPAIOTINA: una proteina di p.m. circa 20.000 con potente attività proteasica. Dal lattice è stato isolato anche l’acaloide CARPAINA (0.1%). Il frutto inoltre contiene: GLUCIDI, LIPIDI, PROTIDI,VIT. A, B, C PROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO La papaina ha forte attività proteolitica essa è usata come: ANTIDISPEPTICO nelle ipocloridrie, nelle insufficienze gastriche e duodenali sia da sola che associata alla pancreatina (dose 0.5 – 1 g); essa idrolizza le proteine più rapidamente della pepsina. ANTIELMINITICO contro gli ascaridi e i tricocefali in quanto agisce sulla cuticola chitinosa dei parassiti che, resistente ai fermenti proteolitici intestinali, viene attaccata dall’enzima CICATRIZZANTE nelle piaghe infette in associazione ad antibiotici DETERGENTE rimuove i depositi proteici dalla superficie delle lenti a contatto Il frutto intero maturo costituisce un alimento in ragione della sua ricchezza di vitamine ed enzimi. La carpaina è dotata di azione CARDIOCINETICA ma non è adoperata in terapia TOSSICITA’ Il latice esternamente è irritante, causa dermatiti ed è vescicante, all’interno può causare gastriti. Sono state descritte reazioni allergiche dovute alla inalazione di polveri contenenti papaina. MENTA La menta è data dalle foglie e dalle sommità fiorite di Mentha piperita L. (Fam. Labiatae), ibrido sterile naturale di 2 specie di Mentha: M. aquatica, M. spicata, che si propaga quindi solo per via vegetativa. Cresce in Europa e nel nord America. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come una pianta erbacea perenne, alta fino 60 cm, con un rizoma da cui si dipartono stoloni sotterranei o striscianti sul suolo e fusti eretti, tetragoni, ramificati di colore rosso-violaceo (piperita nera) o verdi (piperita bianca); le foglie sono di colore verde scuro, opposte, brevemente picciolate, di forma ovale lanceolata, con margine dentato; i fiori sono raggruppati in spicastri terminali di forma rotondeggiante, presentano un calice tubuloso e persistente, una corolla di colore violetto o biancastra, debolmente bilabiata, il frutto è un tetrachenio DROGA: foglie e sommità fiorite DESCRIZIONE E RACCOLTA DELLA DROGA. Le foglie vengono raccolte subito prima della fioritura, nel periodo cha va da luglio a settembre. Le foglie essiccate, di colore verde glauco, hanno un odore caratteristico e penetrante e un sapore aromatico. L’odore e il sapore sono determinati dal contenuto in esteri del mentolo, mentre il mentofurano deve essere relativamente scarso perché ha un sapore piccante e sgradevole. P RINCIPALI COMPONENTI Dalle foglie e dalle sommità fiorite appena raccolte si ottiene, per distillazione in corrente di vapore, si ottiene un olio essenziale, che rappresenta l’1-3% della droga secca. E’ un liquido limpido, con odore pungente di menta e sapore canforato e bruciante; all’aria resinifica assumendo un colore giallognolo, sapore amaro e odore poco gradevole. E’ costituito da: mentolo (circa il 50%), rappresenta il componente principale (monoterpene) mentone (circa 10%) acetato, butirrato e valerianato di mentile (5-15%) mentofurano (2-5%) terpeni (pinene, piperitone, terpone, fellandrene) tannini (5-10%) flavonoidi zuccheri F.U.: La droga è iscritta in F.U. e non deve contenere meno di 12 ml di essenza/kg. Secondo F.U. l’olio essenziale deve contenere: 4.5-10% di esteri del mentolo calcolati come mentile acetato 50% di alcoli liberi calcolati come mentolo 15-32% di composti carbonilici calcolati come mentone P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE. L’essenza di menta ha proprietà: carminative stimola la secrezione gastrica ha effetti rilascianti sulla muscolatura liscia intestinale dovuti all’azione calcio-antagonista del mentolo Inoltre ha proprietà: anestetiche locali ((±)-mentolo) analgesiche ((-)-mentolo) antisettiche rinfrescanti emollienti, antitussive e decongestionanti delle vie aeree USI TERAPEUTICI: atonia intestinale, coliche, colite spastica endoscopie del colon disinfettante e antalgico del cavo orale nell’alitosi e come aromatizzante nelle paste dentifricie come correttore del sapore nell’industria farmaceutica unguenti, linimenti e polveri rinfrescanti T OSSICITA’. L’olio essenziale può provocare: dermatiti, reazioni eritematose, bradicardia, tremori muscolari, bruciore gastrico, fibrillazione atriale, asma. L’ingestione può causare: dolori addominali, nausea, vomito, vertigini, sonnolenza. Nel ratto dosi superiori a 200 mg/kg di mentolo e mentofurano provocano tossicità epatica con deplezione di glutatione, alterazione del DNA e di proteine intracellulari. APPARATO GASTROINTESTINALE: EPATOPROTETTORI INSUFFICIENZA EPATICA Alterazione metabolica del fegato che diviene incapace di assolvere molte delle sue numerose funzioni; ciò comporta una ripercussione sulle funzioni vitali dell’organismo di gravità variabile. In genere è il risultato di un’alterazione strutturale del fegato (necrosi epatocellulare o cirrosi). Si accompagna a manifestazioni come: ascite, ittero, disturbi neuropsichici (coma epatico, encefalopatia epatica) EPATOPATIA ALCOLICA: la sua più comune espressione istopatologica (70% dei casi) è la STEATOSI caratterizzata da accumulo di lipidi nella cellula epatica secondario ad un eccesso di sintesi di trigliceridi. EPATOPATIA DA FARMACI: il 10% delle epatiti fulminanti sono di questa origine, generalmente idiosincrasiche e quindi imprevedibili (molto spesso il farmaco responsabile è stato somministrato a dosi terapeutiche e non è un epatotossico). Determinata da un’alterazione enzimatica che determina un’eccessiva formazione o una rallentata eliminazione di metaboliti reattivi. Il trattamento prevede in primis la sospensione del farmaco. EPATITE VIRALE ACUTA E CRONICA: sono noti 5 virus: virus A,B,C,D ed E e AUTOIMMUNE: TESAURISMOSI DA Fe per eccessivo assorbimento di Fe che porta a processi ossido-riduttivi con formazione di radicali liberi e danni alle cellule (terapia: salassoterapia e chelanti) MORBO di WILSON dovuto ad un eccesso di Cu per difetto o dell’escrezione del metallo o della sintesi di proteine vettrici di rame. CIRROSI causa ipertensione portale da cui ne deriva un’alterata emodinamica splacnica con emorragia digestiva, ascite ecc. COLESTASI Si definisce con questo termine un quadro clinico caratterizzato da ittero, prurito ed aumento dei sali biliari nel siero. Dal punt o di vista fisiopatologico si verifica una riduzione del flusso biliare a cui si associano alterazioni della composizione della bile. La colestasi può essere intraepatica se la riduzione della secrezione biliare si verifica all’interno del fegato o extraepatica se l’ostacolo al flusso della bile si trova a livello delle vie biliari extraepatiche. In quest’ultimo caso l’ostruzione verrà trattata mediante protesi, dilatazione o diversione chirurgica. La compromissione della secrezione biliare provoca la deplezione di alcuni costituenti della bile nel lume intestinale ed il loro accumulo in circolo. Per es. la riduzione della quantità di sali biliari che raggiunge l’intestino può causare una riduzione dell’assorbimento dei grassi e delle vitamine liposolubili (A,D,E,K). BOLDO Peumus boldus Mol. o Boldoa fragrans (Fam. Monimiaceae) Peumus: nome cileno della pianta; Boldus: da Boldo botanico spagnolo. Fragrans: dal profumo di canfora che esala dalla fogli a sfregata HABITAT Originario del Sud America (Cile) è coltivato in Europa (area mediterranea) ed Africa (Marocco, Tunisia). Vive spontaneo nelle zone aride, montagnose del Cile e del Perù. STORIA Nel 1714 Louis Feuillè (1660-1732) segnalò in Perù nel suo “Journal des observations sur les plantes péruviennes” una pianta chiamata boldo che venne più tardi studiata e portata in Europa da Ignazio Molina (1749-1829) il quale la nominò prima Boldus boldus e poi Peumus boldo nel suo “Saggio sulla storia naturale del Cile” stampato a Bologna nel 1872. L’uso del boldo nelle affezioni epatiche è iniziata dopo la casuale scoperta in Cile che armenti affetti da disturbi epatici sopravvivevano se mangiavano boldo. BOTANICA Pianta: arbusto sempreverde, cespuglioso, Fusto: alto 5-8 m con giovani rami sottili e scuri; Foglie: opposte, brevemente picciolate, con fiori bianco-giallastri riuniti in corimbi; Fiore: biancastri in cime terminali, quelli maschili hanno numerosi stami e quelli femminili un pistillo con 2-5 carpelli uniovulati. Frutto: drupa nerastra, edule. DROGA (F.U.): foglie essiccate Titolo: non meno di 20 ml/kg di essenza e non meno dello 0.1 % di alcaloidi totali espressi come boldina e di cui almeno un quinto costituito da boldina. La TLC permette l’identificazione mentre la determinazione quantitativa si basa sul metodo spettrofotometrico. La droga non deve contenere più del 5% di rametti lignificati RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA Le foglie possono essere raccolte tutto l’anno ma si preferisce l’autunno. Le foglie raccolte si essiccano all’ombra; questo trasforma il colore verde originario in grigio-verdastro o bruno-verdastro (la droga invecchiando assume un colore marrone scuro). La droga del commercio deve contenere non più del 7% di tannini. DESCRIZIONE DELLA DROGA La foglia, brevemente picciolata, ha una lamina intera, ovale o ellittica, spessa, dura, coriacea, fragile, lunga fino a 8 cm e larga 3-4 cm di colore verde-scuro con riflessi argentei da secche. Sulla pagina superiore reca numerosi punti rialzati più chiari o grigio-biancastri che rendono la droga ruvida al tatto. La pagina inferiore è liscia. La base e l’apice sono in genere arrotondati. I margini sono spesso ripiegati verso la pagina inferiore. La nervatura mediana è sporgente sulla faccia inferiore. Osservata con una lente si nota su ogni punto rialzato l’impianto di un pelo semplice o stellato. La sezione trasversale mostra cellule parenchimatiche contenenti olio essenziale e a livello della nervatura mediana due fasci cribro-legnosi opposti circondati da fibre. La polvere della droga di colore grigio-verdastro contiene peli semplici o stellati e frammenti di cellule dell’epidermide inferiore e superiore. Le foglie per sfregamento esalano un odore aromatico, il sapore è canforaceo, pungente, amarognolo. PRINCIPALI COMPONENTI ALCALOIDI DI TIPO APORFINICO (1-3%) di cui il più importante è la BOLDINA che rappresenta circa un quarto del contenuto di alcaloidi. La BOLDINA, è estraibile anche dalla corteccia ed è chimicamente correlata alla GLAUCINA presente nelle parti aere di Glaucium flavum (Fam. Papaveraceae). La glaucina a differenza della boldina è un efficace antitussivo. Alla boldina sono attribuite anche proprietà ipnotiche e sedative; in vitro mostra proprietà rilasciante della muscolatura liscia. OLIO VOLATILE (2%) che contiene: ASCARIDOLO (16%), CINEOLO (16 %), p- CIMENE (28%), TERPINEN-4-OLO (2.6%), LINALOLO, FLAVONOIDI e loro GLUCOSIDI ALTRI COSTITUENTI presenti in minore quantità quali: CUMARINA, RESINA, TANNINI PROPRIETA’ ED USI TERAPEUTICI Il boldo esercita effetto: COLERETICO = stimolazione secrezione biliare attribuita agli alcaloidi DIURETICO e ANTISETTICO RENALE attribuita all’olio essenziale perché viene eliminato per via renale COLAGOGO ANTIDISPEPTICO in associazione a cascara e rabarbaro Il boldo, utilizzato sottoforma di tintura e di estratto secco induce un aumento del flusso biliare senza alterare la composizione della bile DOSAGGI e TOSSICITA’ Il boldo da solo si usa come infuso (1.5 – 3%). La dose media capace di produrre un effetto coleretico è di 3 g/die. Dosi eccessive o un uso prolungato possono causare irritazioni renali per la presenza dell’olio volatile che contiene circa il 40% di ascaridiolo un componente tossico. La DL 50 della BOLDINA è compresa tra 200-500 mg/kg a seconda della specie e della via di somministrazione. CARDO MARIANO Silybum marianum Gaertner (Fam. Asteraceae) HABITAT Europa (bacino del Mediterraneo). In Italia è frequente lungo i bordi delle strade e tra i ruderi dal mare al piano submontano. STORIA Incluso da Dioscoride nel suo libro “De materia medica” tra le piante medicinali BOTANICA Pianta: erbacea, biennale, ragnatelosa sul caule. Può superare 1 m di altezza Fusto: eretto, robusto, cilindrico, pubescente,porta alla sommità un capolino con brattee spinose e fiori tubulosi, Foglie: grandi, larghe e lucenti specie quell e della rosetta basale, con spine gialle, chiazzate di bianco lungo le nervature ed a margini dentati, disposte alterne sul fusto, Fiori: grandi (anche 8 cm di diametro), color porpora, Frutto:achenio pendulo,oblungo, nero e rugoso DROGA (F.U.): Achenio privo di pappo Titolo: la droga secca non deve contenere meno dell’1% di silimarina calcolata come silibina. Per essiccamento la droga non deve perdere più dell’8%. RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA Il frutto si raccoglie in estate avanzata, quando è completamente maturo. Si sottopone quindi a battitura per separare gli acheni che vengono successivamente privati del pappo. Per essiccare la droga sono preferiti luoghi caldi e ventilati. DESCRIZIONE DELLA DROGA Il frutto, di colore nero-brunastro lucente o bruno-giallastro opaco è glabro e compresso (lungo 6-7 mm, largo 2.5-3 mm spessore 1.5 mm), ha tegumento nero bruno con macchie più chiare. Racchiude l’embrione e due cotiledoni appiattiti contenenti granuli di aleurone. All’apice porta un residuo della corolla in forma di una scaglia cilindrica giallo-chiara. E’ inodore e di sapore amaro. ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA Il sezione trasversa si osserva: cellule epidermiche a pareti ispessite, incolori, allungate a palizzata, cellule parenchimatose a pareti sottiliuna fila di cellule con pareti robuste, cellule embrionali a pareti sottili contenenti druse, cristalli globulari e gocce di grasso. La polvere, di colore giallo-bruno, presenta frammenti di cellule epidermiche che si colorano in rosso con cloralio idrato, prismi di ossalato di calcio e rottami dell’embrione. PRINCIPALI COMPONENTI SILIMARIMA = MISCELA DI FLAVONOLIGNANI (silibina, isosilibilina, diidrossisibilina, silidianina e silicristina) TANNINI UNA SOSTANZA AMARA TIRAMINA OLIO GRASSO PROPRIETA’ ED USI TERAPEUTICI La silibilina esercita l’azione di: PROTEZIONE DELLE CELLULE DEL FEGATO impedendo alle sostanze tossiche di entrare nella cellula epatica. A parte un’azione stabilizzante sulla membrana cellulare, la silibilina stimola la sintesi proteica accelerando i processi rigenerativi e la produzione di epatociti. Ha anche spiccate proprietà antiossidanti. SUPPORTO NELL’INSUFFICIENZA EPATICA sia essa derivata da epatite microbica o metabolica, cirrosi, da avvelenamento da Amanita phalloides o da danni dovuti ad alcool, stress ossidativo o CCl 4. RIDUZIONE DEI TASSI COLESTEROLEMICI INIBIZIONE SU ALCUNI PROMOTORI TUMORALI INIBIZIONE DELLA SINTESI DI EICOSANOIDI DOSAGGI Si usa in forma di capsule contenenti 200 mg di estratto secco concentrato corrispondente a 140 mg di silimarina. La dose pro die è di 12-15 g equivalente a 200-400 mg di silimarina. La silimarina è poco solubile in acqua (meno del 10%) ed è poco assorbita dall’intestino (solo il 25-50%). Per questo è molto dubbia l’efficacia come infuso. EFFETTI INDESIDERATI Non sono presenti in letteratura dati clinici riguardanti particolari proprietà tossiche a parte il fatt o che la droga puo’ provocare un lieve effetto lassativo. E’ controindicata in caso di occlusione delle vie biliari. ASSENZIO L’assenzio è dato dalle foglie e dalle sommità fiorite di Artemisia absintium L. (Fam. Asteraceae), pianta diffusa in Europa, Asia occidentale e centrale, Siberia, nord Africa. In Italia è comune nei luoghi asciutti, specialmente nella zona montana. La pianta ha odore forte e sapore amaro. L’assenzio è utilizzato per la preparazione di una bevanda molto alcolica il cui uso prolungato può provocare seri disturbi al SNC. Tuttavia produce un certo di grado di ebbrezza che rende difficile interromperne l’uso. Molti personaggi famosi, tra cui Verlaine, Edgar Allan Poe, sono rimasti intossicati da questa bevanda. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come un’erba perenne alta da 40 a 100-120 cm, fornita di rizoma ramificato da cui originano getti sterili riccamente fogliati e cauli fioriferi eretti, angolosi e ramificati; le foglie sono alterne, bipennatosette, di colore bianco-verdastro superiormente, bianco grigiastro inferiormente. Tutta la pianta è ricoperta da peli di rivestimento con forma caratteristica a T e che le conferiscono il particolare colore. I fiori, di colore giallo, sono tubulosi e riuniti in capolini globolosi; quelli periferici sono femminili, quelli centrali ermafroditi; il frutto è un achenio molto piccoli DROGA: foglie e sommità fiorite P RINCIPALI COMPONENTI Dall’assenzio si estrae un olio essenziale che contiene principalmente: tuione tuiolo camazulene (conferisce una colorazione blu all’olio essenziale) Sono presenti inoltre dei lattoni sesquiterpenici, sostanze fortemente amare: absintina Sono presenti anche: artemisina, santonina, glicoprteine F.U.: La droga è iscritta in F.U. e deve contenere non meno di 2 g/kg di olio essenziale ed avere un potere amaricante non inferiore a 250 unità. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE I preparati a base di assenzio sono stati usati come: digestivi coleretici (stimola la secrezione della bile) aromatizzanti antielmintici Sono state descritte anche: azioni stimolanti sul SNC da parte di varie specie di Artemisia. un’azione antibiotica da parte dell’olio essenziale un’azione vermicida (santonina) un’azione su plasmodi resistenti alle comuni terapie antimalariche (artemisina) T OSSICITA’ L’olio essenziale contiene tuione il quale, somministrato per os, può provocare effetti tossici conosciuti con il nome di absintismo. L’assenzio veniva utilizzato per ottenere dei liquori e questa forma di intossicazione si manifestava nei bevitori di tali liquori. I sintomi sono: deterioramento fisico e mentale, tremori, convulsioni a dosi inferiori a 30 mg/kg, perdita della conoscenza. Si verificano anche numerosi fenomeni allergici dovuti alle artemisie e di ciò sono responsabili le glicoproteine contenute nella droga. Alcuni componenti dell’olio essenziale hanno proprietà mutagene e citotossiche. APPARATO DIGERENTE: LASSATIVI LASSATIVI e PURGANTI Molti farmaci sono purganti a dosi elevate e lassativi a dosi inferiori LASSATIVI facilitano l’evacuazioni di feci formate (principale obiettivo del trattamento farmacologico della stipsi) PURGANT I o CATARTICI provocano l’evacuazione di feci non formate, liquide La stipsi cronica può essere conseguente a disturbi sia sul versante motorio che su quello secretorio, entrambe queste disfunzioni determinano un rallentamento del transito nel colon-retto (inertia coli). La stipsi può costituire una patologia primaria o può essere secondaria ad altra malattia. Una carenza dietetica di fibre, come pure una scarsa assunzione di acqua, rappresentano cause molto frequenti. I lassativi trovano impiego non solo in caso di stipsi cronica (uso principale) ma anche in tutti i casi in cui il paziente non possa sopportare uno sforzo eccessivo durante l’evacuazione (infarto miocardico, periodo post-partum, chirurgia ano-rettale ecc.) nonché in preparazione ad interventi chirurgici o diagnostici. Ogni giorno circa 9 litri di acqua (di cui 2 l per ingestione ed il resto per secrezioni orali, gastriche ed intestinali) giungono all’intestino e di questi l’80% viene assorbito nel tenue, il 15% nel colon mentre circa 100 ml vengono eliminati con le feci. LASSATIVI OSMOTICI Agiscono senza stimolare direttamente le strutture neuromuscolari; la stimolazione consegue indirettamente all’aumento del contenuto intraluminale di acqua. L’intestino reagisce a questa dilatazione meccanica con un attivazione del riflesso peristaltico PURGANTI SALINI - solfato di magnesio – La loro azione è legata al fatto che i relativi ioni (solfato> fosfato> tartrato> citrato), scarsamente assorbiti dalla mucosa intestinale, richiamano e trattengono acqua nel lume per effetto osmotico; è pertant o opportuno ingerire adeguate quantità di acqua contemporaneamente al purgante. I p. salini inducono uno svuotamento rapido e completo e vengono utilizzati specie prima di interventi chirurgici es. colonscopie o dopo la somministrazione di antielmintici. Il loro sapore è sgradevole. L’assorbimento sistemico dello ione (circa 20%) può causare squilibri elettrolitici (es. ipermagnesemia). ZUCCHERI e POLIALCOLI – lattulosio, mannite, glicerina- Il lattulosio (β-galattosio-fruttosio) è un disaccaride che viene metabolizzato nel colon da batteri glicolitici e scisso dapprima in fruttosio e galattosio, poi in acido lattico, acetico e formico con conseguente acidificazione del lume intestinale. Gli acidi neoformati a loro volta trattengono acqua per effetto osmotico. Essendo il lattulosio un profarmaco metabolizzato dalla flora batterica, la possibilità di acidificazione del contenuto intestinale può risultare ridotta in caso di antibioticoterapia o di trattamento con antiacidi. Anche gli acidi grassi liberati per idrolisi hanno la stessa funzione. Sono generalmente ben tollerati e pertanto usati in bambini ed in gravidanza. LASSATIVI FORMANTI MASSA Fibre/ Colloidi idrofili Questa classe di composti è indicata in quei soggetti le cui abitudini alimentari sono tali da non fornire un volume fecale sufficiente a provocare una normale defecazione. Le fibre rappreresentano quella componente del cibo resistente alla digestione ad opera degli enzimi gastrointestinali. La maggior parte delle fibre è costituita da polisaccaridi non amidacei che possono essere divisi in fibre cellulosiche e non cellulosiche (emicellulosa, mucillagini, gomma e pectine). La crusca è una delle più ricche fonti di fibre. La fermentazione di queste fibre produce acidi grassi a catena corta, aumenta la massa batterica nel colon e quindi la massa fecale I cibi variano notevolmente quanto a contenuto di fibre: i cereali sono ricchi di lignina e cellulosa, frutta e verdura contengono pectine ed emicellulosa. Da tenere presente che le fibre possono interferire con l’assorbimento di alcuni farmaci; per es. la cellulosa riduce l’assorbimento intestinale di glucosidi, salicilati, nitrofurantoina. LUBRIFICANTI/EMOLLIENTI Questi composti non sono dei veri e propri lassativi, ma coadiuvanti infatti essi lubrificano ed ammorbidiscono la massa fecale facilitando la defecazione Olio di vasellina = miscela di paraffine ottenute per distillazione del petrolio non metabolizzata e scarsamente assorbita. L’uso è assai circoscritto per alcuni inconvenienti quali: irritazione dello sfintere anale per fuoriuscita, riduzione dell’assorbimento di sostanze liposolubili essenziali quali le vitamine, polmonite lipidica per passaggio accidentale nelle vie aeree. Olio di oliva e di mandorle dolci si ottengono per spremitura a freddo rispettivamente dalle drupe mature dell’Olea europea e dai semi maturi di Prunus amygdalus varietà dulcis. L’effetto lassativo è assai blando. LASSATIVI MODIFICANTI LA MOTILITA’ E/O AUMENTANTI LA SECREZIONE E/O RIDUCENTI L’ASSORBIMENTO DERIVATI DEL DIFENILMETANO: BISACODILE, PICOSOLFATO, FENOFTALEINA: Stimolano la secrezione di Na+ e H 2O nell’intestino e ne inibiscono l’assorbimento favorendo cosi’ un aumento di acqua intraluminale Più in dettaglio l’azione a livello della mucosa si esplicherebbe: sia con una modificazione della permeabilità, sia con una riduzione dei processi di assorbimento dovuti ad es. all’inibizione della Na+-K+-ATPasi intestinale, enzima che presiede all’equilibrio elettrolitico intracellulare necessario per l’assorbimento di sodio e cloro, sia attraverso un aumento dei processi di secrezione mediato dall’incremento dell’AMPciclico intracellulare e/o liberazione di prostaglandine, istamina, serotonina, NO, chinine ecc. I composti di questa classe sarebbero in grado di indurre danno agli enterociti evidenziato da un aumento dei livelli di fosfatasi acida e PAF, markers di fenomeni infiammatori a livello cellulare e consistente in desquamazione della superficie cellulare, alterazioni morfologiche di tipo erosivo delle cellule della mucosa del colon. OLIO DI RICINO Il pricipio attivo è l’acido ricinoleico e porta ad un aumento della secrezione di acqua ed elettroliti e a modificazioni della motilità. L’acido ricinoleico proviene dall’idrolisi della ricinoleina (trigliceride dell’ac. ricinoleico) ad opera della lipasi pancreatica e causa alterazioni della parete intestinale che si aggravano sino all’erosione della mucosa. A causa di questi effetti dannosi, l’oli o di ricino è consigliato solo occasionalmente. DERIVATI ANTRACHINONICI: Agiscono sia stimolando la motilità intestinale propagata sia modificando la funzione secretoria ed assorbente della mucosa del colon e quindi il passaggio di acqua ed elettroliti. Tale effetto consegue probabilmente: alla stimolazione della sintesi di PG ed altri autacoidi che inducono un incremento del flusso di acqua, sodio e cloro verso il lume intestinale e/o al blocco dell’enzima Na+-K+-ATPasi ed un incremento di AMP ciclico intracellulare con conseguente accumulo intraluminale di acqua ed elettroliti. Questi farmaci esercitano inoltre un’azione procinetica per diretta stimolazione neuromuscolare sia attraverso la sintesi di PG che di altri autacoidi. EFFETTI TOSSICI: Iperaldosteronismo, Effetti irritativi riscontrabili con dolori addominali che spesso insorgono. La possibilità che un abuso cronico di lassativi antrachinonici si associasse ad un aumentato rischio di carcinoma colon-rettale è stata oggetto di numerosi studi ed è stato concluso che non esiste un aumentato rischio di cancro. Recenti ricerche hanno anche escluso che nel latte materno possano essere secreti, in conseguenza al’’assunzione di dosi terapeutiche da parte della madre, conc. di lassativi antrachinonici tali da provocare diarrea nel neonato. SURFATTANTI: DOCUSATI es. DIOTTILSOLFOSUCCINATO di SODIO E DI CALCIO I docusati non sono farmaci di prima scelta se non per un uso occasionale Sono essenzialmente dei detergenti in quanto tensioattivi anionici. Oltre all’effetto emolliente hanno anche effetti “di contatto” quali inibizione dell’assorbimento di acqua nel digiuno umano e stimolazione dei processi secretivi ALOE Aloe barbadensis, A. vera, A. ferox Baker commercialmente nota come Aloe del Capo, A. capensis, A. spicata, A. africana, A. socotrina, A. peforgliata, A. vulgaris (Fam. Liliaceae). La classificazione specifica delle piante del genere A. costituisce un problema botanico ancora non del tutto risolto per cui in letteratura sono riportati svariati nomi spesso tra loro sinonimi. Assomiglia all’agave ma a differenza di queste l’Aloe fiorisce regolarmente ogni anno. Il nome può derivare dal greco = mare perché le piante vegetano verso il mare oppure dall’arabo o ebraico = sostanza lucente di sapore amaro. HABITAT Molte specie di Aloe, tra le circa 300 conosciute, sono di origine africana e numerose di queste sono oggi diffuse sia in Europa che nelle Antille: Barbados (A. delle Barbados), Curacao (A. di Curacao). STORIA In tavolette di argilla dell’era mesopotamica (669-629 a.C.) a scrittura cuneiforme è descritto l’aloe come pianta medicinale. Galeno definiva l’aloe come un prodotto attrattivo-evacuativo. Attrattivo significava capace di attirare gli umori dall’interno all’esterno inversamente agli astringenti. La scuola di Salerno nel dizionario “Alphita” descriveva: “Aloes, ad laxandumet quando simpliciter ponitur de hepatico intellligitur” l’aloe è un lassativo che somministrato agli epatici riesce loro favorevole BOTANICA Pianta: “grassa”, Fusto: eretto, legnoso alto fino a 2 m con in alto una rosetta di foglie, Foglie: carnose, lanceolate, lunghe fino a 50 cm, alla base larghe 15-20 cm e spesse 5-8 cm, spinose sia sui margini che sulle facce, incurvate verso l’alto con l’apice fornito di una robusta spina, Fiore: si erge dal centro della rosetta di foglie alto anche il doppio del fusto che termina con grossi racemi di fiori penduli di colore rosso scarlatto o giallo Frutto: capsula DROGA (F.U.): succo essiccato estratto dalle foglie RACCOLTA Agosto-ottobre. Il succo fresco, contenuto in speciali cellule del periciclo al di sotto dell’epidermide fogliare, può essere ottenuto con diverse modalità. Lasciandolo scolare dalle foglie tagliate nel punto d’inserzione e condensando poi il succo all’aria (il succo che si ottiene è puro e viene concentrato). Il succo fresco può essere bollito a fuoco diretto fino a consistenza tale da formare, a freddo, una massa vitrea. In questo caso il prodotto ottenuto è di qualità inferiore rispetto al precedente. Spremendo le foglie tagliuzzate in pezzi. In questo caso il succo che si ottiene viene fatto decantare per 24 ore prima di essiccarlo per allontanare le impurezze. Macerando in acqua le foglie tritate e poi bollendo il liquido ottenuto DESCRIZIONE DELLA DROGA ED ESAME MICROSCOPICO Pezzi vitrei, più o meno grossi, splendenti, di colore che va dal nero al giallo verdastro, friabile e facilmente riducibile in una polvere giallo-verdastra (aloe lucido) oppure masse opache di colore rosso-bruno (aloe epatico) dal colore del fegato cotto. Quest’ultima forma deve le sue caratteristiche morfologiche alla presenza all’interno della massa solidificata di cristalli di aloina. L’odore è particolarmente penetrante, aromatico, il sapore molto amaro. La droga in polvere mostra frammenti vitrei irregolari e angolati, trasparenti e brunicci. Solubile a caldo in alcool, parzialmente solubile in acqua bollente ed insolubile in etere e cloroformio. PRINCIPALI COMPONENTI COMPOSTI ANTRACHINONICI (5-30%) in parte liberi (aloemodina, ac. Crisofanico) ed in parte sotto forma glucosidica (aloineA e B – dotate di proprietà purgante dopo trasformazione da parte della flora batterica intestinale in prodotti attivi) RESINE (16-63%) a carattere fenolico e MUCILLAGINI (30%) MUCOPOLISACCARIDI (acemannano - proprietà antiinfiammatoria, betamannano) GLICOPROTEINE (aloctine A e B - proprietà antiinfiammatoria) LUPEOLO e AC. SALICILICO - proprietà immunostimolante ESSENZE, ACIDI GRASSI (colesterolo) e ENZIMI (ciclossigenasi, bradikininasi) USI TERAPEUTICI DELLA DROGA PURGANTE - per la sua drastica azione non viene mai utilizzata da sola per il trattament o della stipsi. In commercio si trova associata ad altre droghe antrachinoniche (rabarbaro, cascara) ed a droghe colereticocolagoghe (boldo). Dose 100-500 mg. L’azione purgante è dovuta al blocco della Na/K ATPasi intestinale da parte degli antrachinoni; ciò comporta un ridotto assorbimento di Na+, K+, e Ca++ dal lume intestinale al plasma a cui consegue un incremento nella quantità di acqua endoluminale. Gli antrachinoni esercitano inoltre un’azione stimolante sul plesso di Auerbach. L’azione purgante è pertanto il risultato di un aumento della fluidità della massa fecale e di un incremento della motilità intestinale. EUPEPTICO – a piccole dosi (10-15 mg) per il suo sapore amaro ALTRE PREPARAZIONI OTTENIBILI DALLE FOGLIE DI ALOE Dalle foglie (parte centrale) si ottiene anche una mucillagine (gel di aloe) usata fresca per preparazioni farmaceutiche oppure liofilizzata e conservata. Il gel una volta estratto viene sterilizzato (altrimenti prende una colorazione bruna) per rapido trattamento con calore o con raggi U.V. La mucillagine si usa per le prorietà emollienti come: unguento o lozione nei casi di scottature, ustioni, abrasioni, contusioni, ferite e nel trattament o sia della psoriasi che dell’herpex simplex, crema anti-aging; E’ infatti presente in diversi cosmetici anche per il fatto che non provoca allergie. Dalla foglia intera, tagliata in piccoli pezzi, e frullata in modo da avere un materiale omogeneo giallo-rossastro si prepara un estratto che sperimentalmente ha manifestato proprietà antitumorali, ipoglicemizzanti, antismatiche ed anti AIDS in associazione con altri antivirali. Gli usi liquoristici riguardano soprattutto il sapore amaricante in liquori e bibite amarotoniche con quantità fino allo 0.02 % e fino allo 0.05 % nelle confetture. E’ un componente dei liquori denominati “fernet”. TEST CHIMICI DI IDENTIFICAZIONE Bollire 1 g della droga in 100 ml di acqua, aggiungere un poco di farina fossile e filtrare. Usare quantità separate del filtrato per ciascuno dei seguenti tests: REAZIONE DI SCHONTETEN – Aggiungere 0.2 g di borace a 0.5 ml di una soluzione di aloe e scaldare finchè si solubilizza. Porre poche gocce del liquido in una provetta. Si produce una fluorescenza verde TEST DEL BROMO – Aggiungere 2 ml di una soluzione di bromo preparata fresca a 2 ml di una soluzione di aloe. Si produce un precipitato giallo pallido di tetrabromoaloina. TOSSICITA’ Per gli effetti ricordati sul trasporto intestinale, l’uso cronico di lassativi a base di antrachinoni può indurre: IPOTASSEMIA, IPOCALCEMIA.Pertanto l’uso di antrachinoni è sconsigliato nei soggetti cardiopatici specie se in cura con digitalici. PIGMENTAZIONE NERA DEL COLON (MELANOSI COLI) dovuta ad antrachinoni ossidati. Per la capacità degl i antrachinoni di attraversare la barriera placentare e di essere escreti nel latte il loro uso è sconsigliato in gravidanza (AZIONE ABORTIVA) ed allattamento. Vari antrachinoni hanno mostrato attività MUTAGENA in vitro e CARCINOGENA in vivo. CASCARA E’ la corteccia essiccata del tronco e dei rami di Rhamnus purshiana DC (Fam. Rhamnaceae) o cascara sagrata Cascara sagrata: il nome significa corteccia sacra in riferimento ad alcune piante appartenenti alla stessa famiglia e dette spine di Cristo perché utilizzate per fare la corona di spine imposta a Cristo Rhamnus: dal greco significa rostro per le spine ricurve di talune speciePurshiana: in onore di Federico Trangott Pursh che agli inizi del 1800 descrisse la pianta HABITAT Spontanea nell’America settentrionale (Oregon, Canada) e lungo le coste del Pacifico (Messico). Coltivata in Africa (Kenia) ed Europa (Italia). BOTANICA Pianta: albero a foglia caduca, alto 5-6 m (nei paesi di origine può raggiungere anche 20 m), Fusto: rugoso a 6 scorza bruniccia con rami non spinosi a scorza bianco-grigiastra, liscia, Foglie: ovato-ellittiche, brevemente picciolate, alterne, a base arrotondata e margine dentato, pennatinervie (10-12 nervature), Fiori: piccoli, bianchi raggruppati all’ascella delle foglie, Frutto: drupa nera ovoidale triloculare F.U.: Cascara corteccia disseccata – titolo: non meno dell’8% di eterosidi idrossiantracenici espressi come cascaroside A STORIA Seconda la tradizione una cascara, probabilmente R. californica era nota ai primi sacerdoti spagnoli della California cui si deve la valorizzazione della droga in quanto ritenevano che questo albero fosse servito per costruire l’arca di Noè. R. purshianus è originario dell’America del Nord dove Friedrich Traugott Pursh (1774-1820) lo segnalò per la prima volta nella sua “Flora americana septentrionalis” pubblicata a Londra nel 1814. Questa pianta era però già conosciuta in Spagna sotto il nome di cascara sagrata, corteccia santa. RACCOLTA DELLA DROGA Inizia a primavera e va avanti fino a luglio (quando il distacco dal legno è più facile in quanto la linfa fluisce in abbondanza nella zona cambiale) su piante di 9-15 anni con rami di oltre 10 cm di diametro. Dopo l’abbattiment o dell’albero, la corteccia viene asportata in grandi pezzi, praticando delle incisioni longitudinali sulla superficie e quindi ridotta in frammenti più piccoli, essiccata al sole e conservata per almeno un anno prima di usarla per preparazioni medicinali. Questo tempo è utile perché allo stato fresco ha azione irritante ed emetica ed inoltre perché si abbia la modificazione dei componenti antrachinonici ad opera di reazioni d’idrolisi e di ossidazioni enzimatiche. Il colore degli strati immediatamente sottostanti al sughero sono bruni nella droga conservata e verdi nelle cortecce fresche. DESCRIZIONE DELLA DROGA Pezzi piatti, tubulari o arrotolati (2-10 x 10-20), dello spessore di 1.5-4 mm. La superficie esterna è grigio-bruna, grigio-olivastra o bruno purpurea, liscia, con lenticelle biancastre poco evidenti. La superficie interna è liscia, giallastra, striata in senso longitudinale. L’odore è debole, il sapore è nettamente amaro, persistente e nauseante; tale sapore si riduce dopo trattamento con basi, metalli alcalino-terrosi e ossido di Mg. ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA In sezione trasversa, dall’esterno all’interno, si osserva: copertura parziale di licheni biancastri sughero abbastanza spesso costituito da 10-18 file di cellule appiattite strato collenchimatoso fatto di 3-6 file di cellule allungate parenchima corticale a cellule poligonali con druse di ossalato di Ca, granuli di amido ad ilo eccentrico ed ammassi di cellule sclerosate libro secondario fatto di cellule poligonali più piccole I principi attivi sono localizzati soprattutto nel libro e nei raggi midollari che si colorano in rosso-bruno con NH3 o alcali (reazione di Borntraeger). La polvere è bruna e mostra gli stessi elementi: granuli di amido (3-8 micron) ad ilo eccentrico, cristalli di ossalato di Ca, frammenti di sughero, cellule sclerose ovoidi, isolate o in gruppi PRINCIPALI COMPONENTI (simili a quelli della corteccia di frangula) COMPOSTI ANTRACHINONICI: in parte sotto forma glucosidica (6-9%) (cascarosidi A-D). Nei cascarosidi A e B l’aglicone è l’antrone aloe-emodina, in quelli C e D è il crisofanolo. I cascarosidi vengono metabolizzati dalla flora batterica intestinale (colon) in un composto attivo, il crisofanolo. in parte liberi (emodina, ac. crisofanico) SOSTANZA AMARA a funzione lattonica che impartisce alle preparazioni un sapore assai sgradevole, nell’estratto fluido se preparato in presenza di magnesia, scompare il sapore amaro poiché il lattone forma il sale di Mg insipido, TANNINI (2%) USI TERAPEUTICI AZIONE LASSATIVA più blanda di quella della senna ma è utilizzata di meno per il suo alto costo. Risulta comunque presente in diverse preparazioni lassative in associazione con altre droghe antrachinoniche. E’ utile soprattutt o quando sia richiesta una facile evacuazione, ad es. in presenza di ragadi anali, emorroidi e interventi chirurgici nella regione anorettale. L’azione è sulla secrezione attiva di elettroliti ed acqua nel lume intestinale con un aumento di volume che stimola la peristalsi. E’ controindicata in gravidanza. AZIONE ANTIVIRALE contro l’erpex simplex di tipo 1 esercitata da alcuni antrachinoni presenti nellas droga. Viene consumata in forma di: compresse preparate dall’estratto secco, estratto liquido o elisir, vino alla cascara sagrata TOSSICITA’ Per gli effetti ricordati sul trasporto intestinale, l’uso cronico di lassativi a base di antrachinoni può indurre: IPOTASSEMIA, IPOCALCEMIA, PIGMENTAZIONE NERA DEL COLON (MELANOSI COLI) dovuta ad antrachinoni ossidati. Per la capacità degli antrachinoni di attraversare la barriera placentare e di essere escreti nel latte il loro uso è sconsigliato in gravidanza (AZIONE ABORTIVA) ed allattamento. DROGHE ASSOCIATE Rhamnus alnifolia: troppo rara per essere un sostituto; Rhamnus crocea: la sua corteccia assomiglia poco alla droga ufficiale; Rhamnus californica: è tanto correlata a R. purshianus che alcuni botanici non le considerano due specie distinte. La pianta mostra una distribuzione più meridionale rispetto alla specie ufficiale e presenta una ricopertura lichenica più uniforme e raggi midollari più ampi; Rhamnus fallax: è stata registrata come un possibile sostituto della cascara; Rhamnus catarticus L.: ramno catarticus, è un arbusto con rami corti spinescenti, foglie opposte, fiori piccoli giallo-verdastri e frutto di tipo drupa. La droga non iscritta alla FUI è costituita dalle drupe contenenti derivati antracenici e flavonoidi. E’ un purgante energico. FRANGULA E’ la corteccia essiccata del tronco e dei rami di Rhamnus frangula L (Fam. Rhamnaceae) o di R. Alnus Miller. Frangula deriva da frangere = rompere, cioè che rompe le rocce sulle quali vegeta oppure per la fragilità dei rami HABITAT Spontanea nei boschi e nelle siepi (terreni sabbiosi ed umidi) fino ai 1000 m di altitudine di tutta l’Europa centromeridionale, dell’Asia occidentale e dell’Africa settentrionale. Coltivata in Europa (Italia). La droga del commercio proviene principalmente dalle regioni dell’Europa orientale. BOTANICA Pianta: arbusto o piccolo albero eretto alto 2-5 m, Fusto: con pochi rami alterni non spinosi (a differenza di R. cathartica o spincervino, Foglie: caduche, alterne, brevemente picciolate, ovalo-ellittiche (4-7 x 6-10 cm), glabre (quelle adulte), a margine intero, pennatinervie (6-8 nervature secondarie parallele per lato che si incurvano in prossimità del lembo fogliare), Fiori: piccoli, bianco-rosati disposti all’ascella delle foglie Frutto: piccola drupa rossa, nerastra a maturità che contiene 2-3 semi PARTI USATE: corteccia essiccata del tronco e dei rami STORIA La frangulina è stata isolata nel 1857. Il carbone del legno di R. frangula era pregiato per la preparazione delle polveri nere da sparo e come carbone medicinale. RACCOLTA DELLA DROGA Periodo: maggio-luglio, quando la corteccia si stacca più facilmente su tronco e sui rami vengono praticate delle incisioni che servono a delimitare la parte della corteccia che si vuole distaccare (quest’operazione fatta con cura permette alla pianta di sopravvivere). Le parti della corteccia rimaste intatte fra gli spazi denudati permettono alla pianta di sopravvivere e potranno essere asportatate nell’annata successiva la corteccia viene lasciata essiccare all’aria ed all’ombra. Nel primo anno presenta intensa azione emetica che scompare con il tempo per cui deve essere usata almeno un anno dopo la raccolta, oppure riscaldata a 100° per 1 ora (tale trattamento facilita la trasformazione degli antroni in antrachinoni, meno irritanti). DESCRIZIONE DELLA DROGA Pezzi piatti, tubulari o arrotolati (2.5-10 x 10-15), dello spessore di 1-2 mm. La superficie esterna è bruno rossiccia (rami giovani) o grigio-bruno-olivastra (rami vecchi), rugosa longitudinalmente con grandi lenticelle verrucose bianco-grigiastre. La superficie interna è finemente striata in senso longitudinale, lucida, giallo-rossastra con assenza di cellule sclerenchimatiche in sezione trasversale. l sapore è amarognolo e astringente, odore debole. La frangula si differenzia dalla cascara per i seguenti caratteri: sughero più sottile, sfaldabile, di colore più scuro e cosparso di lenticelle bianche, superficie interna più scura e lucente, sapore meno amaro. ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA In sezione trasversa, dall’esterno all’interno, si osserva: sughero costituito da 10-20 file di cellule appiattite, strato collenchimatoso (presente nelle cortecce più giovani) fatto di 6-7 file di cellule prismatiche, parenchima corticale a cellule poligonali contenenti druse di ossalato di Ca, granuli di amido, libro a cellule poligonali impilate radialmente, percorso da raggi midollari a 2 file di cellule con ammassi di fibre liberiane e druse di ossalato di Ca. La polvere mostra: granuli di amido, druse di ossalato di Ca, frammenti di parenchima, fasci di fibre liberiane PRINCIPALI COMPONENTI COMPOSTI ANTRACHINONICI (4.5-7%) in parte sotto forma glucosidica quali : GLUCOFRANGULINA A/B (per idrolisi acida si ottiene frangula-emodina + glucosio + ramnosio/apiosio); FRANGULINA A/B (per idrolisi acida si ottiene frangula-emodina + ramnosio/apiosio) in parte liberi (0.05-1%) quali: ACIDO CRISOGENICO e FRANGULO-EMODINA (ANTRANOLO) che si ossida facilmente ad antrachinone durante l’essiccamento e la conservazion. I glucosidi vengono metabolizzati dalla flora batterica intestinale (colon) a composti attivi (emodine). BIS-GLUCOSIDI analoghi ai senosidi della senna le cui genine sono costituite da due nuclei antrachinonici legati tra loro. SAPONINE (12%), TANNINI, TRITERPENI, GLICOSIDI NAFTOLIDI del tipo della sorigenina che sono sostanze blufluorescenti e permettono di identificare lo spincervino che ne è invece privo come adulterante. Glucosidi antrachinonici analoghi sono contenuti, spesso in elevata quantità, in altre specie di Rhamnus che sono comuni da noi (Rhamnus cathartica, Rhamnus alpina, Rhamnus alaternus). USI TERAPEUTICI LASSATIVO: stimola la secrezione intraluminale di acqua ed elettroliti e modifica la motilità del crasso sia direttamente che attraverso la liberazione di autacoidi. E’ consigliata nella costipazione atonica, nei casi di costipazione acuta e prima di un esame endoscopico del tratto intestinale. Si usa la polvere sotto forma di infuso o decotto e l’estratto fluido. TOSSICITA’ La frangula può causare crampi e dolori addominali. Un uso prolungato può causare: Pseudomelanosi e perdita di elettroliti (specie K+). Impartisce alle urine una colorazione bruno-giallastra (se acide) o rossa (se alcaline). Sconsigliata in caso di gravidanza. DROGHE ASSOCIATE Rhamnus catarticus L.: ramno catarticus, è un arbusto con rami corti spinescenti, foglie opposte, fiori piccoli giallo-verdastri. Da noi comune lungo le siepi e nei boschi. Il frutto è una drupa dapprima rossa poi a maturità neroviolacea, carnosa, grossa come un pisello. La droga non iscritta alla FUI è costituita dalle drupe contenenti derivati antracenici e flavonoidi. Dai frutti schiacciati e lasciati fermentare si ottiene infatti il succo di colore rosso che contiene glucosidi antrachinonici; serve per preparare lo sciroppo, purgante drastico. FRAXINUS ORNUS (Fam. Oleaceae) HABITAT Il fraxinus ornus detto “orniello” è una pianta di rapidissimo sviluppo, spontaneamente molto diffusa nell’area mediterranea, coltivata in Italia meridionale, Asia minore e Spagna. Ogni tentativo di coltivarlo al di fuori di questa area ha dato risultati negativi in quanto l’albero perde la capacità di produrre ed accumulare la manna. BOTANICA Pianta: albero alto 7-10 m, Fusto: tronchi e rami eretti ingrossati ai nodi, Foglie: composte, opposte imparipennate, formate da 5-9 foglioline con picciolo e lembo ovale-oblungo, acuminato e leggermente dentato, Fiori: privi di calice, odorosi e biancastri sono in racemi terminali, Frutto: disamara DROGA (F.U.): manna = Essudato zuccherino che si ottiene per incisione o per puntura di un insetto (Cicada orni) dalla corteccia di Fraxinus ornus; indurisce all’aria sotto forma di piccoli globi di colore giallo-biancastro con masse friabili di odore gradevole e dal sapore dolce Purezza della manna: si determina sciogliendo 1 g in 5 cc di H2O, la solubilizzazione deve essere totale oppure la manna secca non deve perdere più del 20% del suo peso. RACCOLTA DELLA DROGA Le incisioni vengono praticate dall’epoca della fioritura (fine dell’estate). Un albero produce mediamente 500 g di essudato in un anno. DESCRIZIONE DELLA DROGA In ordine di purezza si trovano in commercio: 1) lunghi fino a 15-20 cm bianco-giallastri ; viene raccolta ponendo sotto le incisioni dei pezzi di canna; ha odore particolare e sapore gradevole. 2) la manna in lacrime cola lungo il tronco e si presenta in formazioni coniche di 10-15 cm di lunghezza. 3) La manna in sorte (comune) si raccoglie alla fine dell’estate quando il succo non condensa rapidamente; si raccoglie dal terreno ove è caduta per scolamento o per raschiamento della scorza dell’albero; quest’ultima è formata da frammenti irregolari di colore giallastro-scuro e spesso è mescolata a corpi estranei; odore di miele fermentato. 4) La manna in rottami è di pessima qualità e serve solo per l’estrazione della mannite. PRINCIPALI COMPONENTI D-GLUCOSIO (5%), D-FRUTTOSIO (5%), D-MANNITOLO o MANNITE (60-80%) isomero del sorbitolo solubile in acqua, poco in alcol ed insolubile in etere. Si presenta in granuli o in polvere cristallina, inodore con gust o dolciastro OLIGOSACCARIDI (mannotriosio e mannotetrosio) (20%). USI TERAPEUTICI La manna è usata soltanto in pediatria come lassativo o blando purgante ad azione osmotica (il mannitolo non essendo assorbito richiama acqua a livello intestinale, in tal modo le feci divengono molli e l’escrezione ne risult a facilitata). La manna viene usualmente sciolta in acqua o nel latte a dosi comprese tra 5 e 20 g. Come pastiglie gommose è usata come emolliente-bechico. TOSSICITA’ Riconducibile a quella del mannitolo. Il mannitolo somministrato ad alte dosi per es. in caso di endoscopie può causare diarrea, flatulenza e coliche. Dopo somministrazione endovenosa può causare: nausea, vomito, vertigini, visione indistinta, convulsioni ecc. La somministrazione deve essere lenta per evitare fenomeni di agglutinazione dei globuli rossi.La somministrazione e.v. di soluzioni al 20% ha causato reazioni allergiche con rinorrea, dispea, gonfiore alla lingua, cianosi e perdita di coscienza. GLUCOSIO Si ottiene per idrolisi acida o enzimatica dell’amido. La miscela ottenuta viene filtrata, decolorata con carbone attivo e concentrata. Il glucosio viene quindi filtrato per cristallizzazione. La soluzione isotonica di glucosio (5.6%) è utilizzata nella nutrizione parenterale per apportare un’adeguata quantità di acqua e calorie. La soluzione ipertonica (dal 15 al 50%) ha effetto diuretico. FRUTTOSIO Si ottiene per idrolisi dell’inulina a bassa temperatura. E’ più dolce del glucosio e viene utilizzato nella nutrizione parenterale dei diabetici e nelle intolleranze al glucosio. MANNITOLO - PREPARAZIONI ISCRITTE ALLA F.U. come liquidi perfusionali appartenenti alla categoria terapeutica dei diuretici perché il mannitolo filtrato dai glomeruli renali e non riassorbito a livello dei tubuli richiama acqua per effett o osmotico: MANNITOLO (5%) con NaCl (0.45%); MANNITOLO in H 2O (5-10-18%). Ambedue le preparazioni sono soluzioni limpide, incolori, con pH = 4-7.5 e con T di conservazione di circa 20°C. E’ un polialcol utilizzato: nel trattament o dell’insufficienza renale acuta, per ridurre la pressione intracranica (aumentando l’osmolarità del plasma si aumenta la retrodiffusione di acqua dal liquor al plasma e se ne favorisce l’eliminazione renale). La soluzione acquosa al 20% viene somministrata e.v., come lassativo nei bambini sciolto in acqua o nel latte alla dose di 1 g per anno di età, come antiossidante e scavenger dei radicali liberi, negli ultimi anni numerosi lavori hanno messo in evidenza, l’effetto del mannitolo di prevenire il danno ossidativo in situazioni ischemiche (per es. nel caso di infarto vengono infusi 250 ml di mannitolo al 20%). OLIGOSACCARIDI Questi sono zuccheri costituiti da 2,3 o 4 molecole di monosaccaridi legate con legame glicosidico. Il legame si forma per eliminazione di H 2O tra il gruppo emiacetalico di un monosaccaride e un ossidrile di un altro monosaccaride. (vedi schema) RABARBARO (Fam. Poligonaceae) E’ dato dal rizoma di diverse specie di Rheum. Il genere Rheum comprende circa 50 specie che possono essere classificate in due sezioni: la prima comprende Rheum officinale Baillon (rabarbaro del sud o cinese) e R. palmatum var. Tanguticum L. (rabarbaro del nordo o Tibetano) e la seconda R. rhaponticum, R. undulatum e R. emodi. Il rabarbaro indiano e quello pakistano sono invece costituiti rispettivamente dai rizomi di R. emodi Wallich* e di R. webbianum Royle. Wallich nel 1830 fece germinare nel giardino botanico di Calcutta alcuni semi. Rheum = rha nome latino del fiume Volga. Rha nell’antica lingua della Moscovia significava radice che ha dato il nome al fiume sulle rive del quale vegetava una specie di rabarbaro. HABITAT Erba perenne originaria delle regioni montuose della Cina e dell’India (oltre 3000 m) ora esistono anche delle piantagioni in Europa (R. rhaponticum, R. undulatum, R. compactum). BOTANICA Pianta: erbacaea perenne dotata di rizoma verticale da cui si dipartono quasi orizzontalmente radici voluminose, Fusto: corto (1-2 m) di colore nero più o meno ramificato, Foglie: annuali, basali (radicali) lungamente picciolate (30-50 cm), cuoriformi, profondamente divise in lobi (3-5) provviste di stipole e guaina (ocree), le nervature molto sorgenti nella faccia inferiore sono spesso rossastre, Fiori: riuniti in racemi e formanti una pannocchia con piccoli fiori bianchi, rossastri o verdast ri che può raggiungere 1-2 m di h, Frutto: noce trigona circondata da un calice persistente e portante tre ali membranose. DROGA (FUI): rizoma e radici decorticate (Rhei radix) Il rabarbaro è adoperato sottoforma di: estratto fluido (Rhei extractum fluidum FUI) polvere in alcool al 60%, estratto secco (Rhei extractum siccum FUI) polvere – titolo: non meno del 2.5% di derivati idrossiantracenici calcolati come reina. STORIA E’ una delle droghe più antiche infatti in un testo di materia medica cinese redatto intorno al 2700 a.C. viene fatta menzione di una radice chiamata “huang-liani”. Dioscoride descrive una radice chiamata “ra” o “reon” le cui caratteristiche coincidono con quelle del rabarbaro. “barbarum” indicava la provenienza dalle regioni dei barbari. Celso cita un prodott o chiamato “Radix Rhaponticum” (nome romano del mar nero) perché dalla Cina seguiva questa via per arrivare a Roma. La conoscenza della droga continuò a sussistere anche nel M. Evo. Nel XII sec il commercio era monopolio dei Veneziani che fecero della loro città per tre sec. il principale centro di smistamento europeo. Nel XVII sec il rabarbaro proveniente dalla Cina convergeva nella città siberiana di Kjahta dove fu istituito un ufficio deputato al controllo della qualità di radici e rizomi. Nel 1868 M. Dabry console di Francia in Tibet riuscì a procurarsi alcuni esemplari di r. cinese a cui fu attribuito il nome di R. officinalis che furono coltivati nel giardino botanico di Parigi e studiati da M.H. BaillonNel XIX sec i consumi europei del prodotto erano di 1000 tonnellate annue. Nel 1844 e nel 1855 furono isolati due principi attivi rispettivamente l’ac. crisofanico e l’emodina. RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA I ceppi ipogei più grossi di piante di 6-10 anni vengono dissotterrati in primavera o in autunno; i rizomi mondati e decorticati per raschiamento vengono tagliati in pezzi di forma irregolare (discolidale, cilindrica, rotondeggiante, ovoidale) ed essiccati per alcune settimane in locali riscaldati; pezzi più voluminosi vengono tagliati in senso longitudinale e venduti come r. piatto, quelli più piccoli provenienti dalla parte inferiore del rizoma vengono tagliati in senso trasversale e forniscono il cosidetto r. rotondo. In Europa la droga è raccolta da piante più giovani (45 anni) e si presenta in frammenti più piccoli; il r. europeo viene utilizzato quasi esclusivamente in liquoreria DESCRIZIONE DELLA DROGA Pezzi legnosi, piano-convessi (10-15 x 7-8 cm) o cilindrico-conici (5-6 x 5-7 cm) di consistenza dura, pesanti, di colore giallo ocra, venato di arancione. I pezzi spesso presentano un buco dovuto al fatto che sono stati infilati con delle corde durante l’essiccamento. La superficie esterna decorticata è segnata da un reticolo biancastro a maglie a losanga o ovali che spicca sullo sfondo giallastro. Le losanghe corrispondono alle sezioni dei raggi midollari; il reticolo deve il suo colore chiaro all’amido o all’ossalato di Ca. In sezione trasversa si osservano numerosi corpi stellati (0.2-0.4 cm) rossastri costituiti da sistemi libro-legnosi (fasci vascolari, questi sono disposti regolarmente ad anello all’interno della zona legnosa nel R. rhaponticum mentre sono disposti irregolarmente e sono più grandi nel R. officinale.I raggi parenchimatici sono colorati di giallo-fulvo per i derivati antracenici La droga ha un odore aromatico il sapore è astringente ed amaro ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA In sezione trasversa dall’esterno all’interno si notano: residui di sughero a piccole cellule appiattite, libro sottile suddiviso da numerosi raggi midollari a 2-3 file di cellule, cambio bruno fatto da file di cellule schiacciate, legno sottocorticale diviso da raggi midollari, midollo con parenchima a cellule poligonali ricche di granuli di amido e di druse di ossalato di Ca con raggi midollari a 2-3 file di cellule che internamente s’intrecciano. La droga in polvere è giallo-arancio o giallo-bruno e mostra : 1) granuli di amido (4-8 µm) con stilo stellato o puntiforme; 2) druse di ossalato di Ca (20-200 µm). La quantita di ossalato è del 15% nel r. cinese e del 6% nel r. europeo; 3) frammenti di parenchima di cellule amilifere e cristallifere P RINCIPALI COMPONENTI ANTRACHINONI SEMPLICI E GLICOSILATI: CRISOFANOLO, ALOE-EMODINA, EMODINA, FISCIONE (2-4.5%), RESINOIDI A-B (ANTRANOLI) e C-D (ANTRONI), SENNOSIDI A-D (responsabili dell’azione lassativa profarmaci che nell’intestino vengono trasformati in reina), TANNINI (5%), GLICOSIDE RAPONTICINA derivato stilbenico (del difeniletilene) presente solo nel r. europeo su cui è basato il saggio per distinguere questo dal r. cinese. Questa sostanza e la desossiraponticina rendono conto delle differenze nella fluorescenza tra r. ufficiale e rapontico. Il r. rapontico possiede anch’esso antrachinoni sebbene diversi da quelli della droga ufficiale. In aggiunta ai precedenti composti ad azione purgante il rabarbaro contiene anche sostanze ad azione astringente: glucogallina, acido gallico libero e derivati quali: glicerolgallato, gallati, glucosidi dell’ac. gallico. isolindleiina (derivato p-idrossifenilpropionato di glicogallato), (-)-epicatechina gallato e catechina PROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO LASSATIVA E BLANDAMENTE PURGANTE dose di 0.5-2 g. Per la sua drastica azione non viene mai utilizzata da sola per il trattamento della stipsi. In commercio si trova associata ad altre droghe antrachinoniche (aloe, cascara) ed a droghe coleretico-colagoghe (boldo). L’azione purgante è dovuta al blocco della Na/K ATPasi intestinale da parte degli antrachinoni; ciò comporta un ridotto assorbimento di Na+, K+, e Ca++ dal lume intestinale al plasma a cui consegue un incremento nella quantità di acqua endoluminale. Gli antrachinoni esercitano inoltre un’azione stimolante sul plesso di Auerbach. COLERETICO e COLAGOGO EUPEPTICO ANTIFLOGISTICO STOMACHICA ed AMARO-TONICA TOSSICITA’ Stessi incovenienti delle altre droghe antrachinoniche. Impartisce colorazione bruno-giallastra a urine, feci e sudore. Per gli effetti ricordati sul trasporto intestinale, l’uso cronico di lassativi a base di antrachinoni può indurre: IPOTASSEMIA e IPOCALCEMIA Pertanto l’uso di antrachinoni è sconsigliato nei soggetti cardiopatici specie se in cura con digitalici. PIGMENTAZIONE NERA DEL COLON (MELANOSI COLI) dovuta ad antrachinoni ossidati. Per la capacità degl i antrachinoni di attraversare la barriera placentare e di essere escreti nel latte il loro uso è sconsigliato in gravidanza (AZIONE ABORTIVA). Le foglie sono velenose per l’alta percentuale di ac. ossalico. RICINO Ricinus communis L. (Fam. Euphorbiaceae) Ne esistono 17 varietà, le più comuni sono: R. inermis, R.viridis, R. sanguineus (selezionata nelle valle Padana fornisce una droga di qualità pregiata) HABITAT E’ una pianta di origine asiatica (o Etiopica) che cresce bene in tutte le regioni tropicali dove è un albero perenne di 2-3 m (puà raggiungere i 15 m di altezza), mentre in zone più fredde non resistendo al rigore dell’inverno si sviluppa come un arbusto annuale. BOTANICA Pianta: annuale nei climi temperati, nei climi tropicali può arrivare a 15 m di altezza, Fusto: eretto e nodoso, di colore verdastro e rossastro, Foglie: grandi, alterne, divise in 5-12 lobi lanceolati a margine dentato, di colore rossastro come il picciolo (specie nella varietà sanguineus), Fiori: terminali o ascellari sono a racemo e presentano fiori maschili con 3 sepali e numerosi stami alla base e fiori femminili all’estremità caratterizzati da un ovario coperto di spine molli, Frutto: capsula trioculare aculeata (esiste una varietà senza aculei, detta inermis) con tre logge contenenti ciascuna un seme DROGA (F.U.): semi STORIA Gli antichi Egizi lo usavano oltre che come purgante (preparavano un lassativo costituito da datteri e semi di ricino impastati con birra) anche per estrarre un olio per illuminazione mentre i greci lo usavano per curare le malattie cutanee. Nel medio-evo cadde in disuso. Nel 1764 un medico inglese Peter Canvale descrisse le proprietà purganti dell’olio di ricino e nel 1788 i semi furono ammessi nella Farmacopea londinese.Nel 1800 il maggior produttore mondiale fu l’India; in Italia furono impiantate estese coltivazioni nei pressi di Verona e Legnano che fornivano un prodotto abbondante e di ottima qualità. DESCRIZIONE DELLA DROGA I SEMI possono differire: per le dimensioni (0.8–1.5 cm di lunghezza; 4-7 mm di larghezza), per il colore (pericarpo marmorizzato dal grigio al bruno, forma (ellissoidale, schiaccata ecc.) In sezione il seme presenta: doppio tegumento, mandorla o albume di colore avorio contenente nelle sue cellule l’olio in ragione del 40-50 %, embrione. Hanno un albume molto sviluppato con cellule ricche di olio che costituisce circa il 50% del seme stesso. All’apice presentano un escrescenza carnosa chiamata caruncola da cui si diparte un solco o rafe che percorre tutta la faccia piatta del seme. Sono inodori, di sapore oleoso, dolciastro prima e poi amaro, coperti da una cuticola sotto la quale si trova l’endopleura che è una sottile membrana argentea che avvolge l’albume. Esso è abbondante, bianco e contiene una notevole quantità di olio che si libera per semplice spremitura. PREPARAZIONE E CARATTERI DELL’OLIO L’olio è un liquido estremamente viscoso, incolore o giallo pallido, limpido, di leggero sapore prima dolce poi acre. La frazione lipidica dell’endosperma oleoso (ovvero i semi decorticati) viene pressata a freddo (T < 50°C) con pompe idrauliche per uso medicinale e a caldo per ottenere un olio più scadente per uso industriale (in questo caso contiene tossialbumine). Nel caso di impiego farmaceutico un getto di vapore a 100-110 °C lo deodora e coagula le sostanze proteiche compresa la ricina che viene eliminata per filtrazione sotto pressione. A questa fase seguono vari processi di raffinamento che prevedono fasi di distillazione, filtrazione e schiaritura. L’estrazione a freddo fornisce il 33% dell’oli o medicinale; con altri metodi si possono ottenere ulteriori quantità di olio di qualità inferiore. Il valore di acidità aumenta a volte con l’età e valori iniziali elevati sono indicativi dell’uso di semi danneggiati o di una inadatta conservazione o estrazione. COMPONENTI DEI SEMI: GLICERIDI DI AC. GRASSI (OLEICO, LINOLEICO, STEARICO ecc.) di cui il principale è l’ACIDO RICINOLEICO (88% che può arrivare al 92% nel R. zanzibarinus. La pasta rimanente alla fine della spremitura contiene: RICINE tossine molto tossiche contenute nella cuticola, La ricina D, isolata nel 1889 da Stillmark, è una proteina saccaridica con bassa DL 50 che contiene 493 AA; RICINA ACIDA e RICINA BASICA sono altre due ricine che presentano simili proprietà, RICININA alcaloide piridinico non particolarmente tossico con struttura analoga alla nicotinamide. Altri componenti minori sono: MUCILLAGINI, AMIDO, ZUCCHERI e VITAMINA E. USI TERAPEUTICI L’azione purgante è dovuta alla liberazione di acido ricinoleico ad opera delle lipasi duodenali CH 3-[CH 2]5CHOHCH2CH=CH[CH2] 7COOH. L’uso dell’olio di ricino come purgante è attualmente limitato a quello ospedaliero per esami all’intestino prima di interventi chirurgici. La dose lassativa è 2-10 g, quella purgate fino a 50 g. L’impiego industriale ne prevede l’uso come lubrificante, nella fabbricazione di saponi, vernici e per l’estrazione di ac. undecilenico, sostanza fungistatica usata in cosmetologia. Inoltre viene sfruttato come materia prima per la preparazione di resine alchiliche, come plastificante della nitrocellulosa ed umettante di numerosi pigmenti. L’azione lassativa si esplica per alterazione del bilanci o idro-salino e per stimolazione della motilità intestinale dovuta alla stimolazione della sintesi di PG. Viene usato i n cosmetologia per la preparazione di brillantine e lozioni. TOSSICITA’ A dosi eccessive possono verificarsi: gastroenteriti acute per danneggiamento delle cellule della mucosa intestinale, contrazioni uterine (sconsigliato l’uso in gravidanza) L’olio non deve contenere la RICINA che è citotossica e causa emolisi dei globuli rossi. Essa può essere eliminata dall’olio per coagulazione al calore e filtrazione del coagulato. Essa è composta da una subunità B, che consente l’internalizzazione dell’intera proteina nelle cellule dove la subunità A blocca la sintesi proteica esercitando un’azione N-glicosidasica sull’adenina ribosomiale. La ricina agisce su tutti i tessuti poiché i recettori capaci di legarsi ed internalizzare la subunità B sono ubiquitari. La subunità A o la proteina intera coniugata con anticorpi diretti contro antigeni presenti su cellule tumorali, determinano la citotossicità selettiva sperimentata nella terapia antitumorale. DROGHE ASSOCIATE I semi di Croton si ottengono da Croton tiglium (Fam. Euphorbiaceae) un piccolo albero che produce capsule simili a quelle del ricino. Contengono il 50% di un olio non volatile, croton resine e “crotina” una miscela di croton globulina e croton albumina comparabile con quella del ricino. L’olio di croton scarsamente utilizzato agisce con violenta azione catartica. Le noci di Purging sono i semi di Jatropha curcas un altro membro della famiglia delle Euphorbiaceae. Tali semi contengono circa il 40 % di oli non volatili ed una sostanza comparabile con la ricina chiamata curcina. Sia i semi che l’oli o possiedono potente attività purgante. I semi di Abrus sono i semi di aspetto attraente, di colore rosso e nero ma velenosi di Abrus precatorium (Fam. Leguminosae). Contengono una glicoproteina tossica (abrina) che somiglia alla ricina. I semi sono usati nella medicina popolare per procurare aborto ed accelerare il travaglio. Essendo molto uniformi nel peso, pesando ciascuno circa 200 mg sono usati come unità di peso. SENNA E’ data dalle foglie secche di Cassia angustifolia Vahl (Fam. Leguminosae), nota come senna di Tinnervelly o di Cassi a acutifolia Delile, nota come senna Alessandrina Tinnervelly = città indiana dove viene coltivata e raccolta, Cassia deriva dal greco, termine usato da Dioscoride per indicare la corteccia di Laurus cassia (Cannella della Cina), Senna deriva dall’arabo “sehna” o “sena” antica denominazione locale della pianta la cui foglia era considerata capace di dare salute. HABITAT Entrambe le specie hanno origine desertica; la C. acutifolia cresce spontanea lungo la regione dell’alto Nilo e coltivata nel Sudan.La C. angustifolia cresce spontanea nell’Africa orientale dall’Arabia alla Somalia fino al Mozambico coltivata in Pakistan ed India. BOTANICA Pianta: arbusto alto 1.5-2.0 m (fino ad 1 m x la C. acutifolia), Fusto: eretto verde pallido, Foglie: composte alterne, apice acuto e base un poco asimmetrica, Fiori: piccoli, con petali gialli venati di rosso scuro e riuniti in grappoli terminali (gialli nel caso di C. acutifolia), Frutto: legume oblungo che termina con una punta (residuo dello stelo), ha 6-8 semi separati da segmenti parenchimatici del pericarpo. Impropriamente chiamato follicolo e generalmente baccello. PARTI USATE: foglioline e frutto STORIA La Cassia senna L. fu decritta per la prima volta da Isacco Giudeo che visse verso la metà del X sec. La pianta era un tempo esportata via Alessandria da cui il nome della droga di origine sudanese. Dioscoride consigliava: “procuratevi dell a senna che sarà per voi rimedio d’ogni male salvo che per la morte” RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA – FOGLIE Le cime delle piante vengono tagliate in aprile ed a settembre fino ad un’altezza di 15 cm dal suolo e poi essiccate al sole. Quindi si separano le foglie dai frutti per mezzo di grandi setacci. In seguito si procede ad ordinare le foglie in gruppi ottenendo: foglie intere, foglie intere mischiate con foglie spezzate e residui. DESCRIZIONE DELLA DROGA – FOGLIE Le foglioline di C. angustifolia sono strette (0.7-1.2 cm) e molto lunghe (3-6 cm), lanceolate a punta aguzza con peduncolo brevissimo, glabre o poco pelose. Le foglioline di C. acutifolia sono alquanto strette e corte (2-3 cm), ovate, appuntite all’apice, con peduncolo breve. Odore debole, sapore mucillaginoso poi amaro e acre. ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA – FOGLIE In sezione trasversa si osserva nelle normali foglioline: 1) epidermide superiore a cellule poligonali appiattite con stomi e con peli unicellulari conici un po’ ricurvi, 2) tessuto a palizzata ed una sola fila di cellule allungate tessuto a palizzata pressochè identico al precedente, 3) epidermide inferiore a cellule poligonali La droga (foglie) in polvere presenta: peli unicellulari, conici, ricurvi, di diversa lunghezza (12-25 x 70-260 cm) cristalli di ossalato di Ca (prismi di 4-25 micron o druse di 8-30 micrion) frammenti di epidermide e di tessuto a palizzata e spugnoso RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA – FRUTTI I baccelli di senna sono i frutti maturi disseccati noti in commercio come baccelli di senna alessandrina e di Tinnervelly. Sono raccolti con le foglie, separati da essi e disseccati. DESCRIZIONE DELLA DROGA – FRUTTI Il frutto di C. angustifolia di dimensioni 1.2 x 1.8 x 4-6 cm è appiattito, quasi dritt o con margini arrotondati e superficie liscia appena bozzoluta in corrispondenza dei semi (6-8 cm x legume); osservato i n trasparenza mostra oltre alle ombre dei semi, una venatura trasversale che corre dall’una all’altra nervatura longitudinale. Il frutto di C. acutifolia di dimensioni 1.8-2.5 x 4.5 cm ha margini incurvati (il ventrale appare concavo o dritto, il dorsale fortemente convesso, con aspetto reniforme), superficie liscia e rigonfia in corrispondenza dei semi (4-9 x legume). In trasparenza mostra una venatura trasversale. I baccelli di Tinnevelly sono più lunghi e più stretti di quelli della senna alessandrina e l’area bruna del pericarpo che circonda i semi è più grande. Dopo immersione in acqua i baccelli sono facilmente aperti e ne escono 6 semi cuneiformi ciascuno attaccato alla superficie dorsale del baccello per un corto funicolo. All’analisi con una lente i semi di Tinnervelly presentano solo un generale reticolo e linee trasversali ondulate mentre i semi della specie alessandrina presentano solo il reticolo diffuso. I principi attivi dei baccelli sono localizzati nel pericarpo e sono simili a quell i delle foglie. PRINCIPALI COMPONENTI di FOGLIE e FRUTTI GLICOSIDI DIANTRONICI (1.5-3% nelle foglie; 2-5% nei frutti): SENNOSIDI A e B e piccole quantità di SENNOSIDI C e D GLICOSIDI MONOMERICI ANTRACHINONI LIBERI (aloe-emodina, crisofanolo, reina) MUCILLAGINE (10%), SOSTANZE RESINOSE AMARE, CANFEROLO, ISORAMNETINA (glucoside fitosterolico), ALCOL MIRILICO I SENNOSIDI sono dei pro-farmaci e quindi di per sé inattivi; nel colon la flora batterica metabolizza questi in REINA e REINANTRONE. La REINA è il vero principio attivo della senna. Nei baccelli è stato recentemente caratterizzato il sennoside A1 che rappresenta circa il 15% dei sennosidi e corrisponde alla formula di (-)-sennidin 8,8’-diglucoside. I semi contengono quantità inferiori di sennosidi rispetto alle foglie ma recentemente è stato osservato da Zenk e coll. che i cotiledoni di piantine di tre giorni contengono quantità equivalenti a quelle delle foglie. USI TERAPEUTICI LASSATIVO: stimola la secrezione intraluminale di acqua ed elettroliti e modifica la motilità del crasso sia direttamente che attraverso la liberazione di autacoidi. E’ consigliata nella costipazione atonica, nei casi di costipazione acuta e prima di un esame endoscopico del tratto intestinale. Si somministra in associazione ad altre droghe lassative e/o coleretiche/colagoghe (boldo) oppure da sola, sotto forma di infuso (1-2 g), macerato, estratto fluido (2 ml), sciroppo (8 ml). Il macerato, prepatato lasciando macerare in acqua (100 ml) a temperatura ambiente circa 2 g di droga, è più attivo dell’infuso (contiene più sennosidi), inoltre provoca difficilmente crampi addominali perché contiene solo una minima quantità di sostanze resinose. La senna non ha l’effetto astringente del rabarbaro. Nonostante la disponibilità di molti prodotti sintetici le preparazioni di sennosidi rimangono tra i più importanti lassativi farmaceutici. l frutto rispetto alle foglie esercita un’azione lassativa più blanda. TOSSICITA’ La senna può causare crampi e dolori addominali nonché colorazione bruna delle urine e nefrite causata dalla escrezione renale degli antrachinoni. Sconsigliata in gravidanza.Un uso prolungato può causare: pseudomelanosi e perdita di elettroliti (specie K+). DROGHE ASSOCIATE Le senne di Bombay, Mecca e Arabia si ottengono da piante spontanee di Cassia angustifolia cresciute in Arabia. Le foglioline assomigliano a quelle della senna Tinnervelly ma sono un poco più allungate e strette. La senna di Palthè si ottiene dalla Cassia auricolata, le cui foglioline sono molto pelose. Quando bollita con una soluzione di idrato di clorale assume un colore cremisi, inoltre è priva di derivati antrachinonici.Cassia obovata, le foglie sono obovate e di aspett o piuttosto differente dalle foglioline ufficiali, quando sono polverate si possono riconoscere per la presenza di cellule papillose sulla epidermide inferiore. SOFISTICAZIONI: FOGLIE DI ARGEL: si ottengono da Solenostemma arghel. Nel caso siano usate per adulterare la polvere di senna si può operare la distinzione in base alla presenza di peli bi-o-tricellulari, ciascuno dei quali è circondato da circa 5 cellule compagne; FOGLIE DI CORIARIO MYRTIFOLIA: la droga adulterata dà un saggio positivo per i tannini. PODOFILLO Podophyllum peltatum L. (Fam. Berberidaceae) Podophyllum dal greco significa piede per le foglie a forma di piede Peta: “scudo rotondo” allusione al picciolo che si inserisce nel mezzo del lembo fatto a forma di scudo. HABITAT e STORIA Diffuso nelle regioni umide ed ombreggiate di Nord America e Canada e da qui importato in Inghilterra nella seconda metà del XVII sec. BOTANICA Pianta: erbacea perenne, dotata di rizoma orizzontale ed alta 30-50 cm, Foglie: in numero di due si trovano alla sommità, sono picciolate, palmate, irregolarmente lobate, glabre, dentate, opposte, Fiori: primaverili ascellari hanno 8-9 petali bianchi, Frutto: bacca gialla ovoide, contenente numerosi semi e commestibile (le altre parti della pianta sono tossiche) DROGA (FUI): radici e rizoma essiccato TITOLO: non meno del 5% di resina. DESCRIZIONE DELLA DROGA Il rizoma lungo fino ad un metro, presenta ad intervalli regolari delle articolazioni nodose dalle quali partono le radici. Sui nodi arrotondati sono visibili caratteristiche cicatrici di inserzione dei fusti aerei ed altre più piccole e numerose che rappresentano le cicatrici delle radici. In commercio si trovano pezzi di circa 5-20 cm di lunghezza e larghi 5-6 cm, a superficie liscia se raccolti in autunno, o raggrinzita se raccolti in primavera. COLORE: giallo-rossatro SAPORE: dolciastro e poi amaro ed acre SEZIONE TRASVERSA 1) Strato sugheroso piuttosto sottile; 2) Parenchima corticale sviluppato, ricco di amido, di ossalato di calcio e di cellule contenenti resina, 3) Zona legnosa data da fasci cribro-vascolari disposti a cerchio, 4) Midollo ricco di amido CARATTERI MICROSCOPICI Molte cellule del tessuto superficiale contengono masse resinose marrone rossiccie, cristall i agglomerati di ossalato di calcio e amido. I cristalli agglomerati hanno un diametro di 30-100 m. L’amido si trova quasi sempre in grani semplici di 3-25 µm di diametro. Nei rizomi la rottura ha una frattura coriacea e l’amido mostra una gelatinizzazione. Le radici hanno legno centrale che occupa un sesto circa del diametro totale. PRINCIPALI COMPONENTI: RESINA (3.5-6 %) la quale contiene diversi LIGNANI come tali o come glucosidi quali: PODOFILLOTOSSINA α-PELTATINA 10%, β-PELTATINA 5%, DESOSSIPODOFILLOTOSSINA, PODOFILLOTOSSONE, AMIDO, QUERCETINA (flavonoide), RESINA: detta PODOFILLINA si ricava versando in acqua acidificata (HCl 1%) un estratto alcolico di podofillo e portando a secco il precipitato dopo averlo lavato in acqua per 2 volte. Si ottiene una polvere amorfa, irritante per gli occhi e per le mucose. COLORE: gialliccio tendente al verde o al bruno (la resina cambia colore se esposta alla luce o se viene conservata a T > di 30°C. SAPORE: amaro acre, irritante per occhi e mucose. SOLUBILE in alcool, insolubile in acqua fredda. PROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO La Podofillina si usa come: CAUSTICO (uso esterno – sospensione oleosa o pomata) per il trattamento di verruche (anche v. veneree), papillomi, epiteliomi (si fa una soluzione al 25% in alcool o in olio di vasellina). COLAGOGO e PURGANTE DRASTICO; oggi però, rispetto a questo che è un purgante antracenico e quindi irritante per la mucosa intestinale, si preferiscono lassativi più blandi e meno pericolosi. La podofillina può causare perdite ematiche e provocare il colon catartico. Spesso usata in associazione a estratti di belladonna per evitare coliche. CITOSTATICO e ANTIMITOTICO, come le peltatine e la colchicina è un veleno microtubulare che determina l’arresto in metafase delle cellule in mitosi disorganizzando le proteine microtubulari. Le proprietà citostatiche e purgative ai lignani del podofillo sono conferite da un anello lattonico nella configurazione trans: il trattamento con una base debole produce epimerizzazione con formazione di cis isomeri stabili e inattivi. Rispetto alla podofillina come antitumorali vengono maggiormente usati i seguenti derivati semisintetici: ETEPOSIDE usato in associazione con chemioterapici, nel trattamento di tumori ovarici, testicolari e polmonari a piccole cellule. E’ inoltre impiegato nel trattamento dei linfomi e della leucemia linfoblastica. Agisce inibendo la topoisomerasi II, enzima in grado di tagliare e ricongiungere i filamenti di DNA durante il processo di replicazione. Mediante la formazione di un complesso ternario con l’enzima ed il DNA, inibiscono la richiusura della catena del DNA; il conseguente accumulo di frammenti del DNA determina quindi morte cellulare. TENIPOSIDE: agisce con lo stesso meccanismo. E’ utile nelle leucemie linfoblastiche refrattarie e nel neuroblastoma pediatrico. Le foglie secche polverate sono disciolte in acqua ed utilizzate come diuretiche ed anticatarrali. Utilizzata anche la polvere della resina in America latina sotto il nome di “ calomet vegetale” per trattare gotta, artriti e bronchiti La droga è stata a lungo usata dagli Indiani come vermifugo ed emetico. TOSSICITA’ La droga ed i suoi principi attivi hanno un’elevata tossicità acuta pari ad 1/15 di quella della colchicina. Dosi di 250 mg sono mortali per l’uomo. La morte subentra entro 10-15 ore dall’ingestione della droga. Nell’intossicazione da podofillo i sintomi principali sono: nausea, vomito, diarrea e sanguinamento intestinale. Azioni tossiche a carico di fegato, pancreas e intestino sono visibili nell’intossicazione acuta. Sono anche stati descritti effetti del podofillo sul S.N.C. con allucinazioni, confusione e convulsioni. Entrambi i derivati semisintetici hanno effetti tossici a carico del sistema ematopoietico e gastrointestinale. La leucopenia è l’effetto tossico dose-limitante. APPARATO DIGERENTE: ANTIDIARROICI Da un punto di vista clinico può essere definita diarrea qualsiasi situazione in cui si verifica: aumento del contenuto liquido fecale e/o aumento del n° di evacuazioni. I valori fisiologici di escrezione fecale giornaliera sono di circa 120 g con un contenut o acquoso dal 60 all' 85%. Il sintomo diarrea si associa generalmente a dolore ed incontinenza La diarrea si definisce: - acuta se il decorso della sintomatologia é inferiore alle 2-3 settimane (es. nel caso delle infezioni batteriche o patologie croniche come la colite ulcerosa, il morbo di Crohn, IBS dove però si alterna a periodi di stpsi) - cronica se persiste per più di 3-4 settimane (dovuta a disturbi di assorbimento intestinale ad es. morbo celiaco, insufficienza pancreatica oppure a patologie extra-intestinali ad es. ipertiroidismo, diabete, uremia) La diarrea può essere distinta in alcune aree fisiopatologiche: infezione/infiammazione, diarree osmotiche/malassorbimento, diarree secretive (diarrea connessa con AIDS) IL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLE: - diarree infettive implica l'impiego di antimicrobici mentre l'infiammazione cronica dell'intestino coinvolge agenti antinfiammatori - diarree osmotiche ha come primo obiettivo l'evitamento dell'agente osmotico responsabile (per es. lattosio nel caso di intolleranza al lattosio) o di correggere i processi di malassorbimento che stanno alla base - diarree secretive (tumore secernente VIP, diarrea connessa ad AIDS) Il trattamento della diarrea è generalmenta aspecifico e si prefigge di ridurre i disturbi e gli incovenienti legati ad una frequente evacuazione. AMAMELIDE Hamamelis virginiana L. (Fam. Hamamelidaceae) HABITAT E’ molto comune nelle foreste umide di Canadà e Stati Uniti settentrionali (Virginia, Carolina del Nord, Tennessee, Minnesota), è diffusa anche in Florida e Texas. BOTANICA: Pianta: arbusto o piccolo albero di 3-6 m somigliante ad un nocciolo; Fusto tortuoso, ramificato con rami flessibili ricoperti di peli protettori brunastri; Foglie: intere, alterne, picciolate, ovali, asimmetriche alla base, misurano 10-12 cm di lunghezza e 7-8 cm di larghezza; Fiori: si schiudono in autunno al momento della caduta delle foglie, gialli, raggruppati in infiorescenze ascellari; Frutto: piccola cassula PARTI USATE: foglie (e corteccia) F.U.I.: foglie STORIA Peter Collinson (1694-1768) – An account of American seeds into Great Britain (Library of British Museum of London) importò nel 1736 dall’America nel Nord in Inghilterra l’Hamamelis virginiana L. scoperta nel 1731 da Hark Catesby. Per secoli è stata usata in America contro le emorragie uterine. E’stata introdotta in Europa all’inizio del XX secolo. RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA Le foglie si raccolgono in estate, vengono essiccate all’aria evitando di esporle ai raggi del sole; in questo modo la droga secca conserva il colore verde. Anche le cortecce vengono raccolte prima della fioritura. DESCRIZIONE DELLA DROGA Le foglie presentano dei peli di rivestimento unicellulari allungati, raggruppati in numero di 412, specie nella pagine inferiore, lunghe 10-12 cm e larghe 7-8, a margine sinuato-dentato, hanno una nervatura mediana ben evidente dalla quale partono, ad angolo acuto, nervature secondarie che terminano sui denti del margine. Le nervature terziarie si anastomizzano formando un reticolo irregolare. La pagina superiore è di colore bruno-verdastro mentre quella inferiore, rivestita di peli unicellulari è di colore verde-chiaro. Hanno un picciolo corto e robusto. Hanno odore nullo e sapore leggermente amaro e astringente. ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA Le cellule epidermiche presentano, osservate in superficie pareti ondulate. Gli stomi esistono solo nella pagina inferiore; nel parenchima lacunoso si osservano druse di ossalato di calcio. Sotto l’epidermide i peli lunghi 200-500 mm sono disposti a rosetta (ciuffi di 4-12 peli). La polvere verde-brunastra mostra peli in ciuffi e druse di ossalato di calcio. IDENTIFICAZIONE: 0.5 g di droga polverizzata vengono posti a macerare con 10 ml di alcol x 2 ore, agitando di tanto in tanto. Successivamente si filtra e 2 ml del filtrato vengono portati a 100 ml con lo stesso solvente; per aggiunta di 0.5 ml di una soluzione di cloruro di ferro la soluzione cambia colore da verde chiaro a verde scuro. PRINCIPALI COMPONENTI → TANNINI (circa 8%) specie l’AMAMELITANNINO derivato dall’esterificazione da parte di due molecole di acido gallico di un raro carboidrato, l’amamelosio → FLAVONOIDI: KAMFEROLO, QUERCETINA ecc.ed i loro glicosidi → OLIO VOLATILE (0.5%) contenente: SAFROLO (0.2%), alfa-IONONE (3-5%), ACETALDEIDE (3.2%), alfa-ESENOLO (9.7%), EUGENOLO, SESQUITERPENI → ALTRI COMPONENTI: RESINA, CERA, SAPONINE, COLINA, SOSTANZE AMARE, MUCILLAGINI ricche del particolare profumo della pianta sono apprezzate in cosmetica per gli arrossamenti cutanei USI TERAPEUTICI L’amamelide, dato il suo contenuto in tannini gallici ha proprietà: ASTRINGENTI ANTIFLOGISTICHE EMOSTATICHE nel trattamento di ferite superficiali e VASOCOSTRITTIVE per uso interno (usato nelle affezioni venose quali: varici, emorroidi sanguinanti, flebiti, metrorragie) ANTIOSSIDANTI e SCAVENGER DEI RADICALI LIBERI ANTIMUTAGENE in vitro per la loro azione inibitoria sul citocromo P-450, sul legame mutageno-DNA ed a causa della loro capacità di aumentare l’efficienza dei processi cellulari di riparazione del DNA. PREPARAZIONI INFUSO: si prepara utilizzando 2-3 g di foglie secche in 150 ml di acqua (2-3 volte/die) ESTRATTO IDROALCOLICO: il più utilizzato è ottimo astringente ACQUA DISTILLATA DI AMAMELIDE: si prepara lasciando macerare i rametti d’amamelide parzialmente essiccati ed aggiungendo dopo filtrazione alcol al 14-15%. Applicato topicamente possiede proprietà antiinfiammatorie. ESTRATTO MOLLE ED ESTRATTO SECCO entrano nella preparazione di pillole e pomate. TOSSICITA’ Non sono riportati effetti controindicazioni. Il safrolo è cancerogeno ma è presente in quantità trascurabili e quindi tali da non destare preoccupazioni. Un uso eccesivo può causare disturbi gastrici ed epatici. MIRTILLO Vaccinium myrtillus L. (Fam. Ericaceae) HABITAT Cresce su substrato siliceo e ricco di humus nelle regioni montane dell’emisfero Nord. In Italia è frequente in fitte colonie nei boschi delle Alpi e degli Appennini sopra i 1000 m. Per il suo fitto e compatto addensamento sul terreno può impedire la naturale disseminazione dei grandi alberi quali: faggio, abete, larice ecc. In autunno le foglie coriacee del Mirtill o diventano rosse conferendo all’ambiente un particolare effetto cromatico. BOTANICA Pianta: piccolo arbusto alto 40-60 cm; Foglie: aduche, piccole, coriacee, ovali, acute, con margine finemente seghettato, all’estremità di ogni dente vi è una ghiandola peduncolata; Fiori: a forma di campanella, di colore bianco o verdognolo-rossiccio, sono inseriti (solitari o a coppie) all’ascella delle foglie; Frutto: bacca commestibile PARTI USATE: frutti e foglie - F.U.: estratto secco idroalcolico dei frutti freschi deve contenere da 23.8 a 26.2% di antocianosidi, titolati come antocianidine per via spettrofotometrica. DESCRIZIONE DELLA DROGA Il frutto è una bacca globosa, carnosa, violetta, che può raggiungere 1 cm di diametro e che porta all’apice i residui del calice e dello stilo sotto forma di un piccolo disco dai margini in rilievo. Nel mesocarpo carnoso sono presenti numerosi semi, piccoli, ovali e di colore rossastro. Il sapore dei frutti è dolce-acidulo e leggermente astringente. PRINCIPALI COMPONENTI Nelle foglie:TANNINI CATECHINICI (fino al 6%), METILARBUTINA, RESINE, SALI MINERALI (3-6%) specie Fe, Mn, Cr Vi sono gli stessi principi dell’uva ursina ma in minor quantità sono perciò considerati sofisticazioni di quest’ultima Nelle bacche: ACIDI ORGANICI (1%) – malico, citrico, succinico, lattico; METILARBUTINA; TANNINI CATECHINICI (5-12 %) nei semi; PECTINA; VITAMINE A e C; ANTOCIANOSIDI (0.5%) – delfinidina o mirtillina, cianidina, malvidina, petunidina, peonidina. USI TERAPEUTICI FOGLIE e FRUTTI per la presenza di tannini sono usati come: ASTRINGENTI – ANTIDIARROICI SCAVENGER dei radicali liberi in patologie in cui è nota la produzione di anioni superossido per es.: ischemie, diabete, tumori, infiammazioni ecc. IPOGLICEMIZZANTI ANTIMICOTICI ANTINFIAMMATORI nei casi di infiammazione di bocca e gola come decotto: circa trenta bacche di mirtillo in un litro di acqua; nelle infiammazioni cutanee per aggiunta di due manciate di foglie secche nell’acqua del bagno Gli ANTOICIANOSIDI in particolare sono utili nella terapia del danno retinico, in caso di fragilità capillare legata a disturbi vascolari retinici; migliorano la visione al crepuscolo e quella notturna diminuendo il tempo di abbagliamento. Questa proprietà è legata alla stimolazione della LATTATO-DEIDROGENASI che consente una maggiore velocità di rigenerazione dei pigmenti retinici ed un’azione protettiva sulla fragilità capillare dei vasi retinici. TOSSICITA’ I dati tossicologici sul mirtillo sono carenti. In generale i preparati sono dotati di un buon indice terapeutico, tuttavia il Ministero della Sanità tedesca (1987) attribuiva all’utilizzazione prolungata di preparati di foglie di mirtillo la comparsa di cachessia, anemia, ittero, distonie e stato di agitazione. PIANTE CORRELATE Mirtillo rosso (Vaccinium vitis idaea L): in Italia si trova più alto del mirtillo, le bacche sono rosse e si usano anch’esse per marmellate astringenti. Le foglie sono tossiche perché contengono l’idrochinone; vengono raccomandate come succedaneo dell’uva ursina, sono infatti diuretiche e disinfettanti delle vie urinarie. RATANIA Krameria triandra Ruiv e Pav. (Fam. Krameriaceae – piccola famiglia correlata alle Leguminosae) HABITAT Cresce spontanea tra i 900 e i 2500 m sulle Ande di Perù e Bolivia BOTANICA Pianta: arbusto alto da 20 a 40 cm con radici molto sviluppate; Fusto: ricoperto da pelosità da giovani, la scorza è di colore marrone scuro; liscia nella parte giovane, rugosa in quella vecchia. I rami di circa 1 m sono reclinati; Foglie: piccole, semplici, persistenti, alterne, intere, di forma ovata e ricoperte da una fitta peluria; Fiori: autunnali, piuttosto grandi, di colore rosso vivo e formati da 4 sepali, 4 petali lanceolati a croce e tre stami; Frutto: legume globoso, bruno-rossastro e tondeggiante, ha un diametro di circa 5 cm e contiene un solo seme F.U.: radice essiccata della pianta non deve contenere meno del 10% di tannini. La F.U. riporta anche una tintura di Ratania che si prepara dalla polvere per percolazione in alcool e che deve contenere non meno del 2% in tannini. IDENTIFICAZIONE: Per reazione con NH3 diluita si sviluppa un intenso colore rosso definito “rosso di krameria”. STORIA Ruiz e Pavon nel loro “Systema vegetabilium florae peruvianae”, edito a Madrid nel 1798, descrivevano la Krameria triandra come una pianta usata dagli indigeni per terapie odontologiche e da essi chiamata “payta”. DESCRIZIONE DELLA DROGA La radice è costituita da un ceppo nodoso rosso scuro del diametro di 15-20 cm da cui si dipartono numerose radici lunghe e sottili. La sezione della radice mostra una corteccia marrone-rossiccia che occupa circa un terzo del raggio e al centro un legno giallastro finemente radiato. In commercio si presenta in pezzi cilindrici o un po’ tortuosi di 20-30 cm di lunghezza. Non ha odore ed il sapore è astringente, poi amarognolo. ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA Ossalato di calcio è presente in forma di cristalli o sabbia. Questi componenti sono presenti anche nella polvere che, come la corteccia, ha un colore bruno-rossiccio a causa del contenuto di tannini. PRINCIPALI COMPONENTI: TANNINI CATECOLICI CONDENSATI RATANINA (base azotata) ALTRI COMPONENTI: FLOBAFENE si utilizza in cosmetica per la sua la capacità di conferire una tinta “abbronzata” alla pelle, AMIDO, OSSALATO DI CALCIO, RATANIA FENOLI I e II USI TERAPEUTICI: La ratania, deve le sue proprietà farmacologiche al suo contenuto in tannini polimerizzati: ASTRINGENTIE EMOSTATICO nel trattamento di ferite superficiali e VASOCOSTRITTORE nelle affezioni venose quali: varici, fistole anali, emorroidi sanguinanti, flebiti, metrorragie, vaginiti BATTERIOSTATICO I suoi preparati più comuni sono: decotto (3%), infuso, estratto e tintura TOSSICITA’ Non sono riportati effetti collaterali e controindicazioni salvo casi di sensibilizzazione allergica DROGHE ASSOCIATE Krameria del Brasile e della Nuova Granada: le radici sono meno nodose, meno grosse meno ramificate; hanno una corteccia di > spessore e più aderente al legno Krameria cistoides di origine messicana NIAOULI Essenza che si ottiene dalle foglie fresche di MELALEUCA VERIDIFLORA (Fam. Myrtaceae) Esistono molte altre specie del genere Melaleuca da cui si ricavano essenze di composizione simile a quella descritta, tra queste si ricorda M. leucodendron L. da cui si ricava l’olio di Cajeput. Estratti metanolici di M. leucodendron, hanno mostrato che un triterpene (ac. ursolico) ed alcuni stilbeni (piceatannolo e oxiveratrolo) inibiscono il rilascio di istamina dal mastocita sensibilizzato di ratto. BOTANICA Pianta: arbusto sempreverde a foglie persistenti originario dell’Australia e dell’Indonesia, Fusto: con corteccia di colore biancastro, Foglie: persistenti, Frutto: cassulare DROGA (FUI): Niaouli TITOLO: deve contenere tra il 50 ed il 60% di 1,8-cineolo ed anche α-terpineolo. DESCRIZIONE DELLA DROGA La droga, l’essenza di Niaouli, è un olio volatile fortemente aromatico, che si ottiene per distillazione in corrente di vapore dalle foglie fresche. Odore e sapore ricordano quello di canfora e menta piperita. Colore: incolore o di colore giallo-citrino. Conservazione: in recipienti di vetro al riparo della luce e a temperature superiori a 15°C. PRINCIPALI COMPONENTI 1,8-CINEOLO o EUCALIPTOLO (50-65%) TERPENEI come α e β PINENE LIMONENE α-TERPINEOLO ALDEIDI BUTIRRICA, ISOVALERIANICA e BENZOICA SESQUITERPENI PROPRIETA’ TERAPEUTICHE L’essenza viene usata come: CICATRIZZANTE per ferite (uso topico), ANTIACNE contro l’acne vulgaris, DISINFETTANTE per infezioni cutanee, intestinali e vaginali, REPELLENTE per insetti, FLUIDIFICANTE DEL MUCO NASALE, L’infuso delle foglie veniva usato dagli indigeni come: FEBBRIFUGO, ANTIDIARROICO, ANTISETTICO (per la forte conc. di 1-8 cineolo), ANTIREUMATICO (cataplasmi) TOSSICITA’: Simile a quella osservata per l’olio essenziale di eucalipto per la stretta somiglianza tra i due olii essenziali. Sintomi di avvelenamento da niaouli sono: diarrea, nausea, vomito, bruciore gastrico, ipotensione, ipotermia, delirio fino a convulsioni e coma. Niaouli può inoltre indurre dermatite. APPARATO DIGERENTE: CARMINATIVI ANICE STELLATO Illicium verum Hook o Badianifera officinarum (Fam. Illicaceae) HABITAT Albero originario del Sud della Cina e Nord del Vietnam, coltivato nelle Filippine detto anche badiana o anice della Cina BOTANICA Pianta: albero sempreverde, Fusto: alto 4-5 m, Foglie: ovali lanceolate, Fiori: bianco giallastro o rosat o presentano un ovario con 8-12 carpelli, Frutto: polifollicolo PARTI USATE: il frutto legnoso che costituisce la droga non figura in F.U. L’olio essenziale che se ne ricava è un liquido incolore dal profumo di anice STORIA Incluso da Dioscoride nel suo libro “De materia medica” tra le piante medicinali e da Catone il Censore (243-149 a.C.) nel suo trattato “De agricoltura”. DESCRIZIONE DELLA DROGA I singoli follicoli lunghi 10-15 cm hanno forma di carena, sono rugosi, bruno-rossastri e disposti a raggiera su di un peduncolo; ogni follicolo contiene un seme bruno-brillante. I follicoli hanno una forma tipicamente a stella con 8-12 punte. La parte superiore del follicolo presenta nella sua lunghezza un’apertura che lascia intravedere il seme. Il seme racchiude in un delicato involucro una mandorla bianca ed oleosa. Il pericarpo ha odore aromatico e sapore anisato mentre il seme è inodore e di sapore sgradevole PRINCIPALI COMPONENTI OLIO ESSENZIALE con composizione simile a quello dell’anice verde ovvero: ANETOLO, ESTRAGOLO, ALDEIDI e CHETONI ANISICI, TERPENI, MUCILLAGINI, PROTEINE, AMIDO, ZUCCHERI PROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO STIMOLANTE DELLA MOTILITA’ INTESTINALE e CARMINATIVA GALATTAGOGA EMMENAGOGA EPATOPROTETTIVA attribuibile all’anetolo e dovuta alla stimolazione di reazioni di coniugazione con glutatione POTENZIANTE L’ATTIVITA’ BATTERICIDA DI MOLTE ESSENZE (dovuta all’anetolo) CORRETTIVA del sapore di preparazioni farmaceutiche e DIGESTIVA SECRETAGOGA (ghiandole salivari) TOSSICITA’ L’ ESSENZA ad alte dosi può provocare: RILASSANTE DELLA MUSCOLARE e SONNOLENZA ANALGESICA CONVULSIVANTE L’ANETOLO a conc. > di 10 - 4 M in vitro è CITOTOSSICO; l’ ESTRAGOLO viene attivato metabolicamente per idrossilazione ad un prodotto altamente MUTAGENO ed EPATOCARCINOGENICO. SOFISTICAZIONI Anice stellato bastardo: si ottiene da Illicium religiosum una specie coltivata nei pressi dei templi buddisti. I frutti contenendo ac. scichimico sono velenosi. ANICE VERDE o COMUNE Pimpinella anisum L. (Fam. Umbellifera - Apiaceaee) HABITAT Originario in Oriente ma ampiamente coltivato in Europa (Spagna, Germania, Italia, Russia, Bulgaria), Egitto ed America (Cile, Messico) BOTANICA Pianta:erbacea annuale che cresce su terreni pietrosi, Fusto: eretto, cilindrico e pubescente, alto fino a 60 cm, Foglie: pennato-composte con lobi dentati, Fiori: bianchi e raccolti in ombrelle composte di 8-12 unità, Frutto: diachenio di dimensioni ridotte DROGA (FUI): frutti essiccati TITOLO: deve contenere non meno di 20 ml/kg di essenza STORIA Menzionata negli scritti di Teofrasto, Dioscoride e Plinio. Era coltivata in Germania nel IX sec. DESCRIZIONE DELLA DROGA Diachenio ovoide verde-giallastro costituito da due merocarpi uniti alla sommità, ciascuno dei quali ha una faccia piana ventrale e una convessa dorsale (forma di pera), ricoperta di peli e verruche su cui si notano 5 creste longitudinali. Ciascun mericarpo ha 5 coste piuttosto ondulate. Ha odore aromatico ed un sapore zuccherino, colore verdognolo. ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA L’esame microscopico evidenzia che l’epidermide contiene numerose papille e peli unicellulari. E’ presente una piccola quantità di tessuto vascolare e di parenchima reticolato. L’endosperma è leggermente concavo sulla superficie commissurale e contiene proteine ed olio non volatile. PRINCIPALI COMPONENTI OLIO ESSENZIALE stessa composizione dell’anice verde ovvero: ANETOLO (80-90 %), ESTRAGOLO, ALDEIDI (anisaldeide) e CHETONI ANISICI, IDROCARBURI MONOTERPENICI (< 1 %) MUCILLAGINI, PROTEINE, AMIDO e ZUCCHERI PROPRIETA’ di INFUSO ed ESSENZA CARMINATIVA STIMOLANTE DELLA MOTILITA’ INTESTINALE GALATTAGOGA EMMENAGOGA EPATOPROTETTIVA dovuta alla stimolazione di reazioni di coniugazione con glutatione ad opera dell’anetolo POTENZIANTE L’ATTIVITA’ BATTERICIDA DI MOLTE ESSENZE (dovuta all’anetolo) DIGESTIVA preparazione del liquore ANISETTA SECRETAGOGA (ghiandole salivari) CORRETTIVA del sapore di preparazioni farmaceutiche; inoltre l’essenza è usata nell’industria dolciaria ed in quella dei profumi (dentifrici, acque da toilette) TOSSICITA’ L’ ESSENZA ad alte dosi può provocare: RILASSAMENTO MUSCOLARE SONNOLENZA ANALGESIA TREMORI CONVULSIONI L’ANETOLO a conc. > di 10 -4 M in vitro è CITOTOSSICO, L’ESTRAGOLO ad un prodotto altamente MUTAGENO ed EPATOCARCINOGENICO viene attivato metabolicamente per idrossilazione FINOCCHIO Foeniculum vulgare Mill. (Fam. Umbelliferae - Apiaceae) HABITAT Spontanea nella regione mediterranea dove si trova nei luoghi incolti. La varietà dulce viene coltivata per i frutti dett i impropriamente “semi”, usati come spezie. BOTANICA Pianta: grande erba edule che può raggiungere i due m di altezza, Fusto: eretto, ramoso, glabro; Foglie: divise in filamenti sottili di colore verde cupo o verde-azzurrognolo, con guaina molto sviluppata; Frutto: diachenio DROGA (FUI): costituita dagli acheni e dalle radici La F.U. riconosce il F. vulgare Mill. che chiama F. amaro e F. vulgare varietà dulce che è denominato finocchio dolce. TITOLO: I frutti disseccati della varietà dulce e vulgare devono contenere rispettivamente non meno di 20 e 40 ml/kg di essenza. Finocchio dolce essenza – olio essenziale di finocchio dolce-deve contenere dal 50 al 60% di trans-anetolo STORIA Cornelius Celsus, Celso, nel libro “De re medica” e Plinio hanno descritto l’estratto di finocchio come rimedio in caso di problemi digestivi. DESCRIZIONE DELLA DROGA Il frutto, di forma cilindrica-ovoidale, lungo 3-12 cm e largo 2-4 si compone di due mericarpi glabri di colore giallastro e segnati da coste molto rilevate. L’essenza è contenuta in tasche secretrici del pericarpo. Le radici sono poste in commercio in pezzi cilindrici di 2-3 cm di lunghezza; sono di colore grigiastro o grigio-giallastro e presentano striature trasversali. La conservazione della droga deve avvenire in recipienti ben chiusi, al riparo della luce e dall’umidità e a temperasture < di 15°C x evitare la trasformazione del trans-anetolo nel dimero dianetolo o dimetilstilbestrolo ad attività etrogena. PRINCIPALI COMPONENTI L’essenza di finocchio dolce contiene: TRANS-ANETOLO (60-80%) e FENCONE (chetone terpenico;5-17%) che marca la principale differenza di composizione e di odore rispetto all’anice, ESTRAGOLO (3-10%), IDROCARBURI TERPENICI: α-PINENE, LIMONENE, MIRCENE (< 5%) L’essenza di finocchio amaro contiene: ANETOLO (50-70%), FENCONE (9-22), ESTRAGOLO (3-20%) I frutti di finocchio contengono anche FURANOCUMARINE: IMPERATORINA, BERGAPTENE, XANTOTOXOLO PROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO CARMINATIVA ANTIDISPEPTICA e DIGESTIVA GALATTAGOGA EMMENAGOGA EPATOPROTETTIVA attribuibile all’anetolo e dovuta alla stimolazione di reazioni di coniugazione con glutatione POTENZIANTE L’ATTIVITA’ BATTERICIDA DI MOLTE ESSENZE (dovuta all’anetolo) CORRETTIVA del sapore di preparazioni farmaceutiche SECRETAGOGA (ghiandole salivari) e SECRETOLITICA per la produzione di muco bronco-tracheale; da qui ne deriva l’uso nelle infiammazioni delle vie aeree superiori. TOSSICITA’: L’ ESSENZA ad alte dosi può provocare: RILASSAMENTO MUSCOLARE, SONNOLENZA, ANALGESIA, TREMORI e CONVULSIONI L’ANETOLO a conc. > di 10 - 4 M in vitro è CITOTOSSICO L’ESTRAGOLO viene attivato metabolicamente per idrossilazione ad un prodotto altamente MUTAGENO ed EPATOCARCINOGENICO. Le FURACUMARINE provocano INIBIZIONE dell’AGGREGAZIONE PIASTRINICA APPARATO DIGERENTE: STIMOLANTI LA MOTILITA’ INTESTINALE TRASMISSIONE COLINERGICA L’ACh è il neurotrasmettitore della trasmissione colinergica sia a livello del sistema nervoso periferico che centrale. A livello periferico ACh è responsabile della trasmissione degli impulsi nervosi di: tutte le fibre autonome pregangliari fibre parasimpatiche postgangliari alcune fibre postgangliari simpatiche giunzioni neuromuscolari dei muscoli scheletrici (placche neuromuscolari) A livello centrale si trova in numerose aree cerebrali coinvolte in importanti processi quali ad es. memoria e apprendimento, percezione del dolore, regolazione extrapiramidale dei movimenti, regolazione del sistema cardiovascolare. COLINA ACETILTRANSFERASI E’ l’enzima deputato alla sintesi dell’ACh e più precisamente catalizza la sua fase finale rappresentata dall’acetilazione della colina con acetil Coenzima A. Dopo la sua sintesi, l’ACh viene trasportata e immagazzinata in vescicole sinaptiche da cui poi viene liberata al sopraggiungere del potenziale d’azione (esocitosi). Il trasporto all’interno delle vescicole è inibito dal vesamicolo, che quindi inibisce il rilascio di ACh. Le tossine del Clostridium inibiscono le sinaptobrevine ai terminali nervosi ed inibiscono l’esocitosi: la tossina botulinica A si lega ai terminali delle placche neuromuscolari dando paralisi flaccida la tossina tetanica, anch’essa proveniente dal Clostridium, si lega ai neuroni spinali dove blocca il rilascio di glicina e dà paralisi spastica La tossina del veleno della vedova nera (α-latrotossina) promuove un release vescicolare massivo probabilmente legandosi alle neurexine. ACETILCOLINESTERASI E’ l’enzima deputato all’idrolisi e quindi all’inattivazione dell’ACh. E’ presente in elevate concentrazioni nella giunzioni neuromuscolari dove l’effetto dell’ACh deve essere brevissimo. BUTIRRILCOLINESTERASI (detta anche pseudocolinesterasi) si ritrova nelle cellule gliali, ma sono in piccola quantità nelle cellule neuronali sia centrali che periferiche. Si trova prevalentemente nel plasma e nel fegato dove svolge la funzione di idrolizzare gli esteri di origine vegetale ingeriti con la dieta. E’ stato osservato che gli effetti prodotti dall’ACh erano simili a quelli prodotti da 2 alcaloidi: la muscarina (Amanit a muscaria) e la nicotina (Nicotiana tabacum). Fu quindi supposto che l’ACh interagisse con 2 diverse classi di recettori definit i muscarinici e nicotinici. La conferma di questa ipotesi si ottenne osservando che l’atropina bloccava gli effetti indotti dalla muscarina, mentre la tubocurarina bloccava gli effetti mediati dalla nicotina. La capacità dell’ACh di interagire con 2 categorie diverse di recettori sembra dovuto al fatto che è una molecola flessibile e assume conformazioni diverse per legarsi ai 2 diversi tipi di recettore. I recettori muscarinici sono recettori accoppiati a proteine G e la loro attivazione, promuovendo delle reazioni metaboliche, produce risposte sia di tipo eccitatorio che inibitorio con una certa latenza. Ne esistono 5 isotipi di cui: M1, M 3, M 5 attivano Gq/11 con stimolazione di PLC e produzione di IP 3, DAG, Ca++ M2, M 4 attivano Gi con inibizione dell’AC e riduzione dei livelli di cAMP I recettori nicotinici sono canali ionici la cui attivazione produce un rapido aumento della permeabilità cellulare al Na+ e al K+ e quindi depolarizzazione ed eccitazione. Sono pentamerici, e a loro volta possono essere suddivisi in 2 classi: recettori nicotinici muscolari: sono costituiti da 4 subunità diverse (α2βδγ o α2βδε) recettori nicotinici neuronali : sono costituiti solo dalla diversa combinazione di α e β. AZIONI DEL SISTEMA COLINERGICO Il sistema parasimpatico è deputato alla conservazione dell’energia ed al mantenimento della funzionalità degli organi durante i periodi di inattività o ipoattività. Gli effetti principali sono: rallentamento della frequenza cardiaca riduzione della pressione sanguigna stimolazione della motilità e delle escrezioni gastrointestinali; viene favorito l’assorbimento dei nutrienti protezione della retina da un’ eccessiva illuminazione, svuotamento della vescica e del retto. SISTEMA NERVOSO AUTONOMO OCCHIO: miosi CUORE (M 2): POLMONE (M 3): STOMACO (M3): INTESTINO (M3): VESCICA (M 3): GHIANDOLE (M 3-M 1): salivari: sudoripare: lacrimali: nasofaringee: ORGANI SESSUALI MASCHILI: riduzione della frequenza cardiaca (arresto vagale): effetto cronotropo negativo riduzione della contrattilità: effetto inotropo negativo riduzione della velocità di conduzione: effetto dromotropo negativo vasodilatazione dei vasi coronarici (M 3) contrazione della muscolatura tracheale e bronchiale stimolazione della secrezione bronchiale vasodilatazione polmonare aumento della motilità rilasciamento degli sfinteri stimolazione delle secrezioni aumento della motilità rilasciamento degli sfinteri stimolazione delle secrezioni contrazione del muscolo detrusore stimolazione della secrezione stimolazione della secrezione stimolazione della secrezione stimolazione della secrezione erezione SISTEMA NERVOSO CENTRALE Gli effetti dell’ACh sul sistema nervoso centrale sono più complessi e ancora non completamente chiariti. Nel SNC si ritrovano tutti e 5 i sottotipi di recettori muscarinici anche se le loro funzioni non sono ancora state completamente elucidate. Tra queste troviamo: facilitazione della memoria e dell’apprendimento (M 1) aumento della soglia del dolore (M 1) regolazione extrapiramidale dei movimenti regolazione del sistema cardiovascolare stimolazione e attivazione corticale ALCALOIDI NATURALI COLINOMIMETICI: I 3 principali alcaloidi colinomimetici sono: muscarina (Amanita muscaria) pilocarpina (Pilocarpus) arecolina (Areca catechu) La muscarina agisce essenzialmente a livello dei recettori muscarinici, L’arecolina agisce sia sui muscarinici che sui nicotinici, la pilocarpina ha un’effetto predominante sui muscarinici. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE Muscolo liscio: Ghiandole esocrine: Sist. cardiovascolare: SNC: miosi stimolazione della muscolatura intestinale stimolazione della muscolatura bronchiale (cautela negli asmatici) aumento della motilità di utero, vescica, cistifellea, dotti biliari aumento della sudorazione (diaforesi) aumento della salivazione stimolazione delle ghiandole lacrimali, gastriche, pancreatiche, intestinali stimolazione delle cellule mucose dell’apparato respiratorio marcata ipotensione (soprattutto muscarina) rallentamento o temporanea cessazione del battito cardiaco stimolazione ed attivazione analgesia miglioramento memoria USI TERAPEUTICI xerostomia associata a radioterapia della testa e del collo glaucoma: soprattutto la pilocarpina poiché riduce la pressione intraoculare AMANITA MUSCARIA Appartenenti al genere Amanita (Famiglia Agaricaceae) appartengono varie specie sia eduli, che velenose, che mortali. Tra queste troviamo: Amanita caesarea (ovulo buono): rappresenta l’unica specie edule ed è caratterizzata dal cappello giallo arancio e lamelle e stipiti gialli Amanita muscaria (ovulo malefico): velenosa, ha il cappello rosso vivo con ticchiolature e lamelle bianche. Si trova in tutta Europa, specialmente in Scandinavia (dove si pensa sia stato usato dai Vichinghi) e nella Siberia del nord Amanita pantherina (tignosa bruna): velenosa, ha il cappello marrone chiaro-rossiccio con ticchiolature bianche Amanita phalloides (tignosa verdognola): mortale, ha il cappello verdognolo Amanita verna (tignosa primaverile): mortale, ha il cappello rosa-grigio. Si trova nel centro-sud Italia Amanita virosa: mortale, è completamente bianca P RINCIPI ATTIVI Amatossine: presenti principalmente nella A. phalloides, A. verna, A. virosa tra cui troviamo la falloidina, falloina, α-, β- e γamanitina. Muscarina: isolata dall’A. muscaria (0.003%), ma presente in maggiori quantità in specie affini come A. pantherina o in varie specie dei generi Inocybe, Clitocybe, Hebeloma. Agisce come agonista dei recettori colinergici muscarinici. Acido ibotenico, muscimolo: presenti principalmente nell’A. muscaria e nell’A. pantherina e agiscono rispettivamente come agonista dei recettori NMDA e dei recettori GABAA. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE DELLA MUSCARINA Muscolo liscio: miosi stimolazione della muscolatura intestinale stimolazione della muscolatura bronchiale (cautela negli asmatici) aumento della motilità di utero, vescica, cistifellea, dotti biliari Ghiandole esocrine: aumento della sudorazione (diaforesi) aumento della salivazione stimolazione delle ghiandole lacrimali, gastriche, pancreatiche, intestinali stimolazione delle cellule mucose dell’apparato respiratorio Sist. cardiovascolare: marcata ipotensione (soprattutto muscarina) rallentamento o temporanea cessazione del battito cardiaco SNC: stimolazione ed attivazione analgesia miglioramento memoria USI TERAPEUTICI. I principi attivi delle amanite non rivestono utilità terapeutica, ma sono utili da un punto di vista sperimentale sia in campo farmacologico che tossicologico. T OSSICOLOGIA. Le intossicazioni da funghi sono provocate dall’ingestione di funghi velenosi, scambiati per specie eduli, e si manifestano con vari sintomi che vanno dalle gastroenteriti fino alla morte. La pericolosità dei funghi era già nota ai greci e romani e prima ancora ai babilonesi. Il poeta greco Euripide sosteneva di aver perso moglie e 3 figli per questo motivo. Una delle prime testimonianze ci viene da Ippocrate che descrive nel “Libro dell e Epidemie” un avvelenamento da fungo fresco. Molti personaggi storici morirono avvelenati da funghi come la moglie ed i figl i di Euripide, l’imperatore Claudio, il papa Clemente VI e Carlo V. Recentemente il numero di casi di avvelenamento da funghi è aumentato a seguito della crescente popolarità dell’uso gastronomico dei funghi non coltivati. I sintomi di intossicazione da muscarina sviluppano rapidamente, entro 30-60 min dall’ingestione e sono caratteristici di un iperattivazione colinergica. Includono: salivazione, lacrimazione, nausea, vomito, coliche addominali, diarrea, cefalea, disturbi visivi, bradicardia, broncocostrizione, ipotensione e shock Il trattamento con atropina blocca questi effetti. Le intossicazioni da A. muscaria sono anche dovute alla presenza di muscimolo (agonista GABAA) e acido ibotenico (agonista NMDA) ed i sintomi prodotti possono essere vari: irritabilità, atassia, allucinazioni, delirio, sedazione. Il trattamento con benzodiazepine è indicato quando predomina l’eccitazione, mentre l’atropina spesso peggiora il delirio. L’intossicazione più grave è però prodotta dall’A. phalloides con cui si raggiunge una mortalità superiore al 90%. L’ingestione di soli 50 g di A. phalloides può essere fatale. Le principali tossine sono le amatossine, una serie di 7 octapeptidi ciclici. L’avvelenamento ha un periodo di latenza di 6-24 h. I primi sintomi sono spesso dovuti alla presenza di altre tossine ed includono: vomito intenso e diarrea sanguinolenta, dolori addominali, febbre, tachicardia, ipoglicemia che possono continuare per 24 h. Dopo una prima fase di remissione e un periodo di circa 24 h senza sintomi, si ha una progressiva ricaduta dovuta ad un progressivo danno a fegato, reni, cuore, muscoli scheletrici nel corso della quale il soggetto può morire. Infatti le amatossine inibiscono l’RNA polimerasi II bloccando la sintesi del mRNA. La morte sopraggiunge dopo 4-7 giorni per insufficienza renale o epatica. Il trattamento consiste in: penicillina, cloramfenicolo, fenilbutazone. Recentemente è stato osservato che la silibina, sostanza estratta dal cardo mariano (Silybum marianum), avendo proprietà epatoprotettive è risultata efficace nell’avvelenamento da amanite in associazione a penicillina. FAVA DEL CALABAR La fava del calabar si ottiene dalla Physostigma venenosum Bal. (Fam. Fabaceae), una pianta che cresce sulle sponde dei corsi d’acqua nell’Africa occidentale, in particolare lungo la costa del Golfo di Guinea. Physostigma: dal greco φνσοσ+στιγµα ed indica uno stigma gonfio (simile alla vescica) Venenosum: dal latino e significa pieno di veleno I semi erano comunemente usati dagli africani dell’ovest come veleno di giustizia per verificare l’innocenza o la colpevolezza di persone accusate di crimini. Le fave pressate venivano mangiate oppure si beveva l’estratto acquoso della fava. Le vittime erano riconosciute innocenti solo se, assalite da vomito violento sufficiente a provocare l’espulsione del veleno, riuscivano a sopravvivere. La fava del Calabar fu portata in Inghilterra dall’ufficiale medico inglese Daniell di stanza nel Calabar nel 1840. I primi studi sulle sue proprietà farmacologiche vennero condotti tra il 1850 ed il 1860 e un alcaloide puro fu isolato nel 1864 da Jobst e Hesse e fu chiamato fisostigmina. Il primo uso terapeutico fu nel glaucoma che rappresenta ancora la sua principale applicazione. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. Si presenta come una pianta rampicante perenne alta circa 15-20 m, molto simile al fagiolo, le foglie sono trifoliate, i fiori sono papilionacei di color rosso, riuniti in grappoli penduli, il frutto è un legume di forma oblunga lungo circa 15 cm, contenente da 1 a 3 semi reniformi, lunghi 2-3 cm. Tali semi possiedono un tegumento coriaceo liscio, lucido, di colore bruno scuro. Sul lato convesso è presente un solco chiaro e liscio. La sezione trasversale del seme presenta 2 grossi cotiledoni bianchi contenenti amido, separati da una cavità piena d’aria che permette al seme di galleggiare sull’acqua. Il loro sapore è leggermente amaro; l’odore, quasi nullo a freddo, diventa acre per azione del calore. DROGA: non iscritta nella F.U., è rappresentata dai semi da cui si estrae un principio attivo, la fisostigmina che, come salicilato, è iscritto nella F.U. P RINCIPI ATTIVI: la fava del Calabar contiene amido (50%), proteine (23%), steroli e molti alcaloidi (0.5%) tra cui fisostigmina (eserina), fisovenina, eseramina, geneserina, N-8-norfisostigmina, calabatina, calabacina. FISOSTIGMINA Effetti farmacologici: è un alcaloide a struttura indolica che rappresenta il principale alcaloide presente nei semi (0.04-0.3%). Inibisce reversibilmente l’aceticolinesterasi, enzima deputato all’idrolisi dell’ACh, e quindi, aumentando i livelli extracellulari di ACh, aumenta la trasmissione colinergica. Potenzialmente, un anti-ChE può produrre tutti i seguenti effetti: stimolazione delle risposte ai recettori muscarinici agli organi effettori periferici stimolazione, seguita da depressione o paralisi, di tutti i gangli e i muscoli scheletrici (azione nicotinica) stimolazione con occasionale conseguente depressione, dei recettori colinergici nel SNC Comunque questi effetti possono essere osservati dopo somministrazione di dose tossiche o letali. Generalmente, somministrando dosi terapeutiche, e quindi minori, si osservano solo alcuni dei suddetti effetti e la loro comparsa dipende dalle caratteristiche chimico-fisiche dell’anti-ChE. Composti contenenti un gruppo ammonico quaternario attraversano lentamente le membrane cellulari; verranno quindi assorbiti scarsamente dal tratto gastrointestinale o dalla pelle e non passeranno che in minima parte la BEE. Questi composti agiscono selettivamente a livello delle giunzioni neuromuscolari dei muscoli scheletrici agendo sia come antiChE che come agonisti diretti. Hanno un’azione più debole a livello dei gangli e sono scarsamente attivi a livello dei recettori del sistema autonomo. Composti più lipofili attraversano bene le membrane cellulari; sono ben assorbiti dopo somministrazione orale e hanno effetti ubiquitari sia centrali che periferici. Meccanismo d’azione. Inibitore reversibile dell’AChE Effetti della fisostigmina. I principali effetti prodotti dalla somministrazione di fisostigmina (ammina terziaria) sono i seguent i: rallentamento cardiaco (bradicardia e riduzione della pressione sanguigna), stimolo della peristalsi intestinale, broncocostrizione, miosi, aumento delle secrezioni ghiandolari (bronchiale, lacrimale, sudoripara, salivare, gastrica), riduzione della pressione endo-oculare. E’ in grado anche di bloccare i recettori nicotinici Usi clinici anti-ChE: i principali effetti degli anti-ChE, che ne giustificano un uso clinico, sono a carico di: OCCHIO: quando applicati localmente producono iperemia congiuntivale, miosi (compare rapidamente e può durare per giorni), blocco del riflesso di accomodazione (durata minore), riduzione della pressione endoculare, quando elevata, per la facilitazione del deflusso dell’umor acqueo. TRATTO GASTROINTESTINALE: si ha un aumento della contrazione e della secrezione acida gastrica ed un aumento della motilità intestinale soprattutto a livello del colon. GIUNZIONE NEUROMUSCOLARE: gli effetti a questo livello sono dovuti ad un aumento dei livelli di ACh, anche se i derivati ammonici quaternari sembrano esercitare anche un’azione diretta. L’ACh liberata a livello della placca motoria genera una depolarizzazione sufficiente ad iniziare un potenziale d’azione a livello del muscolo. La presenza di un anti-ChE prolunga il tempo di permanenza nella sinapsi e quindi di azione dell’ACh. Questo porta ad una desincronizzazione dei potenziali d’azione generando fibrillazioni muscolari. SNC: un aumento dei livelli di ACh determina un effetto colinomimetico centrale a cui conseguono vari effetti. Si ha: effetto stimolante revertito, anche se non completamente, da atropina, mentre a dosi molto elevate si può avere depressione centrale. innalzamento della soglia algica (possibile impiego come analgesici) miglioramento delle funzioni mnemoniche e cognitive (possibile impiego nelle demenze e nel morbo di Alzheimer) USI FISOSTIGMINA: GLAUCOMA: é usato sotto forma di salicilato o solfato nei colliri contro il glaucoma, patologia caratterizzata da un aument o della pressione endoculare che, provocando un progressivo deterioramento del nervo ottico, rappresenta una delle principali cause di cecità. STIMOLANTE CENTRALE: antagonizza gli effetti di un certo numero di sedativi ILEO PARALITICO E ATONIA VESCICALE: stimola la peristalsi intestinale e può essere usato in caso di atonia intestinale e vescicale postoperatoria (la più usata è la neostigmina) INTOSSICAZIONE DA ANTIMUSCARINICI: la somministrazione i.v. di fisostigmina reverte la maggior parte degli effett i centrali e periferici da avvelenamento da atropina e da altri agenti antimuscarinici correlati. Molti altri farmaci possono avere proprietà antimuscariniche quali fenotiazine, antistaminici e antidepressivi triciclici e la fisostigmina può essere utile nel controllo degli effetti antimuscarinici prodotti da iperdosaggio di tali farmaci. DECURARIZZAZIONE POSTOPERATORIA i suoi derivati quaternarizzati, come la neostigmina, non passando la BEE, trovano impiego nel trattamento della MIASTENIA GRAVIS, patologia muscolare caratterizzata da debolezza a affaticabilità dei muscoli scheletrici. L’alterazione è a livello della trasmissione sinaptica alla giunzione neuromuscolare, probabilmente causata da una risposta autoimmune principalmente verso i recettori per l’ACh a livello postgiunzionale. Nel 1895 Jolly osservò la somiglianza tra i sintomi della miastenia gravis e quelli prodotti da avvelenamento da curarici negli animali e ipotizzò il possibile uso terapeutico della fisostigmina. I primi studi clinici vennero però effettuati solo 40 anni dopo. T OSSICOLOGIA: gli aspetti tossicologici della fisostigmina sono sostanzialmente quelli che accomunano tutte le molecole ad attività anticolinesterasica e quindi derivanti da un’aumentata stimolazione colinergica. L’intossicazione da tali composti è abbastanza frequente poiché alcuni derivati, quali gli organofosforici, che provocano un’inibizione irreversibile dell’enzima, sono ampiamente utilizzati in agricoltura come insetticidi. Sono perciò composti di facile reperibilità ed altrettanto facile è la possibilità di intossicazione poiché può verificarsi sia per contatto cutaneo, che per inalazione o ingestione. La sintomatologia dell’intossicazione da fisostigmina è simile a quella da organofosforici, ma è meno grave poiché provoca un’inibizione reversibile dell’enzima. Gli effetti di un’intossicazione acuta da anti-ChE si manifesta con sintomi sia muscarinici che nicotinici sia periferici che centrali: FASE MUSCARINICA: si presenta entro un’ora dall’assunzione e dura circa 30 min. I sintomi caratteristici sono, in successione cronologica: oculari: miosi, dolore retrobulbare, congestione congiuntivale, visione ridotta (dopo esposizione locale) respiratori: broncocostrizione e aumento delle secrezioni bronchiali gastroenterici: nausea e vomito, anoressia, crampi addominali, diarrea incontinente secretori: aumento della sudorazione, salivazione, lacrimazione cardiovascolari: bradicardia e ipotensione cefalea tosse FASE NICOTINICA: è caratterizzata principalmente da sintomi ortosimpatici e dalla stimolazione delle ghiandole surrenali. I principali sintomi sono a livello delle: giunzioni neuromuscolari dei muscoli scheletrici: affaticabilità e debolezza generalizzata, fibrillazioni muscolari, crampi, paralisi dei muscoli respiratori EFFETTI SUL SNC: confusione, atassia, perdita dei riflessi, convulsioni tonico cloniche, coma, paralisi respiratoria centrale ipotensione per effetto sui centri bulbari La morte può avvenire tra 5 min e 24 h dall’intossicazione a seconda della dose e della via di contatto, e sopraggiunge per arresto cardio-respiratorio, dovuta a depressione dei centri bulbari. T RATTAMENTO: l’antidoto è l’atropina per via i.v.: antagonizza gli effetti muscarinici tra cui l’ipersecrezione bronchiale e salivare, la broncocostrizione, la bradicardia ed in maniera più moderata gli effetti centrali; non ha effetto a livell o neuromuscolare. Se l’intossicazione è avvenuta per ingestione, si deve effettuare una lavanda gastrica e somministrare carbone vegetale. Si deve assistere la respirazione e somministrare ossigeno. In caso di convulsioni si devono somministrare anticonvulsivanti. PILOCARPO (JABORANDI) Jaborandi si ottiene dal Pilocarpus microphyllus Strap. (più ricco in principi attivi), Pilocarpus jaborandi Holmes o Pilocarpus pennatifolius Lemaire (Fam. Rutacee). Sono originari del Brasile e dell’India Pilocarpus deriva dal greco πιλοσ + καρποζ cioè berretto di feltro senza falde + frutto, per i frutti a forma di tale copricapo. Zhaborande, nome indigeno del Sud America indica piante che inducono salivazione Microphyllus dal greco µιχροζ + φνλλον, piccole + foglie, per le foglie piccole a differenza di altre specie Pennatifolius da pinnatus + folia, a forma di penna + foglia, per le foglie pennato-composte Rutacee ha il significato di fluire, perché si riteneva che la pianta favorisse il flusso mestruale DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come un arbusto con una corteccia liscia, grigia e punteggiata di bianco, con foglie composte impari-pennate, suddivise in 3-15 foglioline ellittiche o lanceolate. Le foglie sono glabre nella parte superiore e leggermente pelose nella pagina inferiore. Ha fiori pentameri di colore verdognolo raggruppati in racemi; il frutto è una capsula. DROGA. La droga, detta Jaborandi, è costituita dalle foglie. Queste vengono raccolte dopo la stagione delle piogge e rapidamente essiccate. Le foglie di P. microphyllus sono lunghe 2-5 cm e larghe 1-2.5; quelle di P. jaborandi e P. pennatifolius sono più grandi con lunghezza compresa tra 7 e 15 cm e larghezza tra 2.5 e 5 cm. Presentano un breve picciolo, una lamina spessa di consistenza coriacea, colore verde-bruno o giallo-verdastro, con margine intero, apice ottuso e nervatura penninervia (i nervi secondari in prossimità del margine si curvano e si anastomizzano formando un reticolo sinuoso parallelo al margine stesso). In trasparenza mostrano punti traslucidi dovuti alla presenza di ghiandole schizolisigene ad essenza. Sfregate tra le dita emanano un odore di bruciato; il sapore è amaro, aromatico. Masticate provocano intensa salivazione. F.U.: si trova il principio attivo pilocarpina P RINCIPI ATTIVI. La droga contiene ALCALOIDI IMIDAZOLICI (0.5-2%). Il contenuto in alcaloidi della droga varia a seconda della pianta fornitrice. Tra questi troviamo: pilocarpina (0.4-1%) rappresenta oltre il 60% del contenuto totale isopilocarpina pilocarpidina jaborina pilosina isopilosina carpilina Inoltre contiene un olio etereo, resine, pectine, tannini, acidi organici ecc. Conservata per 1 anno la droga perde la metà degli alcaloidi contenuti; dopo 2 anni ne è completamente priva. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE DELLA PILOCARPINA. Ha effetti sia centrali che periferici poiché, essendo un’ammina terziaria, è in grado di attraversare la BEE. Agisce prevalentemente sui recettori muscarinici, ma causa anche risposte cardiovascolari anomale e la sua azione a livello delle ghiandole sudoripare è particolarmente intensa. Muscolo liscio: miosi stimolazione della muscolatura intestinale stimolazione della muscolatura bronchiale (cautela negli asmatici) aumento della motilità di utero, vescica, cistifellea, dotti biliari Ghiandole esocrine: aumento della sudorazione (diaforesi) aumento della salivazione stimolazione delle ghiandole lacrimali, gastriche, pancreatiche, intestinali Sist. cardiovascolare: SNC: stimolazione delle cellule mucose dell’apparato respiratorio lieve ipotensione rallentamento o temporanea cessazione del battito cardiaco stimolazione ed attivazione analgesia miglioramento memoria USI TERAPEUTICI. Impiegata per secoli come scialagogo (favorisce la secrezione salivare) e diaforetico (stimola la secrezione sudoripara) dagli indigeni del Sud America, le proprietà della droga furono analizzate solo nel 1874 dal medico brasiliano Coutinhou. Nel 1875 fu poi isolato l’alcaloide pilocarpina e ne furono descritte le proprietà. E’ stata utilizzata in passato come tintura o infuso per stimolare le secrezioni salivare e sudorale. Oggi si usa la pilocarpina, il suo componente più attivo, che è anche il composto più usato tra gli alcaloidi naturali ad azione colinomimetica. Occhio: terapia del glaucoma e delle ipertensioni endoculari acute come collirio allo 0.5-4%. E’ meglio tollerata degl i inibitori dell’acetilcolinesterasi (es. fisostigmina). La riduzione della pressione endoculare compare entro pochi min e perdura fino a 4-8 h. Come anti-midriatico (es. nella midriasi indotta da atropina) Ghiandole: nel trattamento della xerostomia da radiazioni alla testa e al collo o nella sindrome di Sjögren, patologia a prevalenza femminile in cui si ha una compromissione delle ghiandole, in particolare quelle salivari. T OSSICOLOGIA. L’intossicazione da pilocarpina è caratterizzata da esagerati effetti di tipo colinomimetico. I sintomi sono: grande aumento delle secrezioni, nausea, vomito, diarrea, miosi, aritmia, palpitazioni, dispnea, talvolta si ha confusione, tremori e deboli convulsioni. Deve essere usata con cautela nei cardiopatici e negli asmatici. Il trattamento consiste nella somministrazione di atropina in dosi sufficienti a passare la BEE, assistere e favorire la respirazione e la circolazione in modo da evitare l’insorgenza di edema polmonare. ARECA L’areca si ottiene dalla Areca catechu Lin. (Fam. Palmaceae). Areca è il nome spagnolo e portoghese della noce di betel; Catechu è il nome indiano per indicare un estratto o un succo astringente. L’Areca cresce in India, Sri Lanka, Indonesia e Africa Orientale. La pianta si presenta come una palma alta 15-17 m; il frutto è una noce che contiene un solo seme. DROGA: è costituita dai semi i quali vengono rimossi dai frutti, bolliti in acqua contenente calce ed essiccati. P RINCIPI ATTIVI. La droga contiene alcaloidi piridinici (contenuto totale in alcaloidi 0.45%) tra cui troviamo: arecolina (alcaloide più abbondante e più attivo) arecaidina guvacina guvacolina Inoltre contiene tannini (15%), lipidi, un olio volatile e gomme. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE DELLA ARECOLINA. Questo alcaloide ha effetti sia centrali che periferici poiché, essendo un’ammina terziaria, è in grado di attraversare la BEE. Agisce prevalentemente sui recettori muscarinici, ma può legare anche i recettori nicotinici. Muscolo liscio: miosi stimolazione della muscolatura intestinale stimolazione della muscolatura bronchiale (cautela negli asmatici) aumento della motilità di utero, vescica, cistifellea, dotti biliari Ghiandole esocrine: aumento della sudorazione (diaforesi) aumento della salivazione stimolazione delle ghiandole lacrimali, gastriche, pancreatiche, intestinali stimolazione delle cellule mucose dell’apparato respiratorio Sist. cardiovascolare: lieve ipotensione rallentamento o temporanea cessazione del battito cardiaco SNC: stimolazione ed attivazione analgesia miglioramento memoria USI TERAPEUTICI. In molti paesi africani ed orientali si usa avvolgere una foglia fresca di Piper betel (una specie rampicante di pepe), semi di Areca, calce spenta e sostanze aromatiche (noce moscata, canfora ecc.); questa miscela viene masticata e l’effetto è rinfrescante e stimolante. In alcuni paesi viene ancora masticata per le proprietà rinfrescanti e stimolanti, euforizzanti. L’Areca può dar luogo a fenomeni di dipendenza simili a quelli prodotti dal tabacco. L’arecolina viene usata come vermifugo in campo veterinario; agisce sia sui vermi che sull’intestino stimolando la peristalsi e favorendo l’espulsione del verme. T OSSICOLOGIA. L’intossicazione da arecolina è caratterizzata da esagerati effetti di tipo colinomemetico. I sintomi sono: grande aumento delle secrezioni, nausea, vomito, diarrea, miosi, aritmia, palpitazioni, dispnea. Il trattamento consiste nella somministrazione di atropina in dosi sufficienti a passare la BEE, assistere e favorire la respirazione e la circolazione in modo da evitare l’insorgenza di edema polmonare. APPARATO DIGERENTE: DEPRIMENTI LA MOTILITA’ INTESTINALE COMPOSTI AD ATTIVITA’ ANTIMUSCARINICA L’atropina ed i composti ad essa correlati sono antagonisti competitivi delle azioni dell’ ACh e di altri agonisti muscarinici. Competono con tali agonisti per un sito di legame a livello del recettore muscarinico. Poiché si tratta di un antagonismo competitivo, può essere superato da un aumento dei livelli di ACh nel vallo sinaptico. Le azioni e gli effetti prodotti dalla maggior parte degli antagonisti muscarinici differiscono solo quantitativamente dall’atropina, che quindi è considerata il prototipo di questa categoria terapeutica. L’atropina è un antagonista non selettivo e perciò blocca tutti i sottotipi di recettori muscarinici. Gli effetti sui recettori nicotinici sono molto modesti. Quindi a livello gangliare e a livello della giunzione neuromuscolare, dove la trasmissione è essenzialmente nicotinica, si vedranno gli effetti dovuti ad un blocco recettoriale solo a dosi molto elevate. I derivati quaternari dell’atropina hanno invece maggiori capacità di bloccare i recettori nicotinici. Gli effett i prodotti dall’atropina sono dose-dipendenti, cioè variano al variare della dose utilizzata. Questo particolare profilo farmacologico però non sembra dovuto ad una diversa affinità dell’atropina per i sottotipi di recettori muscarinici poiché studi di binding hanno ampiamente dimostrato la non selettività di questo alcaloide. Una spiegazione più plausibile sembra essere quella secondo cui tale diversità sia correlata al ruolo svolto dal sistema muscarinico nella regolazione della funzione dell’organo in questione. Gli effetti a livello del SNC variano in intensità e nella tipologia in base alla capacità del composto di superare la BEE. Gli antagonisti più lipofili (es. scopolamina) attraverseranno meglio la BEE e produrranno effetti centrali pi ù marcati. L’atropina, a concentrazioni terapeutiche (0.5-1 mg), ha invece scarsi effetti centrali. AZIONI FARMACOLOGICHE piccole dosi: depressione della secrezione ghiandolare, salivare e sudoripara dosi intermedie: midriasi (dilatazione della pupilla), inibizione della visione da vicino aumento della frequenza cardiaca per blocco degli effetti vagali sul cuore dosi elevate: riduzione della motilità gastrointestinale riduzione della minzione dosi tossiche: effetti sul SNC: si ha generalmente una stimolazione seguita da depressione ALCALOIDI T ROPANICI. Sono presenti in natura in diverse piante appartenenti alla famiglia delle: Solanaceae: Atropa Belladonna, Hyosciamus niger, Datura stramonium, Scopolia carniolica, Duboisia myoporoides, Mandragora officinalis, Solanum nigrum Eritrxylaceae: Erytroxylum coca Brassicaceae: Cochlearia officinalis Convolvulaceae: Convolvulus scammonia Euforbiaceae: Peripentadenia spp. Gli alcaloidi tropanici sono esteri di alcoli tropanici (tropina, scopina, teloidina, ecgonina) con acidi alifatici o aromatici (tiglico, angelico, benzoico, acetico, tropico, fenilacetico, ecc.). Le droghe più importanti di questo gruppo sono: belladonna, stramonio, giusquiamo e coca. IDENTIFICAZIONE. Questi alcaloidi (atropina, scopolamina, cocaina, ecc.) trattati con acido nitrico fumante e, dopo aver portato a secco, con acetone ed una soluzione alcolica di KOH al 10% sviluppano una colorazione violetta intensa che vira al rosso. Possono anche essere identificati con tecniche cromatografiche (HPLC) e con metodi biologici che sfruttano le proprietà farmacologiche di questi composti. BELLADONNA La belladonna si ottiene dall’Atropa belladonna L. (Fam. Solanaceae). Atropa deriva dal greco ατροποζ = crudele, da cui deriva anche il nome di una delle 3 Parche (dee del destino) cioè quella che recide il filo della vita (allusione alle proprietà velenose della droga) Belladonna si riferisce al fatto che il succo della bacca instillato negli occhi dilata le pupille e questo esaltava la bellezza femminile. HABITAT. E’ una pianta originaria dell’Europa centrale e del sud dell’Asia minore. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come: pianta erbacea perenne, ha un grande rizoma da cui si diparte un fust o aereo che può raggiungere 1.5-1.8 m di altezza, foglie appaiate, una grande ed una piccola, con un lungo picciolo (1.5 cm), fiori solitari, di colore marrone-violaceo, brevemente picciolati, che sbocciano verso l’inizio di giugno; i frutti maturi sono bacche nere e lucide che portano alla base un calice persistente e contengono semi reniformi di colore bruno. Contengono iosciamina che ha causato spesso avvelenamento nei bambini che li hanno mangiati (2-3 frutti portano a morte un bambino, mentre sono necessari 7-8 frutti per causare la morte di un adulto). DROGA. La droga è costituita dalle foglie e dalle sommità fiorite. Altre parti usate sono le radici. RACCOLTA DELLA DROGA. Le foglie sono raccolte alla fine di giugno da piante di circa 3 anni di età. Le foglie di una pianta in posizione soleggiata contengono più principi attivi rispetto ad una in posizione ombreggiata. DESCRIZIONE DELLA DROGA. Le foglie presentano una lamina sottile, friabile, verde-bruno, ovale, lunga 3-10 cm, larga 5-20 cm). Il margine è intero e l’apice acuminato. La superficie superiore è glabra, quella inferiore è pelosa. Le più importanti caratteristiche per identificare la droga sono le nervature e la ruvidità della superficie. Quest’ultima è dovuta alla presenza di cristalli di ossalato di calcio che causa la comparsa di piccoli punti bianchi sulla superficie della foglia dando l’impressione che sia cosparsa di sabbia. L’odore sgradevole delle foglie fresche scompare dopo essiccazione. F.U.: La droga è riportata in F.U. ed il contenuto minimo in alcaloidi totali espresso come iosciamina deve essere pari allo 0.3%. P RINCIPI ATTIVI. La belladonna contiene dallo 0.3 all’1.7% di alcaloidi. Tra questi troviamo: l-iosciamina è il principale e ne rappresenta circa il 90% del contenuto totale scopolamina (l-ioscina) apoatropina belladonnina Inoltre contiene dei derivati quali: atropina (d,l-iosciamina) tropina Il tropano è un composto biciclico costituito da un anello pirrolidinico (formato dall’ornitina) e da un anello piperidinico. Il 3OH derivato del tropano è conosciuto come tropina. La sua esterificazione con acido tropico produce l-iosciamina, che può racemizzare per formare l’atropina (questo alcaloide non è presente nella droga fresca bensì in quella secca). L’acido tropico contiene un atomo di carbonio chirale e pertanto esistono 2 enantiomeri. L’atropina è una miscela equimolecolare di d- e liosciamina, ma l’attività farmacologica risiede nell’isomero l. La scopolamina (estere dell’acido tropico con la scopina che si forma che si forma per ossidazione della iosciamina) è la lioscina, molto più attiva della d. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE DI ATROPINA E S COPOLAMINA. Gli effetti farmacologici sono Occhio: Sist. cardiovascolare: CUORE CIRCOLAZIONE SNC: ATROPINA S COPOLAMINA App. respiratorio: Tratto G.I.: SECREZIONE MOTILITÀ Muscolo liscio VIE URINARIE VIE BILIARI UTERO Ghiandole sudoripare: dose-dipendenti: dilatazione della pupilla (midriasi); paralisi dell’accomodazione (cicloplegia) tachicardia l’atropina non causa effetti significativi sulla pressione basse dosi: blanda stimolazione vagale per la stimolazione centrale dosi tossiche: elevata eccitazione con irritabilità, disorientamento o delirio dosi ancora maggiori: depressione che porta a collasso circolatorio e arresto respiratorio dopo un periodo di paralisi e coma dosi terapeutiche: depressione del SNC con amnesia, affaticamento, sonno senza sogni per riduzione della fase REM. Produce anche euforia e questo ne ha determinato un certo abuso. dosi molto elevate: eccitazione simile a quella prodotta dall’atropina inibiscono le secrezione a livello di naso, bocca, faringe e bronchi provocando secchezza delle fauci e delle membrane mucose delle vie respiratorie Prevengono la broncocostrizione da farmaci colinomimetici e, parzialmente da mediatori dell’infiammazione inibiscono sensibilmente la secrezione salivare; la bocca diventa secca e diventa difficile deglutire e parlare inibiscono la secrezione gastrica si ha una marcata riduzione della motilità gastrointestinale si ha una riduzione della contrazione della vescica atropina dà un leggero effetto antispastico si hanno minimi effetti sull’utero piccole dosi di atropina e scopolamina inibiscono l’attività delle ghiandole sudoripare, la pelle diventa calda e secca. A dosi molto elevate si può avere un innalzamento della temperatura corporea USI TERAPEUTICI. Vengono usati per inibire gli effetti dell’attività del sistema parasimpatico. Il loro più grosso limite è la mancanza di selettività recettoriale che può produrre effetti collaterali indesiderati. Tratto G.I.: vengono usati, alle massime dosi tollerate, per ridurre un’aumentata motilità gastrointestinale (dissenterie, effetti collaterali da farmaci antipertensivi, ipermotilità da interventi chirurgici addominali ecc.). Sono usati anche nella sindrome del colon irritabile Riduzione dell’eccessiva salivazione da avvelenamento da metalli pesanti, Parkinson, anestetici generali Occhio: come midriatico e cicloplegico App. respiratorio: gli alcaloidi della belladonna sono stati impiegati in passato come rimedio contro l’asma: in India le radici e le foglie di stramonio venivano bruciate ed il fumo inalato per curare l’asma. Quando somministrati per via sistemica riducono anche le secrezioni bronchiali portando ad una riduzione della fluidità del muco che diventa così più difficilmente eliminabile. La sua presenza può ostruire il flusso respiratorio e favorire infezioni. Vengono usati per ridurre le eccessive secrezioni bronchiali indotte da anestetici generali SNC: sono stati lungamente utilizzati nella terapia del morbo di Parkinson. La scopolamina è uno dei farmaci più efficaci come anticinetosico Avvelenamento da anticolinesterasici e da funghi T OSSICOLOGIA. L’intossicazione da alcaloidi della belladonna é particolarmente pericolosa nei bambini dove una dose di 10 mg di atropina o scopolamina possono essere letali. Spesso l’avvelenamento avviene per ingestione di bacche. E’ caratterizzata da esagerati effetti di tipo anticolinergico: si ha la paralisi diffusa di tutti gli organi innervati dal sistema parasimpatico. Il trattamento consiste nella somministrazione di fisostigmina in infusione endovenosa lenta che interrompe rapidamente la fase di delirio o di coma causate da dosi elevate di atropina. STRAMONIO Lo stramonio si ottiene dalla Datura Stramonium L. (Fam. Solanaceae). Datura deriva dall’indiano dhatura o dall’arabo tatorah = frutti spinosi, nomi indigeni che indicano la pianta. Stramonio deriva dal francese stamoiné che significa erbaccia o dalla contrazione di 2 parole greche che significano pianta che provoca pazzie furiose. Lo stramonio é una pianta originaria dell’Asia occidentale, Stati Uniti Messico e Europa: in Italia è frequente nei luoghi incolti e ricchi di humus, lungo le strade, le siepi, i campi, dal mare alle zone montane. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come pianta erbacea annuale alta fino a 2 m, con radice fusiforme, fusto verde scuro, glabro, foglie grandi isolate alterne, lungamente picciolate, ovali, profondamente incise in lobi irregolari e appuntiti, fiori bianchi, lunghi 8-10 cm, pentameri; il frutto è una capsula ovata, spinosa di circa 5 cm, contenente numerosi piccoli semi. DROGA. La droga è costituita dalle FOGLIE che sono raccolte a luglio, quando inizia la fioritura, e vengono essiccate in luoghi caldi e ventilati. In agosto, a completa fioritura, viene fatta una seconda raccolta. Gli alcaloidi sono presenti anche nei semi (0.4%). La foglia mostra un picciolo appiattito, lungo 3-6 cm (manca nelle foglie superiori), una lamina verde scura, sottile, glabra, ovato-allungata, dentata ai margini, con apice acuminato. La foglia fresca ha un odore viroso; il sapore è acre, spiacevole, amarognolo. Sono ricche di druse di ossalato di calcio. F.U.: La droga é riportata in F.U., ma tutte le parti della pianta contengono alcaloidi. Il contenuto minimo in alcaloidi totali espressi come l-iosciamina deve essere pari allo 0.25%. Come nella belladonna la l-iosciamina è l’alcaloide più rappresentat o nella pianta fresca, mentre l’atropina si forma per racemizzazione durante l’essiccamento. P RINCIPI ATTIVI. Lo stramonio contiene gli stessi ALCALOIDI TROPANICI di belladonna e giusquiamo (0.2-0.7%). l-iosciamina circa il 75% del contenuto totale scopolamina (l-ioscina) circa il 25% del contenuto totale apoatropina scopina scopolina Inoltre contiene dei derivati quali: atropina (d,l-iosciamina), tropina La droga contiene anche: tannini, mucillagini, ossalato di calcio P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE DELLO STRAMONIO. Le proprietà farmacologiche dello stramonio sono da attribuirsi principalmente agli alcaloidi ad attività antimuscarinica: atropina e scopolamina. Sono le stesse osservate per la belladonna. USI TERAPEUTICI. Vengono usati per inibire gli effetti dell’attività del sistema parasimpatico. Il loro più grosso limite è la mancanza di selettività recettoriale che può produrre effetti collaterali indesiderati. Sono gli stessi osservati per la belladonna. T OSSICOLOGIA. Lo stramonio è più tossico della belladonna e del giusquiamo. Se fumato provoca allucinazioni. In passato, nei riti magici, venivano ingerite preparazioni di semi di stramonio per indurre allucinazioni. E’ caratterizzata da esagerati effetti di tipo anticolinergico. I sintomi sono: pupille dilatate e visione offuscata, aridità della pelle, secchezza delle fauci, allucinazioni e perdita di conoscenza. L’abuso può causare morte dovuta a depressione del SNC, collasso cardiocircolatorio e ipotensione. Il trattamento consiste nella somministrazione di fisostigmina in infusione endovenosa lenta che interrompe rapidamente la fase di delirio o di coma causate da dosi elevate di atropina. GIUSQUIAMO Il giusquiamo si ottiene dallo Hyosciamus niger L. (Fam. Solanaceae). Hyosciamus deriva dal greco νοζ + κναµοζ = maiale + frutto a capsula, perché i frutti sono velenosi per i maiali. Niger si riferisce alla reticolatura nero-violacea dei fiori. Noto per la sua velenosità, fu usato anche come medicamento dagli antichi greci e romani. Cadde in disuso per poi essere introdotto nella medicina nel 1762. Lo hyosciamus niger é una pianta originaria dell’Asia orientale, dell’Africa settentrionale e dell’Europa: in Italia è frequente nei luoghi incolti. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come: pianta erbacea annuale o biennale alta 0.5-1.5 m, vellutata, vischiosa, con caule solcato longitudinalmente, peloso, verde-grigio, ramificato, foglie molli, pelose sulla pagina inferiore, verdi pallide, picciolate e grandi le basali, sessili e amplessicauli le superiori, a lamina ovata, a margine sinuato dentato con lobi triangolari profondi, ad apice acuminato, lunghe circa 25 cm e larghe 5-7 cm, fiori, raggruppati in corti grappoli, hanno un calice e una corolla a 5 lobi di colore giallastro con venature violacee; il frutto è una pisside racchiusa da un calice persistente e contiene piccoli semi grigi reniformi di circa 1 mm di diametro. DROGA. È costituita dalle FOGLIE che sono raccolte da maggio a luglio, durante la fioritura, da piante di 2 anni di età. Le foglie si staccano dalla pianta sradicata e si lasciano rapidamente seccare in luoghi asciutti o in essiccatori a 40-50°C. La foglia mostra un peduncolo piatto, lungo fino a 5 cm (manca nelle foglie superiori), una lamina pelosa, specie alla base, con insenature profonde ai margini, acute a 2-6 denti, con apice triangolare. La foglia fresca ha un odore viroso, fetido; il sapore è acre, spiacevole, amarognolo. Sono ricche di cristalli prismatici di ossalato di calcio. F.U. : Le foglie e le sommità fiorite sono riportate in F.U. ed il contenuto minimo in alcaloidi totali del gruppo della liosciamina deve essere pari allo 0.05%. P RINCIPI ATTIVI. Il giusquiamo contiene gli stessi ALCALOIDI TROPANICI di belladonna e stramonio: l-iosciamina circa il 50% del contenuto totale (0.05-0.1%) - minore delle altre specie scopolamina (l-ioscina) circa il 50% del contenuto totale – maggiore delle altre specie apoatropina scopina scopolina Inoltre contiene dei derivati quali: atropina (d,l-iosciamina), tropina La droga contiene anche: tannini, mucillagini, ossalato di calcio P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE DEL GIUSQUIAMO. Le proprietà farmacologiche del giusquiamo sono da attribuirsi principalmente agli alcaloidi ad attività antimuscarinica: atropina e scopolamina. Sono le stesse della belladonna e dello stramonio, ma, a causa del minor contenuto in principi attivi, sono più blande. USI TERAPEUTICI. Si hanno gli stessi impieghi terapeutici della belladonna. T OSSICOLOGIA. Per il giusquiamo sono stati riportati meno casi di intossicazione accidentale rispetto a belladonna e stramonio. E’ caratterizzata da esagerati effetti di tipo anticolinergico: si ha la paralisi diffusa di tutti gli organi innervati dal sistema parasimpatico. I sintomi e il trattamento sono gli stessi osservati per la belladonna. APPARATO DIGERENTE: ANTIELMINITICI CHENOPODIO Il chenopodio si ottiene dal Chenopodium ambrosioides L. var. anthelminticum A. Gray (Fam. Chenopodiaceae) HABITAT : pianta spontanea dell’America centrale, ma naturalizzata in Europa. DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne con fusto ramoso alto fino a 1 m, foglie alterne, ovali-lanceolate, appuntite all’estremità e aventi la caratteristica forma di piede d’oca. I fiori sono molto piccoli, giallastri, riuniti in racemo all’apice dei rami. Su tutte le parti aeree della pianta sono presenti dei peli protettori pluricellulari e peli secretori con testa unicellulare. Il frutto è un achenio di circa 1 mm di diametro. Le piante del genere Chenopodium possono emanare un odore aromatico o fetido. C. ambrosioides emana un odore che ricorda quello del petrolio, il sapore è acre e amaro. DROGA: pianta fiorita e frutti dalla cui distillazione si ottiene un’essenza P RINCIPI ATTIVI. Dalle estremità fiorite si estraggono: un olio essenziale (0.2-1% della pianta) una resina con contenuto variabile in ascaridolo (60-80%). La pianta non deve contenere meno del 65% e non più del 80% di ascaridolo. Sono inoltre presenti: p-cimene limonene α-terpinene F.U. compare l’essenza che si estrae per distillazione dalle parti aeree della pianta, compresi fiori e frutti. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE E IMPIEGO TERAPEUTICO. Il chenopodio ha proprietà antielmintiche soprattutto contro gli ascaridi. Negli adulti si somministrano 2-3 dosi di 0.2-0.3 ml di olio essenziale al giorno. Prima e dopo la terapia è consigliabile l’uso di purganti salini. L’essenza ha anche blande proprietà antispastiche e sedative. Le foglie vengono usate nella preparazione di prodotti per la cura dei capelli. In omeopatia si usa la tintura madre preparata a partire dalla pianta intera fresca con indicazioni in caso di disturbi epatici e neurosensoriali. T OSSICITÀ. I componenti dell’olio essenziale sono facilmente assorbiti e si distribuiscono a tutti gli organi. L’ascaridolo ha un indice terapeutico molto basso. Già a dosi di 0.02 ml/kg è stato riscontrato un abbassamento pressoreo dovuto sia ad effett i sull’apparato cardiocircolatorio che sul SNC. La sintomatologia tossica può manifestarsi dopo alcune ore dall’assunzione con nausea, vomito, cefalea, sonnolenza, disturbi visivi ed uditivi, bradipnea, ipotensione, ematuria, albuminuria, ittero, convulsioni, coma. FELCE MASCHIO La felce maschio si ottiene da Dryopteris filix-mas (L.) Schott (Fam. Polypodiaceae). Le proprietà vermifughe delle felci erano note fin dall’antichità; il loro uso veniva menzionato da Plinio e Galeno. Le venivano attribuite anche altre proprietà curiose: la credevano capace di curare la stanchezza dei piedi se messa nelle scarpe, di curare la sordità se applicata sull’orecchio. HABITAT : è una specie del sottobosco, diffusa in Europa, Asia, America DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea di dimensioni variabili, che può raggiungere i 100-120 cm di altezza. Presenta fronde grandi, erette pennatosette, a segmenti pennato-partiti, inserite sul rizoma sotterraneo. I piccioli sono ricoperti di squame membranose (palee), di color ruggine, che rivestono anche la nervatura centrale, detta rachide, e le nervature secondarie. Sulla pagina inferiore si notano 2 serie di gruppi di sporangi (sori) ciascuno dei quali è ricoperto da una membrana. DROGA: RIZOMA RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE DELLA DROGA: la felce maschio è raccolta alla fine dell’autunno, mondata dalla maggioranza delle foglie e delle parti morte e poi essiccata. DESCRIZIONE DELLA DROGA: il rizoma, rivestito di palee, radici avventizie e piccioli, ha circa 2 cm di diametro, colore brunastro all’esterno e giallastro all’interno, odore debole, sapore inizialmente dolce, poi amaro e nauseante. In sezione trasversale presenta all’esterno un’epidermide a pareti ispessite, sotto un ipoderma costituito da parecchi strati di cellule poligonali e poi un parenchima corticale. P RINCIPI ATTIVI. I costituenti attivi della felce maschio sono: derivati del fluoroglucinolo che si trovano come composti mono-, bi- tri e tetraciclici: composti monociclici: composti biciclici: composti triciclici: aspidinolo acido filicinico filicinil butanone albaspidina acidi flavaspidico acido filicico oleoresina F.U.: La droga è iscritta in F.U P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE E IMPIEGO TERAPEUTICO. La felce maschio ha proprietà antielminitiche soprattutto contro la tenia T OSSICITÀ. I principi attivi della felce maschio, se assorbiti, possono determinare gravi avvelenamenti che possono portare a cecità. Non bisogna perciò assumerla a stomaco pieno o dopo ingestione di alcol e grassi che ne facilitano la solubilizzazione. Si devono evitare i purganti oleosi (olio di ricino) e quindi come purganti, indispensabili per l’espulsione delle tenie, vanno somministrati purganti salini, oppure il calomelano. TABACCO Il Tabacco è dato dalle foglie di Nicotiana tabacum L. (Fam. Solanaceae). DESCRIZIONE DELLA PIANTA. Si presenta come una pianta erbacea annuale, alta circa 1.5-2 m, le foglie sono grandi e ovali, alterne, sessili, ha infiorescenze in pannocchie con fiori tubulosi di colore variabile dal rosa al rosso carminio; il frutto è una capsula che contiene un gran numero di semi. La preparazione del tabacco richiede un lento essiccamento ed un’accurata fermentazione, operazioni importanti perché determinano il colore marrone e l’aroma del tabacco. Comunque la qualità del tabacco dipende soprattutto dall’origine botanica (specie, varietà ecc.) e dal modo in cui viene trattato. DROGA: non iscritta nella F.U., è costituita dalle foglie essiccate in cui possono essere distinti al microscopio peli tettori e ghiandolari, cellule dell’epidermide con cuticola striata e cellule contenenti sabbia di ossalato di calcio. P RINCIPI ATTIVI: il tabacco contiene 2-10% di alcaloidi piridinici tra cui troviamo: nicotina, il più abbondante (0.05-9%) nornicotina anabasina il 40% di glucidi tra cui: amido, pectina, cellulosa, zuccheri solubili il 15-20% di acidi organici tra cui: acido nicotinico, acido caffeico, acido citrico, acido malico polifenoli tra cui: rutoside, quercetolo, scopoletolo E FFETTI FARMACOLOGICI. I complessi effetti che si osservano dopo somministrazione di nicotina non sono dovuti solamente alla varietà di siti di azione con cui può interagire, ma soprattutto al fatto che l’alcaloide può sia stimolare che desensibilizzare i recettori. Quindi la risposta finale di ciascun organo dipenderà dalla sommatoria di effetti stimolatori e inibitori prodotti. Sistema Nervoso Periferico: gangli autonomi: si ha un’iniziale e transitoria stimolazione seguita da una persistente depressione piccole dosi: stimolano direttamente le cellule gangliari e favoriscono la trasmissione dell’impulso dosi elevate: l’iniziale stimolazione è seguita da un blocco della trasmisione midollare del surrene: anche qui si ha un’azione bifasica piccole dosi: provocano il rilascio di catecolamine dosi elevate: inibizione del rilascio di catecolamine giunzione neuromuscolare: effetti simili ai gangli Sistema Nervoso Centrale: La nicotina stimola marcatamente il SNC; piccole dosi (fumo): provoca attivazione della vigilanza, miglioramento dell’apprendimento e dell’attenzione, riduzione della percezione algica, eccitazione della respirazione dosi elevate: induce tremori e poi convulsioni; la stimolazione è poi seguita da depressione e la morte sopraggiunge per paralisi respiratoria centrale e per blocco dei muscoli della respirazione La nicotina induce anche vomito sia per effetto centrale (CTZ) che periferico. Sistema Cardiovascolare: La nicotina produce un aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa a seguito della stimolazione dei gangli simpatici, della midollare del surrene e della liberazione di catecolamine dai terminali nervosi. Tratto Gastroenterico: Gli effetti della nicotina a questo livello sono dovuti principalmente alla stimolazione del sistema parasimpatico. Sia ha un aumento del tono e della motilità che produce nausea vomito e talvolta diarrea. Ghiandole esocrine: La nicotina causa un’iniziale stimolazione della salivazione seguita da inibizione. La salivazione causata dal fumo origina essenzialmente da un’azione irritante del fumo stesso piuttosto che da un effetto rpodotto dalla nicotina. USI NICOTINA. La nicotina non è usata in terapia. L’infuso di foglie è stato utilizzato in passato per uso esterno come vermifugo e parassiticida (scabbia, tigna). Oggi rimane un impiego come insetticida (per la distruzione degli afidi) in agricoltura. La nicotina è usata in gomme da masticare, cerotti a lenta cessione, spray nasali per la disassuefazione dei tabagisti. T OSSICOLOGIA. La nicotina è un potente veleno. L’avvelenamento si può verificare, ad es., per ingestione accidentale di insetticidi. La dose letale per un uomo adulto è di circa 60 mg, quantità contenuta in 15-20 foglie essiccate. Le sigarette contengono da 0.1 a 0.6 mg. I sintomi da avvelenamento insorgono rapidamente. Si ha: nausea, salivazione, dolore addominale, vomito, diarrea, sudore freddo, cefalea, confusione mentale, debolezza caduta della pressione arteriosa difficoltà respiratorie convulsioni La morte sopraggiunge in pochi minuti per arresto respiratorio. Trattamento: si deve indurre il vomito con sciroppo di ipecacuana o effettuare una lavanda gastrica soluzioni alcaline dovrebbero essere evitate si deve somministrare carbone vegetale respirazione assistita e somministrazione di ossigeno Nei fumatori si ha un aumento del rischio di teratogenesi e di insorgenza di tumori a polmoni, laringe, esofago, vescica, pancreas dovuto agli idrocarburi policiclici come il 3,4 benzopirene, e a nitroso derivati che si originano durante la combustione. CURARO Il CURARO è il succo concentrato estratto dalle cortecce e dalle radici di piante dei generi: Chondrodendron: C. tomentosum (Fam. Menispermaceae) Strychnos: S. castelnaeana, S. toxifera, S. creavanxii (fam. Loganiaceae) Curarea: C. toxicofera, C. candicans Virola Curaro: deriva da urari o woorari, parola indiana che significa veleno Il curaro veniva utilizzato dagli Indios per cacciare. Gli animali colpiti dalle frecce avvelenate con il curaro cadono paralizzati e dopo pochi minuti muoiono per paralisi respiratoria. La carne dell’animale ucciso con il curaro può essere consumata senza rischio perché il veleno viene assorbito in minima parte per os ed è eliminato rapidamente. Le prime notizie sul curaro giunsero in Europa nel 1516 grazie a Pietro d’Anghera che lo citò in alcune lettere dirette a Giovanni de’ Medici. Nel 1781 Felice Fontana descrisse le principali proprietà biologiche del curaro nel trattato sul veleno americano. La composizione del curaro fu a lungo circondata dal più grande mistero perché gli Indios del Rio delle Amazzoni e dell’Orinoco, i principali preparatori di questo veleno, la tennero gelosamente nascosta, poiché tale preparazione comportava anche aspetti rituali. DROGA: non iscritta nella F.U., mentre è citata la d-tubocurarina P RINCIPI ATTIVI. La composizione chimica dei costituenti farmacologicamente attivi dei curari delle Menispermaceae differisce da quelli presenti nei curari delle Loganiaceae. I principi attivi presenti nelle Menispermaceae sono: alcaloidi isochinolinici: es. d-tubocurarina si ottengono da tubocurari e vasocurari I principi attivi presenti nelle Loganiaceae sono: dimeri a struttura indolica che si origina dal triptofano: es. toxiferine si ottengono da calabassocurari entrambi i principi attivi hanno comunque la stessa attività farmacologica P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. Tutti i componenti attivi del curaro sono grosse molecole rigide e presentano almeno un gruppo ammonico quaternario. La natura cationica di questi composti impedisce che siano assorbiti dal tratto gastrointestinale e che possano avere effetti sul SNC (non passano la BEE). Muscolo Scheletrico: La localizzazione dell’azione paralitica del curaro a livello della giunzione neuromuscolare fu descritta da Claude Bernard nel 1850. La tubocurarina interagisce con i recettori nicotinici localizzati sulla membrana postgiunzionale e bloccano in maniera competitiva l’azione dell’ACh che è il neurotrasmettitore fiologico. Concentrazioni crescente dell’antagonista competitivo tubocurarina riduce l’ampiezza dei potenziali postgiunzionali che a loro volta iniziano il potenziale d’azione a livello del muscolo determinando la contrazione. Si può arrivare ad una riduzione del 70% di quest i potebziali prima che risultino insufficienti a generare un potenziale d’azione propagato. Questo rappresenta un meccanismo di “sicurezza” atto a garantire il più possibile la trasmissione neuromuscolare. A dosi molto elevate la tubocurarina può agire da antagonista non competitivo. La paralisi prodotta è progressiva: l’azione paralizzante interessa in successione: i muscoli brevi del capo e del collo i muscoli brevi degli arti i muscoli lunghi degli arti i muscoli intercostali il diaframma Il ritorno alla normale funzionalità del muscolo è generalmente opposto all’ordine in cui vengono bloccati. Quindi il diaframma è il primo muscolo a tornare al normale funzionamento. Agendo da antagonista competitivo, l’effetto della tubocurarina è revertito da un aumento di concentrazione di ACh che si ottiene tramite la somministrazione di un anticolinesterasico. Il saggio biologico dei curari si effettua nel coniglio, determinando la dose che provoca paralisi dei muscoli del collo che porta a perdita della posizione eretta della testa (caduta della testa). Gangli del Sistema Nervoso Autonomo: La tubocurarina può indurre un certo grado di blocco gangliare che provoca riduzione della pressione arteriosa e tachicardia Liberazione di istamina: La tubocurarina induce liberazione di istamina provocando gonfiore nella zona di iniezione ed effett i quali broncospasmo, ipotensione, eccessiva salivazione e secrezione bronchiale. USI DEL CURARO. I curari, essendo dei bloccanti neuromuscolari, vengono essenzialmente utilizzati come adiuvanti nell’anestesia chirurgica in modo da ottenere rilassamento dei muscoli scheletrici, in particolare negli interventi addominali, in modo da facilitare le operazioni durante intervento. Questo consente inoltre di ridurre la quantità di anestetico generale altrimenti necessario per ottenere lo stesso rilassamento, riducendo quindi i rischi legati alla presenza di elevate dosi di anestetico (depressione respiratoria e cardiovascolare). L’induzione di un blocco persistente da parte della tubocurarina e la difficoltà di ottenere una completa reversione dell’effett o ha fatto sviluppare dei derivati che avessero un’azione più breve. Tra questi troviamo composti a: durata d’azione intermedia: vecuronio, atracuronio, rocuronio durata d’azione breve: mivacuronio Esistono attualmente vari composti che agiscono da bloccanti neuromuscolari. Questi, in base al loro meccanismo d’azione, vengono classificati in 2 categorie: competitivi (tubocurarina e derivati) depolarizzanti (succinilcolina, decametonio) Tra i competitivi troviamo la tubocurarina ed altri derivati che agiscono come antagonisti competitivi del recettore nicotinico. I depolarizzanti sono composti che agiscono con un diverso meccanismo. Inizialmente depolarizzano la membrana tramite la stimolazione (apertura) dei canali analogamente a quanto fa l’ACh. Essendo insensibili all’azione dell’AChE, il loro effetto è di lunga durata. Questo produce un breve periodo di eccitazione ripetuta che si manifesta inizialmente con l’insorgenza di fascicolazioni. Questa prima fase è poi seguita da blocco della trasmissione neuromuscolare e paralisi flaccida. La contrazione è dovuta al susseguirsi di fasi di depolarizzazione e ripolarizzazione. Questi farmaci mantengono uno stato continuo di depolarizzazione impedendo così la contrazione. Un aumento dei livelli di ACh non sarà quindi in grado di revertire l’effetto dei depolarizzanti. T OSSICOLOGIA. Effetti indesiderati dei curari sono: una prolungata apnea, collasso cardiocircolatorio e effetti prodotti dalla liberazione di istamina. Nell’avvelenamento da curaro la paralisi dei muscoli intercostali e del diaframma determinano la morte per blocco respiratorio. Trattamento: L’effetto della tubocurarina può essere revertito da alte concentrazioni di ACh che si possono ottenere somministrando un AChE quale la neostigmina. SISTEMA CARDIOVASCOLARE: CARDIOTONICI GLICOSIDI CARDIOATTIVI O CARDIOTONICI o CARDENOLIDI I glicosidi cardioattivi sono costituiti da un aglicone di natura STEROIDEA legata da un lato (posizione 3) da una catena zuccherina rappresentata da monosaccaridi (da 1 a 4) e dall’altro (posizione 17) da un anello lattonico a 5 o 6 atomi. A seconda del tipo di anello lattonico presente, gli agliconi si possono dividere in 2 tipi diversi denominati: CARDENOLIDI (es. digitossigenina) BUFADIENOLIDI (es. scillarenina) che sono meno rappresentati nel regno vegetale e si trovano soprattutto nel veleno dei rospi del genere Bufo In passato le patologie cardiache venivano infatti trattate con preparati a base di pelle di rospo essiccata e polverizzata. Questi glicosidi sono degli eteri che per idrolisi liberano la genina dalla parte zuccherina. La genina è responsabile dell’attività farmacologica del glicoside, mentre gli zuccheri ne influenzano la farmacocinetica (assorbimento, emivita, metabolismo) GLICOSIDI DIGITALICI Sono i cardenolidi più diffusi. La droga che li contiene è la digitale, costituita dalle foglie essiccate di Digitalis purpurea e lanata (Fam. Scrophulariaceae). La digitale è una droga molto potente e possiede uno stretto margine di sicurezza. Le sue preparazioni hanno un contenuto alquanto variabile in principi attivi ed è quindi preferibile ricorrere all’impiego dei singol i principi attivi, di cui si può effettuare un dosaggio esatto. I più importanti glicosidi digitalici sono: digitossina gitossina gitalossina digossina Si ottengono durante l’essiccamento per degradazione enzimatica dei glicosidi primari (purpurea-glucosidi A e B, glucogitalina, lanatoside C). La concentrazione totale dei glicosidi varia a seconda della specie di digitale usata, e, dopo la raccolta, in base ai metodi di trattamento e conservazione usati. I glicosidi digitalici condividono effetti identici sul miocardio e anche gli effetti tossici sono sostanzialmente gli stessi. Unica particolarità è data dalla digitossina che, penetrando meglio nel SNC, causa maggiori effetti neurologici indesiderati, comprese aritmie di origine centrale. Le principali differenze sono di tipo farmacocinetico. DIGOSSINA Costituisce il rappresentante della famiglia dei glicosidi digitalici poiché è l’unico ad avere un vasto impiego clinico. E’ un agente INOTROPO POSITIVO: composto in grado di aumentare la contrattilità miocardica durante i periodi di diminui ta funzionalità ventricolare sinistra. Viene usata quando la forza di contrazione cardiaca è ridotta ed il ventricolo sinistro non può espellere il sangue secondo le necessità metaboliche dell’organismo. Ciò accade in una particolare condizione patologica nota come INSUFFICIENZA CARDIACA in cui la terapia farmacologica deve far aumentare la funzionalità ventricolare e quindi la gittata cardiaca. Il sistema contrattile della muscolatura striata è strettamente dipendente dalla presenza di ioni calcio. Le concentrazioni fisiologiche di calcio intracellulare e extracellulare sono rispettivamente 10 - 7 e 10 -4 M e da questo gradiente dipendono le varie funzioni cellulari compresa la contrazione. Tale gradiente viene mantenuto da specifici canali e pompe ioniche. Se i livelli di calcio dovessero rimanere elevati, il cuore rimarrebbe in uno stato costante di contrazione. Il calcio in eccesso viene rimosso tramite 2 vie: scambio Na+ /Ca++ attraverso la membrana ad opera di una proteina scambiatrice; il bilancio di Na+ é poi ripristinato dall’enzima Na+ /K+ ATPasi ricaptazione del Ca++ all’interno del reticolo sarcoplasmatico I glicosidi cardioattivi determinano un aumento della contrattilità aumentando la disponibilità di Ca++ intracellulare tramite un’inibizione dell’enzima Na+ /K+ ATPasi. Sono infatti dei potenti e selettivi inibitori del trasporto attivo di Na+ e K+ attraverso la membrana cellulare. Un altro importante effetto della digossina è quello CRONOTROPO NEGATIVO: produce cioè un rallentamento della frequenza ventricolare. Tale effetto é riconducibile alla stimolazione del nervo vago (effetto vagomimetico) e ad una riduzione della scarica simpatica al cuore (effetto simpaticolitico). Il meccanismo principale con cui si esplica tale effetto è un aumento della sensibilità dei barocettori a livello dell’arteria carotidea alle variazioni pressorie. DIGITALE La digitale si ottiene dalla Digitalis purpurea L. o dalla D. lanata (Fam. Scrofulariaceae). Digitalis: dal latino digitas=dito per la forma della corolla purpurea: per il colore rosso del fiore lanata: per il rivestimento denso di aspetto lanoso HABITAT : è una specie dell’Europa occidentale. In Italia è spontanea in Sardegna ed è frequente in luoghi silicei, umidi e montagnosi. Viene coltivata in diversi paesi Digitalis purpurea DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea biennale. Nel primo anno sviluppa una rosetta di foglie basali da dove, nel secondo anno, sorge un caule eretto, cilindrico, peloso, alto da 0.5 a 1.5 m che porta foglie alterne, irregolarmente dentate, con la pagina superiore verde o vellutata e la pagina inferiore di colore più chiaro dove sporgono caratteristiche nervature che formano tra loro angoli di 45°. Tali foglie sono picciolate alla base e quasi sessili all’apice del caule. I fiori sono penduli e riuniti in un racemo unilaterale. La corolla è a forma di ditale, lunga 4-5 cm, di color rosso porpora con macchie più scure nella parte interna. Il frutt o è una capsula acuminata che contiene numerosi piccoli semi. DROGA: foglie RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE che ha luogo nel periodo di luglio-agosto DELLA DROGA: la droga si raccoglie nel 2° anno di vegetazione prima della fioritura, DESCRIZIONE DELLA DROGA: la foglia è ovale o lanceolata, può raggiungere una lunghezza di 30 cm e una larghezza di 20 cm. In sezione trasversale presenta: epidermide della pagina superiore a cellule poligonali con peli protettori e alcuni peli ghiandolari tessuto a palizzata con una sola fila di cellule tessuto spugnoso abbastanza lacunoso, senza cristalli di ossalato di calcio epidermide della pagina inferiore come quella della pagina superiore, ma con peli protettori e ghiandolari più numerosi. Sono proprio i peli protettori a rappresentare l’elemento caratteristico della polvere di digitale P RINCIPI ATTIVI Nelle foglie fresche si trovano i glicosidi primari: purpurea-glicoside A e B e glucogitalossina Durante l’essiccamento ha luogo la degradazione enzimatica con la perdita del glucosio terminale dando rispettivamente digitossina, gitossina e gitalossina. I componenti principali delle foglie secche di digitale sono: glicosidi cardenolidici : digitossina (0.03-0.1%) gitossina (0.01-0.08%) gitalossina (0.02-0.08%) saponine flavonoidi antrachinoni F.U.: Sono riportate le foglie essiccate di D. purpurea, che devono contenere lo 0.3% di glicosidi espressi come digitossina Secondo F.U. l’attività biologica di tutte le droghe digitaliche si determina misurando la dose i.v. che determina l’arresto del cuore del gatto anestetizzato e in respirazione artificiale, in confronto con uno standard internazionale. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE La digitale esercita sul cuore sano, ma soprattutto su quello scompensato: azione inotropa positiva: aumento della forza di contrazione cardiaca azione cronotropa negativa: riduzione della frequenza cardiaca azione batmotropa positiva: aumento dell’eccitabilità del miocardio azione dromotropa negativa: riduzione della velocità di conduzione dell’impulso e conseguente aumento del periodo refrattario proprietà diuretiche IMPIEGO TERAPEUTICO. Terapia dello scompenso cardiaco congestizio Tachicardia e flutter atriale FARMACOCINETICA. Assorbimento: Le preparazioni di digitale possono essere somministrate per os, ma non tutti i glicosidi sono ben assorbiti: digitossina: assorbita quasi completamente digossina: assorbita circa al 40% gitossina: scarsamente assorbita Legame con le proteine plasmatiche: digitossina: si lega per il 95% digossina: si lega per il 25% Emivita: digitossina: 7 giorni digossina: 36 h La terapia digitalica prevede una dose di attacco seguita da dosi di mantenimento tali da sostituire nel tempo le quantità di digitalici eliminate. Le dosi iniziali sono: digitossina: 0.8-1.2 mg digossina: 0.5-1 mg Le dosi di mantenimento sono: digitossina: 10% della dose iniziale digossina: 35% della dose iniziale T OSSICITÀ. E’ una pianta molto tossica: 10 g di foglie secche o 40 g di foglie fresche sono sufficienti ad uccidere un uomo. L’indice terapeutico dei digitalici è basso: per la digossina la concentrazione plasmatica media è di 1.8 ng/ml e i sintomi di intossicazione si hanno a 3 ng/ml. La tossicità si manifesta con: sintomatologia tossica extracardiaca: vomito di origine centrale sintomatologia tossica cardiaca: bradicardia, aritmia atriale e tachicardia, blocco della conduzione, extrasistole, fibrillazione atriale e arresto cardiaco Fattori di rischio nella terapia digitalica sono legati alla riduzione della funzionalità renale, ipopotassiemia e ipocalcemia Il trattamento dell’intossicazione da digitalici si effettua generalmente con KCl, lidocaina e fenitoina INTERAZIONI FARMACOLOGICHE. Farmaci che producono un’interazione farmacocinetica con i digitalici sono numerosi: riduzione dei livelli ematici: colestiramina, neomicina, sulfasalazina, antiacidi, purganti drastici (-25-30%) aumento dei livelli plasmatici: chinidina, verapamil, amiodarone (comunemente usati in associazione con digossina), eritromicina, omeprazolo, tetracicline (+70-100%) Si hanno anche interazioni farmacodinamiche: ß-adrenergici favoriscono l’insorgenza di aritmie ciclosporine riducono la funzionalità renale e quindi la clearance di digossina farmaci diuretici riducono i livelli di K+ e favoriscono l’inibizione della Na+/K + ATPasi Digitalis lanata DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne. Ha un fusto eretto, cilindrico, peloso, alto da 0.6 a 1 m, violaceo verso la base, peloso alla sommità che porta foglie sessili, lanceolate, glabre, di colore verde scuro, lunghe 10-20 cm. Le nervature formano tra loro angoli molto acuti con la nervatura centrale, caratteristica che la differenzia dalla D. purpurea. I fiori, riuniti in un lungo grappolo, sono di colore bianco-grigiastro venati di marrone. I calici sono ricoperti di peli. Il frutto è una capsula che contiene numerosi piccoli semi DROGA: foglie P RINCIPI ATTIVI Nelle foglie fresche si trovano i glicosidi primari: lanatoside A e B che sono molto simili ai purpurea glicosidi A e B della D. purpurea, ma differiscono perché sono acetilati sul digitossosio vicino al glucosio terminale. Questo conferisce proprietà cristalline ai composti, rendendone più facile l’isolamento. Durante l’essiccamento ha luogo l’idrolisi parziale dei glicosidi dando acetildigitossina e acetilgitossina. La deacetilazione produrrà gli stessi principi attivi della D. purpurea: digitossina e gitossina. I componenti principali delle foglie secche di digitale sono: glicosidi cardenolidici : (complessivamente sono compresi tra lo 0.5 e l’1%, cioè 3-4 volte più concentrati che nella D. purpurea) digitossina gitossina acetildigitossina acetilgitossina saponine F.U.: La droga non è riportata in F.U., ma è presente il suo principio attivo più importante, la digitossina P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE I suoi effetti sono paragonabili a quelli della D. purpurea, anche se è più attiva e più tossica: azione inotropa positiva: aumento della forza di contrazione cardiaca azione cronotropa negativa: riduzione della frequenza cardiaca azione batmotropa positiva: aumento dell’eccitabilità del miocardio azione dromotropa negativa: riduzione della velocità di conduzione dell’impulso e conseguente aumento del periodo refrattario proprietà diuretiche IMPIEGO TERAPEUTICO Terapia dello scompenso cardiaco congestizio Tachicardia e flutter atriale Si usa principalmente per l’estrazione dei lanatosidi e della digossina T OSSICITÀ L’indice terapeutico dei digitalici è basso: per la digossina la concentrazione plasmatica media è di 1.8 ng/ml e i sintomi di intossicazione si hanno a 3 ng/ml. La tossicità si manifesta con: sintomatologia tossica extracardiaca: vomito di origine centrale, dolori addominali sintomatologia tossica cardiaca: bradicardia, aritmia atriale e tachicardia, blocco della conduzione, extrasistole, fibrillazione atriale e arresto cardiaco Fattori di rischio nella terapia digitalica sono legati alla riduzione della funzionalità renale, ipopotassiemia e ipocalcemia Il trattamento dell’intossicazione da digitalici si effettua generalmente con KCl, lidocaina e fenitoina INTERAZIONI FARMACOLOGICHE Farmaci che producono un’interazione farmacocinetica con i digitalici sono numerosi: riduzione dei livelli ematici: colestiramina, neomicina, sulfasalazina, antiacidi, purganti drastici (-25-30%) aumento dei livelli plasmatici: chinidina, verapamil, amiodarone (comunemente usati in associazione con digossina), eritromicina, omeprazolo, tetracicline (+70-100%) Si hanno anche interazioni farmacodinamiche: ß-adrenergici favoriscono l’insorgenza di aritmie ciclosporine riducono la funzionalità renale e quindi la clearance di digossina farmaci diuretici riducono i livelli di K+ e favoriscono l’inibizione della Na+/K + ATPasi GLICOSIDI CARDIOATTIVI DELLO STROFANTO Sono glicosidi cardioattivi simili alle genine digitaliche contenuti nei semi secchi maturi di diverse piante appartenenti al genere Strophantus (Fam. Apocinaceae), che crescono nell’Africa tropicale. Le più importanti sono: S. kombé S. hispidus S. gratus Alcuni estratti ottenuti dai semi di queste piante vengono usati dagli indigeni dell’Africa orientale per avvelenare le frecce usate per cacciare. I glicosidi dello strofanto vengono detti STROFANTINE e si distinguono, a seconda della pianta di origine, in: STROFANTINA K (dallo S. kombé) STROFANTINA G (dallo S. gratus) STROFANTINA H (dallo S. hispidus) STROFANTINA K: è costituita da una miscela di 3 glicosidi, k-strofantoside, k-strofantina, cimarina. Ha un’attività simile ai glicosidi digitalici, ma se ne differenzia per un’insorgenza d’azione più rapida, una minore durata d’azione, un minor accumulo. Non essendo assorbita nel tratto GI viene somministrata iv o im. STROFANTINA G: è detta ouabaina perché contenuta anche nel legno di Acokanthera ouabaio. La ouabaina iniettata iv è circa 2 volte più potente della strofantina k. Non ha più un rilevante impiego clinico, ma si usa in campo sperimentale. STROFANTINA H: è una miscela di glicosidi amorfi; contiene strofantoside K, cimaroside, cimarolo STROFANTO Lo strofanto si ottiene dallo Strophantus hispidus D.C., Strophanthus kombé Oliver, Strophanthus sarmentosus D.C., o di Strophanthus gratus Franc. (Fam. Apocinaceae) Strophanthus origina dal greco (fiore + tortuoso), per i lobi del fiore contorti a spirale Kombé: è il nome di un veleno ricavato dai semi della pianta HABITAT : Africa centro-orientale DESCRIZIONE DELLA PIANTA: nei luoghi aperti e soleggiati assume la forma di cespuglio, mentre all’interno delle foreste assume un aspetto lianoso. Ha foglie opposte, brevemente picciolate, pelose, a lamina intera, ellittica o lanceolata, acuminata all’apice. Ha fiori, di colore diverso a seconda della specie (bianco-giallastro), sono riuniti in infiorescenze terminali. I 5 lobi di ciascuna corolla sono prolungati in linguette strette, allungate e ritorte su se stesse (meno che in S. gratus). Il frutto è costituito da 2 follicoli appiattiti, fusiformi, acuminati all’apice, arrotondati alla base, che a maturità divaricano le 2 valve e fanno uscire numerosi semi DROGA: semi RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE DELLA DROGA: i frutti si raccolgono in giugno-luglio quando hanno raggiunto la piena maturità. Poi si aprono e si raccolgono i semi che vengono essiccati all’aria DESCRIZIONE DELLA DROGA: i semi sono ovali lanceolati, lunghi 1-2 cm. Hanno colore fulvo nello S. gratus, bruno-dorato nello S. hispidus, verde-giallastro nello S. kombé. Su di una faccia del seme esiste un rafe che all’apice si prolunga e porta un ciuffo di peli disposti a ventaglio (pappo) di dimensioni diverse a seconda della specie, che si stacca facilmente ed è assente nella droga conservata. Presentano numerosi peli protettori ad eccezione di S. gratus in cui sono assenti. L’esame della polvere al microscopio mostra: frammenti di peli e di epidermide, cellule poliedriche contenti goccioline oleose, amido, cristalli e druse di ossalato di calcio. P RINCIPI ATTIVI Glicosidi cardenolidi (2-8%): strofantina G, H, K Cimarolo Olio grasso (30-35%) Trigonellina Mucillagini F.U.: è riportata la droga, costituita dai semi privi di pappo. Sezionando i semi e umettandoli con H 2SO4 si ottiene una colorazione verde se provengono da S. kombé o hispidus, rosa o rossa se provengono da S. gratus. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE I suoi effetti sono paragonabili a quelli della D. purpurea: azione inotropa positiva: aumento della forza di contrazione cardiaca azione cronotropa negativa: riduzione della frequenza cardiaca azione batmotropa positiva: aumento dell’eccitabilità del miocardio azione dromotropa negativa: riduzione della velocità di conduzione dell’impulso e conseguente aumento del periodo refrattario La strofantina G non è somministrabile per os, non si lega alle proteine plasmatiche, non viene metabolizzata ed è eliminata inalterata nelle urine. Se somministrata iv gli effetti si manifestano entro 10 min con massimo entro 2 h e scompaiono dopo 24-36 h. La dose usuale iv è di 0.25 mg seguita da eventuali dosi successive di 0.1 mg fino ad un massimo di 1 mg al giorno. La strofantina K ha proprietà simili alla digossina, viene somministrata iv a dosi di 0.1 mg con un dosaggio massimo giornaliero di 0.5 mg. IMPIEGO TERAPEUTICO. Ha un’azione rapida e di breve durata ed è quindi consigliato il suo uso nei casi in cui si deve produrre un effetto inotropo positivo rapido come ad es. nell’edema polmonare T OSSICITÀ. La tossicità dello strofanto è simile a quella prodotta dai digitalici BUFADIENOLIDI Sono meno comuni in natura dei cardenolidi, si trovano in alcune Liliaceae e Ranunculaceae. Nel veleno del rospo Bufo le genine sono parzialmente libere e combinate in parte con la suberil arginina. Hanno scarso uso terapeutico come droghe cardioattive perché il loro indice terapeutico è basso e producono vari effett i collaterali GLICOSIDI DELLA SCILLA Sono bufadienolidi contenuti nelle squame mediane, essiccate, del bulbo della Urginea maritima (Fam. Liliaceae) La droga, che contiene numerosi glicosidi, è utilizzata per l’estrazione dello scillarene A e della proscillaridina A La genina, denominata scillarenina o scillaridina A, combinata con ramnosio-glucosio-glucosio forma il glucoscillarene A (un triglicoside) Per rimozione di un residuo di glucosio si ottiene lo scillarene A Per rimozione di 2 residui di glucosio si ottiene la proscillaridina A Lo scillarene A è un glicoside cristallino e rappresenta il principio attivo più importante. Contiene inoltre una miscela amorfa di glicosidi, detta scillarene B, di cui il glicoside più importante è lo scilliglaucoside SCILLA La scilla si ottiene dalla Urginea maritima (L.) Baker, Urginea scilla Steinh o Scilla maritima L. (fam. Liliaceae) Urginea: da Ben Urgin, località dell’Algeria dove fu raccolta e studiata per la prima volta Maritima: delle zone marittime Scilla: dal greco “tormento”, allusione alle proprietà velenose del bulbo Da Scilla la bellissima ninfa trasformata da Circe in mostro marino perché innamorata di Glauco Dal greco “inaridisco” poiché la pianta nasce in luoghi secchi STORIA: la scilla è uno dei rimedi più antichi. Era già nota agli Egizi, fu poi descritta e consigliata da Plinio (vino scillitico). Più tardi gli arabi introdussero il miele scillitico, preparazione galenica utilizzata anche in questo secolo (fino al 1950-1960). HABITAT : pianta del litorale mediterraneo e delle isole Canarie. Cresce in zone aride e sabbiose. In Italia vegeta in Sicilia. DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne con grosso bulbo squamoso che raggiunge i 10-15 cm di diametro, dal quale, in autunno, originano grandi foglie lanceolate, di 50-80 cm di lunghezza, parallele e uno scapo infiorescenziale alto 1-2 m che porta numerosi fiori bianchi disposti a racemo. Il frutto è una capsula. Ne esistono 2 varietà, bianca e rossa, che si distinguono per il colore delle scaglie del bulbo. DROGA: squame mediane del bulbo RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE DELLA DROGA: a fine agosto i bulbi vengono dissotterrati e privati delle squame esterne, secche, membranose, e di quelle interne, mucillaginose e bianche. Le squame mediane vengono isolate, tagliate in strisce sottili ed essiccate rapidamente in stufa a 70-80°C, dato il notevole contenuto in acqua (circa 80%). DESCRIZIONE DELLA DROGA: striscioline piatte o lievemente arcuate, flessibili, giallastre o rosse a seconda della varietà da cui provengono. E’ inodore e di sapore amaro. L’esame della polvere al microscopio mostra cristalli di ossalato di calcio, cellule dell’epidermide, frammenti di vasi. P RINCIPI ATTIVI Bufadienolidi (1%): scillarene A - il 70% dei glicosidi ha come genina la scillaridina A scillarene B Flavonoidi Mucillagini (3-10%) Triterpeni F.U.: la droga NON è riportata, mentre sono presenti alcuni principi attivi puri P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE I suoi effetti sono paragonabili a quelli della D. purpurea: azione inotropa positiva: aumento della forza di contrazione cardiaca azione cronotropa negativa: riduzione della frequenza cardiaca azione batmotropa positiva: aumento dell’eccitabilità del miocardio azione dromotropa negativa: riduzione della velocità di conduzione dell’impulso e conseguente aumento del periodo refrattario Ha un effetto diuretico 4 volte superiore a quello della digitale A piccole dosi promuove l’irritazione gastrica causando una secrezione riflessa dei bronchioli Gli estratti di scilla sono somministrabili per os, e hanno una farmacocinetica intermedia tra digitale e strofanto. IMPIEGO TERAPEUTICO. Viene usata come cardiotonico di tipo digitalico Provoca inoltre secrezione riflessa dei bronchioli e per questo motivo è ampiamente usato come espettorante T OSSICITÀ. La tossicità dello strofanto è simile a quella prodotta dai digitalici e si manifesta con: sintomatologia tossica extracardiaca: vomito di origine centrale, dolori addominali sintomatologia tossica cardiaca: bradicardia, aritmia atriale e tachicardia, blocco della conduzione, extrasistole, fibrillazione atriale e arresto cardiaco Altre droghe (oleandro, mughetto, adonide) possiedono azioni simili alla digitale e per questo motivo sono state usate per secoli nel trattamento dello scompenso cardiaco. Attualmente, non presentando particolari vantaggi rispetto alla digitale, trovano un minor impiego terapeutico. Le proprietà farmacodinamiche sono uguali alla digitale. Le proprietà farmacocinetiche differiscono in quanto presentano una rapida eliminazione e una minore durata d’azione. OLEANDRO L’oleandro, Nerium oleander L. (Fam. Apocynaceae), è coltivata essenzialmente a scopo ornamentale nei paesi del bacino del mediterraneo. Nerium: dal greco “umido” per i luoghi umidi dove vegeta la pianta Oleander: per la somiglianza delle sue foglie con quelle dell’olivo HABITAT : è originaria dell’Asia minore, ma cresce spontaneamente in tutta la regione del mediterraneo DESCRIZIONE DELLA PIANTA: arbusto cespuglioso sempre verde, che può raggiungere 2-3 m di altezza; ha fusti glabri, eretti, con foglie opposte, brevemente picciolate, coriacee, glabre, lanceolate. I fiori rosei, rossi o bianchi, hanno una corolla ipocrateriforme, con 5 lobi, riuniti in corimbi terminali. Il frutto è costituito da 2 follicoli di colore bruno, striati, uniti tra loro da un peduncolo e contenenti semi rosso-bruni forniti di un “pappo” di lunghi peli. PARTI USATE: foglie P RINCIPI ATTIVI Glicosidi cardenolidi: glicosidi della gitossigenina: oleandrina (monoside che costituisce il 90% dei glicosidi totali) desacetil-oleandrina digitalium verum glicosidi della digitossigenina: odoroside A e H glicosidi della uzarigenina: odoroside K, odorobioside K, odorotrioside K F.U.: la droga NON è riportata P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE I suoi effetti sono paragonabili a quelli della D. purpurea: azione inotropa positiva: aumento della forza di contrazione cardiaca azione cronotropa negativa: riduzione della frequenza cardiaca azione batmotropa positiva: aumento dell’eccitabilità del miocardio azione dromotropa negativa: riduzione della velocità di conduzione dell’impulso e conseguente aumento del periodo refrattario La oleandrina è somministrabile per os (1-3 mg) ed ha caratteristiche farmacocinetiche intermedie tra digitossina e ouabaina. Gli estratti di oleandro non danno accumulo. IMPIEGO TERAPEUTICO. Scompenso congestizio cardiaco T OSSICITÀ. La tossicità dell’oleandro è simile a quella prodotta dai digitalici MUGHETTO Il mughetto, Convallaria majalis L. (Fam. Liliaceae), è molto coltivata a scopo ornamentale. Trova anche impiego nella medicina erboristica per le sue proprietà cardioattive simili a quelle della digitale, ma meno cumulative. Convallaria: dal latino convallis, “pendio”, e dal greco “giglio” per i fiori profumati come quelli del giglio HABITAT : spontanea nei luoghi boschivi e ombrosi d’Europa, America del nord, Asia occidentale DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne, alta 10-30 cm, fornita di un sottile rizoma biancastro. In primavera appaiono 2 foglie radicali, ovali-ellittiche, circondate da guaine membranose. L’infiorescenza è un racemo con piccoli fiori bianchi, campanulati, profumati. Il frutto è una bacca, rossa a maturità, contenente 3-6 semi gialli. DROGA: pianta intera, raccolta in fioritura P RINCIPI ATTIVI Glicosidi cardenolidi: derivati della strofantina K: derivati dello strofantidolo: saponine: convallatossina convalloside desglucocheirotossina glucoconvalloside convallotossolo convallotossoloside convallarina convallamarina F.U.: la droga NON è riportata P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE I glicosidi del mughetto non danno accumulo ed hanno proprietà intermedie tra digitale e strofanto. La convallatossina è scarsamente assorbita a livello intestinale. Gli estratti totali della pianta contengono saponine (convallarina e convallamarina) che facilitano l’assorbimento orale della convallatossina. I suoi effetti sono paragonabili a quelli della D. purpurea: azione inotropa positiva: aumento della forza di contrazione cardiaca azione cronotropa negativa: riduzione della frequenza cardiaca azione batmotropa positiva: aumento dell’eccitabilità del miocardio azione dromotropa negativa: riduzione della velocità di conduzione dell’impulso e conseguente aumento del periodo refrattario azione diuretica L’estratto alcolico di mughetto somministrato per os ha, rispetto alla digitale, 1/5 di durata d’azione, 1/3 d’azione irritante locale, 1/2 di azione emetica, ed è circa 2 volte più attivo come diuretico. IMPIEGO TERAPEUTICO. Scompenso congestizio cardiaco T OSSICITÀ. La tossicità del mughetto è simile a quella prodotta dai digitalici: DL 50 convallatossina = 0.08 mg/kg DL 50 convallatossolo = 0.09 mg/kg DL 50 desglucocheirotossina = 0.01 mg/kg ADONIDE L’adonide, Adonis vernalis L. (Fam. Ranunculaceae), trovava impiego, soprattutto nel secolo scorso, come succedaneo della digitale per le sue proprietà cardioattive simili a quelle della digitale. Adonis: da Adone: ucciso da un cinghiale, il suo sangue fu tramutato in fiori da Venere (allusione alla specie a fiori rossi) vernalis: di primavera HABITAT : pianta dell’Europa centro-orientale DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne, alta 10-20 cm, fornita di un corto rizoma nerastro da cui si dipartono uno o più scapi eretti, glabri. Le foglie inferiori sono ridotte a squame, le altre sono profondamente pennatosette, con lobi divisi in segmenti secondari molto stretti. I fiori, che appaiono in aprile-maggio, sono terminali, molto grandi (3-5 cm), di colore giall o pallido. Il frutto è un’achenio. Spesso viene confusa, soprattutto in fase vegetativa con A. aestivalis e A. annua, molto più frequenti, con proprietà farmacologiche analoghe, ma meno potenti. Sono riconoscibili durante la fioritura perché i loro fiori sono rosso vivo. DROGA: pianta intera, raccolta in primavera all’inizio della fioritura P RINCIPI ATTIVI Glicosidi cardenolidi: derivati della strofantidina: cimarina (costituente principale) adonitossina adonitossolo adonidoside adonivernoside alcaloide: adonidina F.U.: la droga NON è riportata P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE I suoi effetti sono paragonabili a quelli della D. purpurea: azione inotropa positiva: aumento della forza di contrazione cardiaca azione cronotropa negativa: riduzione della frequenza cardiaca azione batmotropa positiva: aumento dell’eccitabilità del miocardio azione dromotropa negativa: riduzione della velocità di conduzione dell’impulso e conseguente aumento del periodo refrattario azione diuretica L’estratto alcolico di adonide somministrato per os ha, rispetto alla digitale 14% di durata d’azione, 70% di effetto emetico, stessa azione irritante locale, 200% di effetto diuretico. IMPIEGO TERAPEUTICO. Scompenso congestizio cardiaco T OSSICITÀ. La tossicità dell’adonide è simile a quella prodotta dai digitalici BIANCOSPINO Il biancospino si ottiene dal Crataegus laevigata Poiret o C. oxyacantha e da C. monogyna (Fam. Rosaceae). Crataegus: dal greco “forte”, allusione alla durezza del legno oxyacantha: dal greco “aguzzo” + “spina”, per le spine acute monogyna: dal greco “unigenito”, per il solo seme che contiene HABITAT : è diffuso nelle zone temperate dell’emisfero boreale: Europa, Africa settentrionale, Asia occidentale, America settentrionale. In Italia è frequente C. monogyna DESCRIZIONE DELLA PIANTA: arbusto o piccolo albero spinoso, molto ramificato, alto 2-5 m. I rami giovani sono di colore grigiastro, lisci, invecchiando diventano rugosi. Le foglie, di colore verde brillante nella pagina superiore e opaco in quella inferiore, sono alterne, dentate, composte da 3-5 lobi. I fiori, riuniti in corimbi, sono bianchi o un po’ rosati e composti da 5 petali. I frutti sono drupe di colore rosso corallo con più semi ovoidali in C. laevigata ed un solo seme in C. monogyna. DROGA: sommità fiorite e foglie annesse RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE riparo dalla luce DELLA DROGA: la droga, raccolta in primavera, va conservata in recipienti chiusi e al DESCRIZIONE DELLA DROGA: le foglie glabre, brevemente picciolate, presentano una rete di nervature in rilievo, hanno 3-5 lobi ottusi e poco profondi in C. laevigata, 3-7 lobi acuti profondi fino quasi alla nervatura centrale in C. monogyna. Ha un odore debolmente profumato per la presenza di una piccola quantità di olio essenziale contenente, in particolare, aldeide anisica. Nel parenchima contiene druse di ossalato di calcio La polvere, di colore verde-bruno, presenta: frammenti dell’epidermide superiore e inferiore cristalli di ossalato di calcio peli unicellulari P RINCIPI ATTIVI La droga contiene: flavonoidi (1-2%): procianidine oligomere: vitexina iperoside quercetina luteolina apigenina rutina acido clorogenico epicatechina catechina acido caffeico amine alifatiche e aromatiche: tiramina triterpeni: acido ursolico acido crategico acido oleanoico aldeide anisica steroli tannini La presenza dei vari costituenti varia a seconda della specie, dell’epoca della raccolta, del tipo di estrazione. Questa eterogeneit à rappresenta una notevole limitazione nell’impiego di tale droga. F.U.: La droga è riportata in F.U. Deve contenere non meno dello 0.7% di flavonoidi calcolati come iperoside. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE L’acido ursolico svolge un’azione coronarodilatatrice. I flavonoidi modulano il movimento di calcio intracellulare. Le procianidine hanno un’azione protettiva sull’endotelio vascolare a seguito della loro attività antiossidante Nel complesso produce un’azione inotropa positiva associata ad un’azione cronotropa negativa Flavonoidi, ammine e olio essenziale esplicano una blanda azione diuretica Sul SNC esplica una blanda azione sedativa IMPIEGO TERAPEUTICO. Preparati a base di biancospino sono tradizionalmente usati come blandi cardiotonici, antipertensivi e regolatori del ritmo cardiaco. Il biancospino è quindi utile nelle fasi iniziali dell’insufficienza coronarica, che non richiede il trattamento con digitale, e nelle cardiopatie associate alla senilità. Trova anche impiego come sedativo e a tale scopo è usato in associazione con altri sedativi quali valeriana e passiflora. T OSSICITÀ. Nonostante l’effetto cardiotonico, i preparati di biancospino sono ben tollerati e la tossicità acuta e subacuta è modesta. Le preparazioni a base di biancospino hanno infatti un indice terapeutico elevato (500-1000). ELLEBORO L’elleboro si ottiene da Helleborus niger L. (Fam. Ranunculaceae) detta anche rosa di Natale poiché fiorisce tra dicembre e marzo. HABITAT : pianta indigena dell’Europa centrale; è diffusa nei luoghi montani e submontani DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne, con rizoma bruno-nero di 3-5 x 0.5-1 cm di diametro, munito di sottili radici. Le foglie sono peltato-sette, a margine seghettato, dotate di un lungo picciolo. I fiori appaiono in inverno, sono larghi da 5 a 8 cm; hanno 5 sepali petaloidei di colore bianco-rosato e 5 petali di dimensioni ridotte. Il frutto è un polifollicolo. DROGA: rizoma DESCRIZIONE DELLA DROGA: la droga si trova in pezzi irregolarmente ramificati, nerastri, lunghi 3-6 cm e di diametro di 0.5-0.8 mm. Nella droga commerciale si trovano solamente poche radici. Le sezioni trasversali del rizoma mostrano una variazione considerevole, con 4-12 o più fasci vascolari, spesso molto diversi nella forma. P RINCIPI ATTIVI La droga contiene 3 glicosidi cardioattivi cristallini: elleborina elleboreina ellebrina Elleboreina e ellebrina hanno un’azione di tipo digitalico; l’ellebrina è circa 20 volte più attiva dell’elleboreina. L’aglicone, detto ellebrigenina è un bufadienolide analogo della strofantidina. Inoltre la droga contiene dei saponosidi F.U.: La droga NON è riportata in F.U. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE L’ellebrina e i suoi derivati dotati di attività cardiotonica. I saponosidi hanno azione diuretica IMPIEGO TERAPEUTICO. I principi attivi dell’elleboro non sono usati in clinica poiché dotati di maggiore tossicità rispetto ai digitalici. Sono usati sporadicamente in veterinaria, ma il loro impiego è ormai obsoleto. T OSSICITÀ. I principi attivi dell’elleboro hanno un basso indice terapeutico. La DL50 varia tra 0.06 e 0.1 mg/kg. La pianta fresca è vescicatoria e citotossica per la presenza di protoanemonina. Questa sostanza ha proprietà antifungine probabilmente derivanti da interazioni della molecola con i microtubuli. SISTEMA CARDIOVASCOLARE: VASOCOSTRITTORI SEGALE CORNUTA La segale cornuta o ergot è lo sclerozio essiccato di un fungo, la Claviceps purpurea (Fam. Clavicipitaceae), che si sviluppa sulla segale e su altre graminacee. Le spore di C. purpurea vengono trasportate dagli insetti o dal vento, vanno ad infettare l’ovario di piante giovani di segale dove germinano formando delle ife filamentose. Queste poi penetrano in profondi tà nell’ovario formando un tessuto denso che progressivamente assume la forma di un corpo ricurvo color porpora, lungo 2-3 cm, detto sclerozio. La segale infettata viene chiamata s. cornuta perché gli sclerozi spuntano dalla spiga di segale come cornetti. Claviceps deriva dalla forma clavata dei periteci del fungo Purpurea per il colore viola della capocchia del fungo Ergot significa speroni di gallo (dal francese), a seguito della particolare forma degli sclerozi Sclerozio origina dal greco σκληροζ = duro per la loro consistenza dura La contaminazione della segale da parte di questo parassita era conosciuta fin dall’antichità. Le prime documentazioni sono rappresentate da tavolette assire del 600 a.C. Tra gli antichi greci e romani non si faceva uso di segale e quindi le successive documentazioni degli effetti dell’ingestione della segale cornuta risalgono al Medio Evo. Infatti, il consumo di farina inquinata dal fungo fu causa di avvelenamento acuto e cronico (ergotismo) che imperversava sotto forma di epidemia su intere popolazioni soprattutto dopo annate molto piovose. I sintomi caratteristici dell’ergotismo sono rappresentati da gangrena (necrosi) ai piedi, alle gambe, alle mani e alle braccia. Nei casi più gravi i tessuti diventano secchi e neri e gli arti mummificati si separano dal corpo senza perdita di sangue. La morte sopraggiunge poi per setticemia. Si riteneva che gli arti fossero bruciati dal Fuoco Sacro e si carbonizzassero assumendo un colore nero. Nei primi stadi di avvelenamento si avverte anche una sensazione di bruciore alle estremità e per questo motivo nel Medio Evo fu detto anche fuoco di Fuoco Sacro o Sant’Antonio. Quest’ultima denominazione origina dal fatto che i malati traevano beneficio dal soggiorno presso l’eremo del santo, probabilmente poiché in questo luogo veniva seguita una dieta in cui non era presente segale contaminata. I sintomi dell’ergotismo non sono però confinati ai soli arti. Infatti, frequentemente si verificavano casi di aborto durante tale avvelenamento; questa osservazione fece sì che la droga fosse usata per indurre il parto. Verso la metà dell’800 questa pratica fu però abbandonata a seguito dell’elevato numero di bambini nati morti e se ne limitò l’uso per il controllo delle emorragie postpartum. Un’altra forma di ergotismo è caratterizzata da convulsioni e turbe psichiche che si verificano in concomitanza con la carenza di vitamina A. In questo caso la morte sopraggiunge per asfissia conseguente a fenomeni convulsivi. L’avvelenamento acuto, piuttosto raro, è invece caratterizzato da formicolii, disturbi gastroenterici (nausea, vomito, diarrea), confusione mentale e perdita di coscienza. L’ultima epidemia di ergotismo si verificò in Russia nel 1927, mentre nel 1953 si verificarono casi sporadici in Francia. CICLO E VOLUTIVO DEL FUNGO Periodo di Conservazione: gli sclerozi rappresentano la forma di resistenza del fungo e servono per lo svernamento. Una volta caduti sul terreno con la mietitura, sopravvivono fino alla primavera successiva Periodo Riproduttivo: in primavera germogliano sviluppando piccoli funghi formati da un peduncolo sormontato da una capocchia (sferidio) rosso-porpora (C. Purpurea). La capocchia presenta esternamente delle cavità filiformi allungate (periteci) contenenti aschi. Con l’apertura degli aschi si liberano le spore che, trasportate dal vento o dagli insetti, raggiungono l’ovario della spiga di segale. L’ovario una volta contaminato degenera (sfacelium segatum) perché le spore germogliano formando ife filamentose che penetrano nel tessuto formando un ammasso di tessuto detto micelio, il quale produce un altro tipo di spore (conidiospore) ed una secrezione dolce chiamata melata. Periodo di Moltiplicazione: gli insetti sono attratti dalla melata e la trasportano, insieme alle conidiospore, su altre piante diffondendo la contaminazione. Successivamente, l’ifa penetra sempre più in profondità, diventa più compatta e di color porpora più scuro, formando un corpo di sostegno detto sclerozio (sclerotium clavum). In autunno lo sclerozio cade sul terreno e a primavera comincia un nuovo ciclo. DESCRIZIONE DELLA DROGA. Lo sclerozio è lungo 2-3 cm, largo 2-7 mm, generalmente fusiforme e leggermente curvo. La superficie esterna, di colore bruno o violaceo scuro, presenta 2 solchi longitudinali. All’interno è bianco. Ha un odore particolare ed un sapore sgradevole. All’ultravioletto la droga assume un’intensa colorazione rossastra per mezzo della quale si può identificare la sua presenza nella farina. Inoltre, la droga polverizzata, fatta reagire con una soluzione di NaOH 10%, sviluppa un forte odore di trimetilammina (salamoia) e si colora in violaceo. F.U.: La droga non è iscritta nella F.U., ma sono presenti ergotamina ed ergometrina. P RINCIPI ATTIVI. Nella droga sono contenuti: alcaloidi indolici (0.2-1.5%) basi amminiche lipidi (30%) carboidrati (mannitolo, glicogeno) sali minerali pigmenti Gli alcaloidi della segale cornuta ad interesse terapeutico sono ammidi dell’acido D-lisergico. A seconda delle catene polipetidiche legate con legame ammidico al carbossile dell’acido lisergico si distinguono in: alcaloidi amminici: per idrolisi liberano acido lisergico ed un ammina (ergometrina, ergobasina, ergonovina); sono solubili in acqua alcaloidi amminoacidi o ergopeptine (ergotamina, ergocristina, ergocriptina, ecc..), insolubili in acqua (80% degli alcaloi di totali) Tra quelli che rivestono attualmente interesse terapeutico troviamo: ergotamina ergometrina ergonovina e alcuni derivati semisintetici quali: diidroergotamina diidroergocristina bromocriptina (2-bromo-α-ergocriptina) metisergide (1-metilmetiergonovina) La prima preparazione farmacologicamente attiva isolata dall’ergot fu denominata ergotossina. Oggi sappiamo che l’ergotossina è costituita da una miscela di 4 alcaloidi: ergocornina ergocristina α-ergocriptina ß-ergocriptina Il primo alcaloide puro isolato fu l’ergotamina, nel 1920, mentre nel 1932 fu isolata l’ergometrina P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE Gli alcaloidi dell’ergot sono composti con scarsa selettività recettoriale e possono agire, sia come agonisti che come antagonisti, sui recettori noradrenergici, serotoninergici e dopaminergici. Quindi presentano numerose azioni. Tra le principali troviamo: vasocostrizione contrazione dell’utero diminuzione dei livelli di prolattina Esistono comunque delle diversità tra i vari alcaloidi. Ergotamina: agonista 5-HT 1B/D, agonista D2, antagonista α 1, agonista parziale α 2 Ergometrina: agonista α 1, antagonista 5-HT 2, antagonista D1 Ergocriptina: agonista D 2, antagonista parziale α 1 USI TERAPEUTICI Ergotamina: vasocostrittore nell’attacco acuto di emicrania Ergometrina: è usata dopo il parto per ridurre le emorragie post-partum; se usata in gravidanza è pericolosa per la madre e per il feto poiché induce delle contrazioni non propulsive Ergocriptina: è antiprolattinemica e si usa nella sterilità femminile T OSSICITA’ INTOSSICAZIONE ACUTA: nausea, vomito, diarrea, vasospasmo, stato confusionale, incoscienza INTOSSICAZIONE C RONICA (ERGOTISMO): aborto, nausea, vomito, convulsioni, gangrena agli arti SISTEMA CARDIOVASCOLARE: VASODILATATORI RAUWOLFIA La rauwolfia si ottiene dalla Rauwolfia serpentina Benth. (Fam. Apocynaceae), un piccolo arbusto originario dell’India dove preparazioni della droga grezza sono state usate per secoli per curare una grande varietà di malattie che vanno dal morso di serpente alle malattie neuropsichiatriche. Esistono più di 100 specie di Rauwolfia diffuse nelle zone tropicali o subtropicali. Fu chiamata rauwolfia in onore del botanico tedesco Leonhard Rauwolf vissuto durante il XVI secolo. Serpentina si riferisce alla forma delle radici che rassomigliano ad un serpente. Secondo alcuni tale nome deriva dal fatto che si riteneva efficace contro il veleno dei serpenti. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come un arbusto rampicante alto circa 1 m, possiede una radice molto grossa, dei fusti gracili, le foglie sono oblunghe, acute, verticillate, i fiori sono pentameri di colore bianco o rosa pallido raggruppati i n cime; i frutti sono piccole drupe ovoidali, di colore nero a maturità, raggruppate a 2 a 2, contenenti un solo seme. DROGA: radici DESCRIZIONE DELLA DROGA. La droga è costituita dalla radice cilindrica, tortuosa, con superficie esterna grigio-giallastra. In sezione trasversale presenta corteccia sottile e legno giallo pallido con radi vasi di piccolo diametro. L’odore è debole ed il sapore amaro. P RINCIPI ATTIVI. La droga contiene almeno 30 alcaloidi per un totale di 1-1.5% della droga secca. I più importanti sono basi indoliche del tipo della: reserpina reserpina (0.2%) rescinnamina deserpidina yohimbina: α-yohimbina tetraidroserpentina ajmalicina sarpagina ajmalina (0.2%) anidroajmalina Gli alcaloidi presenti in maggiori quantità sono: reserpina, ajmalina, rescinnamina F.U.: La droga non è riportata in F.U. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE La reserpina è l’alcaloide della rauwolfia più usato e studiato. La somministrazione cronica di reserpina provoca, in un individuo sano: sedazione ipotensione sintomi extrapiramidali di tipo parkinsoniano grave depressione psichica non distinguibile da quella idiopatica La reserpina blocca in maniera selettiva e irreversibile i meccanismi di trasporto vescicolare delle ammine, lasciando inalterati i sistemi di ricaptazione extracellulari. La reserpina provoca quindi un aumento della forma libera citoplasmatica di neurotrasmettitore. Nel citoplasma le monoammine sono in parte metabolizzate dalle MAO ed in parte fuoriescono in modo non quantale dalla terminazione nervosa. Le monoammine liberate lentamente nello spazio sinaptico diffondono o sono recuperate dai sistemi di trasporto responsabili del reuptake dei neurotrasmettitori presenti sulla membrana presinaptica non riuscendo quindi a raggiungere concentrazioni sufficienti a generare una risposta postsinaptica. Tuttavia, il lento stillicidio e l’aumentat o catabolismo all’interno dei terminali provocati dall’inibizione del trasportatore vescicolare, causano un progressivo esaurimento del contenuto di neurotrasmettitori e quindi dell’efficacia della trasmissione catecolaminergica. Il ripristino della normale funzione monoaminergica dopo trattamento con reserpina richiede la sintesi di nuovo neurotrasmettitore e quindi occorrono giorni prima che la normale funzionalità venga recuperata. La reserpina esplica la sua azione sia a livello centrale che periferico. Gli effetti della reserpina sono tutti riconducibili allo stesso meccanismo molecolare: gli effetti antipertensivi sono dovuti principalmente all’inibizione del tono adrenergico gli effetti extrapiramidali all’inibizione del sistema dopaminergico lo stato depressivo è probabilmente dovuto all’inibizione del sistema adrenengico e serotoninergico La ajmalina agisce come bloccante dei canali del Na+ ed ha proprietà antiaritmiche. La α-yohimbina è un antagonista selettivo α2-adrenergico. La ajmalicina è un potente inibitore del citocromo P450. USI TERAPEUTICI. In passato veniva usato come sedativo e neurolettico nei pazienti schizofrenici. Attualmente viene usata, a dosi molto basse, solamente come antipertensivo in associazione con un diuretico. T OSSICITA’. La maggior parte degli effetti collaterali della reserpina sono dovuti alle sue azioni sul SNC. I più comuni sono: sedazione incapacità a concentrarsi o effettuare azioni complesse depressione che talvolta può essere così grave da indurre al suicidio Parkinson iatrogeno Altri effetti collaterali includono: esacerbazione dell’ulcera peptica e disturbi gastrici bradicardia ipotensione Esistono indicazioni in letteratura che collegano la reserpina all’induzione di tumore della mammella, ma studi recenti non confermano tale ipotesi. IDRASTE L’idraste si ottiene dall’ Hydrastis canadiensis L. (Fam. Ranunculaceae). Il nome Hydrastis origina dal greco ιδρωζ = umido e αστη = indigeno, in allusione ai luoghi umidi dove cresce. Canadiensis perché originaria del Canada. Ranunculacea deriva da ranunculus, ranocchio, perché, come questo, vive in luoghi ricchi di acqua. Nota agli indiani Cherokee già prima della scoperta dell’America, veniva utilizzata per tingere le stoffe e come rimedio antiemorragico. Nel 1759 fu introdotta in Inghilterra da Miller e nel 1883 gli studi di Schatz, ginecologo di Rostock, ne diffusero l’impiego in tutta Europa. HABITAT. Originaria del Canada, vive spontanea oltre che in questa regione, anche nel nord degli Stati Uniti (Minnesota, Georgia Carolina ecc.). Per il suo sviluppo è necessario poco sole ed un terreno molto ricco di humus, umido e acquitrinoso. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come una pianta erbacea perenne alta 15-40 cm, possiede un rizoma corto, nodoso e duro munito di numerose radici corte e sottili, ha 2 cauli pelosi, giallastri, ciascuno provvisto alla base di catafill i (foglie squamose prive di clorofilla), in alto ha 1-2 foglie (sessile la superiore, picciolata l’inferiore) palmatolobate con margini dentellati, ha un piccolo fiore apicale di colore bianco-verdastro, il frutto composto, è costituito da numerose bacche di colore rosso vivo a maturità, contenenti piccoli semi di colore nero brillante. DROGA: rizoma e radici RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA. La raccolta si effettua in autunno utilizzando piante di almeno 5 anni di età. Il rizoma viene poi lavato e seccato in luogo aerato, protetto dal sole e dalla rugiada. La droga secca è poi tagliata in piccoli frammenti. DESCRIZIONE DELLA DROGA. Il rizoma ha un aspetto quasi cilindrico, una lunghezza di 4-7 cm, nodoso, rugoso, giallo-bruno, con numerose cicatrici nella faccia superiore e residui delle radici nella parte inferiore. Il rizoma all’interno ha un caratteristico colore giallo zolfo. In sezione mostra una corteccia spessa e gialla, un anello legnoso diviso da larghi raggi midollari in 10-30 cunei gialli ed al centro un midollo voluminoso di colore giallo chiaro. Ha un odore lieve ed aromatico ed un sapore decisamente amaro. Se masticato colora la saliva in giallo. La polvere, ottenuta per macinazione della droga essiccata, è di colore giallo-verde e presenta, tra i suoi costituenti, granuli di amido di forma ovale o rotondeggiante di 7-10 µm, che possono riunirsi in gruppi di 2 o 4. P RINCIPI ATTIVI La droga contiene alcaloidi isochinolinici tra cui: idrastina (1.5-4%) che per idrolisi dà l’idrastinina berberina (0.5-6%) canadina F.U.: La droga, costituita dal rizoma e dalle radici, è riportata in F.U. La droga, secondo F.U., non deve contenere meno del 2% in alcaloidi espressi come idrastina. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE L’idraste veniva usato come antiemorragico e come amaro stomachico. I vari alcaloidi possono avere azioni diverse e talvol ta contrapposte Idrastina ha un’azione vasocostrittrice di origine centrale (come anche l’idrastinina) ha una struttura simile alla noscapina di cui spiazza il binding la (+)-idrastina è un potente antagonista dei recettori GABAA. Berberina la berberina è presente in varie specie di Berberis usate nella medicina tradizionale orientale nelle gastroenteriti, nella diarrea acuta. Si suppone che l’attività antidiarroica della berberina risieda nelle sue proprietà antimicrobiche, spasmolitiche e antisecretive. la berberina causa anche vasodilatazione che può portare ad ipotensione a seguito di un’interazione con i recettori adrenergici (agonista parziale α 2) o per un blocco del rilascio di Ca2+ dai depositi intracellulari. La droga cinese huang lian, che contiene berberina, viene usata come antipertensivo. T OSSICITA’. Non esistono molti dati sulla tossicologia dell’idraste. L’idrastina può causare convulsioni e paralisi bulbare e midollare. SISTEMA CARDIOVASCOLARE: ANTIVARICOSI IPPOCASTANO L’ippocastano si ottiene dall’Aesculus hippocastanum L. (Fam. Hippocastanaceae). STORIA E LEGGENDA: l’ippocastano è detto anche castagno d’India per la somiglianza dei semi con gli acheni elle Cupulifere del genere Castanea, e del fatto che l’India fu ritenuta per molto tempo il centro di distribuzione della specie. Le sue proprietà medicinali sono state scoperte da uno speziale veneziano che ne utilizzò la farina come starnutatorio e quindi contro il mal di testa da sinusite. I semi, simili alle castagne, non sono commestibili a seguito del loro sapore amaro. Venivano però utilizzate dai Turchi per curare i cavalli affetti da bolsite e da questo uso origina il nome di ippocastano, cioè castagna dei cavalli. HABITAT : originario dell’Asia minore; largamente coltivato a scopo ornamentale nei parchi e giardini DESCRIZIONE DELLA PIANTA: grande albero alto fino a 20-25 m; le foglie sono lungamente picciolate, palmato-composte, formate da 5-7 foglioline di diverse dimensioni (5-15 cm), ovali, ristrette alla base e con apice acuminato, margine dentato e nervatura pennata; le infiorescenze sono delle cime a grappolo, portanti dei fiori zigomorfi costituiti da un calice con 5 denti e da 5 petali bianchi macchiati di rosso o giallo. Il frutto è una capsula carnosa e spinosa che contiene 1-3 semi simili a castagne, ma più grandi e di forma più rotondeggiante. Il seme presenta un tegumento lucido con una grande macchia biancastra corrispondente all’ilo. DROGA: corteccia dei rami giovani e semi DESCRIZIONE DELLA DROGA: la corteccia è grigio-bruna all’esterno e rosso-bruna all’interno, inodore, con sapore astringente e leggermente amaro. I semi, globoso-ovoidali, di 3-5 cm di diametro, hanno un tegumento marrone, lucente; il sapore è acre e amaro. P RINCIPI ATTIVI. Nei semi di ippocastano contiene: saponine (10%): escina (costituente principale) criptoescina argirescina afrodescina l’escina è costituita da una miscela di glicosidi triterpenici il cui aglicone è denominato protoescigenina flavonoidi: quercetina kaempferolo ossicumarine: esculina frassetina esculetina lipidi steroli: sitosterolo stigmasterolo spinasterolo la corteccia contiene: tannini escina cumarine (2-3%): esculoside F.U.: Sono riportati i semi essiccati che devono contenere non meno del 3% di glicosidi triterpenici espressi come escina. Sono indicati in F.U. come elementi di riconoscimento morfologico le cellule poligonali del tegumento, le cellule sclerenchimatiche, i tipici granuli di amido irregolarmente rotondeggianti di grandezza variabile da 5 a 25 µm. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. Gli estratti di ippocastano sono antiedemigeni, antiessudativi, vasoprotettivi, vasocostrittori venosi, antiemorroidari. Il principale agente farmacologico è l’escina le cui proprietà antiedemigeno sembrano dovute ad attivazione della corteccia surrenalica. L’esculina è un inibitore della lipossigenasi ed in maniera minore della ciclossigenasi; inibisce l’attivazione del complemento e la secrezione acida gastrica. IMPIEGO TERAPEUTICO. L’applicazione terapeutica dell’ippocastano è nota da secoli nella medicina popolare: i Turchi usavano i semi per curare i cavall i bolsi. La droga viene impiegata nel trattamento di patologie tromboflebitiche periferiche, nelle ecchimosi, nelle crisi trombotiche emorroidarie. L’esculina viene usata come protettore delle pareti venose; viene inoltre usata per la preparazione di filtri solari, grazie alla sua proprietà di assorbire i raggi UV-B. T OSSICITÀ. Le saponine e l’escina provocano emolisi. Comunque, nell’adulto, la tossicità si manifesta a dosi molto elevate. Non sono molto tossiche per via orale, mentre lo sono in maniera molto più marcata per via endovenosa. Nei bambini, che possono ingerire i semi accidentalmente, l’effetto tossico è più marcato. CENTELLA La centella si ottiene dalla Centella asiatica L. (Fam. Umbrellifereae). HABITAT : cresce nelle regioni umide tropicali e subtropicali, è diffusa in India e nelle regioni che si affacciano sull’oceano indiano dal Madagascar all’Indonesia DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne, con fusto strisciante e lunghi stoloni che ne favoriscono la diffusione; da questi si dipartono foglie arrotondate reniformi di 1-4 cm di diametro, sostenute da lunghi piccioli. Il picciolo è sottile, espanso alla base e negli esemplari esposti al sole assume un colore rosso. I fiori, molto piccoli, sono di colore rosso riuniti in ombrelle semplici opposte alle foglie. I frutti sono dei piccoli acheni di colore bruno scuro. DROGA: parti aeree della pianta (foglie, piccioli, stoloni) RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE DELLA DROGA: le parti aeree della pianta si recidono al momento della fioritura P RINCIPI ATTIVI. La droga contiene: triterpeni e derivati (1.4-3.4%): acido asiatico asiaticoside acido madecassico madecassoside olio essenziale (detto vellarina) flavonoidi steroli tannini (24%) resina (8.9%) acidi grassi saponine F.U.: La droga è riportata in F.U. Deve contenere 5% di derivati triterpenici (acido asiatico, asiaticoside, acido madecassico, madecassoside). P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. La parte attiva della droga è un insieme di 3 composti terpenici: asiaticoside (30%), acido asiatico(30%), acido madecassico (40%). Gli acidi liberi della miscela stimolano l’incorporazione di lisina e prolina nei fibroblasti ed inducono una maggiore produzione di lipidi e collagene. Questa miscela è assorbita per os, con picchi ematici che si instaurano dopo circa 5 ore. IMPIEGO TERAPEUTICO. L’azione terapeutica riguarda principalmente la circolazione sanguigna: cicatrizzante di ulcere cutanee o gastriche terapia dell’insufficienza venosa cronica degli arti inferiori emorroidi da debolezza della parete venosa cellulite connessa a deficienza microcircolatoria T OSSICITÀ. La centella presenta bassa tossicità e scarsi effetti collaterali. La DL50 della miscela attiva è di 10 mg/kg. Nell’uomo, la somministrazione continuativa di dosi di 60-120 mg per 8 settimane ha prodotto nel 30% dei soggetti effetti collaterali quali: nausea, gastralgie in alcuni casi gravi sintomi neurologici SISTEMA GENITOURINARIO: DIURETICI BETULLA La betulla si ottiene da diverse piante del genere Betula (B. alba, B. verrucosa, B. pendula) (Fam. Betulaceae). HABITAT : è largamente diffusa nel Nord Europa, Asia e America. In Italia sono presenti B. alba e B. verrucosa DESCRIZIONE DELLA PIANTA: alberi, spontanei o coltivati, che possono raggiungere anche i 30 m di altezza caratterizzati dalla corteccia prima liscia e poi si desquama in strisce orizzontali di consistenza cartacea. Nella B. alba, o betulla bianca, caratteristica dei luoghi montani, è ben evidente la corteccia biancastra, liscia, che poi si sfoglia in strisce orizzontali. La colorazione bianca della corteccia è dovuta alla presenza di un’alta concentrazione di un triterpene steroidico, il betulinolo. I rami sono sottili e pendenti. Le foglie sono alterne, romboidali, slargate, con margine dentato, lungamente picciolate. I fiori femminili e maschili sono raggruppati in infiorescenze separate, detti amenti. Gli amenti maschili sono gracili e penduli, quell i femminili sono più corti e peduncolati. Il frutto è una noce. DROGA: foglie e corteccia. Si possono usare anche gemme e linfa RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE DELLA DROGA: le foglie si dovrebbero cogliere preferibilmente a fine primavera P RINCIPI ATTIVI La corteccia contiene: triterpeni: betulinolo (25%) lupeolo derivati idrossilati del lupeolo betuligenolo (p-idrossi-fenil butanolo) glucoside del betuligenolo (betuloside) saponine (3%) tannini olio essenziale (0.3-1%): cresolo guaiacolo Le foglie contengono: flavonoidi (2-3%): iperoside miricitroside quercetina proantocianidine saponine tannini Le gemme contengono: olio essenziale (3.5-8%) betulenolo sesquiterpeni F.U.: E’ presente nel formulario nazionale della F.U. Vengono usate le foglie per la preparazione di una tisana di betulla e gramigna. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE Le foglie hanno effetto diuretico (elimina urea e acido urico), ipocolesterolemizzante e coleretico dovuto alla presenza dei flavonoidi. Presentano anche un’azione antibatterica. La corteccia ha proprietà astringenti, cheratolitiche e antireumatiche a seguito della presenza di salicilato di metile, soprattutt o in B. lenta. IMPIEGO TERAPEUTICO Foglie: diuretico ipocolesterolemizzante antigottoso antisettico urinario (cistiti, uretriti) Corteccia: antireumatico cheratolitico T OSSICITÀ La betulla è fortemente implicata nelle allergie da polline GRAMIGNA La gramigna si ottiene da Agropyrum repens (L.) P. Beauv. o da Cynodon dactylon Pres. (Fam. Graminaceae). Sono piante infestanti molto comuni e famose per la difficoltà di estirpazione. Infesta i campi producendo notevoli danni alle colture, in quanto sottrae spazio e nutrimento alle piante. HABITAT : A. repens è diffusa in tutta Europa, Asia, Africa, America settentrionale; C. dactylon è una specie a diffusione più meridionale e vive in luoghi incolti e sabbiosi della Francia meridionale, dell’Italia e del nord Africa. DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne con rizoma strisciante e molti stoloni. Il rizoma, bianco e nodoso, ha un diametro di 3-5 cm in C. dactylon, mentre è più sottile in A. repens; i fusti aerei presentano foglie sottili, allungate, di colore verde-glauco; i fiori sono raggruppati in spighe: un’unica spiga piatta composta da spighette disposte in 2 file opposte in A. repens, una spiga digitata composta da 4-7 spighette in C. dactylon DROGA: rizoma e stoloni puliti ed essiccati RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE DELLA DROGA: la droga si raccoglie durante tutto l’anno P RINCIPI ATTIVI: La droga contiene: polisaccaridi: triticina, polimero del fruttosio (5-8%) mucillagini (10%) amido mannite olio essenziale vanilloside (glicoside della vanillina) F.U.: La droga è riportata nel formulario nazionale della F.U. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE Alla gramigna sono attribuite potenti proprietà ipotensive con conseguente aumento della diuresi. Tuttavia non esistono dati farmacologici recenti che confermino queste proprietà. IMPIEGO TERAPEUTICO Gli impieghi della gramigna derivano essenzialmente dalla medicina popolare. Viene impiegata come diuretico e depurativo. Il decotto di gramigna è un vecchio rimedio tradizionale per depurare l’organismo nel periodo primaverile, ed un buon palliativo nelle infiammazioni del rene e della vescica. T OSSICITÀ Non sono noti dati sulla tossicità della droga o dei suoi principi attivi. SISTEMA GENITOURINARIO: ANTISETTICI URINARI GINEPRO Il ginepro è dato dai frutti (galbuli) di Juniperus communis L. (Fam. Cupressaceae). Juniperus: dal celtico “juneprus” che significa “acre” in riferimento al sapore acre delle bacche oxyacantha: dal greco “aguzzo” + “spina”, per le spine acute monogyna: dal greco “unigenito”, per il solo seme che contiene HABITAT : è diffuso nelle zone mediterranee ed in quelle alpine di diversi paesi europei e dell’emisfero boreale DESCRIZIONE DELLA PIANTA: in genere è un arbusto e raramente raggiunge le dimensioni di un piccolo albero. In pianura può raggiungere i 5-6 m di altezza, mentre nelle zone collinose ha dimensioni minori (fino a 1 m). Il tronco è abbondantemente ramificato, i rami inferiori sono penduli mentre quelli superiori sono patenti. Le foglie sono strette, appuntite e pungenti, riunite in gruppi di 3 per ogni verticillo, di colore verde glauco, percorse superiormente da una lunga linea biancastra. I fiori sono monoici, riuniti in infiorescenze. I fiori maschili formano degli amenti di forma globosa. I coni femminili sono costituit i da squame carnose, disposte in spirali di 3; sono di forma globosa con diametro di 6-8 mm, inizialmente verdi e poi di colore blu-nero. Sono chiamati galbuli, o impropriamente bacche. All’interno sono contenuti 3 semi duri, triangolari, immersi in una polpa verde-brunastra. Il frutto è quindi una pseudobacca (galbuli) formata dalle 3 squame che circondano il fiore femminile che si sono accresciute e saldate tra loro a formare un frutto sferico nero o bluastro, di consistenza carnosa. DROGA: galbuli RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE DELLA DROGA: i frutti si raccolgono in autunno quando sono a completa maturazione, processo che avviene in 2 anni. Si fanno poi essiccare al sole o in stufa, a calore molto moderato. Si devono scartare quelli verdi o quelli vecchi in cui l’olio è ormai resinificato. DESCRIZIONE DELLA DROGA: All’apice della droga è evidente una cicatrice triradiata ed una depressione indicatrice della sutura delle 3 squame. Solitamente alla base ci sono 6 piccole brattee appuntite, disposte in 2 spirali. La sezione trasversale del frutto mostra una buccia esterna o sottile (epicarpo), un mesocarpo polposo verde brunastro e 3 semi. I semi sono situati vicino al centro del frutto e sono duri e legnosi. In parte immersi nella testa di ciascun seme ci sono delle grandi ghiandole di oleoresina in numero variabile da 4 a 8 per la parte esterna del seme, e 1 o 2 per quella interna. La droga ha un odore piacevole e aromatico (trementina), il sapore è inizialmente dolciastro e poi amaro o leggermente acre. P RINCIPI ATTIVI: La droga contiene: olio essenziale (0.5-2%): α- e ß-pinene (terpeni) canfene (terpeni) mircene cineolo terpineolo cariofillene cadinene (sesquiterpene) acidi organici zuccheri cere juniperina (principio amaro) F.U.: La droga è riportata in F.U. Deve contenere almeno 10 ml di essenza/kg. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE Fin dall’antichità sono state attribuite al ginepro proprietà stomachiche, diuretiche, balsamiche e diaforetiche. L’olio essenziale ha proprietà antisettiche delle vie urinarie e diuretiche Ha azione antisettica, balsamica, espettorante. Ha un’azione spasmolitica a livello dell’apparato digerente e respiratorio Il ginepro possiede anche attività antinfiammatoria IMPIEGO TERAPEUTICO I galbuli sono usati come condimento, come eupeptico e nella confezione di liquori, in particolare il “gin”. Viene usato sottoforma di infuso come antisettico delle vie urinarie e come diuretico L’estratto fluido e la tintura sono usati come carminativi e stomachici Trova impiego nelle affezioni delle vie respiratorie per le sue proprietà balsamiche ed espettoranti E’ usato in cosmetica come antiforfora sottoforma di shampoo e lozioni associato ad essenza di lavanda o geranio per mitigarne l’odore penetrante T OSSICITÀ L’olio essenziale di ginepro somministrato per os risulta letale nel coniglio a dosi di 5g/kg. Sono tollerate dosi fino a 2 g/kg. L’olio essenziale di ginepro irrita il tessuto renale: può dare nefrite emorragica. E’ quindi da evitare in caso di nefropatie. E’ probabile che il danno renale dipenda dal rapporto tra terpeni irritanti (idrocarburi) e terpeni non irritanti (alcoli). Se quest o rapporto è basso (3:1) il ginepro non è tossico; se invece è alto (55:1) è nefrotossico ed é quindi da evitarne l’uso. Può provocare contrazioni uterine e quindi non deve essere usato in gravidanza I sintomi di intossicazione per via esterna (contatto con l’olio) includono bruciore, arrossamento, prurito. L’intossicazione per ingestione provoca dolore nella zona renale, forte diuresi, ematuria e raramente convulsioni e metrorragia. Nella regione mediterranea è presenta un’altra varietà, lo Juniperus sabina, le cui bacche risultano velenose: solo 6 gocce di oli o essenziale sono velenose per l’uomo. E’ abortivo e può provocare la morte della madre prima dell’espulsione del feto. UVA URSINA L’uva ursina si ottiene dall’Arctostaphylos uva-ursi (L.) Sprengel (Fam. Ericaceae). Arctostaphylos: dal greco αρκτοζ = orso e σταφυλν=uva cioè uva dell’orso; in latino uva ursi HABITAT : è spontaneo nell’Europa centrale e settentrionale, in Asia e America settentrionale DESCRIZIONE DELLA PIANTA: piccolo arbusto sempreverde, a rami striscianti. Le foglie sono coriacee, di colore verde scuro, ovali, glabre, con margine intero, lunghe 2-3 cm, munite di nervature laterali che impartiscono un caratteristico aspetto zigrinato. I fiori, di colore bianco-rosaceo, sono riuniti in grappoli all’estremità dei rami. Il frutto è una bacca rossa, commestibile, contenente un seme. DROGA: foglie RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE DELLA DROGA: le foglie si raccolgono in tutte le stagioni, scegliendo quelle pi ù giovani. In aprile contengono la quantità massima di arbutina, ma contengono poco idrochinone libero; durante l’estate la quantità di idrochinone aumenta per poi diminuire nuovamente in autunno. DESCRIZIONE DELLA DROGA: le foglie, lunghe 2-3 cm e larghe 1 cm, sono coriacee, ovali, brevemente picciolate, glabre quelle adulte, mentre quelle giovani sono ricoperte di peli, con margine intero. Presentano nervature a forma di fine reticolo che conferiscono alla foglia un aspetto zigrinato. Allo stato secco sono inodori, ma di sapore astringente ed amaro. P RINCIPI ATTIVI: La droga contiene: glicosidi fenolici: tannini (15-20%) flavonoidi: arbutoside (per idrolisi dà glucosio+idrochinone) arbutinoside (per idrolisi dà arbutina) metilarbutinoside (per idrolisi dà metilarbutina) quercetina isoquercetina acido gallico acido elagico acido ursolico (triterpene) F.U.: La droga è riportata in F.U. Deve contenere almeno il 6% di derivati idrochinonici espressi come arbutoside. I triterpeni possono variare dallo 0.4 allo 0.7%, il tannino è presente intorno al 10%, mentre l’arbutoside varia tra il 5 e il 10%. Sono riportate sofisticazioni con foglie di Buxus sempervirens e di Vaccinium vitis-idaea. La F.U. indica, tra i criteri di riconoscimento della droga, l’esame microscopico delle cellule dell’epidermide, degli stomi, dei peli di rivestimento e ghiandolari e la presenza di prismi di ossalato di calcio nel parenchima. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE La droga ha proprietà antisettiche delle vie urinarie e diuretiche. L’attività farmacologica della droga è da riferirsi alla presenza di arbutoside, arbutina e metil arbutina da cui origina l’idrochinone, responsabile delle proprietà antisettiche della droga. L’azione dell’uva ursina è comunque legata al mantenimento dell’alcalinità dell’urina, indispensabile perché si generi idrochinone dall’arbutina. Quindi è opportuna una dieta ricca di latte, patate, e cibi alcalini, mentre vanno evitati cibi molt o acidi quali alcuni frutti. In aggiunta si consiglia il consumo di 6-8 g di bicarbonato di sodio nelle 24 h. Acido ursolico e isoquercetina contribuiscono all’azione diuretica dell’arbutina, mentre l’acido gallico sempre impedire la degradazione la degradazione dell’arbutina nel tratto gastroenterico. IMPIEGO TERAPEUTICO Fin dall’antichità (XVI sec.) le foglie di uva ursina sono state usate per le loro proprietà diuretiche e antisettiche delle vie urinarie. La sua efficacia, negli anni più recenti, è stata però ridimensionata, in particolare con l’avvento della terapia antibiotica. I preparati di uva ursina (infuso, tisane) si usano come antisettici delle vie urinarie e come diuretici. Possono essere impiegati nelle infezioni della vescica e delle vie urinarie, ma per brevi periodi a causa della tossicità dell’idrochinone e della presenza di elevate quantità di tannini. T OSSICITÀ La droga è dotata di bassa tossicità, tuttavia dopo assunzioni di dosi elevate e per lunghi periodi sono riportati disturbi dovut i principalmente all’idrochinone quali: disturbi gastrointestinali, nausea, vomito. La presenza di tannini può provocare irritazioni alle mucose e al parenchima epatico SISTEMA GENITOURINARIO: AFRODISIACI GINSENG Il ginseng è una droga costituita dalle radici di Panax ginseng C. Meyer (Fam. Araliaceae). Panax: dal greco παν = tutto e ακοζ = rimedio, cioè rimedio per tutte le malattie Ginseng: dal cinese jin = uomo e chen = ternario, che vuol dire la terna con l’uomo (e il Cielo); oppure piccolo uomo per la particolare forma della radice rassomigliante un uomo. Nella medicina cinese il ginseng viene usato da 2000 anni. HABITAT : è originario della Corea, del Nepal, della Cina, della Siberia orientale. Oggi si coltiva un po’ ovunque in Asia (ginseng asiatico). In America ed in Canada si coltiva il P. quinquefolium (ginseng americano). Altre specie coltivate sono il P. notoginseng (ginseng sanchi), P. pseudoginseng (ginseng himalaiano), Eleutherococcus senticosus (ginseng siberiano). DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne alta 40-60 cm, con radice tuberizzata, fusto eretto alla cui estremità sono disposte foglie palmato composte (5 foglioline) lungamente picciolate, dovali, con margine seghettato. I fiori, di colore bianco con sfumature giallastre, sono disposti in infiorescenze ad ombrella. I frutti sono delle bacche rosse, contenenti 2 semi. DROGA: radici RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE DELLA DROGA: la radice viene raccolta da piante di 3-6 anni ed essiccata al sole. L’essiccamento al sole della radice, dopo asportazione degli strati più superficiali, produce il ginseng bianco. Il ginseng rosso si ottiene invece esponendo prima la radice al vapore, quindi colorandola artificialmente ed essiccandola al sole. La droga pi ù pregiata proviene dalla Corea. DESCRIZIONE DELLA DROGA: la radice, lunga fino a 20 cm, spessa 0.5-2.5 cm, si presenta fusiforme, ramificata, rugosa in senso longitudinale. Nella parte superiore è presente un residuo di gemma a forma di capocchia con cicatrici anulari. La superficie, di colore bruno chiaro tendente al giallo, è dura e friabile. Masticata è leggermente piccante e amarognola all’inizio, poi dolciastra e leggermente mucillaginosa. L’odore è tenue e caratteristico. Osservata al microscopio, la radice presenta druse di ossalato di calcio nella corteccia e nel legno. Nella polvere si osservano granuli di amido rotondeggianti e spigolosi e druse di ossalato di calcio. P RINCIPI ATTIVI La droga contiene: saponine glucosidiche aventi come genine triterpeni tetraciclici della serie del dammarano: ginsenosidi (ginseng coreano) panaxosidi chikusetsudaponine (ginseng giapponese) sono presenti anche dei derivati della ciclizzazione delle catene laterali dei ginsenosidi (forse durante i processi di estrazione): panaxinolo panaxadiolo panaxatriolo polisaccaridi: panaxani steroli vitamine del gruppo D F.U.: E’ riportata in F.U., la droga deve contenere non meno del 1.5% di ginsenosidi totali. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE Il ginseng è una droga in grado di migliorare le capacità fisiche e mentali di un soggetto, la resistenza allo stress e alle malattie. Per questi effetti la droga è definita “adattogena”. I principali responsabili di quest’azione sono i ginsenosidi. I panaxani sembrano possedere attività ipoglicemizzante. Negli ultimi anni sono stati osservati una molteplicità di effetti degli estratti di ginseng: protezione da danni da radiazioni ionizzanti attività antimutagena attività anticancerogena e antiproliferativa attività ipoglicemizzante attività antiperlipidemizzante proprietà immunostimolanti e immonumodulatorie attività antiulcera, antiaggregante piastrinica ed epatoprotettiva effetto stimolante psicomotorio, ansiolitico, nootropo, normalizzatore del sonno Il ginseng é rinomato per le sue proprietà afrodisiache, ma non esistono studi che confermino tali proprietà. IMPIEGO TERAPEUTICO Nella medicina cinese la droga, anche se era considerata una panacea per tutti i mali, veniva usata soprattutto contro l’invecchiamento, l’impotenza sessuale ed i disturbi gastrointestinali. Questi usi si ritrovano ancora oggi nella medicina orientale. Nei paesi occidentali il ginseng si usa nei casi di stress fisico e mentale sottoforma di infuso o in polvere. I suoi effetti benefici si manifestano dopo un lungo trattamento. Le dosi consigliate sono di 3-4 g di droga (per un infuso) o di 0.25 g di polvere (per ogni compressa). T OSSICITÀ. Dosi giornaliere di 15 g di droga possono provocare ipertensione, irritabilità, psicosi, alterazioni delle funzioni regolate dagli ormoni sessuali (amenorrea, ingrossamento del seno). E’ controindicata nei casi di trombosi coronarica, emorragie, nei pazienti in terapia con antipsicotici e con ormoni. APPARATO RESPIRATORIO: ANTISETTICI E BALSAMICI EUCALIPTO L’eucalipto si ottiene dall’Eucalyptus globulus Labill. (Fam. Myrtaceae). Eucalyptus deriva dal greco ευ + χαλυπτω, ben + coperto, perché i fiori in boccio sono coperti dal lembo del calice che poi cade come un coperchio Globulus, globoso, per la forma del frutto HABITAT. Originario dell’Australia, è coltivato nelle zone sub-tropicali e mediterranee, anche in Italia. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come un albero di grandi dimensione, alto fino a 60 m nelle zone di origine, fino a 20-30 in Italia, di rapida crescita, sempreverde, con corteccia grigio-rossastra o bruno-giallastra, desquamante spontaneamente, con legno molto duro; le foglie, caratterizzate da un tipico dimorfismo, sono opposte, ovali, sessili (senza picciolo), a lembo orizzontale, ricoperte di un rivestimento ceroso nei rami giovani, mentre nei rami adulti sono alterne, picciolate, falciformi, verticali, di colore verde grigiastro; i fiori sono solitari, ascellari, di colore glauco, costituiti da 4 sepali e 4 petali fusi insieme lungo linee ben visibili che danno luogo ad una formazione ad urna ricoperta di cera. I 4 petali sono saldat i a formare un cappuccio che, distaccandosi, lascia apparire numerosi stami a filamento molto lungo; il frutto è una capsula legnosa e dura che si apre con 4 fenditure a croce che lasciano uscire numerosi piccoli semi DROGA: foglie falciformi e peduncolate dei rami adulti, più ricche in principi attivi DESCRIZIONE DELLA DROGA. Le foglie vengono raccolte in estate o in autunno e sono poi seccate al sole. Sulle foglie sono presenti delle punteggiature traslucide dovute alle ghiandole contenenti l’essenza. Le foglie essiccate hanno un forte odore balsamico e canforato ed un sapore aromatico ed amaro. P RINCIPALI COMPONENTI. Dalle foglie si ottiene, per distillazione in corrente di vapore, l’essenza di eucalipto, liquido incolore o giallognolo o verdastro, con odore aromatico e sapore fresco e pungente. L’olio essenziale, che costituisce l’1.5-3% in peso delle foglie contiene: 1,8-cineolo o eucaliptolo (70-80%), é il componente principale (monoterpene) terpineolo α-pinene alcoli e aldeidi alifatiche alcoli e chetoni terpenici euglobali (prodotti eterociclici a struttura mono e sesquiterpenica) fenoli flavonoidi F.U.: La droga non è iscritta in F.U.; é invece presente in F.U. l’essenza che deve contenere non meno del 70% di eucaliptolo. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE. L’essenza di eucalipto ha proprietà: Antisettiche Espettoranti Balsamiche Calmanti della tosse Antipiretiche Analgesiche Diaforetiche (aumenta la sudorazione e favorisce la riduzione della febbre) Antiparassitarie USI TERAPEUTICI Nelle malattie da raffreddamento, nelle bronchiti e nelle affezioni delle vie respiratorie sotto forma di tisane, inalazioni, sciroppi, caramelle. Esercita un’azione secretolitiche e riduce l’attività motoria delle cellule ciliate delle vie respiratorie. L’eucaliptolo è preferibile all’essenza poiché in quest’ultima sono contenute anche sostanze (alcune aldeidi) irritanti per le mucose delle vie respiratorie Come antielmintico L’eucaliptolo rientra anche nella composizione di unguenti antireumatici T OSSICITA’ L’uso esterno di essenza di eucalipto non è tossico. L’ingestione di tale essenza non opportunamente diluita può provocare: disturbi gastroenterici (gastroenteriti, nausea, vomito, diarrea), vertigini, ipotensione, ipotermia, delirio, convulsioni, coma. Quantità di essenza di circa 3.5 ml possono essere mortali. APPARATO RESPIRATORIO: ESPETTORANTI PSILLIO Lo psillio si ottiene da Plantago arenaria Waldst. Et Kit. (syn P. indica L.), Plantago psyllium L. (syn P. afra L.), Plantago major L., Plantago lanceolata L. (Fam. Plantaginaceae). HABITAT : è originaria della regione mediterranea; è ora coltivata soprattutto in Iran e India. DESCRIZIONE DELLA PIANTA: P. arenaria – P. psyllium:: pianta erbacea annuale pelosa con caule ridotto o accorciato Ha foglie allungate opposte o verticillate. I fiori sono bianchi, raggruppati in spighe rade con brattee corte in P. psyllium, spighe dense con brattee appuntite più lunghe dei fiori in P. arenaria. Il frutto è una pisside che contiene semi ovoidali, appiattiti. P. major - P. lanceolata: pianta erbacea perenne o annuale priva di caule, alta 20-40 cm. Le foglie sono grandi, ovali-lanceolate, lungamente picciolate, con caratteristica disposizione a rosetta alla base. I fiori sono piccoli, poco appariscenti, di colore verdognolo, riuniti in spighe cilindriche allungate e dotate di un lungo peduncolo scanalato alto anche 20 cm. Caratteristici sono gli stami sporgenti di colore bianco-giallastro. I frutti sono delle capsule triloculate contenenti 4-8 semi in ciascuna loggia. E’ molto comune, si trova ai bordi delle strade e nei prati e se ne usano le infruttescenze come becchime per gli uccelli. DROGA: semi di P. psyllium e P. arenaria; foglie di P. major e P. lanceolata CONSERVAZIONE DELLA DROGA: la droga deve essere conservata in recipienti ben chiusi al riparo dalla luce e dall’umidità. DESCRIZIONE DELLA DROGA: i semi di P. arenaria sono lisci, ellittici, di colore biancastro-marrone, lunghi 2-3 mm, con la faccia ventrale attraversata da una depressione lineare di colore biancastro. i semi di P. psyllium sono simili ai precedenti, ma di forma ovale, di colore marrone scuro. P RINCIPI ATTIVI I semi di psillio contengono mucillagine (polimeri di monosaccaridi) (12-15%) nell’epidermide della testa che a contatto con l’acqua si espande. I semi possono essere valutati misurando il fattore di rigonfiamento: il volume della mucillagine prodotta in 24 h da 1 g di semi. Per P. psyllium è di circa 13, P. arenaria circa 14, P. major circa 12. La mucillagine è costituita soprattutto da: xilosio arabinosio acido D-galatturonico galattosio contengono anche: glucosidi: olio tannini aucuboside (soprattutto nelle foglie di P. major e P. lanceolata) Le foglie di psillio contengono: mucillagine glicosidi iridoidi: glicosidi fenilpropanoidi: aucuboside verbascoside F.U. In F.U., sotto il nome di psillio, sono descritti i semi di P. arenaria e P. psyllium. I semi devono avere un indice di rigonfiamento non inferiore a 10. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE Le proprietà farmacologiche dello psillio sono dovute essenzialmente al suo contenuto in mucillagini, composti che in presenza di acqua rigonfiano. Hanno quindi proprietà emollienti e lassative. Inoltre lo psillio riduce l’assunzione di cibo e la sensazione di fame rallentando lo svuotamento gastrico. I glicosidi hanno proprietà antinfiammatorie e antibatteriche che sono dovute principalmente alla aucubina, una dialdeide che si ottiene per idrolisi dell’aucuboside. IMPIEGO TERAPEUTICO I semi di psillio vengono usati come: emollienti e lenitivi (trattamento di eczemi, pruriti) lassativi non irritanti nella costipazione cronica: vengono assunti con elevate quantità di liquidi. Le foglie di psillio sono usate come antinfiammatori come antibatterici contro punture di insetti (cataplasmi), congiuntivit i (bagni oculari e infusi), tracheiti, faringiti (gargarismi) e come antitussivo (sciroppo di P. lanceolata). lo sciroppo non ammuffisce e quindi si ritiene vi sia contenuta una sostanza antibiotica. T OSSICITÀ I preparati a base di psillio sono in genere ben tollerati anche se impiegati per lunghi periodi. Talvolta si possono manifestare reazioni allergiche. TIMO Il timo si ottiene dal Thymus vulgaris (Fam. Labiatae), suffrutice basso, perenne, tipico delle regioni mediterranee. La pianta ha un odore forte, penetrante e sapore aromatico. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come un piccolo arbusto a fusti legnosi, di 20-30 cm di altezza, che formano dei ciuffi grigiastri o verdi-biancastri, le foglie sono piccolo, opposte, lanceolate, lineari, con margini leggermente arrotolati, sulle quali sono presenti numerosi peli di rivestimento e ghiandolari, i fiori, con tipica corolla bilabiata, sono bianchi o bianco-rosati e sono riuniti in spicastri, il frutto è un tetrachenio DROGA: foglie e sommità fiorite P RINCIPI ATTIVI. Le sommità fiorite contengono 0.5-2.5% di olio essenziale la cui composizione varia a seconda della provenienza delle piante e del diverso chemiotipo. Del timo si conoscono infatti 6 chemiotipi diversi a seconda del compost o dominante (timolo, carvacrolo, linalolo, terpineolo, geraniolo, tujanolo). Troviamo vari fenoli (monoterpeni) tra cui: timolo (circa il 40%), rappresenta il componente principale p-cimene (20-30%) carvacrolo linalolo α- e ß-pinene cineolo mircene limonene α-terpinene flavonoidi F.U.: La droga è riportata. Secondo F.U. possono essere utilizzate indifferentemente T. vulgaris e T. zygis o una mescolanza delle due. La droga non deve contenere meno di 12 ml di essenza/kg; non meno dello 0.5% del peso secco della droga deve essere costituito da fenoli volatili in corrente di vapore, calcolati come timolo. L’olio essenziale non rettificato ha un colore rosso bruno, odore gradevole e sapore aspro e aromatico. L’olio essenziale officinale è un liquido incolore o al massimo giallo rossastro pallido con caratteristiche organolettiche simili a quello non rettificato. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE L’impiego principale del timo è come condimento. Viene usato anche come deodorante per il suo odore gradevole (soprattutto il timolo). Trova però anche delle applicazioni medicinali. Antisettico: nel trattamento di ferite, di malattie cutanee, nella disinfezione del cavo orale, nella carie dentaria Diaforetico e diuretico: nei reumatismi e nella gotta Espettorante: nelle bronchiti per le proprietà secretolitiche e miorilassanti dovute ai flavonoidi Vermifugo Antifungino Antibatterico Antivirale Uso veterinario: contro la coccidiosi intestinale del puledro stomatite ulcerosa come cicatrizzante azione lenitiva sull’apparato digerente (come applicazione esterna nelle coliche del cavallo) T OSSICITA’. Nell’uso come antielmintico si sono osservate: gastralgia, nausea, vertigini, diarrea, bradicardia. Dosi elevate possono causare danni renali o blocco dei centri nervosi. APPARATO RESPIRATORIO: SPASMOLITICI BRONCHIALI EFEDRA Il genere Ephedra comprende numerose specie diffuse in tutto il mondo (Fam. Ephedraceae). In Europa si trovano E. distachya L., E. nebrodensis Tineo, E. fragilis Desf. a basso contenuto di efedrina. In Asia sono invece presenti specie ad alto contenuto di efedrina come E. gerardiana Wall., E. intermedia Schrenk et C.A. Meyer. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come una pianta dioica, raramente monoica, alta dai 40 cm ai 2 m, con rami gracili e angolosi striati longitudinalmente, di colore verde chiaro grigiastro, le foglie sono ridotte a scaglie membranacee inserite in numero di 2-4 ai nodi, gli strobili maschili sono costituiti da un asse su cui si inseriscono 2-8 paia di brattee. Ciascuna coppia porta all’ascella un corto germoglio; all’apice dei singoli germogli sono raggruppate da 2 a 8 sacche polliniche, gli strobili femminili sono simili a quelli maschili, ma all’ascella delle brattee si trova un corto germoglio che porta un solo ovulo. Queste brattee a maturità diventano rosse e carnose e racchiudono quasi completamente il seme. DROGA: rami RACCOLTA DELLA DROGA. La raccolta si effettua in autunno quando il contenuto in efedrina è massimo (0.8-1%). DESCRIZIONE DELLA DROGA. La droga è costituita da frammenti di rami di 5-20 cm di lunghezza e di 1-2 mm di diametro, verdigiallastri, verdi-brunastri. Ha odore debole e sapore leggermente amaro. P RINCIPI ATTIVI. La droga contiene alcaloidi fenilalchilamminici in quantità che vanno dallo 0.5 allo 2% tra cui: efedrina è il componente principale (dal 40 all’80% degli alcaloidi totali) pseudoefedrina (in alcune specie) nitroso derivati della efedrina (in alcune specie) glicani detti efedrani (in alcune specie) F.U.: La droga non è riportata in F.U., mentre è presente l’efedrina. Attualmente questo alcaloide viene ottenuto da Saccaromyces per via fermentativa utilizzando come precursore la benzaldeide. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE. Efedrina è un agonista dei recettori α e ß adrenergici (simpatomimetico diretto) aumenta il release di noradrenalina dai terminali adrenergici (simpatomimetico indiretto) nell’efedra si trova la l-efedrina che è più attiva del racemo effetti farmacologici dell’efedrina aumenta la frequenza cardiaca e le resistenze periferiche provocando un aumento della pressione sanguigna tramite la stimolazione dei recettori ß-adrenenrgici a livello polmonare determina broncodilatazione ha un’azione stimolante sul SNC potente anche se minore dell’amfetamina USI TERAPEUTICI. Diverse specie di efedra sono state usate nella medicina cinese sotto il nome di ma huang, come antipiretici, sedativi della tosse, stimolanti cardio-circolatori. Attualmente l’efedra viene usata essenzialmente per l’estrazione di efedrina. L’efedrina viene usata come: broncodilatatore nella terapia dell’asma (anche se vengono preferiti agonisti ß 2 più selettivi) decongestionante nasale In passato, a seguito della sua azione stimolante sul SNC, veniva usata come stimolante nella narcolessia e negli stati depressivi come anoressizzante T OSSICITA’. Gli effetti tossici dell’efedrina sono da attribuire alle sue azioni simpatomimetiche. Includono: ipertensione, aritmie cardiache, insonnia, cefalea. L’uso ripetuto di efedrina può dare tachifilassi APPARATO RESPIRATORIO: ANALETTICI NOCE VOMICA La noce vomica si ottiene dalla Stychnos nux-vomica L. (Fam. Loganiaceae). Strychnos: dal greco στρυηνοζ = amaro Nux-vomica: dal latino ed indica una noce che provoca il vomito Era nota nel XVI secolo in Europa dove veniva utilizzata principalmente per avvelenare gli animali. HABITAT : è originaria delle zone tropicali dell’Asia (Sri Lanka, Thailandia, Laos, Cambogia, Vietnam, Ceylon, India, Bengala ecc.). E’ presente anche nel nord dell’Australia. DESCRIZIONE DELLA PIANTA: è un albero di circa 12 m di altezza; la corteccia è grigiastra; i rami sono glabri, talvolta spinosi; le foglie sono opposte, intere, ovali, brevemente picciolate, con 5 nervature che si dipartono dalla base; i fiori, di colore biancoverdastro, ombrelliformi, sono raccolti in cime terminali; il frutto è bacca della grandezza di un’arancia, di colore giallo-arancio che contiene una polpa bianca, mucillaginosa, amara, nella quale si trovano 2-5 semi, noti col nome di noci vomiche. DROGA: semi RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE liberarli dalla polpa e poi asciugati DELLA DROGA: i semi si raccolgono quando il frutto è maturo, vengono lavati per DESCRIZIONE DELLA DROGA: i semi di noce vomica sono estremamente duri. Sono di colore grigio-verdastro, a forma di disco, con un diametro di 10-30 mm e uno spessore di 4-6 mm. Il bordo è arrotondato o acuto; la superficie è vellutata per la presenza di peli sottili, sericei, disposti a raggiera intorno al centro delle facce. Al centro di uno dei lati appiattiti c’è un ilo distinto da cui parte una linea in rilievo (rafe) che termina sul bordo, in corrispondenza di una piccola prominenza di questo (calaza). I semi secchi sono senza odore; se lasciati in acqua per 1 o 2 giorni emanano un odore molto sgradevole. Hanno un sapore molto amaro. P RINCIPI ATTIVI. La droga contiene: alcaloidi indolici (1.5-5.3%): stricnina (1.2-1.5%) brucina (1.5%) 2-colubrina ß-colubrina icaina vomicina novacina loganina percursore nella biogenesi degli alcaloidi glucoside: acido clorogenico olio non volatile (3%) galattani mannani tannini F.U.: E’ riportata la droga che deve contenere non meno del 1.2% di stricnina. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE Le proprietà della noce vomica sono dovute essenzialmente alla presenza di stricnina. La brucina condivide le stesse proprietà della stricnina, ma è molto meno potente (15-20 volte). La stricnina produce eccitazione del SNC. Quest’azione non origina da un effetto eccitatorio diretto, ma produce un blocco selettivo dei processi inibitori. Gli impulsi nervosi sono normalmente controllati da sistemi inibitori. Quando l’inibizione è bloccata dalla presenza di stricnina, l’attività neuronale aumenta e gli stimoli sensori producono effetti esagerati. La stricnina agisce come antagonista della glicina. La glicina è il più importante neurotrasmettitore inibitorio a livello dei motoneuroni e degli interneuroni del midollo spinale. Quindi la stricnina, agendo da antagonista competitivo della glicina, blocca gli effetti inibitori mediati dalla glicina. Anche gli effetti a livello dei centri superiori del SNC sono dovuti all’antagonismo della glicina. A seguito di queste azioni la stricnina produce convulsioni poiché tutti i muscoli volontari sono contratti. La respirazione si arresta per la contrazione del diaframma e dei muscoli toracici e addominali. La stricnina provoca stimolazione dei centri respiratorio e vasomotorio bulbare a dosi leggermente inferiori a quelle convulsivanti. La morte per avvelenamento da stricnina sopraggiunge per paralisi bulbare dovuta principalmente all’ipossia conseguente ai periodi di blocco della respirazione. IMPIEGO TERAPEUTICO La droga fu introdotta in Europa nel XVI secolo e fu utilizzata soprattutto come veleno per animali (ratti, cani, gatti, volpi). L’uso come rodenticida è oggi molto raro. La stricnina era usata come stimolante circolatorio in casi di shock chirurgico. Il suo uso ora è limitato a quello di stimolante respiratorio in alcuni casi di avvelenamento (intossicazione da barbiturici o da altre sostanze neurodeprimenti). La stricnina, ma anche la droga come tale, è stata utilizzata a dosi molto basse come ingrediente nei “tonici”, cioè farmaci utilizzati durante la convalescenza ed in casi di debilitazione, poiché stimola l’appetito e favorisce la digestione. Tale uso è però sconsigliato a causa della sua elevata tossicità. La stricnina è usata attualmente come strumento di ricerca nel campo nella neurofisiofarmacologia. T OSSICITÀ La stricnina ha una tossicità estremamente elevata. La dose letale di stricnina per un uomo è circa di 0.2 mg/kg. Il primo effetto osservato è la rigidità dei muscoli della faccia e del collo, si ha poi un aumento dell’eccitabilità riflessa con convulsioni. Le convulsioni possono essere intervallate da periodi di depressione, ma si ripresentano successivamente nuovi attacchi più intensi poiché la stimolazione sensoria aumenta progressivamente. La morte può sopraggiungere al 2-5° attacco convulsivo, ma, se intenso, può sopraggiungere anche al primo. L’apparato cardiocircolatorio subisce prima un’intensa vasocostrizione e bradicardia, poi si ha vasodilatazione. Durante gli attacchi si ha un aumento del metabolismo, iperglicemia, aumento della pressione arteriosa, aumento delle secrezioni e della motilità gastrica. Nelle fasi iniziali il soggetto è cosciente ed ipersensibile agli stimoli. La contrazione muscolare è dolorosa ed il soggett o avverte una sensazione di morte imminente. T RATTAMENTO: Gli obiettivi principali nell’avvelenamento da stricnina sono: la prevenzione delle convulsioni (anticonvulsivanti quali diazepam), assistere la respirazione, isolamento dagli stimoli esterni. SISTEMA NERVOSO CENTRALE: ANALGESICI E ANESTETICI CANAPA INDIANA La fibra di Cannabis veniva usata in antichità per la manifattura di corde e stuoie ed i semi per scopi alimentari. Gli effetti di tale pianta sul SNC sarebbero stati scoperti secondariamente in modo del tutto fortuito, ad esempio bruciando il materiale in eccesso della lavorazione della Cannabis, in quantità sufficiente ad influenzare il comportamento di chi ne inalasse il fumo. Anche il suo uso come medicamento è assai antico: un erbario cinese del 2700 a.C. raccomanda preparati di Cannabis per il trattamento di diverse malattie gli arabi, scoperti gli effetti inebrianti di tale pianta, cominciarono a farne un largo uso. I musulmani del Libano divennero ben presto i guerrieri più feroci e temuti dai Crociati (erano chiamati haschiachin, da cui il termine assassino) Napoleone sottopose all’attenzione dei medici europei la Cannabis che successivamente (1838-1840) entrerà a far parte anche della medicina occidentale HABITAT : La Cannabis è originaria dell’Asia centro occidentale, dove cresce spontaneamente. E’ stata largamente coltivata anche in Italia dando ottime e pregiate fibre tessili, ma la sua coltivazione è oggi in disuso. DROGA: è costituita dalle infiorescenze femminili di Cannabis sativa L. var. indica (Fam. Cannabidaceae), pianta erbacea annuale che può raggiungere anche i 2 m di altezza. Presenta un caule eretto, semplice o ramificato, irto di peli; foglie picciolate, ruvide con il lembo composto da 5 foglioline: le inferiori opposte, palmate (con lobi lanceolati o seghettati), le superiori alterne; fiori maschili e femminili sono separati su piante di diverso sesso (dioiche); sono ascellari: penduli i maschili, eretti e più piccoli i femminili; il frutto è un achenio uniloculare, tondo, glabro contenente un unico seme; innumerevoli ghiandole diffuse in tutta la pianta secernono una resina che si presenta sotto forma di masse brune dall’odore caratteristico P REPARAZIONE DELLA DROGA: Le infiorescenze si raccolgono poco prima della fioritura (in aprile) e soprattutto con queste si preparano le principali varietà della droga. P RINCIPI ATTIVI: I CANNABINOIDI sono i componenti attivi della droga e ne sono stati identificati più di 60. Tra quest i troviamo: α-9-tetraidrocannabinolo, tetraidrocannabitriolo, acido cannabidiolico, cannabidiolo, cannabinolo, acido tetraidrocannabinoico A e B. Il α-9-tetraidrocannabinolo (α-9-THC) è il componente più attivo e appartiene alla categoria dei meroterpenoidi. La sua quanti tà all’interno della pianta varia notevolmente a seguito di vari fattori tra cui clima, terreno ecc. Sulla base dei suoi effetti clinici viene classificato come allucinogeno, anche se le sue azioni differiscono dagli allucinogeni classici quali mescalina o LSD. Le principali preparazioni di Cannabis includono: hashis, marijuana, charas, ganja, kif, dagga, djoma, kabak, liamba. MARIJUANA: si ottiene dalle infiorescenze, foglie e steli di Cannabis. Ha un contenuto in THC di circa il 3%. L’uso regolare di alte dosi può provocare una certa TOLLERANZA che compare rapidamente, ma scompare altrettanto rapidamente alla cessazione dell’uso. Non causa dipendenza fisica e non dà sindrome d’astinenza. Viene quasi sempre fumata poiché il THC risulta più potente se inalato che non se ingerito. Tra gli effetti principali troviamo: cambiamento dell’umore: senso di benessere, aumento dell’autostima, rilassamento, percezione più piacevole degli stimoli sensoriali diminuzione del controllo emozionale: comportamento impulsivo illusioni o allucinazioni visive e uditive THC è poco solubile e quindi tende a depositarsi velocemente in tessuti ricchi di lipidi come il cervello. Per la sua elevata lipofilia passa facilmente sia la barriera ematoencefalica che placentare. Viene quasi completamente metabolizzato in composti inattivi prima di essere eliminato sia con le urine che con le feci. Nonostante venga inalato, a differenza di quanto accade per gli anestetici da inalazione, non viene eliminato dai polmoni. HASHIS: E’ strettamente correlato alla marijuana ma più potente. Infatti il suo contenuto in THC va dal 10 al 15%. E’ stato usato per secoli in tutto il mondo. Il suo uso è stato descritto già da Plinio e da Marco Polo. Si fuma in una pipa ad acqua oppure in una pipa classica se mescolato con del tabacco. Gi effetti prodotti sono simili a quelli della marijuana, ma l’intensità ed il tipo di manifestazione varia a seconda della personalità dell’individuo. E FFETTI FARMACOLOGICI DEI CANNABINOIDI sensazione di benessere e rilassamento, alterazioni dell’apprendimento e della memoria, euforia, sedazione analgesia senza depressione respiratoria (diversità con gli oppioidi) aumento dell’appetito bradicardia vasodilatazione (particolarmente evidente a livello dell’occhio dando i tipici occhi arrossati) riduzione della pressione intraoculare antiemetico miorilassante anticonvulsivante broncodilatazione immunosoppressore e antinfiammatorio POSSIBILI USI TERAPEUTICI a basse dosi è: antiemetico nel vomito da terapia chemioterapica antitumorale stimolante dell’appetito senza produrre effetti psicotropi controllo dei disordini motori (sclerosi multipla e disordini spastici) terapia del glaucoma analgesico agente antipertensivo (a seguito dell’effetto vasodilatatore) Meccanismo D’azione Dei Cannabinoidi A seguito dell’elevata lipofilicità dei cannabinoidi, inizialmente si riteneva che esplicassero i loro effetti attraverso un’interazione diretta con i lipidi di membrana. L’ottenimento di agonisti cannabinoidi potenti, ma meno lipofili del α-9-THC ha consentito l’effettuazione di studi di binding e autoradiografici che hanno portato all’identificazione della presenza di specifici recettori per i cannabinoidi. Attualmente ne sono stati clonati 2, denominati CB1 e CB2, che appartengono alla categoria dei recettori accoppiati a proteine Gi che determinano una riduzione dei livelli intracellulari di cAMP. CB1: sono localizzati sia nel SNC (ippocampo, gangli della base, cervelletto, amigdala) sia in diversi neuroni periferici (cuore, intestino, vescica, deferente, retina, utero). La loro particolare localizzazione ricalca con esattezza gli effetti prodotti dai cannabinoidi, ad ulteriore conferma che la loro azione è dovuta ad un’interazione recettoriale. Ad esempio: ippocampo: struttura implicata nei processi mnemonici che giustifica gli effetti negativi sulla memoria gangli della base: spiegano l’insorgenza di atassia, acinesia, movimenti involontari cervelletto: effetti sulla coordinazione della funzione motoria e sull’apprendimento del movimento amigdala: ipotermia La mancanza di recettori per i cannabinoidi a livello bulbare, inoltre, ne spiega la relativa bassa tossicità in confronto agli oppioidi e, soprattutto, l’assenza di letalità per depressione respiratoria. CB2: hanno un’omologia nella sequenza aminacidica del 68% con i recettori CB1. Sono localizzati esclusivamente a livello periferico, particolarmente a livello del sistema immunitario (macrofagi, neutrofili, milza, timo), dove medierebbero l’effetto di immunosoppressione. In seguito alla scoperta dei recettori dei cannabinoidi sono stati isolati 2 cannabinoidi endogeni. Nel 1992 è stato isolato dal cervello di maiale il primo endocannabinoide, denominato anandamide dal termine sanscrito ananda che vuol dire felicità perfetta. E’ un’ammide di un acido grasso insaturo e più precisamente è una Narachidoniletanolammide. Il 2-arachidonilglicerolo è stato invece isolato nel 1995 dall’intestino ed è stato identificato come il secondo endocannabinoide. Successivamente è stato trovato anche nel cervello a concentrazioni 170 volte superiori a quelle dell’anandamide. T OSSICITÀ T OLLERANZA, DIPENDENZA E ASTINENZA. Somministrazione di poche dosi: la tolleranza nei confronti della maggior parte degli effetti della marijuana si sviluppa rapidamente, ma scompare altrettanto rapidamente. Dosi elevate: in modelli animali la tolleranza persiste più a lungo dopo la cessazione dell’uso della droga. I sintomi da astinenza non sono invece riscontrati con elevata frequenza nella popolazione che fa uso di marijuana. Tali sintomi si manifestano solo in persone che fanno uso quotidiano della droga e poi interrompono bruscamente. Troviamo: irrequietezza irritabilità debole agitazione disturbi nel tracciato EEC del sonno nausea, crampi E FFETTI TOSSICI : • alterazioni EEG e psicomotorie • comportamento aggressivo • • • • • • • irritabilità disturbi della memoria e delle capacità percettive ansia e manifestazioni psicotiche alterazioni della funzione sessuale e riproduttiva tachicardia aumento della pressione emorragie capillari PAPAVERO DA OPPIO Il termine oppio deriva dalla parola greca οποζ, cioè succo della pianta; papaver forse dal latino pappa con significato di alimento per nutrire e far addormentare i bambini; somniferum da somnus+ferre, sonno+portare, poiché l’oppio induce il sonno. Sembra che le proprietà sedative e analgesiche dell’oppio fossero note agli antichi egizi. Il latice ottenuto dalle capsule dell’oppio veniva usato anche dai greci e dai latini. HABITAT. Il Papaver somniferum L. var. album (Fam. Papaveraceae) è originario dell’Asia occidentale. In Italia cresce spontaneo raramente. E’ coltivato in molti paesi e può crescere anche nei paesi più freddi quali Scandinavia e Russia. La coltivazione del papavero per la produzione dell’oppio e dei suoi alcaloidi è controllata dall’International Narcotics Control Board of the United Nations. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. E’ una pianta erbacea annuale, rivestita di peli rigidi: il caule è eretto e può raggiungere l’altezza di 100-150 cm; le foglie sono alterne, allungate; le inferiori sono pennato-sette, le superiori dentate; i fiori sono solitari, apicali e sorretti da lunghi peduncoli; presentano un calice formato da 2 sepali verdi che cadono quando sboccia la corolla; la corolla ha dimensioni ampie, è composta da 4 petali interi di colore bianco o violaceo, talvolta rosso, a seconda delle varietà; il frutto è una capsula ovoidale che contiene numerosi semi reniformi bianchi, neri o giallastri; ha all’apice un disco a scudo, formato dall’unione radiale degli stigmi; è fissata allo stelo da un peduncolo che termina con un rigonfiamento anulare; dalle incisioni praticate sulla capsula fuoriesce il latice o oppio, che si rapprende all’aria sotto forma di gocce di color bruno, dette “lacrime di oppio”. Comunque tutta la pianta è percorsa da canali laticiferi sinciziali e quindi tutta la pianta, ad eccezione dei semi, contiene latice. Oltre al Papaver somniferum L. var. album (così denominato per i semi bianchi), esistono le var. nigrum (a semi neri), glabrum e setigerum. Dai semi pressati di ciascuna varietà si ottiene un olio commestibile e la pasta residua serve da alimento per il bestiame. Nel complesso somiglia al papavero comune (P. rhoeas L.), ma ha dimensioni molto maggiori. DROGA: le capsule per l’estrazione dell’oppio; i semi per ricavarne un olio alimentare RACCOLTA E PREPARAZIONE: la raccolta del latice viene effettuata quando le capsule sono di circa 4 cm di diametro ed il colore sta cambiando da verde a giallo. La capsula viene incisa in modo che il taglio non penetri nella parte interna altrimenti il latice viene perso. Il latice, che è bianco, si rapprende rapidamente all’aria e diventa brunastro. Il taglio si fa tra mezzogiorno e sera ed il giorno seguente l’oppio viene raschiato con una spatola prima che il calore lo renda duro. Per ottenere 1 kg di oppio sono necessarie circa 20.000 capsule. Durante la raccolta il clima dovrà essere secco e caldo poiché la pioggia ne rovina la raccolta. Man mano che si raccoglie il latice si formano prima dei piccoli ammassi, poi delle specie di focacce che si essiccano all’aria (il contenuto in acqua si riduce del 20%). Dopo 1-2 mesi dalla raccolta, al prodotto viene data la forma commerciale definitiva, avvolto in foglie di papavero ed essiccato all’ombra. DESCRIZIONE DELLA DROGA: l’oppio è di colore marrone-verdastro o grigio-oliva. E’ abbastanza plastico quando è fresco, mentre diventa duro e fragile quando è conservato. Ha un odore forte molto caratteristico ed il suo sapore è amaro. Esaminato al microscopio non deve contenere granuli di amido, né cristalli di ossalato; solo ammassi residui di foglie e frammenti della parete delle capsule. Per avere un contenuto in morfina costante l’oppio deve essere preparato (essiccamento a 100°C) e immagazzinato (in anaerobiosi) con accortezza. La perdita di morfina è attribuita ad una perossidasi detta oppiasi. P RINCIPALI COMPONENTI: nell’oppio sono presenti circa 40 ALCALOIDI; ci sono inoltre flavonoidi (kaempferolo), antocianidine (pelargonidina), acidi aromatici (caffeico, ferulico), tannini, sali minerali, resine, gomme, enzimi (catalasi, perossidasi). Il primo alcaloide isolato dall’oppio fu la morfina (da Morfeo, dio greco del sonno) nel 1806 ad opera di un farmacista tedesco ventiduenne Sertürner. Rapidamente seguì la scoperta di altri alcaloidi quali codeina (Robiquet, 1832) e papaverina (Merck, 1848). Gli alcaloidi più importanti vengono raggruppati in base alla loro struttura chimica in: FENANTRENICI: morfina (4-21%), codeina (0.8-2.5%), tebaina (0.5-2.5%) BENZILISOCHINOLINICI: papaverina (0.5-2.5%), noscapina (4-8%), narceina (0.05-0.2%) Altri alcaloidi sono: protopina, laudanina, laudanosina, codamina, criptopina, lantopina, meconidina. L’oppio contiene anche l’ACIDO MECONICO (3-5%) che può essere libero o legato alla morfina e ad altri alcaloidi. Esso forma cristalli rombici solubili in acqua e alcool. Grazie alla presenza di acido meconico l’oppio colora di rosso una soluzione di cloruro ferrico che persiste anche dopo aggiunta di HCl diluito. Questa reazione è stata sfruttata per lungo tempo per evidenziare un’eventuale presenza di oppio come saggio di identificazione della droga. F.U.: è riportato: OPPIO: latice essiccato e confezionato in pani. Il titolo di morfina deve essere del 10% polvere titolata che deve contenere dal 9.5 al 10.5% di morfina MORFINA CLORIDRATO PAPAVERINA CLORIDRATO CODEINA CODEINA FOSFATO TERMINOLOGIA: Oppiacei: derivati dell’oppio. Includono morfina, codeina, tebaina (alcaloidi fenantrenici) e numerosi congeneri semisintetici e sintetici Oppioidi: tutti gli agonisti e antagonisti con proprietà morfino-simili ed i peptidi oppioidi endogeni e sintetici di cui gli oppiacei imitano l’azione Endorfine: termine generico con cui si identificano le 3 famiglie di peptidi oppioidi endogeni: encefaline, dinorfine, ßendorfine Narcotico: origina dal greco, stupore. Inizialmente si riferiva a ciascun farmaco in grado di indurre il sonno, ma poi è stat o associato con la potente azione analgesica degli oppiacei. Anche se di uso comune, non viene più usato in contest o farmacologico. PEPTIDI OPPIOIDI ENDOGENI Sono state identificate 3 distinte famiglie di peptidi oppioidi endogeni: ß-endorfine, encefaline, dinorfine. Ciascuna famiglia origina da un distinto precursore di natura polipeptidica che presenta una distribuzione anatomica caratteristica: PROOPPIOMELANOCORTINA (POMC): dà origine alle ß-endorfine, ma anche a numerosi altri peptidi tra cui ACTH, ßMSH, ß-lipotropina PROENCEFALINA: dà origine alle encefaline PRODINORFINA: dà origine alle dinorfine ß-endorfine: nel SNC hanno una distribuzione limitata e sono localizzate in zone la cui stimolazione elettrica produce analgesia. Sono prodotte anche in alcuni organi periferici come pancreas, mucosa gastrica, placenta, testicolo e midollare del surrene. Encefaline: hanno una vasta distribuzione nel SNC, nei plessi nervosi periferici e nella midollare del surrene. Nel SNC sono localizzate in zone coinvolte nella percezione del dolore, nella modulazione del comportamento affettivo e della memoria, nel controllo motorio, nella regolazione del SNA (midollo allungato) e nelle funzioni neuroendocrine (ipotalamo). Dinorfine: la loro distribuzione è molto simile a quella delle encefaline anche se le popolazioni neuronali sono talvolt a differenti. E’ stata recentemente identificata la presenza di endomorfine. A differenza degli altri peptidi endogeni che sono poco selettivi per i vari sottotipi di recettori oppioidi, le endomorfine hanno un’elevatissima selettività per i recettori µ. RECETTORI OPPIOIDI I recettori oppioidi sono stati classificati in 3 tipi denominati µ, δ e κ. Tutti i recettori oppioidi appartengono alla classe di recettori accoppiati a proteine G e più precisamente a proteine Gi. I loro effetti intracellulari sono quindi una riduzione dei livelli di cAMP per inibizione dell’attività adenilciclasica, l’apertura di canali del K+ e la chiusura di canali del Ca2+. Recettori µ: sono i più diffusi e abbondanti e mediano la maggior parte degli effetti farmacologici degli oppioidi. I peptidi oppioidi endogeni mostrano scarsa selettività verso i sottotipi di recettori oppioidi. Le ß-endorfine e le encefaline esercitano comunque un’interazione preferenziale con i recettori µ. Un’eccezione è data dalle endomorfine che invece sono agonisti µ selettivi, e quindi si ritiene che rappresentino i ligandi endogeni per questo sottotipo recettoriale. L’effetto analgesico indotto dalla morfina si esercita sia a livello spinale (µ 2) che sopraspinale (µ 1), mentre la depressione respiratoria e la costipazione sono mediate dai recettori µ 2. Recettori κ: le dinorfine sono i ligandi endogeni per i recettori κ. La loro stimolazione produce analgesia (κ1 spinale, κ 2 sopraspinale), costipazione, sedazione. Esercitano poi alcuni effetti opposti rispetto a quelli mediati dai recettori µ: determinano un’aumento dell’assunzione di cibo, un aumento della diuresi (κ 1), un miglioramento delle funzioni mnemoniche e cognitive. Recettori δ: Le encefaline rappresentano i legandi endogeni per i recettori δ. La stimolazione di questi recettori produce analgesia sia spinale (δ2) che sopraspinale (δ1, δ2), anche se il sistema spinale sembra essere maggiormente coinvolto. E’ stato inoltre osservato nell’animale da esperimento che agonisti selettivi di entrambi i sottotipi provocano un’inibizione dei processi mnemonici. OPPIO P ROPRIETÀ DELL’OPPIO: l’oppio ha principalmente azione ANALGESICA e deve tale proprietà alla presenza di morfina, il suo principale e abbondante componente attivo. Tuttavia la sua azione farmacologica non può considerarsi identica a quella della morfina, sia per la presenza di altri composti con azioni che si sovrappongono o interferiscono con quelle della morfina, sia perché gli alcaloidi sono presenti in forma di sali poco solubili nell’oppio. Ad esempio: codeina, laudanosina: migliorano l’azione sedativa della morfina papaverina, kaempferolo: migliorano l’attività antidiarroica della morfina laudanosina: ostacola l’effetto miotico della morfina provocando midriasi USO TERAPEUTICO DELL’OPPIO: è usato per le sue proprietà SEDATIVE e ANTIDIARROICHE principalmente in polvere (oppi o crocato), sotto forma di tintura (1% morfina), come sciroppo (1% di morfina). La Tintura di laudano (soluzione idroalcolica di oppio contenente 1% di morfina) e lo sciroppo trovano impiego nel controllo della diarrea di varia eziologia e dopo intervent i chirurgici alla regione anorettale. Tendenzialmente oggi si usano gli alcaloidi estratti dall’oppio oppure dei derivati semisintetici o sintetici. DERIVATI DELL’OPPIO MORFINA Poiché la sintesi di laboratorio è molto difficile, la si ottiene ancora dall’oppio oppure viene estratta dal Papaver somniferum L. La morfina non è un agonista selettivo. Esercita un’interazione preferenziale con i recettori µ (nM), ma è in grado di legare anche i recettori k e δ (µM). Comunque, sia la morfina che gli oppioidi ad essa correlati esplicano le loro attività principalmente attraverso l’interazione con i recettori µ. Gli effetti prodotti sono vari e includono sia effetti centrali che periferici quali: analgesia (µ, κ, δ) sedazione (µ, κ, δ) depressione respiratoria (µ 2) cambiamento dell’umore: benessere, euforia (µ), disforia , disorientamento (κ) riduzione della motilità intestinale (µ2, κ) miosi (µ, κ) nausea e vomito alterazione del sistema endocrino alterazione del sistema nervoso autonomo E FFETTI CENTRALI: Analgesia: esistono molti composti con proprietà farmacologiche simili alla morfina, ma nessuno di questi ha mostrato proprietà analgesiche superiori. La morfina rimane quindi lo standard cui vengono paragonati nuovi analgesici. L’effetto analgesico è piuttosto selettivo, cioè, alle dosi analgesiche, non compaiono gli altri effetti farmacologici della morfina. Non è accompagnato da perdita di coscienza e spesso i pazienti riportano che il dolore è ancora presente, ma si sentono comunque meglio. Il dolore può essere di 2 tipi: dolore nocicettivo: causato dalla stimolazione di recettori nocicettivi e trasmesso attraverso fibre nervose integre dolore neuropatico: causato da un danno alle strutture neuronali provocando un’ipersensibilità neuronale La morfina e gli oppioidi ad essa correlati sono molto attivi nel dolore nocicettivo, mentre lo sono scarsamente nel dolore neuropatico. Inoltre è più efficace nel controllo del dolore sordo e continuo che di quello acuto e intermittente, ma con dosi adeguate è efficace anche nel dolore associato a coliche renali o biliari. Quando la morfina è somministrata ad una persona che non ha dolore, si hanno molti effetti spiacevoli: comunemente si manifesta nausea e talvolta anche vomito. Meccanismo d’azione: la morfina esplica effetto analgesico sia a livello spinale che sopraspinale. Tale azione sembra mediata prevalentemente dai recettori µ, ma essendo stato dimostrato che anche la stimolazione dei recettori k e δ provoca analgesia, non si può escludere un loro ruolo nel meccanismo d’azione della morfina. Miosi: la morfina e la maggior parte degli agonisti µ e k provocano costrizione della pupilla a seguito di un’azione stimolatoria dei nervi parasimpatici che innervano la pupilla. Dopo somministrazione di dosi tossiche di agonisti µ, la miosi è così marcata da rappresentare un importante indizio diagnostico. Dosi terapeutiche di morfina aumentano il potere di accomodazione e riducono la tensione endoculare sia nei sani che soggetti affetti da glaucoma. Convulsioni: negli animali, alte dosi di morfina (cioè molto superiori a quelle che producono analgesia) risultano convulsivanti. Infatti, la somministrazione i.c.v. di oppioidi rappresenta un importante modello sperimentale di epilessia. Vari meccanismi sono coinvolti in questo effetto, ma sembra che un ruolo importante sia giocato dall’inibizione del release di GABA dalle cellule piramidali ippocampali. Respirazione (µ 2): gli oppioidi morfino-simili deprimono la respirazione con un meccanismo che coinvolge, almeno in parte, un effetto diretto sui centri respiratori bulbari. La depressione respiratoria si evidenzia anche con dosi che non alterano la coscienza ed aumenta progressivamente con l’aumentare della dose. La morte, nell’uomo, da sovradosaggio da morfina avviene essenzialmente per depressione respiratoria. Nonostante gli effetti respiratori si manifestino rapidamente anche dopo somministrazione di dosi standard di morfina, in assenza di patologie respiratorie non rappresenta un importante problema clinico. Comunque, la combinazione di morfina e altri medicamenti quali anestetici, tranquillanti, alcool, sedativi, ipnotici, può rappresentare un grave rischio di depressione respiratoria. La massima depressione respiratoria compare dopo 5-10 min dalla somministrazione i.v. o 30 min dalla somministrazione i.m. e 90 dalla somministrazione s.c. Tosse: la morfina e gli oppioidi correlati deprimono la tosse per un effetto diretto sui centri bulbari della tosse. Non sembra esistere una correlazione tra depressione respiratoria e depressione della tosse poiché esistono composti attivi come antitussivi che non deprimono la respirazione. Nausea e vomito: nausea e vomito sono spiacevoli effetti collaterali prodotti dalla somministrazione di morfina e composti correlati che si esplica per un’azione della zona CTZ nell’area postrema del midollo allungato. Sembra che vi intervenga anche una componente vestibolare poiché tali effetti sono piuttosto rari in pazienti che giacciono a letto. Memoria: negli animali da esperimento la morfina, così come i peptidi oppioidi endogeni, provocano una riduzione della capacità di memorizzazione. Questi effetti sembrano mediati dall’attivazione dei recettori µ e δ poiché agonisti selettivi di tali recettori provocano amnesia, mentre agonisti κ producono un miglioramento delle funzioni cognitive. E FFETTI SUL SISTEMA CARDIOVASCOLARE : Nell’animale da esperimento gli oppiodi possono produrre sia aumento che riduzione della pressione arteriosa così come tachicardia o bradicardia a seconda della dose, via di somministrazione, sito di iniezione, presenza di anestesia. Nell’uomo, dosi terapeutiche di oppioidi producono ipotensione ortostatica conseguente alla vasodilatazione periferica e all’inibizione dei riflessi dei barocettori. La morfina e gli oppioidi ad essa correlati provocano la liberazione di istamina dai mastociti che contribuisce ampiamente all’induzione di ipotensione. Tuttavia, la vasodilatazione è revertita solo parzialmente dagl i antagonisti H 1, mentre è revertita dal naloxone. La morfina riduce anche la vasocostrizione riflessa causata dall’aumento di pCO 2. La liberazione di istamina può produrre anche broncocostrizione ed effetti locali come orticaria o prurito nel sito di iniezione. E FFETTI SUL T RATTO GASTROENTERICO (µ 2, κ): Stomaco: la morfina riduce la secrezione di HCl, riduce la motilità gastrica e ritarda lo svuotamento gastrico con aumento della possibilità di reflusso esofageo. Ciò ritarda anche l’assorbimento di eventuali farmaci somministrati contemporaneamente alla morfina. Intestino: diminuisce le secrezioni biliari, pancreatiche ed intestinali, rallenta la digestione; si ha un marcato aumento del tono muscolare mentre le onde peristaltiche propulsive sono diminuite o abolite. Si ha quindi induzione di costipazione che rappresenta un grave effetto collaterale soprattutto durante l’uso cronico di morfina. Gli effetti gastroenterici della morfina sono mediati principalmente dai recettori µ e δ a livello intestinale. Tratto biliare: dosi analgesiche di morfina aumentano la pressione nel tratto biliare a seguito della contrazione dello sfintere di Oddi. Per questo motivo alcuni pazienti con coliche biliari hanno un’esacerbazione del dolore a seguito di somministrazione di morfina. E FFETTI SU ALTRE MUSCOLATURE LISCE : Tratto urinario: la morfina inibisce il riflesso di svuotamento della vescica. Tali effetti sono riprodotti dalla stimolazione dei recettori µ e δ cerebrali e spinali, mentre la stimolazione dei recettori κ favorisce la diuresi. Utero: dosi terapeutiche di morfina prolungano il travaglio del parto. Se l’utero è reso iperattivo dall’uso di ossitocici, la morfina riporta alla normalità il tono, la frequenza e l’ampiezza delle contrazioni. Inoltre, gli effetti centrali della morfina possono ridurre il grado di cooperazione della partoriente. Questi effetti, uniti alla sensibilità elevata del neonato alla depressione respiratoria, aumentano il rischio di mortalità neonatale a seguito dell’uso di oppioidi durante il travaglio. PELLE: Dosi terapeutiche di morfina provocano dilatazione dei vasi cutanei ed è frequente l’arrossamento del viso, del collo e della parte superiore del torace. Questi effetti possono essere dovuti alla liberazione di istamina la quale è responsabile anche della sensazione di prurito e dell’orticaria che si manifestano nella zona di iniezione. COMPORTAMENTO CONSUMATORIO: Gli oppioidi e gli oppiacei modificano il comportamento consumatorio sia nell’uomo sia nell’animale da esperimento: gli agonisti µ inibiscono la fame e la sete, mentre gli agonisti κ stimolano il mangiare ed il bere. ASSORBIMENTO, DISTRIBUZIONE, METABOLISMO, ELIMINAZIONE: Assorbimento: in genere gli oppioidi sono ben assorbiti a livello gastrointestinale, ma, a seguito di un intenso metabolismo di primo passaggio a livello epatico, a parità di dosaggio si ha un effetto maggiore dopo somministrazione parenterale. Distribuzione: a dosi terapeutiche, circa 1/3 della morfina é legata alle proteine plasmatiche. Nonostante il principale sito di azione sia il SNC, la morfina passa la BEE con maggiore difficoltà rispetto ad altri oppioidi più liposolubili quali codeina. Metabolismo: la principale via metabolica della morfina è la coniugazione con acido glucuronico da cui originano sia prodotti attivi che inattivi. Il principale metabolita è la morfina-6-glucuronato che esercita gli stessi effetti farmacologici della morfina, ma risulta essere più potente. Dopo somministrazione i.c.v. é circa 100 volte più attivo della morfina, mentre dopo somministrazione periferica lo è molto meno (2 volte) poiché attraversa con molta difficoltà la BEE. Eliminazione: solo una piccola quantità di morfina è escreta immodificata; la maggior parte è eliminata come morfina-3glucuronato. Il 90% dell’eliminazione avviene nel primo giorno dalla somministrazione. E FFETTI COLLATERALI: Depressione respiratoria: uso con cautela nei pazienti con affezioni respiratorie e durante il parto Nausea e vomito Disforia e confusione mentale Costipazione Prurito e orticaria Ipotensione: uso con cautela negli ipotesi Ritenzione urinaria Deve essere inoltre usata con cautela nei soggetti con patologie epatiche poiché il suo metabolismo potrebbe essere minore e quindi si possono manifestare reazioni da sovradosaggio. T OLLERANZA E DIPENDENZA Lo sviluppo di tolleranza e dipendenza a seguito di uso cronico è una caratteristica comune a tutti gli oppioidi. Tolleranza: progressiva perdita di efficacia e di potenza ad alcuni effetti (analgesia, euforia, depressione respiratoria) a seguit o di esposizione ripetuta agli oppioidi. Dipendenza: condizione caratterizzata da complesse modifiche e adattamenti funzionali a carattere cronico e recidivante dovuta ad esposizione cronica agli oppioidi. Alcuni di questi adattamenti (dipendenza primaria) si estinguono abbastanza rapidamente dopo la cessazione della somministrazione del farmaco, a cui segue una sindrome acuta da deprivazione dell’oppioide, di breve durata, denominata crisi di astinenza. Altri adattamenti funzionali persistono per lungo tempo dopo la sospensione di quest i farmaci, creando un periodo di vulnerabilità alle recidive (dipendenza secondaria). T OSSICITA’ ACUTA Si verifica per sovradosaggio: 1) nella pratica clinica; 2) accidentalmente nei tossicodipendenti; 3) a scopo suicida. Coma, miosi e depressione respiratoria sono i 3 sintomi caratteristici della presenza di intossicazione acuta da oppioidi sono. Il soggetto manifesta, infatti, uno stato confusionale o, a dosaggi molto elevati, una condizione di coma. La frequenza respiratoria è molto bassa e si può avere cianosi. La pupilla ha la dimensione di una punta di spillo. Trattamento: respirazione assistita, somministrazione di antagonisti tra cui il naloxone è il farmaco di prima scelta. USO TERAPEUTICO: Gli oppioidi trovano impiego nel trattamento sintomatico di: patologie dolorose: dolore da moderato a intenso di varia origine (cancro, postoperatorio, ostetricia) tosse: l’effetto antitussivo compare a dosi minori di quelle analgesiche (codeina) forme diarroiche: l’effetto antidiarroico compare a dosi minori di quelle analgesiche (oppio e derivati) INTERAZIONI FARMACOLOGICHE: Fenotiazine, IMAO, TCAs potenziano gli effetti deprimenti degli oppioidi Piccole dosi di amfetamina potenziano l’effetto analgesico ed euforizzante della morfina e riducono la sedazione che rappresenta un effetto collaterale Alcuni antistaminici e TCAs potenziano l’effetto analgesico della morfina CODEINA (metilmorfina) Si usa prevalentemente come bechico producendo un effetto antitussivo a dosi minori di quelle analgesiche. Ha proprietà analgesiche, ma è circa 20 volte meno potente della morfina. La codeina, a differenza della morfina, è equiattiva sia dopo somministrazione orale che parenterale poiché subisce un minor metabolismo di primo passaggio. Dopo assorbimento viene metabolizzata nel fegato dando luogo, prevalentemente, a composti inattivi ed eliminata con le urine. Circa il 10% della codeina somministrata viene demetilata a morfina e, considerando la sua bassa affinità per i recettori oppioidi, il suo effetto analgesico sembra dovuto essenzialmente alla sua trasformazione in morfina. Tuttavia il suo effetto antitussivo sembra dovuto ad un legame diretto della codeina con particolari recettori. TEBAINA Come tutti i derivati di tipo fenantrenico ha blande proprietà analgesiche e sedative e può dare farmacodipendenza. PAPAVERINA Ha proprietà miorilassanti ed è efficace negli spasmi intestinali. Recentemente è stata utilizzata nella terapia farmacologica dell’impotenza (deficit dell’erezione). Iniettata all’interno dei corpi cavernosi determina un rilassamento delle fibre muscolari lisce a cui fa seguito una vasodilatazione con conseguente erezione. EROINA (diacetilmorfina) L’eroina è il derivato diacetilato della morfina. E’ rapidamente idrolizzata a 6-monoacetilmorfina che a sua volta viene idrolizzata a morfina. Questi ultimi 2 composti sembrano responsabili delle azione farmacologiche dell’eroina. Sia l’eroina che la 6-monoacetil morfina sono più lipofile della morfina e penetrano nel SNC più rapidamente. L’eroina è infatti circa 2 volte pi ù attiva della morfina dopo somministrazione i.m. COCA La coca si ottiene dall’ Erythroxylon coca Lam. (Fam. Erythroxylaceae) nota come coca di Huanuco o boliviana, o da Erythroxylon truxillense Rusby, nota come coca di Truxillo o peruviana. Erythroxylon: dal greco ερυνροζ = rosso e ξυλον = legno, per il legno rossastro dell’albero Coca = nome indio della pianta Truxillense = da Truxillo, città costiera del Perù. HABITAT. La coca proviene dalla Bolivia e dal Perù. E’ coltivata anche in America del sud (Cile, Argentina, Brasile), in Asia (Ceylon, Giava) ed in Africa (Madagascar). DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come un arbusto sempreverde alto 1,5-2,5 m con corteccia di colore bruno rossastro; le foglie sono alterne, ovali, brevemente picciolate, di colore verde scuro. Sulla pagina inferiore presentano, ai lati della nervatura principale, 2 linee curve più o meno marcate (pseudonervature) che delimitano un’area ovale e rappresentano la traccia dei margini della foglia giovane che, nel germoglio, è caratteristicamente arrotolata su se stessa; i fiori, di colore biancogiallastro, sono raccolti in piccole cime ascellari; il frutto è a drupa oblunga, di colore rosso, contenente un solo seme. DROGA: foglie RACCOLTA E PREPARAZIONE. Le foglie vengono raccolte 3-4 volte l’anno da piante al quinto anno di vegetazione e continua fino al decimo anno. L’essiccamento viene fatto al sole o artificialmente a modica temperatura. La droga del commercio proviene da coltivazioni che si praticano ad un’altitudine tra i 400 ed i 2000 metri e ad una temperatura costante di 20°C. DESCRIZIONE DELLA DROGA. La foglia, brevemente picciolata, presenta un lembo ovale, ad apice acuto, a margine intero. Le nervature secondarie che si staccano da quella centrale si ramificano e si anastomizzano dando una fitta rete. Sulla pagina inferiore sono visibili 2 linee ai lati della nervatura centrale; queste, unendosi alla base e all’estremità della foglia, delimitano una zona affusolata (area). Queste 2 linee o pseudonervature sono i segni dovuti alla disposizione della lamina fogliare nella gemma. Le foglie presentano un’epidermide con caratteristiche papille, che appaiono viste frontalmente, come dei cerchi; gli stomi sono numerosi. La coca ha un odore che ricorda il tè, sapore amarognolo, astringente, lievemente piccante; se masticata rende insensibile la lingua per un po’ di tempo. P RINCIPI ATTIVI: La droga contiene A LCALOIDI TROPANICI (0.5-2%) del tipo della: ecgonina: cocaina cinnamil-cocaina α e ß-truxillina isococaina omococamina cocamina tropina: tropococaina valerina igrina: igrolina cuscoigrina F.U.: La droga, costituita dalle foglie, non è riportata in F.U., ma la cocaina è nell’elenco delle sostanze stupefacenti. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE EFFETTI CENTRALI: Le proprietà della coca sono note da secoli alle popolazioni peruviane e boliviane che masticavano foglie di coca per attenuare il senso di fatica, della fame, della sete e per aumentare le prestazioni muscolari. La coca dà inoltre sensazione di benessere, euforia e, presa più volte, può dare allucinazioni. La cocaina, il principale componente della coca, non possiede le proprietà tipiche degli alcaloidi tropanici della belladonna. La cocaina è infatti un potente stimolante centrale. Provoca: sensazione di benessere ed euforia aumento dello stato di veglia, della vigilanza riduzione del senso di fatica effetto anoressizzante Questi effetti sono principalmente da imputarsi alla capacità della cocaina di inibire il trasportatore della dopamina provocando un aumento dei livelli di questo neurotrasmettitore in particolari aree cerebrali (es. sistema limbico). Inoltre la cocaina inibisce anche il reuptake di noradrenalina e serotonina. Un’importante proprietà della cocaina è quella di essere un anestetico locale. Ciò è dovuto al fatto che previene la formazione e la propagazione dell’impulso nervoso a livello delle membrane delle cellule eccitabili. La cocaina riduce o inibisce l’aumento di permeabilità al Na+ prodotto dalla depolarizzazione di membrana a seguito di un’interazione diretta con i canali del Na + voltaggio-dipendenti. Si ha una diversa sensibilità delle fibre nervose all’effetto anestetico locale della cocaina. In generale, le fibre più piccole sono più sensibili di quelle più grandi. Avremo, in ordine di sensibilità decrescente: fibre non mielinizzate di tipo C (sensazioni dolorifiche) e di tipo Aδ (sensazioni dolorose e termiche) fibre mielinizzate più grandi di tipo Aγ, Aß e Aα (sensazioni tattili, pressoree e informazioni motoree) Gli anestetici locali vengono generalmente associati ad un vasocostrittore in modo da ridurre l’assorbimento dell’anestetico e localizzare il più possibile il suo sito d’azione. La cocaina possiede anche proprietà vasocostrittrici e quindi può essere usata, come anestetico locale, in assenza di vasocostrittori. Effetti indesiderati conseguenti l’assorbimento sistemico SNC: irrequietezza, tremori fino a convulsioni per dosaggi elevati. La stimolazione è poi seguita da depressione con morte per depressione respiratoria Sistema cardiovascolare: riduzione dell’eccitabilità, della frequenza, della conduzione e della forza di contrazione del miocardio. Questi effetti si ottengono a dosi elevate e quando gli effetti sul SNC sono già comparsi. Muscolo liscio: riduzione della contrazione intestinale, dei muscoli bronchiali. EFFETTI PERIFERICI La cocaina provoca gli effetti tipici dell’attivazione del sistema simpatico: tachicardia ipertensione midriasi vasocostrizione periferica T OSSICITA’ Per i suoi effetti euforizzanti può essere fumata in forma di base libera, mentre come sale (cloridrato) viene inalata o assunta per via endovenosa. Il principale problema associato all’uso di cocaina è la dipendenza intesa come bisogno compulsivo della droga. La cessazione della sua assunzione può dare una sindrome di astinenza, generalmente lieve, caratterizzata dai seguenti sintomi: disforia, depressione affaticamento, mancanza di sonno “craving” per la cocaina bradicardia Oltre alla dipendenza, la cocaina può dare altri effetti tossici quali: aritmie cardiache ischemia del miocardio vasocostrizione cerebrale convulsioni disordini psichiatrici (ansia, depressione, psicosi) nelle donne in gravidanza può dare aborti spontanei l’assunzione cronica per via nasale, a causa delle proprietà vasocostrittrici, può determinare necrosi delle mucose e del setto nasale. USO TERAPEUTICO L’unica azione della cocaina di interesse terapeutico è l’attività anestetica locale unita all’attività vasocostrittrice. La sua tossicità (dovuta all’inibizione del reuptake delle catecolamine) e il potenziale abuso (dopamina) che può esserne fatto ne riduce fortemente i casi di impiego. Si usa come anestetico locale nelle alte vie respiratorie come soluzione al 1, 4 o 10% per uso topico. CHIODI DI GAROFANO I chiodi di garofano si ottengono dal Syzygium aromaticum (L.) Merr. Et Perry (Eugenia cariophyllata Thumb.) (Fam. Myrtaceae). HABITAT. Albero delle regioni tropicali originario delle isole Molucche e coltivato in Madagascar, Tanzania e Indonesia. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come un albero di 12-15 m di altezza; le foglie sono persistenti, appuntite, opposte l’una all’altra, ovali, coriacee; i fiori nascono all’estremità dei rami, hanno 4 petali bianco-rosati, 4 sepali che diventano rossi a maturità e sono disposti in cime compatte e ramificate; il frutto è una bacca allungata DROGA: boccioli floreali DESCRIZIONE DELLA DROGA. Presentano una testa globosa di circa 0.5 cm di diametro. E’ costituita da 4 petali embricati tra loro che delimitano una cavità sferica contenente numerosi stami. Il peduncolo del fiore, unitamente ai bocci e alle foglie, può essere utilizzato per la preparazione dell’olio essenziale. P RINCIPI ATTIVI. La droga contiene il 15-20% di un olio essenziale, molto profumato, che contiene: eugenolo (85-95%), rappresenta il componente principale (monoterpene) cariofillene (10%) fencone flavonoidi tannini olio grasso F.U.: La droga, presente in F.U., non deve contenere meno di 150 ml di essenza/kg. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE. L’eugenolo ha proprietà antibatteriche, antifungine, blando analgesico, antiossidanti, antinfiammatorie, anestetiche locali, antipiretiche, inibitorie sulla motilità e secrezioni intestinali USI TERAPEUTICI. Si usa soprattutto in campo odontoiatrico per le sue proprietà antisettiche e analgesiche. La miscela ossido di zinco-eugenolo è uno dei più usati cementi per le otturazioni dentarie. T OSSICITA’. L’eugenolo è un irritante locale e può dare fenomeni di sensibilizzazione allergica. Esistono dati che indicano che l’eugenolo ha proprietà mutagene, mentre altri riportano che ha proprietà antimutagene nei confronti di altri mutageni chimici. Questo può essere dovuto al fatto che ha sia proprietà antiossidanti, sia la capacità di interagire con i sistemi metabolici di detossificazione (transferasi, citocromi). ARNICA L’arnica si ottiene dall’ Arnica montana L. (Fam. Compositae). A. chamissionis, A. fulgens e A. sonoria di origine americana vengono usate per sostituire l’A. montana considerata specie protetta HABITAT. Zone prative di Alpi ed Appennini fino a 2000 m, presente nel centro Europa ed in Russia; la sua fioritura è in talune zone copiosissima tanto da essere considerata infestante per il pascolo (è rifiutata dal bestiame per il forte odore aromatico). BOTANICA. Pianta: erbacea perenne con rizoma robusto e trisciante; Fusto: alto 20-70 cm; Foglie: intere, lanceolate, verdepallido, disposte in rosetta; Fiori: infiorescenza a capolino Frutto: acheni sormontati da pappo costituito da setole bianche, ispide DROGA (FU): Capolini Usato anche il rizoma TITOLO: Nella droga gli elementi estranei devono essere < 1% con assenza di capolini di altre composite. Le sostanze estraibil i con acqua non devono essere < del 17 %. DESCRIZIONE DELLA DROGA. Infiorescenza a capolino di colore giallo vivo, di 5-8 cm di diametro che si sviluppa dalla rosetta all’estremità dell’asse infiorescenziale. Il capolino è costituito da 20-30 brattee lanceolate lunghe circa 1 cm, di colore verde con peli giallastri disposti su 1 o 2 file e da fiori giallo-aranciato che all’esterno hanno forma ligulata, femminili, lunghi circa 3 cm, mentre all’interno sono tubulosi, ermafroditi e misurano 0.3-0.5 cm. Il rizoma si trova in pezzi lunghi 4-8 cm spessi 3-4 mm, di colore giallo-bruno, rugoso, con numerose radici, odore leggermente aromatico, contiene una < quantità di principi atti vi rispetto ai capolini La droga si altera all’umidità assumendo odore tabagico (tabacco di montagna). P RINCIPALI COMPONENTI OLIO ESSENZIALE 3% nella droga secca POLISACCARIDI ACIDI ETEROGENEI A CATENA RAMIFICATA tra cui alcuni tossici che ne impediscono l’uso i n caso di ferite e l’arnicolide in studio come antitumorale HELENALINA (lattone sesquiterpenico) FLAVONOIDI (astragaloside, isoquercitroside PREPARAZIONI: TINTURA è la più comune: 50 g di fiori in 1 l di alcool etilico a 90°C. Lasciare macerare in recipiente chiuso per 8 giorni, colare spremendo il residuo e filtrare. Diluita 1:5 in acqua o alcool viene applicata per impacco sulla parte contusa. Oppure 20 g di questa tintura vengono mescolati a 50 g di glicerina e 60 g di acqua e questo liquido viene usato per pennellature sulle parti con ecchimosi. P ROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO SOLUZIONE DI ECCHIMOSI E TRAUMI (CONTUSIONI) è chiamata “erba delle cadute” anche se i dati scintifici sono scarsi; tale azione è fondata sull’effetto rubefacente che stimolando la circolazione permette il riassorbimento delle ecchimosi STIMOLARE LA FAGOCITOSI IN GRANULOCITI “in vitro” INIBIRE L’AGGREGAZIONE PIASTRINICA TOSSICITA’ DERMATITI DA CONTATTO in caso di applicazione topica della tintura non diluita. La tintura di arnica è controindicata su ferite aperte, abrasioni, ulcere varicose,come cicatrizzante dopo estrazione dentaria perché la penetrazione interna dei lattoni sesquiterpenici provoca gonfiore e dolore della ferita. SAMBUCO Sambucus nigra L. (Fam. Caprifoliaceae) HABITAT. Diffuso in Europa centrale e meridionale, Caucaso, Armenia, molto comune in Italia dal mare al piano montano, specie nei luoghi ruderali BOTANICA Pianta: piccolo albero alto 2-5 m ma può raggiungere anche 10 m; Fusto: ha corteccia grigia con numerose lenticelle a forma di verruche; Foglie: composte, imparipennate, formate da 5-7 foglioline ovali a margine seghettato, di colore verde scuro nella pagina superiore più chiara quella inferiore per una diffusa pelosità; Fiori: grandi infiorescenze bianche, terminali, corimbiformi, di circa 20 cm di diametro, con fiori profumati le cui corolle sono formate da un breve tubo che si apre in 5 lobi ; Frutto: bacca nerastra e carnosa la cui spremitura fornisce un succo rosso-violetto, grosso circa 6 mm e di sapore dolce acidul o ed aromatico, racchiuso in un’ampia ombrella. DROGA: pianta intera F.U.: riporta due tisane a base di sambuco P RINCIPI ATTIVI I fiori contengono: POLIFENOLI, ACIDO CLOROGENICO, ACIDO CAFFEICO, FLAVONOIDI come la RUTINA che per idrolisi dà quercetina, ramnosio e glucosio I frutti contengono: ANTOCIANOSIDI quali: CRISANTEMINA, SAMBUCIANINA I semi e le foglie contengono: ETEROSIDE CIANOGENETICO: SAMBUNIGRINA P ROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO Nella medicina popolare sono usate tutte le parti della pianta: corteccia, fiori, foglie e frutti per le proprietà: LASSATIVE DIAFORETICHE DIURETICHE EMOLLIENTI ANTINEVRALGICHE (n. trigeminali) succo delle bacche Rilevante l’impiego nell’industria cosmetica (lozioni per la pelle, bagni, profumi ecc) T OSSICITA’. In seguito all’assunzione per via orale di succo di bacche di S. nigra sono stati descritti: SINTOMI GASTROINTESTINALI e NEUROLOGICI P REPARAZIONI INFUSO: 3 g di fiori in 100 g di acqua; si filtra, si zucchera (2-3 tazzine al giorno) SUCCO: spremere attraverso una garza una buona quantità di frutti, la dose è di 1-2 cucchiai/die VINO: spremere le bacche di sambuco e raccogliere 20 g di succo, mescolarlo in 10 g di vino rosso MIRRA Cammiphora molmol (Fam. Burseraceae) HABITAT : Spontanea in Africa orientale (zone prospicenti il Mar Rosso) ed in Kenia BOTANICA Pianta: arbusto alto fino a 2–3 m con rami portanti ramoscelli appuntiti (spine) disposti ad angolo retto; Fusto: la corteccia ha una colorazione grigio-biancastra; Foglie: opposte, trifoliate, scarse, piccole ed ineguali, con forma ovale e margine intero; Fiori: piccoli e raccolti in pannocchie terminali In F.U. figura la mirra prodotta da Cammiphora molmol comunemente detta mirra somala; La F.U. prevede che la tintura di Mirra sia ottenuta per macerazione in alcool al 90% della gommoresina polverizzata ottenuta per secrezione dal tronco e dai rami ed indurita all’aria. Il residuo secco non deve essere inferiore al 4.0% STORIA Il nome deriva probabilmente dalla parola ebraica “mur” che significa amaro. Nell’Antico Testamento ci sono molti riferimenti. Gli antichi Egizi la usavano come componente di un unguento contro i dolori muscolari e nella preparazione di pozioni contro la tosse. I medici della Mesopotamia la usavano come cicatrizzante e Celso nel trattato “De rerum medica” la cita come antiflogistico miscelata con il miele. DROGA. Essudato ottenuto per incisione della corteccia DESCRIZIONE DELLA DROGA La corteccia contiene delle tasche schizogene ripiene di una secrezione gommo-oleo-resinosa che può riversarsi all’esterno tramite fessure naturali od incisioni. Il prodotto, ottenuto per fuoriuscita dai canali resiniferi, è un liquido giallo-pallido che indurisce all’aria formando masse irregolari o lacrime, di colore dal giallo al rosso-bruno, fragili, semitrasparenti, untuose ed a frattura granulare. La droga fresca ha odore aromatico, gradevole, acuto e pungente; il sapore è amaro ed astringente. P RINCIPI ATTIVI GOMMA SOLUBILE IN ACQUA (30-60%) RESINA SOLUBILE IN ALCOOL (25-40%) SESQUITERPENI che includono furanogermacrani, furanoguaiani e furanoeudesmani OLIO ESSENZIALE contenente: α-pinene, limonene, eugenolo, cadine, aldeidi cumica e cinnamicaacidi formico, acetico, palmitico e mirrolico P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE ASTRINGENTE CICATRIZZANTE x PICCOLE LESIONI A LIVELLO OROFARNGEO e GENGIVE (entra infatti come componente di colluttori insieme a chiodi di garofano, timo, menta e gaulteria) STOMACHICO ed EUPEPTICO CARMINATIVO EMMENAGOGO ANALGESICA e ANESTETICA LOCALE ANTIBATTERICA T OSSICITA’ Non esistono dati tossicologici SISTEMA NERVOSO CENTRALE: CALMANTI PASSIFLORA La droga si ottiene dalla Passiflora incarnata L. (Fam. Passifloraceae). Passiflora: fiore della passione, con riferimento alla passione di Gesù. Secondo la tradizione, il calice del fiore rappresenta la corona di spine, gli stili (3) i chiodi usati per la crocifissione, gli stami le cinque piaghe, i sepali ed i petali gli apostoli (con l’esclusione di Giuda e Pietro per il loro tradimento) Incarnata: per la corona color porpora al centro e violetto o rosa alla periferia Papa Paolo V la fece coltivare con molta cura a Roma, considerando la pianta una rivelazione divina HABITAT : è originaria dell’America settentrionale, Perù, Brasile, Messico. Vegeta anche nel nord Africa; è coltivata nella regione mediterranea. DESCRIZIONE DELLA PIANTA: arbusto rampicante alto 6-9 m, a fusto legnoso, quadrangolare, di colore verde grigiastro, striat o longitudinalmente. Le foglie sono alterne, lungamente picciolate, divise in 3 lobi ovali, acuti, finemente dentati e di colore verde scuro. All’ascella delle foglie sono presenti dei cirri attorcigliati a spirale all’estremità. I fiori sono grandi (5-9 cm) solitari, lungamente picciolati, colorati. Il frutto è una bacca ovoide, carnosa, verdastra o rosso-bruna, contenente piccoli semi appiattiti, nerastri e rugosi. DROGA: parti aeree della pianta (rami con foglie e fiori) RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA: la droga viene raccolta quando si sviluppano i primi frutti (maggio-giugno) e si essicca ad una temperatura di 40-45°C. DESCRIZIONE DELLA DROGA: i rami sono di colore verde, striati, cavi, ricoperti di una minuta peluria. Le foglie sono trilobate e alla base del picciolo sono presenti 2 ghiandole nettarifere. I fiori sono grandi e complessi; presentano: calice è costituito da 5 sepali verdi all’esterno e bianchi o violacei all’interno; corolla costituita da 5 petali bianchi o violacei ed una doppia corona di filamenti di varia forma e colore; 5 stami con antere arancioni; ovario vellutato con munito di 3 carpelli con 3 stili e 3 stigmi P RINCIPI ATTIVI. La passiflora contiene: flavonoidi (0.8-2.5%) viteina isoviteina orientina safonarina iperoside shaftoside isoshaftoside crisina glucosidi cianogenici (0.03%): ginocardina olio essenziale alcaloidi indolici: armano armolo armina F.U.: Le parti aeree fiorifere e fruttifere della pianta, essiccate, costituiscono la droga che è iscritta in F.U. Il contenuto in flavonoidi, espressi come iperoside, non deve essere inferiore allo 0.3%. Non sono ammesse sofisticazioni con altre specie di Passiflora (P. coerulea, P. edulis, P. quadrangularis). P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. Gli estratti fluidi e le tinture di passiflora hanno attività ansiolitica e sedativa dovute probabilmente sia ai flavonoidi che agli alcaloidi. E’ stata riscontrata anche un’attività rilassante sulla muscolatura bronchiale e intestinale IMPIEGO TERAPEUTICO. La medicina tradizionale conferisce alla passiflora proprietà sedative e antispasmodiche. Si usa quindi nell’insonnia, nell’ansia, nei disturbi della menopausa, in alcune nevralgie. La droga viene somministrata sottoforma di estratto fluido o di infuso, da sola o in associazione ad altre droghe sedative (valeriana, biancospino, camomilla ecc.). T OSSICITÀ. Non sono riportati dati su effetti tossici prodotti nell’uomo da preparati di passiflora. A dosi elevate sono stati osservati nell’animale da esperimento tremori, riduzione della motilità spontanea, diminuita reattività agli stimoli esterni. VALERIANA La valeriana si ottiene dallaValeriana officinalis L. (Fam. Valerianaceae). Valeriana: dal latino valere=star bene; officinalis: da impiegarsi nell’officina farmaceutica L’uso della pianta risale già ai tempi dei greci e dei romani. Fu introdotta in Europa nel X secolo dagli arabi che ne conoscevano da tempo le proprietà medicinali. Nel medioevo veniva considerata efficace contro la febbre, tuttavia le sue proprietà terapeutiche furono riconosciute solo nel XVI secolo. HABITAT : cresce spontanea nei luoghi umidi e ombrosi, dal mare alla montagna, in Europa centro-settentrionale e Asia del nord. E’ coltivata nei paesi europei e in Giappone DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne con rizoma verticale piuttosto breve e tozzo (1x4-6 cm) con stoloni e radici fascicolate; con caule eretto, cilindrico, cavo internamente, solcato, ramificato; con foglie basali a rosetta e picciolate, quelle caulinari sessili, opposte, imparipennate formate da 11-19 foglioline; con fiori pentameri, rosei o bianchi, a corimbo terminale; il frutto è un achenio dotato di un pappo piumoso contenete un solo seme. La pianta fiorita emana un forte odore DROGA: radici e rizoma formanti il ceppo radicale RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE DELLA DROGA: la droga viene raccolta in aprile, prima dell’inizio del periodo vegetativo, oppure in autunno, da piante di 2-3 anni di vita. I ceppi radicali vengono lavati e poi essiccati. Nel rizoma le cellul e che contengono l’olio essenziale sono localizzate nell’ipoderma, costituito da cellule grandi con pareti sottili, per cui la droga va trattata con cura ed essiccata ad una temperatura non superiore a 40°C. La droga va conservata in recipienti ben chiusi al riparo dall’umidità e dalla luce. DESCRIZIONE DELLA DROGA: il ceppo radicale è formato da un rizoma di forma conico-ovoidale, cavo, di colore bruno, con striature longitudinali; le radici sono numerose, sottili, ramificate, di forma cilindrico-conica, di colore marrone, lunghe 8-10 cm. Possono essere presenti degli stoloni sottili come le radici. La radice fresca è inodore, ma durante l’essiccamento si liberano acidi (butirrico, valerianico, isobutirrico, isovalerainico, capronico) che conferiscono alla droga un odore nauseante. Il sapore è aromatico, prima dolciastro poi amarognolo. P RINCIPI ATTIVI: La valeriana contiene: valepotriati (0.5-1.2%): esteri epossidici derivati dall’iridano tra cui: valtrato isovaltrato acevaltrato sono composti instabili e si degradano facilmente per azione del calore, umidità, acidità. Si trovano nella droga fresca e in quella essiccata a temperature inferiori a 40°C. olio essenziale (0.3-0.7%): monoterpeni: borneolo canfene pinene sesquiterpeni: ß-cariofillene valeranale valeranone cadinene alcaloidi: catinina valerina F.U. La droga è iscritta in F.U. insieme al suo estratto idroalcolico secco. La droga deve contenere non meno del 15% di sostanza estrattiva. La F.U. riporta, per l’identificazione della droga, criteri di riconoscimento microscopico del sughero, di cellule contenenti goccioline di olio essenziale e di granuli di amido P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. Ha proprietà calmanti e sedative. Gli studi condotti finora non hanno identificato i component i responsabili dell’attività di questa droga. E’ stato però dimostrato che la valeriana determina un aumento dei livelli di GABA nel SNC: inibisce il catabolismo del GABA, agendo sull’enzima GABA-T, inibisce il processo di ricaptazione, aumenta la sintesi. L’azione sedativa della valeriana si esercita probabilmente attraverso azioni sinergiche di diversi costituenti su diversi siti del sistema recettoriale GABAergico. E’ possibile che l’incostanza degli effetti osservati con preparazioni di valeriana sia da riferirsi all’instabilità dei diversi principi attivi. IMPIEGO TERAPEUTICO. La valeriana viene utilizzata comunemente come sedativo nei disturbi del sonno e negli stati di agitazione. T OSSICITÀ. La droga e i suoi derivati sono dotati di scarsissima tossicità acuta. La valeriana può causare, a dosi eccessive e per uso prolungato, emicrania, insonnia, eccitabilità, diminuzione della frequenza cardiaca, aumento della pressione. I valepotriat i sembrano essere citotossici a causa del potere alchilante del gruppo epossidico. Questo effetto non si manifesta se la droga viene assunta per via orale, in quanto nel tratto gastroenterico vengono demoliti a gruppi non epossidici. I valepotriati con il tempo si decompongono: una tintura di valeriana conservata per 1-2 mesi è meno tossica di una appena preparata. La valeriana è controindicata nei cardiopatici. CAMOMILLA COMUNE Matricaria recutita L. Chamomilla recutita L. Rauschert detta anche C. tedesca (Fam. Composite; Sottofamiglia Asteraceae) Matricaria dal latino matrix = utero per la sua azione emmenagoga Chamomilla = mela per l’odore di alcune specie che assomiglia a quello della mela renetta Recutita = mozzata HABITAT Cresce spontanea ed abbondante nei luoghi erbosi ed incolti, preferibilmente aridi, dalla pianura alla collina, in Europa centro-meridionale ed Asia minore. E’ coltivata in Europa, America del Nord ed Australia. BOTANICA. Pianta: erbacea annuale, eretta, alta 30-50 cm; Fusto: eretto, glabro, scanalato, ramificato; Foglie: isolate, brevemente picciolate, bi e tri-pennatosette in lacinie brevi; Fiori: riuniti in capolini di forma emisferica con diametro di 10-30 mm formati da un ricettacolo cavo con numerosi fiori ermafroditi tubulari gialli circondati da 12-20 fiori femminili ligulati bianchi; Frutt o: piccolo achenio subcilindrico (1 mm), giallo o bruno, senza pappo, contenente un seme DROGA (F.U.): Capolini essiccati Contenuto minimo di olio essenziale nei capolini 4 ml/kg Camomilla estratto secco idroalcolico ad alto titolo: capolini essiccati in alcool al 70% - TITOLO: non meno dell’1.2% di apigenina calcolata come apigenina libera e apigenina contenuta nell’apigenina 7-glucoside e nell’apigenina 7-acetilglucoside STORIA. Pianta nota fin dall’antichità e sfruttata a scopo medico dai tempi di Dioscoride e Plinio. Illustrata come piant a medicinale da Leonard Fuchs (1501-1566) nel “De historia stirpium”. RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA Le infiorescenze ben sviluppate vengono raccolte in maggio-luglio (con particolari pettini) e seccate a 35-40°C per non danneggiare i peli ghiandolari e l’olio essenziale, successivamente disposte su telai in strati sottili, in luogo ombroso e ben aerato o in essiccatoi. In commercio si trovano i capolini senza peduncolo (camomilla scelta) e capolini accompagnati da peduncoli, frammenti di foglie e di cauli (camomilla setacciata o in polvere). Va conservata in recipienti ben chiusi, al riparo della luce e dell’aria. SOFISTICAZIONI: con C. suaveolens che non ha fiori ligulati, Matricaria perforata e Tanacetum parthenium che ha odore sgradevole. DESCRIZIONE DELLA DROGA Capolini sono di forma conica il che conferisce al disco interno una certa covessità che si evidenzia molto quando i fiori del raggio si reclinano verso il basso. Sono giallastri e fragili. Ciascun capolino porta un residuo del peduncolo (1-2 cm), un involucro di 12-17 brattee disposte in 3-4 serie, glabre, un ricettacolo nudo, cioè privo di pagliette e peli all’esterno e cavo all’interno, portante alla base una corona di una quindicina circa di fiori ligulati bianchi (2 x 10 mm) e su tutto il ricettacolo, serie concentriche di fiori tubulari gialli (lunghezza 2.5 cm). I capolini contengono olio essenziale di colore blu scuro che passa al verde e poi al bruno sotto l’influenza dell’aria e della luce. Odore caratteristico, fortemente aromatico, sapore amarognolo. ESAME MICROSCOPICO DELLA DROGA In sezione trasversa le squame dell’involucro della C. comune presentano, tra due epidermidi sprovviste di peli, un mesofilo con al centro un fascio vascolare; nel ricettacolo si notano canali secretori ripieni di goccioline oleose. Nella stessa sezione, la ligula mostra sotto l’epidermide superiore un mesofillo lacunoso a cellule irregolari attraversato da vasi, con presenza di druse di ossalato di calcio e una epidermide inferiore ricca di ghiandole oleifere turgide e brillanti. La polvere della C. comune contiene numerosi granuli di polline spinosi, frammenti di corolle con epidermide a cellule papillose e frammenti di ricettacolo con canali secretori. P RINCIPALI COMPONENTI: OLIO ESSENZIALE (0.25-1%) composto principalmente da: α-BISABOLOLO con i suoi ossidi PROAZULENE o MATRICINA (lattone sesquiterpenico) che per decomposizione origina CAMAZULENE che può costituire l’1-15% dell’essenza e conferisce ad essa la colorazione blu FLAVONOIDI (APIGENINA-7-glucoside presente specie nei fiori ligulati) ACIDI GRASSI, CUMARINE (camillina, ombelliferone e erniarina),VITAMINE B 1 e C P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE SPASMOLITICA nei disturbi gastrointestinali legata alla componente idrofila (apigenina ed altri flavonoidi) ANTIINFIAMMATORIA (cute e cavo orale) ascritta al CAMAZULENE che è un bloccante dell’enzima ciclossigenasi nella biosintesi delle PGE ANTIULCERA (α-BISABOLOLO) ANTIALLERGICA il camazulene inibisce la liberazione di istamina ANTIBATTERICA e ANTIFUNGINA (debole) EMOLLIENTE e PROTETTIVA (industria cosmetica) SEDATIVA e CALMANTE l’apigenina interagisce competitivamente con i rec. centrali per le benzodiazepine E FFETTI COLLATERALI. L’uso della camomilla è in genere considerato privo di effetti tossici; deve però essere ricordato che l’apigenina ed altri flavonoidi, pur avendo un’azione antimutagena verso certi mutageni chimici, possono risultare mutagena. L’uso è sconsigliato nei soggetti con ipersensibilià alle Compositae; sembrano essere le cumarine gli agenti responsabili di fotodermatiti conseguenti all’uso della droga. P REPARAZIONI ELISIR (eccitazione nervosa): preparare uno sciroppo facendo sciogliere a caldo in 700 g di acqua 800 g di zucchero; in 200 g di alcool a 95°C mettere a macerare per 4-5 giorni 100 g di capolini di C., 5 bucce di arancio amaro, 2 g di cannella. Filtrare l’alcool, strizzando bene le erbe che sono state in macerazione ed aggiungere questo liquido allo sciroppo. Scuotere il recipiente e poi lasciar riposare l’elisir qualche giorno prima dell’uso. INFUSO (insonnia, nevralgie): In una tazza di acqua bollente mettere in infusione un pizzico di fiori e dopo circa 5 min filtrare il liquido e berlo dopo averlo addolcito con zucchero o miele. Questo infuso aggiunto allo shampoo serve anche per mantenere i riflessi dorati dei capelli biondi. CAMOMILLA ROMANA Chamaemelum nobile L. All. Anthemis nobilis L. (Fam. Compositae; Sottofamiglia Asteraceae) Il nome deriva dal greco e significa pianta ricca di fiori Anthemis = fiorellino Nobilis per le sue proprietà medicinali HABITAT Cresce sui prati sabbiosi e secchi nelle zone Europee occidentali e meridionali, ampiamente coltivata in Europa e NordAmerica. BOTANICA Pianta: erbacea perenne con aspetto cespuglioso, prostrata o ascendente, alta 15-40 cm; Fusto: caule peloso, ramificato; Foglie: isolate o alterne, bi-e tri-pennatosette in lacinie più brevi, ma più fitte di quelle della C. comune, verdi-biancastre, vellutate per la presenza di peli; Fiori: quelli della forma coltivata sono quasi tutti ligulati, bianchi, inseriti su di un ricettacolo pieno: i capolini che costituiscono la droga sono sferici (diametro 8-20 mm) con involucro ridotto a 2-3 ordini di brattee embricate; Frutto: achenio giallo-verdastro, lungo meno di 1 mm e molto sottile DROGA (F.U.): Capolini Contenuto minimo: 7 ml/kg di olio essenziale. - La droga deve essere esente da capolini bruni o nerastri e con più del 3% con diametro inferiore a 8 mm. RACCOLTA E P REPARAZIONE DELLA DROGA La droga in commercio proviene tutta da colture ed i capolini sono costituiti quasi esclusivamente da fiori ligulati bianchi. I capolini fioriti vengono raccolti da giugno a settembre, stesi su telai ed essiccati all’ombra o in essicatoi ad aria secca. I fiori seccati vengono conservati al fresco, in recipienti chiusi, al riparo da luce ed umidità. DESCRIZIONE DELLA DROGA I capolini, di colore bianco-giallognolo, si differenziano da quelli della C. comune in quant o quest’ultimi hanno forma semisferica e sono più piccoli (diametro da 0.8 a 2 cm); il residuo del peduncolo è peloso, l’involucro è costituito da 2-3 serie di brattee embricate, pelose; il ricettacolo meno conico, è internamente pieno ed esternamente provvist o di pagliette; i fiori ligulati bianchi occupano quasi tutta la convessità del ricettacolo. Odore aromatico, diverso da quello della C. comune, sapore amarognolo. SOFISTICAZIONI: con altre Compositae: Anthemis arvensis L., e Tanacetum parthenium con odore sgradevole. E SAME MICROSCOPICO DELLA DROGA A parte la presenza di pagliette e di palee, caratterizzano la droga della C. romana la presenza di peli sui peduncoli, squame e pagliette. La polvere di C. romana ha rari granuli pollinici, sferici, spinosi e frammenti di ligule con epidermide a cellule papillose e con ghiandole. P RINCIPALI COMPONENTI POLIFENOLI (derivati dell’ac. cinnamico, caffeico, ferulico) CUMARINE FLAVONOIDI in forma glicosidica (apigenina, quercitrina,luteolina) OLIO ESSENZIALE (0.6-1%) simile a quello della C. volgare ma con < quantità di azulene; è composto per l’85% da ESTERI DELL’ACIDO ANGELICO, TIGLICO, CROTONICO ecc. MONOTERPENI (cineolo, pinene) SESQUITERPENI (azulene che conferisce un colore bluastro all’olio essenziale appena distillato, camazulene ma solo in tracce) P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE : sovrapponibili a quelle della C. comune SPASMOLITICA nei disturbi gastrointestinali legata alla componente idrofila (apigenina ed altri flavonoidi) ANTIINFIAMMATORIA (cute e cavo orale) ascritta al CAMAZULENE ed ad α−BISABOLOLO ANTIULCERA EMOLLIENTE e PROTETTIVA (industria cosmetica in colliri anticongestionanti ed antiallergici) SEDATIVA (infuso) l’apigenina interagisce in modo competiivo con il rec. centrale per le benzodiazepine T OSSICITA’ Alle dosi terapeutiche non sono noti effetti collaterali spiacevoli a parte fenomeni di intolleranza che possono condurre ad asma ed orticaria per la presenza della NOBILINA, un lattone sesquiterpenico con potente azione allergenica; la tossicità orale acuta è considerata suoperiore a 5 g/kg. SISTEMA NERVOSO CENTRALE: ANTIDEPRESSIVI IPERICO L’iperico si ottiene dall’Hypericum perforatum L. (Fam. Hypericaceae), nota anche come erba di San Giovanni o millebuchi. Hypericum:: dal greco hyper=sopra e eikon=immagine Perforatum: dal latino per la presenza di numerose ghiandole sulle foglie che assomigliano a tanti buchi E’ definita anche erba di San Giovanni probabilmente perché i fiori compaiono intorno al giorno di San Giovanni (24 giugno). L’iperico venne chiamato anche Fuga daemoniorum perché si riteneva scacciasse i demoni per il suo profumo simile a quell o dell’incenso. L’iperico ha effetti antidepressivi ed elevanti il tono dell’umore noti fin dai tempi di Ippocrate. HABITAT : pianta comune in tutta l’Europa, nell’Asia settentrionale, nel nord Africa e nell’America settentrionale. E’ una pianta comune nei campi incolti, nelle boscaglie, lungo i fossi DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne con fusto diritto, ramoso, di 25-60 cm; le foglie, di colore verde chiaro, sono opposte sessili, piccole, ovali-oblunghe, fornite di numerosi punti traslucidi, visibili in trasparenza, che sono le tasche secretrici, e ghiandole nere sul margine. I fiori, raccolti in corimbi, sono gialli con 5 petali e 5 sepali punteggiati di nero; il frutto è una capsula ovoidale con 3 loculi, di colore nero, contenenti semi cilindrici. DROGA: sommità fiorite RACCOLTA E P REPARAZIONE DELLA DROGA: la droga viene raccolta in giugno, nelle giornate di sole, e poi viene essiccata all’ombra. DESCRIZIONE DELLA DROGA: si usano le sommità fiorite costituite da fiori, foglie e pezzi di caule. La droga ha odore balsamico e sapore aromatico, amaro e astringente P RINCIPI ATTIVI: L’iperico contiene: antrachinoni: iperforina (2-4.5%) ipericina (0.1-0.15%) pseudoipericina isoipericina flavonoidi: flavonoli: kempferolo quercetina flavoni: luteolina glicosidi: iperoside (0.9%) isoquercitrina (0.3%) quercitrina rutina (1.6%) catechine (flavonoidi associati con tannini condensati) tannini fenoli: acido caffeico acido clorogenico acido p-cumarico acido p-idrossibenzoico acido vanillico oli volatili (0.05-0.9%) F.U.: La droga non è iscritta in F.U. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE: L’iperico ha numerose attività farmacologiche: attività antidepressiva: il meccanismo con cui si esplica l’effetto antidepressivo non è ancora completamente chiarito. Inizialmente si riteneva che tale azione fosse dovuta all’ipericina, ma recentemente è stato osservato che la presenza di iperforina è indispensabile affinché si manifesti l’effetto antidepressivo. L’estratto di iperico ha affinità per i recettori GABAA e GABAB, è un debole inibitore delle MAO-A e MAO-B, inibisce il reuptake della serotonina, dopamina e noradrenalina. L’azione di inibizione del reuptake è dovut o essenzialmente alla presenza di iperforina attività antimicrobica: iperforina ha attività antibatterica nei confronti dei Gram+, ma non ha effetto sui Gram- (es E. coli, P. aeruginosa) né sulla Candida albicans attività antivirale: frazioni di iperico contenenti flavonoidi e catechine hanno attività antivirale contro influenza virus; l’ipericina è attiva contro herpes simplex, HIV e citomegalovirus tramite un processo di fotoattivazione altre proprietà: attività ansiolitica attività antiamnesica attività antinfiammatoria e cicatrizzante riduzione del consumo di alcol: si ritiene infatti che depressione e alcolismo abbiano origini comuni proprietà fotoattivanti: la somministrazione di ipericina, seguita da esposizione degli animali da esperimento a radiazioni laser, esercita un effetto fototossico su numerose forme tumorali. IMPIEGO TERAPEUTICO: E’ da tempo noto che l’iperico possiede proprietà sedative e astringenti ed è stato tradizionalmente usat o per il trattamento dell’eccitabilità, nevralgie, fibrositi, sciatica, nevrosi menopausali, ansia, depressione ed in preparati topici per la cura delle ferite. Oggi l’uso principale dell’iperico è come antidepressivo nelle forme depressive lievi e moderate, nei seasonal affective disorders, nella sindrome da fatica cronica e nella sindrome premestruale. T OSSICITÀ: L’iperico è generalmente ben tollerato. Provoca lievi effetti collaterali di intensità e numero inferiore rispetto agl i antidepressivi comunemente impiegati in clinica. I più comuni sono disturbi gastroenterici, confusione, sedazione. Si può manifestare l’ipericismo cioè l’insorgenza di seri problemi cutanei per esposizione al sole a seguito delle proprietà fotosensibilizzanti dell’ipericina Dosi elevate di iperico possono potenziare gli effetti degli I-MAO L’iperico può ridurre gli effetti di warfarin, digossina, teofillina, ciclosporina, anticonvulsivanti con rischi di rigetto in casi di trapianto di organi, insorgenza di convulsioni o ridotto controllo degli attacchi asmatici. SISTEMA NERVOSO CENTRALE: PROCOGNITIVI GINKGO BILOBA Ginkgo Biloba L. (Fam. Ginkgoaceae) La pianta è considerata un “fossile vivente”, in quanto unica specie rappresentante della famiglia delle Ginkgoine, pianta dell’era mesozoica. Le foglie sono state ritrovate nei fossili di circa 270 milioni di anni fa (periodo giurassico 213 milioni di anni fa). In oriente la pianta è sempre stata coltivata, fin dall’anno 1100, dai monaci buddisti attorno ai templi, come albero sacro. Al seguito del buddismo si propagò in Giappone (1192) e Corea. In Europa i semi di Ginkgo arrivarono dal Giappone grazie a Kaepfel nei primi del ‘700. Da allora numerose piante sono state coltivate nei più importanti orti botanici. Il nome cinese “albicocca d’argento “ si riferisce ai semi che per forma ed aspetto possono sembrare piccole albicocche. La pianta ha anche altri nomi come “albero di capelvenere” per il fatto che le sue foglie assomigliano a quelle delle felci del genere Adiatum. HABITAT Pianta originaria della Corea, Cina e Giappone, introdotta in Europa e Stati Uniti come pianta ornamentale a metà del XVIII sec. Nel 1730 nell’orto botanico di Utrecht venne piantato il primo esemplare europeo di Ginkgo. BOTANICA Pianta: longeva (fino a 500 anni di età) in quanto scarsamente sensibile a parassiti ed inquinanti, può raggiungere anche i 40 m di altezza con un tronco di 1 m di diametro. Si riproduce facilmente per talea tanto che anche naturalmente i rami vecchi tendono a convergere al suolo ed ivi radicare. I rami lunghi (macroblasti) portano foglie sparse, mentre i rami corti (brachiplasti) portano foglie apicali, strettamente spiralate tanto da sembrare verticillate. Foglie: a forma di ventaglio e a nervatura libera, caduche, in autunno da verdi diventano di un colore giallo molto intenso. Fiori: con numerosi stami ciascuno composto da un filamento con 2 sacchi pollinici, fiori carpelliferi costituiti da un lungo peduncolo con 2 ovuli Frutto: carnosi, di colore giallo-bruno, simili a piccole prugne, sono commestibili, ma a completa maturazione diventano di odore sgradevole per la presenza di acido butirrico che fermenta. DROGA: foglie fresche RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA Le foglie vengono raccolte in giugno-luglio al massimo del periodo vegetativo. Successivamente vengono essiccate (contenuto d’acqua < 10%) ed immagazzinate in luogo asciutto ed aerato per evitare la formazione di funghi e muffe. La droga viene poi sottoposta ad un procedimento di estrazione standardizzato affinchè fornisca un estratto di qualità costante. DESCRIZIONE DELLA DROGA La foglia con lembo allargato a ventaglio è polimorfa: può essere fortemente sezionata, bilobata o pressochè intera. Il picciolo ha dei fasci di tessuto conduttore che si dividono nella sua parte superiore e poi nel lembo fogliare dicotomicamente dando alla foglia un aspetto molto caratteristico. P RINCIPALI COMPONENTI GLICOSIDI FLAVONOICI (quercetina, kaempferolo, luteolina) DIFLAVONOIDI (ginkgetina, bilobetina) LATTONI DITERPENI 0.1-0.25% (ginkgolidi, A,B,C,M,J) ACIDI GINKGOLIDICI (derivano dall’apertura DELL’anello lattonico dei ginkgolidi) ANTOCIANOSIDI P ROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO I Flavonoidi fino al 24% nelle foglie fresche: hanno azione di “scavenger” dei radicali liberi e aumentano il tono della parete vasale. Per queste attività le foglie di Ginkgo vengono utilizzate: nei disturbi della circolazione periferica specie degli arti inferiori (arteriopatie),nell’insufficienza circolatoria cerebrale che può condurre a arteriosclerosi, perdita della memoria, vertigini, emicrania, tinniti.In particolare l’estratto (arricchito) di Ginkgo biloba trova utilizzo nelle demenze vascolari, nella sindrome di Alzheimer e nel trattamento sintomatico di disturbi della performance cerebrale associata a declino cognitivo. Il ginkgolide B è ritenuto tra i componenti dell’estratto il maggior antagonista del PAF (platelet activating factor), mediatore intracellulare implicato nei processi di aggregazione piastrinica, formazione del trombo, reazioni infiammatorie (iperattività bronchiale).Inoltre è utile in caso di asma, in quanto svolge un effetto protettivo sulla broncocostrizione indotta dal PAF. Nei mercati orientali vengono venduti i semi di ginkgo come antielmintici. Usata anche nel campo cosmetico. T OSSICITÀ. Tutti gli studi clinici hanno dimostrato un’eccellente tollerabilità e sicurezza dell’estratto non essendo emersa nessuna evidenza di seri effetti collaterali I frutti carnosi hanno azione urticante sulla pelle per la presenza di acido ginkgolinico e altre sostanze fenoliche tossiche, mentre per ingestione provocano disturbi dell’apparato digerente, respiratorio e circolatorio. I semi contengono la 4-O-metilpiridossina ritenuta responsabile di varie intossicazioni alimentari in Cina e Giappone. I sintomi principali sono: convulsioni, perdita di coscienza e morte specie nei bambini. L’utilizzo cronico per la presenza di acidi ginkgolici, che sono potenti allergeni da contatto, non può escludere il rischio di allergie. Nel ratto dopo somministrazione orale la DL 50 dell’estratto è circa 1 g/kg pertanto molto > della dose attiva di 5 mg/kg. Studi di mutagenicità miranti a valutare la citogenicità in vitro ed in vivo ed a verificare un eventuale potenziamento della genotossicità sono risultati negativi. Recentemente è stata descritta la capacità di Ginkgo di ridurre l’efficacia degli anestetici e di aumentare i tempi di coagulazione pertanto come precauzione l’uso è sconsigliato a partire da due settimane prima di qualunque intervent o chirurgico SISTEMA NERVOSO CENTRALE: STIMOLANTI ALCALOIDI PURINICI Gli alcaloidi purinici sono correlati chimicamente all’adenina e alla guanina, dai quali derivano attraverso semplici Nmetilazioni. Gli alcaloidi purinici non hanno proprietà basiche, ciò nonostante vengono classificati come alcaloidi perché contengono azot o e perché possiedono spiccate proprietà farmacologiche. Non si trovano liberi nelle piante, ma combinati a sostanze tanniniche, fenoliche e glucidiche con le quali formano composti pi ù stabili. Durante i processi di fermentazione, di tostatura e/o essiccamento della droga, si ha la scissione di questi composti: i tannini danno luogo a flobafeni insolubili (bruno di cacao, rosso di cola) gli alcaloidi rimangono liberi Gli alcaloidi purinici più comuni sono: CAFFEINA: è presente in diverse piante, ma viene estratta dai residui del tè; si ottiene anche dalla tostatura del caffè perché sublima e può essere facilmente raccolta. TEOBROMINA: è presente nei rivestimenti esterni dei semi di Teobroma cacao, dai quali viene estratta. TEOFILLINA: si trova nel tè, ma in quantità basse per essere convenientemente isolata, per cui si preferisce prepararla per demetilazione dalla caffeina o per sintesi completa. AZIONI BIOLOGICHE Caffeina: stimola il SNC: a dosi di 100-200 mg causa diminuzione del senso di fatica e aumento dell’attenzione a dosi superiori a 1 g provoca ansia e tremori aumenta l’attività del cuore: effetto inotropo e cronotropo positivo agisce come diuretico Teobromina e Teofillina: broncodilatatori diuretici Gli alcaloidi purinici stimolano inoltre la secrezione gastrica e la lipolisi. In terapia la caffeina si usa in associazione con alcaloidi della segale cornuta o con analgesici dando luogo a medicamenti utilizzati nelle cefalee. La teofillina viene usato come antiasmatico. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE DELLE METILXANTINE Le metilxantine esplicano i loro effetti tramite: inibizione delle fosfodiesterasi e quindi aumentando i livelli intracellulari di cAMP effetti sul calcio: effetti diretti sulla concentrazione di Ca++ intracellulare (stimolazione dei recettori della rianodina) effetti indiretti sulla concentrazione di Ca++ intracellulare tramite un’iperpolarizzazione delle membrane cellulari disaccoppiamento tra l’aumento di Ca++ intracellulare e la contrazione muscolare antagonismo dei recettori dell’adenosina E FFETTI SUL MUSCOLO LISCIO Le metilxantine hanno un effetto miorilassante, in particolare sulla muscolatura bronchiale precedentemente contratta (sperimentalmente oppure nell’asma). Questo effetto è particolarmente evidente con la teofillina. Il meccanismo con cui producono broncodilatazione non è però ancora conosciuto. E FFETTI SUL SISTEMA NERVOSO CENTRALE La teofillina e la caffeina sono potenti stimolanti centrali, mentre la teobromina è praticamente inattiva. Gli effetti prodotti dai dosaggi contenuti nelle bevande sono una riduzione della sonnolenza e della fatica e un più agevole flusso del pensiero (soprattutto caffeina). A concentrazioni più elevate si ottiene nervosismo, ansia, irrequietezza, insonnia, tremori. A dosi ancora più elevate si possono avere convulsioni focali o generalizzate (soprattutto con teofillina). Le metilxantine stimolano il centro della respirazione, con azione più marcata durante stati patologici, ed inoltre possono produrre anche nausea e vomito. E FFETTI SUL SISTEMA CARDIOVASCOLARE Producono, soprattutto la teofillina: stimolazione cardiaca (tachicardia e aritmie a dosi elevate) riduzione delle resistenze vascolari periferiche diuresi (marcata con la teofillina) aumento dei livelli di catecolamine e renina E FFETTI SUL MUSCOLO S CHELETRICO La caffeina, in particolare, aumenta la capacità muscolare e la forza di contrazione nell’uomo. E FFETTI SUL PERCEZIONE DEL DOLORE La caffeina dà analgesia di tipo colinergico tramite antagonismo dei recettori A 1 dell’adenosina. USI TERAPEUTICI ASMA Per molto tempo la teofillina, per le sue proprietà broncodilatatrici, ha rappresentato il trattamento d’elezione nella terapia dell’asma. Trova impiego principalmente in pediatria nell’asma notturna e nelle forme di apnea dei bambini prematuri. A seguit o della sua ridotta finestra terapeutica e della necessità di continuo monitoraggio dei livelli plasmatici, è stata recentemente soppiantato da farmaci più maneggevoli. EMICRANIA La caffeina, oltre agli effetti stimolanti, ha anche proprietà analgesiche che ne determinano l’uso in varie associazioni nella terapia dell’emicrania. DIURETICI Le metilxantine hanno proprietà diuretiche e, a tale scopo, sono usate in associazione in preparati che favoriscono la diuresi. T OSSICITA’ Avvelenamento per ingestione di caffeina è un evento estremamente raro. La dose letale di caffeina è di circa 5-10 g, mentre effetti collaterali compaiono a dosi di circa 1 g e sono prevalentemente di tipo centrale e cardiovascolare. In ordine cronologico di comparsa abbiamo: insonnia, irrequietezza, eccitazione, lieve delirio, emesi, convulsioni, tachicardia, extrasistoli, accelerazione del respiro. Il consumo di cacao può scatenare cefalea nei soggetti predisposti. CAFFE’ Il caffè si ottiene dalla Coffea arabica L. (Fam. Rubiaceae), arbusto originario del Sudan e degli altipiani dell’Etiopia, oggi coltivato in sud America. Altre specie diffuse e coltivate nei paesi tropicali sono: Coffea liberica e Coffea canephora. La produzione annua di caffè supera i 4 milioni di tonnellate. Il Brasile è il maggior produttore (18 tonnellate) seguito dalla Colombia (0.6 tonnellate); l’Africa produce circa un quarto della produzione mondiale e l’Asia un ventesimo. Da ogni albero si ricavano circa 0.5-5 kg di caffè. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come un arbusto sempreverde con foglie lucide, opposte, coriacee, brevemente picciolate, lanceolate, glabre, di colore verde intenso e con margine lievemente ondulato, fiori bianchi di odore penetrante raccolti in verticilli situati all’ascella delle foglie, il frutto è una drupa ovale simile ad una piccola ciliegia, rossa a maturità, che contiene 2 semi ovoidali. P REPARAZIONE DELLA DROGA. Il frutto viene raccolto quando è completamente maturo. Dopo la raccolta il seme viene separato dalla polpa del frutto o mediante essiccazione o mediante un processo di fermentazione (in acqua) della durata di 24-48 h. Il chicco di caffè ottenuto viene tostato a 200-250°C; questo processo conferisce la caffè il suo colore bruno ed il suo aroma (attribuito al caffeolo, un olio costituito per il 50% di furfurolo, con tracce di acido valerianico, fenolo e piridina). F.U.: La droga è costituita dai semi di colore verde, impiegati dopo il processo di torrefazione. La droga non è iscritta nella F.U., ma è presente la caffeina, il suo componente principale. P RINCIPI ATTIVI. Il caffè contiene più di 100 sostanze tra cui: caffeina (1-2%) caffearina fenoli acidi (acido caffetannico, chinico, caffeico, clorogenico) alcoli diterpenici (kavheol, cafestol, derivati kauranici) steroli idrocarburi tocoferoli glucosio e destrina (15%) tannini (3-5%) grassi Il caffè si utilizza per preparare una bevanda stimolante; il caffè decaffeinato contiene non oltre lo 0.08% di caffeina. Gli effetti eccitanti del caffè sono dovuti alla caffeina ed in minima parte al caffeolo e all’acido clorogenico. Una tazzina di caffè contiene mediamente 65-175 mg di caffeina, mentre una tazza di caffè solubile ne contiene 25-100 mg. Una tazza di tè contiene circa 50 mg e 1 mg di teofillina. Una tazza di cacao circa 5mg di caffeina e 250 mg di teobromina. Una lattina di cola contiene 40-60 mg di caffeina, metà della quale è aggiunta durante la preparazione. Una stecca di cioccolat o contiene circa 25 mg di caffeina ogni 30 g. CACAO Il cacao si ottiene dalla Theobroma cacao L. (Fam. Sterculiaceae), albero originario dell’America centrale (Messico, Equador, Antille), e coltivato anche in Brasile, Africa, Asia. Altre specie di Theobroma sono: T. bicolor, T. angustifolium, T. ovalifolium che forniscono prodotti simili al cacao, ma di qualità inferiore. Il cacao è noto fin dal XVI secolo, epoca della colonizzazione del Messico da parte della Spagna. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come un albero che raggiunge gli 8-10 m di altezza con foglie intere, ovali, appuntite, fiori brevemente peduncolati, piccoli, di color rosa-rosso, che nascono direttamente dal fusto, il frutto è una capsula ovale, grande, carnosa, con parete coriacea, munita di 10 solchi longitudinali, contente una polpa giallastra nella quale sono immersi numerosi semi (15-40) disposti in serie longitudinali, i semi sono ovoidi, lunghi 2-2.5 cm e larghi 1-1.5 DROGA. semi P REPARAZIONE DELLA DROGA. Quando il frutto è maturo si separa la polpa e si lascia fermentare; quando la massa è diventata quasi liquida si separano i semi che si fanno seccare al sole e tostare. I semi vengono poi sgusciati e sottoposti a triturazione in modo da ottenere una polvere fine. Con questo trattamento si ottiene il tipico aroma e colore bruno. F.U.: La droga Non è iscritta nella F.U.; è invece citato il burro di cacao, ampiamente usato come eccipiente per la preparazione di prodotti farmaceutici e cosmetici. P RINCIPI ATTIVI. I semi di cacao contengono: caffeina (0.2%) teobromina (1-2%) teofillina (tracce) tannini (2-15%) grassi (burro di cacao, 50%) proteine vitamine del gruppo B ossalati La caffeina sembra esista preformata nei semi, mentre la teobromina si forma durante il processo di fermentazione. La teobromina, tra le metilxantine, ha il minor effetto broncodilatatore, mentre ha un effetto diuretico superiore alla caffeina. Nella polvere di cacao, e conseguentemente nel cioccolato, sono state di recente identificate delle N-acetiletanolammine capaci di interagire on il sistema cannabinoide endogeno. In particolare, è stata identificata l’anandamide e sostanze quali Noleoiletanolammina e N-linoleietanolammina che, pur non legando i recettori per i cannabinoidi, aumentano i livelli endogeni di anandamide inibendo l’enzima responsabile della sua degradazione (anandamide idrolasi). COLA La droga si ottiene da diverse specie di Cola (Fam. Sterculiaceae). Le specie più utilizzate sono C. nitida Schott et Endl., C. verticillata Stapf., C. acuminata Scott et Endl. Si tratta di alberi di 10-15 m di altezza che crescono spontanei in Africa occidentale (Sierra Leone, Guinea) e coltivati anche in regioni tropicali ed in altri paesi quali India, Brasile, Giamaica. Hanno un aspetto simile al castagno. La cola era conosciuta al mondo antico. Le prime notizie sono riportate da Lopez nel 1593, ma è Mathews che, nel 1789, dà una descrizione della droga e dell’uso di questa come stimolante. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come un albero che raggiunge i 10-15 m di altezza con foglie intere, ovali, con apice acuminato, fiori, raggruppati in infiorescenze ascellari costituite da fiori femminili, maschili ed ermafroditi, di colore bianco striato di porpora; il frutto è composto da 2-6 grossi follicoli dalla superficie spessa e verrucosa, disposti a stella poiché saldati per un apice ad un peduncolo lignificato. Il follicolo è oblungo, coriaceo, bruno, rigonfio, percorso da una cresta dorsale e da un solco ventrale. Contiene 5-10 semi lunghi circa 3 cm e larghi circa 2 cm, disposti su una o due file; originariamente ovoidali, assumono poi un aspetto poliedrico per reciproca pressione. Nella droga fresca il colore varia dal bianco al rosa, al rosso al violetto a seconda della specie, mentre nella droga secca il colore è rosso caffè. Ogni seme porta 2 cotiledoni in C. nitida, 4 nelle altre specie. Freschi hanno un sapore astringente che diventa amarognolo dopo l’essiccamento. P REPARAZIONE DELLA DROGA. I semi vengono liberati dal tegumento polposo esterno per macerazione e vengono poi essiccati. F.U.: La droga Non è iscritta nella F.U., ma sono presenti i principi attivi. P RINCIPI ATTIVI. I semi di cola contengono: caffeina (1.5-2.5%) teobromina (0.2%) tannini (5-10%) amido (20-35%) gomme (3%) proteine (6.5%) lipidi zuccheri (3%) Caffeina e teobromina, nella droga fresca sono combinate con sostanze tanniche (colacatechine). Inoltre nella droga fresca è presente un eteroside, la colatina, che per idrolisi dà origine a caffeina, glucosio e rosso di cola. La cola esplica azione stimolante sul SNC; l’effetto è di breve durata ed è legato al contenuto di caffeina della droga. In alcuni paesi africani è diffuso l’uso di masticare i semi freschi di cola come stimolanti: attenuano il senso della fame, della sete e aiutano a sopportare la fatica. In occidente la cola viene usata per la preparazione di bevande. La cola non viene usata in terapia. Tuttavia entra a far parte di preparazione ad azione eupeptica, tonica. TE’ Il tè si ottiene da Thea sinensis L. (Fam. Teaceae), albero di 5-10 m originario del sud est asiatico (Birmania) e coltivato in India, Sri Lanka, Indonesia, Cina, Giappone, Africa, Sud America. Il tè è stato introdotto in Europa nel XVI secolo dalla Compagnia Olandese delle Indie, ma solo un secolo più tardi è stato utilizzato sotto forma di infuso. I principali produttori di tè sono Cina, Ceylon, Giappone, India e Russia. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come un albero di 5-10m di altezza (se coltivato rimane un arbusto di circa 2m) con foglie alterne, sempreverdi, coriacee, brevemente picciolate, lanceolate-acute (lunghe 2-5 cm e larghe 1-2 cm), dentellate sol o sui margini superiori, fiori bianchi, ascellari; il frutto è una capsula bianco-rosacea profumata P REPARAZIONE DELLA DROGA. La droga si ottiene dalle foglie o dai fiori.. I fiori si raccolgono al momento in cui il calice è sul punto di appassire e forniscono una varietà di tè molto pregiata, introdotta nel mercato nel XX secolo. Le foglie si raccolgono quando la pianta ha 3 anni e può continuare per 20-40 anni. Le foglie vanno in commercio come tè verde, tè nero e tè scuro. Il tè verde, prodotto quasi esclusivamente in Cina e Giappone, si ottiene da foglie leggermente torrefatte dopo la raccolta, quindi arrotolate a mano e seccate a fuoco dolce. Con questo sistema vengono distrutti gli enzimi e si evita ogni successiva fermentazione. Pertanto il tè mantiene il suo colore verde durante il processo di essiccamento. Il tè nero, molto diffuso in Europa, si ottiene con un procedimento più lungo e complesso. Le foglie sono prima essiccate al sole (15-36 ore), poi frantumate e lasciate fermentare a 30°C per 30-120 min. Con la fermentazione si completano le reazioni di ossidazione iniziate con la frantumazione (le ossidasi fenoliche reagiscono con i polifenoli presenti nel fluido cellulare) che daranno al tè un colore bruno scuro. Dopo la fermentazione, il materiale foliaceo viene torrefatto a 115-120°C e arrotolato. Il tè scuro, poco noto in Europa, è solo parzialmente fermentato. Il tè può essere di qualità più o meno pregiata in base alla zona di provenienza, al tipo di materiale utilizzato (giovani germogl i > foglie giovani > foglie vecchie), al metodo di preparazione. P RINCIPI ATTIVI. Il tè contiene più di 100 sostanze tra cui: caffeina (2.5-5.5%) teobromina (0.07-0.17%) teofillina (0.002-0.013%) un olio volatile tannini (8-20%) vitamine del gruppo B composti poli flavonici (teoflavina, tearubigina) Il tè si utilizza come bevanda tonica per la sua azione stimolante sul SNC. L’assunzione continua di tè, ma anche di altre bevande contenenti metilxantine, provoca un certo grado di tolleranza e dipendenza psichica. L’abuso di tè (teismo) è un problema sociale in alcuni paesi quali Egitto e Tunisia. CUTE: ANTIDROTICI SALVIA La salvia si ottiene dalla Salvia officinalis L. (Fam. Labiatae), pianta tipicamente mediterranea, coltivata in Italia ed in molti altri paesi sia per il suo largo uso alimentare, sia per uso farmaceutico. La pianta ha un forte odore balsamico e un sapore aromatico amaro. DESCRIZIONE DELLA PIANTA. La pianta si presenta come un arbusto che può raggiungere 50-80 cm di altezza, eretto, ramificato, le foglie sono persistenti, di colore bianco-verdastro a causa di un rivestimento di peli bianchi lanosi, opposte, picciolate, di forma lanceolata, rugose al tatto, i fiori, di colore blu-violaceo, talvolta rosei, sono riuniti a gruppi di 3 alla sommità dei rami; il frutt o è un tetrachenio DROGA: foglie P RINCIPI ATTIVI. Le foglie essiccate contengono derivati mono-, di- e triterpenici quali: acido rosmarinico (fenolo) carnosolo (diterpene) acido carnosico e carnosolico (diterpeni) picrosalvina (diterpene) ß-sitosterolo (diterpene) acido ursolico (triterpene) flavonoidi L’olio essenziale estratto dalle foglie contiene principalmente terpeni quali: tuione, canfene, canfora, cineolo, mircene, limonene, e ß-pinene, acetato di bornile. F.U.: La droga è iscritta in F.U. sia come foglie essiccate che devono contenere almeno 15 ml/kg di olio essenziale, che come oli o essenziale il cui titolo in composti carbonilici calcolati come tuione non deve essere inferiore al 28%. P ROPRIETA’ FARMACOLOGICHE Fin dall’antichità si è ritenuto che la salvia possedesse proprietà curative per un gran numero di malattie. E’ stata quindi molt o usata per le sue proprietà: antipiretiche di ridurre la sudorazione colagoghe (favorisce il deflusso della bile) rilascianti sulla muscolatura liscia intestinale e vascolare ipoglicemizzanti estrogeniche (contiene fitoestrogeni) antisettiche antiossidante (polifenoli e tannini) USI TERAPEUTICI: come antispastico per il trattamento sintomatico dei disturbi digestivi (per la presenza di terpeni e flavonoidi) come antisettico nelle irritazioni del cavo orale e nell’igiene dei denti come diaforetico per la sua capacità di ridurre la sudorazione T OSSICITA’. L’olio essenziale contiene tuione il quale, somministrato per os, può provocare effetti tossici quali: deterioramento fisico e mentale, convulsioni a dosi inferiori a 30 mg/kg. CUTE: EMOLLIENTI LINO Linum usitatissimum (Fam. Linaceae) HABITAT : Originaria del Caucaso, è spontaneo e coltivato nelle regioni temperate di quasi tutto il mondo per la produzione di fibre. BOTANICA Pianta: erbacea annuale alta circa 40-80 cm; Fusto: ramificata in rami che terminano con piccoli fiori; Foglie: semplici,alterne,strettamente lanceolate, percorse da tre nervature; Fiori: portati all’apice del fusto, sono solitari pentameri, petali azzurri, raramente bianchi che si aprono solo alla luce; Frutto: capsula globosa costituita a maturità da 10 logge uniseminate per formazione di falsi setti. I semi sono ovali, appiattiti di colore bruno brillante. DROGA (FU): semi secchi maturi (lini semen) INDICE DI RIGONFIAMENTO: non deve essere inferiore a 4 per quelli interi e a 4.5 per quelli polverizzati STORIA: La farina di lino era usata dagli antichi Egizi come eccipiente per pillole. Varrone (116-27 a.C.) include il linum nel suo “De re rustica”. I semi di lino erano inclusi nella lista delle piante medicinali che dovevano essere conservati per regolament o nei monasteri bizantini. Botticelli nel quadro “la Primavera” ha ornato la testa di Flora con fiori di L.. DESCRIZIONE DELLA DROGA. I semi sono ovali, appiattiti, obliquamente appuntiti (a becco) ad una estremità e rotondeggiant i dall’altra, piccoli: 4-6 mm di lunghezza, 2-2.5 mm di larghezza e circa 1 mm di spessore, il tegumento è liscio, di colore marronerossastro, lucido (sembrano laccati), finemente punteggiati in superficie; I semi nell’acqua rigonfiano e diventano viscidi perchè si ricoprono di mucillagine. Non hanno odore, il sapore è mucillaginoso ed oleoso. In SEZIONE TRASVERSALE si osserva: l’epidermide costituita da cellule rettangolari la cui parete esterna si rigonfia fortemente a contatto con l’acqua per la presenza di mucillagine due strati di cellule parenchimatiche a pareti sottili e di forma irregolare strato di cellule sclerenchimatiche disposte a palizzata strato di cellule impregnate di sostanza colorante bruna che dà al seme per trasparenza il colore caratteristico albume e cotiledoni quest’ultimi formati da cellule poligonali ripiene di olio e aleurone E SAME MICROSCOPICO DELLA DROGA I semi polverizzati al microscopio presentano: cellule pigmentate e cellule sclerosate del tegumento frammenti dei cotiledoni e dell’albume, con cellule poligonali ripiene di olio e di granuli di ALEURONE manca l’amido che è presente solo nei semi immaturi. P RINCIPALI COMPONENTI GLUCIDI (10%) costituiti specie da MUCILLAGINE (vedi ALTEA) (5%) che per idrolisi produce: o GALATTOSIO o RAMNOSIO o ARABINOSIO o ACIDO GALATTURONICO LIPIDI (30-40%) (OLIO DI LINO) costituiti principalmente da TRIGLICERIDI DI AC. GRASSI INSATURI: o LINOLENICO (fino al 50%), o LINOLEICO (25%) o OLEICO (10-18%) o < quantità di ac. grassi saturi (5-10%) E’ di colore giallo bruno con odore caratteristico, si ispessisce per esposizione all’aria formando una patina dura. PROTIDI (20%) GLICOSIDE DEGLI ESTERI METILICI degli acidi p-CUMARICO e CAFFEICO (nel tegumento) GLICOSIDE CIANOGENETICO che costituisce un principio denominato “LINAMAROSIDE” (0.025%) che si decompone in ACIDO CIANIDRICO, GLUCOSIO ed ACETONE P ROPRIETA’ ED IMPIEGO TERAPEUTICO I semi: interi sono usati come lassativo sottoforma di infuso hanno proprietà EMOLLIENTI, PROTETTIVE e ANTIFLOGISTICHE macinati costituiscono la farina di lino usata per cataplasmi emollienti ed antiinfiammatori. Nelle affezioni respiratorie la farina, fatta rigonfiare in acqua bollente, era avvolta in tela di lino o di cotone (cataplasma rubefacente) ed applicata ancora calda sul petto del paziente. La farina è di colore giallo-grigio, cosparsa di frammenti bruni e untuosa, irrancidisce facilmente, stemperata in acqua non deve emanare odore di rancido Usata anche per la produzione di cibo per il bestiame. L’olio ottenuto dai semi è dotato di proprietà: VITAMINICHE (vit. F) x la cura di alcune dermatiti; ANTIBATTERICHE contro ceppi di Staph. Aureus LASSATIVE (blande) per questo è raramente usato nella preparazione di clisteri lassativi. Nell’industria l’olio è usato per vernici e pitture e le fibre sclerenchimatiche provenienti dal caule danno un tessuto di pregio e costituiscono il filo di lino sterile per uso chirurgico. T OSSICITA’ L’uso della mucillagine e dei cataplasmi non presenta rischi tossicologici. ANTITUMORALI VINCA La vinca si ottiene da Catharanthus roseus G. Don (o Vinca rosea L. o Lochnera rosea (L) Reich b.) (Fam. Apocinaceae). HABITAT : originaria del Madagascar; attualmente molto diffusa nelle zone tropicali e largamente coltivata a scopo ornamentale. DESCRIZIONE DELLA PIANTA: piccolo arbusto perenne di 40-80 cm di altezza, con base legnosa; ha foglie opposte ovali, arrotondate all’apice, di circa 5-8 cm di lunghezza e 3-5 di larghezza. I fiori sono di colore rosa, viola o bianchi (varietà albus) e simili, nella forma, a quelli della pervinca comune (Vinca minor L.). Il frutto è un follicolo di 2-4 cm contenente una ventina di semi DROGA: pianta intera essiccata P RINCIPI ATTIVI. La vinca contiene circa 20 A LCALOIDI INDOLICI (0.2-1%). Tra questi troviamo: ALCALOIDI INDOLICI MONOMERICI: vindolina catarantina ajmalina ALCALOIDI INDOLICI DIMERICI : vincristina vinblastina contenute in quantità bassissime (circa 0.0003%). F.U.: La vinca NON è riportata in F.U., ma gli alcaloidi vincristina e vinblastina sono presenti in varie farmacopee tra cui quella britannica e statunitense. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. Le foglie di vinca sono state usate nella medicina popolare nel trattamento del diabete. Studiando l’attività antidiabetica della pianta, fu scoperto, negli anni ’50, che estratti delle foglie sopprimevano transitoriamente le funzioni del midollo osseo. Ricerche successive portarono all’identificazione della vincristina e della vinblastina, sostanze ad attività antitumorale. Gli alcaloidi della vinca sono agenti antimitotici: sono in grado di legarsi alla tubulina e impedirne la polimerizzazione. Inibiscono quindi la formazione del fuso mitotico, bloccando la mitosi in metafase. Sono perciò degli agenti tumorali ciclo-cellulare specifici, particolarmente efficaci nei tumori a rapida proliferazione. Gli alcaloidi della vinca danno fenomeni di resistenza principalmente dovuti ad una ridotta penetrazione nella cellula. Sembra che la vindolina, un alcaloide privo di attività antitumorale, sia in grado di revertire la resistenza alla vincristina, vinblastina, daunorubicina e adriamicina probabilmente riattivando carrier di membrana responsabili dell’uptake di questi farmaci. Questi alcaloidi sono presenti solo in tracce nella vinca (per produrre 1 kg di vincristina occorrono 500 kg di droga). Per aumentare la resa di questi alcaloidi si è fatto ricorso a tecniche di coltura cellulare di C. roseus che hanno consentito di aumentare il contenuto in vinblastina fino a 15 µg/kg. IMPIEGO TERAPEUTICO. VINBLASTINA SOLFATO: è usata nel trattamento dei linfomi (morbo di Hodgkin) e di alcuni tumori solidi (testicoli, fegato, ecc.). VINCRISTINA SOLFATO: è usata nella cura delle leucemie infantili. VINDESINA e Vinorelbina, derivati semisintetici della vincristina e della vinblastina, sono utilizzati in terapia contro i linfomi, alcune forme di tumore del polmone e della mammella. Questi derivati hanno il vantaggio di avere minore tossicità rispett o agli alcaloidi naturali. T OSSICITÀ. Gli alcaloidi della vinca producono vari effetti tossici di diversa gravità a secondo della durata del trattamento e della dose impiegata. Generalmente si manifesta: Depressione del midollo osseo Disturbi gastrointestinali Perdita di capelli Reazioni cutanee Tossicità cardiaca Tossicità renale Neurotossicità che si manifesta con cefalea, depressione, vomito, convulsioni, neuromiopatie La vincristina produce una severa neurotossicità e la riduzione del dosaggio o la sospensione del trattamento sono consigliati al momento della comparsa di disfunzioni motorie. La mielodepressione è invece generalmente lieve. La vinblastina determina invece una maggiore tossicità a carico del sistema emopoietico, ma minore neurotossicità. ANTIGOTTOSI COLCHICO Il colchico è dato dai semi e dal bulbo di Colchicum autumnale L. (Fam. Liliaceae), detto anche zafferano della prateria. Colchicum:: dal greco κολχικον = da Colchide, una zona dell’Asia minore sul mar Nero dove la pianta fu notata la prima volta autumnale: poiché fiorisce in autunno liliacea: da lilium = bianco, cioè pianta dai fiori candidi Il colchico era noto già agli antichi greci e romani per la sua tossicità e per la sua attività antigottosa. E’ stato usato ininterrottamente in terapia fino ad oggi. HABITAT : cresce spontanea in diverse aree temperate (Europa centro-meridionale, Africa settentrionale ecc.). In Italia è diffusa nelle zone montane e submontane centro-settentrionali. DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea biennale o perenne alta dai 10 ai 30 cm, provvista alla fioritura (in ottobre) di un grosso bulbo-tubero ovoide o piriforme con una faccia appiattita (dall’aspetto di una grossa castagna), recante in basso un ciuffo di radici. Dal tubero in autunno emergono 2-6 fiori solitari, di colore rosa violaceo, simili a quelli dello zafferano, caratterizzati da un lungo tubo del perigonio (10-15 cm) terminante in 6 lobi separati. In primavera fuoriescono le foglie a lembo nastriforme. Il frutto è una capsula che a maturità contiene numerosi semi rosso-bruni. DROGA: semi e bulbo RACCOLTA, PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE DELLA DROGA: il bulbo viene raccolto all’inizio dell’estate dopo l’appassimento delle foglie e prima che si formino i bulbo-tuberi figli. Viene privato della tunica esterna squamosa e del cilindro centrale (fusticino) ed essiccato al sole o in stufe a bassa temperatura. I semi vengono raccolti quando sono maturi (luglio-agosto) ed essiccati. DESCRIZIONE DELLA DROGA: i bulbo-tuberi sono ovoidali, di 3-5 cm di diametro, con una faccia arrotondata ed una faccia piana contro la quale si sviluppa un nuovo bulbo-tubero. E’ ricoperto da un mantello scuro, membranoso. Il bulbo, privo della tunica esterna, è di colore bianco e presenta un solco sulla faccia appiattita nel quale alloggia un cilindro bianco (fusticino) che poi termina con i fiori. Il sapore è prima dolciastro e poi amaro. I semi sono di forma ovoidale con diametro di 2-3 mm. Sono estremamente duri ed hanno una testa bruno-rossiccia, finemente bucherellata. I semi sono conservati in recipienti ben chiusi per non più di un anno. Trattando la droga con acido solforico al 60-70% o con acido cloridrico concentrato si produce un colore giallo dovuto alla colchicina. P RINCIPI ATTIVI. Il colchico contiene: alcaloidi isochinolinici: colchicina (0.7% nei semi; 0.3% nel bulbo): colchicoresine olio grasso (6-17%) zuccheri (5%) amido F.U. : la droga, costituita dal bulbo e dai semi, non è iscritta in F.U., ma è presente la colchicina il cui titolo nelle preparazioni commerciali deve essere compreso tra il 95 e il 102%. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. La colchicina ha proprietà antigottose. La gotta è una patologia caratterizzata da episodi acuti e ricorrenti di artrite, associati alla presenza di cristalli di urato nel liquido sinoviale ed in alcuni casi alla presenza di depositi di urati nelle articolazioni. La risposta infiammatoria coinvolge l’infiltrazione di granulociti che fagocitano i cristalli di urato. La produzione di acido lattico nel liquido sinoviale è elevato e cioè favorisce l’ulteriore precipitazione di acido urico riducendo il pH. La colchicina provoca una drastica remissione dell’attacco acuto di gotta e, se assunta tempestivamente, lo previene. La colchicina ha proprietà antinfiammatorie: la sua azione è selettiva nell’artrite gottosa; riduce l’attività e la capacità migratoria dei neutrofili nell’area infiammata riducendo la successiva liberazione di acido lattico e di enzimi lisosomiali. Riduce il release di istamina e di altri autacoidi flogogeni La colchicina ha proprietà antimitotiche: lega le proteine dei microtubuli interferendo con la formazione dei fusi mitotici. Questo provoca la depolimerizzazione e scomparsa dei microtubuli nei granulociti ed in altre cellule che migrano nel focolaio infiammatorio. IMPIEGO TERAPEUTICO: Come antigottoso. A livello sperimentale come antimitotico per lo studio della divisione cellulare e nella produzione di piante poliploidi. T OSSICITÀ. La colchicina è molto tossica. L’effetto collaterale principale coinvolge le cellule dell’apparato gastrointestinale con nausea, vomito, diarrea, dolori addominali. Tali effetti si manifestano alcune ore dopo la somministrazione. Nell’avvelenamento acuto si hanno gastroenteriti emorragiche, esteso danno vascolare, nefrotossicità, depressione muscolare e paralisi ascendente del SNC. DROGHE TOSSICHE ACONITO L’aconito si ottiene da Aconitum napellus L. (Fam. Ranunculaceae). STORIA E LEGGENDA: L’aconito è una pianta dal fiore molto bello e decorativo, che ha attratto l’attenzione dell’uomo fin dai tempi più antichi. Ovidio racconta che questa pianta, tipica degli Inferi, era seminata da Cerbero, il custode dell’aldilà. La bava di questo cane furioso, cadendo sulla terra, faceva nascere l’aconito. Questa leggenda si ispira alla tossicità ben nota in quei tempi della pianta, che veniva usata per estrarne il succo mortale, nel quale Galli e Germani intingevano la punta delle loro frecce. La particolare forma ad elmo del fiore ha ispirato credenze e superstizioni, e simboleggiava ora i cavalieri erranti, ora i monaci eremiti, ora il male e la vendetta, ora gli amori fedifraghi. Anche la magia si è impadronita di questo fiore, tanto che si credeva che portare sul corpo una spiga di aconito rendesse invisibili. HABITAT : vegeta diffusamente nei boschi freschi e umidi delle regioni montagnose europee (Alpi, Appennino, Corsica) e dell’Asia settentrionale. DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne con fusto diritto, poco ramificato, che può raggiungere i 2 m. Le foglie sono alterne, glabre, palmatosette con 3-7 segmenti divisi in lobi stretti, la pagina superiore è di colore verde scuro, lucente, quella inferiore è un po’ più chiara. L’infiorescenza è un racemo, più o meno denso, all’apice del caule. I fiori, blu-violacei, sono costituiti da 5 sepali esterni, ineguali: quello posteriore è più sviluppato e forma una specie di elmo che avvolge gli altri. I petali sono ridotti a cornetti nettariferi (i 2 posteriori) o a linguette (i 3 anteriori). Gli stami sono numerosi; il frutto è un achenio. Al momento della fioritura sono presenti due radici tuberizzate appaiate: una, la radice principale, è in continuazione con la pianta fiorita, l’altra radice è attaccata lateralmente con un corto peduncolo. All’apice di quest’ultima si trova una gemma che l’anno seguente originerà un nuovo fusto. Durante la vegetazione la radice principale si appassisce, mentre quella laterale si accresce. DROGA: radici RACCOLTA E P REPARAZIONE DELLA DROGA: la droga viene raccolta prima della fioritura, pulita ed essiccata DESCRIZIONE DELLA DROGA: le radici hanno una forma conica con base di 2-3 cm di diametro e lunghe 5-8 cm, hanno una superficie esterna bruno-nerastra, striata longitudinalmente. Non hanno odore e il sapore è prima dolciastro e poi amaro. La radice più vecchia mostra alla base la cicatrice del fusto che è stato asportato, mentre l’altra presenta una gemma apicale da cui originerà la nuova pianta. La radice madre subirà invece un processo involutivo, lignificandosi, fessurandosi e poi disseccandosi per morire dopo la fioritura. In sezione la droga presenta, nelle zone di maggior diametro, una struttura caratteristica visibile ad occhio nudo: una linea sinuosa stellata di colore bruno che separa la parte legnosa, all’interno, dal libro secondario, all’esterno. Negli angoli della stella (5-10) i fasci legnosi hanno forma a V con punta diretta verso il midollo. Tale struttura, conseguente al processo di tuberizzazione della radice, non è rilevabile all’apice e alla base del tubero. P RINCIPI ATTIVI. L’aconito contiene vari ALCALOIDI DITERPENICI detti complessivamente A CONITINE (0.1-0.8%): aconitina (costituente principale) mesaconitina jesaconitina ipaconitina neopellina napellina neolina l’aconito contiene inoltre amido F.U.: L’aconito NON figura attualmente in F.U., pur essendo presente in edizioni passate. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. L’aconitina e le preparazioni farmaceutiche a base di aconito, applicate localmente, dopo una breve eccitazione delle terminazioni sensitive (senso di calore e prurito), ne producono la paralisi e quindi anestesia locale. Provoca inoltre abbassamento della temperatura, rallentamento della respirazione, irregolarità del ritmo cardiaco. IMPIEGO TERAPEUTICO. La tintura di aconito veniva usata in passato per applicazioni topiche contro le infiammazioni delle gengive, il mal di denti e in gargarismi contro la raucedine. Somministrata per via parenterale l’aconitina è stata usata come antinevralgico soprattutto nelle nevralgie del trigemino e nella sciatica. Diverse specie di aconito vengono usate in riti sciamanici in molte parti del mondo con indicazioni molto diverse: elisir d’amore e giovinezza afrodisiaco veleno pozione per far dire la verità T OSSICITÀ. L’aconito è conosciuto fin dai tempi antichi per la sua tossicità, dovuta essenzialmente alla presenza di aconitina, un alcaloide molto tossico. Le aconitine sono alcaloidi diterpenici: i diterpeni sono poco tossici mentre le basi norditerpeniche esterificate sono molto tossiche. Se la funzione esterea è idrolizzata, la tossicità dei composti equivale a quella dei diterpeni. Le aconitine sono rapidamente assorbite dopo ingestione orale, ma l’assorbimento può avvenire anche per contatto dermico. 1 g di droga fresca (contenente 2-20 mg di aconitine) può provocare la morte di un adulto entro 8 ore. L’intossicazione si manifesta con: entro 10-20 minuti dall’assunzione con sensazione di bruciore e formicolio alla bocca, alla lingua e alla gola. entro 2-6 ore si ha nausea, salivazione, vomito, diarrea, paralisi dei muscoli scheletrici, disturbi del ritmo cardiaco, convulsioni e infine morte per paralisi respiratoria. VERATRO Il veratro si ottiene dal Veratrum album L. (Fam. Liliaceae), detto anche elleboro bianco o veratro europeo. Questa pianta era già nota nell’antichità; il suo nome origina dal nome latino datole da Plinio il vecchio. L’attività terapeutica di una specie molto simile, il Veratrum viride, era già nota agli indiani d’America HABITAT : cresce nelle zone montane umide dell’Europa DESCRIZIONE DELLA PIANTA: pianta erbacea perenne di grandi dimensioni, fornita di rizoma e di un caule eretto di circa 1.5 m di altezza. Le foglie sono alterne, intere, ovali, con caratteristiche nervature longitudinali sporgenti e parallele, convergent i all’apice. Il loro aspetto ricorda quello della Gentiana lutea, con cui viene spesso confusa, ma quest’ultima ha foglie opposte anziché alterne. I fiori sono verdi o bianco-verdastri, riuniti in un’infiorescenza a pannocchia. Il frutto è una capsula che contiene piccoli semi. DROGA: rizoma RACCOLTA E PREPARAZIONE DELLA DROGA: il rizoma è estratto in autunno, spesso tagliato longitudinalmente in 2 o 4 parti per facilitare l’essiccazione e talvolta privato delle radici DESCRIZIONE DELLA DROGA: il rizoma ha una forma cilindrica, lungo 3-8 cm e largo 2-3.5 cm. Esternamente è di colore grigiobrunastro. Le radici, se presenti, sono numerose e coprono completamente il rizoma. Le sono lunghe circa 8 cm, di colore da marrone chiaro ad arancio chiaro e normalmente molto corrugati. P RINCIPI ATTIVI. Il veratro contiene vari A LCALOIDI STEROIDICI chimicamente distinti in 2 gruppi: gruppo del jerveratrum: pseudojervina veratrosina gruppo del ceveratrum: protoveratrina A protoveratrina B Il contenuto in alcaloidi totali è 1.5% del peso secco, ma variazioni del titolo si verificano in funzione dell’altitudine a cui la pianta cresce. Gli alcaloidi steroidici possono essere divisi in 3 gruppi: alcamine steroidiche (nucleo steroidico azotato) esteri delle alcamine con acidi organici glicosidi delle alcamine (quando legati a zuccheri) F.U.: Il veratro NON è riportato in F.U. P ROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. Gli alcaloidi del gruppo del ceveratrum hanno proprietà ipotensive. IMPIEGO TERAPEUTICO Il veratro veniva usato nella medicina cinese come emetico drastico e parassiticida L’azione cardiovascolare del veratro (1-2 mg) è stata utilizzata nella terapia antipertensiva, ma gli effetti si manifestano a dosi molto vicine a quelle tossiche e per tale ragione sia la droga sia i suoi alcaloidi sono difficilmente utilizzabili T OSSICITÀ. Il veratro è una pianta molto tossica. Dosi di alcuni µg/kg provocano tossicità che si manifesta con una sintomatologia simile a quella dell’aconito: sensazione di bruciore e formicolio alla bocca, aritmie, ipotensione arresto cardiaco, paralisi respiratoria. Intossicazioni accidentale si possono manifestare poiché il veratro viene confuso con la Gentiana lutea, pianta che cresce nello stesso habitat e usata nella preparazione di liquori. Intossicazioni sono anche dovute all’uso di polveri starnutatorie che contengono estratti della pianta. AMIDO L’amido è il primo prodotto della sintesi clorofilliana. E’ formato dall’unione di numerose molecole di glucosio, ed è present e in quasi tutte le parti delle piante, ma accumulato soprattutto nelle radici, rizomi e semi. DESCRIZIONE DELLA DROGA: Si presenta sottoforma di masse irregolari angolate o di polvere bianca ed è costituito da granuli che, osservati al microscopio, permettono di identificare gli amidi di diversa origine. I granuli possono essere semplici o composti e mostrano in genere un punto centrale detto ilo, di forma rotonda, o lineare, o a stella. L’ilo, centro di formazione del granulo di amido, è attorniato da una successione di strati concentrici, corrispondenti alle successive apposizioni di strati attorno al centro di formazione. L’amido è inodore e insapore; la polvere compressa tra le dita scricchiola leggermente. L’amido, a temperatura ambiente, è insolubile in acqua, ma ne assorbe una grande quantità (sostanza igroscopica). A caldo i granuli si rigonfiano distruggendo la struttura cristallina e formando una soluzione colloidale che si colora in blu in presenza di iodio; il colore scompare per riscaldamento a 93°C, ma ricompare per raffreddamento. Raffreddando la soluzione si ha una parziale ricostruzione con formazione di un gel stabile (salda d’amido). COMPOSIZIONE CHIMICA DELL’AMIDO: Gli amidi commerciali sono sostanze non chimicamente pure. I granuli di amido sono formati per il 99% da α-D-glucosio, le proteine sono presenti per lo 0.05-0.5% ed i sali minerali per lo 0.05-0.3%. La frazione glicidica dell’amido è un polimero ed è costituita da una miscela di 2 polisaccaridi: amilosio (ß-amilosio): è formato da catene lineari di α-D-glucosio legate con legame 1,4-α-glicosidico. E’ solubile in acqua ed é responsabile della colorazione blu prodotta dall’amido in presenza di iodio amilopectina (α-amilosio): è un polisaccaride a struttura ramificata costituito da molecole di α-D-glucosio legate con legame 1,4-α-glicosidico. I punti di ramificazione sono formati da legami 1,6-α-glicosidici. Costituisce circa l’80% della maggioranza degli amidi. produce una colorazione violacea in presenza di iodio Il rapporto amilosio/amilopectina varia da specie a specie. Per idrolisi acida dell’amido si ottiene glucosio. Per idrolisi enzimatica ad opera della ß-amilasi l’amido si trasforma in destrine e maltosio (disaccaride formato da 2 molecole di α-glucosio), che a sua volta viene trasformato in glucosio ad opera di una αglucosidasi. Le destrine sono un prodotto intermedio dell’idrolisi dell’amido e si distinguono da questo per la colorazione violacea o rossa (anziché blu) che danno in presenza di iodio SOFISTICAZIONI. Possono essere aggiunte all’amido, per aumentarne il peso, sostanze minerali in polvere finissima, quali CaCO3, MgCO 3, CaSO 4, sabbia silicea ecc. La sofisticazione più frequente è costituita dalla mescolanza di amidi diversi. F.U.: La F.U. X considera officinali l’amido di frumento (Triticum aestivum L.; fam. Graminaceae), di riso (Oryza sativa L.; fam. Graminaceae), di mais (Zea mays L. fam. Graminaceae) e di patata (Solanum tuberosum L.; fam. Solanaceae). AMIDO DI FRUMENTO: Si ottiene dalle cariossidi di Triticum aestivum (Fam. Graminaceae), che vengono ridotte in polvere. La farina si lascia macerare in acqua e poi si filtra. L’amido è separato per centrifugazione, essiccato e ridotto in polvere. Al microscopio si presenta sottoforma di granuli semplici di forma discoidale, alcuni con ilo centrale, altri globosi più piccoli. AMIDO DI MAIS: Si ottiene dalle cariossidi di Zea mays (Fam. Graminaceae). I chicchi vengono immersi in una soluzione allo 0.2% di acido solforico per almeno 2 giorni, quindi il materiale viene disintegrato in mulini. L’amido e il glutine vengono separati dal materiale fibroso presente con l’ausilio di rulli ruotanti in acciaio. Poiché il glutine è più leggero dell’amido, la miscela di amido e glutine viene sottoposta a ripetute centrifugazioni per separare i 2 componenti. L’amido viene quindi essiccato e ridotto in polvere. Al microscopio l’amido di mais si presenta sottoforma di granuli poligonali, con angoli smussati, di dimensioni uniformi, con ilo a forma di fessura raggiata. AMIDO DI RISO: Si ottiene dalle cariossidi di Oryza sativa (Fam. Graminaceae) che contengono circa l’85% di amido. Queste vengono immerse in una soluzione di NaOH allo 0.4%, finché il chicco è disintegrato. Il materiale viene quindi macinato e ridotto ad una sospensione diluita che viene ripetutamente scremata. L’amido, separato per centrifugazione, viene tagliato in blocchi ed essiccato. Durante l’essiccamento i blocchi si spezzano in masse irregolare che vengono polverate. Al microscopio si presenta in forma di granuli poliedrici, molto piccoli e con ilo puntiforme, per lo più riuniti a formare granuli composti. AMIDO DI PATATA: Si ottiene dai tuberi di Solanum tuberosum (Fam. Solanaceae). Le patate vengono lavate e ridotte in polpa in una macchina raschiatrice. La polpa viene macerata con acqua ed il liquido lattiginoso che contiene amido, proteine solubili e sali minerali viene setacciato. L’amido viene separato per centrifugazione ed essiccato. Al microscopio si presenta sottoforma di granuli ovoidali, piriformi, con ilo eccentrico e striature marcate. USO: l’amido costituisce un ottimo eccipiente per le caratteristiche di colore, granulometria, innocuità, insolubilità in acqua fredda, igroscopicità. Viene largamente utilizzata nella tecnica farmaceutica per la produzione di compresse. E’ usato in polveri aspersorie, soprattutto l’amido di riso che presenta una fine granulometria. La soluzione acquosa colloidale (salda d’amido) serve come emolliente per la pelle, come protettivo nelle infiammazioni gastriche, come base per alcuni clisteri e come antidoto in caso di avvelenamento da iodio. GOMME Le gomme possono essere definite prodotti di origine vegetale che quando vengono dispersi in acqua si rigonfiano e formano gel, dispersioni adesive o soluzioni viscose. I composti che danno soluzioni viscose venivano definiti mucillagini. Le gomme e le mucillagini sono 2 gruppi di polisaccaridi eterogenei che si è quindi tentato di differenziare in base alla loro solubilità in acqua: le gomme sono generalmente molto solubili le mucillagini non si dissolvono, ma si rigonfiano a formare una massa di elevata viscosità La distinzione tra gomme e mucillagini non è in realtà netta, perché le proprietà della dispersione che si ottiene da queste sostanze dipendono dalla concentrazione, dalla temperatura e dal pH. Generalmente vengono definiti: GOMME: gli essudati viscosi che si formano nella pianta nel tentativo di riparare lesioni accidentali (es. un’incisione fatta sul tronco), anche se la gomma adragante si forma indubbiamente prima che l’incisione venga praticata MUCILLAGINI: normali costituenti cellulari localizzati in cellule mucillaginose che si trovano frequentemente nel tegument o del seme COMPOSIZIONE CHIMICA: La composizione chimica delle gomme e delle mucillagini non è sempre completamente nota. Sono polimeri di monosaccaridi e loro derivati: contengono sia esosi che pentosi insieme ai loro prodotti di ossidazione, ossia gli acidi uronici. Il gruppo carbossilico di tali acidi è generalmente salificato da ioni Ca++ o Mg ++. I polisaccaridi che costituiscono le gomme e le mucillagini possono essere di 3 tipi: Polisaccaridi acidi la cui acidità è dovuta alla presenza di acidi uronici Polisaccaridi acidi la cui acidità è dovuta alla presenza di gruppi solforici. Questo tipo non è presente nelle piante superiori, ma è largamente diffuso nelle alghe Polisaccaridi neutri che generalmente sono glucomannani e galattomannani e si trovano frequentemente nei semi GOMMA ARABICA E’ un essudato gommoso che si ottiene dalla corteccia dei rami e del tronco di Acacia senegal Wild. e di altre specie di Acaci a (Fam. Leguminosae). Le specie di Acacia commercialmente più importanti si trovano nel Sudan e nell’Africa occidentale, anche se più di 500 specie sono diffuse in vaste zone dell’Africa, in Australia e nell’America centrale. DESCRIZIONE DELLA PIANTA: L’Acacia senegal è un albero che può arrivare a 5 m di altezza, con spine corte e curve. Le foglie sono bipennato-composte con foglioline sessili, oblunghe, di colore verde pallido. I fiori, con stami giallastri più lunghi della corolla, di colore bianco, sono raggruppati in spighe. Il frutto è un legume contenente numerosi semi. Vive in condizioni climatiche sfavorevoli (altitudine elevata, scarsa umidità, temperatura elevata) e produce la gomma di qualità migliore, denominata dalla Farmacopea Europea Acaciae gummi RACCOLTA E PREPARAZIONE: Le gomme considerate di migliore qualità si ottengono da alberi di circa 6 anni. La stagione della raccolta è quella secca (febbraio-marzo) perché nella stagione delle piogge i prodotti della fotosintesi, meno abbondanti, sono utilizzati completamente per il metabolismo della pianta. La raccolta inizia con l’esecuzione di un’incisione nella corteccia fino a lasciare scoperto il cambio. Questa operazione induce la produzione della gomma che si secca all’aria in forma di gocce o lacrime, di colore bianco, giallo o rossastro, trasparenti o opache, rugose, screpolate, con frattura vitrea, inodori. La gomma viene raccolta dopo 20-30 giorni dall’incisione e lasciata ad asciugare al sole per diverse settimane. DESCRIZIONE DELLA DROGA: La gomma arabica ha l’aspetto di gocce sferoidali, ovali o reniformi di diametro fino a 3 cm, di colore bianco-giallastro. La superficie esterna mostra numerose fratture sottili che si formano durante la “stagionatura” e rendono le gocce opache. Le gocce si rompono facilmente e la maggior parte della droga è costituita da piccoli pezzi; sono prive di odore e hanno un sapore blando. F.U.: La droga è iscritta in F.U. COMPOSIZIONE: La gomma arabica è costituita principalmente da arabina, un sale di Ca++, con tracce di K+ e Mg++, dell’acido arabico. L’idrolisi totale della molecola libera i monosaccaridi costituenti: D-galattosio, L-arabinosio, L-ramnosio e l’acido Dglucuronico. P ROPRIETÀ: La gomma arabica è solubile in 2 volte il suo peso di acqua e può dare soluzioni di concentrazione molto elevata (50%). Generalmente le soluzioni sono debolmente acide ed il pH è compreso tra 4 e 5. La gomma arabica ha proprietà emollient i e protettive, comuni anche alle mucillagini; l’assunzione per via orale deve essere seguita da abbondanti quantità di acqua. E’ stato descritto per la gomma arabica anche un effetto ipoglicemizzante. USI: La gomma arabica, per le sue proprietà emollienti è utilizzata in molti preparati per la tosse e per proteggere la gola. E’ stata inoltre utilizzata nella preparazione di pasti dietetici, ad es. per i diabetici, e come agente addensante. La sua più importante utilizzazione è come stabilizzante delle emulsioni olio-acqua. Ha anche un ampio impiego nelle industrie alimentari per la preparazione di confetti e caramelle in quanto previene la cristallizzazione degli zuccheri ed emulsiona i grassi favorendo la loro distribuzione in tutto il prodotto. E’ usata anche come stabilizzante nella preparazione di gelati, della birra e delle bevande poco alcoliche. T OSSICITÀ: La gomma arabica, se rispondente ai criteri di purezza, è priva di tossicità GOMMA ADRAGANTE E’ un essudato gommoso che si ottiene dalla corteccia dei rami e del tronco di Astragalus gummifer Labillardière e di altre specie di Astragalus (Fam. Leguminosae). DESCRIZIONE DELLA PIANTA: L’Astargalus gummifer è un arbusto spinoso, alto 0.5-1 m, che vive nelle zone montuose (1000-3000 m di altitudine) comprese tra la Turchia e la Russia. Ha foglie pennato-composte che perdono precocemente le foglioline lasciando sul fusto solo il rachide spinoso. I fiori giallo pallidi, sono riuniti in grappoli. Il frutto è un piccolo legume vellutat o che contiene un solo seme. Le qualità migliori provengono dall’Iran dal Kurdistan turco RACCOLTA E PREPARAZIONE: La gomma fuoriesce spontaneamente o per incisione ed essuda immediatamente dalla pianta. Quindi, a differenza della gomma arabica che si produce lentamente a seguito della lesione, la gomma adragante è già preformata nella pianta. La gomma assorbe acqua per cui il tronco si rigonfia e la gomma si spinge verso l’esterno fuoriuscendo immediatamente dopo l’incisione. La gomma può essere raccolta già da piante di 1 anno di età, ma in questo caso è considerata di bassa qualità. Si usano quindi piante al secondo anno di vita. Il terreno viene rimosso dalla base della pianta fino ad una profondità di 5 cm e la parte esposta è incisa. Si inserisce poi un cuneo nell’incisione e vi si lascia per 12-24 ore. La gomma essuda ed è raccolta 2 giorni dopo l’incisione. DESCRIZIONE DELLA DROGA: La gomma si presenta in strisce vermiformi lunghe circa 3 cm e larghe 1 cm. La superficie mostra un certo numero di striature che sono indicative di successive e momentanee interruzioni del flusso dall’incisione. La gomma ha colore bianco o bianco-giallastro molto pallido, ed è traslucida. E’ priva di odore ed ha sapore leggero. Quando è posta in acqua la gomma adragante si rigonfia a formare una massa gelatinosa, ma solo una piccola parte si scioglie. F.U.: La F.U. X definice gomma adragante “l’essudato gommoso, essiccato all’aria che fuoriesce naturalmente o per incisione dal caule e dai rami di Astragalus gummifer Labillardière e di altre specie del genere Astragalus dell’Asia occidentale. COMPOSIZIONE: La gomma adragante grezza è costituita da una miscela di sali di un polisaccaride acido (bassorina), di un polisaccaride neutro (tragacantina) e da piccole quantità di un glicoside. Nella gomma si trovano anche piccole quantità di amido, cellulosa e materiale proteico. La bassorina rappresenta il costituente principale (60-70%) ed è insolubile in acqua. La tragacantina è solubile in acqua e nelle miscele acqua-alcol. L’idrolisi della gomma con acidi minerali libera acido D-galatturonico, L-arabinosio, D-xilosio, L-fucosio e D-galattosio. P ROPRIETÀ: La proprietà più importante della gomma adragante è l’elevata viscosità delle sue soluzioni. Rispetto ad altre gomme, la gomma adragante presenta una viscosità abbastanza stabile anche a pH inferiore a 5. Ha proprietà emolliente e protettiva delle mucose. USI: La gomma adragante è un ottimo agente emulsionante perché aumenta la viscosità della fase acquosa e diminuisce la tensione superficiale all’interfaccia olio-acqua nelle emulsioni. La gomma adragante è usata come sospendente per polveri insolubili o legante in pillole e compresse. Nell’industria alimentare viene usata per stabilizzare condimenti, gelati ecc., anche se viene sempre più sostituita dagli alginati. Viene usata nella preparazione di saponi e dentifrici. T OSSICITÀ: La gomma adragante, se rispondente ai criteri di purezza, è priva di tossicità INDICE DI RIGONFIAMENTO: E’ definito dalla F.U. come il “volume in ml occupato da 1 g di droga, includendo ogni mucillagine aderente, dopo che è stata rigonfiata in un liquido acquoso per 4 ore”. La droga è trattata con 1 ml di etanolo (96%) e 25 ml di acqua in un cilindro graduato, agitata ogni 10 minuti per 1 ora e lasciata riposare come specificato. Lo standard è applicabile a quelle droghe che contengono mucillagini ed è ufficiale per l’agar ( 15) e semi di lino ( 4 per la droga intera; 4,5 per la droga polverata). CERE Sebbene questo termine sia usato impropriamente per indicare in genere le sostanze lipidiche che si presentano in forma solida a T ambiente, esso invece indica il prodotto di elaborazione di organismi viventi sia animali che vegetali costituit o principalmente da: Idrocarburi acidi saturi alifatici (a catena lineare con numero dispari di atomi di carbonio compreso tra 15 e 37) sia liberi sia esterificati da alcooli monofunzionali lineari saturi (con numero pari di atomi di carbonio compreso tra 16 e 36) Si distinguono dai grassi (trigliceridi) in quanto si saponificano solo con alcali in ambiente alcolico. Nelle piante le cere si trovano superficialmente per proteggere l’epidermide di foglie, frutti, e fusti dall’evaporazione dell’acqua impedendone la dispersione. Per le piante sempreverdi è un modo quindi per superare la siccità invernale causata dal congelamento del terreno. Le cere possono rappresentare anche materiale di riserva energetica. Cere di origine vegetale sono: la cera carnauba e l’olio di Jojoba Cere di origine animale sono: la cera d’api, lo spermaceti e la lanolina Le cere, il cui punto di fusione è più elevato di quello dei grassi, sono usate in farmacia e in cosmetica per la preparazione di unguenti e creme. Industrialmente sono usate per rivestimenti protettivi, nei lucidi da scarpe e nelle cere per automobili. OLIO DI JOJOBA: cera liquida a T ambiente che si ottiene per pressione dei semi di Simmondsia chinensis (Fam. Buxaceae). La sua composizione è molto simile a quella della cera di capodoglio ed è usata in cosmetica come emolliente. SPERMACETI: si otteneva da una cavità pericranica e nei ricettacoli sottocutanei dorsali del capodoglio, mammifero dell’oceano, Indiano, Pacifico ed Atlantico. Il grasso grezzo ivi contenuto è costituito dal 33% di gliceridi e dal 67% di cera. Uno solo di questi cetacei forniva più di 5 kg di grasso liquido da cui la cera si separava per raffreddamentoa 0°C in masse cristalline costituite da laminette sottili, bianche, splendenti, untuose al tatto. Attualmente questa cera non riveste interesse farmaceutico perché le specie sono protette da accordi internazionali. LANOLINA sostanza grassa che si ottiene dalla lana di pecora; è bianco-giallastra ed è costituita da esteri del colesterolo, lanosterolo, alcoli alifatici a lunga catena insaturi e ramificati e loro esteri con acidi grassi. Usata come base nelle pomate e negli unguenti, ha proprietà emollienti. CERA CARNAUBA Copernicia cerifera Mart. (Fam. Palmae) HABITAT Palma originaria e coltivata nel Nord-Est del Brasile ed in Argentina che porta foglie ricoperte di cera DROGA (F.U.): cera ottenuta dalle foglie La cera deve essere: insolubile in acqua e solubile in cloroformio e toluene La cera deve avere: densità di circa 0.97 indice di acidità compreso tra 2 e 7 indice di saponificazione fra 78 e 95 punto di fusione fra 80 e 88°C DESCRIZIONE DELLA DROGA La droga si presenta in forma di masse dure di colore giallastro-brillante o come polvere grossolana. Priva di sapore. P RINCIPALI COMPONENTI ALCOLI ad alto peso molecolare (C24, C34) esterificati con acidi grassi; i principali costituenti sono esteri degli AC. CEROTICO (C26) e MIRICILICO (C30) IMPIEGO Rivestimento delle pillole - Manifattura delle candele - Lucidatura del pellame e dei mobili - In cosmetica in sostituzione della cera d’api. CERA D’API: Si ottiene per fusione in acqua calda delle celle dei favi delle api (Apis mellifera ed altre api) P REPARAZIONE DELLA DROGA La cera è secreta dalle api operaie ed è utilizzata essenzialmente per fare il favo. La cera d’api gialla si ottiene dopo allontanamento del miele, fondendo il favo in acqua (il miele residuo si solubilizza in acqua e le impurezze precipitano). La cera d’api bianca si ottiene dal materiale precedente mediante trattamento con permanganato di potassio, ac. cromico, cloruro ecc., oppure mediante prolungata esposizione al sole. CARATTERISTICHE DELLA DROGA: COLORE: giallo bruno oppure bianco-giallo, P. di FUSIONE: compreso tra 61 e 65°C, SOLUBILITA: insolubile in acqua, poco solubile in alcool a freddo, STABILITA’: si rompe con fratture granulari, ADULTERANTI: cera del Giappone che si ottiene dai frutti di varie specie di Rhus (Fam. Anacardiaceae) P RINCIPI ATTIVI ESTERI DI MIRICILE CON AC. PALMITICO (MIRICINA- 80%), PALMITOLEICO e CEROSO ACIDI GRASSI NON ESTERIFICATI COMPLESSO DI ALCOLI ALIFATICI PRIMARI ad ALTO PESO MOLECOLARE IDROCARBURI ESTERI DEL COLESTEROLO (in piccole quantità) IMPIEGO ANTIULCERA T OSSICITA’: Sono segnalati casi di ipersensibilizzazione e dermatiti da contatto E’ da ricordare che la cera d’api può contenere sostanze presenti nell’ambiente o nelle piante utilizzare dalle api.