la Chiesa della Misericordia e il suo impianto geotermico

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Ricerca e Comunicazione
ANNO 2– N.2
07 GIUGNO 2015
Testo e Foto di SELENE ODDENINO
Chiesa della Misericordia
Intervista alle guide volontarie:
Gianfranco Ruffino e Vittorio Martinengo
Arciconfraternita della Misericordia
Sotto il Titolo di San Giovanni Battista Decollato
Fondata nel 1578
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“Nel 1578 nasce la nuova Arciconfraternita di S. Giovanni Battista Decollato, detta “della
Misericordia”, che assume a simbolo il capo del martire su di un bacile.”
“La nuova Compagnia, sorta in Via Dora Grossa (attuale Via Garibaldi), si riunisce, in principio,
nella parrocchia dei SS. Simone e Giuda, ma nel 1580, a causa dell’aumento del numero dei
confratelli, trovano una nuova sede nella Chiesa dei Santi Antonio e Dalmazzo. Nel 1698 si
trasferiscono nella Chiesa dell’Ospedale di Carità nel recinto del “ghetto”, dove rimangono per
poco tempo. Nel 1718, infatti, quando le monache di S. Croce mettono all’asta la loro chiesa e
l’attiguo convento, la Confraternita acquista l’antica Chiesa e, dopo alcuni piccoli restauri, il 21
settembre 1720 vi si insedia trasformando l’antico luogo nell’attuale Chiesa, loro sede definitiva.”
(da: http://www.arciconfraternitadellamisericordia.it).
Nel medesimo periodo il Duca di Savoia, Emanuele Filiberto (Chambéry, 8 Luglio 1528 – Torino,
30 Agosto 1580) trasferì la capitale da Chambéry a Torino (7 Febbraio 1563). Già all’epoca
l’Arciconfraternita godeva di notevole importanza in quanto partecipata dall’alta borghesia e
dall’aristocrazia torinese. Tra il 1723 e il 1758 la chiesa viene completamente restaurata, nel 1751 ci
fu l’intervento dell’Architetto Filippo G.B. Nicolis di Robilant. “Nel 1730 Carlo Giuseppe Plura
scolpisce due statue lignee, laccate di bianco, raffiguranti un angelo inginocchiato ed
un’imponente Madonna. Vengono poste su piedistalli ottagonali nello spazio ai lati della bussola di
ingresso, tra le acquasantiere e le colonne.” (da: http://www.arciconfraternitadellamisericordia.it).
Carlo Giuseppe Plura fu uno scultore ligneo che giunse a Torino da Lugano e venne introdotto a
corte dal Beaumont.
Nel 1753 la navata, così come la sacrestia, viene pavimentata con decori a scacchiera, ad oggi
ripristinata con le originarie Bargioline.
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Navata
Sacrestia
Organo
Sopra l’ingresso principale troviamo l’organo risalente al 1758 e a fianco la “Cantoria” dove
prendevano posto i cantori che costituivano il coro.
Struttura a gradoni dietro l’altare maggiore
Altare maggiore
Nel 1792 Francesco Benedetto Feroggio viene incaricato di progettare l’altare maggiore in marmi
variegati, dietro il quale troviamo dei posti a sedere in legno in una struttura semicircolare a
gradoni; ogni seduta è numerata e fornita di un contenitore con serratura per riporvi libri e
probabilmente una copertina da mettere sulle gambe. Il posto centrale ha l’aspetto di una seduta
importante forse destinata al Governatore dell’Arciconfraternita.
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Il quadro centrale dietro l’altare maggiore è di
Federico Zuccari (seconda metà del 1500):
“Decollazione del Battista”.
Il quadro era più grande, è stato ridotto per
adattarlo alla cornice.
Sopra l’altare maggiore si trovano le “Carte Glorie” su cui sono iscritti dei brani in latino. Su
entrambi i lati della Chiesa, in prossimità dell’altare maggiore ci sono i “Matronei” da dove le
donne potevano assistere alle funzioni. I Matronei ivi presenti sono su disegno di Bernardo Vittone
(uno degli architetti più importanti a Torino e nel resto del Piemonte nel periodo barocco). Nel
1753 vengono commissionate le due cappelle laterali: la Cappella di destra viene detta dei
Condannati (o del Crocifisso), la Cappella di sinistra dell’Addolorata.
Cappella dell’Addolorata
Cappella dei Condannati o del Crocifisso
“A sinistra dell’altare del Crocifisso venivano sepolti i giustiziati in una botola profonda più di 12
metri e larga circa due. Dal 1° gennaio del 1778, i giustiziati, furono, invece, sepolti nel Cimitero
suburbano di San Pietro in Vincoli, in un recinto apposito “benedetto ma non consacrato”. Sopra
l’altare di destra, nella Cappella dei Condannati (o del Crocifisso), su sfondo nero, spicca il ligneo
Crocifisso, attribuito alla scuola del Clemente, l’opera è inquadrata da una cornice, opera di
Antonio e Secondo Casella. Nella Cappella è posto un quadro del Guglielmino che raffigura “don
Cafasso nelle carceri di Torino”, a fianco vi è l’ovale che raffigura Sebastiano Valfrè. A destra
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della Cappella del Crocifisso si trova l’unica lapide murata nella Chiesa posta, nel 1727, a
memoria del Conte Pateri di Stazzano. Sopra l’altare di sinistra (Cappella dell’Addolorata) il
dipinto del Beaumont rappresenta angeli che sostengono un finto ovale raffigurante l’Addolorata:
su di un gradino, e sopra un cuscino, è inginocchiato S. Giovanni Nepomuceno; sullo sfondo di una
balaustra, un angioletto col dito sulle labbra è il simbolo del “silenzio”, della fedeltà al segreto
della Confessione, e allude alla morte del Santo con la mano appoggiata ad un teschio. Ai lati si
trovano altri due olii su tela a sinistra l’Annunciazione e a destra l’Assunta, opere anch’esse del
Beaumont.”
(da:http://www.arciconfraternitadellamisericordia.it).
San Giovanni Nepomuceno è stato canonico nella cattedrale di Praga e predicatore alla corte di
re Venceslao. Si racconta che Giovanni si rifiutò di rivelare al re le confessioni della sua consorte,
regina Giovanna di Baviera, e per questo motivo prima gli fece mozzare la lingua e poi lo fece
gettare nel fiume Moldava. Proprio sulla Moldava, sul Ponte Carlo di Praga venne posata una lapide
in suo nome. Fu santificato da Papa Benedetto XIII intorno al 1720 e divenne patrono della Boemia,
dei confessori e di tutte le persone in pericolo di annegamento.
La facciata esterna è Neoclassica del 1828, realizzata con i doni dei Confratelli e della Regina
Maria Teresa d’Austria (moglie del Re Vittorio Emanuele I). La cupola a catino progettata da
Robilant è ellittica.
I vecchi torinesi la chiamano anche Chiesa degli Impiccati perché il compito dell’Arciconfraternita
era quello di assistere oltre ai carcerati anche i condannati a morte. Li accompagnavano al patibolo
poi prendevano i corpi e li sotterravano qui in una botola profonda 12 m a loro riservata. In questo
santuario si potevano far sotterrare anche i Confratelli in segno di umiltà. Infatti, a loro dedicate, ve
ne sono cinque, più una in favore dei seguaci di San Giovanni Nepomuceno. Due botole possiamo
trovarle in prossimità delle due statue lignee all’ingresso, due rispettivamente frontalmente agli
altari laterali, due dietro il presbiterio che contiene l’altare maggiore e quello dedicato ai condannati
lo troviamo nel lato sinistro della Cappella del Crocifisso. Le botole sono sigillate da pietre incise le
cui scritte sono quasi scomparse. In alto a sinistra troviamo il Pulpito in legno, su cui è scolpita la
testa di San Giovanni Battista Decollato (simbolo di questa chiesa).
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Entrando a destra, poco prima della Cappella del Crocifisso, c’è una vetrinetta che contiene alcuni
oggetti utilizzati per le esecuzioni dei condannati. C’è uno dei cappi usati per le impiccagioni, il
sacco nero che conteneva il cappio nel tragitto fino al Rondò della Forca (luogo delle esecuzioni), il
Crocifisso adoperato da Don Giuseppe Cafasso mentre assisteva i condannati, una lanterna e il
“bicchiere dei condannati”. Il “bicchiere dei condannati” veniva chiamato anche “Brod d’undes
ure” (in piemontese) che equivaleva ad un bicchiere di Laudano che veniva offerto ai condannati
alle ore undici prima dell’esecuzione che avveniva alle ore dodici. Il Laudano è un composto a base
di alcool e oppio inventato nel XVI sec. Dal famoso medico svizzero Paracelso, usato ai tempi
anche come droga. (da: http://it.wikipedia.org/wiki/Laudano ). Lo scopo del “Brod d’undes ure”
era quello di stordire il condannato perché questo non raggiungesse il patibolo lucido mentalmente.
Don Giuseppe Cafasso fu operante in questa chiesa nella prima metà dell’800. Egli offriva conforto
ai carcerati e alle loro famiglie. Faceva visita ai condannati per alleviare le loro pene e li
accompagnava, con il Crocifisso, fino al patibolo; da qui venne definito il “prete della forca”.
Nella prima metà dell’800 Juliette Colbert (nota come Giulia di Barolo, da cui l’omonima via a lei
intitolata in Torino) ed il marito Carlo Tancredi Falletti (ultimi marchesi di Barolo) dedicarono la
loro vita alla beneficenza e all’assistenza alle carcerate e nel 1820 Juliette promosse ed ottenne
l’attuazione della Riforma Carceraria attraverso la quale veniva ridata dignità a chi viveva in
condizione di detenuto. Il progetto di Riforma Carceraria della Marchesa di Barolo aveva
l’obbiettivo di umanizzare la detenzione; Juliette era convinta che il carcere non dovesse solo punire
ma anche riabilitare le persone e reinserirle nella società.
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Tutti gli anni, il giorno di San Giovanni Battista (29 Agosto: decollazione) venivano riuniti in una
cassa nera tutti i cappi utilizzati per le impiccagioni e sul sagrato della Chiesa della Misericordia, gli
veniva dato fuoco facendone un falò.
Verso la fine del XVI sec. L’Arciconfraternita ottenne dall’Ordine Diocesano numerosi privilegi tra
cui il “Privilegio di Grazia” che permetteva di poter liberare prima uno, poi due ed infine tre
condannati l’anno, purché questi non avessero commesso qualcosa contro il Duca; ovvero non si
fossero macchiati di lesa Maestà, che non avessero battuto moneta falsa o commesso falsa
testimonianza. Questi tre reati non avrebbero permesso la liberazione del condannato. Questo
privilegio gli è stato poi tolto da Vittorio Amedeo II (prima metà del ‘700). Quando Napoleone I
Bonaparte nel 1800 ha valicato le Alpi e poi annesso il Piemonte come provincia francese, volle che
tutte le sepolture dei cimiteri fossero traslate fuori dalle mura com'era in uso in Francia. I corpi
tumulati all’’interno della Chiesa della Misericordia non furono toccati. Si ritiene che venne fatto
un accordo con l’Arciconfraternita, i cui affiliati erano tutti componenti della nobiltà dell’epoca. In
data attuale gli appartenenti costituiscono un’isola filosofica dell’aristocrazia intellettuale della città
di Torino.
Una volta all’interno della vetrinetta c’era anche un Registro con i nomi dei condannati graziati, poi
è stato tolto per risparmiare ai discendenti l’onta della pena subìta in famiglia. Ad oggi questo
Registro si trova all’Archivio di Stato. Le pubbliche impiccagioni ebbero luogo fino al 1863.
Si dice che il boia fosse inviso da tutti e l’unico che avesse contatti con lui fosse il Cafasso. In
chiesa vi era un banco in fondo a lui dedicato e ancora si diceva che avesse la dimora più pulita
della città perché la moglie non potendosi relazionare con nessuno e uscendo pochissimo
trascorreva le sue giornate a pulir casa. I soldi della paga gli venivano buttati, non gli venivano
consegnati a brevi mani. La sera prima dell’esecuzione andava a trovare il condannato per
chiedergli scusa e dirgli che lui faceva solo il suo mestiere. L’ultimo boia di Torino fu Piero Pantoni
che visse in Via Franco Bonelli n° 2, ancora oggi definita la “casa del boia”. Nel 1960 all’incrocio
tra C.so Valdocco e C.so Regina Margherita, nel punto identificato come il Rondò della Forca, è
stato inaugurato un monumento dedicato a San Giuseppe Cafasso. Nel 1948 Cafasso è stato
dichiarato patrono delle carceri italiane. (da: La Stampa 22/05/2009).
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Durante l’assedio del 1706 da parte dei francesi la Chiesa della Misericordia venne gravemente
danneggiata.
Lungo il corridoio d’accesso alla sacrestia si possono ammirare diversi quadri raffiguranti alcuni
sacerdoti che si sono succeduti nei secoli tra cui Don Bosco, il Cafasse e Valfrè. Troviamo poi
nobili, Confratelli e Santi come San Giovanni Nepomuceno. Del Santo Nepomuceno c’è persino un
Registro sotto cornice che elenca i suoi adepti. Così come i Registri, o meglio “Tabelle”, che
contengono gli elenchi dei Governatori e delle Governatrici che si sono succeduti
nell’Arciconfraternita della Misericordia.
In uno di questi Registri dei Governatori c’è l’elenco di coloro che ne hanno fatto parte dal 1578 al
1828, tra questi è presente anche Claudio Francesco Beaumont (pittore di corte a Torino); i nomi
segnati in caratteri più grandi sono quelli appartenenti alla Casa Reale. Uno dei quadri presenti nel
corridoio di accesso alla sacrestia raffigura Sebastiano Valfrè e reca la data del 1710. Egli operò
durante l’assedio dei francesi. Per ripararsi dai bombardamenti la gente trovava ricovero sotto i
portici di Via Po e di Piazza Castello, luogo più sicuro. Lì venivano portati anche i feriti. Con dei
separé avevano diviso i portici in tante “stanzette” dove si erano trasferite le famiglie che avevano
lasciato le loro dimore perché più esposte ai colpi di cannone e Valfrè si adoperava offrendo il suo
aiuto.
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Sebastiano Valfrè 1710
Entrando in sacrestia si possono ammirare gli arredi in noce in stile barocco piemontese, dentro i
quali sono conservati i paramenti sacri del ‘600. Subito sulla destra si trova una “Tabella” con i
nomi dei Confratelli incisi su delle targhette in legno. Quest’opera d’arte è del Clemente, medesimo
autore del Cristo scolpito che si trova sul lato destro dell’interno della chiesa (epoca settecentesca).
Guardandosi intorno si possono notare diverse opere d’arte bisognose di restauro conservativo. Al
fondo della sacrestia sul lato sinistro troviamo un’altra Tabella che indica gli “Obblighi Perpetui
della Chiesa di San Giovanni Battista Decollato” con l’elenco delle messe cantate e delle messe
lette commissionate dai benefattori della chiesa.
Tabella dei Confratelli
Obblighi Perpetui
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La tecnologia è arrivata anche nelle chiese. In questa un computer gestisce l’accensione e lo
spegnimento delle luci, così come l’impianto di geotermia che nelle fredde giornate d’inverno rende
i locali più accoglienti.
11 sono le mandate necessarie per chiudere il
pesante portone principale.
Le chiavi sono ancora originali.
Innovazioni Tecnologiche: Impianto di Geotermia
Nel Marzo 2011 la chiesa è stata nuovamente restaurata al suo interno. Tutte le colonne portanti
erano state dipinte di nero in segno di lutto, si dice in seguito alla morte di Carlo Alberto di Savoia
(uomo molto devoto). Il restauro conservativo ha portato alla luce i colori originali del ‘700. Nel
2013 è stata rifatta la pavimentazione, sostituendo quella con decori a scacchiera posata nel 1753
con le originali pietre di Barge, dette Bargioline, assai più antiche. Approfittando di questo
intervento l’Arciconfraternita, con il sostegno economico da parte della Compagnia di San Paolo,
ha attuato il progetto di un Impianto Geotermico per il riscaldamento della chiesa. Le trivelle hanno
scavato fino ad una profondità di 160 m prima di incontrare la falda acquifera. Attraverso una
pompa di calore ed una serie di scambiatori la temperatura ora è costante intorno ai 17 °C. Si dice
che la Chiesa della Misericordia fosse la chiesa più fredda di Torino, forse per la sua posizione
geografica da cui prende poco Sole essendo in una via cieca. Via della Misericordia da Via
Barbaroux sbuca nell’allora Via Dora Grossa (attuale Via Garibaldi). Prima della posa in opera
dell’Impianto Geotermico nei mesi più freddi venivano messe delle stufe a gas lungo i corridoi
laterali della navata per scaldare l’ambiente. Quando non venivano accese le stufe, la temperatura
che si avvertiva era assai più rigida rispetto a quella che si percepiva al di fuori del santuario.
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L’Impianto Geotermico è stato fatto solo nella chiesa escludendo la sacrestia. Durante gli scavi
sono stati trovati reperti ossei dei defunti seppelliti nelle botole già menzionate. La chiesa è stata
chiusa da marzo ad ottobre 2013 per completare i lavori dell’Impianto di Geotermia e per il
rifacimento della pavimentazione adottando nuovamente le pietre originarie dell’epoca (le
Bargioline).
Un ringraziamento speciale va alle guide volontarie: il Sig. Gianfranco Ruffino ed il Sig.
Vittorio Martinengo, per il loro apporto storico-culturale. Ogni venerdì pomeriggio accolgono i
visitatori illustrando le particolarità di questo luogo.
Data l’innovazione tecnologica avrei voluto addizionare questo articolo anche di ulteriori
testi, foto e schede tecniche inerenti l’Impianto di Geotermia, ma al momento non ci sono ancora
stati forniti. Dovessero pervenirci sarà cura della Redazione pubblicarli con ogni merito.
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