Mario Pucci – Assomac Vigevano INDIA & ITALIA, UN FEELING DI PELLE Qui si scrive dell’esperienza indiana di un settore industriale italiano formato da piccolissime, piccole e qualche media impresa. Si tratta del settore italiano delle macchine e delle tecnologie per l’area pelle, cioè tutte quelle macchine, più o meno sofisticate, che servono a conciare la pelle, a fabbricare le calzature e tutti gli articoli di pelletteria come borse, cinture, portafogli etc.; macchine che, peraltro, sono utilizzate anche nel settore dell’arredamento e in quello automobilistico. Uno dei più importanti distretti produttivi italiani di questo comparto si trova a Vigevano che è il più significativo centro italiano per la produzione di macchine per calzature tradizionali, le scarpe in pelle/cuoio, e macchine per pelletteria. Gli altri distretti produttivi del settore sono ad Arzignano e Santa Croce (macchine per concerie) mentre altre imprese sono ubicate nell’area milanese, padovana e torinese e nel distretto calzaturiero marchigiano. Il “viaggio” in India di questo settore produttivo è iniziato nella seconda metà degli ormai lontani anni ’70 del secolo scorso; più recente quello dell’Associazione che comunque è attiva in India sin dalla sua nascita, nel 1983. Da allora l’India è cambiata moltissimo e l’India di oggi, la nuova India, come la chiamano ormai in molti, ha fretta di recuperare il posto le spetta nell’economia mondiale. Per questo è anche in atto uno sforzo, sempre più crescente, per intensificare l’industrializzazione del Paese con un’attenzione sempre maggiore allo sviluppo dei settori manifatturieri e, tra questi, alla crescita dell’industria della pelle e della calzatura. In tutti i dibattiti, e gli scritti, sull’ascesa indiana viene quasi automatico fare un paragone tra l’elefante indiano e la lepre cinese. Ma forse i paragoni non servono a molto perché l’India sta percorrendo una sua autonoma strada verso lo sviluppo. E anche nel settore pelle-calzature questa strada è molto diversa da quella cinese. Nel settore calzaturiero, per esempio, l’India ha avuto una crescita molto graduale. Non ha puntato alla quantità, al basso prezzo e alla scarpa sportiva, come la Cina, ma su volumi più limitati, prodotti a più alto valore aggiunto a partire dalla pelle come materia prima. Conseguentemente la fascia della produzione indiana è più alta rispetto a quella cinese. L’industria indiana della pelle e della calzatura vanta una lunga tradizione grazie anche all’abbondanza della materia prima e la crescita dell’industria pelle-calzature indiana è storicamente avvenuta attraverso lo sviluppo dell’industria conciaria nel Tamil Nadu, nel Sud dell’India. Dalla lavorazione della pelle, prima semi-finita e poi finita, queste imprese hanno poi cominciato a fabbricare le tomaie, siamo alla metà degli anni Settanta, per poi arrivare alla produzione di calzature finite e degli altri articoli in pelle. Oggi l’India produce più di due miliardi di paia di calzature, in diversi distretti industriali distribuiti in tutto il Paese. Questa produzione é prevalentemente destinata al mercato interno anche se una quota sempre crescente è destinata all’esportazione; verso l’ Europa per oltre il 60%. Come si è posto, allora, un settore piccolo e di nicchia, come quello italiano delle macchine per l’area pelle, di fronte a questo sviluppo ? Le imprese rappresentate da Assomac si sono affacciate a suo tempo in India tra mille difficoltà, vista la lontananza dall’Italia, trovando prima di tutto dei rivenditori e degli agenti locali in grado di promuovere i loro prodotti. Poi, via via, radicandosi sempre di più fino ad aprire direttamente, in anni più recenti, delle loro rappresentanze nel Paese. Queste imprese hanno sfondato grazie, prima di tutto, alla qualità, e al prezzo, delle loro produzioni ma anche grazie al fatto che gli imprenditori indiani del settore pelle-calzature hanno sempre guardato all’Italia come al Paese di riferimento per lo sviluppo delle loro industrie. Il sistema pellecalzature italiano è infatti ancor oggi quello che viene considerato più valido e più vicino alle caratteristiche indiane. Lo testimoniano, tra l’altro, i valori dell’interscambio commerciale di settore tra Italia ed India che sono in crescita. In questo contesto le industrie italiane rappresentate da Assomac sono quindi diventate i primi fornitori di macchine e tecnologie in India ed hanno mantenuto anche oggi questa leadership quasi raddoppiando l’export verso l’India negli ultimi anni. Questo è avvenuto grazie ad un’offerta sempre più qualificata, macchinari e tecnologie sempre più avanzati, ma grazie ad un altro salto di qualità: le imprese produttrici di macchinari sono passate da semplici fornitori di un bene strumentale a fornitori di soluzioni dei problemi produttivi dei loro clienti indiani. In questo quadro, dove le imprese giustamente sono le principali protagoniste, all’Associazione è spettato, e spetta, un compito di “accompagnamento istituzionale” alle aziende. Assomac svolge da sempre un ruolo di osservatorio del mercato rapportandosi con le varie Istituzioni private e pubbliche indiane, siano esse Enti governativi, Associazioni o Centri di Formazione e Ricerca. Assomac é in stretto contatto con i vari distretti indiani e questo permette di conoscere, in tempo reale, i cambiamenti in atto e quindi di fornire poi alle imprese associate quelle informazioni utili alle loro singole strategie aziendali. Ma Assomac non svolge solo questo ruolo sul mercato. In questi anni, per promuovere il settore industriale che rappresenta, l’Associazione ha avviato in India, in collaborazione con Organismi privati e pubblici e gli Enti locali, dei Progetti di sostegno all’industria della pelle e della calzatura indiana: corsi di formazione, programmi di assistenza tecnica nei vari distretti, check up e workshops tecnologici, progettazione di Centri Servizi/Formazione alle imprese etc. C’é però un problema che in questo momento gli imprenditori indiani stanno sollecitando sempre di più alla parte italiana: lo sviluppo, a loro avviso ancora modesto, delle collaborazioni industriali tra le imprese indiane ed italiane del settore pelle-calzature. Gli imprenditori e le Istituzioni di settore indiane pongono questa domanda: ma perché le imprese italiane sono così restie ad investire in India? Qui abbiamo un mercato interno in grande crescita, materia prima, infrastrutture e manodopera qualificata a basso costo. Cosa aspettate ? Il problema non è di così semplice soluzione. Quando parliamo di sistema italiano pelle-calzature dobbiamo tenere presente che ci riferiamo a migliaia di imprese, con grandi contenuti tecnologici ma in genere di dimensioni piccole, talvolta piccolissime, con tutti i problemi che ne conseguono. Si tratta di imprese per tradizione “export oriented” ma che hanno oggettive difficoltà a “sintonizzarsi” sulle possibilità di internazionalizzazione così come oggi si presentano: joint ventures, collaborazioni industriali e/o commerciali etc. Per la piccolissima e piccola impresa italiana giocano in questo caso, a sfavore, vari fattori: la dimensione, la conduzione troppo familiare e poco manageriale dell’impresa, i problemi finanziari e, da ultimo ma non ultimo, il problema delle risorse umane da destinare alla nuova iniziativa. Non dimentichiamo poi che il potenziale partner indiano, anche nel settore pelle-calzature, è solitamente un colosso se confrontato con le dimensioni aziendali italiane. Ma c’è anche un altro aspetto, a proposito di collaborazioni industriali italoindiane, su cui é utile una riflessione. Credo che la parte indiana debba anche riflettere sul fatto di non essere il solo Paese che oggi si offre sulla scena internazionale per attirare investimenti stranieri. L’India, anche se recentemente sono stati fatti molti passi in avanti, deve ancora fare uno sforzo per qualificare la sua immagine e vincere conseguentemente questa competizione in atto con gli altri Paesi. Un esempio concreto al proposito. Assomac è stata coinvolta recentemente in un progetto di assistenza tecnica alle aziende calzaturiere del Tamil Nadu. Nella relazione tecnica di un suo esperto internazionale che ha passato un mese dentro una ventina di calzaturifici indiani, un esperto che ha girato tutto il mondo e conosce bene le diverse realtà produttive, è molto significativa la valutazione che ha dato alla manodopera indiana dei calzaturifici che ha visitato. Ha dato un punteggio molto alto, nove in una scala da 1 a 10, per “l’abilità” ma un punteggio appena sufficiente, sei, per la “sincerità” e addirittura scarso, cinque, per la “produttività”. Questo punteggio è forse severo, anche se da parte indiana sul problema della produttività delle imprese del settore è in atto una riflessione molto approfondita, ma quello che c’è scritto in quella relazione riflette una percezione e, quindi, conseguentemente, una prevenzione che ancor oggi esiste nei confronti dell’India. Prevenzione che poi ha delle conseguenze, al di là dei loro problemi soggettivi, nei comportamenti, nelle scelte Paese, delle imprese italiane che decidono di investire all’estero.