Risposta a Silvio Garattini - Oltre la Sperimentazione Animale

Oltre la sperimentazione Animale, di Maria Concetta Digiacomo
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Oltre la Sperimentazione Animale
“Se è vero che la maggior parte dei medici difende la vivisezione, è altrettanto vero che i più non
sanno cosa difendono, perché non sospettano lontanamente l’inerente fallacia e crudeltà” (Hans
Ruesh – Imperatrice Nuda )
Se avessi letto queste parole appena laureata avrei detto, senza ombra di dubbio, che
erano sicuramente pronunciate da un folle. Negli anni seguenti ho dovuto fortemente
ricredermi e rendermi conto di quanto, le parole di Ruesh, rispondessero a verità.
Col tempo, approfondendo la questione e avvantaggiata dal fatto di essere un
medico, ho dovuto rivedere tante mie vecchie posizioni che erano talmente rigide da
potersi definire quasi un dogma. Oggi ho fatto mie le parole di Ruesh, e credo giusto
continuare a divulgarle e a difenderle. Tanti altri medici, ricercatori, biologi,
veterinari, e altri professionisti di area scientifica, hanno fatto il mio stesso percorso e
sono arrivati alla mia stessa conclusione : la Sperimentazione condotta su Animali
è antiscientifica. Ecco perché nasce OSA : Oltre la Sperimentazione Animale.
Andare oltre la sperimentazione animale vuol dire impegnarsi per incentivare,
promuovere e utilizzare modelli di ricerca del XXI secolo e abbandonare finalmente
un modello di ricerca obsoleto rivelatosi, senza ombra di dubbio, fallimentare.
Oggi, pur ampiamente dimostrata la inattendibilità e la inutilità della
sperimentazione animale, paradossalmente, questa non accenna a diminuire. Diventa
quindi un imperativo morale ed etico parlarne ed occuparsene, da addetti ai lavori per
la salvaguardia della salute umana e per evitare di continuare a credere in un
“modello” di ricerca che si è dimostrato essere fuorviante, pericoloso e
antiscientifico. La sperimentazione animale si fonda su alcuni pilastri che la rendono
intoccabile : l’ermetica segretezza, lontano dalla reale verifica scientifica; la gente
comune, ben indottrinata da una propaganda orchestrata ad arte, che colpisce nel
cuore delle fragilità umane, si rifiuta di pensare che eminenti “scienziati” possano
essere in malafede; apporta facili guadagni all’establishment chimico-farmaceuticoaccademico; di contro occuparsene, per contrastarla, necessita di tempo, volontà,
tenacia, abnegazione e ci si scontra con enormi difficoltà e resistenze nel trovare
spazio nei comuni mezzi di informazione.
In questo mio contributo vorrei iniziare immaginando un ipotetico “scambio di
opinioni” con relative argomentazioni, fra chi crede in questo metodo di ricerca e chi
invece, come noi di OSA, vi si oppone.
Partiamo dalla terminologia. I fautori del “modello animale” preferiscono parlare di
sperimentazione animale in quanto sostengono che il termine vivisezione, usato dagli
oppositori, viene da questi utilizzato per “suscitare reazioni emotive”. Premesso che
il termine accettato a livello internazionale, è “vivisection”, chi si oppone alla
vivisezione preferisce utilizzare questo termine non tanto per suscitare reazioni
emotive, ma per evitare il termine “edulcorato” di sperimentazione animale, visto che
quello che viene fatto sugli animali in laboratorio è a tutti gli effetti vivisezione.
Avendo scelto di utilizzare la stessa terminologia come gruppo di “esperti”
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sull’argomento, continueremo a parlare di sperimentazione animale. Analizzerò
quindi gli aspetti più salienti del contendere tralasciando, volutamente in questa sede,
gli aspetti etici della questione animale, non perché meno rilevanti, ma perché la
nostra mission, come OSA, è di trattare l’argomento solo sul piano scientifico.
Come primo punto esaminiamo il problema della “affidabilità” del modello
animale. Gli stessi ricercatori che utilizzano il modello animale sostengono e non
possono onestamente non ammetterlo, che “i risultati ottenuti nell’animale non
sono direttamente trasferibili all’uomo” e che “gli animali vengono utilizzati come
modello , in base alle similitudini e somiglianze con l’uomo”. Questo primo punto
trova entrambe le posizioni in quasi “armonia”: gli antivivisezionisti hanno da
sempre sostenuto che i risultati ottenuti sugli animali non sono trasferibili all’uomo.
Rimane una sottile divergenza dal punto di vista scientifico che è però sostanziale.
Parlare di similitudini e di somiglianze preoccupa molto e mette subito in allerta in
quanto nessuna estrapolazione, in base a similitudini, può rispondere al rigore
scientifico. Basti pensare ai criteri di scientificità molto rigidi cui deve rispondere un
determinato protocollo di ricerca clinica. Non è ammessa alcuna “similitudine”,
bensì dati validi in termini statistici, omogeneità del campione, criteri di inclusione,
esclusione, obiettivo primario, obiettivi secondari, che siano chiari e ben definiti e il
campione, pur riferendosi all’uomo, deve essere il più omogeneo possibile, pena
inficiare in partenza lo studio di ricerca.
I fautori della sperimentazione animale sostengono che il modello animale, anche se
imperfetto, si possa migliorare. Ma viene subito da obbiettare che sono secoli che
questo modello viene utilizzato senza essere mai stato “validato” (BMJ
28/02/2004). Un metodo scientifico per essere definito tale andrebbe prima validato,
ma questo per la sperimentazione animale, non è mai avvenuto! La verifica di
validazione scientifica viene invece imposta al fine di validare i modelli di ricerca
alternativi al modello animale. Tra l’altro la storia della vivisezione a tutt’oggi non ha
portato a nessun miglioramento di tale modello di ricerca. Anche se “difettoso” è
stato sempre utilizzato nonostante le dichiarazioni discordanti, sulla reale efficacia,
da parte di innumerevoli scienziati. La storia della medicina è ricca di opinioni di
medici, clinici, fisiologi, anatomisti, chirurghi che a gran voce, andando contro
corrente, si sono espressi contro tale metodo. Da Ippocrate a Leonardo, i fisiologi
Charles Bell e H. Bigelow (Harvard), il grande clinico Augusto Murri. Il dott.
Gennaro Ciaburri, voce quasi solitaria tra gli anni 30 e 50, si espresse con coraggio
denunciando la crudeltà e l’efferatezza oltre che l’inutilità della vivisezione. Il
capolavoro della anatomia descrittiva “de humani corporis fabrica”di Andrea
Vesalio nulla deve alla vivisezione. Di innumerevoli esempi ne è piena la storia della
medicina. Continuiamo la carrellata citando altri scienziati e uomini di cultura, come
Einstein, Gandhi, Goethe, Voltaire, Mark Twain, Hans Ruesch, ecc… Vorrei a
questo punto dare voce soltanto a due di loro : un grande chirurgo dell’ottocento,
periodo in cui la vivisezione era in auge, ed un grande medico dei giorni nostri. Le
loro parole saranno meglio di qualsiasi commento. Il primo, un eccellente
ginecologo, Lawson Tait che arrivò ad operare 2000 laparotomie, e che nel 1868 a
soli 21 anni compì la sua prima ovariectomia, e poi appendicectomie, isterectomie, e
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la prima colecistectomia della storia della medicina, fiero oppositore della
vivisezione, dopo averla praticata precedentemente, così si esprimeva : “Io mi rendo
conto perfettamente di far parte di una minoranza nella mia professione dichiarando
la vivisezione inutile come metodo di ricerca, ma ritengo che nemmeno uno su cento
dei miei colleghi ha mai approfondito la questione, novantanove credono alle
affermazioni del centesimo, il quale, a sua volta, non ha studiato la materia
dall’unico lato che possa dare una risposta attendibile: quello dell’esame storico,
non basta esprimere un’opinione”
L’altro grande scienziato è il prof. Pietro Croce. Per anni lavorò al dipartimento di
ricerche del National Jewish Hospital della Colorado University di Denver e poi al
Toledo Hospital. Primario dal 1952 al 1982 del Laboratorio di analisi chimicocliniche di Microbiologia e di Anatomia patologica dell’Ospedale L. Sacco di
Milano, libero docente dell’università di Milano membro del College of American
Pathologists, per anni anche lui aveva praticato la ricerca sugli animali perché ci
credeva. Dopo trent’anni giunse però ad una conclusione : “ Ho eseguito esperimenti
su animali per molti anni. Obbedivo ad una ammuffita logica positivista che mi era
stata imposta durante gli studi universitari e che a lungo mi ha condizionato negli
studi successivi. Il positivismo scientifico: la sola logica possibile nella ricerca
medico-biologica. Con la mente affollata di nozioni apprese “ex cathedra”, dai
libri, dalla pratica in ospedali italiani ed esteri, cercavo di dare un ordine al mio
pensiero, mi sforzavo di disporre su un filo logico le figure di un puzzle uscito
difettoso dalla fabbrica : le tessere non combaciavano tra loro; ne uscivano figure
sbilenche, separate da vuoti incolmabili, in un incastro che alla minima scossa si
sfasciava sparpagliandosi in un disordine caotico.
Mi dissi allora : ci deve essere qualcosa di sbagliato nel pensiero e nella prassi
medica. E questo qualcosa deve essere fondamentale ed elementare allo stesso
tempo:capace di minare tutto alla base e di vanificare ciò che gli consegue. Un
errore metodologico, dunque…Un modello sperimentale dell’uomo non
esiste…persino individui della stessa specie sono dissimili tra loro. Nessuna
sperimentazione condotta su una specie può essere estrapolata a nessuna delle
altre, uomo compreso. L’aver creduto che tale estrapolazione fosse legittima è la
causa principale degli insuccessi e, talora, delle catastrofi che ci vengono inflitte
dalla medicina moderna, specialmente nel campo farmacologico”.
Migliaia e migliaia sono i medici e gli scienziati che si sono espressi contro la
sperimentazione animale. Scientific American (1997) ha definito “ i modelli animali
nel migliore dei casi sono una buona imitazione delle condizioni umane, ma
nessuna teoria può essere approvata o respinta sulla base di una analogia”. Il BMJ
(28/02/2004) ha pubblicato un lavoro di un gruppo interdisciplinare di ricercatori, che
conclude sulla “inattendibilità dei test condotti su animali”, “spesso dannosi” e
comunque da “sospendere fino a quando non saranno validati”. Sempre il BMJ in
questi ultimi anni, ha adottato la scelta editoriale di non pubblicare articoli di studi di
ricerca condotti su animali. La rivista Nature (2005) definisce la ricerca su animali
“cattiva scienza perché non predittiva per l’uomo”. Il National Research Council
degli USA, ha definito gli animali “modelli inadeguati “ ( Toxicity testing in the 21st
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century : a vision and a strategy ). Nel rapporto si legge : “La tossicologia si sta
avvicinando ad un evento epocale, di quelli che hanno dato un nuovo corso alla
storia della scienza, come la scoperta della penicillina, quella del DNA, la nascita
del primo computer. Essa è in procinto di avvalersi delle rivoluzioni avvenute nella
biologia e nella genetica… le prove di tossicologia saranno trasferite da un sistema
basato sullo studio dell’animale intero ad un sistema basato principalmente sui
metodi in vitro, questi ultimi essendo in grado di valutare i cambiamenti nei processi
biologici con l’osservazione di cellule, preferibilmente di origine umana… è
necessario un radicale cambiamento di paradigma che consenta uno screening ad
ampio raggio delle sostanze chimiche, per ridurre i tempi e i costi dei test e garantire
una base più scientifica per la valutazione degli effetti sulla salute e sull’ambiente”.
Le maggiori agenzie di controllo USA hanno lanciato un progetto quinquennale di
tossicologia molecolare, applicando le indicazioni del NRC con un protocollo d’intesa
firmato al congresso annuale dell’Associazione Americana per l’Avanzamento delle
Scienze.
Pochi anni fa, in una lettera aperta pubblicata su The Lancet (giugno 2011)
numerosi scienziati inglesi hanno espresso una forte preoccupazione al primo
ministro Andrew Lansley, per i numerosi decessi dovuti a reazioni avverse ai
farmaci. Questi, secondo gli scienziati, sono in parte causati dalla sperimentazione
animale che precede la commercializzazione: << Un topo non è un essere umano…
Il 50% dei composti innocui nei ratti danno prova di non essere innocui negli
esseri umani, quindi è davvero come fare il lancio di una moneta >>.
Pensate quanto l’uomo sia andato avanti nelle innovazioni, nelle scoperte che hanno
rivoluzionato la scienza, le tecnologie che fino a qualche decennio fa potevano
sembrare fantascienza, ebbene noi oggi, nel XXI secolo, affidiamo la nostra salute al
semplice gesto di “tirare in aria una monetina”!!!
Gli stessi fautori della sperimentazione animale sostengono che per quanto riguarda i
farmaci, gli effetti tossici di questi sulla salute umana, “non possono essere previsti
dalla sperimentazione animale”. Questa verità, sacrosanta, trova i due schieramenti
opposti in una posizione di “accordo”(!?). Bene! Ma dove si trova allora la
divergenza di scelta diametralmente opposta nel fare o non fare affidamento al
modello animale? I ricercatori che la praticano sostengono che gli effetti tossici sono
rari rispetto ai benefici. La questione purtroppo è terribilmente seria se si considera
che gli effetti nocivi dei farmaci sono fra le prime quattro cause di morte nel
mondo! Sono almeno 100.000 cittadini statunitensi che muoiono ogni anno per
effetti avversi di farmaci, risultati innocui sugli animali da laboratorio (JAMA , vol.
279, pag. 1200-1205, 1998) e nell’UE, solo nel 2008,i decessi sono stati 197.000.
Esempi di disastri in campo farmacologico, non occorre ricordarlo, sono purtroppo
tantissimi. Prendiamo il caso rofecoxib : è risaputo ampiamente che già in fase
preclinica e anche successivamente, prima della commercializzazione, gli effetti
collaterali gravissimi e non proprio tanto rari, erano già noti e, nonostante questo, il
farmaco è stato commercializzato ugualmente! Viene da chiedersi a cosa sia servito
sperimentare sugli animali.
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Parliamo allora di talidomide : “cavallo di battaglia “ per chi non crede nella
scientificità della sperimentazione animale, ma citato come “eccezione” da chi la
sostiene. Alcuni ricercatori credono che l’esperienza del caso talidomide abbia
portato ad un “miglioramento delle prove di tossicità”. Affermazione che ritengo
essere alquanto discutibile! Vediamo perché.
Lo scandalo del Talidomide ha fatto storia, ed è per questo motivo che viene sempre
citato da chi si oppone alla sperimentazione animale per motivazioni scientifiche. Il
farmaco, all’atto della commercializzazione, fu pubblicizzato come “talmente
innocuo da poter essere utilizzato anche per le donne in gravidanza”, senza peraltro
averne testato precedentemente la teratogenicità. A disastro avvenuto si iniziò una
ampia sperimentazione su tutti gli animali possibili. Ma la sperimentazione
sull’animale non portava alle stesse conclusioni di quello che invece si era
verificato purtroppo nell’uomo. Così si continuò a sperimentare sugli animali, anche
mentre era già in corso il processo contro la Chemie Grunenthal (casa farmaceutica
che produceva il farmaco), al fine di dimostrare a tutti i costi, sul “modello” animale,
la teratogenicità del talidomide, Sarebbe stato uno “scacco matto” per i fautori del
modello animale ( come d’altronde è stato! ), e pur di continuare ad ostinarsi in tale
metodo di ricerca, vennero utilizzate sugli animali dosi elevatissime di farmaco, fino
a 300-400-600 (!) volte superiori a quella che era stata usata sull’uomo e che aveva
prodotto gli effetti devastanti che ben conosciamo.
A quei dosaggi qualsiasi sostanza, anche lo “zucchero” ( era stata definita: << una
molecola innocua come una “zolletta di zucchero” >>), sarebbe diventata nociva!!
Nel 1975 JAMA riportava che l’uomo è risultato essere 60 volte più sensibile al
talidomite che non il topo, 100 volte più sensibile del ratto, 200 volte più sensibile del
cane e 700 volte più sensibile del criceto.
Definire tutto questo scientifico, e che ha poi portato ad un “miglioramento delle
prove di tossicità”, offende non solo la vera Scienza, ma anche l’intelligenza, di chi
in essa crede. Sappiamo in oltre quanto le prove di tossicità anche attualmente
condotte sugli animali, non siano predittive per l’uomo, data la variabilità di
risposta , a seconda del modello animale utilizzato. Infatti l’estrapolazione
successiva, dei dati ottenuti sul “modello animale” all’uomo, diventa un vero e
proprio “salto mortale”. Prendiamo come riferimento, ad esempio, la notevole
differenza di risposta alla diossina (una delle molecole più studiate in assoluto, ma
anche una delle più pericolose ) di animali vicinissimi nella scala evolutiva, come il
criceto ( DL50 = 3078,5 mg/kg )e il porcellino d’India ( DL50 = 1,3 mg/kg ). Il
criceto può mangiare la diossina anche a colazione tutti i giorni, il porcellino d’India
assolutamente no! Passiamo allora
all’amianto che nell’uomo provoca il
mesotelioma, dopo decenni di ricerca condotta su milioni di animali , si è giunti alla
conclusione che l’uomo è ben 300 volte più sensibile di un ratto! Dato ottenuto
ovviamente solo a posteriori! Altro esempio : Il Dietil-stibestrolo (DES) estrogeno
di sintesi, creato in laboratorio con la sperimentazione animale, se somministrato alle
donne in gravidanza, provoca il cancro vaginale o dell’utero nel 95% delle figlie, in
età variabile dai 7 ai 27 anni. Questo fenomeno noto come cancerogenesi
transplacentare, fu rilevato già nel 1973. Allora il farmaco veniva usato nelle donne
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in gravidanza come antiabortivo. Già da allora dopo una propaganda a favore della
sperimentazione animale da parte dei vari ricercatori che credevano essersi
avvicinati a Dio nell’avere prodotto in laboratorio un ormone come quello naturale,
l’OMS lanciava l’allarme sulla cancerogenicità del DES. Domanda: perché fu
ritenuto essere innocuo per le donne in gravidanza? La risposta è sempre la stessa :
già da quando fu messo a punto nel 1939, questo ormone sintetico era stato provato
intensamente su animali gravidi! La storia si ripete, anzi sarebbe meglio dire l’errore
si ripete. Il dott. Robert W. Miller del National Cancer Institute di Bethesda nel
Maryland, che nel 1973 aveva redatto l’avvertimento ufficiale per l’OMS, così si
esprimeva : “ Esperimenti su animali: non vi è stata alcuna correlazione tra i tipi di
tumore ottenuti in modelli sperimentali e tipi di cancro infantile”. Il New England
Journal of Medicine nel 1979 riportava : “ I danni dello Stilbestrolo possono
estendersi alla terza generazione e anche deformare gli organi genitali della
discendenza maschile”. Così un ormone di sintesi prodotto in laboratorio,
dimostratosi innocuo per gli animali, non si è limitato a dare effetti collaterali, come
danni epatici o renali, ma si è dimostrato essere causa diretta e incontrovertibile di
cancro, nelle generazioni successive, di quelle donne che lo avevano usato come
antiabortivo. Oggi recenti studi hanno evidenziato che questo farmaco, che si era
dimostrato così innocuo sugli animali, provoca cancro alla mammella e cancro al
testicolo, fino alla terza generazione! Il fenomeno, oramai ben studiato, è noto come
Cancerogenesi Transgenerazionale. A questo punto viene da pensare che il DES sia
stato ritirato dal commercio. Ebbene non è così. Attualmente il DES, oltre ad essere
utilizzato nei mangimi dati agli animali così detti da reddito, per l’effetto
anabolizzante, è utilizzato come “pillola del giorno dopo” , cioè per lo scopo
opposto a quello per cui, secondo esperimenti condotti su animali, era stato lanciato
sul mercato : farmaco antiabortivo! Un’altra sostanza terribilmente pericolosa è il
Bisfenolo-A (molecola chimicamente molto simile al DES!! ), cancerogeno e potente
Distruttore Endocrino, si trova negli interni delle lattine e nei contenitori di plastica
a contatto con gli alimenti, persino nei biberon per bambini! Solo recentemente ne è
stato vietato l’utilizzo nei biberon in Europa, ma rimane comunque nelle plastiche e
nelle lattine. Tutto questo grazie alla sperimentazione animale e alla variabilità di
risposta in laboratorio ( dell’ordine di 1000!! ) a seconda del modello animale o del
ceppo di topo utilizzato. Altro esempio i fitosanitari, meglio conosciuti come
pesticidi, come la stragrande maggioranza delle sostanze inquinanti, agiscono a livelli
infinitamente bassi , si accumulano nell’ambiente, soprattutto attraverso la catena
alimentare e si comportano come interferenti endocrini ( anche se oramai il termine
più utilizzato è di distruttori endocrini ). Anche per queste sostanze i dati di
laboratorio, ottenuti sperimentando sull’ animale, non coincidono con i dati ottenuti
da studi epidemiologici condotti sull’uomo.
Altro esempio è l’aspartame,
dolcificante ubiquitario, contenuto in oltre 5000 prodotti. Le varie agenzie regolatorie
hanno creduto a studi condotti dalle aziende produttrici, che ne hanno dimostrato la
innocuità. Un’ unica voce, quasi solitaria, è quella del prof. Soffritti, dell’Istituto
Ramazzini di Bentivoglio (BO), che da anni ha prodotto studi che dimostrano la
nocività della sostanza, come cancerogeno e che causa danni anche il Sistema
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Nervoso. Questa contraddizione e l’impossibilità, da parte dell’emerito professore, di
dimostrare la pericolosità dell’aspartame, risiede nel fatto che sia il professore, sia le
aziende produttrici, fanno riferimento ad un modello di ricerca che si presta
benissimo a tutto questo: la sperimentazione animale! Questi sono solo degli
esempi che ci fanno capire come sia variabilissima la risposta ad una determinata
sostanza nel “modello animale”. Consideriamo allora la variabilità di risposta alle
sostanze cancerogene: il 51% delle sostanze dimostratesi cancerogene per il ratto
non lo sono per il topo e viceversa! E se animali così vicini nella scala evolutiva
rispondono in maniera così differente, figuriamoci poi estrapolare all’uomo i
dati ottenuti con un metodo così inattendibile. Come si comporterà l’uomo,
rispetto ad una determinata sostanza, lo potremo sapere solo “a posteriori”.
A cosa siano poi servite le prove di tossicità sugli animali a tutt’oggi, lo sa solo
Dio (!), visto che sostanze dimostratesi altamente tossiche e pericolose per
l’uomo sono ancora in commercio e nessuno si sogna di vietarne l’utilizzo!
O quelle rare volte in cui si prende la saggia decisione di bloccare e vietare la
produzione di una sostanza, dimostratasi pericolosa, ritirandola dal commercio, si
adotta la formula “fino ad esaurimento scorte”! Ogni commento ritengo sia
superfluo.
Se consideriamo poi la devastazione, in termini di danni ambientali, che sta
divorando la nostra Terra e con cui l’uomo moderno deve necessariamente fare i
conti, continuare ad utilizzare un modello animale che si presta benissimo a
dimostrare che una sostanza è innocua o l’esatto contrario, a seconda della specie
animale o del ceppo di topo utilizzato, non potrà di certo essere di aiuto nel testare le
centinaia di migliaia di sostanze chimiche potenzialmente pericolose. Questo
importante limite, in Europa, sta portando al sicuro fallimento del regolamento
REACH ( Registration,Evaluation, Authorisation, of Chemicals). “ Il fatto che la
stessa sostanza possa essere dichiarata inoffensiva o cancerogena seconda della
specie animale utilizzata, fa della sperimentazione animale lo strumento ideale per
commercializzare ogni tipo di prodotto, anche se pericoloso, e per mettere a tacere
le vittime che osassero fare causa al produttore” Così si esprime Claude Reiss, per
35 anni direttore di ricerca di biologia molecolare al CNRS, consulente del
programma europeo REACH, presidente di Antidote-Europe, che propone la
tossicogenomica come alternativa alla sperimentazione animale. Il dott, Joshua
Lederberg, premio Nobel per la medicina nel 1981, ha dichiarato : “ non è
semplicemente possibile, con tutti gli animali del mondo, esaminare i prodotti chimici
nel modo cieco che oggi usiamo, e raggiungere conclusioni credibili sul loro
pericolo per la salute umana”. Di autorevoli voci che condannano l’attuale metodo di
ricerca ve ne sarebbero a migliaia, ma queste voci si trovano a non avere ascolto nei
comuni mezzi di informazione, appannaggio dell’unica voce del pensiero unico, che
fa leva sulla fragilità delle persone, mistificando la realtà con una abilità incredibile,
carico di conflitti d’interesse e ben lontano dalla volontà di fare il bene
dell’umanità!
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L’aumento terribile dell’incidenza delle malattie cronico-degenerative, che sta
assumendo carattere di vera pandemia, e che rappresenta una vera e propria sfida per
l’umanità, non potrà di certo essere affrontata in termini di sola ricerca di terapie
( fatte con un metodo fallimentare!) o di sola diagnosi precoce. Queste strategie si
sono dimostrate perdenti. Se non si fanno politiche serie di prevenzione primaria, di
lotta all’inquinamento su tutti i fronti e non si cambia metodo per testare le
sostanze tossiche per poi ritirale dal commercio, la guerra è persa in partenza! Avere
a disposizione dei metodi di ricerca che siano finalmente affidabili e che in tempi
brevi consentano di discriminare le sostanze pericolose, di valutarne la tossicità per
l’uomo e per l’ambiente, di valutarne l’effetto cocktail, potrebbe rappresentare l’unica
possibilità, per fare poi le dovute scelte. Il modello animale in tutto questo si è
dimostrato essere una “strada vincente” solo per l’industria e per quanti
continuano a devastare il nostro pianeta.
Passiamo ora all’idea, altrettanto infondata dal punto di vista scientifico, di utilizzare
una variabile infinita di specie animali come modello per lo studio delle malattie
tipiche dell’uomo. Come si procede? Si prende un animale perfettamente sano, si
rende malato artificialmente, e su questo modello si studiano le malattie tipiche
dell’uomo e se ne testano i farmaci. Viene da chiedersi allora se questo metodo di
fare ricerca abbia veramente portato a dei risultati realmente importanti e utili
all’uomo. Facciamo qualche esempio.
Consideriamo una malattia come la Sclerosi Multipla. Sono stati realizzati a
tutt’oggi, ben quasi 3000 studi negli ultimi decenni e sono oltre 150 i farmaci testati
sugli animali. La conclusione è che il modello animale fino ad oggi utilizzato, si è
dimostrato sbagliato ( “Experimental Allergic Encephalomyelitis: A Misleading
Model of Multiple Sclerosis” – Ann.Neurol. ; 58: 939-945 ) e che nulla ha a che fare
con questa patologia! La malattia artificialmente indotta nell’animale non ha alcuna
somiglianza con la malattia che spontaneamente insorge nell’uomo. Lo studio di
Prineas e Barnell, dell’Università di Sidney ( New Scientist 28/02/04 ) ha dimostrato
che la Sclerosi Multipla è dovuta alla morte delle cellule cerebrali che producono
mielina, mentre gli studi su animali avevano fatto credere che fosse dovuta al cattivo
funzionamento del sistema immunitario. Risultato? A tutt’oggi i malati di Sclerosi
Multipla non possono giovare di alcuna terapia! La beffa oltre al danno, sta nel
fatto che quotidianamente si organizzano eventi e giornate per raccogliere ancora
fondi per continuare una ricerca così inutile!! Tutte le campagne a favore della
ricerca, si limitano sempre e solo a raccogliere fondi, ma non rendono mai conto di
come e dove vengono spesi questi fondi e a quali risultati hanno portato. La
richiesta è sempre la stessa : “Dateci ancora soldi perché senza questi la ricerca
viene penalizzata. Non ci sono farmaci per la Sclerosi Multipla ? La colpa? Il fatto
che non si raccolgono abbastanza soldi!” Nessuno si azzarda a dire all’opinione
pubblica come stanno realmente le cose. Se fossero sinceri dovrebbero dire :
“guardate che per decenni abbiamo sperperato i vostri soldi per capire, in seguito,
che usavamo un modello sbagliato. Scusate ci dispiace tantissimo, abbiamo
cestinato 150 farmaci, i malati non hanno alcuna terapia, ma se ci date altri soldi
forse ci arriviamo!!”
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Un commento particolare merita un recente studio pubblicato su “Proceedings of
National Academy of Sciences” (USA) nel 2013, dal titolo molto eloquente :
“ Crolla il valore scientifico del topo come modello per alcune malattie letali
nell’uomo” . Lo studio dimostra come in tre situazioni critiche, potenzialmente
mortali, come la sepsi, le ustioni e i traumi, il modello murrino si sia dimostrato
completamente fuorviante. Questo ha portato a ”cestinare” ben 150 farmaci
“efficaci” nel topo, ma non nell’uomo. I ricercatori hanno studiato per ben 10 anni
sia il topo che l’uomo per rendersi conto che i meccanismi epigenetici, messi in atto
nel topo, sono completamente diversi nell’uomo. I geni che vengono “silenziati” nel
topo sono invece “attivati” nell’uomo. Va ricordato che la sepsi nei soli USA
colpisce ogni anno 750.000 persone e ne uccide da ¼ alla metà di essi, costando alla
nazione ben17 miliardi di dollari. Se si considera poi che i meccanismi infiammatori
alla base di queste tre patologie sono simili a quelli che si verificano nel cancro e nei
disturbi cardiaci, non ci vuole un acume particolare per rendersi conto che il
modello murrino continua a portarci fuori strada nei confronti delle patologie
più diffuse e più devastanti del nostro secolo.
Viene ritenuto poi, da chi è fautore della sperimentazione animale, che la
farmacovigilanza sia allo stato rudimentale e quindi poco efficace. Noi rispondiamo
che la Farmacovigilanza, definendo su larga scala gli effetti collaterali di ciascun
farmaco, fornisce dati certi e incontrovertibili riferiti a quel farmaco e sicuramente
riferiti all’uomo e a nessun altro animale. Facciamo un esempio.
Sul bollettino di Informazioni sui Farmaci “IsF”( anno XXXII, n°6, 2008, a pag.
152) viene riportato un articolo sul << RITIRO DAL COMMERCIO DI
ACOMPLIA >>
Cito direttamente quanto riferito nell’articolo : << Il 23 ottobre scorso, l’Agenzia
Europea per i Medicinali (EMEA) ha sospeso l’autorizzazione al commercio di
rimonabant (Acomplia, Sanofi-Aventis ). Registrato nel maggio 2008 per il
trattamento dei pazienti obesi o in soprappeso con fattori di rischio quali diabete e
dislipidemia, nemmeno 5 mesi più tardi rimonabant è stato ritirato…>> << Il
Comitato Scientifico dell’EMEA ha adottato il provvedimento di sospensione dopo
una rivalutazione di tutti i dati disponibili, confermando che nei pazienti che
assumono rimonabant il rischio di gravi effetti indesiderati di tipo psichiatrico,
inclusi disturbi depressivi e gli eventi correlabili al rischio di suicidio, l’ansia e
l’aggressività, è molto più alto rispetto a quelli che assumono placebo. I nuovi dati
inerenti gli studi in corso e la sorveglianza post-marketing indicano che l’incidenza
di gravi disturbi psichiatrici è superiore a quella, quasi doppia rispetto al placebo,
rilevata negli studi clinici registrati >>.
<< …Nel post-marketing, in più della metà dei pazienti tali reazioni si erano
sviluppate entro un mese dall’inizio del trattamento, nell’80% entro 3 mesi >>.
Le conclusioni, coerentemente con i risultati degli studi, erano che si trattava di un
farmaco dal profilo beneficio/rischio sfavorevole che non trovava un posto nel
trattamento dell’obesità; una presa in”giro” che, fortunatamente, ha avuto vita
breve >>. Esempi di questo tipo se ne possono fare a migliaia e nella stragrande
maggioranza delle volte degli effetti collaterali che si verificano sull’uomo, non si
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trova traccia negli studi sugli animali, o se anche si verificassero si procede
ugualmente nella sperimentazione umana! ( BMJ 28/02/2004 ). Questo a sostegno del
fatto che gli stessi fautori della sperimentazione animale non tengono in
considerazione i risultati ottenuti sull’animale!
I fautori del “modello animale” sostengono che “la sperimentazione animale
consente di scartare una infinità di farmaci prima che questi arrivino all’uomo”.
Ma potrebbero anche essere scartati farmaci innocui e utili per l’uomo, come sarebbe
successo con la penicillina, se fossero state utilizzate le cavie e non i topi. Questo
farmaco infatti, risulta tossico per le cavie, ma non per i topi! Moltissimi farmaci
anche se tossici per alcuni animali sono comunque utilizzati per l’uomo e sono
efficaci. Questo vuol dire una sola cosa che anche chi utilizza il modello animale non
crede in esso e quindi si procede comunque a sperimentare sull’uomo.
Il 90% dei farmaci non supera la fase di prove sui volontari mostrando effetti
avversi non rilevati sugli animali. Una review del 2005 ha concluso che gli
esperimenti sugli animali falliscono, nel loro intento di predire il risultato sugli
umani, nel 99,7 % delle volte ( Lindl et al. ALTEX 22 (3) : 143-151 ).
Spesso la sperimentazione sull’uomo viene fatta a prescindere dalla sperimentazione
condotta in precedenza sugli animali. L’Etica viene così violata due volte, prima
con lo sfruttamento e la tortura fisica e psicologica dell’animale, durante tutta la
permanenza nello stabulario, poi con l’uomo, che diventa l’ultima vera “cavia”.
Consideriamo adesso i metodi sostitutivi del modello animale, che forse sarebbe
meglio definire i metodi scientifici, chi sostiene la validità del modello animale
afferma che questi metodi di ricerca vengono già utilizzati quotidianamente.
Se i metodi sostitutivi al modello animale, metodi genetici, colture in vitro,
analisi statistico-epidemiologiche, simulazioni al computer, tecniche di
neuroimaging ecc…, sono sempre più utilizzati nei laboratori di ricerca, vuol dire
che sono metodi validi dal punto di vista scientifico. Come mai allora la
sperimentazione sull’animale non accenna a diminuire nonostante la validità di
metodi scientifici che non ne fa uso? Come mai quando si ricorre a colture in
vitro si fa uso di cellule animali anziché ricorrere a cellule umane, che ci
porterebbero a risultati più sicuri e più attendibili per la nostra specie ?
Forse perché utilizzando cellule animali si può continuare ad ottenere “risultati
preconfezionati”!!??
Se il modello animale, come sostenuto dai fautori, è un modello da cui non si può
prescindere, come mai vengono condotte, (molto più spesso di quanto ci si possa
immaginare) sperimentazioni in contemporanea sull’animale e sull’uomo ? (BMJ
28/02/2004).
L’animale nella sua complessità non è l’uomo, ma pensare che ciascun animale,
che rappresenta un sistema complesso a sé, con milioni di variabili, possa dare dei
risultati predittivi per l’uomo, altro sistema complesso con milioni a sua volta di
variabili, sembra veramente “tirato per i capelli”. I fautori del modello animale
sostengono che la ricerca in vitro non consente le stesse garanzie di quella condotta
in vivo. Ma la vera verifica in vivo che possa essere ritenuta veramente predittiva
per l’uomo è solo la verifica sull’uomo che se fosse preceduta da metodi validi dal
Oltre la sperimentazione Animale, di Maria Concetta Digiacomo
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punto di vista scientifico, sarebbe meno rischiosa. Anche il volersi ostinare a
credere che la sperimentazione condotta su primati, molto più vicini a noi nella scala
evolutiva, possa portare a risultati attendibili, si è dimostrata a tutt’oggi illusoria.
Ricerche sull’AIDS per decenni condotte su primati, hanno portato a mettere a punto
ben 85 vaccini che funzionavano sugli animali. Quanti di questi vaccini hanno
funzionato sull’uomo? Attualmente il risultato è uguale a ZERO!! Cito a questo
proposito, una affermazione di Thomas Hartung già direttore del Centro Europeo
per la Convalida delle Alternative alla Sperimentazione Animale (ECVAM), e oggi
direttore del Centro per le Alternative alla Sperimentazione Animale della Jhons
Hopkins University ( fonte New Science) : “ la tragedia provocata dall’anticorpo
TeGenero (TGN1412), risultato innocuo sui primati a dosi 500 volte superiori a
quelle umane, e che ha quasi ucciso all’istante i primi sei volontari sani, ha
dimostrato che anche questa forma di sperimentazione produce risultati
discutibili”.
Consideriamo allora un metodo di ricerca innovativo come
la
TOSSICOGENOMICA. Questo metodo consente di osservare il modo in cui una
determinata sostanza chimica altera la funzione dei geni all’interno di una cellula,
oltre alle modifiche a lungo termine ( le colture cellulari a differenza dei topi, che
vivono al massimo due anni, hanno una vita di moltissimi anni, in alcuni casi possono
considerarsi eterne! ). Applicando questo metodo a colture di cellule umane si
ottiene la valutazione delle aggressioni biologiche provocate dal prodotto in esame, in
particolare il danno potenziale all’intero organismo umano. Secondo la
Commissione Europea, i danni causati da 100.000 sostanze chimiche alla salute
umana costano 52 miliardi di euro l’anno. Utilizzando il modello animale per
testare solo 12 mila delle 100 mila sostanze da valutare, si spenderebbero da 2,8 a 3,6
miliari di euro, mentre per testare tutte e 100 mila sostanze con i test di
tossicogenomica se ne spenderebbero appena 1,5 miliardi! Il tempo stimato per
testare solo 12 mila sostanze con il modello animale è di almeno 3 anni e oltre.
Secondo Antidote Europe per testare non 12 mila, ma tutte e 100 mila sostanze con
la tossicogenomica basterebbero 2 anni. Infatti è possibile testare 1000 sostanze in
contemporanea e un test completo richiede appena 1 settimana! In Europa
esistono alcune imprese ( in Germania e in Francia ) che hanno sviluppato questo
metodo di ricerca, coperto già da brevetti. Quindi l’Europa sarebbe all’avanguardia
senza essere subalterna ai brevetti americani o giapponesi.
Le piccole industrie, di gran lunga più svantaggiate rispetto alle multinazionali della
chimica, affronterebbero meno spese economiche e non sarebbero a rischio di
chiudere, qualora dovessero testare le sostanze prodotte facendo ricorso al modello
animale, molto, ma molto più costoso.
Al VII Congresso mondiale sulla sperimentazione animale del 2009, Herman
Koeter, copresidente, già direttore dell’EFSA ha affermato: “ Le nuove tecnologie
sono capaci di raccogliere una quantità mai raggiunta prima d’informazioni sui
possibili effetti avversi recati da una sostanza ai sistemi biologici, ed una conoscenza
ben maggiore di quella fino ad oggi individuata e capita. Esse ci faranno
Oltre la sperimentazione Animale, di Maria Concetta Digiacomo
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considerare, in un futuro assai vicino, l’uso degli animali a fini sperimentali
estremamente obsoleto”. Eppure la sperimentazione sull’animale non diminuisce.
Anche in campo farmacologico si stanno conducendo da anni, studi di
Farmacogenetica e di Farmacogenomica al fine di evitare o per lo meno ridurre al
minimo, gli effetti collaterali dei farmaci con l’obbiettivo di dare il farmaco “giusto”
al paziente “giusto”, personalizzando il più possibile la terapia. Perché allora si
continua ad usare il modello animale?
Quanti praticano la sperimentazione animale, sostengono di non essere degli
aguzzini e di avere a cuore il benessere animale, dichiarando di “stare molto attenti a
evitare stress e sofferenze agli animali…” Qualsiasi animale però, uomo compreso,
che si trovi in condizioni di prigionia, non può certo essere considerato in una
situazione di benessere e va incontro inevitabilmente a sofferenze fisiche e
psicologiche. Ma ancora, gli stessi sperimentatori sostengono che, ai fini della
riuscita dell’esperimento, la sofferenza dell’animale deve essere evitata perché lo
“stress altera le reazioni dell’organismo condizionando la risposta” ai test. Per
rendere però credibile agli occhi della gente comune, il loro metodo di ricerca,
dichiarano apertamente che negli stabulari, gli animali sono “trattati meglio degli
stessi pazienti nelle corsie degli ospedali”. Queste affermazioni non necessitano,
ovviamente, di alcun commento! Chi si oppone alla sperimentazione animale,
sostiene che la stabulazione è di per sé una condizione che mina la scientificità e
l’attendibilità di qualsiasi sperimentazione. L’animale stabulato non può essere
preso come modello di riferimento nemmeno per la sua stessa specie, che vive in
natura, figuriamoci poi per l’uomo o per qualsiasi altro animale. La
stabulazione ha in sé il seme della fallacia e della inaffidabilità scientifica:
situazione artificiale, modello artificiale, condizioni di vita artificiali, cibo
artificiale ecc…Qualsiasi condizione di stress altera talmente le risposte
dell’organismo che il risultato di una ricerca così condotta non è assolutamente
“riproducibile” quindi nulla ha di scientifico.
Chi sostiene che gli animali siano ancora indispensabili, afferma che chi è
contrario, dovrebbe evitare di utilizzare farmaci perché tutti, hanno richiesto una
sperimentazione animale. Di contro si replica che intanto i farmaci vanno utilizzati
solo quando è necessario e indispensabile, e l’utilizzo in larga scala di ogni farmaco,
prevede una rigida sperimentazione clinica che presuppone criteri di scientificità. La
sicurezza non è data di certo dal fatto che ci sia stata una sperimentazione
sull’animale, che auspichiamo abbia finalmente i giorni contati!
Prima di concludere questo nostro percorso all’interno delle contraddizioni e delle
assurdità spacciate come scienza, volevo precisare un altro concetto fondamentale per
far capire come, parlare di sperimentazione animale, voglia dire parlare di una
grande mistificazione. Mi riferisco al fatto che anche quando si hanno evidenze
scientifiche o comunque dati attendibili riferiti all’uomo ci si ostini a riprodurre i dati
sull’animale da laboratorio che, inevitabilmente, ci porta fuori strada. Faccio un
esempio veramente esplicativo di questo concetto, dando la parola alla dottoressa
Azra Raza, docente di medicina e direttore dell’Mds ( sindromi mielo-displasiche )
centre della Columbia university di New York. Così si esprime in un articolo
Oltre la sperimentazione Animale, di Maria Concetta Digiacomo
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pubblicato sulla rivista “Internazionale” ( 1054, 6/giugno/ 2014 ) dal titolo
certamente esplicativo : “ Vita e morte di una teoria” – Quali idee scientifiche sono
pronte per andare in pensione? << All’inizio degli anni ottanta ho deciso di
studiare un gruppo di gravi patologie del midollo osseo chiamate sindromi
mielodisplasiche (Mds), che spesso si trasformano in leucemia acuta. Fin dall’inizio
ho deciso di concentrare la ricerca su cellule umane appena prelevate e di non
affidarmi solo ai ratti o alle colture di laboratorio. Negli ultimi trent’anni ho
accumulato più di cinquantamila campioni di midollo osseo, sangue, cellule
prelevate all’interno della guancia, siero e plasma che conservo insieme alle mie
annotazioni in uno schedario e in una banca computerizzata di dati clinici, patologici
e morfologici. Usando questi campioni, abbiamo individuato alcuni nuovi geni che
causano certi tipi di Mds, e una serie di altri geni collegati alla sopravvivenza, alla
storia naturale della malattia e alla reazione alla terapia. Ma quando ho usato le
cellule di midollo dei malati di Mds per creare un profilo dell’espressione genomica
sorprendentemente funzionale per prevedere la reazione alla terapia, e ho chiesto
un finanziamento ai National institutes of health (Nih) per convalidare la mia
scoperta, mi hanno risposto che prima di cercare una conferma con un eventuale
test clinico su soggetti umani avrei dovuto riprodurre i risultati nei ratti. E arrivato
il momento di mettere da parte questi modelli almeno come metodo per creare
farmaci per le persone. Come diceva Mark Twain : “Quello che ci mette nei guai
non è quello che non sappiamo, ma quello che sappiamo per certo che non è così”
>>. Queste affermazioni lasciano sgomenti non solo gli addetti ai lavori, ma
chiunque creda che la Scienza sia veramente a servizio dell’umanità. Vogliamo
curare l’uomo o vogliamo curare i ratti?
Prima di arrivare alle conclusioni, vorrei citare un recentissimo articolo pubblicato
sul BMJ ( British Medical Journal , 30/05/2014 ) dal titolo veramente eloquente,
“ Le prove di evidenza sono sufficienti nella sperimentazione animale per farne il
pilatro della ricerca biomedica? “. In questo importantissimo articolo parlano gli
stessi autori che 10 anni prima avevano pubblicato, sempre sul BMJ, l’articolo che ha
aspramente criticato la maniera di fare ricerca che utilizza il modello animale,
facendo emergere le enormi contraddizioni e criticità correlate a questo sistema
antiscientifico, ma ancora ampiamente utilizzato. Il titolo, anche questo lapidario, era
“ Dove sono le prove che le ricerche su animali beneficino gli esseri umani?”
Nell’articolo del febbraio 2004, gli autori affermavano che la maggio parte delle
ricerche fatte su animali per testare potenziali trattamenti per l’uomo erano da
buttare, perché condotte male e non valutate attraverso revisioni sistematiche. Da
allora, come gli autori spiegano 10 anni dopo, il numero di revisioni sistematiche di
studi su animali è aumentato notevolmente, ma con il solo risultato di evidenziare
la scarsa qualità di molte delle ricerche precliniche su animali. Le stesse minacce
alla validità che incombono sulla ricerca clinica si trovano in abbondanza negli studi
su animali. Come risultato, affermano gli autori, che è quasi impossibile fare
affidamento sulla maggior parte dei dati ottenuti sull’animale e fare riferimento
all’uomo. Ovvio che un tale “spreco” non è assolutamente etico, per gli enormi costi
economici, ma anche di danno e pericolo per l’uomo, oltre agli aspetti etici legati alla
Oltre la sperimentazione Animale, di Maria Concetta Digiacomo
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sofferenza degli animali inutilmente “sacrificati”. La domanda cruciale che si
pongono gli autori, dopo 10 anni, è : condurre la ricerca su animali in maniera
più corretta e attenta potrebbe davvero migliorare il successo
dell’estrapolazione dall’animale all’uomo? La risposta è che anche se la ricerca
fosse condotta nella maniera più precisa e impeccabile, la nostra capacità di
prevedere le risposte umane , partendo da modelli animali, sarà limitata da
differenze interspecifiche nelle vie molecolari e metaboliche.
Ma a questo concetto fondamentale, mi permetto di aggiungere le enormi differenze
interspecifiche di tipo epigenetico, cioè come evidenziato perfettamente
nell’articolo pubblicato su PNAS e citato prima ( “Crolla il valore scientifico del
topo” ) ciascun animale attiva o silenzia geni diversi a seconda dell’interazione con
l’ambiente, e questo è tipico di ciascuna specie, ed è frutto di un meccanismo
adattativo sviluppatosi nei secoli, figuriamoci estrapolare dati da una specie per far
riferimento a specie diverse! Come sottolineato all’inizio, di questo mio scritto, le
stesse condizioni artificiali della stabulazione, minano talmente i risultati così ottenuti
che i dati di sperimentazione non possono essere riferiti per gli individui della stessa
specie, che vivono in natura: condizioni ambientali diversissime, quindi risultati
inattendibili!
Alla fine di questo breve, e di certo non esaustivo, excursus sulla spinosa questione
sperimentazione animale, diventano più comprensibili queste parole pronunciate,
parecchi anni fa, dal dott. James D. Gallagher, direttore della ricerca dei Laboratori
Lederele : “ Un altro problema di fondo che ci troviamo a dovere risolvere a causa
delle regolamentazioni e di ciò che le ha originate è l’atteggiamento non scientifico
riguardo agli studi sugli animali. Gli studi sugli animali vengono eseguiti per
ragioni giuridiche e non per ragioni scientifiche, perciò non hanno alcun valore
predittivo per l’uomo; il che vuol dire che tutta la nostra ricerca potrebbe non avere
alcun valore” (Journal of the American Medical Association, 14 marzo 1964 ).
Continuare a sostenere che gli animali siano ancora indispensabili nella ricerca è
veramente mistificare la realtà. La Storia e la Scienza ci dicono il contrario. Chi si
oppone alla sperimentazione animale non ha posizioni “rigide” e non si è contrari
per motivi “dogmatici”, ma le motivazioni sono “Storiche” e “Scientifiche”.
Ostinarsi ad utilizzare un modello di ricerca arcaico e obsoleto a fronte di metodi
scientifici molto più affidabili, più veloci e più economici, significa sperperare
risorse, causare sofferenze ad animali inutilmente “sacrificati” e a esseri umani che
diventano le vere cavie. Vuol dire fallire nelle sfide del nostro secolo che ha visto
negli ultimi cinquant’anni una devastazione ambientale e un reale e concreto rischio
per la sopravvivenza dell’uomo sul nostro pianeta. Gaia si riprenderà sicuramente,
ha affrontato catastrofi ben più devastanti, ma l’Uomo…?
Dr. Maria Concetta Digiacomo
Medico di Medicina Generale
Specialista in Medicina Interna
Medico ISDE ( International Society of Doctors for the Environment )
Presidente OSA ( Oltre la Sperimentazione Animale )