Filosofia della mente Parte II La percezione “Esperienza “ Tre accezioni: 1) Il tipo di atto conoscitivo reso possibile dai sensi 2) L’accesso immediato in prima persona ai contenuti di coscienza 3) Organizzazione della moderna osservazione scientifica Esperienza percettiva = accesso immediato a contenuti di coscienza veicolati dai sensi. Ci fornisce conoscenza Esperienza percettiva vs. percezione Percepire avere un’esperienza percettiva (assumendo che, p. es., i termometri non percepiscano) ma Avere un’esperienza Percepire ? ( allucinazioni, illusioni) Questa differenza (?) tra percezione ed esperienza (percettiva) si riflette nella pervasività di alcune dicotomie: Realtà/apparenza Percezione/sensazione Intenzionalità/fenomenologia (= esperienza in prima persona) Illusioni visive Allucinazioni visive Due problemi filosofici 1) Ci possiamo fidare dei sensi? 2) Quando abbiamo un’esperienza percettiva, siamo in relazione diretta col mondo? (= ciò che vediamo, udiamo ecc. sono oggetti e proprietà del mondo reale?) Scienza della percezione - Cerca di rispondere alla domanda “come funziona la percezione?” - Ha per oggetto lo studio dei sistemi percettivi (cfr. come funziona il sistema respiratorio?) - Richiede diverse teorie e livelli di spiegazione, p. es.: - Funzionamento dell’occhio - neurofisiologia del sistema visivo - psicologia: perché il mondo ci appare nel modo in cui ci appare? La neurofisiologia non basta perché è a un intero organismo che il mondo appare, non al solo cervello. Scienza della percezione «Studiare il rapporto tra mondo e cervello è un compito importante, ma che possiamo lasciare a neurofisiologi e neuropsicologi. Che il cervello risponda a certe proprietà del mondo e le rappresenti sotto forma di eventi nervosi è sicuro. Questo però non è ancora “vedere”. Noi non vediamo linee variamente orientate localizzate sulla nostra retina o nella nostra corteccia occipitale, né vediamo l’attività di gruppi di cellule nervose: vediamo sedie, teiere e cappelli posti fuori di noi». (Bressan 2007, p. 47, corsivo mio). Scienza vs. Filosofia della percezione «Gli psicologi della percezione formulano teorie empiriche per spiegare come accade che il mondo appare come appare; e per spiegarlo indicano ipotesi e vanno alla ricerca di nuovi dati. I filosofi della percezione non formulano teorie empiriche né vanno alla ricerca di nuovi dati. Cercano di descrivere i dati di cui già dispongono in modo da risolvere o eliminare certi problemi che gli stessi dati sollevano. Fra questi dati ci sono anche alcune intuizioni del senso comune: per esempio, l’intuizione che i sensi ci mettono in contatto col mondo o che le percezioni sono relazioni col mondo. Questa intuizione e altre ancora sono alla base della nozione preteorica di percezione. I filosofi prendono spunto da questa nozione, a volte l’accettano, a volte cercano di correggerla e nel fare l’una o l’altra cosa cercano di rispondere a questa domanda: “La percezione, che cos’è?”». (Calabi 2009, p. 5). Scienza vs. Filosofia della percezione Teoria dei sistemi percettivi vs. Teoria dei fenomeni percettivi (come funziona/che cos’è) Teoria dei processi o elaborazioni vs. Teoria degli effetti Teorie esplicative/teorie descrittive Scienza della percezione «… vediamo sedie, teiere e cappelli posti fuori di noi. Che queste sedie, teiere e cappelli appaiano fuori di noi è presumibilmente un’illusione: in un senso ben concreto, essi si trovano nel nostro cervello». (Bressan 2007, pp. 47-8, corsivo mio). Riprendiamo i due problemi … 1) Ci possiamo fidare dei sensi? 2) Quando abbiamo un’esperienza percettiva, siamo in relazione (diretta) col mondo? (= ciò che vediamo, udiamo ecc. sono oggetti e proprietà del mondo reale?) Scienza della percezione La scienza può rispondere alle domande 1 e 2? Alla domanda 1 sembra proprio di no perché la scienza presuppone l’esperimento (= l’osservazione scientifica), e l’esperimento presuppone l’esperienza percettiva. Se l’esperienza percettiva non fosse nella maggior parte dei casi veridica, la scienza non sarebbe possibile. (quindi, rovesciando il ragionamento, i successi della scienza sono una ragione per pensare che l’esperienza percettiva sia veridica. Ma per ragionare così, dobbiamo assumere che le spiegazioni scientifiche siano vere). E’ difficile capire se la scienza può rispondere alla domanda 2. Molti percettologi direbbero che la risposta alla domanda 2 è NO ma, in quei termini, la domanda potrebbe essere malposta . Filosofia della percezione: uno spettro di posizioni Realismo ingenuo (siamo in relazione diretta col mondo, che ci è dato così com’è. Il mondo appare così perché è così. Le apparenze sono il mondo) Realismo diretto (siamo in relazione diretta col mondo, ma questo può esserci dato in modo parzialmente difforme da come è) … Realismo indiretto (siamo in relazione diretta con apparenze del mondo, ma c’è una corrispondenza sufficientemente stabile tra apparenze e realtà) Fenomenismo (esistono solo le apparenze) Filosofia della percezione Le domande 1 e 2 danno luogo a un dilemma: -Come è possibile che il realismo diretto sia vero se il mondo è “filtrato” dai sensi? ( rifiuto della visione “ingenua”, di ciò che l’esperienza stessa ci suggerisce) - Come è possibile la conoscenza se il realismo diretto è falso? ( scetticismo) (Storia della) filosofia della percezione Prospettiva epistemologica: come è possibile conoscere tramite i sensi? ( 1600-1700) Prospettiva semantica: che cosa significa “percepire che P” (“mi sembra di vedere che P”, “vedo un O”, … Novecento Prospettiva metafisica: che cos’è una percezione? Ovvero: a quali condizioni possiamo dire di trovarci in uno stato di esperienza percettiva? Teorie filosofiche della percezione Sono teorie semantico-metafisiche -Teoria del dato sensoriale -Teoria avverbiale -Teoria causale -Teoria disgiuntiva - Teoria rappresentazionale - Teoria intenzionalista (rappresentaz. Forte) La teoria del dato sensoriale Quando abbiamo un’esperienza percettiva siamo in relazione con enti psichici (o comunque dipendenti dalla mente), i dati di senso (sense-data). I dati di senso sono i costituenti delle apparenze. Diveniamo consapevoli degli oggetti del mondo attraverso la consapevolezza dei dati di senso. Le idee di oggetto vengono inferite a partire dai dati di senso. Es. macchie di colore, ombre, frammenti di superfici, suoni, sensazioni di caldo/freddo ecc. La teoria del dato sensoriale E’ la versione standard del realismo indiretto: siamo in relazione diretta con i sense-data e solo tramite questi con il mondo (se si è realisti riguardo all’esistenza di sedie, teiere, cappelli ecc.) Si può tuttavia avere anche una versione fenomenista della teoria del dato sensoriale, secondo la quale il mondo reale non è nient’altro che un fascio di dati di senso (es. Berkeley) L’argomento della distanza temporale (es. Leibniz) P1) Qualcosa è presente nell’esperienza di un soggetto (nell’esperienza siamo in relazione con “oggetti”); P2) Se un oggetto non esiste, non può essere presente nell’esperienza di un soggetto; P3) La stella che ha causato l’esperienza non esiste più (per ipotesi) C1=P4) La stella che ha causato l’esperienza non è presente nell’esperienza –non è con la stella che ci troviamo in relazione nell’esperienza C) Nell’esperienza siamo in relazione con qualcos’altro L’argomento della distanza temporale Replica (Dancy 1985): “Essere presente” non significa la stessa cosa di “essere presente nell’esperienza”. Non è ben chiaro che cosa significhi “essere presenti nell’esperienza”, ma non equivale a “essere presenti a t” (= esistere a t) (fallacia di equivocazione) Dunque la P2 è falsa. L’argomento epistemologico (Price 1932) Si basa sul fatto che si può dubitare della realtà di ciò che percepiamo, ma non si può dubitare che qualcosa ci appare in un certo modo: P1) Quando vedo quello che mi sembra un pomodoro (rosso), sono certo che ci sia qualcosa di rosso e rigonfio; P2) Non sono certo che ci sia un pomodoro davanti a me C) la cosa rossa e rigonfia che “vedo”, qualunque cosa sia, non è un pomodoro Dovrebbe essere familiare la ragione per cui questo argomento, presumibilmente, non è corretto: viene tratta una conclusione ontologica da premesse epistemologiche. L’argomento dell’allucinazione/illusione A volte abbiamo esperienze percettive di oggetti che non esistono (allucinazione) o differiscono sotto certi aspetti dagli oggetti reali (illusione). Dunque ciò con cui siamo in relazione nell’esperienza non sono gli oggetti del mondo reale. Poiché talvolta le cose ci appaiono in modo diverso da come sono e la natura dell’esperienza veridica è analoga a quella dell’esperienza non veridica, i contenuti dell’esperienza non possono essere oggetti del mondo reale. Più rigorosamente… L’argomento dell’allucinazione P1) E’ possibile che uno stato di allucinazione e uno stato di esperienza percettiva siano fenomenologicamente indistinguibili P2) In uno stato di allucinazione non c’è alcun oggetto reale con cui siamo in relazione P3) Due stati fenomenologicamente indistinguibili sono lo stesso (tipo di) stato di esperienza C) In uno stato di esperienza percettiva non c’è alcun oggetto reale L’argomento dell’illusione P1) Uno stato di illusione e uno stato di esperienza percettiva veridica sono fenomenologicamente indistinguibili P2) In uno stato di percezione illusoria un oggetto reale sembra avere proprietà fenomeniche che in realtà non possiede P3) Due stati fenomenologicamente indistinguibili sono lo stesso (tipo di) stato di esperienza C) In uno stato di esperienza percettiva non c’è alcun oggetto reale Repliche Prima replica di Austin (1962): P3 è falsa: nulla vieta di pensare che due esperienze fenomenologicamente identiche abbiano tuttavia natura diversa in virtù di qualche altro aspetto. Ad es. il contenuto di un’esperienza veridica è costituito di oggetti del mondo; il contenuto di un’esperienza non veridica ha uno o più costituenti che sono dati di senso. Controreplica: problema della continuità (a volte capita di passare con continuità da uno stato di esperienza veridica ad un caso di illusione). Repliche (segue) Inoltre: il caso dell’allucinazione e il caso dell’illusione sono diversi. Nell’illusione potrebbe essere che noi siamo comunque in relazione con l’oggetto reale, anche se gli attribuiamo una proprietà che non possiede. Quanto all’allucinazione, non è un’esperienza percettiva per definizione (la percezione comporta necessariamente il riferimento a qualcosa di indipendente dall’esperienza). Repliche Seconda replica di Austin (1962): L’argomento presuppone la distinzione tra apparenza e realtà, quindi un criterio per stabilire che cosa è “reale”. Ma “reale” non ha un significato assoluto. non è possibile circoscrivere l’ambito delle esperienze veridiche. (es. il triangolo di Kanizsa è reale?) Repliche L’argomento presuppone che l’esperienza percettiva sia una relazione tra un soggetto e qualcosa. Ma non è detto che l’esperienza percettiva vada caratterizzata in questo modo relazionale (es. Sellars) Sellars attacca cioè il “Principio fenomenico”: Se a X sembra che qualcosa sia F, allora c’è qualcosa, quale che essa sia, che appare a X in un certo modo. Repliche Trasparenza dell’esperienza: l’esperienza presenta il mondo, non se stessa (ci sembra di vedere sedie, teiere e cappelli, non dati sensoriali) Controreplica: l’introspezione ci può dire ciò che ci sembra, ma non ci dice che cos’è ciò che ci sembra (noi siamo consapevoli dei dati di senso anche se non sappiamo che sono dati di senso). Altri problemi della teoria -Che cosa sono i sense-data? Enti fisici? ( teoria dell’identità). Ma la teoria classica dei sense-data è dualista o comunque non specificamente fisicalista (es. monismo neutrale di Russell). - Che relazione c’è, esattamente, tra dati di senso e oggetti reali? In che modo risaliamo dai primi ai secondi? La teoria avverbiale E’ una teoria del significato degli enunciati percettivi che cerca di rimediare ai problemi metafisici sollevati dalla teoria del dato sensoriale. L’esperienza percettiva non è una relazione con un oggetto: “A X sembra (di vedere) che qualcosa è F” non implica che c’è qualcosa con cui X è in relazione. Le proprietà fenomeniche dell’esperienza sono attributi dell’esperienza stessa, non di (fantomatici) oggetti. La teoria avverbiale Le espressioni apparentemente referenziali che compaiono in un enunciato percettivo sono in realtà espressioni avverbiali: A X sembra (di vedere/percepire) che qualcosa sia F = X vede/percepisce F-mente A X sembra di vedere rosso X vede rossamente A X sembra di vedere un pomodoro rosso X vede rossamente e pomodoramente (sic!) La teoria avverbiale: argomento per analogia Danzare un tango vs. danzare un valzer non è essere in relazione con un certo oggetto (un tango piuttosto che un valzer), ma è danzare in modo differente. Avere un dolore non è essere in relazione con un certo oggetto (il dolore), ma è avere una sensazione di un certo tipo (es. “ho un dolore alla schiena” va parafrasato con “la schiena mi fa male”). Repliche L’argomento per analogia è debole perché l’analogia è inappropriata. Non crediamo di essere in relazione con un valzer, o con il mal di schiena allo stesso modo in cui crediamo di essere in relazione percettiva con un albero. In quest’ultimo caso, a differenza degli altri, l’impressione della relazione è fortissima. Repliche Problema dell’esperienza di relazioni spaziali (Jackson 1975): Per l’avverbialista vedere una piramide rossa su un cubo verde è la stessa esperienza del vedere una piramide verde su un cubo rosso perché in entrambi i casi l’analisi avverbialista è: “X vede cubamente, piramidamente, rossamente e verdemente”.