RETROSPETTIVE Italia - Austria Ungheria I rapporti militari prima della Grande Guerra Giacomo INNOCENTI « (...) ma il generale Pollio non era l’Italia » Gli attriti e le diffidenze reciproche divennero palesi soprattutto tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento quando i due eserciti rafforzarono le fortificazioni lungo i confini b asterebbe questa affermazione di Franz Conrad von Hötzendorf, Capo di Stato Maggiore dell’Imperial-Regio Esercito austro-ungarico, estimatore dell’ufficiale italiano, per descrivere quali fossero i reali rapporti tra Italia ed Austria-Ungheria prima della dichiarazione di guerra presentata da Roma a Vienna nel maggio 1915. Infatti, nonostante l’Impero Tedesco, il Regno d’Italia e l’Austria-Ungheria fossero legati militarmente dalla Triplice Alleanza sin dal 1882, le relazioni tra gli ultimi due firmatari rimasero comunque tese. Com’è noto in Italia non si erano placati i sentimenti risorgimentali ed in Austria non erano stati dimenticati i tre conflitti che ave- 80 vano privato la Duplice Monarchia della Lombardia e del Veneto. Gli attriti e le diffidenze reciproche divennero palesi soprattutto tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, quando sia l’esercito Imperial-Regio sia le Forze Armate italiane rafforzarono le fortificazioni lungo i confini comuni. Da parte austro-ungarica queste attività di fortificazione divennero una costante, in particolare dal 1898, proprio in risposta al trasferimento di truppe italiane in Veneto. Oltre a costruire nuove fortificazioni, gli austroungarici rafforzarono la rete ferroviaria, specie nel territorio trentino-tirolese, in chiave offensiva, cioè per favorire l’afflusso delle truppe in caso di un attacco contro il Veneto. Questi interventi continuarono incessantemente fino al maggio 1915. È però con la nomina a Capo di Stato Maggiore Generale di Conrad nel 1906, che l’esercito austro-ungarico prese sempre più in considerazione la possibilità di un conflitto preventivo contro il vicino meridionale. Il generale austriaco, infatti, non si fidava degli italiani, che considerò sempre infidi. Tra questi ultimi però possiamo escludere il già citato Alberto Pollio, che essendo sinceramente triplicista, era considerato dal Capo di Stato Maggiore austriaco l’unico vero garante dell’alleanza. Conrad, infatti, quando apprese dell’improvvisa morte del generale italiano – il generale Pollio morì l’1 luglio 1914 durante un giro d’ispezione in Piemonte –, intuì che difficilmente sarebbe stato sostituito da un altro ufficiale altrettanto fedele all’alleanza con gli Imperi centrali. Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Alberto Pollio Come detto poco sopra, le guarnigioni lungo i confini tra il Regno d’Italia e l’Impero Austro-Ungarico erano state costantemente rafforzate, e l’attività di fortificazione si intensificò, da entrambe le parti, tra il 1904 ed il 1905, ma è appunto dal 1906 che lo Stato Maggiore austriaco valutò con sempre maggiore insistenza una possibile guerra di carattere preventivo contro l’Italia, senza però mai interrompere le varie opere di fortificazione. Conrad, che si era già segnalato durante le Kaiser Manöver del 1905, dove simulò un attacco contro gli italiani e che nel 1908 studiò un’offensiva sul Tolmino (esercizio che verrà in parte utilizzato da Otto von Below e da Konrad Krafft von Dellmensingen durante la Dodicesima battaglia dell’Isonzo), 81 Italia - Austria Ungheria propose in più occasioni una guerra preventiva contro l’Italia. In particolare lo Stato Maggiore austro-ungarico considerò possibile un attacco contro l’Italia nel 1907, nel 1908/1909 (in occasione del terremoto di Messina), nel 1910 e per l’ultima volta nel 1911, durante la Guerra Italo-Turca, quando il Regio Esercito era impegnato in Libia e la Regia Marina si trovava ad operare nel Mediterraneo orientale. Quest’atteggiamento costantemente offensivo però compromise i rapporti tra Conrad e l’imperatore Francesco Giuseppe come con il Ministro degli Esteri Alois Lexa von Aehrenthal, che invece volevano mantenere rapporti il più possibile cordiali con l’Italia ed evitare assolutamente un conflitto. Conrad fu quindi sostituito nel 1911, ma con l’aumentare delle tensioni internazionali, l’Imperatore decise di richiamarlo alla guida dello Stato Maggiore, l’anno successivo. Franz Conrad von Hötzendorf, Capo di Stato Maggiore dell’ Esercito Imperial-Regio cise di chiedere agli austriaci la cessione di alcuni territori al confine tra i due paesi; in particolare furono chieste le città di Trento e Trieste, a cui progressivamente si aggiunsero sempre maggiori richieste, tra queste il Brennero, Bolzano e Gorizia. Essendo questo il nuovo scenario, Cadorna cominciò ad elaborare i piani per un’offensiva contro la Duplice Monarchia, invertendo quello che era inizialmente il piano in caso di un conflitto contro l’Austria: si passò quindi da un atteggiamento difensivo ad uno offensivo. A Vienna era invece noto che il Regio Esercito, in caso di una guerra contro l’Austria, avrebbe impostato il conflitto in senso strettamente difensivo. Scoppio del Primo Conflitto Mondiale Quando il 28 luglio 1914 scoppiò il conflitto, l’Italia scelse la neutralità e questo creò una situazione particolare: allo scoppio del conflitto in Europa il re Vittorio Emanuele III non aveva ancora nominato un successore di Pollio. Quando fu poi nominato Cadorna, il nuovo Capo di Stato Maggiore italiano pensò di seguire i piani già elaborati dal suo predecessore per appoggiare gli imperi centrali, cioè l’invio della 3a Armata sul Reno ed in Alsazia e lo schieramento delle forze lungo il confine con la Francia. Le condizioni erano però mutate ed il governo italiano, in cambio della neutralità, de82 Anche a Vienna, però, la strategia era cambiata. Com’è stato detto, Conrad – che allo scoppio del conflitto contro la Serbia e contro la Russia già prevedeva un futuro fosco per l’Austria-Ungheria – aveva sempre pensato di condurre una guerra offensiva contro l’Italia, così come aveva preparato dei piani per la conduzione di una guerra su due fronti, colpendo contemporaneamente Italia e Serbia. Ma se in precedenza il progetto di attaccare l’Italia era basato sulla superiorità numerica dell’esercito imperial-regio su quello italiano, nel 1914 Conrad e la Duplice Monarchia non erano pronti a sostenere una guerra di così ampia portata, infatti, combattendo già contro Serbia e Russia, un conflitto con l’Italia avrebbe portato all’apertura di un terzo fronte. L’Austria-Ungheria, infatti, pur credendo di poter sconfiggere in tempi brevi la Serbia, sarà coinvolta in un lungo scontro contro Belgrado. Questo scenario inatteso fu dovuto non solo alla dura resistenza serba, ma anche alla lenta mobilitazione austriaca ed alle diverse lacune delle sue forze armate, come la mancanza di addestramento ed equipaggiamento e il numero insufficiente degli ufficiali di complemento. Oltre a ciò gli strateghi austro-ungheresi, come quelli tedeschi, sottovalutarono le capacità militari dei russi i quali, contro ogni previsione, riuscirono a mobilitare il loro esercito in tempi molto brevi (anche grazie alla nuova rete ferroviaria costruita con il contributo francese) e che, sempre disilludendo le convinzioni dei loro avversari, riuscirono a battersi bene, imponendo, so- prattutto all’Austria-Ungheria, un numero molto elevato di perdite. Se l’Italia avesse dichiarato guerra all’Austria, Vienna si sarebbe trovata coinvolta in un’insostenibile guerra su tre fronti. Conrad, allora, propose nuovamente di attaccare gli italiani prima che Cadorna potesse mobilitare e traferire le forze del Regio Esercito in Veneto; il Capo di Stato Maggiore austroungarico, infatti, aveva notato come le richieste italiane fossero sempre più esose e che per Vienna fosse quasi impossibile accettarle, per gli ovvi effetti politici. Questa situazione quindi rendeva le possibilità di una guerra con Roma sempre più concrete. Ma di lì a poco il generale austriaco si era reso conto della mutata situazione: il protrarsi del confronto con la Serbia ed il sanguinoso conflitto con la Russia non permettevano all’Austria-Ungheria di spostare truppe dai fronti orientali per portarle in Italia. È da ricordare che in tre mesi di operazioni nei Carpazi l’esercito imperialregio perse tra morti, feriti e prigionieri, circa 600/800.000 uomini. A questo va aggiunto che l’alleato tedesco, anche se più volte sollecitato, non si dimostrò interessato a contribuire al mantenimento della sovranità austriaca sui territori richiesti dall’Italia, anzi Berlino insistette più volte sulla necessità di “comperare” la neutralità italiana cedendo i territori richiesti. In questo senso è emblematica la missione diplomatica dell’ex cancelliere tedesco Bernhard von Bülow, che in cambio della neutralità, promise all’Italia Trento e Trieste, 83 senza interpellare prima l’Austria. Informato di queste trattative, il governo di Vienna rispose duramente, chiedendo provocatoriamente alla Germania la Slesia come indennizzo e Conrad ancora più duramente chiese alla Germania di cedere alla Francia l’Alsazia. In ogni caso il generale Conrad dichiarò di essere più propenso ad accettare l’idea di cedere alcuni territori ai russi per raggiungere una pace separata con lo Zar, piuttosto che cedere alle richieste degli italiani. Si avvicina lo scontro con l’Italia - Conrad rimase convinto della necessità di attaccare l’Italia, ma come abbiamo detto poco prima, la situazione militare non permetteva all’esercito austriaco di sguarnire gli altri fronti. Conrad chiese tra marzo e aprile al suo omologo tedesco Erich von Falkenhayn di inviare un certo numero di divisioni tedesche in sostituzione di quelle austro-ungariche che stavano combattendo contro la Russia. La risposta del generale tedesco fu risolutamente negativa, perché non era disposto a rinunciare a truppe impiegate contro la Francia, che dal suo punto di vista restava il fronte più importante della guerra. A ciò bisogna aggiungere che von Falkenhayn riteneva lo scontro contro la Russia più importante di quello contro l’Italia, che ancora non si era verificato. Ad oriente la guerra stava volgendo al peggio per l’Austria: i russi erano entrati in Galizia e stavano per sfondare sui Carpazi, minacciando Budapest. Considerando l’impossibilità di stornare truppe dai settori dei Erich von Falkenhayn, Capo di Stato Maggiore Tedesco nel ‘14 Carpazi e della Serbia, a quel punto Conrad consigliò al governo viennese di cedere alle richieste italiane. In questo fu supportato da von Falkenhayn, desideroso di mantenere la neutralità italiana. Comunque il generale tedesco, cercando di consolare il collega austriaco, sostenne che i territori ceduti dall’Austria sarebbero stati ripresi in un secondo momento. Von Falkenhayn disse infatti che terminato il conflitto contro gli altri avversari, si sarebbero regolati i conti con l’ex alleata. Purtroppo per l’Austria, quando dimostrò la sua disponibilità a ridiscutere i suoi confini meridionali, gli italiani, che di lì a breve sigleranno un accordo con le potenze dell’Intesa, rilanciarono con delle richieste ancora 84 Italia - Austria Ungheria più alte, rendendole impossibili da accettare per Vienna. Data la situazione, Conrad prese la decisione di impostare il sempre più probabile scontro con l’Italia in senso difensivo. Il generale austriaco comunque riteneva che se le potenze centrali avessero imposto una grande sconfitta alla Russia ed alla Serbia, avrebbero convinto gli italiani ed i rumeni a restare neutrali. Le forze austroungariche acquartierate lungo i confini con l’Italia, sotto il comando del generale Franz Rohr von Denta, vennero quindi a costituire il “Gruppo Rohr” ed ebbero l’incarico di occupare le fortificazioni di confine e di mantenere un atteggiamento strettamente difensivo. Queste truppe erano composte prevalentemente da guardie di frontiera, battaglioni di addestramento, rincalzi, reparti di milizia territoriale e distaccamenti della gendarmeria. Come si può notare questi reparti erano molto eterogenei e vi erano inquadrati anziani e i più giovani volontari 85 Italia - Austria Ungheria locali, ma furono rinforzati con altre unità. In tutto vi erano lungo l’Isonzo 25.000 uomini e 100 cannoni. Inizialmente Conrad aveva sperato di poter inviare almeno 6 divisioni, ma la situazione militare negli altri settori lo costrinse a mandare solo l’equivalente di tre divisioni e mezza. Queste truppe furono dislocate lungo i confini, in particolare tra il Tirolo e Pola. Lo scopo del “Gruppo Rohr” avrebbe dovuto essere quello di reggere il più a lungo possibile lungo il fiume Isonzo, dando così il tempo ad altre unità austro-ungariche di raggrupparsi, con due divisioni tedesche, formando la 5a Armata, momentaneamente posta al comando del feldmaresciallo principe Francesco Ferdinando. Questa Armata avrebbe cercato di contrattaccare gli italiani lungo la direttiva di Marburg/Lubiana. Questa grande unità sarebbe stata composta dal XV e dal XVI Corpo, in tutto cinque divisioni provenienti dal fronte serbo, appoggiato dalla sola 48a divisione tedesca. Oltre alle truppe componenti la nuova 5a Armata, in Tirolo furono mobilitati gli Standschützen e fu inviato anche un Corpo Alpino Bavarese, al comando del generale Krafft von Dellmensingen, con lo scopo non solo di difendere l’importante snodo ferroviario di Bolzano, ma anche come monito all’Italia. Ma la situazione bellica in Europa era cambiata molto tra la firma del Patto di Londra il 26 aprile e la dichiarazione di guerra, il 23 maggio. Infatti, l’esercito serbo, pur non ancora completamente sconfitto, non era più in grado di sostenere alcuna azione offensiva. In più l’11a Armata tedesca di August von Il Comandante dell’Armata dell’Isonzo 5XGVQ\CT$QTQLGXKäXQP$QLPC Mackensen appoggiata dalla 4a Armata austro-ungarica l’1 maggio avviò l’offensiva di Gorlice-Tarnów, che permise di mutare gli equilibri sul fronte russo, dando tregua alle forze degli imperi centrali. Pur concordando con l’impostazione data da Conrad al possibile scontro con l’Italia, ovvero colpire sul fianco il nemico in avanzata, i tedeschi, timorosi di una rapida mobilitazione delle forze italiane e preoccupati per la situazione in Galizia, suggerirono di cedere ancora più terreno, proponendo di contrattaccare lungo la linea Graz-Marburg-Agram. Cosa che Conrad rifiutò, non solo perché le truppe italiane si sarebbero trovate troppo vicine ai centri vitali dell’Impero, ma anche perché il Capo di Stato Maggiore austriaco voleva portare le sue truppe il più possibi86 le vicino allo sbocco delle montagne, zone che egli reputava più adatte ad un’azione offensiva. ai confini orientali dell’Impero, convenne quindi che la 5a Armata, da quel momento comandata dal generale Svetozar Borojević von Bojna, fosse mandata a presidiare il confine. Dal giugno 1915, data la lentezza dell’avanzata italiana e l’ottima difesa opposta dagli uomini di Borojević, la guerra si svolse in maniera completamente differente da quello che sia Cadorna che Conrad avevano inizialmente previsto: lungo l’Isonzo il conflitto fu caratterizzato essenzialmente da una lunga serie di assalti italiani contro le difese austro-ungariche, che si protrasse fino al novembre 1917 quando, con l’offensiva di Caporetto le forze austro-tedesche sconfissero la 2a Armata italiana, portando il conflitto su un altro fiume. Fine della neutralità - Gli italiani però non attaccarono subito, perché la mobilitazione si sviluppò più lentamente di quanto era stato previsto. Von Falkenhayn, convinto che la priorità andasse assegnata alla guerra contro la Russia, e sempre più preoccupato per la tenuta del fronte galiziano, consigliò al collega austriaco di sfruttare l’occasione datagli dagli italiani: ovvero di approfittare della ormai impossibilità di nuocere da parte dei serbi e così di spingere le truppe della 5a Armata il più vicino possibile all’Isonzo e sviluppare un’autentica difesa. Il Capo di Stato Maggiore austroungarico, anch’egli preoccupato per quanto avveniva 87 Austria-Hungary 1914-1918, Harnold, 1997. Jung P., L’ultima guerra degli Asburgo, LEG, 2000. Monticone A., La Germania e la neutralità italiana. 1914-1915, Il Mulino, 1971. Petho A., I servizi segreti dell’Austria-Ungheria, Gorizia, LEG, 2001. Pieropan G., Storia della Grande Guerra sul fronte italiano, Mursia, 1988. 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