Roberto Weitnauer Stesura: 25 ottobre 2001 (8085 battute) Scritto d’origine pubblicato e diritti ceduti a terzi I virus al confine della vita I virus sono microrganismi formati di un genoma di RNA o DNA, racchiuso entro un capside di proteine. Si tratta di sistemi rudimentali, totalmente privi di un metabolismo. In altre parole, essi non sanno degradare l’energia dell’ambiente, sfruttandola per l’automantenimento. Per riprodursi i virus si avvalgono del metabolismo dei loro ospiti. Lo fanno, insediandosi nei meccanismi di replicazione e di sintesi proteica delle cellule. In questi termini, stabilire se essi siano organismi vivi diventa una questione di difficile interpretazione, ma pur sempre affascinante. I virus sono talmente piccoli che si vedono solo al microscopio elettronico. Le loro dimensioni si aggirano sui 10-300 milionesimi di mm. Si tratta di organismi inerti se presi a sé stanti, ma che proliferano quando assaltano le cellule di batteri, protozoi, piante, animali. Essi stessi non corrispondono a cellule, bensì a sistemi molto più semplici. Come agiscono e da dove vengono? Vari misteri aleggiano intorno alle loro origini, ma risalire ai primordi della biosfera terrestre può essere utile per meglio inquadrare la loro natura. Circa tre miliardi e mezzo di anni fa la vita muoveva i suoi primi passi in una coltura di molecole piuttosto grandi, generatesi per addizione di parti su un’intelaiatura di atomi di carbonio, ciò che noi oggi indichiamo come composti organici. Nel brodo organico primordiale vagavano disordinatamente, tra gli altri, RNA (acido ribonucleico) e proteine, due classi basilari di polimeri, ossia di catene costituite di moduli chimici tipici, i nucleotidi per l’RNA e i peptidi per le proteine. Gli RNA hanno una notevole proprietà, ben osservabile in laboratorio: queste macromolecole organiche si comportano come delle specie di calamite, prelevando dalla soluzione circostante altri moduli e attirandoli a sé, sino a che viene confezionato un secondo polimero che poi si libera. In altre parole, l’RNA è una macromolecola organica che funge da stampo per sé stessa, che si autoreplica. Il processo è in grado di ripetersi indefinitamente se la soluzione circostante permane sufficientemente ricca. Conviene ricordare subito che tale proprietà replicativa è una caratteristica della trasmissione ereditaria e riguarda tutte le creature che hanno popolato e tuttora popolano la biosfera. È infatti mediante una duplicazione delle molecole che formano il genoma che l’informazione ereditaria passa da una cellula all’altra e da un individuo all’altro. Il genoma è costituito dal DNA (acido desossiribonucleico), una variante dell’RNA configurata dall’evoluzione sul globo. Ma la vita non è certo fatta di soli acidi nucleici (RNA, DNA). 1/4 Come si accennava, nel brodo organico ancestrale fluttuavano caoticamente anche delle proteine, assemblatesi a partire da subunità secondo modalità analoghe a quelle che presiedevano alla formazione degli acidi nucleici. Alcune proteine erano in grado di catalizzare il processo di stampo degli RNA. Questo significa che la loro vicinanza alle molecole di acidi nucleici ne facilitava e ne accelerava la replicazione. Ancora oggi una buona parte delle reazioni biochimiche che si producono nei sistemi biologici sono innescate, favorite e controllate da una classe di proteine conosciute come enzimi. A un certo punto accadde un fatto cruciale per l’avvio dell’evoluzione della biosfera. Le casualità ambientali vollero infatti che certi RNA diventassero capaci di favorire l’assemblaggio proprio di tali proteine catalizzanti. Come il meccanismo retroattivo abbia potuto prendere piede non è del tutto chiaro, ma si capisce che da allora il cerchio si chiuse e quegli RNA promossero la loro stessa replicazione. Fu così ch’essi risultarono avvantaggiati nell’ambiente selettivo in cui le molecole grandi e composite risultano instabili e suscettibili di degradarsi. Ciascuna forma di vita si fonda oggi su un rapporto indissolubile tra proteine e acidi nucleici (DNA, RNA). La differenza rispetto ai primordi è che il mutuo legame tra i due tipi di macromolecole si è sviluppato ulteriormente in senso biochimico e strutturale. Intorno ad esso ha persino preso consistenza un complesso sistema protettivo, ciò che poi corrisponde alla cellula. Dai batteri all’uomo gli acidi nucleici recano le informazioni genetiche per la sintesi delle proteine. Queste ultime governano quasi tutto il metabolismo, inclusa la stessa loro sintesi e la replicazione degli acidi nucleici che statuiscono il genoma. È risaputo che le cellule proliferano, sia che corrispondano a organismi unicellulari (batteri o protozoi), sia che appartengano a tessuti di specie evolute. I virus non possiedono invece un metabolismo proprio e non sono capaci di riprodursi spontaneamente. L’origine di questi sistemi non è conosciuta, ma certamente anche la loro attività si contraddistingue per una relazione saliente tra acidi nucleici e proteine. Vediamo quale. I virus si compongono di un genoma di RNA o DNA racchiuso in un involucro proteico di forma geometrica, il capside, da non confondersi con la cellula. Il capside corrisponde a un semplice scudo, si sviluppa a ridosso del genoma e non racchiude alcuna reazione biochimica. La semplice struttura di un virus può viaggiare inerte alla deriva, mossa a caso dalle spinte ambientali, oppure può essere trasportata nell’ambiente da vettori occasionali. In queste condizioni il virus è solo materiale genetico imballato. Viene difficile intenderlo alla stregua di materia viva, anche perché non di rado risulta piuttosto fragile e destinato al disfacimento. Eppure, si tratta di una specie di robot dormiente che può attivarsi al momento opportuno e in maniera anche brutale. Quando infatti un virus incontra un organismo biologico il suo capside può legarsi a specifici recettori esterni delle cellule. In tale evenienza, grazie a una serie di processi di smantellamento, il virus riesce talvolta a superare la barriera e a penetrare nel protoplasma cellulare. Il capside prima o dopo si separa e il genoma virale denudato finisce nei meccanismi di replicazione e sintesi della cellula. In quell’istante 2/4 il virus perde la sua identità; non è più una struttura confinata, ma una rotella di un più grande ingranaggio metabolico. Ma si tratta di una condizione transitoria. La sintesi proteica nelle cellule si basa sia sull’impiego di RNA che di DNA. L’infezione si sviluppa diversamente a seconda che il virus penetrato contenga RNA oppure DNA, ma la sostanza non cambia: la sequenza del genoma virale, prima indipendente e silente, viene letta, duplicata e tradotta dall’ospite in proteine, come se fosse una sequenza propria. Gli organismi biologici dispongono di speciali enzimi per il riconoscimento esclusivo del DNA e RNA cellulare, ma alcuni virus li eludono, camuffandosi quindi come cavalli di Troia. Succede pertanto che i genomi virali e i loro annessi proteici (capside) si riproducano nella cellula infetta, insieme al materiale di manutenzione e accrescimento del soggetto ospitante. In sostanza, nuovi virus identici vengono sintetizzati dalla cellula aggredita che, suo malgrado, acuisce il potenziale infettivo. L’identità virale iniziale torna insomma moltiplicata. Altre cellule vengono infestate, sinché non intervengano anticorpi ad hoc, in grado di debellare gli agenti estranei che, proliferando in massa, minano l’integrità biochimica delle cellule, sino a farle letteralmente scoppiare. I virus (“veleno” in latino) seguono percorsi che dipendono dalle loro caratteristiche e da quelle degli organismi che colpiscono. La progressione infettiva può risultare lenta o esplosiva, a seconda dei casi. Come tuttavia si accennava, i cicli riproduttivi dei virus non risultano mai autonomi. I virus non sanno sfruttare direttamente l’energia biochimica per mantenersi e riprodursi, come invece fanno le creature vive. Essi sono insomma sfruttatori obbligati privi di metabolismo e si diffondono a spese di quello altrui. Tuttavia, non si può dire ch’essi non siano stati capaci di adattarsi alle condizioni esterne, resistendo alle insidie che l’ambiente terrestre a messo in atto nel corso degli eoni. Qualche biologo sostiene che si tratti di parassiti unicellulari degenerati. Forse i virus si sono invece originati nei loro ospiti nel lungo tempo evolutivo. O forse, ancora, sono un retaggio dei primordi, quando ancora non esistevano le cellule che ne avrebbero poi favorito la diffusione. Esistono d’altronde anche viroidi, formati solo di RNA nudi, privi di capside, ma non per questo incapaci d’infettare (le piante). Comunque sia, per quanto temibili essi siano, i virus hanno almeno un pregio: ci obbligano a riflettere sul limite tra la materia inanimata e quella viva. Roberto Weitnauer 3/4 Esempio di struttura di un virus: (tratto da: http://www.cgl.ucsf.edu/chimera/ImageGallery/entries/sindbis.html) 4/4