INFORMAZIONI PER I
GENITORI
ADHD:
LA TERAPIA FARMACOLOGICA
10 domande e risposte
Jan Frölich
Contenuto
Pagina
1. Quando è opportuno prendere in considerazione una terapia
farmacologica per un bambino o un adolescente affetto da ADHD?
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2. La terapia farmacologica dev’essere sempre accompagnata da altre
misure efficaci come una terapia comportamentale?
7
9
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3. Quando non è possibile impiegare farmaci psicostimolanti?
4. Qual è l’azione dei farmaci psicostimolanti sull’insieme dei sintomi
dell’ADHD?
Colophon
ADHD:
LA TERAPIA FARMACOLOGICA
seconda edizione attualizzata
di
Doc.Priv. Dr. ped. Dr. med. Jan Frölich
Medico specializzato in psichiatria infantile
e giovanile e pediatria - psicoterapia
Büchsenstrasse 15
70173 Stoccarda
Distribuito da:
SALMON PHARMA GMBH
St. Jakobs-Strasse 90
CH-4002 Basel Switzerland
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MEDICE
Arzneimittel Pütter GmbH & Co. KG
Kuhloweg 37
58638 Iserlohn
Stato: giugno 2010
6. Come funziona il controllo dell’efficacia dei farmaci psicostimolanti
e della loro tollerabilità?
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7. Quali effetti collaterali possono manifestarsi durante una terapia a
base di farmaci psicostimolanti?
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8. Come si può spiegare al bambino / all’adolescente la necessità della
terapia farmacologica e quanto è importante la sua partecipazione
per il successo della terapia?
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9. Quanto tempo dovrebbe durare la terapia farmacologica? È
necessario fare delle pause? Bisogna assumere il farmaco
continuamente?
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10. A cosa occorre prestare attenzione se un paziente adolescente
che soffre di ADHD tende ad assumere sostanze da abuso? Qual
è l’azione dei farmaci psicostimolanti sulla sicurezza alla guida?
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5. Come si svolge l’assunzione del farmaco? Come si sviluppa l’azione
durante il giorno?
1. Quando è opportuno prendere in
considerazione una terapia
farmacologica per un bambino
o un adolescente affetto da ADHD?
Prima di tutto, l’inizio di una terapia
farmacologica premette un esame scrupoloso
presso
un
medico
specializzato in bambini e adolescenti o in
psichiatria dei bambini
e degli adolescenti.
Infatti dietro a molti sintomi dell’ADHD possono
nascondersi altre cause,
come disturbi psichici o
malattie organiche (ad
esempio disturbi della respirazione relativi al
sonno o spasmi).
Una volta effettuata questa visita, è opportuno
esaminare se sono state già intraprese altre
misure non-farmacologiche (soprattutto
la terapia comportamentale) e valutarne
l’efficacia.
Un trattamento farmacologico va preso in
considerazione se le misure di terapia
comportamentale non hanno portato un
miglioramento in un periodo di almeno 6 mesi,
ma non più lungo di 12 mesi. Ciò può essere il
caso se ad esempio è presente una situazione di
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sofferenza
intensa
nel
bambino
o
nell’ambiente che lo circonda, soprattutto nei
genitori. Oppure anche se il percorso
scolastico del bambino è seriamente in
pericolo a causa dei sintomi, se l’integrazione
sociale nel gruppo dei coetanei non è
soddisfacente o se si teme il possibile sviluppo
conseguente di altri problemi psichici e
sociali, come la paura della scuola, sintomi
depressivi o comportamenti aggressivi.
La terapia farmacologica è inoltre indicata
addirittura
prima
o
parallelamente
all’introduzione di misure comportamentali
o pedagogiche se l’insieme dei sintomi della
patologia è talmente grave da non poter
aspettare. Altrimenti il rischio che si instaurino
altre complicazioni dovute alla patologia
aumenta a tal punto da rendere ancor più
difficile il lavoro terapeutico.
Molti genitori si fanno degli scrupoli nei
confronti della terapia farmacologica perché
non vogliono esporre il proprio figlio al rischio di
possibili conseguenze tardive dei farmaci o
perché temono il pericolo di assuefazione o di
un’alterazione della personalità. In questo caso,
prima di tutto, si consiglia di parlare
apertamente di questi timori con il medico
curante per informarsi sugli effetti desiderati
e su quelli indesiderati della terapia
farmacologica.
Bisogna
dire
che
la
terapia farmacologica con i cosiddetti
psicostimolanti, secondo lo stato delle
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conoscenze attuali, dati i numerosi studi
controllati e l’esperienza clinica acquisita
durante
molti
anni,
è da ritenere una colonna
portante della terapia,
fondamentale nel piano
terapeutico
nel
suo
complesso e sicura dal
punto di vista medico.
Il trattamento per mezzo
di farmaci può dare un contributo importante ad
evitare eventuali disturbi o malattie derivanti
dall’ADHD. I farmaci impiegati come psicostimolanti sono fondamentalmente il metilfenidato
o l’anfetamina.
2. La terapia farmacologica dev’essere
sempre accompagnata da altre misure
efficaci come una terapia
comportamentale?
Dipende da quanti problemi accompagnano la
patologia del bambino, ad esempio un
comportamento sociale aggressivo e disturbato,
paure a scuola o simili. Se sono presenti uno o
più problemi accompagnatori, e ciò
succede in più del 60% dei bambini colpiti da
ADHD, la combinazione con altre misure
terapeutiche sarà tanto più importante. In
questo caso il compito principale della terapia
farmacologica è quello di diminuire i sintomi
centrali della patologia, cioè il deficit di
attenzione, l’impulsività e l’iperattività, mentre
ad esempio le misure comportamentali si
concentrano sui sintomi accompagnatori. In
questo modo i due metodi si completano
l’un l’altro e possono migliorare il risultato
della terapia.
D’altro canto ci sono però anche casi in cui è
presente un mero disturbo dell’attenzione
senza problemi accompagnatori. Soprattutto
nei bambini e negli adolescenti in cui è possibile
raggiunge un’ottima azione farmacologica,
si ottiene una riduzione dei sintomi relativi
all’ADHD talmente buona che altre misure non
6
7
diminuiscono ulteriormente i sintomi. In
questo gruppo di bambini e adolescenti,
inoltre, i farmaci hanno effetti altamente
positivi, ad esempio l’aumento della motivazione
per lo svolgimento dei compiti da fare a scuola e
a casa.
Tuttavia, il trattamento esclusivamente farmacologico premette almeno due requisiti fondamentali nell’ambiente di vita del bambino:
Prima di tutto il farmaco dovrebbe essere
testato accuratamente da un medico esperto nel
trattamento di bambini e adolescenti con ADHD:
la terapia dovrebbe essere controllata
attentamente e continuamente, ad esempio
ogni tre mesi, per attuare gli eventuali
adattamenti della dose e per controllare gli
eventuali effetti collaterali. È anche importante
discutere continuamente dei problemi insorti nel
frattempo o che non erano ancora conosciuti,
rendendo possibile intraprendere in ogni
momento una misura terapeutica nonfarmacologica.
1
In questo modo il medico curante è la prima
istanza a cui rivolgersi per qualsiasi problema del
bambino e della famiglia e dovrebbe
diventare la persona che guida e gestisce il caso,
pianificando quindi le ulteriori misure
necessarie.
8
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In secondo luogo i genitori e i docenti
dovrebbero essere in grado e sentirsi capaci di
offrire al bambino una struttura pedagogica
appropriata che tenga conto delle particolarità
della patologia: occorrono buone conoscenze
della patologia e la capacità di interagire
con il bambino in maniera competente e
strutturata.
3. Quando non è possibile impiegare
farmaci psicostimolanti?
Sono poche le controindicazioni assolute
della terapia con gli psicostimolanti (soprattutto
metilfenidato e anfetamina). Piuttosto ci sono
controindicazioni cosiddette relative, cioè
condizioni presenti nel paziente prima di
iniziare la terapia per cui l’inizio di un
trattamento con gli psicostimolanti deve
avvenire con particolari precauzioni mediche.
In caso di epilessia già presente prima di
iniziare la terapia, i farmaci a disposizione
dovrebbero garantire l’assenza di crisi
epilettiche: in tal caso la combinazione con
uno psicostimolante è praticabile.
Se
è
presente
una
patologia
cardiovascolare, la terapia con gli
psicostimolanti è possibile se effettuata
in stretto contatto con lo specialista
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che la cura.
La presenza di tic patologici o della
sindrome di Gilles de la Tourette sussistenti
o precedenti la terapia che si manifestano
con
contrazioni
involontarie
della
muscolatura o emissione involontaria di
suoni rende necessario un dosaggio cauto
dello psicostimolante scelto. Non va
dimenticato che comunque i tic potrebbero
anche migliorare durante il trattamento
con uno psicostimolante. Se durante il
trattamento con gli psicostimolanti dovesse
insorgere un peggioramento dei tic, è
possibile che la dose vada diminuita, che la
terapia vada interrotta o, se necessario, che
si inizi una terapia farmacologica
combinata con un principio attivo che
diminuisca i tic.
Se il paziente abusa di droghe o
se l’abuso di stupefacenti è un problema
nell’ambiente che lo circonda, il trattamento con gli psicostimolanti dovrà avvenire
attraverso forme di somministrazione
adatte a prevenire l’abuso oppure non
avvenire del tutto, per evitare l’assunzione
non conforme da parte del paziente o di
terzi a causa dell’elevato potenziale di
abuso. In caso di dubbio sarà opportuno
impiegare piuttosto medicamenti di
seconda istanza, come l’atomoxetina.
e negli adolescenti. In questo caso occorre
decidere a seconda del caso specifico se
continuare la terapia farmacologica.
Se contemporaneamente all’ADHD è
presente una delle due patologie citate,
sarebbe anche possibile, come tentativo di
cura individuale, una terapia combinata con
un antidepressivo moderno (un cosiddetto
inibitore
della
ricaptazione
della
serotonina).
In caso di anoressia, gli psicostimolanti non
vanno assunti per nessun motivo.
Una psicosi sussistente o presente in
passato può peggiorare durante la terapia a
base di psicostimolanti, perciò in questo
caso questi farmaci non possono essere
impiegati.
Inoltre l’impiego è proibito in caso di:
Ipersensibilità verso il metilfenidato o altre
sostanze che stimolano il sistema nervoso
simpatico
Ipertonia (pressione arteriosa elevata)
grave o di media entità
Iperfunzione della tiroide
Pressione intraoculare elevata
Gravidanza
In pochi casi la terapia con gli
psicostimolanti può peggiorare o scatenare
uno stato depressivo e fobie nei bambini
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4. Qual è l’azione dei farmaci
psicostimolanti sull’insieme dei
sintomi dell’ADHD?
Nei bambini e negli adolescenti con ADHD, gli
psicostimolanti permettono dapprima di
influenzare positivamente soprattutto i
segni tipici della patologia, cioè di diminuire
l’iperattività e l’impulsività e di migliorare la
capacità di concentrarsi. Inoltre, solitamente
diminuiscono anche i comportamenti di
opposizione e aggressività. Spesso il paziente è
anche più sveglio e la
sua grafia e motricità
migliorano. Un punto
decisivo è che grazie
all’influenza positiva
sui problemi chiave,
spesso si raggiungono effetti secondari
positivi sia nel paziente, sia nell’ambiente
che lo circonda: poiché
le capacità cognitive sono
meglio impiegate, spesso i
voti scolastici migliorano,
il che influenza decisamente in positivo anche
la motivazione e l’applicazione. I comportamenti di
disturbo
durante
le
lezioni diminuiscono, i compiti a casa sono svolti
più indipendenteme te, velocemente e in modo
mirato e quindi anche la relazione del bambino
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o dell’adolescente con i genitori, i docenti e i
coetanei migliora chiaramente.
5. Come si svolge l’assunzione del
farmaco? Come si sviluppa l’azione
durante il giorno?
In molti casi il farmaco va assunto due volte al
giorno, solitamente durante la colazione e
durante il pranzo. È
importante mangiare a
sufficienza
prima
di
assumere
il
farmaco,
poiché a stomaco vuoto
possono insorgere disturbi
gastrici o, ad esempio nei
preparati con metilfenidato a rilascio ritardato, è
possibile che l’azione del
farmaco diminuisca più velocemente durante il
giorno. L’azione inizia solitamente 30-45
minuti dopo l’assunzione, raggiunge il
massimo dopo circa 2 ore e, in caso di
principio attivo a rilascio ritardato, termina in
modo individuale dopo 6-8 ore. Ci possono
comunque
essere
differenze
individuali
importanti: per alcuni bambini l’azione inizia
improvvisamente, entro pochi minuti, per
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terminare altrettanto improvvisamente dopo
qualche ora; in molti bambini, soprattutto se si
assumono preparati a rilascio ritardato, questi
passaggi sono più «morbidi» e l’azione del
farmaco perdura fino al pomeriggio o alla sera, a
seconda del preparato impiegato.
6. Come funziona il controllo dell’efficacia
dei farmaci psicostimolanti e della
loro tollerabilità?
Si tratta di una fase di prova individuale, poiché
sia gli effetti desiderati, sia gli effetti collaterali
del farmaco impiegato nel singolo bambino o
adolescente, possono essere estremamente
diversi, così come possono essere diversi anche i
sintomi della patologia.
Prima di provare una terapia farmacologica, ma
anche a intervalli regolari durante la terapia,
devono essere effettuati alcuni esami fisiologici
sul paziente (ad esempio quadro ematologico,
pressione arteriosa, frequenza cardiaca, altezza
e peso). Sarà il medico a decidere quanti e quali
esami effettuare in ogni singolo caso.
I tre scopi principali della fase di prova
farmacologica individuale possono essere
14
formulati come segue:
1.
trovare la minor dose necessaria che dia
gli effetti terapeutici ottimali e che
2.
contemporaneamente non dia spazio a
effetti collaterali o che perlomeno li
riduca a un numero limitato e a livelli
tollerabili
3.
infine scegliere un farmaco che, a
seconda dell’intensità della problematica
durante il giorno, agisca solo brevemente
(la mattina), a medio termine (fino al
pomeriggio) o a lungo (fino alla sera).
È importante che la fase di prova avvenga
nella forma più standardizzata possibile e che sia
il più obiettiva possibile.
Nella pratica ciò significa che per la valutazione
dovrebbero essere impiegati questionari e
liste di controllo relative all’azione e agli
effetti collaterali. È anche consigliato annotare
come in un diario osservazioni settimanali.
Per determinare la dose attiva ottimale si
impiega ogni settimana un dosaggio
diverso di uno psicostimolante dapprima
senza rilascio ritardato (dose bassa, poi
media, poi elevata). Durante la fase di prova è
opportuno iniziare dapprima con una
sostanza dall’efficacia di breve durata, poiché
in questo modo la dose individuale ottimale può
essere determinata meglio e poiché si può anche
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determinare quanto duri l’effetto con questo
tipo di somministrazione. In alternativa è anche
possibile usare uno psicostimolante a rilascio
ritardato a basso dosaggio già all’inizio della
terapia,
se
è
già
prevedibile
che
l’assunzione ripetuta di un farmaco a rilascio
immediato non sia applicabile. L’obiettività
della valutazione migliora di molto se il
docente di classe rientra tra gli osservatori.
I risultati delle ricerche indicano che il docente è
la fonte di informazione più importante,
soprattutto riguardo ai miglioramenti dei
sintomi centrali dell’ADHD, mentre i genitori
sanno giudicare meglio la tollerabilità dei
farmaci.
Sicuramente si può dire che questa forma
individuale di valutazione dei farmaci è la forma
più efficace per controllare se il bambino, o
l’adolescente, risponda allo psicostimolante.
Grazie a questo metodo, solitamente si può
rispondere chiaramente a questa domanda entro
4-6
settimane!
Fino
all’80%
dei
bambini e degli adolescenti con ADHD può
ottenere una diminuzione sensibile dei
sintomi grazie a questo metodo.
Dopo la fase di titolazione, si consigliano
dapprima altre visite con il medico curante ogni
6-8 settimane, dato che talvolta sono ancora
necessari adattamenti della dose e soprattutto
perché è necessario decidere se il bambino /
l’adolescente dev’essere trattato con una
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sostanza a rilascio immediato o con una a
rilascio ritardato con azione di media o lunga
durata. Questo dipende soprattutto da quanto
intensi sono i sintomi durante la giornata, se ci
sono fluttuazioni dei sintomi con o senza
azione farmacologica, se è possibile garantire
l’assunzione del farmaco da due a tre volte al
giorno e se essa è anche davvero attuabile.
La terapia con farmaci a rilascio ritardato è
sempre consigliata in caso di grandi
fluttuazioni dei sintomi, di inizio e fine
improvvisa dell’azione del farmaco e in
caso di problemi ad assumere i farmaci
regolarmente.
7. Quali effetti collaterali possono
manifestarsi durante una terapia
a base di farmaci psicostimolanti?
Sostanzialmente
va
detto
che
gli
psicostimolanti sono ben tollerati. Di tutte le
sostanze che agiscono sul sistema
nervoso centrale, questo gruppo di sostanze è
quello meglio esaminato nell’età infantile e
adolescenziale. Gli effetti collaterali, se ce ne
17
sono, sono solitamente passeggeri, cioè
insorgono durante le prime settimane di
assunzione. Essi dipendono dalla dose e, nella
maggior parte dei casi, non sono gravi.
Inoltre gli effetti collaterali scompaiono
velocemente una volta terminata la terapia e
possono essere ridotti nettamente una volta
ridotta la dose o modificati i tempi di
assunzione. La critica che le sostanze
psicostimolanti possano avere un potenziale
intrinseco di assuefazione dev’essere smentita o
perlomeno chiaramente differenziata. Tramite
l’assunzione con i pasti prescritta dal medico, per
via gastrointestinale, non è presente nessun
pericolo
di
assuefazione
ai
farmaci
psicostimolanti.
Un
certo
pericolo
di
assuefazione, e un rischio maggiore della
comparsa di stati psicotici, è invece presente se
l’assunzione avviene attraverso la mucosa
nasale o per via endovenosa. Inoltre è richiesta
prudenza nella prescrizione di metilfenidato se il
paziente vive in un ambiente sociale con un
rischio elevato di abuso di farmaci o droghe.
L’effetto collaterale più frequente può essere
quello di una diminuzione dell’appetito, poiché
gli psicostimolanti possono sviluppare un’azione
che sopprime l’appetito. Per questo motivo è
importante assumere il farmaco durante o
direttamente dopo i pasti. Se insorge una
diminuzione dell’appetito, si può prendere in
considerazione l’assunzione di pasti ipercalorici.
È importante anche prestare attenzione a un
apporto sufficiente di liquidi. In rari casi
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eccezionali se insorge una chiara perdita di peso
può essere opportuno sospendere la terapia, ad
esempio durante le vacanze.
Inoltre gli psicostimolanti possono causare
disturbi del sonno, sia problemi ad
addormentarsi, sia a dormire a lungo. Per
questo motivo la dose del mezzogiorno non
dovrebbe essere assunta troppo tardi durante il
pomeriggio. In casi singoli, un disturbo del sonno
più grave che causa una sensazione
continua di non aver dormito abbastanza da
parte del bambino / dell’adolescente, può
condurre a un aumento dell’impulsività,
dell’irritabilità e dei problemi di concentrazione
durante il giorno.
Questo fenomeno può essere osservato
soprattutto nei preparati a rilascio ritardato
(«retard»). Nel singolo caso si dovrebbe ridurre la
dose del pomeriggio. Ma occorre anche
ricordare che alcuni problemi del sonno (ad
addormentarsi o a dormire a lungo) in certi
bambini / adolescenti possono anche migliorare
con un’assunzione dei farmaci nel tardo
pomeriggio.
All’inizio della terapia insorgono relativamente
spesso lievi mal di testa, dolori addominali
leggeri o vertigini. Questi effetti collaterali,
tuttavia, nella maggior parte dei casi
scompaiono dopo pochi giorni. Previa
consultazione con il medico curante, è possibile
assumere provvisoriamente degli antidolorifici
19
(ad esempio paracetamolo). In rari casi è
possibile anche un lieve aumento della
frequenza cardiaca e della pressione
arteriosa. I primi segnali possono essere mal di
testa o una sensazione spiacevole di agitazione
nella zona del petto. Si consiglia di controllare
regolarmente entrambi i valori.
Talvolta l’assunzione di psicostimolanti può
avere come conseguenza una perdita di gioia,
un umore triste o una diminuzione delle
forze fino all’apatia. Si può anche osservare un
aumento dei pianti e delle paure.
Al contrario, molto raramente si possono
osservare anche un’euforia fuori dalla norma
e cambiamenti nel modo di pensare e di
percepire le cose, sintomi cosiddetti
psicotici. Solitamente questi segnali indicano un
dosaggio troppo elevato. Naturalmente è anche
importante chiarire prima del trattamento se il
bambino / l’adolescente che sarà sottoposto alla
terapia abbia sofferto di uno di questi disturbi
già prima dell’ADHD o se sono insorti
contemporaneamente all’ADHD, poiché potrebbero intensificarsi durante la terapia con gli
psicostimolanti.
Un tic
patologico
sussistente
può
peggiorare durante la terapia farmacologica
con psicostimolanti, ma può anche essere
scatenato proprio da questa terapia e
addirittura, in singoli casi, persistere dopo la sua
interruzione. D’altro canto ci sono anche casi in
cui i sintomi relativi a questi tic possono
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diminuire durante il trattamento con gli
psicostimolanti.
In casi molto rari possono insorgere
reazioni di ipersensibilità, ad esempio
prurito o eruzioni cutanee, congiuntiviti,
orticaria, perdita di capelli e dolori muscolari o
articolari. Anche alterazioni dei valori ematici o
un aumento dei valori epatici sono molto rari. In
questi casi occorre prendere in considerazione
l’interruzione della terapia.
Nel quadro del trattamento possono
insorgere, soprattutto in caso di dosaggi
elevati, rallentamenti del ritmo di crescita;
tuttavia secondo le conoscenze attuali
questi non influenzano negativamente
l’altezza a lungo termine.
8. Come si può spiegare al bambino /
all’adolescente la necessità della
terapia farmacologica e quanto è
importante la sua partecipazione
per il successo della terapia?
In ogni caso è opportuno parlare al bambino /
all’adolescente dello scopo e degli effetti del
trattamento
farmacologico
in
maniera
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conforme alla sua età. Bisogna spiegare
al bambino che il farmaco che assume
dovrebbe e può contribuire ad aumentare la
concentrazione durante
le lezioni a scuola.
Contemporaneamente è
però necessario indicargli
che si tratta di un aiuto per «avviarsi», che la
terapia non lo rende più intelligente e che la
partecipazione alle lezioni o lo svolgimento dei
compiti non avverrà senza uno sforzo proprio.
Inoltre bisogna assicurare al bambino / all’adolescente che il fatto che debba assumere dei
farmaci non significa che sia malato, poiché ciò
potrebbe scatenare inutili sensazioni negative.
È interessante notare che molti dei bambini e
degli adolescenti trattati non notano in modo
affidabile l’efficacia della terapia. I motivi di
questa particolarità non sono chiari. Dunque il
bambino / l’adolescente può essere una
fonte
di
informazione
importante,
soprattutto per quanto riguarda la
tollerabilità, ma è l’osservazione da parte
dei genitori e dei docenti ad essere
decisiva.
Durante l’adolescenza l’informazione da parte
della persona sottoposta al trattamento diventa
sempre più importante. Qui bisogna notare che
gli adolescenti spesso vogliono interrompere il
22
trattamento farmacologico perché «non
vogliono essere diversi dai coetanei» o perché
«non si sentono in tutto e per tutto loro stessi»
quando prendono il farmaco. Non ha senso in
questi
casi
che
i
genitori
insistano
sull’assunzione dei farmaci: tutt’al più
è
compito del medico curante informare
l’adolescente durante una visita individuale sui
vantaggi che la terapia può continuare ad avere
e di convincerlo a continuarla.
In certi casi è consigliabile scendere a
compromessi con l’adolescente (ad esempio
riguardo al periodo dell’assunzione) per non
mettere in pericolo la continuazione della
terapia.
9. Quanto tempo dovrebbe durare la
terapia farmacologica? È necessario
fare delle pause? Bisogna assumere
il farmaco continuamente?
Dopo la fase di prova del
farmaco, di 4-6 settimane, i
genitori dovrebbero incontrarsi con il medico curante
e
discutere
con
lui
l’efficacia della terapia, gli
effetti collaterali insorti e
23
la dose efficace ottimale.
Se il farmaco è efficace e tollerato, si deciderà
assieme al medico se sia opportuna una terapia
farmacologica continua, cioè anche durante il
fine settimana e le vacanze, oppure se il
farmaco andrà preso soltanto durante i giorni di
scuola. Il principio generale è «appena
quanto basta per agire», vale a dire la dose
minima che sia ancora efficace.
In pratica ciò significa che in caso di un grado di
intensità dei disturbi comportamentali
elevato e presente in diverse situazioni
quotidiane, all’inizio è sempre consigliata
una terapia continua.
In più della metà dei casi è opportuno
procedere in questo modo poiché così si può
ottenere prima di tutto un sollievo uniforme in
diverse situazioni della vita del paziente. Se la
problematica si limita ai problemi di
apprendimento e delle prestazioni scolastiche si
può optare sicuramente anche per l’assunzione
solamente durante i giorni scolastici, ma questo
solamente se all’inizio dell’assunzione dei
farmaci non insorgono ogni volta effetti
collaterali, ad esempio mal di testa o malessere.
Interrompere provvisoriamente la terapia,
soprattutto nelle vacanze più lunghe, è
consigliabile soprattutto se il bambino, nel caso
singolo, dovesse aver perso molto peso. In
questi casi le vacanze dovrebbero essere
24
impiegate per riprendere peso. Ma
importante ribadire esplicitamente che non
necessario interrompere la terapia per
presupposta riduzione della crescita, come
pensava una volta.
è
è
la
si
La durata della terapia dovrebbe essere
limitata dapprima a circa un anno
scolastico. Dopodiché si consiglia di provare,
sotto controllo, a interrompere la terapia in
una situazione di carico normale, cioè
solitamente non durante le vacanze scolastiche,
per poter valutare se l’assunzione del
farmaco sia ancora necessaria, ad esempio se
contemporaneamente è stata effettuata una
terapia
comportamentale.
Secondo
le
esperienze
fatte
finora, tuttavia,
è
necessaria una terapia per diversi anni,
poiché spesso si tratta di una patologia che si
trascina fino all’inizio dell’età adulta.
D’altro canto bisogna anche ricordare che la
terapia a base di psicostimolanti non dev’essere
vista come una misura necessaria per tutta la
vita, come è invece ad esempio la terapia
insulinica per il diabete. Gli adolescenti e i
giovani adulti hanno prima di tutto buone
probabilità che i sintomi diminuiscano e
scompaiano da soli durante lo sviluppo; in
secondo luogo la persona colpita può anche
imparare da sola a vivere con i problemi causati
dall’ADHD senza l’aiuto dei farmaci in tutta
tranquillità.
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10. A cosa occorre prestare attenzione
se un paziente adolescente che
soffre di ADHD tende ad assumere
sostanze da abuso? Qual è l’azione
dei farmaci psicostimolanti sulla
sicurezza alla guida?
Senza dubbio la terapia con gli psicostimolanti è
controindicata per un giovane che consuma
regolarmente alcool o droghe o che ne è
addirittura dipendente!
Ma questo principio vale esclusivamente per
l’eventuale assunzione contemporanea di
droghe e psicostimolanti. Nei casi in cui si è
raggiunta l’astinenza dalle droghe, gli
psicostimolanti potrebbero addirittura aiutare
ad evitare recidive di abuso di sostanze
stupefacenti.
Secondo nuovi risultati, il piano terapeutico
dovrebbe avere come primo scopo il
problema dell’assuefazione e dell’abuso di
droghe, dopodiché quello dell’ADHD.
Ciò non esclude che durante la fase del
trattamento in cui si combatte l’abuso
di sostanze stupefacenti non possano già
essere impiegati altri farmaci, soprattutto
antidepressivi o l’atomoxetina.
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Per quanto riguarda la sicurezza al volante è
dimostrato che l’assunzione di psicostimolanti nella posologia
prescritta aumenta la
sicurezza alla guida,
poiché questi migliorano
la capacità di concentrarsi
e
riflettere
sul
traffico stradale. Tuttavia,
soprattutto
all’inizio
dell’assunzione o in
caso di cambiamenti di
dose, possono insorgere effetti collaterali
indesiderati, come ad esempio sonnolenza
o vertigini che compromettono le capacità
di reazione.
Anche la fine improvvisa dell’azione del
farmaco che può insorgere individualmente, può
essere problematica. È anche ipotizzabile che
il paziente possa sopravvalutarsi e
correre più facilmente rischi. Per questo
motivo in generale chi è sottoposto a questa
terapia dev’essere in grado di valutare l’effetto
farmacologico a cui è sottoposto, cioè ad
esempio la durata e il profilo d’azione del
farmaco, e quindi di adattarvi il proprio modo di
guidare. Che la guida sotto l’influsso
combinato di psicostimolanti e alcool o altre
sostanze stupefacenti sia proibita, dovrebbe
essere chiaro!
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