PARMENIDE Nacque ad Elea nella seconda metà del VI secolo e

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PARMENIDE
Nacque ad Elea nella seconda metà del VI secolo e morì verso la
metà del V e lì fondò la scuola, a cui si deve la nascita
dell’ontologia (studio dell’essere). Della sua opera abbiamo
numerosi frammenti fra cui tutto il prologo, in cui egli fa proclamare
in forma solenne da una divinità il principio fondamentale del
pensiero, “il solido cuore della ben rotonda verità”. Egli ritiene cioè
di avere avuto una intuizione nuova, su cui sta tutta la dignità e la
forza del logos: la legge interna del logos coincide con la legge
della realtà. Che cosa ci dice questa legge: l’essere è e non può
non essere, il non essere non è e non può in alcun modo essere.
La nostra mente e il nostro linguaggio possono riferirsi solo
all’essere, mentre il non essere non esiste e non può venire
pensato. “E’ necessario il dire e il pensare che l’essere sia: infatti
l’essere è, il nulla non è”. In altri termini realtà è propriamente ciò i
cui caratteri corrispondono specularmene ai caratteri del
logos. Il cuore del logos è una legge inderogabile, che gli impone
di non cadere in contraddizione. Se si ammettesse la possibilità
della contraddizione, la razionalità stessa andrebbe in crisi. Se ad
esempio ammettessimo che la soluzione di un problema è -3 non
possiamo ammettere che contemporaneamente sia 3. La soluzione
di un problema è una sola: A=A. Troviamo qui la prima
formulazione del principio di non-contraddizione su cui si basa
tutta la logica occidentale.
I due supremi contradditori sono dunque essere e non-essere. Se
c’è l’essere, è necessario che non ci sia il non-essere. Da questo
principio chiave, mediante logica rigorosa, sono ricavate le
caratteristiche principali che Parmenide attribuisce all’essere vero.
Esso è:
ingenerato: se fosse generato sarebbe dovuto derivare da un nonessere, il che è assurdo, dato che il non-essere non è.
Incorruttibile: la corruzione è un andare verso il non-essere, è
quindi impensabile;
eterno: se fosse nel tempo questo implicherebbe un non-essere
del passato e un non-essere del futuro;
immutabile e immobile: ogni mutamento e ogni movimento infatti
presuppongono un non-essere;
unico: se ve ne fosse un altro sarebbe qualcosa di diverso da lui,
perciò un non-essere;
omogeneo: se fosse in sé differenziato presupporrebbe degli
intervalli di non-essere.
Ma allora, come deve essere considerato il mondo che noi
vediamo, che sperimentiamo come mutevole, corruttibile?
Parmenide, con ferrea consequenzialità risponde che esso risulta,
filosoficamente parlando, pura illusione, pura apparenza. Il
problema che Parmenide pone alla filosofia successiva sarà quello
di salvare i fenomeni, di rendere compatibili le esigenze del logos
con quelle dei sensi, dell’essere assoluto e immobile con l’essere in
divenire. Certo non si potrà fare a meno di confrontarsi col “maestro
venerando e terribile” (Platone).
Sulle conseguenze del logos parmenideo si esercità con grande
abilità ZENONE di Elea: egli intende mostrare la contraddittorietà di
chi pretende che la realtà del divenire abbia una sua consistenza,
usando il procedimento della dimostrazione per assurdo, che
parte dall’affermazione dei suoi oppositori per poi mostrare la
contraddizione fra gli elementi che la costituiscono. Tale metodo è
stato chiamato anche dialettico, termine che talora sarà usato per
designare la filosofia come tale.
DOMANDE
Qual è il concetto fondamentale di Parmenide?
Quali sono le caratteristiche dell’essere parmenideo?
Cosa dice il principio di identità?
Cosa dice il principio di non contraddizione?
Cosa significa ontologia?
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