IL LAVORO IRREGOLARE: evidenze empiriche ed argomentazioni per una nuova politica a livello europeo Bozza di relazione sul lavoro di ricerca realizzato dall'Accademia di Avignone 2 INDICE Introduzione 5 Sintesi della prima giornata: “Evidenze empiriche” 9 Sintesi della seconda giornata: “Nuove questioni politiche a livello europeo” 15 Conclusione “La necessità di iniziative politiche della UE” 19 Ringraziamenti 29 Che cos'è l'Accademia di Avignone 31 Accademia di Avignone Rue Jacques de Lalaing 4, B-1040 Bruxelles Telefono: 0032 2 285.07.09, Fax. 0032 2 230.78.61 e-mail: [email protected] 3 4 INTRODUZIONE Blando Palmieri Ragioni esplicative La presente ricerca realizzata sul tema “economia sommersa: evidenze empiriche ed argomentazioni per una politica nuova a livello europeo” di cui l'Accademia di Avignone presenta i risultati, è un progetto di ricerca promosso dagli esponenti del settore artigiano e delle piccole imprese di diversi paesi europei. Per la prima volta organizzazioni delle PMI e delle aziende artigianali di Austria e Italia 1 si sono riunite ed hanno chiesto all'Accademia di analizzare questo complesso fenomeno attraverso la sua rete scientifica. Questo conferma due fatti. Il primo fatto è che le piccole imprese e le ditte artigianali sono profondamente influenzate dall'economia sommersa negli stati membri dell'Unione europea e sono interessate a trovare nuove iniziative che possano consentire una miglior comprensione del fenomeno e che possano indicare con maggiore efficacia differenti livelli istituzionali anche in vista di un allargamento della UE. Le numerose conseguenze che possono scaturire dall'economia sommersa sono note. Una parte consistente dell'economia non è dichiarata. Per questa ragione, una serie d'importanti indicatori economici, quali ad esempio il PIL, appaiono al di sotto delle cifre reali o l'indicatore del gettito fiscale che appare inferiore rispetto ai suoi valori effettivi. Le imprese sono sottoposte ad una concorrenza sleale, le persone godono di minor protezione (in termini ad esempio di copertura assicurativa dei lavoratori o pensionistica) rispetto a quanto invece spetterebbe loro per legge. Si vedono limitati ad interagire con il settore pubblico, con le organizzazioni finanziarie e tra loro. Le persone fisiche o giuridiche che partecipano alle attività dell'economia sommersa beneficiano di uno status inferiore rispetto ai benefici di cui goderebbero se attive in qualità d'imprenditori o come lavoratori regolari. Gli imprenditori, i lavoratori ed il governo, allo stesso modo, sprecano ingenti risorse nei rispettivi sforzi di nascondere o di smascherare le attività sommerse. In secondo luogo, il fatto che l'iniziativa di ricerca provenga da diversi paesi d'Europa conferma il presupposto per cui l'economia sommersa sia un'area in cui l'Europa debba promuovere le politiche giuste nonché l'interesse della comunità imprenditoriale al fine di poter valutare come l'Europa possa contribuire a trovare una soluzione al problema. La rilevanza politica dell'economia sommersa nei paesi europei è un fattore relativamente nuovo. Alcuni paesi hanno avviato tutta una serie d'iniziative politiche e l'Italia, in particolare, alla fine degli anni '80 ha messo a punto una disposizione normativa in materia ed ha aumentato gradualmente gli strumenti d'intervento a sua 1 Le organizzazioni italiane sono: Confartigianato (www.confartigianato.com) e la Confederazione Nazionale dell’artigianato e delle PMI,( www.cna.it), mentre l'ente austriaco è la Wirtschaftskammer Österreich ( www.wko.at). Una copia della relazione completa e della documentazione degli esperti è disponibile presso il loro sito Internet. 5 disposizione varando recentemente un'importante campagna di normalizzazione. A partire dalla fine degli anni '90 anche le istituzioni europee hanno preso a cuore questa causa.2 La Commissione si è concentrata finora, nell'ambito della questione in oggetto, sulla componente manodopera. Prendendo in considerazione il duplice interesse della comunità delle piccole imprese, l'Accademia di Avignone ha pianificato il lavoro di ricerca nel seguente modo: a) in modo tale che l'analisi dell'economia sommersa possa far avanzare la comprensione degli aspetti qualitativi del fenomeno, b) che le scoperte scientifiche possano fornire sufficienti elementi al fine di capire il modo in cui l'iniziativa europea possa dare valore aggiunto alle azioni intraprese a livello nazionale. La fase di preparazione della ricerca ha messo in evidenza che nell'ambito del territorio europeo l'economia sommersa è ampiamente variegata. Le caratteristiche dell'economia sommersa variano sia da paese a paese sia nell'ambito di ogni singolo paese. Gli studi e le stime sulla portata dell'economia sommersa variano anch'essi come tra l'altro le interpretazioni. Inoltre, la questione è complessa. Tutta una serie di fattori economici, sociali, culturali ed istituzionali interagiscono nella creazione di incentivi per le persone per spingerle (o per disinvogliarle) a regolarizzare le loro attività economiche. Non è possibile distinguere alcuna singola causa che spieghi l'esistenza del fenomeno dell'economia sommersa. La diversità e la complessità sono quindi aspetti compositi dell'economia sommersa e le iniziative varate dagli stati membri hanno affrontato principalmente questi differenti aspetti del fenomeno in maniera separata. In effetti, l'approccio seguito da gran parte degli stati membri per affrontare tale complessità è stato focalizzato su alcune questioni di rilevanza comune a livello dei singoli stati membri, come ad esempio l'imposizione fiscale o la questione dei contributi sociali. L'altro approccio rivolto alla diversità ha concentrato le analisi e le iniziative esclusivamente a livello territoriale nell'ambito d'indagine della specificità degli aspetti che caratterizzano l'economia sommersa in un'area ben determinata e si è concentrato sulla soluzione adottata da parte degli attori locali per la riduzione di questo fenomeno. Inoltre, la separazione dei due approcci caratterizza anche gli studi e le analisi sull'economia sommersa. Il lavoro di ricerca dell'Accademia ha preso quindi atto di questa diversità e complessità con l'obiettivo di trasformare questi due aspetti in una risorsa in termini di analisi e di conoscenze. Questo approccio ha concentrato la ricerca in aree laddove la questione appare di maggior gravità ed intrattabilità, in particolare in tre paesi quali l'Italia, la Germania e la Spagna ed in Svezia dove l'economia sommersa dà forma al funzionamento dell'economia. L'obiettivo era di poter utilizzare questo approccio come piattaforma di base per apprendere le varie modalità di gestione del problema per poterlo affrontare altrove. L'approccio prende in considerazione l'economia sommersa nella sua complessità, valutando i policy mix in cui le istituzioni europee interagirebbero con i 2 Commissione europea1998). Comunicazione della Commissione sul Lavoro Sommerso. Bruxelles, COM (98)219; Parlamento europeo (1998). Relazione sulla Comunicazione della Commissione sul Lavoro Sommerso. (COM (98) 219 - C4-0566/1998-2082(COS). Recentemente la DG Occupazione ha integrato nelle proprie linee guida questa problematica per la predisposizione di piani d'azione nazionali e ha varato un'iniziativa di ricerca sulle politiche adottate in alcuni stati membri. Infine i QCS per le regioni che rientrano nell'Obiettivo 1 comprendono una serie di misure per l'emersione del lavoro sommerso. 6 relativi attori a livello statale e locale - supportando i loro interventi ed intervenendo per la creazione di un ambiente di facilitazione solamente quando necessario. Impiegando ed integrando diversi approcci, l'obiettivo era quello di mettere a punto un programma di ricerca che avrebbe condotto allo sviluppo di una serie di raccomandazioni da adottare in ambito di politica europea. La metodologia La metodologia scelta dal comitato scientifico dell'Accademia di Avignone è stata quella volta ad alimentare un dibattito su questi approcci (e possibilmente su altri) nell'ambito di un seminario con la partecipazione di esperti accademici provenienti dai vari stati membri della UE, scelti in base al lavoro di ricerca effettuato in tema di economia sommersa ed al fine di produrre una documentazione di ricerca, successivamente al workshop, al fine di conferire all'analisi individuale il valore aggiunto degli elementi che sono stati al centro del dibattito e allo scambio delle esperienze vissute. Il Compito di sintetizzare il dibattito è stato assegnato ai relatori che hanno riassunto gli aspetti principali dell'analisi, delle questioni emergenti dai temi e delle principali scoperte scientifiche. Le relazioni del workshop ed i documenti prodotti dagli esperti, che sono forniti in allegato alla presente relazione, hanno consentito di presentare un nuovo studio che permetterà di elaborare le posizioni espresse nel corso del workshop nonché una sintesi che faciliterà la lettura dei risultati di ricerca. Le relazioni non sono solamente un riassunto degli interventi e del dibattito, ma sono intesi come guida alla lettura della documentazione presentata dagli esperti. La struttura del workshop Il workshop è stato organizzato per la durata di un giorno e mezzo. La presentazione ed il dibattito del primo giorno hanno trattato le interpretazioni teoriche e le problematiche di ricerca. Nella seconda giornata seminariale si sono affrontate le questioni politiche. Il dibattito ha preso in considerazione le politiche adottate dagli stati membri e in ambito UE, ma anche il punto di vista delle PMI sulla questione. Partendo da queste considerazione il workshop ha costruito un contesto di ricerca volto alla determinazione delle questioni di politica a livello europeo. La scelta di Ragusa ha posto i partecipanti in una provincia in cui lo sviluppo ed i processi di regolarizzazione spontanea hanno avuto luogo nella parte estremamente meridionale dell'Unione ed in un paese, l'Italia, che, proprio in occasione dell'organizzazione di questo stesso seminario, stava promulgando un'importante normativa in tema di regolarizzazione. Il workshop ha coinvolto diversi studiosi, la Commissione, piccole associazioni di imprese e legislatori nazionali nella discussione dell'economia sommersa e nella stesura dei principi intellettuali fondamentali finalizzati alla formulazione di una serie di proposte politiche. Al fine di garantire un intenso scambio di idee, il numero di partecipanti è stato mantenuto esiguo. La presenza delle associazioni delle PMI ha enfatizzato l'interesse che queste nutrono nella creazione delle condizioni per la regolarizzazione delle attività economiche. Il follow up della ricerca 7 L'esito della ricerca, sintetizzato nelle conclusioni della presente relazione, contiene non solo elementi scientifici grazie ai quali le organizzazioni delle PMI possono formulare una serie di proposte da presentare alle istituzioni locali, nazionali ed europee al fine di migliorare le iniziative volte ad affrontare l'economia sommersa, ma contiene altresì nuovi sviluppi per nuovi progetti di ricerca in questo contesto. L'Accademia presenterà queste scoperte scientifiche sul proprio sito web e sotto forma di master classes che possano arrivare ai circoli appropriati esistenti a livello europeo. L'Accademia sarà inoltre attiva per promuovere la collaborazione tra gli esponenti delle PMI e nuove iniziative di ricerca sulla scia degli esiti di ricerca; gli esperti che hanno partecipato al lavoro di ricerca continueranno a beneficiare dello scambio di analisi e delle esperienze promosse dall'Accademia grazie alla sua rivista elettronica ed ai nuovi programmi di ricerca. Bruxelles, gennaio 2002 8 9 Sintesi della prima giornata Economia sommersa: evidenze empiriche Laura Tagle, Ministero dell'economia e delle finanze, Italia In tutto il mondo una sostanziosa fetta dell'attività economica è realizzata in maniera irregolare o "sommersa". Il grado di ricorso all'economia sommersa varia da paese a paese, ma è chiaro che tutti gli stati membri condividano questa caratteristica. I paesi europei la condividono altresì con i paesi che si affacciano sulla sponda meridionale del Mediterraneo e con gli stati dell'Europa orientale che chiedono di entrare a far parte dell'Unione europea. Questo fatto produce una serie di conseguenze. Non è possibile dar conto di una parte rilevante delle attività economiche condotte. Per questa ragione, una serie d'importanti indicatori economici, ed in particolare il PIL, appaiono sottostimati rispetto alle cifre reali; l'indicatore del gettito fiscale appare inferiore rispetto ai suoi valori effettivi. Le persone godono di minor protezione (ad es.: copertura assicurativa dei lavoratori o pensionistica) rispetto a quanto invece spetterebbe loro di diritto. La loro capacità d'interagire con il settore pubblico, con le organizzazioni finanziarie e tra loro è limitata. Le persone che partecipano all'economia sommersa godono di uno status inferiore rispetto alla condizione a cui avrebbero diritto se fossero attive in qualità d'imprenditori regolari o dipendenti. I lavoratori, gli imprenditori ed il governo, allo stesso modo, sprecano ingenti risorse nei rispettivi sforzi di nascondere o nel tentativo di portare alla luce le attività sommerse. Queste conseguenze, a loro volta, sono d'ostacolo all'esercizio della politica pubblica. L'incertezza o la cattiva interpretazione di variabili economiche d'importanza cruciale possono influenzare la presa delle politiche sull'economia. Un gettito fiscale inferiore può determinare inutili distorsioni e ridurre l'efficienza e l'efficacia del governo limitando la sua capacità nell'erogazione di servizi e facendo gravare in modo sproporzionato il carico fiscale su gruppi accidentalmente coinvolti o aumentando le aliquote delle imposte. La scarsa rappresentanza dei lavoratori e degli imprenditori riduce ulteriormente la capacità delle politiche di operare in modo efficiente e di adattarsi al modo in cui funziona sia l'economia sia la società. Affrontare questa problematica, quindi, consentirebbe di migliorare le politiche sociali, del lavoro ed economiche, di eliminare le distorsioni, migliorare il modo in cui funziona il governo, far progredire le condizioni di vita delle persone, il loro lavoro e il loro modo di condurre le attività economiche. Inoltre, lo sviluppo di una politica europea che affronti questo problema rappresenterebbe la chiave di volta per l'allargamento dell'Unione europea e per il rafforzamento delle sue relazioni con le economie del Mediterraneo. La rilevanza politica dell'economia sommersa nei paesi europei è relativamente nuova. Alcuni paesi hanno dato vita ad una serie di iniziative politiche tra cui l'Italia, in particolare, che alla fine degli anni '80 ha predisposto una normativa, ha aumentato gradualmente gli strumenti d'intervento a sua disposizione e, recentemente, ha varato un'importante campagna di regolarizzazione. A partire dalla fine degli anni '90 anche 10 le istituzioni europee hanno preso a cuore questa causa.3 La Commissione si è concentrata finora, nell'ambito della questione in oggetto, sulla componente della manodopera. 3 Commissione europea1998). Comunicazione della Commissione sul Lavoro Sommerso. Bruxelles, COM (98)219; Parlamento europeo (1998). Relazione sulla Comunicazione della Commissione sul Lavoro Sommerso. (COM (98) 219 - C4-0566/1998-2082(COS)). Recentemente la DG Occupazione ha integrato nelle proprie linee guida questa problematica per la predisposizione di piani d'azione nazionali e ha varato un'iniziativa di ricerca sulle politiche adottate in alcuni stati membri. Infine i QCS per le regioni che rientrano nell'Obiettivo 1 comprendono una serie di misure per l'emersione del lavoro sommerso. 11 Per costruire le basi scientifiche che reggano lo sviluppo di una politica di respiro europeo, l'Accademia di Avignone ha organizzato a Ragusa (Sicilia) un seminario scientifico. La scelta di Ragusa ha inserito i partecipanti al seminario in una provincia dell'Italia in cui lo sviluppo ed il processo di regolarizzazione spontanea si sono manifestati nella regione estremamente meridionale dell'Unione europea ed in un paese, l'Italia, che era in procinto di approvare un'importante normativa di regolarizzazione proprio in occasione dell'organizzazione di questo seminario che ha impegnato vari studiosi, la Commissione, associazioni di piccole imprese e legislatori nazionali chiamati a discutere dell'economia sommersa ed alla stesura dei principi intellettuali fondamentali finalizzati all'elaborazione di una serie di proposte politiche. Al fine di garantire un intenso scambio di idee, il numero dei partecipanti è stato mantenuto ridotto. La presenza delle associazioni delle PMI sottolinea il loro interesse alla creazione delle condizioni di regolarizzazione dell'economia. Il ricorso all'economia sommersa è particolarmente importante per le piccole e medie imprese e principalmente per l'artigianato ed il commercio. L'Accademia ritiene che l'economia sommersa assuma svariate forme nei vari stati membri (e nell'ambito di ogni singolo paese) e che la complessità del fenomeno renda impossibile individuare solamente una causa. L'Accademia, quindi, ha chiesto che il fulcro del dibattito fosse incentrato sulle modalità di affrontare queste diversità e complessità. Inizialmente sono stati identificati due approcci: con il primo si proponeva di prendere in considerazione solamente gli aspetti comuni e rilevanti per tutti gli stati membri; con il secondo si prendeva atto delle diversità e della natura complessa del problema traendo un utile insegnamento dalle aree in cui la problematica appare di maggior gravità ed intrattabilità e dove l'economia sommersa configura il funzionamento dell'economia. La prima giornata seminariale si è articolata in tre sessioni: dopo le considerazioni di apertura gli enti organizzatori hanno spiegato gli scopi del seminario. Successivamente, sempre nel corso della prima giornata seminariale, sono seguite due sessioni dove si è trattato rispettivamente 1) degli approcci scientifici adottati per far fronte all'entità e alle caratteristiche dell'economia sommersa e 2) delle politiche adottate a livello nazionale. Le questioni di fondo erano se e come l'Unione europea avrebbe dovuto essere coinvolta nella messa a punto di una politica per gestire l'economia sommersa. Era chiaro fin dall'inizio che tutti i partecipanti fossero concordi sul fatto che l'economia sommersa fosse una questione di pertinenza dell'Unione europea così come di responsabilità dei vari governi nazionali. Man mano che il dibattito iniziava a delinearsi, i ruoli precedentemente svolti dalle istituzioni europee iniziavano ad assumere contorni di maggior chiarezza, suggerendo adeguate linee d'azione da intraprendere. Fissando come obiettivo politico europeo per il Lussemburgo un tasso di occupazione del 70%, il Consiglio europeo ha esercitato considerevole pressione sui sistemi politici nazionali, spostando altresì l'attenzione dalla problematica della disoccupazione (con il suo corteo di misure compensative per fronteggiare la disoccupazione ed altre sovvenzioni per l'incentivazione dei singoli individui a dichiarare il loro stato di disoccupazione) all'occupazione regolare. Il concetto di sussidiarietà ha suggerito al Comitato la pratica di appoggiare e di animare gli attori locali (Meldolesi). Le iniziative comunitarie cofinanziate da fondi strutturali, quali l'iniziativa Urban, hanno pilotato sia progetti sia una serie di approcci. La strategia di coordinamento può fare in modo di evitare che le differenze esistenti a livello 12 legislativo tra le regioni confinanti determinino concentrazioni di attività irregolari da una parte del confine piuttosto che dall'altra (Hoffman). È stato altresì raggiunto un accordo sulla necessità per EUROSTAT di adottare un metodo comune per la fattorizzazione dell'economia sommersa nei suoi dati. A oggi alcuni uffici statistici nazionali stanno procedendo alla rettifica delle proprie stime in quanto esiste una parte sostanziosa dell'economia che sfugge alle valutazioni ufficiali, come l'ufficio italiano (che pubblica tali rettifiche ed impiega i dati corretti fornendo il proprio contributo agli enti internazionali) e quello tedesco (che non pubblica i dati corretti). 13 Per quanto riguarda le altre questioni, tuttavia, il dibattito è stato vivace. Ben presto è risultato evidente che i partecipanti facevano riferimento a differenti definizioni dell'economia sommersa. Alcuni approcci, ad esempio, fanno rientrare nell'economia sommersa attività criminali (traffico di stupefacenti e prostituzione) ed il settore informale (es.: scambi comunitari ed autoproduzione). Altri approcci, invece, fanno uso della definizione "europea": “qualsiasi attività retribuita di natura lecita ma non dichiarata”.4 Il concetto del ruolo svolto dall'etica variava anch'esso considerevolmente. Jonsson, ad esempio, era interessato al "reato economico" che comprende l'evasione fiscale. Altri partecipanti condividevano, con talune sfumature, questo approccio. Sotto questo punto di vista ciò che importa è il comportamento del singolo individuo: l'interesse è incentrato sui lavoratori e sugli imprenditori che evadono le tasse e sui contributi per la sicurezza sociale, sugli imprenditori che evadono la sicurezza, disposizioni ambientali e di localizzazione nonché su chi baratta merci e servizi. È scorretto considerare i lavoratori e gli imprenditori irregolari come dei criminali ("non è possibile fare di chi opera nell'economia sommersa un criminale"). Occorre piuttosto modificare il sistema degli incentivi (Huemer). Altri approcci, invece, addossavano la questione etica sulle spalle dello stato. I governi agiscono in modo non etico: Quando impongono eccessivi oneri fiscali e smodate disposizioni normative che frenano quindi l'economia; Quando, nel tentativo di applicare dei regolamenti e di quantificare con precisione nonché regolamentare le attività produttive, interferiscono nella vita delle persone, nel loro lavoro e nelle loro attività economiche; Quando trascurano di applicare le disposizioni di legge o l'imposizione fiscale incentivando quindi dei comportamenti individuali scorretti. La dimensione etica è particolarmente importante per quanto riguarda la regolarizzazione. Il messaggio che deve trasmettere una politica di regolarizzazione è il seguente: "dire la verità ed attenersi alle regole". (Meldolesi). Il ruolo del ricorso all'economia sommersa è stato anch'esso al centro di discussioni. Il dibattito ha portato a galla una miriade di opinioni. Alcuni concepiscono l'economia sommersa come una "patologia necessaria" in una società post-fordista, che dà flessibilità e prezzi più convenienti (Bonomi). Altri l'intendono come un elemento che fa parte di strategie imprenditoriali volte a soddisfare bisogni che sono, per altri versi, perfettamente legittimi (Bàculo). Per esempio, nella creazione spontanea di imprese le persone opererebbero nell'ombra per un periodo di tempo limitato al fine di "mettere sul banco di prova" la loro idea imprenditoriale e per imparare come gestire la loro impresa. Da questo punto di vista la mera repressione intralcerebbe inutilmente l'economia. Ancora, potrebbe rappresentare un modo per gli imprenditori di mettere in relazione il costo della manodopera con la sua produttività, specialmente nell'ambito della globalizzazione (Huemer). Il dibattito è stato altresì acceso sui metodi utilizzati per la valutazione dell'economia sommersa. Come precedentemente osservato, questa è una delle questioni su cui gli organizzatori volevano che fosse incentrato il dibattito. Le scelte metodologiche 4 Commissione europea (1998). Comunicazione della Commissione sul lavoro sommerso. Bruxelles, COM (98)219. 14 differivano in maniera considerevole. I partecipanti hanno presentato risultati ottenuti con un ampio ventaglio metodologico: modellamento macroeconomico, indagini, dati di gestione o ricerche sul campo.5 Inoltre, molti tra loro fanno ricorso a più di un metodo. Jonsson aveva fatto uso dei sondaggi condotti telefonicamente via e-mail e dei sondaggi condotti sul campo. Il Comitato italiano per la l'emersione del lavoro non regolare fa uso sia dei dati amministrativi sia dei risultati ottenuti con la ricerca sul campo. I metodi devono essere valutati a fronte degli obiettivi che vengono perseguiti. I metodi di "descrizione sommaria" come il modellamento macroeconomico ed i sondaggi consentono di ottenere una serie d'informazioni che fotografano la vastità del fenomeno dell'economia sommersa; in modo particolare i modelli macroeconomici consentono di effettuare utili raffronti. Quindi, sono utili se l'obiettivo è, ad esempio, quello di scoprire se il fenomeno sia abbastanza vasto da essere considerato rilevante, e se per tale obiettivo vale la pena di dedicare ulteriori sforzi di ricerca. Il lavoro di Schneider è stato fondamentale per mettere a fuoco l'attenzione europea su questa problematica mostrandone l'estensione e ponendo a confronto la sua portata nei differenti paesi. I metodi, tuttavia, forniscono poche informazioni sulle cause da cui trae origine questo fenomeno e sono quindi di scarso aiuto nella messa a punto di adeguate politiche al riguardo. Il modellamento macroeconomico può giustificare unicamente un numero limitato di macrovariabili equiparabili e facilmente quantificabili quali i livelli d'imposizione fiscale. L'impiego dei risultati forniti da questi metodi è tuttavia rischioso dal momento che i risultati si limitano alle variabili macroeconomiche scelte, questi si possono tradurre in raccomandazioni politiche che trascurano elementi importanti. Nelle sue osservazioni preliminari Teufelsbauer ha fatto notare che le regressioni tra l'estensione dell'economia sommersa ed i livelli d'imposizione fiscale indicano che i paesi dove esistono livelli di tassazione equiparabili (Germania e Austria, ad esempio) differiscono per quanto riguarda l'estensione stessa dell'economia sommersa.6 Fattori quali la cultura, la struttura dell'economia e le relazioni tra stato e cittadini influenzano il ricorso all'economia sommersa più dell'imposizione fiscale. La ricerca sul campo costituisce un terreno più compatto, che fornisce altresì maggiori informazioni per lo sviluppo di adeguate linee programmatiche. Una volta preso atto, utilizzando i metodi "di descrizione sommaria", che il problema è rilevante non è importante essere troppo precisi circa la portata dell'economia sommersa come ad esempio sapere se è pari al 7% o all'8,5% del PIL (Jonsson). La ricerca sul campo ha ancora un altro vantaggio (Bàculo). Se condotta nella maniera corretta è in grado di superare la diffidenza e la riluttanza che gli interpellati dimostrano nel fornire le informazioni richieste nell'ambito dei sondaggi d'opinione, qualche volta senza persino rendersi conto della mancata obiettività dei dati che raccolgono. Mentre i metodi di "descrizione sommaria" mirano alla semplificazione, isolando gli aspetti più importanti su cui lavorare, la ricerca sul campo è anch'essa in grado di affrontare la diversità individuando lo specifico groviglio di cause che determina il 5 Anziché di metodi si tratta di famiglie di metodi. I metodi di ricerca sul campo impiegati in Svezia differivano da quelli utilizzati in Italia. 6 Schneider ha affermato di non poter spiegare il perché di quanto accaduto. 15 ricorso all'economia sommersa in ogni paese o regione. La semplificazione è pericolosa, dal momento che le asimmetrie strutturali esistono non solo tra i vari paesi europei ma anche al loro interno. I casi più rappresentativi sono la Germania, l'Italia e la Spagna (Meldolesi). Inoltre, le disparità salariali superiori al 30 o al 40% sono vie socialmente e politicamente impraticabili. È quindi di fondamentale importanza aumentare la produttività nelle aree depresse. Le definizioni, il ruolo dell'etica e gli approcci metodologici hanno importanti conseguenze politiche. Le raccomandazioni politiche che emergono dagli approcci di tipo "sommario" applicate a livello nazionale e focalizzate sulla variabile osservata esortano ad esercitare una minor imposizione fiscale e a ridurre il numero di disposizioni normative inasprendone però l'applicazione. Se le cause dovessero essere strutturali, tuttavia, ciò che occorre è una politica di emersione volta al miglioramento delle condizioni in cui le persone svolgono la propria attività (Trigo). Un approccio sulla diversità che si fondi sulla ricerca sul campo ha anch'esso fornito raccomandazioni politiche "più sottili" in sintonia con le rispettive competenze di governo sul piano europeo, nazionale e locale. Ad esempio, Bàculo ha individuato un insieme di strumenti (benefici per gli imprenditori e per i lavoratori che decidono di "uscire dalsommerso") che stabiliscono lo stato di diritto, migliorano il funzionamento dei mercati, innalzano l'efficienza del governo ed eliminano le distorsioni dalle disposizioni normative (persino in aree apparentemente distanti quali il sistema della sicurezza sociale, le regolamentazioni di localizzazione, di edilizia abitativa o norme settoriali). La ricerca sul campo può fornire sia suggerimenti su cosa è necessario in un determinato settore o in un'area ben precisa e verificare e valutare quali linee politiche intraprendere e quali obiettivi raggiungere. Non soltanto differiscono profondamente tra loro le caratteristiche locali (e settoriali) specifiche dell'economia sommersa, ma anche l'applicazione di colonne nazionali??? varia considerevolmente da territorio a territorio. I legislatori devono quindi sbarazzarsi del concetto secondo cui " una misura va bene per tutti" (Stame). Altre differenze per quanto riguarda l'approccio da adottare riguardavano l'angolazione sotto cui considerare il problema: dove bisogna concentrare gli sforzi di ricerca e quelli politici? Una possibilità può essere quella di effettuare la ricerca e di operare nelle aree e nei settori in cui il problema presenta gli aspetti di maggior gravità. Un'altra opzione potrebbe essere quella di concentrarsi dove il processo di emersione è supportato da, e comporta, uno sviluppo economico, un mutamento positivo dal punto di vista sociale nonché l'attribuzione di autorità a gruppi sinora esclusi (come fa il Comitato italiano per l'emersione del lavoro non regolare). Il dibattito politico si è focalizzato sull'esperienza svedese (dove un progetto di ricerca ha prodotto una serie di raccomandazioni di natura politica ma non una politica vera e propria, presumibilmente per ragioni di stato) e su un'esperienza italiana (in cui una combinazione di politiche associata ad un bisogno spontaneo di regolarizzazione ha stimolato l'emersione dal sommerso da parte di 600.000 lavoratori). Negli ultimi anni l'Italia ha sviluppato una linea politica comprendente le violazioni tributarie, studi di settore (che mettono in relazione il reddito imponibile con il valore di determinati parametri), modifiche normative ed iniziative locali appoggiate centralmente. Il governo ha inoltre varato un importante piano di emersione che, per la prima volta, riconosce apertamente la dimensione imprenditoriale del fenomeno piuttosto che semplicemente a livello di manodopera. 16 17 Sintesi della seconda giornata „Economia sommersa: nuove questioni politiche a livello europeo“. Alexander Hofmann, Camera federale dell'economia austriaca Quanto segue è una sintesi del dibattito che si è tenuto nel corso della seconda giornata d'incontro sul tema "Economia sommersa: nuove questioni politiche a livello europeo". La lotta contro l'economia sommersa rappresenta una delle questioni maggiormente controverse quando si tratta della formulazione di una strategia di respiro europeo. Le esperienze nazionali presentate nel corso della prima giornata ed il contributo di Schneider hanno dimostrato molto chiaramente che l'economia sommersa è un problema che accomuna tutti gli stati europei. A prescindere dalle stime sull'entità dell'economia sommersa, tutti gli studi realizzati indicano un rapido aumento delle sue dimensioni. Nella maggior parte dei casi il tasso di crescita dell'economia sommersa è superiore a quello della "economia ufficiale". Secondo le stime dell'Unione europea l'economia sommersa sarebbe dell'ordine del 7 e del 16% del PIL, vale a dire un volume di lavoro di 10-28 milioni di persone impegnate in attività non legali. Il gruppo è concorde all'unanimità che il problema dell'economia sommersa è suscettibile di determinare situazioni di sfida considerevoli all'interno della UE nell'arco dei prossimi decenni per quanto riguarda lo sviluppo regionale, le finanze pubbliche, la spesa pubblica, il mercato del lavoro e la distribuzione del reddito. Gli stati membri dell'Unione europea devono intraprendere una serie di iniziative per alleviare queste problematiche in un futuro non molto distante, in quanto ogni ritardo renderebbe ancor più difficile la risoluzione di questi problemi. Quanto più si ritarderà nell'adozione di questi correttivi, tanto più questi implicheranno costi ingenti. Els van Winkel ha affermato con chiarezza che la Commissione europea ha seriamente preso in considerazione il fenomeno dell'aumento del lavoro non dichiarato. Nel 1998 la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione sul lavoro sommerso in Europa. Tale comunicazione analizzava le implicazioni e le cause che hanno dato luogo all'economia sommersa senza cercare di fornire una misurazione delle dimensioni del problema. L'idea era quella di avviare un dibattito di respiro europeo sui problemi crescenti determinati dal lavoro sommerso. Le implicazioni sono evidenti: le finanze pubbliche patiscono del lavoro sommerso così come il sistema sociale patisce della perdita contributiva sociale. Al contempo la maggior parte delle persone che vivono nell'Unione europea hanno accesso al sistema sociale e beneficiano dei vantaggi offerti da questo sistema. Ciò finisce col diventare un circolo vizioso e con l'aumentare delle proporzioni dell'economia sommersa il tasso di crescita dell'economia ufficiale si riduce ulteriormente mentre il tasso delle persone non occupate non accenna a diminuire. Le cause principali che sono state individuate possono essere interpretate come un esito raggiunto a livello legislativo e dell'implementazione dei sistemi sociali nell'ambito della UE, vale a dire che le origini dell'economia sommersa possono essere ritrovate nelle radici del "Modello sociale europeo". Sebbene i sistemi sociali dell'Unione europea siano per conformazione tra loro differenti, possiedono invece 18 principi comuni come i salari minimi definiti nei contratti di lavoro collettivi, sussidi di disoccupazione e prestazioni sociali per i lavoratori in regola ed i loro famigliari. Più importante: sono tutti finanziati dai contributi versati dalla popolazione attiva. I sistemi sociali costituiscono una delle cause principali del fenomeno per il costo relativamente alto del lavoro non salariale nell'ambito della UE (una delle forze trainanti dell'economia sommersa). Un'altra causa, seconda in ordine d'importanza, è rappresentata dagli oneri fiscali a carico delle aziende, ed in particolare il trattamento iniquo delle PMI e delle grandi imprese nel sistema fiscale nazionale che spinge le PMI all'attività sommersa se non sono in grado di tenere il passo con i regimi di produttività globale (gap produttivo). Nel suo discorso Teufelsbauer pone l'accento su questa argomentazione. Ma questa non è l'unica causa. Anche il processo di globalizzazione in atto porta ad una nuova struttura lavorativa in Europa. I beni immateriali di alta qualità nonché i servizi stanno assumendo sempre maggior importanza, il che significa che le attività meno qualificate ad uso intensivo di manodopera vengono trasferite nelle regioni a basso reddito del nostro pianeta. Quanto più un'economia produce beni e servizi immateriali, tanto più è esposta all'economia sommersa. Evidenziando i problemi ed indicandone le cause, la Commissione europea ha consigliato agli stati membri di aumentare la consapevolezza nei rispettivi paesi in vista dell'elaborazione di disposizioni sanzionatorie praticabili e per il reperimento di soluzioni di rimedio. Il Parlamento europeo ha chiesto appoggio nella lotta contro l'economia sommersa adottando una strategia di massima che costituisce parte integrante della strategia occupazionale europea. Da quando è stato siglato il Trattato di Amsterdam e del Lussemburgo, la Commissione europea ha iniziato a formulare, anno dopo anno, una serie di linee guida in tema di occupazione. La Commissione europea sta monitorando molto attentamente gli effetti e gli sforzi che sono stati intrapresi nei vari stati membri. L'analisi delle relazioni nazionali del 2001 ha evidenziato che sette paesi membri della UE hanno espressamente fatto riferimento ad alcune misure da adottare per far fronte al lavoro irregolare nei programmi nazionali messi a punto in materia di occupazione. L'analisi annuale dei piani d'azione nazionali costituisce la base per lo sviluppo delle linee guida del prossimo anno. Dal momento che l'economia sommersa assume le proporzioni di un problema crescente per il sistema sociale europeo, i criteri di riferimento per il 2002 conterranno esplicitamente una linea guida per il miglioramento delle strategie volte a contrastare il lavoro irregolare. Queste linee guida saranno focalizzate sull'introduzione di una serie di procedure di maggior semplicità (ad esempio a livello legislativo), per la predisposizione di controlli e sanzioni più rigorosi. La Commissione europea continuerà a monitorare gli stati membri dell'Unione europea vegliando sulle strategie che questi adotteranno e sui risultati raggiunti con la loro adozione. Dalla dichiarazione di van Winkel è emerso chiaramente che sebbene la Commissione europea stia esortando gli stati membri ad intensificare i loro sforzi nella lotta, le misure adottate devono essere sul piano nazionale e regionale. Il contributo più importante della Commissione europea è quello di accrescere la consapevolezza nei paesi membri, d'individuare delle sfide comuni e di contribuire allo sviluppo di strategie nazionali volte alla loro soluzione. Una delle iniziative europee potrebbe essere un concetto promosso dalla Germania, ossia quello dell'adozione di un codice comportamentale ben preciso sul piano europeo. 19 Nel suo intervento, Francis Rawlings, DG Regio, ha affermato che il lavoro irregolare è un fattore importante per lo sviluppo regionale e sociale. Il Fondo europeo per lo sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo (FSE), il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) ed il Fondo per le risorse ittiche e di coesione hanno due effetti positivi sull'economia sommersa: uno indiretto ed uno diretto. L'effetto indiretto comporta che tutti i fondi contengano delle condizioni di adempimento delle normative in vigore. Vale a dire che in pratica è difficile effettuare attività di tipo irregolare nell'ambito dell'utilizzo dei fondi. Rawlings ha anche dichiarato che il lavoro di volontariato e della sfera sociale è ricondotto al settore delle attività lavorative dichiarate grazie ad incentivi finanziari messi a disposizione dai fondi. Nel corso di un breve dibattito sugli effetti è emerso chiaramente che esiste tutta una serie di disincentivi, dal momento che le disposizioni che regolamentano i fondi sono considerate complicate. L'effetto diretto dei fondi è che aiutano le piccole imprese nelle regioni meno sviluppate a diventare più competitive. Questo non solo aiuta le aziende ma contribuisce altresì a sviluppare una sana infrastruttura economica e sociale nella regione eliminando le frodi. Piet Renooy di Regioplan (NL) ha presentato i primi risultati di uno studio condotto per la Commissione europea sulle misure adottate nei paesi membri dell'Unione per lottare contro il lavoro irregolare (la documentazione cartacea è disponibile e lo studio sarà presentato unitamente ai risultati raggiunti nell'ambito della conferenza di Ragusa). Piet Renooy ha indicato che il fenomeno dell'economia sommersa è strettamente connesso al contesto regionale e nazionale e che occorre tenere conto di questo fatto. Gli interventi della seconda giornata hanno evidenziato, come del resto nel corso della prima, che esiste un contenuto nazionale, regionale e locale molto forte che mette sul tappeto la seguente domanda: Esiste un aspetto europeo nella lotta contro il lavoro irregolare? Questa domanda è stata sviscerata grazie all'intervento di Teufelsbauer. Questi ha dichiarato che sembra che esista una causa comune del problema: il gap produttivo. Dal dibattito sulle esperienze nazionali nel corso della prima giornata dei lavori, è emerso chiaramente che le differenze a livello di produttività, sia intersettoriali che interregionali rappresentano un problema comune che costringe ad effettuare i servizi a uso intensivo di manodopera nell'economia sommersa se si vuole evitare di sparire dal mercato. Tuttavia questa non è la sola ragione. Nel corso della prima giornata, il ruolo della crescita del gap produttivo a livello interregionale è stato sottolineato dai rappresentanti italiani. Teufelsbauer ha presentato un modello in cui spiega i fattori responsabili dell'accentuarsi del divario produttivo intersettoriale, ossia i differenti tassi di crescita a livello di produzione e di servizi. L'argomentazione del gap produttivo è particolarmente rilevante se si prende in considerazione la pressione fiscale. Teufelsbauer conclude dicendo che questo problema necessita di una riforma coordinata di respiro europeo del sistema tributario al fine di porre fine ad un circolo vizioso, particolarmente per quanto riguarda i servizi a uso intensivo di manodopera. La riforma fiscale di respiro europeo deve concentrarsi sui seguenti punti: misure fiscali per rendere più conveniente la fruizione di servizi ad uso intensivo di manodopera. spostare la base imponibile verso basi meno mobili, vale a dire consumi o edilizia abitativa. 20 Nel suo discorso Moro ha fatto riferimento all'esperienza italiana presentata nel corso della prima giornata dei dibattiti. Ha espresso esplicitamente che le misure intraprese a livello europeo sono limitate, in quanto l'economia sommersa è il risultato non solo di un contesto regionale o locale, ma anche del tipo di cultura di una regione. L'esperienza italiana nella lotta all'economia sommersa ha dimostrato che il rischio maggiore è quello di fare affidamento su un'unica misura d'intervento. È necessario predisporre un intero strumentario armonizzato. A livello europeo gli stati membri devono condividere le proprie esperienze ed idee. Sarebbe estremamente utile raccogliere e discutere i differenti approcci adottati dai vari stati membri nella lotta al lavoro irregolare al fine di dotare i governi e le istituzioni nazionali di un insieme di buone pratiche volte, ad esempio, a mettere a punto un valido strumentario politico. Questo approccio consentirebbe alle autorità nazionali di scegliere le strategie ritenute migliori ad essere applicate nel proprio paese o nella propria regione (disposizioni di sussidiarietà). Tutti i partecipanti sono concordi sul fatto che il fenomeno dell'economia sommersa abbia due cause principali: il gap produttivo interregionale e quello intersettoriale. In entrambi i casi il cuneo fiscale e le spese per il modello sociale europeo avvalorano questa tesi. Per combattere l'economia sommersa occorre mettere a punto una serie di politiche: volte a restringere il divario produttivo tra il settore della produzione e quello dei servizi ad uso intensivo di manodopera (politica strutturale), tese a ridurre gli incentivi forniti dal modello sociale europeo e per riformare il sistema tributario in modo tale che la base imponibile sia meno esposta a variazioni Il contesto politico chiave sarà rappresentato dalla politica strutturale e dalla politica tributaria volte a ridurre il divario produttivo. In entrambi questi ambiti la Commissione europea e le parti sociali svolgono un ruolo di preminenza. Un buon punto d'inizio per un dibattito esauriente è lo studio sul lavoro irregolare avviato dalla Commissione europea. Questo studio fornisce agli enti nazionali e locali un insieme di spunti per far fronte all'economia sommersa nei vari paesi. Insieme alle parti sociali occorre ispessire il dibattito sui differenti approcci da adottare a livello europeo. Bisogna affermare con chiarezza che lottare contro l'economia sommersa non significa mettere in questione il modello sociale europeo, bensì attribuire maggiore importanza al dialogo sociale. Vi è il rischio che i politici discutano di questa lotta in maniera troppo semplificata. È quindi necessaria una continua interazione di tutte le parti a tutti i livelli per far fronte a questo problema. Non possiamo fare affidamento su una soluzione unificata sviluppata a livello europeo. Vi è un forte bisogno di analizzare in maniera più dettagliata la molla che ha generato questo fenomeno. Sarà questo uno dei compiti principali che si assumerà l'Accademia in collaborazione con la Commissione europea. 21 Conclusioni La necessità di iniziative politiche della UE Dr. Werner Teufelsbauer Il “lavoro irregolare” è esistito sin da quando la dichiarazione dei redditi agli enti pubblici è stata resa obbligatoria. Ci sono stati dei periodi nella nostra storia in cui nascondere un'attività legale era sanzionato pesantemente da parte dei governi. Alla fine della seconda guerra mondiale, ad esempio, allevare un maiale "nella clandestinità" implicava il rischio di una pena capitale per l'allevatore responsabile. Nei decenni di piena occupazione e di alta crescita successivi alla seconda guerra mondiale, il lavoro irregolare esisteva praticamente in tutti i paesi, ma non era considerato come un problema pratico rilevante. Gli enti locali non erano molto attivi nel far rispettare le regole. Solamente negli anni '90 la questione incominciò a figurare sull'agenda delle politiche economiche nazionali nonché su quella dell'Unione europea. Le dimensioni della "economia sommersa", la sua crescita dinamica e la tendenza ad inglobare, direttamente ed indirettamente, sempre più sfere della vita economica, pubblica e civile hanno concentrato su di essa l'attenzione dei legislatori e dei ricercatori. Nel gioco dell'economia sommersa vi sono sia vincitori che vinti. La finanza pubblica e le PMI che operano nel "settore formale" appartengono chiaramente alla categoria dei perdenti. Un esame più accurato, tuttavia, mostra che la società nel suo complesso godrebbe di miglior salute se la dinamica dell'economia sommersa potesse essere arrestata. Il problema non può essere risolto unicamente mediante le politiche nazionali in quanto esiste un ruolo ben preciso per le iniziative politiche della UE. A. Una definizione: dalla “economia sommersa” al “lavoro irregolare” Attualmente, nell'ambito di questo dibattito, si utilizza una serie di definizioni. Ogni definizione serve ad uno scopo ben preciso. La ricerca empirica, la ricerca sul campo, la produzione legislativa in ogni stato membro hanno ognuna singolarmente il proprio obiettivo e i propri limiti, ed utilizzano una loro definizione. Per motivi di praticità la ricerca empirica aggregata definisce solitamente l'economia sommersa come la "produzione di merci e servizi basata sul mercato, sia legale che illegale, che sfugge alle stime ufficiali del PIL" (Smith 1985). Utilizzando altre definizioni maggiormente differenziate e più mirate (es.: UE: "attività legali condotte in modo irregolare") sarebbe pressoché impossibile effettuare una stima empirica delle dimensioni del fenomeno economia sommersa. Tuttavia, questa definizione presenta una serie di inconvenienti se applicata alla produzione normativa in ambito economico: Le attività illegali quali il traffico di stupefacenti, la prostituzione, la frode, ecc. devono essere bloccate e non solamente legalizzate, ciò che dovrebbe costituire l'obiettivo per le "attività legali" svolte nell'economia sommersa. 22 Queste ultime attività sono estremamente auspicabili se ricondotte nel settore formale. Diversi paesi (l'Italia, ad esempio) hanno effettuato degli adattamenti in termini di PIL facendovi rientrare almeno dei segmenti dell'economia informale, mentre altri paesi sono tuttora esitanti. La definizione esclude quel tipo di produzione che non si basa sul mercato, sebbene vi siano buone ragioni per considerarla nel contesto dell'economia sommersa: - "Fai da te" a domicilio: un tipo di produzione basata sul mercato che rientra nell'economia sommersa non è l'unico modo per i consumatori di evitare il settore formale. Il "fai da te" è l'alternativa. Sin tanto che questa alternativa non è considerata come fine a se stessa (hobby) l'alternativa migliore al settore formale o al settore del mercato informale (il "fai da te a domicilio") deve essere compresa nella definizione della "economia sommersa in senso lato". - L'appoggio del governo: dove non esiste un'offerta di beni e di servizi alternativa con una elasticità della domanda a prezzi poco elevati (assistenza sanitaria, edilizia abitativa), solitamente la pressione politica induce i governi a sovvenzionare la produzione del mercato formale o persino a fornire questi beni e servizi autonomamente e gratuitamente. In entrambi i casi la produzione non è compresa nella definizione di economia sommersa, benché si tratti di un tipico stratagemma per sfuggire al settore del mercato formale. I due casi appaiono di particolare rilevanza per i paesi dell'Europa settentrionale. Quindi, in un contesto politico tutte le attività legali estromesse dal settore formale dovrebbero essere inserite nella definizione di economia sommersa al fine di avere un quadro chiaro delle dimensioni e della struttura del problema politico. D'altra parte le attività non legali dovrebbero esserne escluse. La definizione tradizionale, quindi, è troppo ristretta e troppo ampia allo stesso tempo. Le valutazioni empiriche condotte su questa base possono essere considerate solamente come una vaga approssimazione. Il "lavoro irregolare", d'altra parte, è definito in modo troppo ristretto in quanto questa definizione non comprende il "fai da te a domicilio" e "il sostegno del governo" che potrebbero costituire altresì rilevanti elementi di politica. Suggerisce inoltre che il fenomeno sia sostanzialmente una "questione di manodopera", sebbene sia in gioco un certo numero di problemi economici e societari. La Commissione europea definisce il "lavoro irregolare" "come qualsiasi attività retribuita che è legittima per quanto riguarda la sua natura, ma che non è dichiarata agli enti pubblici, considerando le differenziazioni a livello dei sistemi di regolamentazione degli stati membri. Se si dovesse applicare questa definizione si escluderebbero le attività criminali come anche il lavoro che non rientra nel comune contesto di regolamentazione e che non deve essere dichiarato agli enti pubblici come le attività intraprese nell'ambito dell'economia nell'unità familiare.”7 Questa 7 Commissione europea 1998, Comunicazione della Commissione sul lavoro sommerso. Bruxelles COM (98) – 219, pagina 4. 23 definizione è utilizzata sia per lo sviluppo di politiche sia per la ricerca (sia quella sul campo che quella empirica). B. La dimensione dell'economia sommersa: sono disponibili soltanto stime approssimative Per ragioni ben oltre i problemi di definizione, la misurazione della dimensione del problema dell'economia sommersa è difficile. Esistono approcci sia diretti che indiretti (Schneider 2001). Gli approcci diretti si basano solitamente su una serie di indagini (Svezia) o sfruttano le discrepanze esistenti tra il reddito dichiarato per l'esazione fiscale ed i dati sul reddito risultanti dai controlli selettivi effettuati dalle autorità tributarie (dati di gestione). Gli approcci indiretti fanno uso degli indicatori (domanda di moneta, discrepanze tra la forza lavoro ufficiale e quella effettiva, incongruenze tra la spesa nazionale e le statistiche sul reddito) come elementi di riferimento per valutare l'entità dell'economia sommersa. Un approccio più sofisticato consiste nella valutazione di un modello econometrico basato sulla teoria statistica di variabili non osservate. Poiché questi metodi si sono rivelati imprecisi in vari settori, il fattore di stima più attendibile consiste in una media dei risultati derivanti da varie metodiche come indicato da Schneider (2001). Risultati principali 1999/2000 Quota maggiore di PIL Grecia Italia Spagna Belgio 28,7 27,1 22,7 22,7 Quota più bassa di PIL Svizzera USA Austria Giappone 8,6 8,7 9,8 11,2 Maggiore Danimarca Portogallo Spagna Francia +7,2 +6,8 +6,6 +6,2 Inferiore Paesi Bassi Svizzera USA Giappone +1,2 +1,9 +2,0 +2,4 Crescita della quota di PIL (punti percentuali), 1990-2000 Se diamo uno sguardo ai settori in cui il lavoro irregolare è più preminente, appare molto chiaro che questo rientra in un contesto di forte presenza delle PMI. I settori 24 maggiormente interessati sono settori in cui le strutture delle PMI sono piuttosto tipiche. In Austria, ad esempio, questi settori forniscono circa il 15% del valore aggiunto di questo comparto. Se il lavoro irregolare è confinato in questi settori una quota complessiva di lavoro irregolare del 7-25% può portare benissimo ad una quota di mercato di lavoro irregolare, nei settori interessati, del 50% e talvolta anche oltre. Una concorrenza sleale e/o una conflittualità con le disposizioni normative del governo sembrano, a questo punto, essere la regola piuttosto che l'eccezione. Di conseguenza, secondo Schneider (2001) la quota di lavoro irregolare nella forza lavoro ufficiale è considerevolmente elevata in taluni paesi (pari a circa un terzo in Italia e Spagna e ad un quinto in Germania e Svezia). Tuttavia, è importante notare che il lavoro irregolare è molto spesso un fenomeno "marginale", ossia che le persone ripartiscono il loro orario di lavoro tra le attività del settore formale e di quello informale. Più il lavoro irregolare è "marginale" più alto sarà il tasso di partecipazione della manodopera e più basso sarà il tasso di disoccupazione. È interessante notare come nella maggior parte dei paesi dove il fenomeno dell’economia sommersa é più sviluppato in termini di PIL, non corrisponde la crescita più alta in termini di lavoro illegale. Il Comitato italiano per l'emersione del lavoro non regolare sta conducendo una serie di ricerche avvalendosi di ancora un altro metodo che si fonda sui dati dell'occupazione in regola provenienti dalle banche dati di enti amministrativi (servizi di sicurezza sociale, registri di imprese, elenchi di professionisti, ecc.).8 Questo metodo genera informazioni riguardanti la dimensione e la strutturazione dell'occupazione in regola - un importante indicatore dello stato in cui versa l'economia. Questo metodo non fa una stima dell'entità del lavoro irregolare o dell'economia ombra, ma fornisce tuttavia le basi per lo sviluppo di obiettivi politici valutando la portata effettiva della carenza di posti di lavoro regolari. La carenza di posti di lavoro di questo tipo rappresenta il differenziale tra il numero attuale di lavoratori in regola ed il tasso di occupazione target.9 C. Una tipologia di lavoro irregolare Sarà possibile lottare efficacemente contro il lavoro irregolare soltanto se si dispone di un modello sperimentale che descriva le sue cause ed i suoi effetti e se si sa dell'esistenza di un modello comune applicabile a tutti i paesi o se vi è una varietà di modelli con un potere descrittivo differente a seconda dei paesi interessati. I risultati raggiunti da Schneider nel 2001 indicano che: Pesanti oneri tributari e contributi per la sicurezza sociale barriere di regolamentazione elevate peculiarità del settore pubblico fattori culturali generali 8 Il Comitato ha fatto uso di questo metodo in due studi: “Il lavoro regolare in Italia” (Regular Employment in Italy, 2000), “Il lavoro regolare in quattro province meridionali” (Regular Employment in four Southern Counties, 2001). 9 In Italia, ad esempio, le persone regolarmente occupate costituiscono solamente il 50% della forza lavoro, mentre l'obiettivo per l'Unione europea per il tasso di occupazione nel 2010 è un 70%. 25 la specifica circolarità delle attività economiche sembrano essere le ragioni più importanti alla base di una molteplicità differenziata in termini di estensione del problema del lavoro irregolare nei vari paesi. I documenti presentati nell'ambito della Conferenza dell'Accademia di Avignone che si è tenuta a Ragusa hanno dimostrato che non esiste soltanto un modello che spieghi l'esistenza del lavoro irregolare in un paese specifico. I documenti indicano piuttosto che in ogni paese sono in atto differenti modelli e che in determinati paesi alcuni sembrino essere dominanti. Questo implica che non esiste una sola politica che possa essere applicata con successo in tutti i paesi allo stesso tempo, sebbene sia possibile individuare alcune caratteristiche comuni. Il modello del gap produttivo interregionale: l'importanza delle barriere non tributarie L'ubicazione della conferenza dell'Accademia di Avignone nel Mezzogiorno e la documentazione italiana presentata in occasione di questo simposio hanno contribuito ad individuare la seguente tipologia di lavoro irregolare: Una regione in cui esistono alte barriere tra il settore formale e quello informale. In questo contesto il settore pubblico regionale sembra svolgere un ruolo cruciale. La qualità dei servizi governativi piuttosto bassa, la corruzione ed una carenza generale di lealtà di fronte alle autorità governative rendono molto difficile l'acquisizione dei requisiti necessari per lavorare nel settore dell'economia formale a costi ragionevoli; al contempo la presenza della corruzione è indice di una considerevole tolleranza nei confronti del settore informale. Esiste una mobilità relativamente bassa tra il settore formale e quello informale (gli immigrati irregolari svolgono un ruolo importante). Il settore informale copre praticamente tutti i rami delle attività economiche. Solamente una piccola parte del lavoro informale è "marginale". La produttività del settore informale è considerevolmente inferiore (divario di abilità professionali, divario negli investimenti) rispetto a quella del settore formale. A causa del divario di produttività il settore informale non sarebbe competitivo se raffrontato a quello formale (prevalentemente in altre regioni diverse dal Mezzogiorno) a meno che si risparmi su certi costi quali gli oneri fiscali, i contributi per la sicurezza sociale, la formazione, la tutela sanitaria, ecc. Gli enti pubblici sembrano tollerare questo tipo di comportamento. È stato suggerito che le barriere di natura non tributaria (sebbene diverse da quelle esistenti in Italia) possano anche avere un certo potere chiarificatore per quanto riguarda la situazione nell'ex Germania orientale. Il modello del gap produttivo intersettoriale: l'importanza degli aumenti di prezzo relativi Questo modello fa riferimento a settori (ad uso intensivo di manodopera, statici dal punto di vista regionale ed orientati al servizio) laddove la crescita della produttività è considerevolmente inferiore a quella degli altri settori quali ad esempio quello manifatturiero, dei servizi ad alto contenuto tecnologico, di 26 consulenza, ecc. In un mercato del lavoro competitivo l'aumento salariale è pressoché identico in tutti i settori. Questo aumento è guidato dal settore che è contraddistinto da un'alta crescita in termini di produttività e non può essere eguagliato dall'aumento di produttività nel settore a bassa crescita. Quindi, nel settore a bassa crescita di produttività il costo in aumento della manodopera deve essere coperto da un incremento dei prezzi dei prodotti. Opzione 1: nel caso di elasticità della domanda in presenza di prezzi elevati bisognerà intervenire con la sostituzione del prodotto: maggior domanda per prodotti più a buon mercato che appartengono al settore ad alta crescita produttiva, minor domanda per i prodotti più dispendiosi del settore a bassa crescita in termini di produttività. Onde evitare di subire perdite a livello di vendita, le attività commerciali dovranno confluire nel settore formale e questo consentirebbe una minore imposizione fiscale, contributi per la sicurezza sociale e costi di adempimento. Dal momento che attualmente le barriere istituzionali e culturali tra il settore formale ed informale sono basse, è possibile affermare che il lavoro informale sia "marginale" in senso lato. Quindi, non esiste pressoché alcun divario di produzione tra il settore formale e quello informale. Le società e le imprese individuali si trovano contemporaneamente sia nel settore informale che in quello dell'economia formale. Il settore informale è limitato ai rami delle attività in cui è difficile esercitare il controllo pubblico. L'aspetto della corruzione è limitato ma vi è un senso di tolleranza generale. Opzione 2: in una situazione in cui l'elasticità della domanda è concomitante alla presenza di prezzi modesti, e in cui si provvede alla sostituzione dei prodotti, i consumatori tendono ad esercitare pressione politica sui governi al fine di garantire "beni e servizi (servizi sanitari, alloggi ecc…) accessibili". Il modello del gap della domanda: l'importanza di una crescita economica di piena capacità In una situazione di recessione le imprese subiscono quasi automaticamente una perdita economica, mentre i loro dipendenti perdono il posto di lavoro. Nei settori in cui il controllo pubblico è difficile da esercitare o richiede costi molto ingenti, le società o le imprese individuali sono tentate di ovviare a queste perdite subite nell'economia formale avviando attività nell'ambito dell'economia informale dove sono in grado di praticare prezzi più accessibili. A seguito di un periodo di espansione economica la domanda riprende sospinta da una potenziale ripresa in termini di produzione, e con la piena occupazione la maggior parte del lavoro ritornerà a confluire nel settore formale. Il modello di massimizzazione del reddito netto: l'attrattiva del "free riding" Anche in assenza di gap produttivo e di gap della domanda e di barriere per avviare l'attività economica, le società e i singoli sono tentati di entrare nel settore informale (marginalmente al fine di conservare il loro diritto alle indennità sociali) sin tanto che sussistono una imposizione fiscale elevata, i contributi per la sicurezza sociale ed i costi di adempimento. Il lavoro non dichiarato è semplicemente una strategia per aumentare il reddito personale netto alle spese della comunità nel suo complesso. Questo modello è stato individuato solo recentemente nell'industria europea degli 27 autotrasporti. In almeno un paio di stati membri dell'Unione europea le regole per l'immigrazione consentono alle compagnie di autotrasporti di assumere conducenti di camion da paesi terzi senza alcuna limitazione di contingenti purché questi conducenti non esercitino fisicamente questo lavoro nel rispettivo paese; questa regola è presto violata, dal momento che questi conducenti operano nei trasporti internazionali. Le società devono pagare le tasse sui salari, devono tutelare i loro lavoratori con delle coperture assicurative sulla salute e devono accertarsi che i conducenti non abbiano diritto a pensioni per anzianità nei loro paesi natali. Gli autotrasportatori entrano nel territorio della UE esibendo un visto turistico ed ottengono i permessi di residenza nei due paesi interessati purché in possesso di un contratto di lavoro con le società di autotrasporti alle condizioni precedentemente descritte. Quindi, dal punto di vista legale i due paesi offrono praticamente un accesso illimitato nel territorio della UE agli autotrasportatori provenienti da paesi terzi che vengono retribuiti a livelli salariali molto bassi. Ufficialmente le società che assumono questi autotrasportatori devono corrispondere retribuzioni fisse regolamentate da accordi salariali collettivi. Tuttavia gli autotrasportatori dei paesi terzi sono disponibili a lavorare a condizioni inferiori in termini sia di retribuzione che di orario di lavoro, una situazione comunque migliore rispetto a quella del paese da cui provengono. Il lavoro non dichiarato, quindi, è un fenomeno alquanto comune nelle società che hanno accesso ad una manodopera estera illimitata. Per ottenere l'accesso le società spostano le loro sedi nei due paesi comunitari precedentemente citati. Questo significa maggior valore aggiunto per questi paesi ma anche sempre più lavoro non dichiarato nelle attività di autotrasporto e minor sicurezza sulle strade di tutta Europa. D. Le dinamiche dei circoli viziosi Nella maggior parte dei paesi europei il settore informale è costituito da una combinazione di vari modelli per il lavoro non dichiarato cui si è fatto precedentemente riferimento. Ogni modello è un sistema che contiene al suo interno dei "circoli viziosi" che portano l'economia ad acquisire fette sempre maggiori del settore informale in termini di PIL complessivo. I circoli viziosi sono alimentati da fattori esterni come la crescita della produttività, barriere normative e dal cuneo fiscale (compresi i contributi per la sicurezza sociale). Quanto più importanti sono questi fattori tanto più il circolo vizioso è dinamico, sebbene esista anche una tendenza alla regolarizzazione quando le società s'ingrandiscono o quando esistono disposizioni politiche che, in molti casi, non possono nemmeno essere applicate alle attività non dichiarate, ma che cionondimeno hanno effetti collaterali positivi. Il "circolo vizioso del cuneo fiscale": un incremento delle attività del settore del lavoro informale implica una base imponibile in contrazione ed entrate pubbliche in ribasso. Se tutto ciò è controbilanciato da tassi tributari più pesanti la pressione fiscale nel settore formale aumenta portando quindi più aziende nel settore informale. Il “circolo vizioso della spesa pubblica”: quando aumenta la domanda di un appoggio finanziario da parte dello stato e di servizi pubblici gratuiti (a causa dell'aumento del prezzo dei beni caratterizzati da una bassa elasticità al prezzo e da una bassa disponibilità nel settore informale) occorrono maggiori finanziamenti pubblici, vale a dire una maggiore imposizione fiscale che a sua volta alimenta il settore informale e la domanda di un maggior sostegno da 28 parte del governo. Tutto questo fa inoltre acquistare nuovo slancio al "circolo vizioso del cuneo fiscale". La "trappola della povertà”: l'esistenza di alte barriere tra il settore formale e quello informale, nonché il lavoro informale non marginale, escludono le aziende ed i singoli dalle misure di sostegno del governo, dalle infrastrutture formative, ecc. che rimangono accessibili unicamente a chi svolge le attività dichiarate. Di conseguenza il gap produttivo intersettoriale-interregionale si allarga spingendo chi svolge attività non dichiarate a richiedere un trattamento economico più modesto e standard sociali ancora più bassi e risorse più limitate per effettuare investimenti e a scopo formativo. Il “dilemma dei prigionieri del circolo vizioso del lavoro”: dal momento che le imprese individuali ed i dipendenti cercano di controbilanciare la perdita economica nel settore formale dovuta alla recessione offrendo lavoro a prezzi inferiori di quelli praticati nel settore informale e dal momento che tutte le imprese/dipendenti agiscono allo stesso modo, la domanda complessiva aumenterà solo in maniera lieve ed il gettito fiscale subirà ripercussioni negative. A questo punto la capacità dei governi di lottare contro la recessione mediante la politica fiscale è a repentaglio. E. Perché il lavoro sommerso dovrebbe suscitare preoccupazione Le società moderne altamente sviluppate sono sistemi sofisticati il cui successo dipende molto da una interazione aproblematica tra il settore pubblico, le imprese e la società civile. Inoltre, condizioni eque per tutti e la giustizia sociale sono il requisito fondamentale per uno sviluppo sostenibile. L'esistenza del lavoro non dichiarato indica che questa interazione non funziona correttamente e che esiste soltanto una equità ed una giustizia sociale limitata. Allo stesso tempo il lavoro dichiarato stesso è fonte di distorsioni sempre crescenti, condizioni inique ed ingiustizie sociali (circoli viziosi). Questo è vero nonostante il fatto che è possibile citare alcuni aspetti positivi (Trigo Portelo). Tuttavia se si dovessero abbattere le barriere normative, culturali e fisiche che sono all'origine del lavoro non dichiarato questi aspetti positivi permarrebbero nonostante la scomparsa del lavoro sommerso. Perché i governi dovrebbero preoccuparsi: oltre ai problemi finanziari che insorgono a causa dei "circoli viziosi delle entrate pubbliche e della spesa pubblica" esiste il problema più generale della mancanza di equità e di giustizia sociale dovuta al lavoro informale. La corruzione e la frode sono entrambe cause e conseguenze del lavoro non dichiarato. Quindi, una interazione fluida tra il governo ed il settore della pubblica amministrazione è sempre più difficile e la lealtà nei confronti del governo tende a scomparire. Perché i contribuenti dovrebbero preoccuparsi: coloro che non possono fare ricorso al settore informale (dal punto di vista dell'offerta e della domanda) devono farsi carico del crescente fardello tributario (dovuto al circolo vizioso), mentre gli altri sono degli opportunisti. Maggiori entrate derivanti da un utile lordo non necessariamente sono sinonimo di un tenore di vita di livello superiore. I dati statistici ufficiali sulla distribuzione del reddito e della ricchezza sono sempre più parziali: molti di coloro che rientrano tra gli "statisticamente poveri" non sono così poveri come dicono di essere. Alcuni 29 possono diventare persino molto ricchi. Le statistiche ufficiali sulla distribuzione del reddito e della ricchezza sovrastimano e sottostimano al contempo l'oscillazione della distribuzione delle ricchezze. Un senso d'ingiustizia generalizzata distrugge il consenso nazionale per un'azione solidale. Perché i "veri poveri" dovrebbero preoccuparsi: il lavoro non dichiarato (marginale) fornisce accesso al sistema statale delle agevolazioni sociali a costi estremamente bassi (contributi di previdenza sociale) e, allo stesso tempo, consente di avere un reddito netto relativamente elevato. I lavoratori del sommerso (marginale) ottengono, quindi, più vantaggi versando nelle casse del governo meno del dovuto. Ciò assottiglia la disponibilità dei fondi pubblici accantonati per sostenere chi si trova in condizioni di povertà effettiva. Perché le piccole imprese e la manodopera non marginale dovrebbero preoccuparsi: le PMI sono pesantemente colpite dalle conseguenze del lavoro non dichiarato. Il problema, tuttavia, non è mai assurto a questione d'interesse determinante per i decisori delle PMI. Le PMI stesse si sono dimostrate riluttanti a mettere sul tappeto la questione politica. Si sono forse tirate indietro in quanto la maggior parte di loro patisce le ripercussioni negative di questo tipo di attività ed è al contempo coinvolta nel lavoro sommerso? Come possono evitare di essere accusate di ipocrisia? Sono coinvolte in quanto la maggior parte di esse opera nel settore a bassa crescita produttiva dal momento che i metodi legali per l'elusione fiscale dei paradisi fiscali non sono così facilmente accessibili come per le grandi aziende e in quanto i costi di adempimento hanno solitamente un costo fisso che va ad aumentarli rispetto ai costi per le grandi attività economiche. Operando nel settore dell'informale allora sia le imprese non marginali sia i lavoratori sono esclusi dai programmi di sostegno pubblico (investimenti, formazione, ecc.) che le mantiene incatenate nella trappola della povertà. Perché i consumatori dovrebbero preoccuparsi: comprare beni e servizi dall'economia sommersa implica un livello basso o inesistente di protezione del consumatore. Passare al fai da te a domicilio deteriora la qualità della vita del consumatore. Perché gli economisti dovrebbero preoccuparsi: il fai da te a domicilio, ma probabilmente anche il lavoro non dichiarato non marginale ed i servizi messi a disposizione dal governo, sono meno efficienti rispetto alle attività professionali in un ambiente competitivo. L'economia nel suo complesso, quindi, sarà meno produttiva. F. Soluzioni La conferenza di Ragusa ha stigmatizzato un concetto: esiste tutto un insieme di ragioni che spiegano l'esistenza del lavoro sommerso. Alcune cause sono comuni a tutti i paesi della UE, altre hanno piuttosto un carattere di specificità a seconda del paese interessato. Persino le motivazioni comuni hanno un peso diverso a seconda dello stato coinvolto. Non esiste paese in cui esista una sola causa all'origine del lavoro non dichiarato. Per questo motivo 30 - Non esiste soltanto un'unica misura adatta per ogni singolo paese, ma vi è necessità di un intero pacchetto di misure (policy mix), Il policy mix deve variare a seconda del paese in questione. La conferenza di Ragusa ha altresì fornito un'utile analisi sulle disposizioni d'intervento che sono già state adottate e sulla loro efficacia. Gran parte di queste disposizioni sono mirate ad un intero insieme di obiettivi, la maggior parte dei quali vanno oltre il lavoro non dichiarato, ma che hanno avuto almeno degli effetti collaterali benefici per quanto riguarda il sommerso. Alcune disposizioni sono state messe a punto specificatamente per la lotta al lavoro sommerso. Alla fine è emerso che vi è ampio spazio per delle soluzioni regionali ben precise (Mezzogiorno) benché, in molti casi, esista anche una chiara dimensione comunitaria. “Politica d'emersione”: (Italia). La documentazione italiana presentata alla conferenza di Ragusa ha descritto l'imponente progetto di lotta al lavoro sommerso nel Mezzogiorno dove i problemi culturali in senso più lato sono di estrema importanza. Il progetto prevede il mutamento dell'ambiente normativo, il miglioramento dei servizi governativi, periodi di transizione in cui le disposizioni tributarie e le retribuzioni preferenziali sono applicate a coloro che intendono emergere dalle attività sommerse. I risultati raggiunti sono stati incoraggianti, sebbene non sia ancora possibile trarre conclusioni finali sul successo del progetto. “Riforma normativa”: per vari paesi le modifiche apportate in ambito normativo, in particolare per quanto riguarda il mercato della manodopera, hanno evidenziato risultati positivi quali, ad esempio, quelli raggiunti in Spagna. La presenza di una regolamentazione del mercato del lavoro più flessibile rende meno oneroso e meno rischioso per le imprese sia il licenziamento che l'assunzione di nuova manodopera emersa. Una crescita economica accelerata: una crescita economica più sostenuta estende automaticamente la domanda di lavoro dichiarato (Spagna, ad esempio). Disposizioni di applicazione più severe: alcuni paesi come la Svezia tendono anche ad intensificare il controllo da parte degli enti pubblici sulle attività economiche e ad applicare nuovi metodi di controllo quali la tracciabilità patrimoniale. Pare esservi tuttavia un chiaro limite a queste misure: un'applicazione più rigorosa non solo intensificherebbe i costi dell'applicazione normativa, ma, oltre una soglia ben precisa, comporterebbe una certa insoddisfazione a livello sociale. Inoltre, il lavoro non dichiarato non confluirebbe probabilmente nel settore formale. Le forze del mercato estrometterebbero i servizi di un certo costo dalle attività economiche, i cittadini di reddito inferiore non potrebbero più permettersi i servizi e la pressione esercitata sul governo per l'erogazione di servizi/sovvenzioni a titolo gratuito aumenterebbe. Riforma fiscale: il cuneo fiscale tra reddito lordo e reddito netto è un problema comune a tutti i paesi. Dal momento che un'applicazione più severa delle disposizioni normative ha in sé dei propri limiti, una chiara strategia sarebbe quella di ridurre l'onerosità dei contributi fiscali e della sicurezza sociale su quelle attività economiche che possono essere facilmente spostate 31 nel settore informale. Sin tanto che le spese governative non potranno essere ridotte alla stessa aliquota occorrerà trovare nuove basi impossibili e contributi per la sicurezza sociale ed effettuare il prelievo fiscale su altre basi con aliquote superiori quali ad esempio l'applicazione di imposte indirette sui prodotti tangibili che non possono essere facilmente prodotti nel settore informale). Inoltre, gli incentivi finanziari per il consumo del lavoro dichiarato potrebbero rendere meno interessante il lavoro sommerso (es.: controlli sui servizi). G. Il contesto della Comunità europea I documenti prodotti nel corso della conferenza di Ragusa indicano molto chiaramente la specificità per ogni singolo paese del problema del lavoro non dichiarato. Tuttavia, leggendo con maggior attenzione le relazioni presentate, si percepisce chiaramente che esiste un contesto di politica comunitaria ben preciso sotto diversi punti di vista: L'esempio del Mezzogiorno italiano indica che la "politica di emersione" deve far parte di una politica di sviluppo regionale, la cui messa a punto e la cui creazione non possono essere realizzate senza la supervisione normalizzante dell'Unione europea ed il suo supporto finanziario. Le esenzioni fiscali a carattere transitorio per l'emersione dal sommerso che consentono una certa flessibilità possono essere considerate come aiuti governativi e, di conseguenza, richiedono l'approvazione da parte della UE. Nei mercati aperti le riforme fiscali nazionali che implicano importanti alternanze tra le varie basi imponibili non possono più essere realizzate dai singoli paesi autonomamente. La maggior parte delle basi imponibili di una certa rilevanza, almeno in una certa misura, sono mobili a livello internazionale. Dal momento che il cuneo fiscale è un problema che accomuna praticamente tutti i paesi della UE, una riforma coordinata dall'Unione europea del sistema fiscale (ma senza un'armonizzazione delle aliquote fiscali) sarebbe assai auspicabile. Va da sé che l'incentivazione della crescita economica rappresenta oggi una responsabilità politica della UE. Rimane da vedere se gli strumenti politici attualmente disponibili sono adeguati ed efficienti. La domanda e l'offerta di manodopera deve essere mantenuta in una situazione di equilibrio di lunga durata che consenta quindi, nell'ambito dell'Unione europea, adeguati livelli salariali, condizioni di lavoro e standard di sicurezza in tutti i rami di attività. Occorrerebbe dunque che le disposizioni legislative della UE ponessero fine alle scappatoie esistenti in alcuni paesi comunitari che consentono un accesso illimitato alla manodopera dei paesi terzi a certe industrie della UE. L'allargamento della UE dovrebbe avvenire in modo concomitante con periodi di transitorietà per i mercati della manodopera. Un'analisi continuata dell'economia della UE e delle attività di benchmarking (analisi comparativa) costituiscono una base comune sia per la riforma nazionale che per quella della politica dell'Unione europea, ossia per quanto riguarda il lavoro non dichiarato. 32 La competitività globale delle imprese europee è diventata una delle preoccupazioni fondamentali dell'Unione europea. Entro i prossimi dieci anni l'Europa intende diventare l'area più competitiva a livello mondiale. A oggi la questione della competitività interna del settore formale rispetto al comparto informale è stata abbastanza trascurata, sebbene esistessero alcune iniziative degne di nota avviate dal Parlamento europeo e dalla Commissione europea. Al contempo il lavoro informale è uno dei problemi più importanti che affligge le PMI europee e qualsiasi politica attuata dalle piccole e medie imprese nell'ambito della UE se non è associata ad una lotta efficace al lavoro sommerso rimane un puro impegno formale. 33 RINGRAZIAMENTI La ricerca è stata promossa da un gruppo costituito da esponenti di organizzazioni appartenenti a vari paesi della UE, membri della UEAPME ed in particolare: la Wirtschaftskammer Österreich (Austria), la Confartigianato e la Confederazione Nazionale dell'Artigianato e delle Piccole Imprese italiane ed è stata supportata dal Comitato Nazionale per l'emersione del lavoro sommerso (governo italiano), dalla Camera di Commercio e dal comune di Ragusa. L'Accademia di Avignone desidera ringraziare le PMI e l'ente Artigianato, nonché i promotori della ricerca, tutti gli esperti che hanno preso parte al seminario di Ragusa, la Camera di Commercio ed il comune di Ragusa, Gerhard Huemer di UEAPME per aver promosso il lavoro di ricerca presso la Commissione europea, i due relatori Laura Tagle ed Alexander Hofmann, il prof. Luca Meldolesi, presidente del Comitato Italiano per l’emersione del lavoro sommerso, il prof. Werner Teufelsbauer, direttore del Comitato scientifico dell'Accademia di Avignone e Blando Palmieri per l'organizzazione della manifestazione. Un ringraziamento particolare al presidente e segretario del CNA di Ragusa, Giuseppe Cascone ed a Giuseppe Tumino per l'assistenza organizzativa e per la gentile ospitalità. 34 ELENCO DEGLI ESPERTI CHE HANNO PARTECIPATO ALLA RICERCA Prof. Liliana Bàculo, Università di Napoli, Italia Prof. Paolo Bonomi, Università di Bologna, Italia Dr. Alberto De Crais, CNA, Italia Dr. Gerhard Huemer, UEAPME, Direttore di economia politica, Bruxelles Dr. Henrik Jonsson, Ministero delle Finanze, Svezia Prof. Giuseppe Moro, Università di Bari, Italia Prof. Luca Meldolesi, Presidente del Comitato Nazionale per l’Emersione Mr. Blando Palmieri, Accademia di Avignone Dr. Francis Rawlinson, Commissione europea/DG Regio, Bruxelles Mr. Piet Renooy, Regioplan, Paesi Bassi Dr. Giorgio Russomanno, Confartigianato, Italia Prof. Friedrich Schneider, Università di Linz, Austria Prof. Werner Teufelsbauer, WKÖ, Austria, Direttore del Comitato Scientifico dell'Accademia di Avignone Prof. Joaquin Trigo Portela, Università di Barcellona, Spagna Dr. Els van Winckel, Commissione europea/DG Occupazione, Bruxelles 35 COS'È L'ACCADEMIA Blando Palmieri L'Accademia "di Avignone" è l'organo europeo di ricerca nonché un'organizzazione altamente formativa rivolta alle PMI e alle imprese artigianali. L'Accademia è stata promossa da UEAPME e dalle organizzazioni che vi hanno aderito nel 1999; prende il suo nome dalla città francese di Avignone dove l'idea di organizzare l'Accademia è stata lanciata nel corso della prima conferenza europea sulle PMI e sull'Artigianato. Le attività scientifiche dell'Accademia di Avignone sono caratterizzate da un approccio multidisciplinare alla ricerca che si concentra sulle PMI e sull'artigianato nonché dal valore aggiunto al lavoro di ricerca procurato dalla dimensione europea. Una rete di istituti di ricerca scientifica multidisciplinare presso gli stati membri della UE insieme ai paesi candidati (SCANet) sostengono le attività di ricerca condotte nell'ambito del progetto di "ricerca collaborativa". La pubblicazione periodica di articoli di qualità sulla ricerca scientifica sulla rivista elettronica rivolta alle PMI e alle imprese artigianali, nell'ambito di un approccio multidisciplinare e di respiro europeo. Master classes aperte ai direttori delle organizzazioni delle PMI, operatori nelle varie pubbliche amministrazioni nazionali, esperti, partner sociali ed esponenti di istituti europei fanno anch'essi parte del programma di valorizzazione dell'Accademia degli esiti ottenuti con la ricerca scientifica. L'Accademia di Avignone ha sede in Rue Jacques de Lalaing 4, 1040 Bruxelles. Per contattare la Segreteria dell'Accademia di Avignone si prega di inviare un e-mail al seguente indirizzo: [email protected] o telefonare allo 0032 2 2850709. 36 Membri del Comitato Scientifico dell'Accademia di Avignone Prof. Johan BORTIER UNIZO, Belgio Prof. Oriol HOMS Pimec-Sefes, Spagna Prof. Deirdre HUNT National University of Ireland, Cork, Irlanda Prof. Ovidiu NICOLESCU Economic Academy, Bucarest, Consiglio Nazionale delle PMI in Romania (CNIPMMR), Istituto di formazione manageriale di Bucarest, Romania Prof. Lucio POMA Università di Bologna, Italia Prof. Werner TEUFELSBAUER Wirtschaftskammer Österreich (WKÖ), Austria Membri del Consiglio Amministrativo dell'Accademia di Avignone Mr. Dieter Philipp Zentralverband des Deutschen Handwerks (ZDH), Germania Mr. Pascal Kneuss Assemblée Permanente des Chambres de Métiers (APCM), Francia Mr. Antonello Pezzini Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato (Confartigianato), Italia Mr. Paul Gilles Chambre des Métiers d'Avignon, Francia Mr. Bruno Menini Confederazione Nazionale dell’Artigianato e delle Piccole e Medie Imprese (CNA), Italia Mr. Kris Peeters Comité National Belge des Petites et Moyennes Entreprises (CNBPME), Belgio Prof. Werner Teufelsbauer Wirtschaftskammer Österreich (WKÖ), Austria Mr. Peter Vesterdorf Håndværksrådet, Danimarca 37 ALLEGATI Interventi dei partecipanti al seminario “Economia sommersa: evidenze empiriche ed argomentazioni per una nuova politica a livello europeo” Ragusa/Italia-20/21 Settembre 2002 L'economia sommersa: una politica comune europea per un problema comune? Prof. Werner Teufelsbauer, Direttore del Comitato scientifico dell'Accdemia di Avignone Le dimensioni e lo sviluppo delle economie sommerse e della manodopera dell'economia sommersa in 21 paesi OCSE. Che cosa sappiamo realmente? Prof. Friedrich Schneider, Università di Linz L'economia sommersa in Italia: i risultati delle analisi sul campo Prof. Liliana Bàculo, Università di Napoli Politica di normalizzazione dell'occupazione sommersa in Spagna: quadro analitico, misurazione e risultati* Prof. Trigo, Università di Barcellona, dipartimento di Teoria economica Il lavoro non dichiarato in Svezia: risultati, raccomandazioni e questioni di politica attuale Dr Henrik Jonsson, ex esperto dell'Ufficio Svedese di Revisione dei Conti Una politica europea comune da un processo di diversità Prof. Giuseppe Moro Università di Bari 38