Capitolo 3
Misura e Integrazione
Come abbiamo accennato nel capitolo precedente, lo spazio di Hilbert di maggior rilevanza per le applicazioni in Fisica Teorica è il completamento dello
spazio pCpRn q, Cq, delle funzioni continue da Rn a C, rispetto alla norma
indotta dal prodotto scalare (Cap. 2 formula (2.6)). La possibilità di definire l’integrale di funzioni con ridotte proprietà di regolarità, in particolare
di funzioni non continue, è condizione necessaria per attuare tale completamento. In questo capitolo svilupperemo la teoria astratta dell’integrazione e la specializzeremo alla costruzione degli spazi delle funzioni complesse
p´integrabili su Rn . La trattazione che ne daremo segue inizialmente il testo
di Lieb e Loos [1] con suggerimenti da [2] e [3].
3.1
Misura (teoria astratta)
La teoria astratta della misura procede inizialmente a caratterizzare la struttura delle famiglie di insiemi di cui si vuole definire una misura.
Dato un qualunque insieme Ω, la collezione Σ di sottoinsiemi di Ω che definiremo misurabili dovrà essere una σ - algebra, dovrà cioè avere le seguenti
caratteristiche:
i) (chiusa per complementazione) se A P Σ, allora Ac ” ΩzA ” tx P
Ω | x R Au P Σ;
ii) (chiusura per unioni numerabili) se A1 , . . . , An , . . ., è una famiglia nu8
ď
merabile di insiemi in Σ, allora
Ai P Σ;
i“1
1
2
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
iii) Ω P Σ.
Conseguenze della definizione
i) e ii) ùñ (chiusura per intersezione numerabile) se la famiglia A1 , . . . , An , . . .;
8
č
Ai P Σ @ i è numerabile allora
Ai P Σ
i“1
i) e iii) ùñ H P Σ.
Esempi
a) la più piccola σ-algebra di sottoinsiemi di Ω , Σ “ tH, Ωu
b) la più grande σ-algebra di sottoinsiemi di Ω : Σ “ PpΩq
con PpΩq insieme delle parti di Ω, ciòè l’insieme di tutti i sottoinsiemi
di Ω.
Data una qualunque famiglia F di sottoinsiemi di Ω, esiste una più piccola
σ-algebra Σ che contiene tutti gli elementi di F : infatti esiste PpΩq che
certamente contiene tutti gli insiemi in F e l’intersezione di due σ-algebre
è una σ-algebra. L’intersezione di tutte le σ-algebre che contengono F è
dunque la più piccola con questa proprietà.
La σ-algebra cosı̀ costruita si dirà generata da F .
Una misura µ su Σ è una funzione da Σ a R` (8 compreso) con le proprietà:
i) µpHq “ 0;
ii) (additività numerabile) se Ai ,˜i “ 1, .¸. . , n . . . è una famiglia numerabile
8
8
ÿ
ď
di insiemi disgiunti, allora µ
Ai “
µpAi q.
i“1
Conseguenze della definizione:
a) A, B P Σ, A Ă B ùñ µpAq ď µpBq
infatti µpBq “ µpAq ` µpBzAq ě µpAq;
i“1
3.1. MISURA (TEORIA ASTRATTA)
3
b) se Ai P Σ, @ i “˜1, . . . , n,
¸ . . . e A1 Ă A2 Ă . . .
8
ď
lim
µpA
Ai
nq “ µ
nÑ8
i“1
infatti
˜
µ
8
ď
¸
Ai
8
ÿ
“
i“1
µpAi`1 zAi q ` µpA1 q
i“1
“
“
lim
nÑ8
n
ÿ
µpAi`1 zAi q ` µpA1 q “
i“1
lim µpAn`1 q;
nÑ8
c) se Ai P Σ, i “ 1, . . . , n, . . . è una famiglia numerabile tale che A1 Ą
A2 Ą . . .
˜
¸
8
č
lim µpAn q “ µ
Ai .
nÑ8
i“1
Le ultime due proprietà sulle misure di successioni “telescopiche” di insiemi
saranno i cardini per una teoria dello scambio di limiti e integrali e costituiscono la giustificazione per l’utilizzo delle σ-algebre come famiglie degli
insiemi misurabili.
La tripla pΩ, Σ, µq si definisce spazio di misura.
Diremo che una proprietà vale quasi ovunque (q.o.) (o meglio, µ-q.o.) se
il sottoinsieme di Ω in cui la proprietà è falsa è contenuto in un insieme di Σ
di misura nulla.
Una misura µ si dice σ-finita se esiste una famiglia numerabile di insiemi Ai
8
ď
in Σ, i “ 1, . . . , n, . . ., con µpAi q ă 8 @ i, tali che Ω “
Ai .
i“1
Siano pΩ1 , Σ1 , µ1 q e pΩ2 , Σ2 , µ2 q due spazi di misura.
Consideriamo lo spazio prodotto cartesiano Ω1 ˆ Ω2 :
Ω ” Ω1 ˆ Ω2 “ tpx1 , x2 q | x1 P Ω1 , x2 P Ω2 u
Si dicono rettangoli gli insiemi A “ A1 ˆ A2 con A1 P Σ1 , A2 P Σ2
A1 ˆ A2 “ tpx1 , x2 q | x1 P A1 , x2 P A2 u
4
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
Definiamo la σ-algebra Σ ” Σ1 ˆ Σ2 come la più piccola σ-algebra di sottoinsiemi di Ω che contiene tutti i rettangoli.
Dato A P Σ, siano
A1 px2 q “ tx1 P Ω1 | px1 , x2 q P Au e A2 px1 q “ tx2 P Ω2 | px1 , x2 q P Au
le “sezioni a x2 o x1 fissato”. Diremo che A ha la proprietà delle sezioni
se A1 px2 q P Σ1 e A2 px1 q P Σ2 per ogni x2 P Ω2 e x1 P Ω1 . Si dirà che Σ ha la
proprietà delle sezioni se ogni insieme di Σ la ha.
Proposizione 1 Σ ha la proprietà delle sezioni
Dimostrazione Infatti sia Ξ il sottoinsieme di Σ dei sottoinsiemi di Ω che
hanno la proprietà delle sezioni. Si ha
a) Ω1 px2 q “ Ω1 @ x2 , Ω2 px1 q “ Ω2 @ x1 , quindi Ω “ Ω1 ˆ Ω2 P Ξ ;
b) le sezioni del vuoto H di Σ sono il vuoto di Σ2 e Σ1 rispettivamente,
quindi il vuoto di Ω ha la proprietà delle sezioni e appartiene a Ξ;
c) ogni rettangolo A1 ˆ A2 ha la proprietà delle sezioni, essendo
pA1 ˆ A2 q1 px2 q “ A1
pA1 ˆ A2 q2 px1 q “ A2
@ x2
@ x1
d) la sezione dell’unione di una famiglia qualunque di insiemi in Ξ è uguale
all’unione delle sezioni (e appartiene quindi rispettivamente a Σ2 o a
Σ1 );
e) la sezione del complemento di un insieme in Ξ è il complemento della
sezione (e appartiene quindi rispettivamente a Σ2 o a Σ1 ).
L’insieme Ξ dei sottoinsiemi in Σ che soddisfano la proprietà delle sezioni
è dunque una σ-algebra e contiene tutti i rettangoli. Poiché Σ è la più
piccola σ-algebra che contiene tutti i rettangoli, tutti gli insiemi in Σ hanno
la proprietà delle sezioni.
Definiremo in seguito la misura µ ” µ ˆ µ su Σ “ Σ1 ˆ Σ2 , che è l’unica
1
2
misura che assegna ai rettangoli il prodotto delle misure
µpA1 ˆ A2 q “ µpA1 q µpA2 q
1
2
3.1. MISURA (TEORIA ASTRATTA)
5
Esempi di spazi di misura
Esempio a) pRn , B, µq lo spazio di misura più importante per il nostro corso.
L
Nello spazio euclideo reale a n dimensioni Rn richiediamo che siano
misurabili (e che abbiano come misura quella prescritta dalla geometria
elementare):
– le sfere (di qualunque raggio r e con centro in un qualunque punto
x) Br,x ty P Rn | |x´y| ă ru. Le sfere chiuse dovranno anche essere
misurabili e avere la stessa misura.
e
– i parallelogrammi PI1 ...In “ ty P Rn | y1 P I1 , . . . , yn P In u, con
I1 , . . . , In intervalli aperti della retta reale.
B è la σ-algebra generata dalle sfere aperte di Rn . Viene denominata
σ-algebra di Borel, e gli insiemi che appartengono a B vengono detti
borelliani di Rn .
Si può dimostrare che B contiene tutti gli insiemi aperti (quindi tutti
gli insiemi chiusi) di Rn .
Osservazione 2 Non è possibile “esibire” esplicitamente un sottoinsieme di Rn che non appartenga a B; è solo possibile dare una procedura di costruzione di un tale insieme, giustificata dall’ “assioma della
scelta”. La difficoltà di costruire insiemi di Rn non–borelliani indica
quanto sia vasta la σ-algebra B.
Con BA indicheremo i borelliani di un qualunque insieme aperto A Ą
Rn .
La misura µ dovrà assegnare alle sfere di raggio r misura
L
µ pBr,x q “ V pnq prq “
L
2π n{2 n
` ˘r
nΓ n2
(per il calcolo, vedi più avanti) e ai parallelepipedi
µ pPI1 ,...,In q “
L
n
ź
i“1
pbi ´ ai q
se Ii “ pai , bi q
6
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
Come si vede, la misura è invariante per traslazione (non dipende da x
per le sfere, e dipende solo dalle differenze pbi ´ai q per i parallelepipedi).
Non daremo i dettagli della costruzione della misura di Lebesgue µ, cioè
L
dell’unica misura sui borelliani di Rn , invariante per traslazione, che dà
alle sfere (o ai parallelepipedi) la misura indicata sopra. Ricordiamo
solamente alcune proprietà fondamentali di µ.
L
– Regolarità esterna: µ pAq “ inftµ pOq | O aperto, O Ą Au per ogni
L
L
A P B;
– Regolarità interna: µ pAq “ suptµ pKq | K chiuso limitato, K Ă
L
L
Au per ogni A P B;
– µ è σ-finita: esiste cioè in Σ un insieme numerabile di insiemi, di
L
8
ď
misura finita, la cui unione è tutto Rn . Infatti Rn “
Cm , dove
m“1
i Cm sono cubi chiusi di lato unitario centrati sui punti di Rn con
coordinate intere ( si noti che µpCm q “ 1 @ m).
Formula per il volume della sfera di raggio r in Rn
Vol. Br,0 ” V pnq prq
1. V pnq prq “ V pnq p1q rn
żr
pnq
2. V prq “ S pnq pρqdρ
S pnq pρq “ superficie della sfera di raggio ρ in Rn
0
3. da 1) e 2):
V p1qnrn´1
dV pnq
prq “
dr
ä
}
ùñ
å
S pnq prq
“ rn´1 e S pnq p1q “ nV pnq p1q
S pnq p1q
S pnq prq
ż8
4.
´r2
e
0
pnq
n´1
S p1qr
dr “
looooomooooon
S pnq prq
n ż8
ź
i“1
´8
e
´x2i
"ż 8
dxi “
*n
´x2
e
´8
dx
3.1. MISURA (TEORIA ASTRATTA)
"ż 8
5.
*2
´x2
e
dx
ż8
´ρ2
e
“
ż8
e´y dy “ π
2πρdρ “ π
0
´8
7
0
6. da 4) e da 5):
S pnq p1q “ ż 8
π n{2
2
e´r rn´1 dr
0
“ ż8
2π n{2
n
e´y y 2 ´1 dy
0
looooooomooooooon
Γpn{2q
ż8
e´y y z´1 dy (per integrazione per parti è facile
Def.: Γpzq “
0
calcolare che per z “ n, numero naturale, che Γpnq “ pn ´ 1q!).
7. da 3):
V pnq p1q “
2π n{2
2π n{2 n
` n ˘ ÝÑ V pnq prq “
` ˘r
nΓ 2
nΓ n2
Esempio b) pΩ, PpΩq, δyq, dove Ω è un insieme qualunque, PpΩq
" la σ-algebra
1 se y P A
di tutti i sottoinsiemi di Ω, y è un punto di Ω e δypAq “
0 se y R A
per A P PpΩq.
In pRn , Bq l’analoga misura prende il nome di misura delta di Dirac nel
punto y di Rn .
Esempio c) pt1, . . . , nu, Pt1, . . . , nu, P q, con P pAq “
elementi in A).
1
#pAq (numero di
n
P è la misura di probabilità pP t1, . . . , nu “ 1q di un dado a n facce non
“truccate”. L’ “evento A” è interpretato come “nel lancio di un dado
uno dei valori i appartenenti ad A esce”.
8
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
Esempio d) pRn , B, µq con µ l’unica misura su borelliani che dà ai parallaG
G
lepipedi PI1 ,...,In la misura
˙
n ˆż
ź
´n{2
´x2i
pπq
e dxi
i“1
Ii
è una misura di probabilità pµ pRn q “ 1q.
G
Non è una misura invariante per traslazione in Rn . (I cubi lontani dall’origine pesano esponenzialmente meno di quelli prossimi all’origine).
Chiudiamo questa sezione con un teorema, che non dimostreremo (malgrado
la dimostrazione non sia complicata), che caratterizza una sottofamiglia di
insiemi in Σ la cui misura definisce univocamente quella di tutti gli insiemi
della σ´algebra.
Sia A un’algebra di sottoinsiemi di Ω che contiene Ω (la mancanza del σ
significa che la famiglia di sottoinsiemi A è chiusa per complementazione e
unione finita di insiemi). Sia Σ la più piccola σ´algebra che contiene A.
Una misura su Σ è definita in maniera unica dai suoi valori sugli insiemi di
A? A questa domanda risponde in maniera positiva il seguente:
Teorema 3 ( Teorema di unicità) : siano µ1 e µ2 due misure σ´additive
su Σ che coincidono sugli insiemi di A. Se esistono insiemi tAi u8
i“1 P A
di misura finita (notare che la richiesta è più restrittiva della
σ´finitezza
Ť
dovendo tutti gli insiemi appartenere all’algebra), tali che Ω “ 8
i“1 Ai allora
le due misure coincidono su tutta Σ.
3.2
Integrazione (teoria astratta)
Una funzione f : Ω Ñ R si dice misurabile se gli insiemi di livello
Lf ptq “ tx P Ω | f pxq ą tu , t P R
sono misurabili @ t (cioè Lf ptq P Σ, @ t).
Una funzione f : Ω Ñ C si dice misurabile se la sua parte reale e la sua
parte immaginaria sono misurabili.
Considerazioni e conseguenze della definizione:
3.2. INTEGRAZIONE (TEORIA ASTRATTA)
9
a) definizioni equivalenti si ottengono sostituendo al ą nella definizione
ogni altra relazione d’ordine ě, ă, ď. Gli insiemi di livello con ciascuna
definizione si ottengono per intersezioni o unioni numerabili di insiemi
di livello con definizione alternativa (o per complementazione)
tx P Ω | f pxq ą tu “ tx P Ω | f pxq ď tuc “
*
8 "
ď
1
“
x P Ω |f pxq ě t `
.........
n
n“1
b) per la misurabilità degli insiemi di livello, per ogni t P R è sufficiente
la misurabilità degli insiemi di livello per i soli t razionali.
Infatti
tx
P Ω | f pxq ą tu “
looooooooomooooooooon
A
ď
tx P Ω | f pxq ą qu
qąt
loooooooooooomoooooooooooon
B
q P Q insieme (numerabile) dei razionali di R. Infatti
– B è certamente contenuto in A
– se x P A e f pxq ą t, ci sono tra t e f pxq infiniti razionali ą t. Quindi
x P B.
c) se f pxq e gpxq sono misurabili, lo sono anche
–
λf pxq per λ P C
–
f pxq ` gpxq
–
f pxq ¨ gpxq
–
|f pxq|
–
maxtf pxq, gpxqu ,
mintf pxq, gpxqu.
Infatti, limitandosi a f e g reali e a λ reali positivi:
‚ tx P Ω | λf pxq ą tu “ tx P Ω | f pxq ą t{λu
‚ tx P Ω | f pxq ` gpxq ą qu
ď
“
tx P Ω | f pxq ą pu X tx P Ω | gpxq ą q ´ pu
p razionale
per ogni q razionale
‚ tx P Ω | |f pxq| ą tu “ tx P Ω | f pxq ą tu Y tx P Ω | ´ f pxq ą tu
10
3.2.1
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
Definizione di integrale su pΩ, Σ, µq
Se f : Ω ÝÑ R` è una funzione misurabile non negativa, definiamo
Ff ptq “ µptx P Ω | f pxq ą tuq .
Poiché tx P Ω | f pxq ą tu Ą tx P Ω | f pxq ą su se s ą t, Ff ptq è una
funzione positiva non crescente il cui integrale di Riemann è sempre definito
(finito o infinito).
Osservazione 4 Ricordarsi che per ogni suddivisione di rt, T s in N intervalli rti , ti`1 s, con t0 “ t e tN “ T e per ogni funzione non crescente gptq ě 0
le somme superiore S ed inferiore s sono date esplicitamente da
S“
N
´1
ÿ
gpti qpti`1 ´ ti q ě s “
i“0
N
´1
ÿ
gpti`1 qpti`1 ´ ti q
i“0
Quindi
N
´1
ÿ
S´s “
pgpti q ´ gpti`1 qqpti`1 ´ ti q
i“0
ď pgptq ´ gpT qq maxpti`1 ´ ti q
i
tende a 0 quando l’ampiezza massima degli intervalli della suddivisione tende
a 0.
Definizione di integrale
ˆ
ż
ż8
f pxqµpdxq ”
Ff psqds
“
Ω
0
żT
lim
tÑ0,T Ñ8 t
˙
Ff pξqdξ
(3.1)
Se l’integrale cosı̀ definito è finito, la funzione f si dice integrabile o sommabile. Se la funzione f risulta integrabile è naturalmente necessario che
Ff ptq Ñ 0 quando t tende all’infinito. La funzione f deve quindi essere finita
µ ´ q.o. . Si noti inoltre che, se la funzione f è µ ´ q.o. strettamente positiva
si ha che Ff p0q “ µpΩq che in molti casi di interesse risulta infinita. L’integrale di Riemann nella definizione (3.1) risulta quindi un integrale improprio
nell’origine e va inteso come indicato in parentesi.
3.2. INTEGRAZIONE (TEORIA ASTRATTA)
11
Se f : Ω Ñ C, f può essere scritta
f “ pRef q` pxq ´ pRef q´ pxq ` i pImf q` pxq ´ i pImf q´ pxq
con pRef q` pxq “ maxtpRef qpxq, 0u pRef q´ pxq “ ´ mintpRef qpxq, 0u . . . . . . . . .
Definizione f si dice integrabile se |f | lo è (alternativamente, se pRef q` ,
pRef q´ , pImf q` e pImf q´ lo sono).
Definizione
ż
ż
ż
ş
f pxqµpdxq “
pRef q` pxqµpdxq ´ pRef q´ pxqµpdxq ` i pImf q` pxqµpdxq
Ω
Ωż
Ω
Ω
(3.2)
´i pImf q´ pxqµpdxq
Ω
Osservazione 5 È importante notare che la definizione (3.2) di integrale
della funzione complessa f ha senso solo se la funzione f è sommabile. Non
esiste una definizione di integrale della f se la funzione non è sommabile
"
Se χA pxq è la funzione caratteristica di un insieme misurabile A
χA pxq “
1
0
µpx | χA pxq ą tq “ 0
se t ě 1
“ µpAq se 0 ď t ă 1
quindi
ż
χA pxqµpdxq “ µpAq
Ω
Se λ1 , . . . , λn , . . . sono costanti positive e A1 , . . . , An , . . . una famiglia numerabile di insiemi disgiunti
f pxq “
8
ÿ
λi χAi pxq
i“1
(funzione a scala) è misurabile e
ż
8
ÿ
f pxqµpdxq “
λi µpAi q .
Ω
i“1
xPA
xRA
12
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
Infatti
Ff ptq “ µtx | f pxq ą tu “
ÿ
µpAj q
j:λj ąt
quindi ciascun µpAj q appare nella somma che dà il valore della funzione
integranda Ff ptq fino al valore t “ λj :
ż8
8
ÿ
Ff ptqdt “
λi µpAi q
0
ż8
i“1
ÿ
ÿ
Ff ptqdt “ p µpAi qqλ3 ` p µpAi qqpλ1 ´ λ3 q
0
i
ÿ
`p
i‰3
µpAi qqpλ5 ´ λ1 q ` p
ÿ
i‰3
i‰3
i‰1
i‰1
µpAi qqpλ2 ´ λ5 q `
i‰5
`µpA4 qpλ4 ´ λ2 q “
ÿ
i
µpAi qλi “ “Area sotto la curva”
3.3.
TRE TEOREMI DELLA TEORIA DELL’INTEGRAZIONE
13
Con funzioni a scala è possibile approssimare l’integrale di una qualunque
funzione integrabile. Sia infatti f una funzione misurabile, non negativa,
definita in Ω e sia data una qualunque suddivisione di r0, 8q in intervalli
rti , ti`1 q. Gli insiemi
Ai “ tx P Ω | ti ă f pxq ď ti`1 u sono misurabili e la funř
zione a scala i ti χAi ha integrale uguale alla somma inferiore nell’integrale
di Riemann che appare nella definizione (3.1).
In questo modo si prova che date f e g integrabili, ogni combinazione lineare
λf ` βg, con λ, β P C è sommabile (parte facile) e vale
ż
ż
ż
pλf pxq ` βgpxqqµpdxq “ λ f pxqµpdxq ` β gpxqµpdxq
Ω
Ω
Ω
(parte un po’ più difficile).
Per la misura di Lebesgue in R useremo da ora in poi la notazione utilizzata
per l’integrale di Riemmann µ pd xq ” d x
L
Esercizio 1 Provare che se f pxq : R ÝÑ R` è una funzione abbastanza
regolare (specificare), allora l’integrale definito in precedenza su pR, B, dxq è
uguale all’integrale di Riemann della stessa funzione.
3.3
Tre teoremi della teoria dell’integrazione
Dato lo spazio di misura pΩ,
ř
, µq:
Teorema 6 (Convergenza monotona) Sia tfn pxqu8
n“1 una successione di
funzioni non negative, crescente pfn`1 pxq ě fn pxq per quasi ogni x P Ωq.
Sia f pxq “ nÑ8
lim fn pxq (che certamente esiste - finito o infinito - per quasi
ogni x). Le fn pxq siano tutte integrabili. Allora:
ż
ż
lim
fn pxqµpdxq “ f pxqµpdxq
nÑ8
Ω
Ω
con f integrabile se e solo se il limite al primo membro è finito.
14
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
Dimostrazione Per ogni t fissato, gli insiemi tx P Ω | fn pxq ą tu sono ciascuno contenuto nel successivo, data la non decrescenza della successione.
Per le proprietà della misura, dunque:
lim µptx P Ω | fn pxq ą tuq
˜
¸
8
ď
“µ
tx | fn pxq ą tu
nÑ8
n“1
“ µptx | f pxq ą tuq
Osservazione 7 L’uguaglianza degli insiemi garantisce la misurabilità dell’ultimo, quindi di f .
Resta dunque da dimostrare una proprietà dell’integrale di Riemann:
Proposizione 8 Sia data una successione di funzioni positive
ż 8 non crescenti
gn ptqdt. Se la
pgn ptq ą 0, gn ptq ě gn psq s ą tq, tali che esista, finito,
0
successione è crescente in n, a t fissato pgn`1 ptq ě gn ptqq, allora
ż8´
ż8
¯
lim
g
g
lim
n ptq dt
n ptqdt “
nÑ8
nÑ8
0
0
żV
(Provarlo per l’
gn dt, con 0 ă v ă V ă 8, dimostrando che le somme
v
superiori e inferiori S n e sn convergono per n Ñ 8 e la loro differenza va a
0, raffinando la suddivisione, uniformemente in n. Passare poi al limite per
v Ñ 0, V Ñ 8).
Questo chiude la dimostrazione del teorema.
Teorema 9 (Lemma di Fatou) Se tfn u8
n“1 è una successione di funzioni
non negative ñ lim
inf fn pxq ” f pxq è misurabile e
nÑ8
ż
lim
inf
nÑ8
ż
fn pxqµpdxq ě
Ω
f pxqµpdxq
Ω
Se il membro di sinistra risulta finito, f è integrabile.
(Se an è una successione di numeri reali, inf ak è una successione non
kěn
decrescente in n, e per definizione sup inf ak “ lim inf ak ” lim inf an ).
n
kěn
nÑ8 kěn
nÑ8
3.3.
TRE TEOREMI DELLA TEORIA DELL’INTEGRAZIONE
15
Dimostrazione Per ogni t fissato
tx P Ω | inf fk pxq ě tu “
kěn
č
tx P Ω | fk pxq ě tu
kěn
(giustificare la necessità del ě nell’eguaglianza).
Quindi tx P Ω | inf kěn fk pxq ě tu è misurabile pP Σq e la funzione inf fk pxq è
kěn
misurabile (i suoi insiemi di livello P Σ).
Poiché inf fk pxq ď fn pxq, inf fk pxq è anche integrabile ed è non decrescente
kěn
kěn
in n. Il sup inf fk pxq che per ogni x è il nÑ8
lim inf fk pxq soddisfa dunque, per
n
kěn
kěn
il teorema di monotona convergenza
ż
ż
inf fm pxqµpdxq
fk pxqµpdxq ě nÑ8
lim inf
lim inf
nÑ8 kěn
kěn Ω měk
Ω
ż
ż
“ lim
inf fm pxqµpdxq “ f pxqµpdxq
nÑ8
Ω
měn
Ω
La prima uguaglianza deriva dal fatto che la funzione inf fm pxq (e quindi il
měk
suo integrale) è decrescente in k. La seconda uguaglianza è una conseguenza
del teorema di convergenza monotona. (Si cerchino esempi di successioni per
le quali il segno di uguaglianza effettivamente non vale.)
Teorema 10 (Convergenza dominata) Se tfn u8
n“1 è una successione di
funzioni complesse, integrabili, che convergono a f pxq per µ-quasi ogni x, ed
esiste una funzione integrabile, non negativa, Gpxq, tale che
|fn pxq| ď Gpxq
@ n “ 1, . . . , m, . . .
e per quasi ogni x
allora
ż
|f pxq| ď Gpxq
looooooomooooooon
e
lim
nÑ8
ż
fn pxqµpdxq “
Ω
f pxqµpdxq
Ω
ovvio
Dimostrazione Il risultato deve valere per pRef qn` , pRef qn´ , pImf qn` e
pImf qn´ . Basterà quindi dimostrarlo per una successione di funzioni fn
positive che soddisfino le assunzioni del teorema.
In questo caso, dal lemma di Fatou:
ż
ż
lim inf fn pxqµpdxq ě f pxqµpdxq
nÑ8
Ω
Ω
16
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
Anche Gpxq ´ fn pxq è una successione di funzioni positive, integrabili, che
tende a Gpxq ´ f pxq. Quindi, ancora per il lemma di Fatou:
ż
ż
lim inf pGpxq ´ fn pxqqµpdxq ě pGpxq ´ f pxqqµpdxq
nÑ8
Ω
˙ Ωż
ˆ ż
ùñ ´ lim inf ´ fn pxqµpdxq ď f pxqµpdxq
nÑ8
Ω
Ω
Se tan u8
n“1 è tale che an ě 0 @ n
inf an “ ´ supp´an q
kěn
kěn
quindi
lim inf an ” lim inf am “ ´ lim supp´an q ” ´ lim supp´an q
nÑ8
nÑ8 kěn
kÑ8 kěn
nÑ8
Quindi il risultato precedente si legge
ż
ż
ż
lim inf fn pxqµpdxq ě f pxqµpdxq ě lim sup fn pxqµpdxq
nÑ8
Ω
Ω
nÑ8
Ω
e può essere uno solo, se la successione degli integrali ha limite e il limite è
uguale all’integrale di f pxq.
Le prove dei risultati 1), 2) e 3) possono essere considerate come un’unica
prova del teorema di dominata convergenza, che è certamente il più rilevante
per le applicazioni che seguiranno.
3.4
Misura prodotto e teorema di Fubini
Il risultato che segue, di cui non verrà data dimostrazione, è anche la definizione di misura prodotto.
Misura prodotto Siano pΩ1 , Σ1 , µ1 q e pΩ2 , Σ2 , µ2 q due spazi di misura σfinita. Sia A un insieme misurabile (P Σ1 ˆ Σ2 definito precedentemente) e
indichiamo con A1 pxq le sue sezioni per ciascun x di Ω2 (tutte misurabili,
3.5. SPAZI LP
17
cioè P Σ1 ) e con A2 pyq le sezioni per ciascun y di Ω1 (tutte misurabili cioè
P Σ2 ).
Allora:
ż
ż
µpA1 pxqq µpdxq “
µpA2 pyqq µpdyq
Ω2 1
2
Ω1 2
1
” pµˆ µq pAq
1
2
Teorema 11 (Teorema di Fubini)
Se pΩ1 , Σ1 , µ1 q, pΩ2 , Σ2 , µ2 q sono due spazi di misura σ-finita, f :
Ω1 ˆ Ω2 Ñ C è misurabile (insiemi di livello in Σ1 ˆ Σ2 ) e integrabile rispetto
a µˆ µ. Allora:
1
2
ż
ż
ˆż
f px, yqpµˆ µq pdx dyq “
Ω1 ˆΩ2
1
2
Ω1
ż
Ω2
ˆż
“
Ω2
3.5
Ω1
˙
f px, yq µpdyq µpdxq
2
1
˙
f px, yqµpdxq µpdyq
1
2
Spazi LP
Sia pΩ, Σ, µq uno spazio di misura, e consideriamo l’insieme delle funzioni f
da Ω Ñ C misurabili , tali che |f |p sia integrabile (l’esponente p è in principio
un qualunque valore reale 1 ď p ă 8, anche se noi considereremo solo valori
razionali).
Lemma 12 Se f e g sono p-integrabili p” |f |p e |g|p sono integrabili),
allora λf e f ` g lo sono.
Infatti:
|λf pxq|p “ |λ|p |f pxq|p e |f pxq ` gpxq|p ď 2p´1 p|f pxq|p ` |gpxq|p q
18
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
Dimostrazione Per p “ 1 è certamente vero che |a ` b| ď |a| ` |b|. Ipotizziamo la disuguaglianza vera per p. Allora
|a ` b|p`1 “ |a ` b| |a ` b|p ď p|a| ` |b|qp|a|p ` |b|p q2p´1
“ 2p p|a|p`1 ` |b|p`1 q ` 2p´1 p|a| |b|p ` |b| |a|p ´ |a|p`1 ´ |b|p`1 q
“ 2p p|a|p`1 ` |b|p`1 q ` looooooooooooooomooooooooooooooon
2p´1 p|b|p ´ |a|p qp|a| ´ |b|q
ă0
ď 2p p|a|p`1 ` |b|p`1 q
(generalizzare la prova ad ogni p reale ą 1).
Lo spazio delle funzioni p-integrabili è quindi uno spazio vettoriale su C.
Per ogni f p-integrabile definiamo
ˆż
˙1{p
p
}f }p ”
|f pxq| µpdxq
Ω
con le proprietà:
A) }λf }p “ |λ| }f }p
}f }p “ 0 ñ f pxq “ 0 per µ ´ quasi ogni x in Ω
}f }p “ 0 non implica dunque che f pxq “ 0 ovunque, che sia cioè lo zero
della somma nello spazio vettoriale. Perché } ¨ }p definisca una “distanza
dall’origine” bisogna ridefinire l’uguaglianza a zero di una funzione (e quindi
l’uguaglianza tra due funzioni).
Si consideri nello spazio vettoriale delle funzioni p-integrabili la relazione di
equivalenza
f „ g se f pxq ´ gpxq “ 0 µ ´ quasi ovunque
(che ha evidentemente le proprietà di una relazione di equivalenza
f „ f ; f „ g ô g „ f ; f „ g e g „ h ñ f „ hq
Ad ogni f possiamo associare la classe di equivalenza di tutte le funzioni
equivalenti a f . Due funzioni non equivalenti appartengono a classi differenti.
Se f „ g ñ λf „ λg e se f1 „ g1 e f2 „ g2 , f1 `f2 „ g1 `g2 , quindi all’insieme
delle classi di equivalenza si può dare la struttura di spazio vettoriale.
3.5. SPAZI LP
19
Consideriamo ora lo spazio vettoriale delle funzioni f pxq : Ω Ñ C che sono
essenzialmente limitate (D k ą 0 : |f pxq| ă k per µ-quasi ogni x), e
definiamo:
}f }8 “ inftk ą 0 : |f pxq| ă k per µ ´ quasi ogni xu
Come precedentemente
}λf }8 “ |λ| }f }8
}f }8 “ 0 ñ f “ 0 per µ ´ quasi ogni x P Ω
Ancora: }f }8 “ 0 non implica che f “ 0 ovunque, e conviene definire
nello spazio vettoriale delle funzioni essenzialmente limitate la relazione di
equivalenza e le corrispondenti classi di equivalenza definite precedentemente.
Come precedentemente all’insieme delle classi di equivalenza, si può dare la
struttura di spazio vettoriale.
Proposizione 13 : Se }f }p ă 8 e }f }8 ă 8 allora
a) }f }p1 ă 8 @ p1 ą p. In particolare se µpΩq ă 8 allora }f }8 ă 8
implica }f }p ă 8 per ogni p ě 1 (o meglio }f }p1 ă 8 implica }f }p ă
8 @p ď p1 );
b)
}f }8 “ lim
}f }p1
1
p Ñ8
Dimostrazione Basta notare che
1
1
p ´p
|f pxq|p ď }f }8
|f pxq|p
1
1
pp ´pq{p1
ñ }f }p1 ď }f }8
}f }p{p
p
La prova della seconda proprietà è lasciata come esercizio.
Definizione Indicando col simbolo { „ l’operazione di quoziente di un
insieme rispetto alla relazione di equivalenza „ definiamo
Lp pΩq “ funzioni p-integrabili { „
L8 pΩq “ funzioni essenzialmente limitate { „
ovvero Lp (rispettivamente L8 ) è lo spazio vettoriale delle classi di equivalenza di funzioni p-integrabili (rispettivamente essenzialmente limitate) uguali
µ-quasi ovunque in Ω.
20
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
In Lp pΩq
B)
}f }p “ 0 ñ f “ 0 p1 ď p ď 8q
dove }f }p non dipende da quale elemento della classe di equivalenza di f viene
usato per il calcolo dell’integrale e f “ 0 indica la classe di equivalenza della
funzione nulla ovunque, cioè la classe delle funzioni “ 0 µ-quasi ovunque.
Per provare che } }p soddisfa la disuguaglianza triangolare e può quindi
definire una distanza dall’origine, proviamo l’importante disuguaglianza:
Teorema 14 (Disuguaglianza di Hölder) Se 1 ď p ď 8 e q è tale che
1 1
` “ 1 (indice “duale a p”) e
p q
f P Lp pΩq , g P Lq pΩq
allora
f ¨ g P L1 pΩq
e
ż
}f g}1 “
|f pxqgpxq| µpdxq ď }f }p }g}q
Ω
Dimostrazione La prova discende da una disuguaglianza che è una semplice
conseguenza delle proprietà di concavità della funzione logaritmo.
3.5. SPAZI LP
21
La corda che congiunge nel grafico i punti di coordinate px, ln xq e py, ln yq
rimane sempre al di sotto del grafico della funzione nell’intervallo rx, ys.
Parametrizzando i punti dell’intervallo rx, ys con λx`p1´λqy, 0 ď λ ď 1,
la disuguaglianza si legge
λ ln x ` p1 ´ λq ln y ď lnpλx ` p1 ´ λqyq
ñ xλ y 1´λ ď λx ` p1 ´ λqy
essendo il logaritmo una funzione crescente.
Scegliendo
ˆ
˙
|f pxq|p
1
|gpxq|q
1
x“
ñ1´λ“
y“
λ“
}f }pp
}g}qq
p
q
p
q
|f pxq| |gpxq|
1 |f pxq|
1 |gpxq|
ñ
ď
p `
}f }p }g}q
p }f }p
q }q}qq
che integrata su Ω prova la disuguaglianza:
ż
1 1
1
|f pxq| |gpxq| µpdxq ď ` “ 1
}f }p }g}q Ω
p q
dalla quale si ricava facilmente la disuguaglianza triangolare
C) se f , g P Lp pΩq
Infatti
}f ` g}p ď }f }p ` }g}p
|f pxq ` gpxq|p “ |f pxq ` gpxq| |f pxq ` gpxq|p´1
ď |f pxq| |f pxq ` gpxq|p´1 ` |gpxq| |f pxq ` gpxq|p´1
Tenendo conto che p “ 1 ` p{q, integrando i due membri su Ω e utilizzando
la disuguaglianza di Hölder:
˙1{q
ˆż
}f `
g}pp
ď p}f }p ` }g}p q
p
|f pxq ` gpxq| µpdxq
Ω
looooooooooooooooomooooooooooooooooon
}f `g}p´1
p
} }p è dunque una norma in Lp pΩq, cioè un’applicazione da Lp pΩq Ñ R` con
le proprietà A), B) e C).
22
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
Nel caso p “ q “ 2 la disuguaglianza di Hölder diventa la disuguaglianza
Schwarz
ˇż
ˇ ż
ˇ
ˇ
ˇ f pxqgpxqµpdxqˇ ď |f pxq| |gpxq| µpdxq ď }f }2 }g}2
ˇ
ˇ
Ω
Ω
La disuguaglianza assicura che per ogni coppia di funzioni (classi, in effetti)
P L2 pΩq esiste il prodotto scalare
ż
pf, gq ” f¯pxqgpxqµpdxq
(3.3)
Ω
e in termini di tale prodotto la norma risulta
}f }22 “ pf, f q
Il prodotto scalare (3.3) ha le proprietà:
•
pf, g ` hq “ pf, gq ` pf, hq
•
pf, λgq “ λpf, gq
•
pf, gq “ pg, f q
•
pf, f q ě 0, con pf, f q “ 0 ô f “ 0
dalle quali, come abbiamo visto nella prima parte del corso, la disuguaglianza
di Schwarz potrebbe essere dedotta senza ulteriori ipotesi.
Teorema 15 (Completezza degli spazi Lp pΩq) 1 ď p ď 8 sia fn pxq
una successione di Cauchy in Lp pΩq 1 .
Allora esiste un’unica f P Lp pΩq tale che
lim }fn ´ f }p “ 0
nÑ8
ed esiste una successione tfnk u, con nk`1 ą nk , con le proprietà
1
p@ ą 0 DN pεq Ñ }fn ´ fm }p ă ε per n, m ą N pεqq
3.5. SPAZI LP
23
• |fnk pxq| ď F pxq
tiva
@ k e µ ´ quasi ogni x, con F pxq P Lp pΩq non nega-
• lim fnk pxq “ f pxq
kÑ8
per µ quasi ogni x (convergenza puntuale µ-
q.o.).
Dimostrazione La dimostrazione si ottiene costruttivamente definendo una
p
sottosuccessione della successione tfn u8
n“1 che converge in L pΩq e che ha le
proprietà espresse nella tesi del teorema. La proprietà di convergenza in
Lp pΩq della successione tfn u8
n“1 discenderà dal fatto che
}fn ´ f }p ď }fn ´ fnk }p ` }fnk ´ f }p
in cui il primo termine può essere reso più piccolo di ogni numero positivo
prefissato, essendo la successione di Cauchy; mentre il secondo potrà essere
reso piccolo, essendo la sottosuccessione tfnk u8
k“1 convergente.
Scegliamo n1 tale che }fn1 ´ fn }p ď 1{2 per n ą n1 (come è certamente
possibile, essendo tfn u8
n“1 di Cauchy), e ricorsivamente nk tale che }fnk ´
´k
fn }p ď 2 , con n ą nk .
La sottosuccessione tfnk u8
k“1 è tale che:
}fnk ´ fnk`1 }p ď 2´k
Definiamo Fl pxq : Ω Ñ R`
Fl pxq “ |fn1 pxq| `
da cui
řl
l
ÿ
}Fl }p ď }fn1 }p `
k“1
|fnk pxq ´ fnk`1 pxq|
2´k ď }fn1 }p ` 1
@l
k“1
La successione di funzioni positive Fl P Lp pΩq è non-decrescente e ammette quindi limite finito o infinito. Se indichiamo con F pxqż il suo limite, dal
teorema di monotona convergenza (10), F P Lp pΩq e si ha
|F pxq|p µpdxq ď
p}fn1 }p ` 1qp .
Quindi la successione
tfnk`1 pxqu con fnk`1 pxq “ fn1 pxq `
k
ÿ
i“1
pfni`1 pxq ´ fni pxqq
24
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
converge per µ-quasi ogni x assolutamente. Quindi esiste f pxq “ lim fnk pxq.
nÑ8
Poiché |fnk pxq| ď F pxq con F P Lp , il limite f P Lp pΩq per il teorema di
dominata convergenza ed essendo |fnk pxq ´ f pxq| ď F pxq ` |f pxq| P Lp pΩq
ż
ż
p
lim
|fnk pxq ´ f pxq| µpdxq “
lim |fnk pxq ´ f pxq|p µpdxq “ 0
kÑ8 Ω
Ω kÑ8
Esempi di spazi Lp pΩq
•
Ω “ t1, . . . , N u , Σ “ PpΩq insieme delle parti Ω
µpAq “ #pAq “ numero di punti di Ω in A
f : Ω Ñ C “ N -pla di numeri complessi f p1q, f p2q, . . . , f pN q
N
ÿ
f pxq “
f piqχi pxq, con χi pxq “ 1 x “ i
i“1
χi pxq “ 0 x ‰ i
#
N
ÿ
}f }p “
+1{p
|f piq|p
i“1
In particolare L2 pΩq è l’insieme delle N -ple di complessi tZi uN
i“1 ” Z,
con norma
˜
¸1{2
N
ÿ
}Z}2 “
|Zi |2
“ pZ, Zq1{2
i“1
dove
pZ, W q “
N
ÿ
Z̄i Wi
(3.4)
i“1
L2 pΩq “ CN con la struttura euclidea data dal prodotto scalare (3.4).
• Ω “ N “ t0, 1, . . . , n, . . .u ,
ř
“ PpΩq , µpAq “ #A
Lp pΩqp” lp q “ insieme delle successioni tan u8
n“0 ” a, an P C, @ n e
8
ÿ
i“0
|ai |p ă 8
3.5. SPAZI LP
25
#
8
ÿ
}a}p “
+1{p
|ai |p
i“0
Vale la disuguaglianza di Hölder
8
ÿ
}ab}1 “
|ai | |bi | ď }a}p }b}q
1 ď p, q ď 8
i“1
1 1
` “1
p q
Per p “ 2
Lp pΩq “ l2 successioni tan u8
n“0 ” a
#
+1{2
8
8
ÿ
ÿ
|an |2 ă 8 }a}2 “
|an |2
i“0
}a}2 “ pa, aq1{2
i“0
con pa, bq “
8
ÿ
āi bi
i“0
ř
• Ω aperto di Rn , “ BΩ insieme degli insiemi di Borel di Ω, µpdxq ” dx
misura di Lebesgue su Ω.
Lp pΩq “ funzioni p-integrabili su Ω
"ż
*1{p
p
}f }p “
|f pxq| dx
Ω
L2 pΩq “ funzioni a quadrato sommabile su Ω
"ż
*1{2
ż
2
1{2
}f }2 “
|f pxq| dx
“ pf, f q , con pf, gq “ f¯pxq gpxq dx
Ω
Ω
Osservazione 16 Il teorema di completezza degli spazi Lp pΩq, alla luce degli
esempi dati precedentemente, costituisce una prova unificata della completezza degli spazi Cn (con norma eulidea) e di l2 data indipendentemente nel
capitolo 2.
26
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
3.6
Alcune proprietà di LppRnq
Per le funzioni da Rn a C utilizzeremo alcune notazioni e definizioni che
indichiamo qui di seguito:
• si definirà supporto di una funzione continua f la chiusura dell’insieme
di Rn in cui la funzione è diversa da 0 supp f “ tx P Rn | f pxq ‰ 0};
• è facile rendersi conto che la definizione precedente non costituisce una
definizione non ambigua di supporto per funzioni definite solamente
quasi-ovunque. Definiremo quindi supporto essenziale di una funzione
g di Lp pRn q il complementare del più grande aperto
ď in cui la funzione è
nulla quasi ovunque: esssupp g “ RzΩ con Ω “
O, tO aperti | gpxq “
0 per q.o.´ x P Ou (verificare che per una funzione continua le due
definizioni sono equivalenti);
• C08 pRn q è lo spazio vettoriale delle funzioni a valori complessi, definite
su Rn , tali da avere derivate parziali continue di tutti gli ordini, e che
hanno inoltre supporto compatto (esiste quindi una sfera chiusa al di
fuori della quale la funzione è identicamente nulla);
• C 8 pRn q è lo spazio vettoriale delle funzioni Rn Ñ C con derivate
parziali continue di tutti gli ordini;
Ť
di n numeri interi
• Sia α “ α1 . . . αn con αi P N t0u un multi-indice
ř
maggiori o uguali a zero. Definiamo |α| “ ni“0 αi . Con Dα g indicheremo una generica derivata parziale di ordine |α| della funzione g:
B |α| g
D g ” α1
Bx1 . . . Bxαnn
α
(3.5)
Definizione Date due funzioni f e g definite in Rn , a valori in C, misurabili,
si definisce loro convoluzione la funzione f ˚ g, Rn Ñ C:
ż
ż
pf ˚ gqpxq ”
f px ´ yq gpyq dy “
f pyq gpx ´ yq dy
Rn
Rn
Per analizzare condizioni sufficienti su f e g perché la convoluzione sia ben
definita, notiamo:
• la funzione |f px ´ yq| |gpyq| da R2n in C è misurabile
3.6. ALCUNE PROPRIETÀ DI LP pRN q
27
• se f P Lp pRn q e g P Lq pRn q allora la convoluzione esiste finita per ogni
x
• se f e g appartengono a L1 pRn q esiste l’integrale
"ż
*
ż
|f px ´ yq| dx dy “ }f }1 }g}1
|gpyq|
Rn
Rn
quindi la convoluzione è integrabile, in particolare finita quasi ovunque,
e la sua norma L1 è pari a }f }1 }g}1
• se f P L8 pRn q e g P L1 pRn q f ˚ g esiste per quasi ogni x e appartiene
a L8
ż
|gpyq| |f px ´ yq| dy ď }f }8 }g}1
Rn
Se Ω è un insieme borelliano di Rn e f e g sono due funzioni da Ω a C, si
considerano le loro estensioni f˜ e g̃ da Rn a C:
f˜pxq “ f pxq x P Ω
g̃pxq “ gpxq x P Ω
e
f˜pxq “ 0
xRΩ
g̃pxq “ 0
xRΩ
e si definisce loro convoluzione la funzione da Ω Ñ C che associa ad ogni
xPΩ
ż
f˜px ´ yq g̃pyq dy
pf ˚ gqpxq ”
Rn
Definizione Sia Jm pxq, m “ 1, . . . , k, . . . una successione di funzioni integrabili in Rn con le proprietà:
•
}Jm }1 ď k
@ m , per qualche k ą 0
ż
•
Jm pxq dx “ 1 @ m
Rn
ż
•
lim
mÑ8
|Jm pxq| gpxq dx “ 0
Rn
28
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
per ogni funzione g continua da Rn a C, limitata e tale che gp0q “ 0.
La successione Jm si dice essere una unità approssimata. (Quando avremo
introdotto la teoria delle distribuzioni analizzeremo le relazioni tra unità
approssimate e approssimazioni della distribuzione delta nell’origine).
ż
1
n
Esempi Data una funzione J P L pR q con
Jpxq dx “ 1, la successione
Rn
Jm pxq “ mn Jpmxq soddisfa le proprietà elencate precedentemente:
ż
ż
•
Jm pxq dx “
Jpxq dx “ 1
Rn
Rn
ż
ż
•
|Jm pxq| dx “
Rn
|Jpxq| dx “ }J}1
Rn
ż
ż
•
|Jm pxq| gpxq dx “
|Jpyq| g
Rn
Rn
´y¯
m
dy
y
poiché |Jpyq| gp m
q ď psupRn |g|q |Jpyq|, per il teorema di dominata convergenza
ż
ż
´y¯
dy “ gp0q
|Jpyq| dy
lim
|Jpyq| g
mÑ8
m
Rn
Rn
In particolare:
a) J p1q pxq “
b) J
p2q
1
π n{2
pxq “ ş
e´|x|
e
|x|ď1
´
1
1´|x|2
´
e
2
1
1´|x|2
|x| ď 1
dx
“ 0
|x| ą 1
(3.6)
Teorema 17 (Teorema di Approssimazione) Se f : Lp pRn q e Jm pxq è
una unità approssimata, allora fm pxq ” pJm ˚ f qpxq ha le proprietà:
a) }fm }p ď k}f }p
pfm P Lp pRn q q
b) mÑ8
lim }fm ´ f }p “ 0 pfm Ñ f in Lp pRn qq
c) se Jm pxq “ mn Jpmxq con J P C08 pRn q
allora fm P C 8 pRn q e Dα fm “ pDα Jm q ˚ f .
(vedi J p2q ),
3.6. ALCUNE PROPRIETÀ DI LP pRN q
29
Il teorema garantisce che le funzioni Lp , infinitamente differenziabili, siano
dense in Lp pRn q e fornisce un metodo “costruttivo” di regolarizzazione locale,
tramite convoluzione, di ogni funzione f P Lp pRn q.
Un teorema analogo è naturalmente valido per ogni Lp pΩq, con Ω borelliano
di Rn .
Il risultato si estende al seguente:
Teorema 18 (Densità di C08 pRn q in Lp pRn q ) Le funzioni infinitamente
differenziabili a supporto compatto in Rn (che certamente appartengono a
Lp pRn q per ogni p) sono dense in Lp pRn q.
Il teorema di densità è, a sua volta, una semplice conseguenza del
Lemma 19 Per ogni Ω aperto, limitato, di Rn esiste una successione di
funzioni reali non negative gm ď 1, infinitamente differenziabili, a supporto
compatto 0 ď gm pxq ď 1, tali che mÑ8
lim gm pxq “ 1 per ogni x P Ω.
prova del lemma Per provare il lemma è sufficiente considerare l’insieme
Ω dei punti di Rn che distano da Ω meno di .
p2q
Sia χΩ la funzione caratteristica di Ω e consideriamo la funzione Jm
˚ χΩ
p2q
l’identità approssimata, con funzioni a supporto compatto, definita
con Jm
in (3.6). È facile verificare che per m ą 1{ la funzione cosı̀ definita vale 1 in
Ω e il suo supporto è contenuto nell’insieme Ω2 dei punti di Rn che distano
da Ω meno di 2. La funzione è inoltre infinitamente derivabile.
prova del teorema di densità Il teorema approssimazione garantisce che
esista una successione di funzioni fm P Lp pΩq, infinitamente differenziabili,
convergenti a f in Lp pΩq. Sia gm la successione che si ottiene, come nel
lemma precedente, approssimando con funzioni C08 pRn q le funzioni caratteristiche delle sfere di raggio m. La successione gm fm è costituita da funzioni
infinitamente derivabili, a supporto compatto e tende a f in Lp pΩq essendo
}gm fm ´ f }p ď }gm fm ´ fm }p ` }fm ´ f }p
e
(3.7)
ż
|fm pxq|p dx “ 0
lim
mÑ8
|x|ąm
per il teorema di dominata convergenza.
prova del teorema di approssimazione
(3.8)
30
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
ż
p
„ż
ż
p
•
|fm pxq| dx ď
Rn
|Jm pyq|
Rn
1{q
|Jm pyq|
1{p
|f px ´ yq|dy
dx
Rn
(Hölder)
*p{q ż
"ż
ď
„ż

p
|Jm pyq| |f px ´ yq| dy dx
|Jm pyq|dy
Rn
Rn
Rn
(teorema di Fubini e invarianza per traslazioni)
p
`1
q
“ }Jm }1
ˆ
}f }pp
ďk
p
}f }pp
p
`1“p
q
˙
ż
• La prova verrà data solo per p “ 2.
Jm pxq dx “ 1
Dato che
Rn
ˇż
ˇ
|fm pxq ´ f pxq| “ ˇˇ
R
Come precedentemente:
„ż
ż
2
}fm ´f }2 ď
|Jm pyq| dy
Rn
ˇ
ˇ
Jm pyqrf px ´ yq ´ f pxqs dy ˇˇ
n
Rn
„ż

2
|f px ´ yq ´ f pxq| dx dy
|Jm pyq|
Rn
dove, utilizzando il teorema di Fubini, le integrazioni in x e y sono state
scambiate.
ż
|f px ´ yq ´ f pxq|2 dx
}fm ´f }2 tenderà dunque a 0 se la funzione di y,
Rn
è continua nell’origine, dove assume evidentemente il valore 0 (vedi le
ipotesi su Jm ). Sviluppando il quadrato si nota che resta da dimostrare
che
ż
@ f P L2 pRn q
lim
|f px ´ yq f pxq| dx “ }f }22
yÑ0
Rn
Sia dunque f positiva, e consideriamo l’insieme di livello Ut ” tx P
Rn | f 2 pxq ą tu e l’insieme Uty ” tx P Rn | f 2 px ´ yq ą tu.
Ut e Uty non sono necessariamente aperti (eventualità certamente vera se f fosse continua). Dato x P Ut , non è quindi assicurato che
un suo intorno anche appartenga a Ut (quindi che x ´ y P Ut per |y|
3.6. ALCUNE PROPRIETÀ DI LP pRN q
31
sufficientemente piccolo). Per la proprietà di regolarità esterna della
misura di Lebesgue, per ogni δ ą 0 esiste però un aperto Otδ Ą Ut con
µpOtδ q ă µpUt q ` δ.
L
Si ha quindi
lim µpUt X Uty q ě lim µpOtδ X Uty q ´ δ
yÑ0 L
yÑ0
“
L
µpOtδ q
´ δ ě µpUt q ´ δ
L
L
Poiché tx | f pxqf px´tq ą tu Ą Ut XUty , si deduce dunque per gli insiemi
di livello per la disuguaglianza
lim µtx | f pxqf px ´ yq ą tu ě µ looooooomooooooon
tx | f 2 pxq ą tu
L
L
yÑ0
Ut
Per definizione di integrale di Lebesgue si ha dunque (si giustifichi il
passaggio al limite)
ż
ż
lim
f pxq f px ´ yq dx ě
f 2 pxq dx
yÑ0
Rn
Rn
Poiché per la disuguaglianza di Hölder vale anche che
ż
f pxq f px ´ yq dx ď }f }22
Rn
risulta dimostrato che
ż
lim
yÑ0
Rn
f pxq f px ´ yq dx “ }f }22
• Si giustifichi il passaggio delle derivate sotto il segno di integrale che
prova il punto c) del teorema.
Riferendoci alle definizioni date a inizio corso, abbiamo dimostrato:
• Lp pRn q è uno spazio di Banach per ogni 1 ď p ď 8 e per ogni n naturale
• L2 pRn q è uno spazio di Hilbert per ogni n naturale
32
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
• C08 pRn q è un sottoinsieme denso in L2 pRn q
Con pochi passaggi ulteriori si può provare il
Teorema 20 L2 pRn q (o L2 pΩq per Ω Ă Rn ) è separabile.
Non dimostreremo il teorema, ma è facile rendersi conto che le funzioni a
valori razionali (cioè con parte reale e parte immaginaria razionale), costanti
in cubi di lato razionale, che ricoprono Rn , possono approssimare in norma
L2 pRn q ogni funzione infinitamente differenziabile a supporto compatto, e
quindi ogni funzione di L2 pRn q.
In particolare, come abbiamo dimostrato, L2 pRn q (o L2 pΩq per Ω Ă Rn )
ha certamente una base ortonormale numerabile ed è omeomorfo a l2 .
3.7
Gli spazi L2pIq , I Ă R intervallo di R
Consideriamo inizialmente il caso I “ p´1, 1q e dimostriamo che i polinomi
costituiscono un insieme denso in L2 pIq.
Teorema 21 Per ogni f P L2 pIq ed ogni ε ą 0, esiste un polinomio P pxq
tale che
}f ´ P }L2 pIq ă ε
Dimostrazione Utilizziamo il teorema di approssimazione con Jm pxq “ ş1
p1 ´ x2 qm
p1 ´ y 2 qm dy
abbiano le caratteristiche delle unità
e dimostriamo innanzitutto che le Jm
approssimate.
Essendo 0 ď Jm pxq ď 1 si ha evidentemente
ż1
Jm pxq dx “ }Jm }1 “ 1 @ m
´1
Il calcolo esplicito dell’integrale al denominatore dà
ż1
p1 ´ y 2 qm dy “ 2
´1
2mp2m ´ 2q ¨ ¨ ¨ ¨ 2
p2m ` 1qp2m ´ 1q ¨ ¨ ¨ ¨ 1
´1
3.7. GLI SPAZI L2 pIq , I Ă R INTERVALLO DI R
33
Per provarlo basterà verificare il risultato per m “ 1, caso in cui l’integrale
vale 4{3, e l’uguaglianza
ż1
2 m`1
p1 ´ y q
´1
2m ` 2
dy “
p2m ` 3q
ż1
p1 ´ y 2 qm dy
´1
che si ottiene integrando per parti nell’integrale
al primo membro.
?
Usando la formula di Stirling ( n! „ 2πnpn{eqn ), verificare che l’andamento per grandi m dell’integrale è
ż1
1
p1 ´ y 2 qm dy „ ?
m
´1
È ora facile provare la terza proprietà richiesta ad una unità approssimante . Per ogni funzione continua f in r´1, 1s si ha
ż1
ż1
2 m
f pxq p1 ´ x q dx
´1
ż1
p1 ´ x2 qm dx
pf pxq ´ f p0qqp1 ´ x2 qm dx
“ f p0q ` ´1 ż 1
p1 ´ x2 qm dx
´1
´1
@ε ą 0
D δ : |f pxq ´ f p0q| ă ε
se |x| ă δ
dunque
ż
ż
2 m
pf pxq ´ f p0qq p1 ´ x q dx
|x|ăδ
“ f p0q `
`
ż1
2 m
p1 ´ x q dx
pf pxq ´ f p0qq p1 ´ x2 qm dx
|x|ąδ
ż1
p1 ´ x2 qm dx
´1
´1
“ f p0q ` ∆
con |∆| ď ε ` 2 sup |f pxq ´ f p0q| p1 ´ δ 2 qm
?
m
´1ďxď1
Quindi:
ż1
f pxqp1 ´ x2 qm dx
lim
mÑ8
´1
“ f p0q
ż1
2 m
p1 ´ x q dx
´1
34
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
Per il teorema di approssimazione
}Jm ˚ f ´ f }2 mÑ8
ÝÑ 0
con
ż1
pJm ˚ f q pxq “
´1
f pyq p1 ´ px ´ yq2 qm dy
ż1
p1 ´ y 2 qm dy
´1
che è evidentemente un polinomio di grado 2m in x.
un polinomio Pm di grado 2m tale che:
@ ε ą 0 esiste dunque
}Pm ´ f }2 ă ε
3.7.1
I Polinomi di Legendre
Poiché ogni polinomio è approssimabile in L2 pIq con un polinomio a coefficienti razionali, è possibile costruire una base ortonormale completa a partire
da quest’ultimo insieme di polinomi.
dj
Definiamo i polinomi Rj pxq “ j px2 ´ 1qj di ordine j. Si verifichi, per
dx
integrazione per parti, che per ogni m, n con m ‰ n
ż1
Rm pxq Rn pxq dx “ 0
´1
e che
ż1
ż1
Rn2 pxq dx
p1 ´ x2 qn dx
“ p2nq!
´1
´1
da cui
ż1
2np2n ´ 2q ¨ ¨ ¨ ¨ 2
p2n ` 1qp2n ´ 1q ¨ ¨ ¨ ¨ 1
pn!q2 22n`1
2n ` 1
Rm pxq Rn pxq dx “ δmn p2nq! 2
´1
“ δmn
c
2n ` 1
1
Il sistema wn pxq “
Rn pxq è quindi un sistema ortonormale
n
n! 2
2
di polinomi di qualunque grado . Poiché le combinazioni lineari delle wn pxq
contengono tutti i polinomi, il sistema ortonormale è completo.
3.7. GLI SPAZI L2 pIq , I Ă R INTERVALLO DI R
35
Storicamente sono stati utlizzati i polinomi non normalizzati
c
1 dn
2
“
Pn pxq “ wn pxq
px2 ´ 1qn
2n ` 1
n! 2n dxn
detti polinomi di Legendre.
Esercizio 2 Verificare che se f pxq è una funzione continua in p´1, 1q, limitata in r´1, 1s (quindi in L2 p´1, 1q), allora Jm ˚ f tende a f uniformemente:
@ ε ą 0 D M : sup |pJm ˚ f qpxq ´ f pxq| ă ε
@m ą M
|x|ď1
3.7.2
La base trigonometrica
"
*
1
Mostriamo ora che il sistema ortonormale ? , sin nπx , cos nπx (pro2
1
varne l’ortonormalità) o equivalentemente il sistema wn pxq “ ? einπx , con
2
n “ 0, ˘1, ˘2, . . ., è completo in L2 p´1, 1q. A tale scopo dobbiamo mostrare
che le somme parziali SN
N
ÿ
SN pxq “
n“´N
einπx
cn ?
2
8
ÿ
einπx
cn ? tendono, per N Ñ 8, in
2
n“´8
2
L p´1, 1q alla funzione f i cui coefficienti di Fourier sono i cn :
della serie trigonometrica di Fourier
1
cn “ pwn , f q “ ?
2
ż1
e´inπy f pyq dy
´1
Infatti:
1
SN pxq “
2
ż1
N
ÿ
einπpx´yq f pyq dy
´1 n“´N
“ pDN ˚ f qpxq
´1ďxď1
36
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
con
DN pxq “
1 sinrpN ` 1{2qπxs
2
sin πx
2
come si deduce da
N
ÿ
einα “
n“´N
´i α
2
e
N
ÿ
einα `
e´inα “
n“1
n“0
ipN `1qα
p1 ´ e
α
α
e´i 2 ´ ei 2
N
ÿ
q
1 ´ eipN `1qα
e´iα ´ e´ipN `1qα
`
“
1 ´ eiα
1 ´ e´iα
α
ei 2 pe´iα ´ e´ipN `1qα q
sinpN ` 1{2qα
`
“
iα
´i α
2
2
sin α2
e ´e
Mostriamo che la successione DN (nucleo di Dirichlet) non ha tutte le
caratteristiche richieste ad una unità approssimata.
Se è vero, infatti, che
ż1
´1
N
ÿ
ż1
1
DN pxq dx “
2
e
inπx
´1 n“´N
1
dx “
2
ż1
dx “ 1
@N
´1
e che
“
‰
˙
ˆ
sin pN ` 12 qπx
1
1
lim lim
“8
lim DN p0q “
“ lim N `
N Ñ8
N Ñ8
2 N Ñ8 xÑ0
sin πx
2
2
vedremo che la condizione }DN }1 ă c, con c indipendente da N , non è
soddisfatta.
„ˆ
˙ 
1
Consideriamo infatti due zeri consecutivi del sin N `
πx ,
2
xn “
n
N`
1
2
e
xn`1 “
n`1
N ` 21
con n ‰ 0
πx
Il modulo della funzione sin
, al denominatore di DN , raggiunge il suo
2
massimo,
„ ˆ tra due
˙zeri, per n positivo, nell’estremo superiore xn`1 , dove vale
π n`1
sin
.
2 N ` 12
3.7. GLI SPAZI L2 pIq , I Ă R INTERVALLO DI R
37
Si ha quindi
“
‰
˙ 
„ˆ
ż n`11
N
ÿ
| sin pN ` 12 qπx |
N` 2
1
1
ˇ ” ´
¯ıˇ
dx ě
πx | dx
| sin N `
ˇ
ˇ
n`1
π
n
|
| sin πx
2
´1
2
ˇ
n“1 ˇsin 2
N` 1
N ` 12
2
1
ż
N
n`1
ÿ
1
ˇ ”´pN ` 2 q ¯ ıˇ
| sin πy| dy,
“
ˇ
n`1
π ˇ n
ˇ
n“0 ˇsin
1
2
N`
» 2
fi
n`1 π
ż n`1
N
ÿ
1
1 –
2
N` 2
”´ 2 ¯ ı
“
| sin πy| dy fl
n`1
π
n
`
1
π
`n
sin
n“0
1
ż1
N` 2
2
che diverge per N Ñ 8, essendo l’espressione in parentesi quadra strettamente positiva per ogni n.
Si noti che richieste più restrittive sulla funzione f garantiscono comunque
la convergenza delle SN pxq “ pDN ˚ f qpxq alla f stessa. Infatti:
ˇż 1
ˇ
ˇż 1
ˇ
ˇ
ˇ
ˇ
ˇ
ˇ
ˇ
ˇ
DN pzq f px ´ zq dz ´ f pxq ˇˇ
DN px ´ yq f pyq dy ´ f pxq ˇ “ ˇ
ˇ
´1
´1
in cui si definisce f px ´ zq “ f px ´ z ˘ 1q se x ´ z R r´1, 1s
ˇż
ˆ
˙
1
1 ˇˇ 1
sin N `
πz
“ ˇ
2 ´1
2
ˆ
f px ´ zq ´ f pxq
sin πz
2
˙
ˇ
ˇ
dz ˇˇ
(3.9)
ż1
DN pxqdx “ 1.
dove si è tenuto conto che
´1
Ogni condizione sulla f che garantisca la convergenza a 0 per N Ò 8 della
(3.9), garantisce anche la convergenza puntuale di SN pxq a f pxq. Torneremo
su questo punto in seguito, dopo che avremo provato il lemma di Riemann
– Lebesgue, che fornisce una condizione sufficiente per la convergenza a 0 di
(3.9) quando N tende all’infinito.
Per analizzare la convergenza in L2 p´1, 1q delle SN pxq dimostriamo che
una differente “risommazione” della serie converge in L2 p´1, 1q allo stesso
limite delle SN .
38
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
Definiamo somma di Fejer della funzione f il limite, se esiste, della
successione di funzioni
˜
¸
N
ÿ
Si pxq
˙
ˆ
c0
i“0
σN pxq “
S0 “ ?
N `1
2
1
Calcoliamo i coefficienti di Fourier della σN nel sistema ortonormale wn pxq “ ? einπx :
2
N
1 ÿ
pwn , Si q “
pwn , σN q “
N ` 1 i“0
$
0 se |n| ą N
’
’
’
&
N
“
ÿ
cn
N ´ |n|
’
’
“ cn
’
%
N `1
N `1
i“|n|
dove i cn sono i coefficienti di Fourier della funzione f .
Poiché σN e SN sono entrambi combinazioni lineari dei wn , si ha
}σN ´
SN }22
N
ÿ
“
ˆ
|cn |
2
|n|“0
pN ´ |n|q2
1´
pN ` 1q2
˙
che tende a 0 quando N tende all’infinito (provarlo usando il teorema di
monotona convergenza).
8
ÿ
Quindi σN pxq ha norma limitata, uniformemente in N , da }f }2 (ď
|cn |2
n“´8
per la disuguaglianza di Bessel) e converge allo stesso limite di SN pxq.
Mostriamo che σN pxq “ pFN ˚ f qpxq, con
FN pxq “
detto nucleo di Fejer.
q
1 sin2 pN πx
2
2 πx
2N sin p 2 q
(3.10)
3.7. GLI SPAZI L2 pIq , I Ă R INTERVALLO DI R
39
Infatti:
´1
1 Nÿ
FN pxq “
Dj pxq
N j“0
´1
sinrp2j ` 1q πx
s
1 Nÿ
2
“
πx
2N j“0
sin 2
che prova la (3.10), essendo:
N
´1
ÿ
sinp2j ` 1qα “
j“0
N
´1
ÿ
j“0
eip2j`1qα ´ e´ip2j`1qα
2i
(sommando le due geometriche)
„

1 ´ e´i2N α
1 1 ´ ei2N α
´ iα
“
2i e´iα ´ eiα
e ´ e´iα
sin2 N α
1 ´ei2N α ` e´i2N α ` 2
“
“
2i
e´iα ´ eiα
sin α
Le FN pxq hanno tutte le proprietà richieste nel teorema di approssimazione:
ż1
ż1
|FN pxq| dx “ 1 @ N
FN pxq dx “
´1
´1
´1 ż 1
1 Nÿ
essendo FN pxq ě 0 e
FN pxq dx “
Si pxq dx “ 1
N i“0 ´1
´1
ż1
ż1
ż1
FN pxq pf pxq ´ f p0qq dx ` f p0q
FN pxq f pxq dx “
´1
ÝÑ f p0q
N Ñ8
´1
@ f continua in p´1, 1q limitata in r´1, 1s
Quest’ultimo risultato è conseguenza delle due disuguaglianze
@ ε ą 0 D δ : |f pxq ´ f p0q| ă δ
e
sin2 pN πx
q
1
2
ă
2 πx
sin 2
sin2 πδ
2
|x| ą δ
40
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
da cui
ż1
ż
ż
`
|f pxq ´ f p0q| FN pxq dx “
|x|ăδ
1ě|x|ěδ
ż
1
ď ε |FN pxq| dx ` 4 sup |f pxq|
N sin2 πδ
|x|ď1
2
1
ď Cε per N ą
ε sin2 πδ
2
´1
ż1
Essendo ε arbitrario, la convergenza di
FN pxq f pxq dx a f p0q è provata.
´1
Il teorema di approssimazione ci garantisce quindi che pFN ˚ f q 2ÝÑ f ,
L r´1,1s
quindi che le σN e quindi le SN convergono in L2 p´1, 1q a f . La verifica
che si ha convergenza di SN a f puntuale o uniforme quando richieste più
restrittive siano fatte sulla f verrà fatta in seguito.
L2p0, 1q
Ad ogni funzione f P L2 p0, 1q è possibile associare le due funzioni fp e fd
in L2 p´1, 1q cosı̀ definite:
$
f pxq
’
’
?
’
’
&
2
0ďxď1
$
f pxq
’
’
?
’
’
&
2
0ďxď1
’
’
f p´xq
’
’
% ´ ?
2
´1 ď x ă 0
fd pxq “
fp pxq “
’
’
f p´xq
’
’
% ?
2
´1 ď x ă 0
(trattandosi di funzioni in L2 le definizioni precedenti vanno lette come q.o.
in r0, 1s).
Si ha:
}fp }L2 r´1,1s “ }fd }L2 r´1,1s “ }f }L2 p0, 1q
Le applicazioni Up : fp “ Up f e Ud : fd “ Ud f sono quindi applicazioni
unitarie (isometriche e biunivoche) tra L2 r0, 1s e, rispettivamente, gli spazi
L2p r´1, 1s e L2d r´1, 1s delle funzioni pari e dispari, a quadrato sommabile in
r´1, 1s.
3.7. GLI SPAZI L2 pIq , I Ă R INTERVALLO DI R
41
Da quanto
si deduce dunque che i sistemi orto? detto precedentemente,
?
normali t1, 2 cos nπxu e t 2 sin nπxu sono due possibili basi ortonormali
per L2 p0, 1q.
Analogamente, la trasformazione
?
U : pU f qpyq “ b ´ a f ppb ´ aq y ` aq
e la sua inversa
U
´1
: pU
´1
1
gqpxq “ ?
g
b´a
ˆ
x´a
b´a
˙
applicano in maniera unitaria L2 ra, bs in L2 p0, 1q e viceversa. I risultati ottenuti in L2 r´1, 1s possono quindi essere tradotti in L2 ra, bs per ogni intervallo
ra, bs di R.
Alternativamente, per I “ r´L, Ls possiamo costruire l’applicazione
unitaria UL che trasforma L2 p´1, 1q in L2 p´L, Lq:
@ f P L2 p´1, 1q
´x¯
1
pUL f qpxq “ ? f
P L2 p´L, Lq con x P r´L, Ls
L
L
con inversa:
@ g P L2 r´L, Ls
pUL´1 gqpyq “
?
L gpLyq P L2 r´1, 1s
con y P r´1, 1s
(verificare l’unitarietà).
3.7.3
Applicazione del Teorema di Plancherel alla
disuguaglianza isoperimetrica [2]
Nel piano xy consideriamo una curva chiusa descritta dalle equazioni parametriche xpτ q, ypτ q con ´1 ď τ ď 1. Assumiamo che le funzioni xpτ q, ypτ q siano
derivabili con derivate in L2 p´1, 1q. Indichiamo con P la lunghezza del perimetro della curva e con A l’area racchiusa dalla curva nel piano. Proviamo
che:
P 2 ě 4πA
dove l’eguaglianza vale solo nel caso in cui la curva sia un cerchio.
Introduciamo l’ascissa curvilinea
42
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
żτ a
9 2 ` ypvq
9 2 dv
xpvq
spτ q “
´π
che misura la lunghezza della curva fino a τ ( in particolare sp´πq “ 0, spπq “
P ).
Si avrà
P “
żπ a
żπ
żP
9 q2
xpτ
`
9 q2 dτ
ypτ
ds
“
0
´π
9 qdτ
xpτ qypτ
A“
´π
(Vi sono vari modi per convincersi che l’area racchiusa dalla curva è data
dalla formula scritta sopra. Il teorema di Stokes applicato alla forma diffe9 qdτ , che ha componente normale del rotore uguale a
renziale xdy “ xpτ qypτ
1, costituisce il modo probabilmente più formale per provarla)
La riparametrizzazione
” ypτ psqq è caratterizzata da
a xpsq ” xpτ psqq, ypsq
2
2
2
9
funzioni per le quali xpsq
` ypsq
9
“ xpsq
9
` ypsq
9 2 “ 1, @ 0 ď s ď P .
Riscalando l’ascissa curvilinea definendo le nuove coordinate
xptq ” xps “ P pt ` 1q{2q, yptq ” yps “ P pt ` 1q{2q
otteniamo una nuova parametrizzazione in r´1, 1s con funzioni xptq , yptq tali
2
9 2 ` yptq
9 2 “ P4 @t P r´1, 1s.
che xptq
*
"
1
2
In L p´1, 1q scegliamo la base trigonometrica ? , cos nπt, sin nπt . Nel2
le ipotesi fatte, saranno valide le seguenti uguaglianze in L2 p´1, 1q
8
ÿ
a0
?
xptq “
`
pan cos nπt ` bn sin nπtq
2 n“1
8
ÿ
c0
yptq “ ? `
pcn cos nπt ` dn sin nπtq
2 n“1
9
xptq
“
8
ÿ
nπp´an sin nπt ` bn cos nπtq
n“1
yptq
9 “
8
ÿ
n“1
nπp´cn sin nπt ` dn cos nπtq
3.7. GLI SPAZI L2 pIq , I Ă R INTERVALLO DI R
43
Scrivendo la norma quadra di una funzione di L2 p´1, 1q come somma dei
moduli quadri dei suoi coefficienti di Fourier
ż1
8
ÿ
P2
2
2
2
pxptq
9
` yptq
9
qdt “ π
n2 pa2n ` b2n ` c2n ` d2n q
“
2
´1
n“1
ż1
9
A “
xptqyptqdt
´1
ż
1 1
2
2
9
9
“
pxptq ` yptqq
´ pxptq ´ yptqq
qdt
4 ´1
8
ÿ
“ π
npan dn ´ bn cn q
n“1
Pochi passaggi algebrici provano l’eguaglianza
8
ÿ
P2
´ 2A “ π
rnpan ´ dn q2 ` npbn ` cn q2 q ` npn ´ 1qpa2n ` b2n ` c2n ` d2n qs
2π
n“1
Il termine al primo membro è quindi sempre positivo o nullo. L’uguaglianza
a zero si ha solamente nel caso in cui solo a21 ` b21 ` c21 ` d21 ‰ 0 con a1 ´ d1 “ 0
e b1 ` c1 “ 0. Quindi vale l’uguaglianza solo per curve di equazione
a0
xptq “ ? ` pa1 cos t ´ c1 sin tq
2
c0
yptq “ ? ` pc1 cos t ` a1 sin tq
2
che rappresentano circonferenze.
Vogliamo ora indagare, prima a livello intuitivo, cosa diventi la serie
di Fourier rispetto alla base trigonometrica in L2 p´L, Lq quando L tende
all’infinito. Come abbiamo visto l’insieme ortonormale
1
wn pxq “ ? einπx{L ,
n “ 0, ˘1, . . .
2L
è una base ortonormale in L2 p´L, Lq e ogni funzione f di L2 p´L, Lq può
essere scritta in tale base come
8
ÿ
c
? n einπx{L
f pxq “
2L
n“´8
44
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
con
1
cn “ pwn , f q “ ?
2L
żL
e´inπx{L f pxq dx
´L
Per f pxq integrabile in R si ha:
ˇ
ˇż L
ˇ ? ˇ
ˇ
ˇ
ˇ
ˇ
´in2πx{2L
e
f pxq dxˇˇ ă 8
ˇcn 2Lˇ “ ˇˇ
´L
?
n
e cn 2L può quindi essere interpretato come il valore in k “
di una
2L
funzione cpkq che, nel limite L ÝÑ 8, dovrebbe risultare:
ż8
e´i2πkx f pxq dx
cpkq “
´8
Nello stesso limite la serie di Fourier relativa a f pxq assume la forma della
somma di Riemann
ˆ ˙
8
ÿ
?
n
1
ip 2L
q2πx
2L cn e
loomoon
2L
n“´8
loomoon
n
cpk“ 2L
q
∆
che suggerisce che i “coefficienti” di Fourier diano la seguente rappresentazione della f
ż8
cpkq ei2πkx dk
f pxq “
´8
3.8
Trasformata di Fourier
Sia f P L1 pRn q. Sulla base delle considerazioni formali fatte precedentemente, definiamo sua trasformata di Fourier fˆpkq la funzione
ż
fˆpkq “
e´i2π k¨x f pxq dx
Rn
n
k P R , k¨x“
n
ÿ
ki xi . L’integrale è convergente per ogni k P Rn , data
i“1
l’ipotesi f P L1 pRn q. La trasformata di Fourier è evidentemente un’operazione lineare in L1 pRn q.
È facile inoltre dimostrare le seguenti proprietà:
3.8. TRASFORMATA DI FOURIER
45
a) la funzione fˆpkq è continua in k
b) fˆpkq P L8 e }fˆ}8 ď }f }1 . In particolare se una successione di funzioni
fm P L1 pRn q, @m converge in L1 alla funzione f allora le trasformate di
Fourier fˆm tendono a fˆ in L8 .
ş
c) se f ě 0 allora }fˆ}8 “ f pxq dx “ }f }1 .
Vale il
Lemma 22 (Lemma di Riemann - Lebesgue) Se f P L1 pRn q allora
lim fˆpkq “ 0.
|k|Ñ8
Dimostrazione La proprietà è vera, per calcolo diretto, per la funzione
caratteristica di un qualunque parallelepipedo Pa, b “ tx | ai ď xi ď bi u:
ż
e
Pa, b
´i2π k¨x
dx “
n ż bi
ź
i“1
e´i2πki xi dxi “
ai
“ p´1qn
n
ź
e´i2πki bi ´ e´i2πki ai
ÝÑ 0
|k|Ñ8
i2πk
i
i“1
È quindi vera per ogni combinazione lineare finita di funzioni costanti su
parallelipepedi.
I seguenti passi permettono di provare il lemma
• Ogni funzione a supporto compatto in Rn è limite uniforme di funzioni
che sono combinazioni lineari di funzioni costanti su parallelepipedi:
è infatti sufficiente considerare un ricoprimento del supporto K della
generica funzione φ P C08 pRn q con cubi Ai centrati attorno
ÿ ai punti xi ,
pmq
di lato 1{m e considerare la funzione a scala φ pxq “
φpxi q χAi con
i
χAi funzione caratteristica del cubo i-esimo. Poiché la funzione
φ ha de- 
„
1
Bφ
|
,
rivate parziali limitate in tutto K si ha che |φpmq ´ φ| ă C sup sup |
m
i xPK Bxi
con C ą 0 indipendente dalla posizione del cubo (la variazione massima
della φ nel cubo è minore del valore massimo del modulo della derivata
per le dimensioni lineari massime del cubo).
46
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
• Le φpmq cosı̀ definite tendono quindi uniformemente a φ quando m tende all’infinito. Poiché i supporti delle funzioni φpmq e della funzione φ
sono tutti contenuti in uno stesso compatto la convergenza in L1 pRn q
è garantita dalla convergenza uniforme. Per la proprietà b) della trasformata di Fourier, indicata precedentemente, si deduce che le trasformate di Fourier φ̂pmq delle φpmq convergono in L8 pRn q alla trasformata
di Fourier φ̂ della funzione φ. La trasformata di Fourier di una funzione C08 pRn q tende quindi a zero per grandi valori di |k|, come fanno le
funzioni a scala che la approssimano.
• Poiché C08 pRn q è denso in L1 pRn q, tale proprietà risulta vera per ogni
funzione in L1 pRn q.
Altre conseguenze della definizione sono
d) per le funzioni traslate fh pxq “ f px ´ hq e riscalate sλ f pxq “ f px{λq,
h P Rn e λ P C valgono le uguaglianze:
fph pkq “ e´i2πk ¨ h fˆpkq
nˆ
sy
λ f pkq “ λ f pλkq
;
f) Se f e g sono due funzioni in L1 pRn q (come abbiamo osservato in
precedenza la loro convoluzione esiste e appartiene a L1 pRn q) vale
l’uguaglianza
ˆż
˙
ż
´i2πk ¨ x
{
pf ˚ gqpkq “
e
f px ´ yq gpyq dy dx
Rn
Rn
ż
ż
´i2πk ¨ y
“
e
gpyq
e´i2πk ¨ px´yq f px ´ yq dx dy
Rn
Rn
“ fˆpkq ĝpkq
g) Se f P L1 pRn q è tale che xj f P L1 pRn q per qualche j P t1, . . . , nu
allora la trasformata di Fourier di xj f è differenziabile rispetto a kj ,
con derivata parziale continua, e vale la relazione
B ˆ
{j f qpkq @ k P Rn
f pkq “ p´i2πx
Bkj
Infatti, dalla definizione di trasformata di Fourier
ż
fˆpk ` hej q ´ fˆpkq
e´i2πpk`hej q¨x ´ e´i2πk¨x
“
f pxq dx
h
h
Rn
(3.11)
3.8. TRASFORMATA DI FOURIER
47
dove con ej abbiamo indicato il versore della direzione j e h P R. Poiché
vale la stima
ˇ ´i2πpk`he q¨x
ˇ
j
ˇe
´ e´i2πk¨x ˇˇ
ˇ
ˇ
ˇ ď |xj |
h
il teorema di dominata convergenza assicura che il limite del membro di
destra dell’eguaglianza sia uguale all’integrale del limite che è quanto
affermato nella (3.11).
Bf
P L1 pRn q per qualche j P t1, . . . , nu
Bxj
Bf
allora la trasformata di Fourier di
soddisfa la relazione
Bxj
h) Se f P L1 pRn q è tale che
y
Bf
pkq “ i2πkj fˆpkq
Bxj
@ k P Rn
(3.12)
Si ha infatti
ż
ż
i2πkj fˆpkq “
´i2πk¨x
i2πkj e
f pxq dx “ ´
Rn
Rn
ˆ
˙
B ´i2πk¨x
e
f pxq dx
Bxj
La (3.12) si ottiene per integrazione per parti rispetto alla variabile
xj . È necessario a tale scopo convincersi che ogni funzione f P L1 pRn q
con derivata parziale rispetto a xj in L1 pRn q è tale che lim f pxq “ 0.
|xj |Ñ8
Questo semplice risultato è lasciato come esercizio.
Nello studio delle proprietà della trasformata di Fourier utilizzeremo costantemente una unità approssimata ottenuta per riscalamento di una gaussiana. Sarà essenziale, in questa prospettiva, conoscere la trasformata di
Fourier di una gaussiana di varianza qualunque. Proviamo che:
2
pσ pkq “ σ n{2 e´π|k|2 σ
Gσ pxq “ e´π|x| {σ ùñ G
(3.13)
?
Poiché Gσ pxq “ G1 px{ σq basterà provare il risultato per σ “ 1. Poiché
„ż 8
ż
´i2πk ¨ x ´π|x|2
p1 pkq “
G
e
Rn
e
dx “
n
´i2πkx ´πx2
e
´8
e
dx
48
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
basterà calcolare la trasformata di Fourier di una gaussiana di varianza
unitaria in R. Chiudendo il quadrato all’esponente otteniamo
ż8
ż8
ż
2
´i2πkx ´πx2
´πk2
´πpx`ikq2
´πk2
e
e
dx “ e
e
dx “ e
e´πz dz
´8
Γ
´8
2
dove Γ è la retta Im z “ k del piano complesso. Poiché la funzione e´πz è
una funzione intera, l’ultimo integrale non può dipendere da k e assumerà
sempre il valore 1 che si ottiene ponendo k “ 0. Risulta quindi provato il
risultato (3.13) per σ “ 1.
Siamo ora in grado di provare il Teorema di Plancherel. Concentreremo in
un unico teorema anche la formula di inversione della trasformata di Fourier:
Ş
Teorema 23 La trasformata di Fourier di una funzione f P L1 pRn q L2 pRn q
appartiene a L2 pRn q e conserva la norma L2 pRn q. L’applicazione che ad f
associa la sua trasformata di Fourier fˆ può essere estesa ad una isometria
da L2 pRn q a L2 pRn q.
Vale quindi la formula di Parseval: se f e g appartengono a L2 pRn q
ż
ż
¯
¯
fˆpkqĝpkq dk ” pfˆ, ĝq
pf, gq ”
f pxqgpxq dx “
Rn
Rn
L’isometria è in effetti un’applicazione unitaria da L2 pRn q a L2 pRn q valendo, per ogni funzione f P L2 pRn q, la formula di inversione
ż
x
|
ˆ
pf qpxq ”
ei2πk ¨ x fˆpkq dk “ pfpqp´xq “ f pxq
Rn
dove le eguaglianze sono naturalmente intese come appartenenza alla stessa
classe di equivalenza in L2 pRn q.
Dimostrazione Lo strumento tecnico usato per la prova consiste nell’utilizzare la proprietà che le unità approssimate hanno trasformate di Fourier
che tendono alla funzione costante identicamente pari a 1.
2
Consideriamo la funzione gm pkq “ e´π|k| {m per m “ 1, 2, ¨ ¨ ¨ . La funzione
gm è limitata, appartiene a Lp @p e limmÑ8 gm pkq
“ 1 @k P Rn .
Ş
Abbiamo già notato che ogni funzione f P L1 pRn q L2 pRn q ha una trasformata di Fourier limitata; |fˆpkq|2 gm pkq è quindi una funzione integrabile.
3.8. TRASFORMATA DI FOURIER
49
Le proprietà della trasformata di Fourier di una convoluzione e il teorema di
Fubini garantiscono che valgano le uguaglianze
ż
ż
2
|fˆpkq| gm pkq dk “
f¯pxq f pyq e´i2πk ¨ py´xq gm pkq dx dy dk
3n
Rn
żR
“
f¯pxq f pyq ĝm py ´ xq dx dy
(3.14)
R2n
2
È facile verificare che ĝm pxq “ mn{2 e´mπ|x| è un’unità approssimata e che
quindi ĝm ˚ f tende in L2 pRn q a f per m Ñ 8. Passando al limite nel primo
(monotona convergenza) e nell’ultimo (dominata convergenza e teorema di
Fubini) membro dell’uguaglianza (3.14) si ottiene finalmente che fˆ è in L2 e
che }fˆ}2 “ }f }2 .
Come abbiamo già dimostrato un operatore isometrico su uno spazio di Hilbert conserva il prodotto scalare. La formula di Parseval è dunque una
immediata conseguenza del fatto che l’applicazione f Ñ fˆ conserva la norma.
Osservazione 24 Deve essere chiaro che noi non abbiamo una definizione
di integrale per una funzione complessa che non sia integrabile. Non abbiamo
quindi una definizione esplicita della trasformata di Fourier di una funzione
che sia a quadrato sommabile,
Ş 2 n ma non sia sommabile. 2 n
1
n
Poiché però L pR q L pR q è certamente denso in L pR q, il teorema di
Plancherel assicura che l’applicazione f Ñ fˆ possa essere estesa a tutto
L2 pRn q per continuità.
Questo significa che alla trasformata di Fourier di una funzione f in L2 pRn q
ma non in L1 pRn q si dà
solo come limite di trasformate di Fourier
Ş significato
1
n
2
n
di funzioni in L pR q L pR q.
Ş
Verificare che se f R L1 pRn q , f P L2 pRn q allora χBR f P L1 pRn q L2 pRn q
@R ą 0. La definizione della trasformata di Fourier della f può dunque
essere data nel modo seguente
ż
ˆ
f pkq “ lim
e´i2π k¨x f pxq dx
RÑ8 B
R
Utilizzando la proprietà dell’unità approssimata gm è possibile provare la
formula di inversione.
La formula di inversione è una conseguenza della formula
ż
ż
ĝm px ´ yq f pyq dy “
gm pkq fˆpkqei2πk ¨ x dk
Rn
Rn
50
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
Gli integrali ai due membri
sono certamente finiti per ogni
Ş 2 dell’eguaglianza
1
n
n
funzione f P L pR q L pR q e, in questo caso l’uguaglianza è verificata
sostituendo a ĝm px ´ yq la sua definizione e scambiando l’ordine di integrazione (verificare che le ipotesi per l’applicazione del teorema di Fubini sono
soddisfatte).
Tenendo conto
• che ĝm è una unità approssimata;
• che gm tende al valore 1 puntualmente;
Ş
• che L1 pRn q L2 pRn q è denso in L2 pRn q
concludere la dimostrazione della formula di inversione.
Siamo ora in grado di aggiungere alle proprietà della trasformata di
Fourier la seguente, di facile dimostrazione (vedi proprietà f q)
i) Se f, g P L1 pRn q allora
z
pf
gqpkq “ fˆpkq ˚ ĝpkq
3.8.1
Le funzioni degli spazi SpRn q e C08 pRn q e le loro
trasformate di Fourier
Diremo che una funzione f in C 8 pRn q è a decrescenza rapida se (vedi 3.5 per
la notazione)
@α β DKα β ą 0 : @x P Rn |xβ Dα f | ď Kα β
dove xβ “
n
ź
β
xj j . Le derivate, di qualunque ordine, della funzione f
j“1
decrescono quindi più velocemente di ogni potenza del modulo di x quando
|x| tende all’infinito.
Consideriamo lo spazio vettoriale SpRn q (che spesso indicheremo solo
con S) delle funzioni infinitamente differenziabili a decrescenza rapida. Le
funzioni in S sono alternativamente caratterizzate dal fatto che le norme
}f }m,l “ sup sup |Dα f pxq| p1 ` |x|qm
|α|ďl
xPRn
3.8. TRASFORMATA DI FOURIER
51
siano finite @ m e l interi ě 0.
Senza entrare nei dettagli sulla definizione e sulle proprietà della topologia
indotta in S dal “sistema” di norme } ¨ }m,l , riportiamo solamente il seguente
risultato (di facile dimostrazione).
Definiamo convergenza (rispettivamente convergenza di Cauchy) di una successione di funzioni in S la convergenza (rispettivamente la convergenza di
Cauchy) rispetto a tutte le norme } ¨ }m,l (nessuna uniformità rispetto alle
norme è richiesta) allora
Proposizione 25 S è uno spazio sequenzialmente-completo: ogni successione di Cauchy di funzioni in S è convergente e converge a una funzione di
S.
Possiamo ora dimostrare un risultato che sarà fondamentale nel seguito
Teorema 26 La trasformata di Fourier è un’applicazione biunivoca e continua dello spazio S su se stesso (con inversa data dalla formula di inversione).
Specificamente valgono, per ogni f P S e per ogni multi-indice α le relazioni
2π xqα f qpkq
pDα fˆqpkq “ pp´i{
α f qpkq “ ppi 2π kqα fˆqpkq
z
pD
@k P Rn
@k P Rn
(3.15)
(3.16)
Dimostrazione Sia f una funzione in S allora
passo 1) xβ Dα f appartiene a S per ogni β e α. In effetti, per qualche
costante K ą 0
}xβ Dα f }m,l ď K}f }m`|β|,l`|α|
e si ha inoltre (provarlo)
}xβ Dα f }1 ď K}f }n`1`|β|,|α|
(3.17)
(notare che n indica la dimensione dello spazio).
passo 2) In particolare ogni funzione f P S appartiene a L1 pRn q assieme a
tutte le sue derivate. Un’applicazione ripetuta della proprietà g) della
trasformata di Fourier prova la (3.15)
pDα fˆqpkq “ pp´i{
2π xqα f qpkq
fˆ è quindi infinitamente differenziabile.
@k P Rn
52
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
passo 3) Utilizzando la proprietà h) della trasformata di Fourier si ha quindi
k β pDα fˆqpkq “ k β pp´i{
2π xqα f qpkq “ p´iDβ {
qrp´i xqα f qspkq
che per α “ 0 prova la (3.16). Si ha inoltre
sup |k β pDα fˆqpkq| ď }Dβ rpxqα f s}1
k
che, utilizzando la (3.17), prova che tutte le norme della fˆ sono limitate
}fˆ}m,l ď K }f }n`1`l,m
La trasformata di Fourier è dunque una applicazione lineare limitata da
S in S. Poiché l’applicazione inversa è anch’essa una trasformata di Fourier
(fˇpkq “ fˆp´kq) l’applicazione è in effetti biunivoca.
Ancora una volta senza entrare nei dettagli topologici, definiremo una
nozione di convergenza nello spazio C08 pRn q. Diremo che una successione
φpnq di funzioni in C08 pRn q è di Cauchy se
• esiste un compatto K che contiene i supporti di tutte le funzioni della
successione;
• @ ą 0 DN : @n, m ą N
sup
|Dα φpnq pxq ´ Dα φpmq pxq| ă @j “ 0, 1, . . .
xPK,|α|ďj
Lo spazio vettoriale delle funzioni C08 pRn q, con la convergenza sopra definita, verrà indicato in seguito come DpRn q (spesso solamente con D). La
stessa costruzione può essere fatta considerando le funzioni infinitamente differenziabili a supporto compatto contenuto in una regione aperta Ω di Rn .
In questo caso utilizzeremo la notazione DpΩq.
Si dimostra che DpRn q (alternativamente DpΩq) è sequenzialmente completo.
Poichè ogni funzione infinitamente differenziabile a supporto compatto
appartiene a S il teorema (26) prova che la trasformata di Fourier è un’applicazione da C08 pRn q in S. La proposizione che segue prova, nel caso n “ 1,
che la trasformata di Fourier di una funzione infinitamente differenziabile a
supporto compatto, pur appartenendo sempre ad S, non ha mai supporto
compatto. Il risultato si generalizza a n qualunque.
3.8. TRASFORMATA DI FOURIER
53
Proposizione 27 Se f P DpRq allora il supporto di fˆ è l’intero asse reale
Dimostrazione Per definizione
ż
ż
´i2π k¨x
ˆ
f pkq “
e
f pxq dx “
Rn
e´i2π k¨x f pxq dx
supp f
Poichè il supporto di f è limitato e |e´i2π k¨x | ď e2π |Im k| |x| la definizione di
fˆpkq può essere estesa a valori di k in tutto il piano complesso e fornisce
una funzione intera di k che ha, come valori sull’asse reale, la trasformata di
Fourier della funzione f .
Poiché una funzione intera, non nulla, può avere solo zeri isolati, la fˆpkq può
solo essere nulla in punti isolati di R e il suo supporto coincide quindi con
l’intero asse reale.
Il precedente risultato può essere interpretato come un informazione sul
rapporto tra “scarto” attorno alla media di una funzione e corrispondente
scarto della sua trasformata di Fourier. Il risultato che quantifica questo rapporto è denominato “Principio di Indeterminazione” perché esprime la forma
matematica del principio di indeterminazione di Heisenberg della Meccanica
Quantistica.
Sia f una funzione di L2 pRq, chiameremo suo scarto rispetto all’origine la
quantità
ş8 2
x |f pxq|2 dx
ş8
(3.18)
∆0 f “ ´8
2 dx
|f
pxq|
´8
L’interpretazione di ∆0 f come dispersione intorno all’origine discende dal
fatto che ∆0 f è il coefficiente che determina la “dispersione” della funzione
f lontano dall’origine, nel senso che
ş
ş8
x2 |f pxq|2 dx
1 ´8 x2 |f pxq|2 dx
∆0 f
|x|ąK
ş8
ş8
ď
“
2
K
K2
|f pxq|2 dx
|f pxq|2 dx
´8
´8
(giustificare la disuguaglianza).
La relazione quantitativa che lega lo scarto rispetto all’origine di una
funzione e quello della sua trasformata di Fourier è data nella seguente
Proposizione 28 (Principio di Indeterminazione) Se f P L2 pRq è tale
df
che x f e
appartengono a L2 pRq allora vale la disuaglianza
dx
54
CAPITOLO 3. MISURA E INTEGRAZIONE
1
16 π 2
L’eguaglianza si ha se e solo se la funzione f è una gaussiana centrata
nell’origine.
∆0 f ∆0 fˆ ě
Dimostrazione La prova si ottiene con la successione di uguaglianze e
disuguaglianze
ż8
ż8
ż8
df
d|f pxq|2
2
x f pxq
dx “ ´2Re
dx
|f pxq| dx “ ´
x
dx
dx
´8
´8
´8
ˆż 8
˙1{2 ˆż 8
˙1{2
df
df
2
ď2
|x| |f pxq|| | dx ď 2
|x f pxq| dx
| | dx
dx
´8
´8
´8 dx
ˆż 8
˙1{2 ˆż 8
˙1{2
2
2
“
|x f pxq| dx
4π
|k f pkq| dx
ż8
´8
´8
Nell’integrazione per parti che dà la prima uguaglianza il lettore è richiesto
di giustificare l’assenza di termini all’infinito. Nella prima disuguaglianza è
stata utilizzata la disuguaglianza di Schwarz, mentre l’ultima uguaglianza é
conseguenza della proprietà g) della trasformata di Fourier.
La tesi del teorema è provata quadrando la disuguaglianza ottenuta e
tenendo conto che }f }2 “ }fˆ}2 .
Se la funzione f è una gaussiana, sappiamo che la sua trasformata di Fourier è anch’essa una gaussiana e l’uguaglianza è provata per calcolo diretto.
Se vale l’uguaglianza il segno di uguale deve valere nella disuguaglianza di
Schwarz utilizzata nella prova. È lasciato come esercizio al lettore di provare
che questo implica che la f debba soddisfare una equazione differenziale che
ha per soluzioni solo le gaussiane.
Bibliografia
[1] E.M. Lieb and M. Loss, Analysis (second edition), AMS, 1997.
[2] M.A. Pinsky, Introduction to Fourier Analysis and Wavelets, AMS,
2002.
[3] Ph. Blanchard and E. Brüning, Mathematical Methods in Physics,
Birkhäuser, 2003.
55