L`antitrust - Università degli Studi di Parma

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Antitrust
L’antitrust
Matteo Richiardi
1
1 Dipartimento di Economia
Università di Torino
5 maggio 2010
1 / 97
Antitrust
Outline I
1
2
3
4
5
Le origini dell’antitrust
L’antitrust nel mondo
Background teorico
Funzioni di costo
Concorrenza perfetta
Approcci
Ipotesi
Proprietà
Il monopolio
Ipotesi
Implicazioni
Strategie di prezzo
Monopolista mono-prodotto
Monopolista multi-prodotto
Beni durevoli
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Antitrust
Outline II
Altre distorsioni
Distorsioni di costo
Attività di rent-seeking
Monopolio e innovazione
Le origini del potere di mercato
6
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
L’Europa
Accordi restrittivi
Abuso di posizione dominante
Le operazioni di concentrazione
7
8
L’antitrust e le democrazie liberali
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
L’AGCM e il latte artificiale
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Antitrust
Il dilemma della democrazia liberale
Ci sono dunque due confini che in una società democratica non dovrebbero essere mai
valicati: uno è quello al di là del quale prende corpo il potere non legittimato dei privati,
l’altro è quello al di là del quale diviene illegittimo il potere legittimo del pubblico.
(Giuliano Amato, Il potere e l’Antitrust, pag. 9)
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Antitrust
Bibliografia
Jean Tirole. Teoria dell’organizzazione industriale. Hoepli, Milano, 1991
Robert H. Frank. Microeconomia. Quinta edizione. McGraw-Hill 2010, capp. 11, 12.
Giuliano Amato. Il potere e l’antitrust. Il dilemma della democrazia liberale nella storia del
mercato. Il Mulino, Bologna, 1998
Odd Langholm (2006). Monopoly and market irregularities in Medieval economic thought:
Traditions and texts to AD 1500. Journal of History of Economic Thought, 28(4): 395-411
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Relazione annuale 2008.
Michael W. Nicholson (2004). Quantifying Antitrust regimes. FTC Bureau of Economics
Working Papers No. 267.
Nicholas Economides (2001). The Microsoft Antitrust Case: Rejoinder. Journal of Industry,
Competition and Trade: From Theory to Policy, 1(1): 71-79.
Pierluigi Sabbatini (2008). The assessment of the impact of antitrust intervention by the
Italian Competition Authority. De Economist, 156(4): 491-505
Oxera (2009). Quantifying antitrust damages. Towards non-binding guidance for courts.
Study prepared for the European Commission
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Antitrust
Links
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
Commissione Europea DG Competition
United States Department of Justice Antitrust Division
United States Federal Trade Commission Bureau of Competition
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Antitrust
Le origini dell’antitrust
Outline
1
2
3
4
5
Le origini dell’antitrust
L’antitrust nel mondo
Background teorico
Funzioni di costo
Concorrenza perfetta
Approcci
Ipotesi
Proprietà
Il monopolio
Ipotesi
Implicazioni
Strategie di prezzo
Monopolista mono-prodotto
Monopolista multi-prodotto
Beni durevoli
Altre distorsioni
Distorsioni di costo
Attività di rent-seeking
6
Monopolio e innovazione
Le origini del potere di mercato
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
L’Europa
Accordi restrittivi
Abuso di posizione dominante
Le operazioni di concentrazione
7
8
L’antitrust e le democrazie liberali
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
L’AGCM e il latte artificiale
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Antitrust
Le origini dell’antitrust
Un po’ di storia...
Le origini della regolamentazione antitrust
Nel suo libro La politica Aristotele condanna i monopoli, insieme all’usura, come esempio
della dannosa arte della crematistica, opposta alla virtuosa arte dell’economia intesa come
gestione della casa.
Intorno al 50 DC fu promulgata la Lex Julia de Annona per proteggere con multe elevate il
commercio del grano dai tentativi di oscacolare l’arrivo delle navi.
Sotto l’imperatore Diocleziano (301 DC) fu emanato un editto che imponeva la pena di
morte per chiunque avesse generato un danno all’erario, per esempio causando
artificiosamente la scarsità di beni quotidiani sul mercato grazie all’accantonamento.
L’imperatore del Sacro Romano Impero d’Oriente Zenone (483 DC) emanò un decreto contro
i monopoli (privati e statali), che venne poi incluso nel capitolo De monopoliis nel codice di
Giustiniano. In esso si stabiliva che i monopoli di stato venissero gestiti da ufficiali pubblici,
appositamente remunerati allo scoopo.
(Si veda Langholm, 2006)
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Antitrust
L’antitrust nel mondo
Outline
1
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3
4
5
Le origini dell’antitrust
L’antitrust nel mondo
Background teorico
Funzioni di costo
Concorrenza perfetta
Approcci
Ipotesi
Proprietà
Il monopolio
Ipotesi
Implicazioni
Strategie di prezzo
Monopolista mono-prodotto
Monopolista multi-prodotto
Beni durevoli
Altre distorsioni
Distorsioni di costo
Attività di rent-seeking
6
Monopolio e innovazione
Le origini del potere di mercato
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
L’Europa
Accordi restrittivi
Abuso di posizione dominante
Le operazioni di concentrazione
7
8
L’antitrust e le democrazie liberali
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
L’AGCM e il latte artificiale
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Antitrust
L’antitrust nel mondo
L’antitrust nel mondo
Ranking dei diversi paesi per politiche anti-monopolistiche
Fonte: Nicholson (2004)
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Antitrust
L’antitrust nel mondo
L’Antitrust nel mondo
Misure di input
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Antitrust
L’antitrust nel mondo
L’Antitrust nel mondo
Misure di input
Fonte: Nicholson (2004)
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Antitrust
L’antitrust nel mondo
L’Antitrust nel mondo
Antitrust Law Index
Fonte: Nicholson (2004)
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Antitrust
Background teorico
Outline
1
2
3
4
5
Le origini dell’antitrust
L’antitrust nel mondo
Background teorico
Funzioni di costo
Concorrenza perfetta
Approcci
Ipotesi
Proprietà
Il monopolio
Ipotesi
Implicazioni
Strategie di prezzo
Monopolista mono-prodotto
Monopolista multi-prodotto
Beni durevoli
Altre distorsioni
Distorsioni di costo
Attività di rent-seeking
6
Monopolio e innovazione
Le origini del potere di mercato
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
L’Europa
Accordi restrittivi
Abuso di posizione dominante
Le operazioni di concentrazione
7
8
L’antitrust e le democrazie liberali
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
L’AGCM e il latte artificiale
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Antitrust
Background teorico
Funzioni di costo
Funzioni di costo di breve e di lungo periodo
Rendimenti di scala decrescenti
C (q)
AC (q)
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Antitrust
Background teorico
Funzioni di costo
Funzioni di costo di breve e di lungo periodo (segue)
Rendimenti di scala crescenti
C (q)
AC (q)
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Antitrust
Background teorico
Funzioni di costo
Funzioni di costo di breve e di lungo periodo (segue)
Nel breve periodo, in presenza di costi fissi, i rendimenti di scala sono sempre decrescenti.
Nel lungo periodo tutti i costi sono variabili: i rendimenti di scala possono essere decrescenti,
costanti o crescenti.
Le curve di costo di lungo periodo sono l’inviluppo delle curve di costo di breve periodo.
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Antitrust
Concorrenza perfetta
Outline
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3
4
5
Le origini dell’antitrust
L’antitrust nel mondo
Background teorico
Funzioni di costo
Concorrenza perfetta
Approcci
Ipotesi
Proprietà
Il monopolio
Ipotesi
Implicazioni
Strategie di prezzo
Monopolista mono-prodotto
Monopolista multi-prodotto
Beni durevoli
Altre distorsioni
Distorsioni di costo
Attività di rent-seeking
6
Monopolio e innovazione
Le origini del potere di mercato
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
L’Europa
Accordi restrittivi
Abuso di posizione dominante
Le operazioni di concentrazione
7
8
L’antitrust e le democrazie liberali
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
L’AGCM e il latte artificiale
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Antitrust
Concorrenza perfetta
Approcci
Concorrenza perfetta
Approcci
L’economia neoclassica ha guardato alla concorrenza perfetta da due prospettive diverse:
Una prospettiva statica: l’impossibilità di ciascuna impresa di influenzare il prezzo di mercato
(per esempio perchè le imprese sono cosı̀ piccole, rispetto alle dimensioni del mercato, che la
loro presenza o assenza non modifica la struttura del mercato).
Una prospettiva dinamica: la possibilità di sfruttare (e quindi eliminare) opportunità di
arbitraggio ogni qual volta vi è una differenza di prezzo tra produttori del bene. Questa
possibilità richiede libertà di ingresso e di uscita dal mercato. Tanto più veloce avviene
l’arbitraggio, tanto più competitivo il mercato: si ha allora concorrenza perfetta quando vi è
informazione perfetta sui prezzi delle diverse imprese e gli aggiustamenti sono istantanei.
Queste due condizioni insieme determinano la legge del prezzo unico.
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Antitrust
Concorrenza perfetta
Ipotesi
Concorrenza perfetta
Ipotesi
1
Beni omogenei
2
Insensibilità del prezzo di mercato al comportamento delle imprese (p.e. quando ciascuna
impresa è “piccola” rispetto alle dimensioni del mercato)
3
Perfetta mobilità dei fattori produttivi, nel lungo periodo
4
Informazione perfetta sia per i consumatori che per le imprese
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Antitrust
Concorrenza perfetta
Ipotesi
Concorrenza perfetta
Un benchmark molto stilizzato
Quanto sono realistiche queste 4 ipotesi? Alcune implicazioni:
Non ci sono costi di informazione.
Non ci sono costi di transazione.
Tutti gli attori economici agiscono indipendentemente. Essi comunicano tra loro solo
attraverso il prezzo di mercato.
Non ci sono comportamenti collusivi.
Non esiste il tempo.
Non esisto lo spazio.
Non ci sono scorte.
Non ci sono costi fissi.
Non ci sono costi di distribuzione.
Non ci sono economie di scala.
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Antitrust
Concorrenza perfetta
Ipotesi
Concorrenza perfetta
Un benchmark molto stilizzato (segue)
Non ci sono contratti di lavoro.
Non ci sono sindacati.
Non c’è controllo sulle risorse.
Tutta la tecnologia è disponibile per chiunque: non ci sono brevetti, marchi registrati,
copyright
Non c’è ricerca e sviluppo.
Non c’è pubblicità nè marketing.
Non c’è fedeltà dei consumatori.
Non ci sono interventi del governo.
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Antitrust
Concorrenza perfetta
Proprietà
Concorrenza perfetta
Note
E’ possibile, nel breve periodo, che un’impresa in concorrenza perfetta realizzi dei profitti.
La concorrenza perfetta non è compatibile con rendimenti di scala crescenti.
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Antitrust
Concorrenza perfetta
Proprietà
Concorrenza perfetta
Efficienza
In assenza di esternalità e di beni pubblici, gli equilibri di concorrenza perfetta sono
Pareto-efficienti (primo teorema del Benessere): non è possibile aumentare l’utilità di nessun
soggetto senza che questo vada a scapito di qualcun altro; inolte, il valore sociale di una unità
aggiuntiva del bene prodotto è inferiore al costo di produzione di quel bene.
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Antitrust
Il monopolio
Outline
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3
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5
Le origini dell’antitrust
L’antitrust nel mondo
Background teorico
Funzioni di costo
Concorrenza perfetta
Approcci
Ipotesi
Proprietà
Il monopolio
Ipotesi
Implicazioni
Strategie di prezzo
Monopolista mono-prodotto
Monopolista multi-prodotto
Beni durevoli
Altre distorsioni
Distorsioni di costo
Attività di rent-seeking
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Monopolio e innovazione
Le origini del potere di mercato
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
L’Europa
Accordi restrittivi
Abuso di posizione dominante
Le operazioni di concentrazione
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8
L’antitrust e le democrazie liberali
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
L’AGCM e il latte artificiale
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Antitrust
Il monopolio
Ipotesi
Il monopolio
Ipotesi
Ipotesi:
1
I beni prodotti dal monopolista sono dati (non cambiano, in particolare non cambia la loro
qualità);
2
La loro qualità e le loro caratteristiche sono note ai consumatori;
3
Il monopolista conosce la funzione di domanda (ma non il prezzo di riserva di ciascun
consumatore);
4
Il monopolista vende ciascuna unità del bene allo stesso prezzo (commitment to price).
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Antitrust
Il monopolio
Implicazioni
Il monopolio
Distorsioni
Sotto queste condizioni, il monopolio implica l’esistenza di distorsioni. Le prime che analizziamo
sono le
Distorsioni di prezzo. Differentemente dal comportamento di un’impresa concorrenziale, la
cui domanda è infinitamente elastica (orizzontale), un’impresa che esercita potere di
monopolio in un mercato può alzare il prezzo al di sopra del costo marginale senza perdere
tutti i suoi clienti. A meno che l’impresa non riesca a discriminare perfettamente (si veda
oltre), ciò implica un costo per la società (perdita di benessere, misurato come la somma del
surplus del consumatore e del produttore*).
(*) Attenzione: l’utilizzo del surplus come misura di benessere implica l’adozione di una funzione
di benessere collettivo alla Hicks-Kaldor, che assume misurabilità e comparabilità delle preferenze
individuali (funzioni di utilità cardinali, che coincidono con i guadagni e le perdite monetarie di
ciascun individuo) e assegna pesi identici a tutti gli individui !
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Antitrust
Il monopolio
Implicazioni
Il monopolio
La perdita di surplus
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
Monopolio sul singolo prodotto
(o monopolio su più prodotti, con domande indipendenti e costi separabili)
Funzione di domanda:
q = D(p)
(1)
max[D(p) − C (D(p))]
(2)
Funzione obiettivo :
p
Condizione di ottimo: (si assumono soddisfatte le condizioni del secondo ordine - attenzione, non è
detto che sia sempre vero):
MC = MR
(3)
o, equivalentemente:
pm − C 0
1
=
pm
(4)
(il primo termine è chiamato indice di Lerner, e rappresenta il markup sul costo marginale).
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
Monopolio
Note
Il monopolista vende ad un prezzo superiore a quello socialmente ottimale (che sarebbe pari
al costo marginale).
La distorsione di prezzo è maggiore quando l’elasticità è più bassa.
Un monopolista sceglie sempre un prezzo tale per cui > 1. Se l’elasticità fosse superiore a
1, i suoi ricavi (e quindi, a fortiori, i suoi profitti), aumenterebbero al diminuire della quantità
prodotta, e quindi all’aumentare del prezzo di vendita.
Il prezzo di monopolio è una funzione non decrescente del costo marginale.
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
Monopolio
Note (segue)
Quanto è grande la perdita di benessere (surplus) per la società)? Harberger (1954): 0.1%
del PIL. Altre stime: fino al 7% del PIL.]
Tassazione ottima. In presenza di una tassa (sulla quantità), la funzione obiettivo del
monopolista diventa:
max[pD(p + t) − C (D(p + t)]
p
(5)
L’aliquota ottimale (per la massimizzazione del surplus) è t ∗ < 0: bisognerebbe sussidiare il
monopolista (in modo che aumenti la quantià prodotta). Ma chi paga il costo del sussidio?
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
Discriminazione di prezzo
Finora abbiamo ipotizzato che il monopolista venda un bene omogeneo, ad un prezzo
uniforme (stesso prezzo per tutti i consumatori, in tutti i periodi).
Adesso vediamo cosa succede se abbandoniamo l’ipotesi di prezzo unico per tutti i
consumatori.
Vedremo in seguito cosa succede se consideriamo più beni, oppure la possibilità che lo stesso
bene venga venduto dal monopolista a prezzi diversi in momenti diversi (quest’ultimo caso
rileva solo se il bene in oggetto è un bene durevole)
In generale, un prezzo uniforme per tutti i consumatori lascia del surplus a qualche
consumatore (quelli con un prezzo di riserva più alto).
A livello intuitivo, un produttore effettua discriminazione di prezzo quando vende unità
diverse dello stesso bene a prezzi diversi, allo stesso consumatore o a consumatori diversi.
La possibilità di discriminazione di prezzo è legata all’impossibilità di arbitraggio da parte dei
consumatori: chi compra il bene ad un prezzo più basso non può rivenderlo ad un prezzo più
elevato.
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
Discriminazione di prezzo (segue)
Seguendo Pigou (1920), si distingue convenzionalmente in:
1
Discriminazione di prezzo del primo tipo, o discriminazione perfetta: il produttore vende ogni
unità del bene al prezzo di riserva dell’acquirente. In questo modo il monopolista estrae tutto
il surplus dei consumatori. Attenzione però: la discriminazione perfetta è Pareto-efficiente (la
quantità prodotta è uguale a quella di concorrenza)! Es: aste.
2
Discriminazione di prezzo di secondo tipo: il produttore offre diversi “pacchetti” a prezzi
differenti (es: abbonamenti alla palestra in fasce orarie diverse, sconti sulla quantità, ecc.), e i
consumatori scelgono quale pacchetto acquistare (dividendosi cosı̀ in gruppi auto-selezionati).
Il produttore discrimina sulla base di caratteristiche non osservabili dei consumatori
(preferenze). Il monopolista in questo caso riesce ad estrarre solo una parte del surplus dei
consumatori.
3
Discriminazione di prezzo del terzo tipo: il produttore discrimina sulla base di caratteristiche
osservabili dei cosumatori (età, genere, occupazione, località, ecc.) che sono utilizzate come
segnali per inferire la reale disponibilità a pagare (il prezzo di riserva).
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
Monopolista multi-prodotto
Si consideri il caso di un’impresa multi-prodotto che ha potere di monopolio su tutti i beni che
produce.
Funzione di domanda:
qi = Di (p)
Funzione obiettivo:
max[
p
X
pi Di (p) − C (D1 (p), · · · , Dn (p))]
(6)
(7)
i
Condizione di ottimo: (sempre assumendo che le condizioni del secondo ordine siano soddisfatte):
X
X ∂C ∂Dj
∂Di
∂Dj
Di + pi
+
pj
=
(8)
∂pi
∂p
∂qj ∂pi
i
j
j6=i
per ogni i.
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
Monopolista multi-prodotto
Domande interdipendenti, costi separabili
C (q1 , · · · , qn ) =
X
Ci (qi )
(9)
i
L’equazione 8 diventa:
X (pj − Cj0 )Dj ij
pi − Ci0
1
=
−
pi
ii
Ri ij
j6=i
∂D
pi
i Di
dove ii ≡ − ∂p i
(10)
∂D
pi
i Dj
è l’elasticità proprio della domanda (positiva), ij ≡ − ∂p j
è l’elasticità
incrociata della domanda del bene j al prezzo del bene i, e Ri ≡ pi Di è il ricavo associato al bene i.
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
Monopolista multi-prodotto
Domande interdipendenti, costi separabili (segue)
Se i beni sono sostituti (∂Dj /∂pi > 0 per ogni j 6= i, o ij < 0): l’indice di Lerner per ogni
bene i è maggiore dell’inverso dell’elasticità propria della domanda. Vi sono esternalità tra i
diversi beni: un maggior prezzo di un bene ne incoraggia la sostituzione con altri beni
(prodotti dalla stessa impresa). Se l’impresa fosse scomposta in divisioni, ciascuna autonoma
nella produzione e nella vendita di un bene, queste sarebbero de facto concorrenti. Dunque,
per eliminare le esternalità tra le diverse divisioni si dovrebbe dare a ciascuna divisione degli
incentivi per aumentare il prezzo oltre a quello individualmente ottimale, con lo scopo di
aumentare la domanda dei beni prodotti dalle altre divisioni.
Se i beni sono complementi (∂Dj /∂pi < 0 per ogni j 6= i, o ij > 0): in questo caso è
l’inverso dell’elasticità propria della domanda che eccede l’indice di Lerner per ogni bene i. Vi
sono sempre esternalità tra i diversi beni, ma in questo caso di segno opposto: un minor
prezzo di un bene incoraggia non solo il consumo di quel bene, ma anche il consumo degli
altri beni prodotti dall’impresa. Ciascuna divisione dovrebbe allora vendere ad un prezzo più
basso di quello individualmente ottimale, al fine di incoraggiare il consumo dei beni prodotti
dalle altre divisioni. Si noti che in questo caso alcuni beni potrebbero addirittura essere
venduti ad un prezzo inferiore al costo marginale (indice di Lerner negativo): su questi beni
l’impresa realizza delle perdite, ma esse sono più che compensate dai maggiori profitti
ottenuti sugli altri beni. Es: stampanti e toner.
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
Monopolista multi-prodotto
Domande indipendenti, costi interdipendenti
qi = Di (pi )
(11)
Un’applicazione interessante: il learning-by-doing.
Ipotizziamo un orizzonte temporale di 2 periodi solamente.
qt = Dt (pt )
(12)
C1 = C1 (q1 )
(13)
C2 = C2 (q1 , q2 )
(14)
con ∂C2 /∂q1 < 0: all’aumentare della produzione del bene 1 diminuiscono i costi per la
produzione del bene 2.
Funzione obiettivo:
max [p1 D1 (p1 ) − C1 (D1 (p1 )) + δ(p2 D2 (p2 ) − C2 (D2 (p2 ), D1 (p1 )))]
p1 ,p2
(15)
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
Monopolista con learning-by-doing (segue)
Condizioni di ottimo:
MR2 = MC2
(16)
MR1 < MC1
(17)
Nel primo periodo, il monopolista fissa un prezzo inferiore a quello che sarebbe ottimale in
un’ottica uniperiodale; questo gli consente di vendere di più e di realizzare più learning-by-doing,
abbassando i costi di produzione nel secondo periodo.
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
La congettura di Coase (monopolio con beni durevoli)
La non deperibilità di un bene fa si che i beni offerti da un monopolista in due periodi differenti
siano sostituti: il monopolista si fa competizione da solo. Ciò spinge i prezzi e i profitti verso il
basso:
Vendendo oggi, il monopolista riduce la sua domanda domani.
A fronte di una minore domanda, il monopolista ridurrà domani il prezzo di vendita.
Se i consumatori sono razionali, essi posporranno l’acquisto del bene in modo da approfittare
dei minori prezzi.
Qual è l’equilibrio, in questa situazione? Bisogna che la sequenza di prezzi offerti dal
monopolista e le aspettative dei consumatori siano mutualmente compatibili: i consumatori si
comportano allora razionalmente, data la strategia del monopolista, e la strategia del
monopolista è ottimale, date le aspettative dei consumatori.
L’equilibrio prende la forma di una sequenza di prezzi decrescenti. Il monopolista dunque fa
discriminazione di prezzo nel tempo: serve prima i clienti più impazienti, ad un prezzo più
elevato; quindi abbassa i prezzi e serve i clienti più pazienti.
Questa flessibilità danneggia il monopolista, che sarebbe stato meglio se fosse riuscito ad
impegnarsi fin da subito a mantere il prezzo invariato. Tale impegno non è però credibile
perchè il monopolista, periodo dopo periodo, ha convenienza a violarlo!
Quanto più rapidamente possono avvenire gli aggiustamenti di prezzo, tanto peggio è la
situazione del monopolista. Nel caso limite in cui gli aggiustamenti possono (NB: possono,
non necessariamente devono!) avvenire istantaneamente, si dimostra che tutti gli scambi
avvengono nel periodo iniziale, ad un prezzo uguale al costo marginale (congettura di Coase!
Dunque, una situazione uguale a quella di concorrenza.
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
La congettura di Coase
Scappatoie
E’ veramente cosı̀? Dal momento che molti beni sono, in certa misura, durevoli, questo sarebbe un
risultato molto forte (il monopolista si fa concorrenza da solo), che ridurrebbe di molto le
preoccupazioni relative a questa struttura di mercato.
Leasing. Il monopolista potrebbe decidere di non vendere il bene durevole, ma darlo in
leasing (di fatto, affittarlo). Anche il leasing però ha i suoi problemi (richiede un
monitoraggio costoso dell’utilizzo del bene da parte del consumatore, al fine di preservarne
l’integrità). Inoltre, il monopolista che dà il suo bene in leasing ha convenienza a fissare un
prezzo per il canone di leasing che dipende dai consumi precedenti di ogni consumatore. Se i
consumatori si comportano tenendo a mente questa convenienza, si può dimostrare che il
monopolista realizza profitti maggiori se vende il bene, nonostante la congettura di Coase.
Impegno a mantenere invariato il prezzo: affidamento del controllo a terzi, reputazione,
money back guarantees, etc.
Esistenza di rendimenti decrescenti di scala, che impediscono al monopolista di vendere
troppo velocemente.
Costi per aumentare la capacità produttiva (hanno un effetto simile).
Esistenza di costi opportunità (alternative) per il monopolista: i consumatori potrebbero non
essere certi che il monopolista continuerà a stare sul mercato.
Arrivo di nuovi consumatori.
Obsolescenza pianificata (innovazione di prodotto).
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
Monopolista di beni durevoli
Il riciclaggio
Si consideri il caso di un monopolista che produce un bene che può essere riciclato, con una
struttura di mercato del prodotto riciclato concorrenziale:
Alcoa aveva circa il 90% del mercato primario dell’alluminio.
Era considerata un monopolio: nel 1945 la Suprema Corte degli Stati Uniti aveva proibito ad
Alcoa espansioni ulteriori (acquisto di impianti bellici).
Però: considerando anche il mercato dell’alluminio riciclato, la quota dell’Alcoa scendeva al
64%.
E infatti il prezzo fissato da Alcoa era basso per un monopolista (secondo alcuni addirittura
vicino al costo marginale).
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Antitrust
Il monopolio
Strategie di prezzo
Riciclaggio (segue)
Se ipotizziamo che l’industria concorerenziale a valle (quella del riciclaggio) possa ottenere il
materiale da riciclare gratuitamente (questa ipotesi semplifica di molto l’analisi: in questo caso
infatti la domanda di alluminio “nuovo” non dipende dalle aspettative sul prezzo a cui il materiale
potrà essere rivenduto all’industria del riciclaggio), si possono ottenere i seguenti risultati:
Il margine di profitto (indice di Lerner) è più basso che in un’industria senza riciclaggio.
Miglioramenti nell’industria del riciclaggio si traducono in una diminuzione delle rendite di
monopolio.
I consumatori beneficiano dall’esistenza del riciclaggio; però, al momento della sua
introduzione essi incorrono in una perdita. Infatti, il monopolista riduce la quantità prodotta,
quando viene introdotto il riciclaggio, per non alimentare troppo la concorrenza futura che gli
verrà dall’industria del riciclaggio.
La crescita complessiva del mercato aumenta il margine di profitto del monopolista.
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Antitrust
Il monopolio
Altre distorsioni
Distorsioni di costo
Può capitare che il monopolista, in assenza di concorrenza, presti meno attenzione alle strategie di
riduzione dei costi. Come mai? Non vale comunque il principio di massimizzazione dei profitti? Ci
potrebbe essere un problema di governance: gli azionisti vogliono massimizzare i profitti, i manager
potrebbero essere interessati anche ad altri obiettivi (X-inefficiency). Gli azionisti però potrebbero
avere difficoltà a controllare le attività dei manager, causa esistenza di asimmetrie informative tra
manager e azionisti.
In concorrenza, la performance delle altre imprese fa da punto di riferimento yardstick competition.
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Antitrust
Il monopolio
Altre distorsioni
Attività di rent-seeking
L’esistenza di potere di mercato si traduce in una rendita per il monopolista, che potrebbe fare
gola a molti. I potenziali aspiranti al ruolo di monopolista cercheranno allora in tutti i modi di
assicurarsi questa rendita, e per farlo potranno incorrere in spese, che in tutto o in parte ridurrano
ex ante il valore del monopolio. Nel caso estremo tutta la rendita del monopolista verrà dissipata:
se le attività di rent-seeking sono socialmente inutili (es: campagne stampa, regali ai politici, ecc.)
alla perdita di benessere di monopolio, rispetto ad una situazione concorrenziale, bisogna
aggiungere anche il valore della rendita.
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Antitrust
Il monopolio
Monopolio e innovazione
Monopolio e innovazione
Secondo alcuni (l’inziatore di questa letteratura è Joseph Schumpeter) il monopolio favorisce
l’innovazione (di prodotto). Questo a causa di:
1
Profitti positivi: in concorrenza infatti le imprese non avrebbero risorse per investrire in R&D.
Inoltre, non avrebbero nemmeno la convenienza, dal momento che l’innovazione non darebbe
luogo ad un aumento di profitti.
2
Dimensione maggiore: in monopolio ci sono meno imprese, più grandi. Se le attività di R&S
sono caratterizzate da rendimenti crescenti, imprese più grandi, anche a parità di risorse
dedicate alla R&S, sono più efficienti, e quindi più innovative.
La presunta “incompatibilità” tra concorrenza e innovazione è però discutibile. Infatti, la
concorrenza potrebbe anche giocarsi sulla capacità innovativa delle imprese: chi non innova fa
profitti negativi e va fuori mercato; chi innova fa profitti nulli ma rimane dentro (es: industria dei
pc).
L’esistenza di una rendita di monopolio, anche se temporanea, associata all’introduzione di nuovi
prodotti è invece un importante incentivo all’innovazione. Tale rendita può essere garantita da una
tutela legale (brevetti), oppure originare dal tempo necessario alle imprese concorrenti per copiare
l’innovazione.
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Antitrust
Il monopolio
Le origini del potere di mercato
Le origini del potere di mercato
I monopoli nascono principalmente da barriere all’ingresso (Bain, 1956). Stigler (1968) sottolinea il
ruolo delle asimmetrie di costo tra l’incumbent e i potenziali concorrenti, ma anche queste
asimmetrie possono essere ricomprese nelle barriere all’entrata. Inoltre, anche costi di uscita dal
mercato (ad esempio, costi di liquidazione del capitale immobilizzato) possono svolgere il ruolo di
deterrante per l’ingresso di nuove imprese (e quindi, nuovamente, di barriere all’entrata). Sapere
che esistono costi di uscita può fare sı̀ infatti che un’impresa decida di stare fuori da un mercato
anche se su quel mercato si realizzano profitti positivi.
Più in generale, le barriere all’entrata possono essere di tre tipo: (i) barriere economiche, (ii)
barriere legali, e (iii) barriere strategiche, conseguenti ad un comportamento deliberato
dell’incumbent.
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Antitrust
Il monopolio
Le origini del potere di mercato
Barriere economiche all’entrata
A loro volta, le barriere economiche possono essere di diverso tipo:
Economie di scala: costi marginali decrescenti e costi fissi di start-up elevati, creano un
vantaggio per l’incumbent sui potenziali concorrenti. Quando i costi medi sono decrescenti si
ha quello che si chiama monopolio naturale. Anche quando i costi medi non sono sempre
decrescenti, la scala di produzione efficiente può essere tale da venir raggiunta da una sola
impresa.
Economie di rete: in molti mercati, un prodotto acquista tanto più valore quanto maggiore è
il numero di utilizzatori, ad esempio per motivi di compatibilità tecnologica (es: Windows,
Vhf...) oppure di marketing (iPod).
Requisiti di capitale: il processo produttivo può richiedere un ammontare iniziale di capitale o
dei costi fissi difficilmente sostenibili da un nuovo entrante.
Superiorità tecnologica: un monopolista può essere più in grado dei potenziali entranti di
acquisire, integrare ed utilizzare la migliore tecnologia disponibile, anche quando essa sia
effettivamente disponibile per tutti.
Controllo sulle risorse naturali o altri input fondamentali: a sua volta, questo potere di
controllo può nascere da una posizione di monopsonio sul mercato degli input, o da altre
condizioni che danno luogo ad un vantaggio sui potenziali concorrenti. Es: Perrier (acque
minerali), De Beers (diamanti).
Si noti che la presenza di beni che possono svolgere almeno parzialmente il ruolo di sostituti limita
il potere di monopolio. Per converso, l’assenza di beni sostituti rende la domanda del bene
relativamente inelastica e permette all’impresa monopolistica di estrarre una rendita maggiore.
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Antitrust
Il monopolio
Le origini del potere di mercato
Il monopolio naturale
Si ha monopolio naturale quando vi sono rendimenti di scala crescenti (costi medi
decrescenti) su un ampio range di quantità prodotta.
Il range rilevante è quello in cui la curva dei costi medi sta sotto alla curva di domanda.
Quando questo capita, è più economico per una singola impresa soddisfare tutta la domanda
e il mercato evolverà naturalmente, in assenza di interventi regolativi del governo, verso il
monopolio, a beneficio dell’impresa che per prima comincia a crescere e svilupparsi.
Un monopolio naturale soffre delle stesse inefficienze degli altri monopoli. La strategia
ottimale per un monopolista che opera in un monopolio naturale rimane quella di produrre
fino ad una situazione in cui il ricavo marginale uguaglia il costo marginale.
La regolazione dei monopoli naturali è problematica. Infatti, rompere un monopolio naturale
può essere controproducente. Gli strumenti di controllo dei monopoli naturali più
comunemente utilizzati sono la proprietà pubblica e la regolamentazione. La principale forma
di regolamentazione è il controllo del prezzo, che viene normalmente fissato guardando ai
costi di produzione cost pricing. Ad esempio, si può imporre un prezzo tale per cui la
domanda incroci il costo medio: in questo caso i profitti sono uguali a zero. E’ però difficile
stimare la funzione di costo medio del monopolista; inoltre, in presenza di un tale
meccanismo regolativo gli incentivi per l’impresa a ridurre i costi sono limitati.
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Antitrust
Il monopolio
Le origini del potere di mercato
Barriere legali
Le barriere legali sono connesse a qualche tutela legale che assicura una posizione monopolistica
all’imprpesa. Esse possono essere motivate dalla volontà di regolare un monopolio originato da una
barriera economica (vincolo tecnologico, disponibilità limitata degli input produttivi, economie di
scala, economie di rete), oppue dalla volontà di assicurare una “ricompensa” (profitti positivi, per
un tempo generalmente limitato) per attività considerate socialmente utili (ad esempio, attività
innovative).
licenze
brevetti
marchi
copyright
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Antitrust
Il monopolio
Le origini del potere di mercato
Barriere strategiche
Il modello di limit-pricing
Le barriere strategiche possono includere la collusione (vietata), le attività di lobby (vietate o
rigidamente regolamentate) o addirittura l’utilizzo della forza (ovviamente illecito). Ma possono
anche essere più “innocue”.
Il modello più noto di barriere all’entrate è il modello di limit pricing (Bain, 1956; Sylos-Labini,
1962; Modigliani, 1958). L’idea di fondo è che, in determinate circostanze, l’incumbent possa
stabilire un prezzo sufficientemente basso da scoraggiare l’ingresso di nuovi concorrenti. Questa
storia rimase controversa fino alle chiarificazioni di Spence (1977), Dixit (1979, 1980), e Milgrom e
Roberts (1982).
Milgrom e Roberts: il nocciolo dell’argomentazione è l’asimmetria informativa tra
l’incumbent e i potenziali concorrenti. L’incumbent fissa un prezzo sufficientemente basso
per segnalare (falsamente) che la domanda oppure i suoi costi marginali sono bassi,
suggerendo una bassa profittabilità che scoraggia l’ingresso di nuovi concorrenti.
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Antitrust
Il monopolio
Le origini del potere di mercato
Barriere strategiche
Il modello di limit-pricing (segue)
Spence e Dixit: In un contesto caratterizzato da economie di scala, l’incumbent si impegna a
mantenere una produzione elevata anche dopo l’eventuale ingresso di nuovi concorrenti,
grazie ad investimenti in capacità produttiva. Questi investimenti (costi fissi) costituiscono
dunque un vincolo per l’incumbent, in assenza del quale sarebbe razionale per l’incumbent
ridurre la produzione, dopo l’ingresso dei concorrenti. Questo vincolo di capacità è in realtà
vantaggioso, perchè rende credibile la “minaccia” di non ridurre la produzione. Il monopolista
sceglie dunque la capacità ottimale: al fine di costruirla, fissa un prezzo più basso di quello di
monopolio. La credibilità della minaccia di non ridurre la produzione, rafforzata dal prezzo
relativamente basso, scoraggia i potenziali nuovi entranti.
Questa teoria chiarifica l’analisi del monopolio naturale. Infatti, nella versione “naı̈ve” della teoria
del monopolio naturale si assumeva che i potenziali concorrenti considerassero di entrare con una
piccola capacità iniziale, e quindi con elevati costi. Ma nulla impedisce di entrare con una grande
capacità. Se il mercato può supportare al massimo 1 impresa, nulla si può dire su quale sia questa
impresa (non necessariamente l’incumbent, a meno di quanto previsto dal modello di Spence-Dixit).
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Antitrust
Il monopolio
Le origini del potere di mercato
La teoria dei mercati contendibili
La presenza di una sola o di un numero limitato di imprese non vuol dire che non ci sia
concorrenza. E’ la concorrenza potenziale (la minaccia di nuovi entranti) che limita il
potere delle imprese presenti nel mercato.
(Baumol et al., 1982).
Molte delle barriere all’entrata viste sopra fanno in realtà riferimento alle condizioni che possono
indurre i potenziali concorrenti a non entrare. Ma ciò che rileva non è la scelta di non entrare
(l’esito), bensı̀ la possibilità stessa della scelta. Se vi è questa possibilità, il mercato è teoricamente
aperto alla concorrenza.
Più precisamente, un mercato si dice contendibile se la configurazione dell’industria è fattibile (la
domanda uguaglia l’offerta e nessuno fa profitti negativi) e sostenibile (nessun concorrente
potenziale potrebbe fare profitti entrando nel mercato e prendendo come dato il prezzo (fissato dal
o dagli incumbent).
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Antitrust
Il monopolio
Le origini del potere di mercato
La teoria dei mercati contendibili
(segue)
Esempio: costi marginali costanti in presenza di costi fissi = costi medi decrescenti (monopolio
naturale)
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Antitrust
Il monopolio
Le origini del potere di mercato
La teoria dei mercati contendibili
(segue)
Nell’esempio,
c’è un’unica impresa nel mercato
il prezzo viene fissato pari al costo medio
l’impresa fa profitti nulli
vi è efficienza tecnologica
la situazione non è però di efficienza allocativa. Infatti ciò richiederebbe che il pezzo fosse
uguale al costo marginale, ma in questo caso l’impresa farebbe profitti negativi. Per ottenere
efficienza allocativa sarebbe allora necessario un sussidio pubblico (per coprire i costi fissi).
Si noti che i monopoli naturali potrebbero non essere sostenibili. Ad esempio si consideri il
caso di una curva dei costi medi ad “U”, e una curva di domanda che incontra la curva dei
costi medi leggermente a destra del punto di minimo. In questo caso un’impresa potrebbe
entrare con una produzione tale da avere un costo medio inferiore al prezzo, e fare profitti.
L’ingresso di tale impresa spingerebbe fuori mercato l’incumbent, ma la configurazione
continuerebbe a non essere sostenibile in quanto la domanda non uguaglierebbe più l’offerta.
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Antitrust
La legislazione antitrust
Outline
1
2
3
4
5
Le origini dell’antitrust
L’antitrust nel mondo
Background teorico
Funzioni di costo
Concorrenza perfetta
Approcci
Ipotesi
Proprietà
Il monopolio
Ipotesi
Implicazioni
Strategie di prezzo
Monopolista mono-prodotto
Monopolista multi-prodotto
Beni durevoli
Altre distorsioni
Distorsioni di costo
Attività di rent-seeking
6
Monopolio e innovazione
Le origini del potere di mercato
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
L’Europa
Accordi restrittivi
Abuso di posizione dominante
Le operazioni di concentrazione
7
8
L’antitrust e le democrazie liberali
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
L’AGCM e il latte artificiale
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’evoluzione della normativa antritrust
Stati Uniti
Lo Stato come arbitro.
La libera impresa nasce come necessaria espressione di una economia per sua natura aperta,
per la vastità degli spazi, e la mentalità pionieristica. Il potere centrale è troppo debole per
imporre delle restrizioni e controllarne il rispetto. Si creano quindi poteri economici locali,
che si rafforzano col tempo, fino a quando cominciano ad essere percepiti come ostacolo alla
libertà d’impresa.
L’antitrust americano porta su di sè sia il peso dell’efficienza economica, sia quello
dell’efficienza democratica, l’una e l’altra identificate in pari misura nella dispersione del
potere, tanto nel mercato che nelle istituzioni.
Se i poteri concentrati di queste combinazioni sono affidati a un’unica persona,
essi danno luogo a una prerogativa regale, incompatibile con la nostra forma di
governo.
(Sen. Sherman)
1890, Sherman Antitrust Act
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’evoluzione della normativa antritrust
Europa
Lo Stato come giocatore: interviene in prima persona dove “c’è bisogno”.
La libertà di impresa nasce come reazione al rigido sistema di barriere tipico dell’economia
medievale, ma si sviluppa in maniera incompleta per l’esigenza politica degli Stati-nazione di
mantenersi entità autonome e distinte, tanto politicamente, quanto economicamente.
In Europa il sogno jeffersoniano di una società di cittadini oreservati uguali dal frugale
benessere che non diventa discriminante ricchezza e dall’esercizio di libertà che non diventa
potere genera non la democrazia liberale, ma l’utopia comunista, punta estrema di una
cultura ben più disposta di quella americana ad affidarsi allo Stato come Deus ex machina.
Processo di unificazione europea: liberalizzazione e privatizzazione dei mercati. 1957,
Trattato di Roma, titolo V, Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul
ravvicinamento delle legislazioni.
A livello nazionale: Germania (1957), Gran Bretagna, (1968), Francia (1977, 1986), Italia
(1990).
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Antitrust
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
Le pratiche anticoncorrenziali negli Stati Uniti del XIX secolo
Fine ’800: Le imprese si rafforzano nel nascente mercato nazionale e tentano di difendere la loro
nuova posizione dominante facendo ricorso a:
Pooling: una forma di intesa con la quale si affidava ad un “gestore” del pool la fissazione
delle rispettive quote di mercato e dei margini di profitto. Viene messo rapidamente fuori
legge (Interstate Commerce Act, 1887). Inoltre, si dimostra inefficace (incentivi al free riding.
Trust: tradizionale istituto della common law tramite il quale si delegava ad un fiduciario, tra
l’altro, il proprio diritto di voto nel consiglio di amministrazione di una società. John
Rockefeller ne promuove l’utilizzo a fini anticoncorrenziali: attraverso scambi incrociati di
deleghe di voto nei rispettivi CdA, gli amministratori di più società concorrenti decidevano
insieme le politiche di prezzo e di mercato.
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Antitrust
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
Lo Sherman Act
1890: Sherman Antitrust Act
Art. 1: Divieto di collusione tra imprese, nella forma di accordi o contratti, a scapito
dell’interesse pubblico (contratti in restrizione del commercio).
Art. 2: Divieto di monopolizzazione, tentativo di monopolizzazione, e abuso di posizione
dominante (cospirazioni in restrizione del commercio).
Il bene protetto non era la concorrenza, bensı̀ la libertà di contratto, in caso di contratti in
restrizione del commercio, e la libertà di terzi (protetta contro le pratiche di esclusione) in caso di
cospirazioni in restrizione del commercio. Conseguenza: in assenza di vincoli ultimativi incidenti
sulla futura libertà contrattuale dei contraenti o tali da non lasciare a terzi alcuna alternativa, le
intese erano potenzialmente inattaccabili, in quanto esse stesse espressione della libertà
contrattuale protetta.
La chiave concettuale utilizzata per definire e distinguere i due ordini di intese e combinazioni era
quella della ragionevolezza (Rule of Reason): erano quindi irragionevoli le intese restrittive e le
combinazioni con effetti coercitivi, ragionevoli le altre. Il princio di fondo, fortemente radicato nella
common law, era che, laddove l’economia, presunta in grado di correggere autonomamente le sue
degenerazioni di minor rilievo, non subisce alterazioni rischiose per il bene comune, lo Stato non ha
ragione di condannare le attività in essa svolte, intervenendo con restrizioni non necessarie.
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Antitrust
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
Lo Sherman Act
(segue)
In realtà nei primi anni di applicazione dello Sherman Act la Corte Suprema Americana adottò una
interpretazione molto rigida (qualunque contratto vuol dire qualunque contratto). Esempio: U.S.
vs. Trans Missouri Freight Association (1897), relativa alle tariffe stabilite d’intesa da una
associazione di (numerose) compagnie ferroviarie per il trasporto merci, dopo anni di intensa
concorrenza. Le compagnie asserivano di agire nell’interesse stesso degli utenti ad avere tariffe
ragionevoli, certe e stabiliin luogo delle sussultorie condizioni precedenti, ma la Corte du di avviso
contrario.
In seguito la Corte si orientò nuovamente verso un’applicazione più temperata. Esempio: Chicago
Board of Trade vs. U.S. (1917), in cui fu accettato che il Board bloccasse sull’ultimo prezzo delle
negoziazioni mattutine il prezzo di acquisto delle partite di grano acquistate nel pomeriggio a
distanza e conseguentemente spedite a Chicago. La Corte in questo caso prese atto che il prezzo
cosı̀ fissato rompeva anzi il ptere monopolistico di alcuni grandi acquirenti, che avevano fatto il
buono e il cattivo tempo con i piccoli produttori di campagna: in questo modo si garantiva a
questi ultimi di poter vendere il loro grano all’ultimo prezzo risultante dal mercato.
Più che tornare ad un orientamento pre-Sherman Act però, la distinzione tra restrizioni ragionevoli
e irragionevoli si ispira ora ad un retroterra totalmente nuovo e diverso, quello fornito dalla teoria
economica neoclassica, che Alfred Marshall aveva contribuito a divulgare con il suo celebre
manuale del 1890: la restrizione c’è, ed è lesiva delal concorrenza e del mercato, non quando
l’intesa cancella la libertà contrattuale di qualcuno, ma quando consente al prezzo di collocarsi più
in alto di quanto accadrebbe attraverso l’incontro non pregiudicato tra domanda e offerta.
Di fatto però lo Sherman Act risultò poco efficace. Fu concretamente applicato solo nel 1911
contro la Standard Oil (dal suo smembramento nascono Exxon, Mobil, Chevron, Amoco e
Comoco) e contro l’American Tobacco Company.
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Antitrust
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
Il Clayton Act
1914: Clayton Act
integra la normativa antitrust allargandola alle fattispecie di restrizione della concorrenza non
ancora sottoposte al controllo federale
non viene stigmatizzata la pratica che restringe la concorrenza in concreto, bensı̀ quella che si
ritiene possa farlo in via anche solo presuntiva
individua pratiche che possono portare a situazioni di monopolio: discriminazioni di prezzo,
vendita condizionata, contratti in esclusiva, ecc.
pone restrizioni per fusioni e acquisizioni
attribuisce l’applicazione della normativa all’autorità giudiziaria e non a organi amministrativi
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Antitrust
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
La Federal Trade Commission
1914: Istituzione della Federal Trade Commission, autorità garante della concorrenza.
Vengono stabilite una dettagliata serie di norme contro la concorrenza sleale.
1938: alla FTC vengono assegnati anche compiti di tutela dei consumatori (pubblicità
ingannevole, ecc.)
esercita una generica funzione di vigilanza sullapplicazione della normativa antitrust
investiga preventivamente le pratiche e gli accordi che si pensa possano realizzare restrizioni
della concorrenza
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Antitrust
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
Le ragioni dei piccoli
A seguito della Grande Depressione degli anni ’30, l’applicazione della normativa antitrust deve
però subire più di un cedimento, davanti alle politiche assistenziali pubbliche e alla promozione
della cooperazione e dell’integrazione tra soggetti privati, volte a superare la crisi e a rimediare a
quelli che furono definiti gli effetti dell’eccesso di concorrenza.
Si struttura però, in questa rafforzata cornice normativa, la condotta antitrust americana:
le intese orizzontali (i cartelli) sono usualmente vietate in quanto tali
le intese verticali sono vietate qualora se ne ravvisa il potenziale effetto restrittivo, ovvero
ogni volta esse pretendono di pregiudicare la libertà di rivendita del distributore o del
dettagliante, a partire dalla libertà di prezzo
l’atteggiamento davanti alle condotte prevaricanti, dalle pratiche discriminatorie ai tie ins, e
alle concentrazioni (fusioni e acquisizioni) è sempre più collegato al potere di mercato
dell’impresa che le adotta.
Riferimento teorico (c.d. Scuola di Harvard): Teoria dell’organizzazione industriale e delle
forme di mercato (identificazione delle barriere all’entrata come elemento qualificante del
potere di mercato).
Nella pratica, si assiste ad un progressivo ritorno, pur con basi teoriche nuove e più raffinate,
ai principi di inizio secolo, con una aprioristica preferenza per le ragioni dei piccoli.
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Antitrust
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
La scuola di Chicago
Aaron Director, anni ’50
Perchè il tie in deve essere inteso come un mezzo per estendere il monopolio da un prodotto
all’altro? Neppure il monopolista può permettersi un prezzo premiante sia sul prodotto
legante che su quello legato.
Perchè i prezzi predatori (sottocosto) devono essere vietati? Essi generano una perdita per il
produttore, e andranno quindi rialzati, ristabilendo le condizioni per la concorrenza.
Le barriere all’entrata sono sempre e realmente reali? Ad esempio, il costo dello stabilimento
è per il nuovo entrante analogo a quello che a suo tempo aveva dovuto sostenere l’incumbent.
Nuovi principi:
“Restrittiva” è solo la pratica, concertata o unilaterale, che restringe la produzione di un
bene o di un servizio, con conseguente possibilità di incremento del prezzo e con l’alternativa,
per il consumatore, non di contare su nuovi, potenziali concorrenti, ma di doversi spostare su
beni o servizi di seconda scelta.
Il fine esclusivo dell’antitrust deve essere quello dell’efficienza
Implicazioni:
le intese verticali diventano quasi tutte spiegbili in termini di efficienza
elevati gradi di concentrazione diventano tollerabili purchè il mercato sia effettivamente
contendibile
le intese orizzontali, potenzialmente difficili da spiegare in termini di efficienza, possono
essere tollerate in quanto soggette, e quindi disciplinate, a free riding (“prima o poi i cartelli
cadranno da soli”)
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Antitrust
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
L’eredità della scuola di Chicago
I punti avanzati sono rilevanti su un piano teorico, meno su un piano empirico, dove le frizioni, gli
attriti e le imperfezioni dei mercati possono effettivamente tradurre in pratiche anticoncorrenziali i
comportamenti “sdoganati” dalla Scuola di Chicago. Rimane però fondamentale la dimostrazione
dell’efficienza non solo della concorrenza, ma anche di molte restrizioni della concorrenza, che
fornisce un fondamento ben più solido e motivato del vecchio principio della “ragionevolezza” per
le restrizioni consentite.
Le idee della Scuola di Chicago hanno fornito sostegno al grande tentativo di “sterilizzazione”
dell’antitrust operato dall’amministrazione Reagan negli anni ’80; a questa operazione si oppose
però il Congresso, che riuscı̀ a difenderne la rilevanza.
In conclusione, le armi dell’antritrust statunitense sono oggi sempre più sottili e sempre più
bisognose di sostegni analistici; sono di lettura non facile per i non addetti ai lavori e colpiscono in
un ambito più circoscritto di quanto facesero un tempo, anche se i colpi hanno ancora una loro
efficacia.
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Antitrust
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
L’Antitrust negli Stati Uniti
non difende più la libertà di stare sul mercato dei piccoli produttori
accetta sempre più spesso le ragioni di efficienza delle concentrazioni
quasi in via presuntiva accetta quelle delle intese verticali
ha dunque ridotto l’area delle illegalità “per se”
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
La cultura industriale europea
Una cultura concorrenziale era presente solo in Gran Bretagna.
Sul continente, culture industriali stataliste, favorevoli alla cooperazione tra le imprese
(nazionali) piuttosto che alla concorrenza reciproca.
I cartelli erano visti come positive manifestazioni dell’associazionismo privato e della libertà di
commercio: tanto più positiva se il cartrello operava in vista di obiettivi definiti di interesse
pubblico e approvati da organi pubblici.
Nella Francia dirigista, e nella Germania e nell’Italia a sviluppo ritardato, il protezionismo
statale, l’impresa a conduzione pubblica, i diritti di esclusiva a imprese pubbliche e private, il
consorzio tra imprese private erano prassi corrente.
Nell’Italia fascista, per esempio, si prevedeva il consorzio obbligatorio tra tutte le imprese di
un settore, dietro richiesta della maggioranza delle stesse.
Nella Germania nazista la concertazione tra il governo e i cartelli privati fu uno dei veicoli del
lavoro forzato e quindi dello sterminio dei campi di concentramento.
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
La scuola degli Ordoliberali di Friburgo
In questo contesto si aprı̀ la riflessione di un gruppo di economisti e di giuristi dell’università
tedesca di Friburgo.
Oggetto dell’analisi era da un lato il tema del potere privato non legittimato, dall’altra la
necessità di dare una solida cornice istituzionale all’economia concorrenziale, per evitare sia
l’eccesso di potere privato, sia le commistioni tra potere privato e potere pubblico, sia
l’eccesso di potere pubblico.
Emersero dunque con grande lucidità i presupposti fondanti e il conseguente dilemma
dell’antitrust.
Dopo la guerra, i frutti. Sia per l’influenza degli Ordoliberali di Friburgo, sia per l’influsso
degli americani, fu la Germania il primo paese a dotarsi di una legge antitrust (1957).
La legge fu un compromesso. L’iniziale proposta di legge (presentata dal Sen. Franz Bö hm,
il più illustre giurista della Scuola) prevedeva la creazione di una autorità antitrust
indipendente; l’autorità fu creata ma fu riservato al goveno il potere di adottare decisioni
anche derogatorie, in nome dell’interesse nazionale. La legge si preoccupava di prevenire gli
abusi del potere di mercato, ma lasciava anche spazio ai “cartelli di crisi” ed esentava interi
settori dalla sua applicazione: banche, assicurazioni, trasporti, servizi di pubblica utilità.
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
La nascita dell’antitrust in Italia
Diverse proposte di legge, sulla scorta dell’esempio tedesco, furono discusse in Parlamento
alla fine degli anni ’50, ma tutte senza esito.
Una Commissione parlamentare sulla concorrenza, agli inizi degli anni ’60, stabilı̀ addirittura
che in Italia non c’era bisogno di una legislazione antitrust, in quanto non erano presenti
strozzature del mercato particolari. In realtà le strozzature c’erano, ma l’Italia reagiva in altro
modo: rilanciando l’impresa pubblica nel settore petrolifero (l’Eni), nazionalizzando la
distribuzione e la produzione di energia elettrica (Enel), attribuendo esclusive ad imprese a
partecipazione statale per la costruzione e la gestione di infrastutture ad uso industriale e
civile, moltiplicando gli incentivi finanziari e gli aiuti statali per ovviare ai ritardi territoriali
nello sviluppo.
E’ solo sulla spinta del processo di integrazione europea, in prossimità e in funzione del
completamento del mercato unico previsto per il 1992, che anche in Italia viene infine
adottata una legge antitrust.
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
L’antitrust nella Comunità Europea
La tutela della concorrenza appare tra i principi fondamentali del Trattato di Roma (istitutivo della
CEE):
Art. 81: vietate le pratiche di accordo che possono influenzare il commercio tra gli Stati e che
hanno per obiettivo di prevenire, restringere o distorcere la competizione. In particolare: a)
fissazione dei prezzi o di altre condizioni contrattuali, b) limitazione di produzione, mercati,
innovazione, investimenti, c) spartizione dei mercati, d) discriminazione di trattamento, e)
condizionamento ad obblighi che non hanno legame con l’argomento del contratto.
Art. 85: permessi gli accordi a vantaggio dei consumatori.
Art. 86: divieto di abuso di posizione dominante (imposizione di prezzi particolarmente
gravosi, limitazione della produzione, vendite condizionate, vendite dissimili, ecc.). Anche
fusioni e acquisizioni tese a creare condizioni di monopolio (1989).
Art. 92: divieto di aiuti di Stato che falsino la concorrenza.
Però:
valore solo ancillare della concorrenza rispetto all’integrazione del mercato: questo però gioca
a favore dell’antitrust nei confronti di comportamenti di impresa volti a segmentare il mercato
europeo lungo linee nazionali, che vengono colpiti più duramente dell’antitrust americano
interferenze, dall’esterno e dall’interno, di politiche diverse dalla concorrenza (politiche
industriali e agricole) che ora comprimono, ora rendono più flessibili le regole dell’antitrust.
Infine:
affermazione della concorrenza come principio fondamentale a se stante (Trattato di
Maastricht)
assunzione della politica industriale a livello comunitario: non più porto franco della
concorrenza, bensı̀ come opportunità di ristrutturazione dell’economia in chiave competitiva
(liberalizzazione dei settori ancora coperti da diritti di esclusiva).
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
Gli accordi restrittivi della concorrenza
Europa vs. Stati Uniti
Due approcci molto diversi:
Sherman Act: quando vi è una ragione (di efficienza) le intese non sono neppure considerate
restrittive (come nella common law, seppure sulla base di criteri diversi di ragionevolezza).
Art. 85 Trattato: proibisce (comma 1) tutte le intese e le pratiche concordate che abbiano
“per oggetto o per effetto” la restrizione della concorrenza nel mercato comune. In
particolare, vengono indicati alcuni tipi di intese proibite: il price fixing, la divisione dei
mercati, le condizioni discriminatorie, il controllo degli accessi.
Però:
Lo stesso articolo (comma 3) stabilisce che l’intesa è accettabile quando contribuisce al
miglioramento della produzione o al progresso tecnico ed economico e il beneficio che ne
deriva arriva ai consumatori, sempre che la concorrenza non sia eliminata e non ci siano
restrizioni non indispensabili. In questi casi la Commissione ha il potere di non applicare
l’Art. 85.1, sia con esenzione individuale, sia con esenzione generale, indicando cioè le
categorie di intese (ed eventualmente i relativi mercati) a priori esenti, a specifiche condizioni
(analiticamente indicate nei regolamenti di esenzione).
Nonostante questo:
La Commissione ha sempre interpretato questo Articolo in maniera molto rigida. Vengono di
fatto escluse solo le intese irrilevanti (una comunicazione della Commissione del 1986 fissa al
5% della quota di mercato le intese irrilevanti, sempre che vi partecipino imprese con
fatturato inferiore ai 300 milioni di ECU).
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
Gli accordi restrittivi della concorrenza
Gli accordi verticali
La giurisprudenza europea è stata a lungo (e in parte è tuttora) più severa di quella
americana.
La presenza di concorrenza intermarche non sempre è ritenuta sufficiente a giustificare (o
quantomeno a rendere irrilevanti) restrizioni di quella intramarca attraverso intese tra
produttori e distributori o dettaglianti.
La necessità della concorrenza intramarca è fondata sulla tutela non di un diritto individuale
(la libertà di commercio) ma di un principio generale e oggettivo (la concorrenzialità del
mercato in tutti i suoi segmenti).
Principio superiore: la concorrenzialità nell’integrazione del mercato.
Con il progredire dell’integrazione, tale principio diviene sempre meno pressante (configurando
dunque anche in Europa un’evoluzione dallo sbocco simile a quella degli Stati Uniti: si veda
ad esempio il regolamento di esenzione per il franchising (1988), che ammette le esclusive
territoriali, purchè non assistite da divieti di importazioni parallele. Il principo di integrazione
genera dunque sempre un’invalidità per se: quella delle restrizioni alle importazioni.
L’esistenza di un cospicuo numero di regolamenti di esenzione, che coprono le attività
industriali e commerciali sia settorialmente (le esclusive dei concessionari di auto) che
trasversalmente (il franchising, gli accordi di specializzazione, le cessioni di licenze o di know
how rinnova però il dubbio di una specificità europea: la presunzione di concorrenzialità o
meno avviene per via di regolazione, e quindi potenzialmente in base a ponderazione con fini
pubblici ulteriori alla tutela della stessa concorrenza, piuttosto che venire accertata di volta in
volta in base allo scontro, sul mercato, tra libertà economiche nel loro concreto esercizio. E’
la mano del principe che traccia, tenendo conto degli interessi in gioco, il confine tra potere
antitrust e libertà d’impresa.
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
Gli accordi restrittivi della concorrenza
Gli accordi orizzontali
Come negli Stati Uniti gli accordi orizzontali sono trattati con il massimo rigore, soprattutto
quelli che hanno per oggetto la fissazione di un prezzo comune o la spartizione del mercato
tra i concorrenti.
Tendenza iniziale della Commissione ad attribuire una sorta di invalidità “per se” a questi
comportamenti, piuttosto che considerli puramente sintomatici.
In alcuni casi viene addirittura considerato illegale il semplice scambio di informazioni, anche
in assenza di un accordo, in quanto esso veniva ritenuto implicito.
Progressivamente la Commissione si sposta su di una interpretazione sempre più presuntiva di
questi comportamenti (in questo non sempre seguita dalla Corte di Giustizia)
Quando l’integrazione è in gioco, non solo la Commissione, ma anche la Corte arrivano a
ritenere invalidi comportamenti la cui efficacia restrittiva della concorrenza è quasi
interamente presunta. Quando invece l’integrazione non è in gioco, cade il rigore delle
quasi-presunzioni e la Corte, pretendendo una analitica dimostrazione fattuale della effettività
della restrizione, si colloca al medesimo livello di severità della dottrina e della giurisprudenza
statunitensi (peraltro rimasto — per questo genere di intese — piuttosto elevato).
Con minore severità vengono invece trattate le intese orizzontali aventi ad oggetto iniziative
industriali comuni: vale in generale l’esenzione; l’onere della prova ricade su chi vi si oppone,
che deve allora argomentare contro la loro (presunta) efficienza. Es: joint-venture VW-Ford
per la costruzione di una monovolume in Portogallo, a cui si oppose, senza successo, la
Renault (che aveva allora il 50% del mercato con l’Espace).
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
L’Abuso di posizione dominante
Europa vs. Stati Uniti
L’abuso, negli Stati Uniti, fa capo al tentativo di monopolizzazione e alla monopolizzazione,
ed è quindi distinto dai comportamenti concorrenziali, pur aggressivi. Qualora riconosciuto,
esso può dare luogo allo smantellamento (Clayton Act).
In Europa, in assenza della sanzione dello smantellamento, la posizione dominante risulta in
linea di principio accettata, quanto meno (dopo l’entrata in vigore del regolamento sulle
concentrazioni) quando è raggiunta per crescita concorrenziale e non mettendo insieme più
imprese.
Avere potere di mercato non è dunque di per sè contrario alle regole della concorrenza. Chi
tuttavia arriva ad averlo e si trova perciò in posizione dominante viene investito da una
speciale responsabilità che gli vieta di tenere condotte consentite invece ai suoi concorrenti.
Il potere di mercato viene cosı̀ caricato degli oneri e dei limiti che, secondo i principi generali
più del diritto pubblico che di quello privato, gravano su chiunque sia titolato di un potere.
Risultato. Negli Stati Uniti quel potere incontra, al di là di certi limiti, la sanzione ultima
dello smantellamento; ma prima, gli atti di concorrenza aggressiva di chi lo detiene sono leciti
quanto quelli di chiunque altro. In Europa invece il potere di mercato non è mai
smantellabile, ma la speciale responsabilità di chi lo detiene lo sottopone a trattamenti
antitrust anche più severi di quelli che incontra negli Stati Uniti o che incontra, anche in
Europa, un normale concorrente.
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
L’Abuso di posizione dominante
Accertamento
Ricognizione del mercato rilevante, sia sotto il profilo merceologico che sotto il profilo
geografico.
Risulta in posizione dominante, secondo la definizione ricorrente nella giurisprudenza europea,
l’impresa che può tenere comportamenti indipendenti da quelli degli altri produttori o
distributori.
Sulla base di questa definizione può essere giudicata non in posizione dominante anche
un’impresa con una quota di mercato dell’80%, se questa quota non è stabile, se non vi sono
barriere all’ingresso o all’espanzione dei concorrenti, e/o se questi si stanno rivelando in grado
di accrescere le loro rispettive quote.
Di converso, può essere giudicata in posizione dominante anche un’impresa con una quota di
mercato molto più bassa, anche al di sotto del 50%, se tale quota è di gran lunga superiore a
quella degli altri concorrenti e questi non sono in condizione di crescere.
Si può dunque anche qui ravvisare un connotato regolatorio, volto a tutelare la concorrenza
debole nei confronti dei concorrenti più forti.
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
L’Abuso di posizione dominante
Tipi specifici di abuso
Prezzo predatorio. E’ vietato sia negli Stati Uniti che in Europa. Negli Stati Uniti però, per
ottenere il divieto è necessario dimostrare non solo che i prezzi sono inferiori ai costi, ma
anche che chi li pratica ha la ragionevole aspettativa di recuperare le perdite in futuro.
In Europa all’impresa in posizione dominante sono consentiti solo gli sconti trasparenti e
legati ai volumi di vendita (discriminazione del secondo tipo); non quelli dati ad alcuni e non
ad altri, a prescindere dai volumi di vendita (discriminazione del terzo tipo) e tanto meno
quelli condizionati al rifiuto di vendere i prodotti dei concorrenti. Non c’è una comparabile
giurisprudenza negli Stati Uniti.
Allargamento ad un altro mercato. I comportamenti che l’impresa in posizione dominante sul
primo mercato tiene sul secondo mercato sono sottoposti allo stesso scrutinio se tra i due
mercati vi è contiguità, per cui l’impresa gode, in virtù della sua posizione sul primo mercato,
di un vantaggio anche sul secondo.
Caso dell’impresa monopolistica di una rete, che si mette in concorrenza con altre nell’offerta
di servizi sulla medesima rete (infrastruttura essenziale): sia negli Stati Uniti che in Europa
l’impresa non può opporre il rifiuto di trattare, nè apporre condizioni di accesso
discriminatorie. Stesse considerazioni per il caso di un’impresa in posizione dominante nella
produzione di una materia prima, che entra nella manifattura di beni prodotti con essa.
Meno chiare le implicazioni quando l’allargamento avviene in orizzontale invece che in
verticale.
Prezzo eccessivo. Secondo l’Art. 86 del Trattato, si intende in questa fattispecia non solo
quello praticato ai concorrenti nelle situazioni sopra descritte, ma anche quello praticato ai
consumatori finali. Quest’ultimo caso però non è un problema di tutela della concorrenza
(che eventualmente dovrebbe valutare i motivi per cui l’impresa può praticare un prezzo
finale eccessivo): siamo di fronte alla regolazione pura e semplice dell’impresa in posizione
dominante.
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Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
L’abuso di posizione dominante
Conclusioni
Nel trattamento dell’abuso di posizione dominante si delinea la natura dell’antitrust europeo,
in cui si contempora la tutela della concorrenza, nell’idea che il potere privato può divenire
una degenerazione di libertà contro la quale devono essere garantite le libertà di tutti e la
supremazia del potere statuale, che consente a questo di sovraordinarsi non solo alle libertà,
ma anche ai poteri dei privati.
77 / 97
Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
Le operazioni di concentrazione (fusione e acquisizione)
Le concentrazioni tra imprese sono disciplinate non dal Trattato, ma dal Regolamento no.
4064 del Consiglio (1989).
Prima, le concentrazioni che portavano alla chiusura del mercato venivano trattate come
abusi di posizione dominante (richiedeva però che una delle imprese protagoniste della
concentrazione fosse già in posizione dominante).
Si tratterebbe, a ben vedere, di una forma di smantellamento, sia pure de futuro.
Le concentrazioni devono passare uno scrutinio molto severo: differentemente dagli Stati
Uniti, in Europa le ragioni di efficienza possono addirittura essere viste come un tratto di
pericolosità in più, tale da distanziare ancora di più gli eventuali concorrenti e da ergersi
quindi come una barriera all’entrata.
Nella prassi tuttavia, le quote di mercato tollerate raggiungono anche livelli molto alti — sino
ai limiti della quasi totalità — quando vi sia, coerentemente con l’impostazione di Chicago,
concorrenza potenziale.
Dopo la prima contestazione, si apre generalmente tra le parti e la Commissione un vero e
proprio negoziato sulle condizioni ottemperando elle quali risulti alleggerito il potere di
mercato dell’impresa nascente in modo da sottrarla al divieto.
Il criterio prevalente di valutazione è quello che individua nella chiusura totale del mercato il
confine nel divieto delle concentrazioni. Su queste premesse, diviene possibile dare luce verde
a concentrazioni di cui si sono negoziati alleggerimenti, grazie ai quali il potere di mercato
non è sparito, ma è sceso al livello “governabile” attraverso la repressione degli abusi.
78 / 97
Antitrust
La legislazione antitrust
L’Europa
L’antitrust contro i monopoli pubblici
o contro i titolari di esclusive di fonte pubblica
Art. 222 del Trattato: neutralità in materia di proprietà privata o publica delle imprese.
Art. 90: esenzione dalle regole della concorrenza tutte le attività delle imprese gestrici di
servizi pubblici che siano connesse e necessarie alla loro missione.
Nonostante questo, i monopoli pubblici sono trattati dall’Antitrust europe con particolare
severità: si arriva ad applicare, per via indiretta, addirittura lo smantellamento.
La ragione sta principalmente, di nuovo, nel principio di tutela dell’apertura e
dell’integrazione dei mercati nazionali.
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Antitrust
L’antitrust e le democrazie liberali
Outline
1
2
3
4
5
Le origini dell’antitrust
L’antitrust nel mondo
Background teorico
Funzioni di costo
Concorrenza perfetta
Approcci
Ipotesi
Proprietà
Il monopolio
Ipotesi
Implicazioni
Strategie di prezzo
Monopolista mono-prodotto
Monopolista multi-prodotto
Beni durevoli
Altre distorsioni
Distorsioni di costo
Attività di rent-seeking
6
Monopolio e innovazione
Le origini del potere di mercato
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
L’Europa
Accordi restrittivi
Abuso di posizione dominante
Le operazioni di concentrazione
7
8
L’antitrust e le democrazie liberali
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
L’AGCM e il latte artificiale
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Antitrust
L’antitrust e le democrazie liberali
L’antitrust e le democrazie liberali
L’antitrust trova il suo fondamento nelle radici delle democrazie liberali, secondo cui il potere
economico privato, quando trascende alcuni limiti,
in linea di principio, può essere considerato illegittimo;
nei fatti, può essere foriero di effetti devastanti;
impedisce all’economia di mercato di essere matrice di identità comune;
genera perdite di benessere connesse in primo luogo proprio alle guerre che si fanno per
conquistarlo.
A ben vedere però, l’antitrust si pone sempre come atto politico di intervento nella società. La sua
legittimazione ultima è il consenso che esso ottiene, a cui considerazioni di ordine tecnico possono
solo apportare elementi di chiarificazione.
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Antitrust
Casi di studio
Outline
1
2
3
4
5
Le origini dell’antitrust
L’antitrust nel mondo
Background teorico
Funzioni di costo
Concorrenza perfetta
Approcci
Ipotesi
Proprietà
Il monopolio
Ipotesi
Implicazioni
Strategie di prezzo
Monopolista mono-prodotto
Monopolista multi-prodotto
Beni durevoli
Altre distorsioni
Distorsioni di costo
Attività di rent-seeking
6
Monopolio e innovazione
Le origini del potere di mercato
La legislazione antitrust
Gli Stati Uniti
L’Europa
Accordi restrittivi
Abuso di posizione dominante
Le operazioni di concentrazione
7
8
L’antitrust e le democrazie liberali
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
L’AGCM e il latte artificiale
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Antitrust
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
Il caso Microsoft
United States v. Microsoft
Premessa: MS è una delle società più profittevoli al mondo.
1991-1993: indagine della FTC, con esito nullo.
1993-1994: indagine del DOJ, conclusa con un accordo (1995) che prevedeva due restrizioni:
restrizione orizzontale: alla MS veniva vietata la politica di vendita a costi marginali nulli, ma
non gli sconti sulla quantità (non considerando che costi marginali nulli sono un caso speciale
di sconti sulla quantità);
restrizione verticale: alla MS veniva vietato il bundling contrattuale, non quello tecnologico
(la MS poteva continuare ad espandarsi su altri prodotti).
1997: nuova indagine del DOJ, per violazione degli accordi del 1995 (vendita combinata di IE
con Windows);
1998: la Corte d’appello dà ragione a MS. Il DOJ avanza una nuova azione legale,
unitamente ai procuratori distrettuali di 20 Stati e dal Distretto della Columbia. L’accusa
sostiene che MS ha incrementato le funzionalità di IE per marginalizzare Netscape e
rimuovere cosı̀ una minaccia al monopolio di Windows.
2000: la Corte dà ragione al DOJ e ordina la divisione di MS in due società, imponendo
severe restrizioni alla loro attività. MS presenta ricorso. Le Corti d’appello federali (a cui la
Corte suprema aveva rimandato il caso) danno parzialmente ragione a MS, e rimandano il
caso al DOJ per trovare rimedi più appropriati.
2001-2002: il DOJ e MS trovano un accordo. MS renderà accessibili alcune componenti di
Windows alle società terze, e renderà completamente accessibile tutto il sistema operativo ad
un panel di 3 persone appositamente designato. Nel 2004 le Corti d’appello approvano
l’accordo, che inizialmente doveva durare 5 anni, e verrà rinnovato prima fino al 2009 e poi
fino al 2011.
83 / 97
Antitrust
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
Il caso Microsoft
Gli Halloween Documents
sono una serie di memorandum confidenziali di Microsoft a proposito delle strategie relative
al software open source e in particolare a Linux;
identificavano il software open source e in particolare il sistema operativo Linux come la
maggiore minaccia al dominio di Microsoft dell’industria del software e suggerivano modi per
distruggere il progresso del software open source;
queste strategie contraddicevano le dichiarazioni pubbliche fatte a questo proposito: invece di
migliorare il prodotto offerto fino a superare la concorrenza, si suggeriva di impedire ai
prodotti concorrenti di funzionare con quelli Microsoft, non per cause tecniche ma in modo
specioso.
84 / 97
Antitrust
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
Il caso Microsoft
Mercati con esternalità di rete
Il mercato del sw si caratterizza per avere forti esternalità di rete: più grande il numero di
acquirenti, maggiore l’utilità del bene. Questa caratteristica ha numerose implicazioni:
1
il mercato è del tipo “winner-take-most”, e produce naturalmente estrema diseguaglianza
nelle quote di mercato e nei profitti;
2
quasta diseguaglianza non è necessariamente il frutto di condotte anticoncorrenziali da parte
dell’impresa dominante;
3
tentativi esterni di modificare questa configurazione (per esempio imponendo quote più
paritetiche) sono inutili: il mercato tende a riconfigurarsi in una forma simile;
4
tale configurazione di equilibrio è anche efficiente (e quindi l’intervento volta a modificarla
inefficiente): la standardizzazione de facto è positiva, anche se prodotta da un monopolista;
5
l’arrivo di nuovi concorrenti non modifica la struttura del mercato: l’autorità antitrust non
può dunque modificare la struttura di mercato rimuovendo eventuali barriere all’entrata;
6
la concorrenza per diventare impresa dominante è però molto intensa;
7
i costi all’entrata possono essere elevati, ma anche i benefici nel caso di successo: dunque,
non è detto che ci sia una pressione minore per entrare nel mercato;
8
se una condizione per l’ingresso nel mercato è aver sviluppato un nuovo prodotto, non è
detto che nel mercato vi sia meno innovazione;
9
anche l’incumbent può venire scalzato da un nuovo concorrente con un prodotto migliore (es:
Google).
85 / 97
Antitrust
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
Il caso Microsoft
L’accusa
1
MS ha il monopolio sul mercato dei sistemi operativi
2
MS ha messo in opera condotte anticoncorrenziali e accordi con i produttori di PC per
difendere tale monopolio
3
MS ha tentato di monopolizzare anche il mercato dei browser internet
4
MS lega la vendita del suo browser IE alla vendita del sistema operativo Windows
86 / 97
Antitrust
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
Il caso Microsoft
La difesa
1
la decisione della Corte d’Appello del 1998 permetteva a MS di aggiungere nuove
caratteristiche e funzionalità a Windows;
2
MS è entrata nel mercato dei browser semplicemente perchè vede che il futuro è su internet,
e non per difendere Windows;
3
MS è semplicemente impegnata in una dura competizione con Netscape, e non pratica alcuna
attività anticoncorrenziale;
4
MS non ha il monopolio nei sistemi operativi
5
la concorrenza nel settore è molto intensa, e la posizione dominante di MS potrebbe venire
scalzata in qualunque momento da un concorrente;
6
MS ha favorito e non ostacolato il processo innovativo nel settore;
7
i consumatori hanno beneficiato delle attività di MS.
87 / 97
Antitrust
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
Il caso Microsoft
La decisione della Corte del 2000
1
il mercato rilevante per MS è quello dei sistemi operativi compatibili-Intel;
2
su questo mercato, MS ha effettivamente una posizione di monopolio;
3
questa posizione di monopolio è difesa da barriere all’entrata costituite dal grande numero di
applicazioni che girano (esclusivamente) su Windows;
4
MS ha utilizzato questa posizione di vantaggio per ostacolare i concorrenti;
5
queste azioni della MS hanno danneggiato i consumatori;
6
molti comportamenti di MS hanno implicazioni anti-concorrenziali, ma MS non è
responsabile di clausole di esclusione per aver ostacolato la diffusione di Netscape.
88 / 97
Antitrust
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
Il caso Microsoft
Le barriere all’ingresso
MS ha effettivamente sussidiato i produttori di applicazioni per Windows, fornendo
funzionalità che rendono più semplice la scrittura di nuovi programmi;
in una visione statica, che prende le applicazioni sw disponibili come date: le barriere
all’ingresso ci sono;
in una visione dinamica però, che considera che nuove applicazioni possono essere sviluppate
anche per nuovi sistemi operativi, queste barriere non sono rilevanti.
89 / 97
Antitrust
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
Il caso Microsoft
Il potere di mercato
MS vende Windows ad un prezzo particolarmente basso: 40-60 $ contro un prezzo (statico) di
monopolio stimato in 1.800 $. Per quale motivo?
Per favorire la sua diffusione e beneficiare delle esternalità di rete? No, altrimenti dovrebbe
alzare il prezzo una volta che Windows si sia diffuso.
Perchè il sw è un bene durevole e dunque MS soffre della concorrenza da parte dei suoi
vecchi prodotti (congettura di Coase)? No, perchè il cambiamento tecnologico è tale da
rendere il vecchio sw obsoleto abbastanza rapidamente.
Perchè il costo di piratare il sw è molto basso e dunque MS soffre della concorrenza delle
copie illegali del suo stesso sw? No, perchè altrimenti dovrebbe essere basso anche il prezzo
di Office.
Perchè MS esercita il suo potere di mercato non alzando il prezzo, ma tentando di escludere i
concorrenti? No, perchè è molto più profittevole sfruttare il proprio potere di mercato
aumentando i propri ricavi (alzando il prezzo), piuttosti che aumentando i costi dei
concorrenti.
Perchè nel mercato vi è concorrenza, sia attuale che potenziale (sostiene MS).
Perchè MS guadagna anche dalla vendita di applicazioni (Office), e per questo motivo tiene
basso il costo dell’infrastuttura (Windows).
90 / 97
Antitrust
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
Il caso Microsoft
Il tie in di Windows con IE
Un’impresa in un mercato non concorrenziale riesce ad estrarre più valore se i mercati
complementari in cui non partecipa sono più concorrenziali.
Il valore può essere estratto una volta sola. Se l’impresa è monopolista su un mercato, e i
mercati complementari sono concorrenziali, l’impresa non guadagna nulla cercando di
monopolizzare i mercati complementari.
Il punto è che il mercato dei browser non era concorrenziale, e Netscape aveva una posizione
dominante su di esso. MS vuole partecipare a questo mercato i cui sviluppi ritiene
profittevoli. MS è disposta a tenere bassi i costi delle infrastrutture (Windows e IE) pur di
avere una quota importante del mercato di internet.
91 / 97
Antitrust
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
Il caso Microsoft
Gli effetti per i consumatori
I consumatori possono essere danneggiati da comportamenti potenzialmente anti-concorrenziali
sotto tre aspetti:
1
maggior prezzo;
2
limitazione nella scelta, in termini di varietà e di qualità;
3
minor innovazione, che impoverisce il consumo futuro.
In nessun caso (con l’eccezione, forse, del secondo punto) le condotte di MS sembrano aver
danneggiato i consumatori. Al contrario, la scelta di MS di dare via IE a costo zero ha forzato
anche Netscape a dare via il suo browser a costo zero (invece di 40-50 $), facendo cosı̀ risparmiare
miliardi di dollari ai consumatori.
92 / 97
Antitrust
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
Il caso Microsoft
Il breakup
Il DOJ aveva argomentato in favore del breakup in quanto la soluzione meno dirompente per
il mercato, ma in realtà sarebbe probabilmente stata la più dirompente.
L’esempio della AT&T, divisa nel 1981 in una società di telefonia a lunga distanza e in 7
società regionali, non è comparabile. Le 7 società regionali rimasero regolate come monopoli
locali fino al 1996.
Il breakup avrebbe addirittura potuto portare ad un aumento dei prezzi. Infatti, la nuova
società operante nel mercato dei sistemi operativi non avrebbe avuto più incentivo a tenere
bassi i prezzi per estrarre valore dal mercato delle applicazioni.
93 / 97
Antitrust
Casi di studio
L’antitrust americano e Microsoft
Il caso Microsoft
L’indagine europea
1998: Sun Microsystems denuncia all’Antitrust europea MS per abuso di posizione
dominante.
2000: a seguito di una informativa contenente le accuse rivolte dalla Commissione europea
(commissario: Mario Monti) all’azienda americana, il “caso Microsoft” è ufficialmente aperto.
2001: l’accusa di posizione dominante è estesa al mercato dei software per lettori
multimediali. Secondo l’Antitrust europea, Microsoft, abbinando il programma Media Player
a Windows, avrebbe deliberatamente annullato la concorrenza nel settore.
2004: la Commissione condanna MS per abuso di posizione dominante. Secondo l’Antitrust
europea il gigante dellinformatica non ha rispettato la normativa europea sulla concorrenza
sfruttando il suo quasi monopolio per ottenere una posizione dominante sia nel mercato dei
sistemi operativi dedicati ai server di fascia bassa sia nel mercato dei media player. MS è
condannata a pagare una multa di quasi 500 milioni di euro. Inoltre viene obbligata a
comunicare ai suoi concorrenti, entro 120 giorni, “informazioni sulle interfacce richieste” in
modo da permettere l’installazione dei prodotti delle aziende concorrenti su PC con sistema
operativo Windows. Inoltre, MS deve immettere sul mercato una versione di Windows priva
di lettore multimediale (ossia Media Player).
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Antitrust
Casi di studio
L’AGCM e il latte artificiale
L’indagine AGCM sul latte artificiale per lattanti
Il prezzo del latte artificiale in Italia era, alla fine degli anni ’90, circa doppio in Italia rispetto
agli altri paesi europei.
La produzione del latte è però centralizzata in pochi impianti europei, che servono — con
standard di qualità simili — tutti i paesi.
In Italia il mercato era molto concentrato, con poche grandi imprese che vendevano quasi
esclusivamente attraverso canali distributivi con margini elevati (farmacie, negozi
specializzati).
Prima indagine, conclusa nel 2000: rivela l’esistenza di coordinamento delle imprese italiane
nel boicottare la grande distribuzione.
L’AGCM stabilisce una multa di 3 milioni di Euro (1% del fatturato del settore).
Seconda indagine, conclusa nel 2005: evidenzia uno scambio collusivo di informazioni tra i
produttori tramite la pratica del prezzo consigliato di vendita.
L’AGCM commina una multa di 11 milioni di Euro.
Terza indagine (2005), relativa all’acquisto da parte di Numico della rivale Mellin, che
diventa cosı̀ la maggiore impresa del settore(con una quota di mercato del 25%).
L’AGCM accetta la proposta di Numico, per avere il via libera all’acquisizione, di diminuire il
prezzo di vendita nella grande distribuzione e pesso i negozi specializzati ed aumentare la
quota venduta presso la prima.
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Antitrust
Casi di studio
L’AGCM e il latte artificiale
Le indagini AGCM sul latte artificiale
L’evoluzione dei prezzi
Fonte: Sabbatini (2007)
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Antitrust
Casi di studio
L’AGCM e il latte artificiale
Le indagini AGCM sul latte artificiale
Gli effetti
La prima indagine (2000) non ha alcun effetto. I motivi: nessun concorrente “di marca” si
avvantaggia della possibilità di vendere attraverso la rgande distribuzione, e le mamme sono
riluttanti a “provare” latte in polvere a basso costo, anche perchè negli ospedali si continuano
a consigliare le marche tradizionali.
La seconda e la terza indagine, quasi contestuali, sembrano avere un effetto maggiore. I
produttori interrompono la pratica di indicare il prezzo suggerito di vendita addirittura prima
della conclusione dell’indagine. La Numico abbassa i prezzi anche dei prodotti distribuiti nelle
farmacie, cosa che non aveva promesso di fare. Il periodo è però caratterizzato dall’ingresso
di due nuovi concorrenti sul mercato: la COOP, che vende solo attraverso la grande
distribuzione, ed un marchio delle farmacie. La COOP lancia il proprio latte a 10 e, contro
un prezzo medio del latte 1 di 20 e, e del latte 2 di 22 e. Anche il latte delle farmacie viene
venduto a 10 e. Di conseguenza, anche i vecchi marchi abbassano i prezzi. Il motivo del
cambiamento sembra quindi riconducibile più all’ingresso dei nuovi concorrenti che alle
decisioni dell’AGCM.
Contestualmente, aumenta la quantità di latte venduto: da 11,6 a 14,8 kg per neonato.
L’aumento della quantità può essere sicuramente, almeno in parte, ascritto alla diminuzione
dei prezzi. Ma va valutato positivamente o negativamente?
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