Indice
pag.
Indice delle Figure
XIII
Prefazione
XV
Capitolo 1
Cosa è la microeconomia?
1.1.
1.2.
1.3.
1.4.
1.5.
1.6.
Introduzione
Definizione di microeconomia
Lo scopo dell’indagine microeconomica
Il collegamento con la macroeconomia
Il metodo di analisi
Conclusioni
1
1
2
4
5
8
Capitolo 2
Teoria del comportamento del consumatore
2.1. Introduzione
2.2. L’obiettivo del consumatore
2.3. Teoria dell’utilità
2.4. Le curve d’indifferenza
2.5. Proprietà delle curve d’indifferenza
2.6. Casi limite di curve d’indifferenza
2.7. La retta di bilancio
2.8. Equilibrio del consumatore
2.9. Conclusioni
Esercizi relativi al Capitolo 2
Soluzioni agli esercizi relativi al Capitolo 2
11
11
13
16
23
25
27
29
33
34
37
VIII
Indice
pag.
Capitolo 3
Teoria della domanda
3.1. Introduzione
3.2. Curva della domanda
3.3. Variazione della domanda al variare del reddito (curva reddito-consumo)
3.4. Curva di Engel
3.5. Il paradosso di Giffen
3.6. I gusti del consumatore. Il caso delle fobie alimentari
3.7. La curva di domanda di mercato
3.8. Conclusioni
Esercizi relativi al Capitolo 3
Soluzioni agli esercizi relativi al Capitolo 3
41
42
44
46
47
48
53
53
56
57
Capitolo 4
Elasticità
4.1. Introduzione
4.2. Definizione di elasticità
4.3. Differenza fra pendenza ed elasticità
4.4. L’elasticità come concetto puntuale
4.5. Casi di funzioni di domanda con pendenza non unitaria
4.6. Casi di elasticità costante
4.7. Un’importante proprietà dell’elasticità
4.8. Rapporto fra elasticità e ricavo totale
4.9. Applicazioni dell’elasticità
4.10. Altri esempi di calcolo dell’elasticità. Il secondo metodo
4.11. Conclusioni
Esercizi relativi al Capitolo 4
Soluzioni agli esercizi relativi al Capitolo 4
59
60
62
64
65
67
68
69
71
74
75
77
79
Capitolo 5
Teoria della produzione e dei costi
5.1.
5.2.
5.3.
5.4.
5.5.
5.6.
Introduzione
La funzione di produzione
La distinzione tra breve e lungo periodo
Funzione di produzione a due variabili: l’isoquanto
Isocosto
Equilibrio del produttore
83
84
89
90
91
93
Indice
IX
pag.
5.7. Teoria dei costi di produzione. Il costo totale
5.8. I costi medi
5.9. Conclusioni
Esercizi relativi al Capitolo 5
Soluzioni agli esercizi relativi al Capitolo 5
95
96
99
101
103
Capitolo 6
Concorrenza perfetta
105
6.1. Introduzione
6.2. Caratteristiche della concorrenza perfetta
6.3. La curva di domanda dell’impresa di concorrenza perfetta
6.4. I ricavi in concorrenza perfetta
6.5. La funzione del profitto in concorrenza perfetta
6.6. L’equilibrio in concorrenza perfetta
6.7. L’area del profitto
6.8. Il concetto di extra-profitto
6.9. La curva di offerta dell’impresa concorrenziale
6.10. L’elasticità dell’offerta
6.11. Conclusioni
Esercizi relativi al Capitolo 6
Soluzioni agli esercizi relativi al Capitolo 6
105
106
109
111
113
115
116
118
120
121
123
124
127
Capitolo 7
Monopolio
7.1. Introduzione
7.2. Caratteristiche tipiche del monopolio
7.3. I ricavi nel monopolio
7.4. Equilibrio del monopolio
7.5. Confronto con la concorrenza perfetta e intervento dello Stato
7.6. Conclusioni
Esercizi relativi al Capitolo 7
Soluzioni agli esercizi relativi al Capitolo 7
129
130
131
133
136
139
141
142
Capitolo 8
Oligopolio
8.1. Introduzione
143
X
Indice
pag.
8.2. Il modello di Cournot
8.3. Il modello di Sweezy
8.4. La teoria del costo pieno
8.5. Conclusioni
Esercizi relativi al Capitolo 8
Soluzioni agli esercizi relativi al Capitolo 8
146
150
152
154
156
158
Capitolo 9
Concorrenza imperfetta o monopolistica
9.1. Introduzione
9.2. Un breve excursus di storia del pensiero economico
9.3. Definizione di concorrenza imperfetta o monopolistica
9.4. Un confronto fra concorrenza perfetta ed imperfetta
9.5. La separazione fra proprietà e gestione dell’impresa
9.6. Il modello di Baumol
9.7. Conclusioni
Esercizi relativi al Capitolo 9
Risposte agli esercizi relativi al Capitolo 9
163
164
165
165
166
168
170
172
173
Appendice Matematica
A1. Le grandezze economiche, i numeri reali e le operazioni elementari
A1.1. Le grandezze economiche
A1.2. Misurabilità delle grandezze economiche
A1.3. I numeri
A1.4. Le quattro operazioni
A1.5. I numeri ordinali
A1.6. Le grandezze economiche non misurabili
A1.7. Esercizi relativi al Capitolo 1
A1.8. Soluzioni agli esercizi relativi al Capitolo 1
A2. Proprietà delle eguaglianze
A2.1. Dividere e moltiplicare i termini di un’eguaglianza
A2.2. Sommare e sottrarre dai due lati di un’eguaglianza
A2.3. Un piccolo puzzle
A2.4. Esercizi relativi al Capitolo 2
A2.5. Soluzioni agli esercizi relativi al Capitolo 2
A3. Rappresentazione grafica delle grandezze economiche
A3.1. La retta orientata
175
175
175
177
178
179
180
181
183
186
186
187
188
189
189
191
191
Indice
XI
pag.
A3.2. Gli assi cartesiani
A3.3. Il concetto di funzione
A3.4. Grandezze costanti e variabili
A3.5. Le funzioni lineari
A3.6. Interpretazione trigonometrica della pendenza di una funzione
A3.7. Esercizi relativi al Capitolo 3
A3.8. Soluzioni agli esercizi relativi al Capitolo 3
A4. Studio di alcune forme funzionali
A4.1. La funzione a scalini
A4.2. Le funzioni lineari
A4.3. Esplicitare una retta
A4.4. La funzione lineare del consumo a livello aggregato
191
193
195
196
198
200
201
204
204
205
206
207
Riferimenti bibliografici e sitografia
209
XII
Indice
Capitolo 4
Elasticità
SOMMARIO: 4.1. Introduzione. – 4.2. Definizione di elasticità. – 4.3. Differenza fra pendenza ed elasticità. – 4.4. L’elasticità come concetto puntuale. – 4.5. Casi di funzioni di domanda con pendenza non
unitaria. – 4.6. Casi di elasticità costante. – 4.7. Un’importante proprietà dell’elasticità. – 4.8. Rapporto fra elasticità e ricavo totale. – 4.9. Applicazioni dell’elasticità. – 4.10. Altri esempi di calcolo
dell’elasticità. Il secondo metodo. – 4.11. Conclusioni. – Esercizi relativi al Capitolo 4. – Soluzioni
agli esercizi relativi al Capitolo 4.
4.1. Introduzione
Data una funzione che lega una variabile dipendente, quale, ad esempio, la domanda di un bene, ad un’altra variabile indipendente, quale il prezzo del bene stesso o il
reddito del consumatore, si dice elasticità di questa funzione l’indice che misura l’intensità con la quale la variabile dipendente varia al mutare di quella indipendente.
L’elasticità di una funzione è un concetto importante e ricorrente in Economia. La
parola elasticità è, forse, la più ripetuta in un qualunque manuale sia di micro che di
macroeconomia. Alcuni esempi chiariranno l’importanza del concetto di elasticità. Il
modello di oligopolio dell’economista Sweezy, oggetto della trattazione di un capitolo
successivo, è tutto giocato su una diversa elasticità della funzione di domanda a seconda che si verifichino variazioni in aumento o in riduzione del prezzo rispetto al valore di mercato dello stesso.
In macroeconomia, il premio Nobel Modigliani ha per primo distinto le posizioni
dei neoclassici e dei keynesiani riguardo all’efficacia della politica fiscale e monetaria
a partire dalle diverse ipotesi da essi formulate sulla elasticità delle curve IS ed LM.
L’elasticità ha anche una notevole importanza nella pratica dell’economia. Una
azienda che voglia accrescere i propri ricavi attraverso una politica di prezzo, lo farà
solo dopo aver stimato l’elasticità della domanda dei suoi prodotti da parte dei consumatori.
Come si capirà attraverso la lettura di questo capitolo, esiste una relazione non lineare fra il prezzo di un bene ed il ricavo totale dello stesso che dipende proprio
dall’andamento dell’elasticità. Infatti, man mano che il prezzo del bene si riduce, il ricavo totale aumenta in una prima fase quando l’elasticità della domanda è alta, in
quanto l’aumento della quantità più che compensa la riduzione del prezzo. Man mano,
però, che l’elasticità si riduce, la riduzione del prezzo causa anche una riduzione dei
60
Capitolo 4
ricavi, giacché le quantità domandate a quel punto non cambiano più di molto.
Analogamente, il governo considererà l’elasticità della domanda di un prodotto un
parametro fondamentale prima di applicare una tassa ovvero fornire un sussidio. Assumendo che il governo voglia accrescere l’introito fiscale di una certa imposta, esso
deciderà di aumentarla solo se l’elasticità della domanda del prodotto sarà sufficientemente bassa da far sì che le scelte di consumo non cambino di molto a causa dell’aumento dell’imposta. Esempi classici sono la benzina e le sigarette. Per lo stesso motivo, i prezzi di alcuni beni primari (pane, latte, ecc.) sono “calmierati”, vale a dire controllati dalle autorità competenti, in quanto i consumatori non potrebbero sfuggire ad
un aumento del loro prezzo. In passato, le tasse sul pane e sulla farina, talvolta imposte
dai sovrani per far fronte ai costi improvvisi di una guerra erano le più odiose e causavano non di rado sollevazioni sociali.
Per tutti questi motivi, il concetto di elasticità è fondamentale per l’economia politica e perciò ad esso è interamente dedicato questo capitolo. Nel primo paragrafo si
parlerà della differenza fra elasticità e pendenza, mostrando come la seconda sia solo
una parte dell’elasticità, un parametro della stessa. Il paragrafo successivo illustra la
definizione dell’elasticità mostrando anche che vi sono due modi diversi di guardare
all’elasticità e anche di calcolarla. I due paragrafi che seguono mostrano come l’elasticità cambia da punto a punto di una funzione di domanda inversa di tipo lineare, considerando sia il caso più semplice in cui la pendenza è unitaria, sia quello più complesso in cui la pendenza è diversa da uno. Il quinto paragrafo studia i tre casi classici di
elasticità costante. Il sesto paragrafo analizza un’importante proprietà dell’elasticità,
vale a dire la sua indipendenza dall’unità di misura, ciò che la rende uno strumento
importantissimo per confrontare funzioni relative a grandezze del tutto diverse, oppure funzioni relative a grandezze simili, ma misurate in modo diverso. Questo è un
caso comune in economia, soprattutto quella internazionale, dove il confronto fra le
valute è importante. Il settimo paragrafo analizza la relazione cui si è accennato in
precedenza fra elasticità della domanda e ricavo totale.
Il capitolo si chiude con una presentazione di alcuni esercizi volti ad illustrare i due
metodi classici di calcolo dell’elasticità. Il primo metodo si fonda sul calcolo diretto
delle variazioni relative o percentuali delle due grandezze che viene usato quando non
si conosce la pendenza della funzione di domanda. Viceversa, il secondo metodo si
fonda sull’uso della pendenza e si adotta quando non si conosce la variazione delle
grandezze. Un certo numero di esercizi risolti è fornito alla fine del capitolo.
4.2. Definizione di elasticità
Per individuare l’elasticità della domanda non sarà sufficiente dire che la quantità
domandata varia al variare del prezzo. L’elasticità non misura semplicemente il rapporto di variazione della domanda al variare del prezzo e il suo segno, ma piuttosto
l’intensità della variazione stessa. Più precisamente, si definisce elasticità della do-
61
Elasticità
manda rispetto al prezzo il rapporto fra la variazione relativa o percentuale della quantità domandata e la variazione relativa o percentuale del prezzo 1; e si scrive:
 q, p
q
p
q p
q
  b


p p q
q
p
Si possono dare almeno due definizioni equivalenti di elasticità. La prima definizione esprime l’elasticità come rapporto fra le variazioni relative della quantità domandata e del prezzo. La seconda definizione si ottiene dalla prima, moltiplicando numeratore e denominatore per p e notando poi che il rapporto fra la variazione assoluta
della quantità e quella del prezzo misura proprio la pendenza della funzione di domanda diretta.
Nella seconda definizione, l’elasticità, dunque, è misurata dal prodotto della pendenza della retta per il rapporto fra le due variabili. La pendenza è solo il rapporto delle variazioni assolute, vale a dire il primo termine al lato destro dell’eguaglianza. Si
ricordi, infatti, che b, il coefficiente angolare della retta, è uguale proprio al rapporto
fra le variazioni assolute della variabile dipendente e della variabile indipendente.
Queste variazioni devono essere rapportate ai livelli delle due grandezze per ottenere
le variazioni relative il cui rapporto costituisce l’elasticità della domanda rispetto al
prezzo.
L’elasticità della domanda di un bene assume valori compresi fra 0 e – , dove il
segno meno dipende dal fatto che si tratta di una funziona di domanda, cioè di una
funzione inclinata negativamente. Se la pendenza della funzione cambia, cambia nella
stessa direzione anche il segno del suo coefficiente di elasticità. Nel caso di una funzione con pendenza positiva, l’elasticità assume valori compresi fra 0 e + . Questo ci
porta anche a dire che ciò che conta dell’elasticità non è il segno, bensì il valore assoluto. Si rammenti che, per valore assoluto di un numero, si intende il numero privato
del segno. Si dice che una funzione è:
a) elastica quando il valore dell’elasticità è maggiore di uno in valore assoluto
( > 1);
b) ad elasticità unitaria se l’elasticità è uguale ad uno in valore assoluto ( = 1);
c) inelastica (o rigida) quando il valore dell’elasticità è minore di uno in valore assoluto ( < 1).
La Tabella 4.1 riassume i valori che l’elasticità può assumere:
1
Si ricordi che la variazione relativa o percentuale è data dal rapporto fra la variazione assoluta e il livello della grandezza considerata. Se, ad esempio, il prezzo di una penna passa da
1 € ad 1,1 €, la variazione assoluta sarà data dalla differenza fra il prezzo al tempo t e il prezzo
al tempo t – 1, mentre il livello della grandezza sarà misurato dal prezzo al tempo t – 1. Dunque, occorre dividere 0,1 € per 1 €. La variazione percentuale è pari al 10%.
62
Capitolo 4
Tabella 4.1. – I valori dell’elasticità e il loro significato
Valore numerico
di elasticità
Definizione
Reattività della domanda
=0
Domanda rigida
La quantità domandata non varia al variare del prezzo
<1
Domanda anelastica
La quantità domandata varia; la sua variazione
percentuale è inferiore a quella del prezzo
=1
Domanda neutrale
o elasticità unitaria
La quantità domandata varia; la sua variazione
percentuale è uguale a quella del prezzo
>1
Domanda elastica
La quantità domandata varia; la sua variazione
percentuale è superiore a quella del prezzo
=
Domanda perfettamente
elastica
Il consumatore è disposto ad acquistare tutta la quantità
disponibile ad un certo prezzo e niente ad un prezzo
lievemente superiore
4.3. Differenza fra pendenza ed elasticità
Un errore molto frequente fra gli studenti che si avvicinano allo studio dell’economia per la prima volta consiste nel confondere la pendenza con l’elasticità di una funzione. Ciò è in un certo senso paradossale, perché l’elasticità è stata introdotta nell’economia politica proprio in opposizione alla pendenza e per distinguerla da quest’ultima 2.
Si ricordi dai capitoli precedenti che la pendenza di una funzione indica la direzione e la dimensione assoluta della variazione della variabile dipendente rispetto a quella
indipendente. Si ricordi anche che la pendenza è misurata dal rapporto fra la variazione assoluta della variabile dipendente e la variazione assoluta della variabile indipendente: b = ∆y/∆x. Si ricordi, infine, che il segno della pendenza ci dice se la funzione
ha inclinazione positiva, nel caso in cui le due variabili si muovono nella stessa direzione, oppure negativa, nel caso in cui le due variabili si muovono in direzione opposta. Nella maggior parte dei casi 3, il segno negativo della pendenza, ci dice che esiste
una relazione inversa fra la quantità domandata ed il prezzo del bene stesso.
Per elasticità di una funzione si intende, invece, il rapporto fra la variazione relativa o percentuale della variabile dipendente e la variazione relativa o percentuale
della variabile indipendente. L’elasticità misura, pertanto, non tanto la direzione,
2
Alfred Marshall fu il primo a trattare il tema dell’elasticità nei suoi Principi di economia
politica (1890), un libro che ha rappresentato per alcuni decenni il manuale di riferimento per
chiunque volesse avvicinarsi alla disciplina. Tuttavia, fu August Cournot il primo a tentare una
formalizzazione del concetto di elasticità nel 1838. Importanti progressi nell’analisi del concetto di elasticità sono stati compiuti più di recente dall’economista Abba Lerner.
3
Il riferimento qui è al paradosso di Giffen illustrato nel capitolo precedente.
Elasticità
63
quanto l’intensità della variazione della variabile dipendente. Mentre la pendenza ci
dice in che modo (diretto o inverso) e di quanto (in valore assoluto) varia la y per
una data variazione della x, la elasticità ci dice quanto forte è la variazione in termini
percentuali.
Per fare un esempio, dire che la pendenza di una funzione di domanda di un bene
rispetto al suo prezzo è pari a “meno uno” (– 1) significa dire che al ridursi del prezzo
di un’unità corrisponde un aumento unitario della quantità. Tuttavia, questo non ci dice nulla sull’entità relativa della variazione: una variazione unitaria potrebbe essere
tanto insignificante quanto determinante, a seconda che il prezzo e la quantità siano
bassi o alti. Per conoscere la variazione relativa, occorre calcolare l’elasticità. Un’elasticità pari ad uno in valore assoluto, significa che una variazione percentuale unitaria
del prezzo provoca una variazione percentuale uguale della quantità domandata. Un’elasticità pari a due vuole dire invece che la quantità domandata si riduce del doppio in
termini percentuali, ad esempio del 20%, rispetto alla variazione del prezzo, che sia
pari, per ipotesi, al 10%.
Esistono diversi casi di elasticità. Al limite c’è un’elasticità per ogni relazione funzionale. E se una variabile dipendente è funzione di più variabili indipendenti, si può
allora definire un’elasticità della sua variazione al variare di ognuna delle variabili indipendenti. Si consideri, ad esempio, la domanda di un bene. Dovrebbe essere chiaro
dalla lettura dei capitoli precedenti che essa dipende non solo dal prezzo del bene stesso, ma anche dal reddito del consumatore e dal prezzo dei beni complementari e sostituti del bene in questione. Si parla allora di elasticità della domanda del bene rispetto
al reddito e di elasticità incrociata, nel caso delle variazioni della domanda del bene
rispetto al prezzo dei beni complemento e sostituti.
Nel caso della domanda di un bene rispetto al reddito del consumatore, la pendenza
sarà positiva, ad indicare che al crescere del reddito, la domanda di un bene aumenta.
Analogamente, la pendenza della funzione di domanda di un bene rispetto al prezzo dei beni complemento sarà negativa. Si consideri un caso classico di beni complemento, il caffè e lo zucchero. Quando il prezzo del caffè aumenta, si riduce non solo la
domanda del caffè, ma anche quella dello zucchero. Ne discende che la domanda dello
zucchero varia negativamente al variare del prezzo del caffè e di tutti i beni suoi complementi.
La pendenza della funzione di domanda di un bene rispetto al prezzo dei beni sostituti è invece positiva. Si consideri un caso classico di beni sostituti, il burro e la margarina. All’aumentare del prezzo del burro, si riduce la domanda del burro, ma aumenta la domanda di tutti i suoi sostituti, compreso la margarina.
Si lascia allo studente il compito di disegnare tale funzione di domanda, che sarà
del tutto analoga a quella inversa tradizionale, ma sull’asse delle ordinate vi sarà non il
prezzo del bene, quanto quello dei suoi complementi. Naturalmente, questa funzione
varrà per tutti i casi in cui le altre variabili che influenzano la domanda del bene – reddito del consumatore, prezzo del bene e prezzo dei beni sostituti – sono costanti. La
domanda del bene rispetto al prezzo del bene sostituto sarà, invece, ceteris paribus,
inclinata positivamente.
64
Capitolo 4
4.4. L’elasticità come concetto puntuale
Si dice che l’elasticità è un concetto puntuale, per dire che essa è diversa da un
punto ad un altro della stessa funzione di domanda. Ciò implica che il valore dell’elasticità può essere calcolato per ogni punto della retta, sostituendo i relativi valori delle
due variabili 4.
Si prenda il caso più semplice di una curva di domanda con una pendenza costantemente uguale ad uno in valore assoluto ( = 1). In questo caso, da una lettura della
formula precedente, l’elasticità varia esclusivamente al variare del rapporto fra prezzo
e quantità (p/q). Quando tale rapporto è maggiore o minore di uno, anche l’elasticità è
maggiore o minore di uno, mentre l’elasticità diventa uguale ad uno quando il rapporto
fra prezzo e quantità è uguale ad uno. Per rendersene conto si osservi la Figura 4.1,
che rappresenta appunto questo caso ultra-semplificato. Si noti che nella figura è rappresentata una funzione di domanda inversa e pertanto il suo coefficiente angolare è il
reciproco di quello della funzione di domanda diretta 5. Tuttavia, siccome il coefficiente della funzione di domanda è pari ad uno in valore assoluto, anche il coefficiente angolare della funzione di domanda inversa sarà in questo caso uguale ad uno in valore
assoluto 6.
Nel punto di intercetta con l’asse delle ordinate, l’elasticità è infinita poiché la
quantità è nulla. In realtà, pertanto, il rapporto fra prezzo e quantità è impossibile da
calcolare in questo caso, dal momento che, come si è detto in un capitolo precedente, è
impossibile dividere un numero qualsivoglia per zero. Tuttavia, il concetto di limite ci
4
In genere, soprattutto nei lavori di ricerca empirica, si tende a calcolare il valore dell’elasticità alla media dei valori delle variabili considerate. In altri termini, si moltiplica il coefficiente angolare per il rapporto fra le medie delle due variabili, vale a dire:
 q, p
q
q
p
q p


  b .
p p q
q
p
Il significato è evidente. Si vuole conoscere il valore medio dell’elasticità.
Convenzionalmente, sull’asse delle ascisse si misura la variabile indipendente e sull’asse
delle ordinate si misura la variabile dipendente (funzione diretta di domanda). In realtà, in economia, molto spesso accade il contrario, a causa di un “errore” commesso dal padre dell’economia marginalista moderna, l’inglese Alfred Marshall. Il motivo per cui Marshall preferì porre il
prezzo sull’asse delle ordinate, anziché su quello delle ascisse è che così egli poteva confrontare in uno stesso grafico l’andamento dei ricavi e dei costi, confronto indispensabile allo studio
dell’equilibrio di un’impresa nelle diverse forme di mercato. In economia le variabili monetarie
sono rappresentate sull’asse delle ordinate, mentre le variabili reali sono misurate sull’asse delle ascisse. Come si capirà meglio in seguito, i vantaggi dell’“errore” di Marshall sono molto
maggiori degli svantaggi.
6
Si provi, a mo’ di esercizio, ad invertire la funzione di domanda y = a – bx. È facile vedere
che si otterrà: x = a/b – 1/by. Allora, se b = – 1, si avrà anche 1/b = – 1.
5
65
Elasticità
aiuta a capire perché il valore dell’elasticità è infinito in quel caso. Senza ricorrere ai
limiti, che esulano dagli scopi di questo libro di testo, si immagini soltanto di dividere
il numero in considerazione non per zero, il che è impossibile, ma per un valore piccolissimo, con molti decimali per capirci. In questo caso, per quanto piccolo sia il valore
del termine noto, quando viene diviso per un valore infinitesimo, esso sarà grandissimo, tendente all’infinito. Si può dire allora che il rapporto del prezzo per la quantità
tende all’infinito.
Figura 4.1. – Una funzione di domanda inversa con pendenza unitaria
│ε│= ∞ (q = 0)
p
│ε│> 1 (p > q)
│ε│= 1 (p = q)
│ε│< 1 (p < q)
b1 = 1/b = – 1
│ε│= 0 (p = 0)
0
q
Movendosi lungo la curva di domanda dall’alto a sinistra in basso a destra, man
mano che aumenta la quantità venduta, aumenta anche il denominatore (q), mentre il
numeratore (p) della formula dell’elasticità si riduce. Di conseguenza, essendo la
pendenza costante, anche l’elasticità si riduce sempre di più. Essa assume un valore
unitario quando prezzo e quantità sono uguali fra di loro. Quando il prezzo diviene
inferiore alla quantità, l’elasticità diventa minore di uno. L’elasticità assume un valore assoluto nullo quando il prezzo è uguale a zero. Infatti, in questo caso, il rapporto fra prezzo e quantità si annulla, facendo annullare l’intero valore dell’elasticità.
4.5. Casi di funzioni di domanda con pendenza non unitaria
Nel caso ora considerato, si è assunta una funzione di domanda del bene lineare
con pendenza unitaria in valore assoluto. Si è tratta la conclusione che l’elasticità assume valore unitario quando il prezzo e la quantità sono uguali fra loro. Dovrebbe essere chiaro che questa conclusione non è più valida se la funzione di domanda ha pen-
Teoria del comportamento del consumatore
35
11. Il vincolo di bilancio del consumatore nei termini dei beni x (ascisse) e y (ordinate)
è il seguente: R = X + Y:
a) disegnare il vincolo di bilancio indicando la pendenza ed i valori sull’asse delle ascisse e delle ordinate quando il reddito, R, è pari a 500;
ELQHTXLOLEULRDTXDQWRqXJXDOHLO607"(GLO606
FVHLO606LQYDORUHDVVROXWRqXJXDOHDFRVDIDLOFRQVXPDWRUH"(VHLO606qX
JXDOHDLQYDORUHDVVROXWR
GTXDOqLOVLJQLILFDWRHFRQRPLFRGHOO¶HTXLOLEULRGHOFRQVXPDWRUH"
-----------------------------
Teoria del comportamento del consumatore
39
----------------------------11. È facile calcolare che le due intercette sono entrambe pari a 500. La pendenza è – 1. Il
SMS = SMT = – 1. Il valore di SMS = – 1.5 si trova alla sinistra del punto di equilibrio: il consumatore riduce y ed aumenta x, ma così facendo riporta in equilibrio il SMS e il SMT, in quanto l’utilità di y aumenta e quella di x si riduce. L’opposto accade nel caso in cui SMS = – 0,1,
che si trova in questo caso alla destra del punto di equilibrio. Oltre a dire in quale direzione di
muove il consumatore è necessario parlare dell’effetto sulla utilità marginale relativa dei due
beni.
-----------------------------
124
Capitolo 6
 Esercizi relativi al Capitolo 6
-------------------------------------2. Si valuti la veridicità delle seguenti affermazioni facendole seguire, nel caso si ritengano false, da un breve commento circa la natura dell’errore in esse contenuto:
a) la curva di offerta di breve periodo dell’impresa coincide con il tratto crescente del
costo marginale a partire dal punto di minimo del costo medio totale;
b) conviene acquistare i beni in un mercato di tipo concorrenziale giacché il prezzo è
stabile;
c) se l’impresa concorrenziale non copre i costi fissi è costretta ad uscire immediatamente dal mercato;
d) al consumatore conviene acquistare beni in regime di monopolio, perché la produzione è più efficiente;
e) in un mercato di concorrenza perfetta tutte le imprese sono in grado di influenzare
l’offerta globale del bene prodotto, perché la quantità da esse prodotta è molto piccola
rispetto all’offerta globale;
f) se l’impresa concorrenziale copre una parte solo dei costi fissi medi è costretta ad
uscire dal mercato a lungo andare.
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127
Concorrenza perfetta
 Soluzioni agli esercizi relativi al Capitolo 6
--------------------------------2. Vediamo le risposte una ad una:
a) la curva di offerta di breve periodo dell’impresa coincide con il tratto del CMG al di sopra del CMV, detto punto di fuga del breve periodo. Solo nel lungo periodo, l’offerta parte dal
minimo del CMT;
b) conviene acquistare in concorrenza perché: il prezzo è minore e la quantità maggiore che
in monopolio; l’impresa monopolista non raggiunge il punto di minimo del costo medio totale;
non c’è extra-profitto nel lungo periodo in concorrenza perfetta;
c) No, non immediatamente, ma solo nel lungo periodo. È richiesto che dobbiate mostrare
graficamente il punto di fuga di breve e di lungo periodo e discutere;
d) È esattamente vero il contrario. Conviene acquistare in concorrenza perfetta sia perché la
q disponibile al consumatore è maggiore ed il prezzo è minore che nel monopolio, sia perché
nella concorrenza perfetta non vi sono sprechi. Infatti, nella concorrenza perfetta, l’incontro fra
Cmg e Rmg avviene al di sopra del punto di minimo del costo medio totale, con una produzione
sempre superiore a quella che permette un ottimo uso dell’impianto produttivo. Nel caso del
monopolio, invece, l’impresa sa che riducendo la quantità disponibile sul mercato può fare aumentare il prezzo e tende a produrre una quantità inferiore a quella di ottimo impiego dell’impianto. Si dice, infatti, che il monopolio garantisce una rendita al monopolista e causa sprechi
di risorse. Mostrare tutto ciò nel grafico del monopolio, confrontando l’equilibrio dell’impresa
concorrenziale e di quella monopolistica;
e) falso, in quanto ogni operatore sia produttore che consumatore, detiene una quota di
mercato tanto piccola da non consentirgli di influenzare il prezzo del bene. In altri termini, il
prezzo viene determinato dal confronto della domanda e dell’offerta complessiva e per ogni
singolo operatore esso è un dato esogeno;
f) vero. L’impresa concorrenziale resta sul mercato nel breve periodo ed esce nel lungo periodo. Nel breve resta se almeno copre i costi medi variabili ed una parte dei costi medi fissi.
Occorre un grafico dove si mostrano i due punti di fuga dell’impresa in concorrenza perfetta.
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156
Capitolo 8
 Esercizi relativi al Capitolo 8
-------------------------3. Sia data la seguente equazione di prezzo di un’impresa che applichi il principio del
mark-up:
p = d(1 + )
dove d indica il costo diretto e  il margine di profitto:
a) calcolare il prezzo quando il costo diretto è pari a 10 e il mark-up è del 1.000%;
b) se il costo diretto aumenta del 100%, il prezzo aumenta o si riduce? E di quanto?
c) se la domanda aumenta del 30%, come varia il prezzo? E se la domanda si riduce?
d) quali sono le principali differenze fra la teoria dei prezzi detta del costo pieno e
quella di concorrenza perfetta?
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158
Capitolo 8
 Soluzioni agli esercizi relativi al Capitolo 8
3. L’equazione di prezzo di un’impresa che applichi il principio del mark-up: P = d(1 + μ) che
possiamo scrivere anche p = d + dμ;
a) calcolare il prezzo se d = 10 μ = 1.000% = 10.
Sostituendo i valori verrà che: P = 10 + 10(10) = 110;
159
Oligopolio
b) calcolare il prezzo se il d aumenta del 100%. Si avrà: d = 20. Sostituendo nuovamente
P = 20 + 20(10) = 220. Si noti che se il d aumenta del 100%, anche il prezzo aumenterà proprio
del 100%;
c) come illustra il grafico seguente, un aumento o una riduzione della domanda non causa
alcuna variazione del prezzo, ma solo della quantità;
d) le differenze tra la teoria del costo pieno e quella di concorrenza perfetta sono:
La teoria del costo pieno si applica alle forme di mercato non perfettamente concorrenziali, dove le imprese dettano il prezzo.
In concorrenza perfetta il costo marginale, il ricavo marginale e il prezzo sono uguali,
nella teoria del costo pieno il prezzo è maggiore del costo diretto e le imprese hanno un potere
di mercato tale da fissare il prezzo e il margine di profitto desiderato.
Ogni variazione della domanda nella teoria di concorrenza perfetta fa cambiare sia il
prezzo che le quantità, mentre nella teoria del costo pieno varia solo la quantità: il prezzo cambia solo se cambia il costo diretto.
P
P
D2
D0
D1
D2
D0
D1
S
P0
P1
P0
P2
Q2
Q0
Q1
Teoria del costo pieno
Q
Q2
Q0 Q1
Concorrenza perfetta
Q