726-728_art_anglicani:Layout 2 22-12-2011 18:00 Pagina 726 Chiesa anglicana REGNO UNITO a ll’altezza della democrazia N Riaprire il dibattito sullo sviluppo della società inglese nel pieno della crisi el corso dell’anno, mentre il governo conservatore di David Cameron è alle prese con una crisi economica che mostra profili sempre più allarmanti anche per la Gran Bretagna e con una crisi sociale che si è manifestata con gli scontri e i saccheggi di agosto, con il movimento «Occupy the London Stock Exchange» in ottobre e con un’ondata di scioperi, la Chiesa anglicana inglese ha assunto un atteggiamento via via sempre più critico nei confronti dell’esecutivo, fino a prese di posizione che hanno richiamato alla memoria il precedente del 1985, quando l’allora arcivescovo di Canterbury Robert Runcie entrò in rotta di collisione con il governo di Margaret Thatcher con il rapporto intitolato Faith in the City sulla povertà urbana (cf. Regno-att. 4,1986,74). In marzo l’arcivescovo di Canterbury e primate della Chiesa d’Inghilterra, Rowan Williams, in una conferenza intitolata «Grande società, piccolo mondo?» al King’s College di Londra esaminava criticamente il progetto della «Big Society» propugnato dal primo ministro David Cameron, avanzando il dubbio che dietro i concetti di responsabilizzazione dei cittadini e sussidiarietà si celasse il rischio di duri tagli allo stato sociale e di frazionamento e sperequazione territoriale nei servizi. Contestualmente chiedeva l’apertura di un serio dibattito pubblico sulle priorità politiche da affrontare. Qualche mese dopo, il 9 giugno, l’arcivescovo è tornato sul tema in un articolo pubblicato sul New Statesman (qui a lato, in una nostra traduzione dall’inglese). Con una critica diretta all’establishment politico, 726 IL REGNO - AT T UA L I T À 22/2011 sia conservatore sia laburista, l’arcivescovo solleva la questione della democrazia nel momento in cui il dibattito politico nel Regno Unito sembra bloccato, mentre le vicende internazionali sono in rapida evoluzione. Un nuovo capitolo si è aperto in ottobre, quando alcuni membri della Chiesa anglicana si sono schierati a fianco degli indignados del movimento «Occupy the London Stock Exchange», e Williams con un articolo sul Financial Times (1° novembre) ha tentato di dare alla manifestazione una piattaforma più concreta, ponendosi nella scia della nota pubblicata dal Pontificio consiglio della giustizia e della pace in vista del G20 di Cannes (cf. Regno-doc. 19,2011,608 e 612): l’applicazione della «Robin Hood Tax» sulle transazioni di azioni, titoli e derivati per investire sull’economia «reale» a livello nazionale e internazionale. Il 19 novembre (cf. riquadro qui a lato) sono 18 vescovi anglicani a esprimere pubblicamente la richiesta di una revisione del progetto di riforma dello stato sociale. Infine la decisione isolazionista di David Cameron, al Consiglio europeo di Bruxelles l’8-9 dicembre, di non partecipare al nuovo Patto europeo che stabilisce un controllo comune più stretto sui bilanci dei paesi coinvolti, perché non disposto a concedere che si modifichino le norme sui servizi finanziari, cioè le prerogative della City di Londra e delle sue banche, manifesta l’attualità della riflessione dell’arcivescovo Rowan Williams. D. S. Il primo ministro David Cameron incontra Benedetto XVI nel suo viaggio in Inghilterra il 18.9.2010. 726-728_art_anglicani:Layout 2 VESCOVI ANGLICANI 22-12-2011 18:00 - RIFORMA Pagina 727 DEL WELFARE Parlare per chi non ha voce I n un momento di grave crisi e di forti tensioni sociali, il progetto di riforma dello stato sociale presentata dal governo Cameron ha suscitato una reazione ferma e compatta da parte dei vescovi anglicani. Il 19 novembre il quotidiano The Observer ha pubblicato una lettera aperta, firmata da 18 vescovi e apertamente sostenuta dagli arcivescovi di Canterbury Rowan Williams e di York John Sentamu, nella quale vengono criticate alcune misure – come il tetto di 500 sterline a settimana per i sussidi alle famiglie –, che inevitabilmente aggraveranno la povertà di circa 210.000 bambini in situazioni di disagio. Scrivono i vescovi: «L’introduzione di un tetto sui sussidi, proposta dal progetto di legge per la riforma del welfare, potrebbe ridurre alcuni dei bambini più vulnerabili del paese in una condizione di estrema povertà. L’introduzione del tetto sui sussidi toccherà facilmente 70.000 adulti e, secondo le indagini della Children’s Society, taglierà il sostegno a 210.000 bambini, lasciandone senza casa almeno 80.000. La Chiesa d’Inghilterra ha l’impegno e il dovere morale di parlare per coloro che non hanno voce. Perciò ci sentiamo obbligati a parlare per i bambini che potrebbero venirsi a trovare in Posso immaginare un lettore del New Statesman che percorre i contenuti di questo numero e pensa: «Di ministri ce ne sono stati abbastanza». Dopo tutto, il New Statesman non è mai stato per l’establishment una tribuna per dare spiegazioni. Ma mi sembra valga la pena d’incoraggiare il governo attuale a chiarire che cosa sta perseguendo in due o tre settori fondamentali, nella speranza di avviare un vivace dibattito su dove stiamo andando e forse anche scoprire qual è attualmente la grande idea della sinistra. L’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams. condizioni di estrema povertà e potenzialmente senza casa, in conseguenza delle scelte o situazioni dei loro genitori. Questo impatto è profondamente ingiusto. Chiediamo al governo di prendere in considerazione alcune opzioni presentate dalla Children’s Society, prima che il disegno di legge venga convertito in legge, come ad esempio sottrarre il sussidio dei bambini dal reddito familiare per calcolare il livello del tetto, e calcolare il livello del tetto sul reddito delle famiglie con figli piuttosto che su quello generale delle famiglie. Il governo potrebbe prendere anche in considerazione la sottrazione di certi gruppi vulnerabili dal tetto sui sussidi e l’introduzione di un significativo periodo di esenzione dal tetto per i capifamiglia che hanno recentemente perso il lavoro». A firmare la lettera aperta sono stati i vescovi di Bath e Wells, Blackburn, Bristol, Chichester, Derby, Exeter, Gloucester, Guildford, Leicester, Lichfield, Londra, Manchester, Norwich, Oxford, Ripon e Leeds, St Edmundsbury e Ipswich, Wakefield e Truro. Oggi il dibattito politico nel Regno Unito sembra bloccato. I conservatori hanno adottato con entusiasmo un’idea che affonda saldamente le radici in una specifica componente del socialismo associativo. Il diffuso sospetto che lo abbiano fatto per ragioni opportunistiche o per risparmiare denaro autorizza molti a rigettare ciò che essa propone come programma di iniziative per la Big society, la «grande società»; persino il termine è diventato in fretta tristemente stantio. Tuttavia noi siamo ancora in attesa di una relazione esau- D. S. stiva e vigorosa su ciò che la sinistra farebbe altrimenti e su come potrebbe apparire una versione della politica locale (localism) ispirata dalla sinistra. Equilibri globali in movimento Scavando un po’ più in profondità, molti a sinistra e a destra sentono che le placche tettoniche della politica britannica – europea? – sono in movimento. La politica manageriale, che tenta con sempre minor successo di negoziare la vita all’ombra della grande finanza, non è un attraente punto di raccolta, sia essa targata «(nuovo) Labour» o «conservatori». In mezzo a molta confusione, si sente risuonare sempre più chiaramente la richiesta di una riflessione fondamentale sulla stessa democrazia, e la sua urgenza è sottolineata da ciò che sta avvenendo nel Medio Oriente e in Nordafrica. Per inciso, questo permette di comprendere anche la perplessità e l’indignazione suscitate dalle proposte di riforma, in campo sanitario ed educativo, avanzate dall’attuale governo. Con grande rapidità ci troviamo impegnati in politiche radicali, a lungo termine, per le quali nessuno ha votato. C’è perlomeno una comprensibile ansia riguardo a ciò che significa democrazia in un contesto del genere. Non sono certamente molte le persone che vo- IL REGNO - AT T UA L I T À 22/2011 727 726-728_art_anglicani:Layout 2 22-12-2011 gliono un governo plebiscitario. Ma, ad esempio, la rielaborazione generale dell’Education Act del 1944 attualmente in corso potrebbe essere giustamente considerata una materia adatta per un’aperta discussione nel contesto dei dibattiti elettorali. L’ansia e la rabbia hanno a che fare con la sensazione che si siano sottoposte troppe poche cose alla discussione e valutazione pubblica. Non penso che l’impegno del governo nei riguardi della politica locale e della devolution del potere sia semplicemente una cinica presa di distanza dal problema. Ma, a mio avviso, c’è confusione riguardo ai mezzi da adottare per raggiungere l’obiettivo. Se le organizzazioni della società civile devono riprendere le responsabilità distribuite dal governo, le questioni cruciali sono queste. Anzitutto, quali servizi devono avere garanzie irrinunciabili di standard, parità e continuità a livello nazionale? (Si consideri ciò che sta avvenendo nei servizi per i giovani, che sono indubbiamente una priorità strategica). In secondo luogo, quindi, in a cura di Roberto Reggi Pentateuco Traduzione interlineare in italiano D ei cinque libri del Pentateuco, il volume offre il testo ebraico, la traduzione interlineare in italiano (da destra a sinistra, seguendo la direzione dell’ebraico) e il testo della Bibbia CEI (a piè di pagina, con a margine i passi paralleli). Non si tratta di una ‘traduzione’, ma di un ‘aiuto alla traduzione’: un utile strumento di sostegno per affrontare le difficoltà dell’ebraico e introdursi nel testo biblico in lingua originale. pp. 496 - € 30,00 www.dehoniane.it EDB Edizioni Dehoniane Bologna Via Nosadella, 6 40123 - Bologna Tel. 051.4290011 Fax 051. 4290099 18:00 Pagina 728 che modo il governo nazionale sottoscrive questi «assoluti» strategici, per garantire che anche in un clima di ristrettezze finanziarie vi continuino a essere investimenti a lungo termine, vi continui a essere una risposta a quelli che molti considerano temi basilari: povertà infantile, bassa alfabetizzazione, carenze nell’accesso all’eccellenza educativa, infrastrutture sostenibili nelle comunità più povere (sia rurali sia urbane) ecc.? Che cosa è troppo importante per essere lasciato alla politica locale, fosse anche la più ricca di risorse? Ascoltare la paura Il governo ha un’estrema necessità di ascoltare quanta paura c’è attualmente su questi temi. Non basta rispondere con quella che suona come una mescolanza di «questa è l’eredità dell’ultimo governo» e «vorremmo fare di più, ma aspettiamo che l’economia si riprenda un po’». Riconoscere la realtà della paura non è necessariamente colludere con essa. Ma cè il rischio di aggravarla se non si riconosce quanto sia pervasiva. Allo stesso modo, neppure il compito dell’opposizione è quello di colludere con la paura, bensì quello di definire alcune alternative realizzabili. E perché questo avvenga abbiamo bisogno di affermazioni chiare e nette su dove si trovano i disaccordi. La scomoda verità è che le iniziative di base e la solidarietà locale fiorivano in moltissimi luoghi, ma sono state indebolite da vari decenni di frammentazione culturale. Non si possono reinventare le vecchie tradizioni sindacali e cooperative da un giorno all’altro e, in alcune aree, esse devono essere inventate per la prima volta. Questo non è certamente favorito dal semplice ritorno al linguaggio seducente del povero «meritevole» e «non meritevole» e neppure dalla continua pressione per aumentare quelle che sembrano risposte punitive a presunti abusi del sistema. Se si mira veramente a un reale potenziamento delle comunità delle persone emarginate, allora occorre una maggiore e migliore comunicazione sugli imperativi strategici, occorrono messaggi più positivi riguardo a ciò che non può, e non sarà, lasciato al caso e – certamente una delle cose più importanti di tutte – occorre una politica educativa a lungo termine a ogni livello, 728 IL REGNO - AT T UA L I T À 22/2011 che fornisca gli strumenti critici per la partecipazione democratica e non solo competenze che servano l’economia. Per uno come me è motivo di ironica soddisfazione il fatto che oggi vari pensatori politici stiano scavando nelle tradizioni teologiche alla ricerca di strade per andare avanti. Certo le prospettive religiose su queste questioni si sono spesso impantanate in varie forme di paternalismo, ma c’è un altro strato teologico da recuperare: quello che non riguarda «i poveri» come oggetto di cortesia, ma la natura della comunità sostenibile, vedendola come una comunità nella quale ciò che circola – come il flusso del sangue – è la reciproca creazione di capacità, la costruzione della capacità dell’altra persona o dell’altro gruppo di persone di donare, a loro volta, vita e responsabilità. Forse, sorprendentemente, questo è ciò che si trova al cuore delle idee di san Paolo sulla comunità nella sua forma più piena; comunità, nelle sue parole, come Dio vuole vederla. Una democrazia che volesse essere all’altezza di questo ideale – nelle sue radici religioso, ma non esclusivo o confessionale – sarebbe una democrazia nella quale la domanda centrale riguardo a ogni politica sarebbe questa: in che misura essa abilita una persona o un gruppo a impegnarsi generosamente e a lungo termine nella costruzione della ricchezza delle risorse e del benessere di ogni altra persona o gruppo, considerando lo stato una «comunità di comunità», per usare un’espressione popolare fra i sindacalisti di un’altra generazione? Una democrazia che vada al di là del populismo o della posizione maggioritaria, ma anche al di là di una focalizzazione balcanizzata sul locale che ha pietrificato la lotteria dei sistemi socio-sanitari (caratterizzati da enormi differenze per qualità e livelli di prestazioni da un punto all’altro del paese; ndr); una democrazia capace di discutere e argomentare realmente sulle necessità e sulle speranze condivise e capace di vera generosità: chi si fa avanti? Rowan Williams* * Arcivescovo di Canterbury, primate della Chiesa d’Inghilterra.