Farmaci Biologici in reumatologia

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FARMACI BIOLOGICI IN REUMATOLOGIA
Dr. Ennio G. Favalli
Dipartimento e Cattedra di Reumatologia
Istituto Ortopedico G. Pini
Milano
Da ormai oltre 6 anni hanno fatto la loro comparsa nel panorama della reumatologia italiana i
cosiddetti farmaci biologici, che dopo un’iniziale e consueta fase di sperimentazione e di utilizzo
“ad uso compassionevole”, sono ormai entrati a far parte a pieno titolo dell’armamentario
terapeutico del reumatologo, con indicazioni progressivamente più ampie.
Date la particolare natura e le caratteristiche peculiari dei farmaci biologici, è sicuramente
necessario fare il punto della situazione sul reale impiego nella pratica clinica di tali farmaci.
FARMACI BIOLOGICI: definizione
Il termine “biologico” con cui si è soliti definire questi farmaci fa riferimento alla loro particolare
natura e modalità di azione.
Anche se non è espressamente argomento di questa trattazione, è bene ricordare come nel corso
degli ultimi decenni gli studi in campo immunologico abbiano determinato l’importanza, nella
patogenesi della malattie reumatiche, di specifiche sostanze circolanti prodotte dalle cellule del
sistema immunitario, definite citochine.
Più recentemente l’attenzione è stata focalizzata su alcune di queste sostanze, come l’interleuchina1 e soprattutto il tumor necrosis factor-alpha (TNF-α), per via del ruolo pivotale che esse rivestono
nel processo di flogosi e della possibilità di sfruttare dal punto di vista terapeutico l’utilizzo di
molecole di sintesi capaci di bloccarne l’attività.
In questa direzione sono nati i farmaci biologici, che altro non sono se non recettori o anticorpi
(sintetizzati in laboratorio, ma del tutto simili per caratteristiche e struttura a quelli prodotti dal
nostro stesso organismo) capaci di legarsi alle suddette citochine, interrompendo la cascata
infiammatoria che caratterizza diverse malattie in campo reumatologico e non.
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QUALI BIOLOGICI E PER QUALI INDICAZIONI
Attualmente in Italia sono già commercializzati 4 farmaci biologici utilizzati per varie indicazioni
nel campo della reumatologia, mentre diversi altri sono per ora confinati ad un utilizzo nell’ambito
di protocolli e trials di studio in via di completamento in Italia e all’estero.
Dopo un’iniziale fase di utilizzo più estensivo, l’unico farmaco anti-interleuchina-1 (anakirna,
Kineret®) è stato progressivamente abbandonato poiché si è dimostrato efficace solo in una
percentuale modesta di pazienti e viene tuttora riservato solo a casi molto particolari.
Miglior fortuna hanno invece avuto i farmaci anti-TNFα, che si sono via via costruiti un ruolo ben
preciso nel panorama delle soluzioni terapeutiche a disposizione non solo del reumatologo, ma
anche del gastroenterologo (per il trattamento del morbo di Crohn) e del dermatologo (per la cura
della psoriasi).
A tutt’oggi esistono in commercio 3 farmaci anti-TNFα (infliximab, Remicade®; etanercept,
Enbrel®; adalimumab, Humira®), comparsi sul mercato italiano in tempi diversi e caratterizzati da
indicazioni differenti, più per motivazioni burocratiche che cliniche.
Senza perdersi nello specifico dei dettagli legislativi, è possibile affermare che i farmaci anti-TNFα
vengono oggi abitualmente utilizzati nella pratica clinica in reumatologia per il trattamento
dell’artrite reumatoide, dell’artropatia psoriasica e della spondilite anchilosante.
PROGETTO ANTARES
Data la peculiarità dei farmaci anti-TNFα in termini clinici e farmaco-economici, dal giugno 2001
al marzo 2004 la prescrizione di tali presidi farmacologici è stata legata al cosiddetto Progetto
Antares, elaborato della Società Italiana di Reumatologia (SIR) con il patrocinio del Ministero della
Salute.
Il progetto Antares ha identificato alcuni specifici centri reumatologici di eccellenza, cui è stata
riservata la possibilità esclusiva di prescrivere e somministrare i biologici sotto stretto controllo; ha
stabilito le caratteristiche necessarie affinché considerare il singolo caso clinico come meritevole di
trattamento con anti-TNFα, sulla base di specifici criteri di inclusione (relativi al grado di attività e
di gravità di malattia) e di esclusione (concomitanza di patologie o condizioni controindicanti il
trattamento con biologici); ha istituto un database nel quale raccogliere tutti i dati relativi alla
casistica di utilizzo dei biologici in Italia, così da ricavarne informazioni utili sull’impiego su vasta
scala dei farmaci anti-TNFα.
Il termine del progetto Antares ha di certo svincolato lo specialista reumatologo dai suddetti vincoli
di adesione al protocollo di studio, anche se di fatto la situazione non si è sostanzialmente
modificata, giacché quelli che fino al 2004 erano considerati dei criteri immodificabili sono tuttora
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rimasti validi come linee guida che vengono di norma applicate da tutti i principali centri
prescrittori.
A tutt’oggi quindi l’utilizzo dei farmaci anti-TNFα viene riservato a quei casi di artrite reumatoide,
artropatia psoriasica e spondilite anchilosante caratterizzati da un particolare grado di attività di
malattia e da una evidente tendenza alla refrattarietà ai trattamenti con farmaci di fondo tradizionali
quali methotrexate, ciclosporina A, leflunomide (Arava®), antimalarici di sintesi (clorochina e
idrossiclorochina) e salazopirina.
UTILIZZO NELLA PRATICA CLINICA: EFFICACIA E TOLLERABILITA’
L’esperienza clinica riguardo l’impiego dei farmaci biologici in reumatologia maturata dal
momento della loro introduzione ad oggi può ritenersi sufficientemente completa.
Nel corso dell’ultimo decennio sono infatti stati condotti numerosi trials di valutazione di ognuno
dei farmaci biologici attualmente in commercio, testati di volta in volta con indicazioni, condizioni
e situazioni differenti. In questo modo è stato possibile ricavare un insieme molto vasto di
informazioni circa l’efficacia, la tollerabilità e la sicurezza del singolo farmaco biologico utilizzato
per il trattamento sia dell’artrite reumatoide, che dell’artropatia psoriasica, che della spondilite
anchilosante.
Non essendo finalità di questa trattazione l’analisi nel dettaglio di ciascuno dei suddetti studi clinici,
ritengo più opportuno sintetizzare il quadro complessivo che emerge dall’analisi dei dati ottenuti.
•
I farmaci biologici si sono sicuramente dimostrarti più efficaci dei farmaci tradizionali
(DMARDs) nel controllo a breve e medio termine della sintomatologia e nella capacità
di rallentare la progressione della malattia e di ritardare il danno radiologico e la
conseguente disabilità che ne consegue. Da ciò deriva una comprovata capacità di
migliorare i parametri relativi alla qualità della vita dei pazienti trattati.
•
Di norma i farmaci biologici sono ben tollerati, sia in caso di somministrazione
sottocutanea che endovenosa. Reazioni di natura allergica si sono verificate per
entrambe le vie di somministrazione, in una percentuale di casi limitata e in una forma
generalmente lieve e ben controllabile (salvo alcune eccezioni).
•
I dati relativi alla sicurezza a breve e medio termine sembrano dimostrare come i
farmaci biologici presentino un profilo di safety del tutto paragonabile a quello dei
DMARDs
tradizionali,
a
patto
che
venga
eseguito
accuratamente,
prima
dell’arruolamento del paziente, un insieme di tests di screening volti ad accertare
l’idoneità del soggetto per tale trattamento e la non esistenza di possibili
controindicazioni e/o fattori di rischio e a condizione che il monitoraggio nel tempo del
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paziente sia sempre attento e preciso. Al momento non esistono altresì dati attendibili
circa il profilo di sicurezza a lungo termine, giacché il periodo di tempo trascorso
dall’inizio dell’utilizzo nell’uomo e la durata dei principali trials clinici risultano tuttora
troppo brevi per poter completare tale valutazione.
•
Non esistono a tutt’oggi studi comparativi diretti tra i vari farmaci biologici e ed quindi
impossibile esprimere giudizi attendibili circa la superiorità dell’uno rispetto all’altro. Il
confronto tra i diversi trials finora eseguiti (peraltro condotti in condizioni non
perfettamente sovrapponibili, cosa che li rende non del tutto confrontabili tra loro)
sembra peraltro porre i 3 farmaci anti-TNFα sostanzialmente sullo stesso piano; è
inoltre pratica diffusa il passaggio da un farmaco biologico ad un altro in caso di
insuccesso.
ASPETTI FARMACO-ECONOMICI
Uno degli aspetti che sicuramente incide significativamente sull’effettivo impiego dei farmaci
biologici nella pratica clinica quotidiana è certamente quello farmaco-economico.
Il costo annuo per il trattamento di un paziente con un farmaco anti-TNFα, che si colloca tra i 7000
e i 13000 euro a seconda della molecola usata e dello schema di trattamento impostato, è certamente
di gran lunga superiore a quello di qualunque terapia di fondo tradizionale normalmente utilizzata in
reumatologia.
Questo aspetto ha fatto sì che, fin dalla loro introduzione sul mercato, i farmaci biologici siano stati
soggetti ad una regolamentazione precisa al fine anche di limitare una spesa sanitaria che da sempre
rappresenta un problema per il sistema sanitario nazionale italiano.
Recentemente sono stati peraltro pubblicati studi internazionali che hanno dimostrato come i
farmaci biologici nella terapia dell’artrite reumatoide, a fronte di un costo assoluto iniziale più
elevato, grazie alla capacità di prevenire nel tempo la disabilità legata alla malattia siano peraltro in
grado di ridurre sulla lunga distanza la spesa sanitaria e socio-economica, con un bilancio quindi
positivo.
CONCLUSIONI
L’introduzione dei farmaci biologici nella pratica clinica ha certamente rappresentato una assoluta
rivoluzione in reumatologia, sia per la concezione innovativa di mirare il trattamento su specifici
targets fondamentali nella patogenesi della malattia, sia per l’indubbia efficacia dimostrata da tali
farmaci nei confronti delle terapie tradizionali.
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L’utilizzo estensivo di tale approccio terapeutico è peraltro tuttora limitato da diversi fattori, quali la
mancanza di informazioni circa la sicurezza a lungo termine, la necessità di un monitoraggio dei
pazienti più attento e stretto, le limitazioni nella selezione dei soggetti trattabili imposta dai criteri di
inclusione ed esclusione dal trattamento e, non meno importante, dal costo assoluto dei farmaci
biologici.
Per questo la terapia con biologici è tuttora riservata alla prescrizione di centri reumatologici di
eccellenza, attraverso una accurata selezione dei casi al fine di identificare i pazienti più adatti a tale
regime terapeutico.
E’ ovviamente auspicabile che nei prossimi anni una migliore conoscenza degli effetti a lungo
termine dei farmaci biologici ed una miglior programmazione economica del loro impiego possano
incrementarne progressivamente l’utilizzo, estendendolo ad una quota di pazienti sempre più ampia.
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