Le basi di ACER Sintesi dei principali concetti di arboricoltura A cura di Alessio Fini, Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Università degli Studi di Firenze POTATURA: COME EFFETTUARE IL TAGLIO I Cresta della corteccia Cresta della corteccia Branca morta Branca viva Collare del ramo Collare del ramo Taglio di diradamento È definito come il taglio che rimuove un ramo laterale nel suo punto di inserzione sul fusto o su una branca di ordine superiore, a livello del collare del ramo (8). Un taglio ben eseguito, ovvero effettuato il più vicino possibile al collare del ramo, senza però lederlo, e lievemente obliquo rispetto al fusto si presenta perfettamente circolare (fig. A, pag. 104). In assenza di evidente collare del ramo, l’angolo di taglio dovrebbe essere uguale all’angolo formato tra la cresta della corteccia con l’immaginaria linea verticale che la interseca nel suo punto distale (fig. G, pag. 104); in pratica la linea immaginaria verticale è la bisettrice dell’angolo formato tra la linea di taglio e la cresta della corteccia. Il taglio cica103 • ACER 1/2009 A fianco, rappresentazione schematica dell’inserzione di una branca (viva o morta) sul fusto (modificato da Bedker et al., 1995). Sotto, taglio di diradamento volto a eliminare branche mal posizionate nel loro punto di inserzione sul fusto (a sinistra) e a livello del collare del ramo (a destra). trizza velocemente e, poiché il collare del ramo non è intaccato, esso costituisce una barriera che impedisce ai patogeni di diffondersi nello xilema del fusto (figg. B-C, pag. 104). Il taglio raso è quel taglio che, erroneamente, va a intaccare il collare del ramo (figg. D-E, pag. 104). In questo caso, oltre a permettere ai patogeni di entrare nel legno del fusto, si assiste a una più lenta cicatrizzazione della ferita, sia a causa della formazione irregolare del cambio, sia del maggior diametro della ferita stessa rispetto al taglio al collare del ramo (2). È noto che, per più di mezzo secolo, è stato raccomandato ai potatori di effettuare tagli rasi e coprire le ferite con mastici cicatrizzanti. Recenti studi hanno tuttavia dimostrato che tali prodotti non sono altro che una “medicina psicologica” per il committente e che, oltre ad avere scarsissimi effetti preventivi nei confronti degli agenti cariogeni, possono inoltre intrappolare umidità nella zona della ferita e aumentare così il rischio di attacco da parte di funghi opportunistici (1). Anche il taglio effettuato a eccessiva distanza dal collare del ramo ha conseguenze negative sulla pianta, sia perché la cicatrizzazione viene rallentata, sia perché i patogeni trovano nel moncone, che spesso muore entro breve tempo, una via d’accesso preferenziale (fig. F, pag. 104). Nel caso si debba rimuovere una branca di grande diametro, è consigliabile utilizzare, per evitare scosciature, la tecnica dei tre tagli. Il primo deve essere fatto a considerevole distanza dalla branca. Questo taglio non deve essere troppo profondo altrimenti il peso della branca chiuderà la lama della motosega. Il secondo taglio è compiuto nella parte superio- ▼ n corrispondenza del punto di inserzione di una branca sul fusto o su una branca di ordine superiore è possibile osservare due strutture anatomiche: • la cresta della corteccia, ovvero un punto di forte compressione originatosi a causa dell’attività cambiale del fusto e della branca; • il collare del ramo, ovvero l’area compresa tra la cresta della corteccia e il rigonfiamento osservabile nella porzione ventrale della branca. Il collare del ramo è ben visibile in alcuni generi (Acer, Tilia) mentre non è evidente in altri (Alnus). Queste due strutture anatomiche della pianta sono una preziosa guida rispetto al taglio da eseguire, che non deve in alcun modo intaccarle. Le basi di ACER B C In tagli di diradamento ben effettuati, la ferita si presenta circolare (A). Già dopo pochi mesi si assiste a una buona cicatrizzazione della ferita da parte del callo (B). Dopo un anno dal taglio la ferita è completamente cicatrizzata (C). L’area di ferita esposta a seguito di un taglio raso è superiore rispetto a un taglio ben effettuato (D), inoltre la formazione del callo è ritardata (E). Qualora si lasci un moncone, anche di piccole dimensioni (F), si assiste alla formazione rallentata e irregolare del callo che, per chiudere la ferita, dovrà “inglobare” il moncone stesso. D ▼ re della branca, esternamente e parallelamente al primo, a una distanza che può variare dai 2 ai 5 cm, in ragione della dimensione della parte interessata. Il taglio definitivo è eseguito in corrispondenza del collare della branca (4). E Taglio di ritorno È quel taglio volto a rimuovere un ramo o una branca troppo vigorosa o indesiderata in corrispondenza di un laterale di sufficiente dimensione cui far assumere la funzione di nuovo leader (5). Per F soddisfare questa condizione è opportuno che l’aspect ratio (ovvero il rapporto tra il diametro del ramo potato e quello del ramo lasciato) sia almeno 1/3 (7; 9). È la tecnica più adatta per creare solide strutture in alberi giovani, ma si Maria Marin A G H Sopra, in alto e in basso, linea di taglio e rispettivi angoli formati con la cresta della corteccia e un’immaginaria linea orizzontale o verticale per il taglio di ritorno (G) e di diradamento (H). L e piante legnose sono organismi composti da una serie di compartimenti e possiedono una grande capacità di reagire a ferite e infezioni, anche se non in modo illimitato. Esse infatti rispondono alle infezioni rafforzando i limiti dei compartimenti già esistenti, creando nuove barriere con mezzi anatomici e chimici e isolando i tessuti lesi o infettati (4). Secondo il modello denominato Codit (Compartmentalization of decay in trees), la prima risposta delle piante alle lesioni è il rafforzamento di tre barriere preesistenti: • barriera 1, i vasi conduttori vengono ostruiti con mezzi anatomici e chimici al fine di limitare la diffusione in senso longitudinale di organismi aggressori (barriera debole); • barriera 2, le cerchie annuali impediscono la diffusione dei patogeni in senso centripeto (barriera mediamente robusta); • barriera 3, i raggi parenchimatici limitano la diffusione di organismi aggressori in senso laterale. Generi come Platanus e Tilia tollerano bene le potature perché sono in grado di rinforzare le barriere 1, 2 e 3 molto rapidamente, confinando così gli organismi aggressori in un volume di legno limitato. Altri, come Aesculus, mal tollerano le potature, che provocano ampie alterazioni alla struttura del legno a causa di una reazione molto debole alle ferite. Il cambio è coinvolto attivamente nella risposta alle ferite e produce, distalmente e tangenzialmente rispetto alla ferita, un tessuto che dif- 1 4 ferisce dalla nor3 2 male struttura del legno, si presenta relativamente disorganizzato, privo di vasi e di fibre e costituisce la barriera 4 (o barrier zone) (11). La relativa debolezza meccanica di questo tessuto lo rende un punto privilegiato di fessurazione circolare e, in tal modo, la pianta impedisce alle alterazioni del legno di diffondersi dall’interno verso l’esterno. La barriera 4 del Codit che, a differenza delle altre, è prodotta exnovo dal cambio in seguito alla ferita, è estremamente efficace nel prevenire la diffusione dei patogeni a meno di danneggiamenti inflitti al legno di nuova formazione a opera, per esempio, di interventi di dendrochirurgia e slupatura. Fonte: Shigo, 1979 Reazioni e risposte alle ferite Sopra, schematizzazione delle barriere Codit messe in atto dalla pianta per la compartimentazione della carie. ACER 1/2009 • 104 Francesco Ferrini Francesco Ferrini Le basi di ACER presta a molteplici altre applicazioni (ACER 6/2008, pag. 103). Il taglio deve essere effettuato in corrispondenza della bisettrice dell’angolo compreso tra la cresta della corteccia e l’immaginaria linea orizzontale ortogonale all’asse principale del fusto o della branca su cui il ramo da potare si inserisce (fig. H, pag. 104) (10). Taglio a capitozzo È il taglio condotto su una branca principale nello spazio tra due ramificazioni successive oppure in corrispondenza di un laterale di dimensioni insufficienti (8). Mancando un centro di richiamo degli assimilati, la pianta risponde al taglio sviluppando, da gemme latenti o avventizie, una serie di germogli codominanti e succhioni che non rispettano il normale ordine fillotassico e che vanno ad alterare in senso negativo la struttura e la conformazione della chioma (1). Inoltre, i germogli e succhioni orginatisi in risposta al taglio sono debolmente inseriti, e ciò incrementa il rischio di rotture. Tale tecnica non dovrebbe mai essere usata e, per interventi di riduzione della chioma, dovrebbe essere sempre sostituita dalla potatura con taglio di ritorno. La potatura a testa di salice La potatura a testa di salice è una pratica di origine antichissima in Europa, che veniva usata sia per motivi estetici (alberi potati a testa 105 • ACER 1/2009 di salice hanno caratterizzato per secoli il paesaggio agrario) sia perché era possibile utilizzare come foraggio o per particolari lavorazioni i residui di potatura. La potatura a testa di salice si effettua inizialmente come una pesante capitozzatura, effettuata su branche di età massima di 3 anni, al fine di evitare l’esposizione prolungata di ampie lesioni (6). È relativamente facile impostare a testa di salice un albero giovane, mentre è controproducente potare in tal modo un albero adulto mai potato in precedenza secondo questa modalità. Dopo la prima capitozzatura non sarà più necessario ripetere interventi di tale drasticità, ma solo rimuovere annualmente (ma anche ogni 2-3 anni in funzione della specie) i germogli dell’anno originatisi dal punto di taglio esattamente nel loro punto di inserzione. Dopo alcuni cicli di potatura, la pianta formerà, in corrispondenza dei punti di taglio, una densa massa di fibre nota come “testa di salice”. Tale massa è resistente alle carie e costituisce un effettivo punto di separazione tra la crescita annuale estremamente vigorosa e il fusto (3). La potatura a testa di salice ha conseguenze molto diverse dalla capitozzatura sulla crescita e fisiologia dell’albero (6). Infatti, il periodico taglio in corrispondenza di punti biologicamente molto attivi, favorisce una veloce risposta della pianta alle ferite e lo sviluppo di forti reazioni difensive che si oppongono all’ingresso dei funghi cariogeni nel fusto (3). Alcuni dei generi che meglio tollerano la potatura a testa di salice sono: Acer, Catalpa, Chaenomeles, Crataegus, Fraxinus, Lagerstroemia, Platanus, Quercus e Salix (6). Bibliografia 1) C ODER K.D., 2003. Pruning shade trees . University of Georgia, http:/pubs.caes.uga.edu/caespubs/pubs/PDF/C628.pdf 2) D UJESIEFKEN D., S TOBBE H., 2007. The Hamburg pruning system. A framework for pruning of individual trees. Western Arborist, winter 2007. 3) F ERRINI F., 2007. Pollarding and its effects on tree physiology: mature tree management in Italy. Arborist News, 16(2): 41-43. 4) FERRINI F., 2008. Potatura degli alberi ornamentali. Dispensa del Corso “Piante Ornamentali”, C.d.L. in Scienze e Tecnologie Agrarie, Università di Firenze, A.A. 2007/2008. 5) GILMAN E.F., LILLY S., 2002A. Best Management Practices: tree pruning . International Society of Arboriculture, Champain, IL, 35 pp. 6) GILMAN E.F., LILLY S., 2002b. Principles, objective and pruning types. Arborist News, 11(4): 17-22. 7) GILMAN E.F., 2002. An illustrated guide to pruning. 2nd edition. Albany, NY, Delmar Pu- Sopra da sinistra a destra: la capitozzatura causa alterazioni della struttura della chioma; in tal modo vengono prodotti molti rami codominanti, negli anni successivi (al centro); un particolare delle strutture fibrose originatesi in seguito alla potatura a testa di salice. blishing. 330 pp. 8) GILMAN E.F., 2006. Un albero forte e robusto si costruisce già in vivaio (traduzione e adattamento di Laura Gatti). Arbor, 46: 38-40. 9) GRABOSKY J.C., GILMAN E.F., 2007. Response of two oak specie sto reduction pruning cuts. Arboriculture and Urban Forestry, 35(5): 360-366. 10) H ARRIS R.W., C LARK J.R., MATHENY N.P., 2004. Arboriculture: integrated management of landscape trees, shrubs and vines (IV edizione), Upper Saddle River, NJ, Prentice Hall, 579 pp. 11) OVEN P., 2008. Structural response of tree tissues to mechanical wounding. Proceedings of the 84th ISA Annual Conference & Trade Show, St. Louis, MO, USA, 26-30 luglio. Dettagli in merito alla potatura delle conifere sono consultabili nella versione integrale dell’articolo all’indirizzo www.ilverdeeditoriale.com/ricerche.aspx e a pag. 63. Meno consumi e più ecologia! Motori STIHL 2-MIX, più potenza con meno emissioni. Il motore STIHL 2-MIX ci riesce grazie alla combinazione innovativa di un cilindro con la tecnica di quattro canali e un sistema di prelavaggio. La nuova tecnologia del motore consente un’elevata coppia per un elevato numero di giri con una NE@QVEKJA @AH ?KJOQIK łJK =H . 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